Editoriale
Mese Anno
La Cultura Ci Salverà All’alba di fine ottobre torna tra i banchi Cassandra! E’ stata una lunga assenza, lo sappiamo, ma speriamo che almeno ne sia valsa la pena. Ci eravamo lasciati qualche mese fa quando ancora la situazione politico-economica era molto incerta. Adesso torniamo a scrivere dopo un’ estate ricca di proteste. Oltre alle manifestazioni degli studenti cileni guidati dall’ affascinante Camila Vallejo e gli scontri in Val di Susa, si sono diffuse in tutto il mondo le proteste degli indignados. Quanto a questo permettetemi alcune riflessioni, in particolare riguardo al movimento italiano. Indignamoci, va bene. E poi? Non basta definirsi indignati per cambiare il mondo. Servono idee, dibattiti, alternative ma soprattutto serve cultura. Il sapere è alla base di tutto, se non c’è, non si va da nessuna parte. E’ il nostro turno, va bene. E allora? Beh noi non possiamo fallire, lo ha già fatto la generazione precedente, noi non abbiamo scusanti. I risultati del ’68 si vedono oggi, i rivoluzionari di allora adesso occupano le poltrone a Montecitorio e Palazzo Madama. Non ci lasciano spazi. Dunque? Sapere aude, diceva Kant. Finchè esitiamo a metterci in gioco in prima persona è inevitabile che non riusciremo mai ad ottenere visibilità. Impegniamoci in prima persona, iniziando con lo studio. Scendiamo in piazza, va bene. Ma come? Manifestiamo con intelligenza. Non bisogna aver letto Pasolini per capire che se spacco le costole ad un poliziotto paga la sua povera famiglia e non il potere. Il sapere è nonviolenza. Non è una questione di destra o di sinistra, non limitiamoci sempre a questo trito manicheismo. Andiamo a fondo nelle cose , non fermiamoci alla forma: assaporiamo la sostanza. Smettiamola di studiare, votare e pregare per rito, occupiamoci dei contenuti. La cultura è bellezza e la bellezza ci salverà. E Cassandra, modesto giornalino di una scuola con molte pretese e poche iscrizioni, cosa c’entra? Beh anche noi, nel nostro piccolo, faremo del nostro meglio, ognuno a modo suo. Siamo tanti e vogliosi di renderci utili, di metterci in gioco. La cultura è anche giornalismo, quello serio, non quello dei paparazzi che venderebbero la madre per una foto con le chiappe del Briatore di turno. Certo, non saremo noi a cavalcare Ronzinante contro il qualunquismo in difesa della cultura, ma, appunto, faremo del nostro meglio. La speranza è quello di creare un giornalino vivace, aperto alle idee e alle critiche, che non abbia mai il timore di buttarsi con intelligenza nella mischia. I presupposti ci sono, ora tocca a noi. Buona lettura! Davide Rocchetti III A
P.s.: La redazione si ritrova tutti i sabati in sesta ora in aula magna, chi volesse iniziare a farne parte è benvenuto!
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Sommario Sarpi - Gli Anni E I Giorni: Intervista al regista
Attualità -
Indignados Made In Italy L’uomo e la Crisi Indifferenza: la nebbia si fa sempre più spessa e pericolosa Antonio Gramsci Stay Hungry, stay foolish
cultura - The Black Angels: la nuova via della psichedelia - Giovani Aquile - Un Sogno Eretico
narrativa -
Un foglio Parabola nell’ombra Fuoco Rosso
sport -La strana estate delle proteste dei privilegiati
terza pagina - Test: dove dovresti essere in questo momento? - Ipse Dixit
Sarpi
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Gli Anni e i Giorni: INTERVISTA AL REGISTA 1) Come è nata l’idea di girare un “docufilm” sul Sarpi? Penso che la migliore risposta sia riassunta nel primo paragrafo del nostro “progetto”: Il progetto di un docufilm sulla scuola italiana nasce da un’esigenza, quella di raccontare il mondo della scuola con gli occhi di chi vive quel mondo in prima persona, ovvero gli studenti, che quasi sempre sono stati tenuti ai margini del dibattito sulla scuola perché le logiche politiche hanno avuto il sopravvento. L’idea di un docufilm sulla scuola italiana nasce quindi proprio da qui, dalla volontà di riportare l’attenzione sul mondo scolastico, sottostimato per importanza, valori e prospettive in funzione di una crescita sociale, culturale ed economica del Paese. Nella scuola, infatti, c’è tutto quello che sarà il nostro Paese nei prossimi anni: gli studenti di oggi che saranno gli Italiani di domani. Se poi dovessi dire “perché il Sarpi”, darei tre motivazioni tipiche di un documentario: perché è stata la mia scuola, perché è in Città Alta (quindi è bella da riprendere) e perché raccontare tutte le scuole d’Italia sarebbe stato impossibile e dovevamo sceglierne una sola. Ci tengo a precisare, comunque, che non è un film “sul” Sarpi, ma “al” Sarpi.
ola di oggi e perché sono proprio loro i primi ad essere esclusi nei dibattiti sul mondo scolastico, quando, probabilmente, sono i primi a volersi esprimere. Allo stesso modo, è fondamentale ascoltare anche chi, ora 30/35enne è entrato a far parte del mondo del lavoro, e può raccontare il proprio percorso scolastico in rapporto all’attuale professione e posizione. Il progetto è quindi quello di seguire un intero anno scolastico di alcuni studenti di terza liceo da settembre a giugno, e parallelamente la vita degli ex-studenti che hanno frequentato lo stesso liceo, e ora vedono le loro giornate scandite dagli orari di lavoro e famiglia. Il fine, se ci penso, è uno solo: parlare di scuola.
3) Sono stati coinvolti anche insegnanti? Quali e con quali criteri? Si parla di professori e si vedono anche, ma tutto è filtrato dall’occhio della “componente studentesca”, per dare maggiore attenzione al punto di vista per noi è fondamentale: saranno gli alunni a parlare di professori, di insegnamento, di docenti, e già dalle prime interviste mi ha stupito vedere come si accalorino quando parlano di un insegnante particolarmente capace. Vuol 2) In cosa consiste esattamente dire che il rapporto docente-stuil progetto? Ha qualche fine o dente è sentito fortemente da ensignificato particolare? trambe le parti, e spesso anche di Per trattare l’ampio tema della questo si parla poco. scuola ho scelto di incentrare Sicuramente i docenti sono e l’attenzione sugli studenti perché saranno coinvolti in questo prosono loro che vivono in prima getto perché la scuola non esiste persona quel mondo, che posso- senza di loro: vogliamo che siano no raccontare realmente la scu- i ragazzi a parlare, ma l’appoggio
del corpo docente si sta rivelando fondamentale, per le riprese per il sostegno concreto, ma anche per le dritte in tema scuola-alunni! 4) Da esterno, come le sembra l’ambiente della nostra scuola? Che idea ne aveva prima, a partire dalla sua esperienza (se era già stato a contatto con esso in passato) o dai racconti di altri? L’ha vista confermata o smentita? In cosa? Quando lo frequentavo forse nemmeno mi rendevo conto di quello che stavo vivendo in quegli anni: me ne rendo conto ora che la sono tornato al Sarpi da ex. Perché alla fine credo che tutti, con la propria scuola, abbiano avuto un rapporto di amore/ odio. Se ci faccio un film forse la parte di amore ha prevalso: in effetti ho sempre vissuto bene la scuola, il Sarpi in particolare; ripenso agli anni di studio con estremo piacere e un pizzico di malinconia, senza rabbia né con frustrazione, come ho sentito raccontare da alcuni coetanei. Una cosa è certa: quando sono tornato dopo tanto tempo al Sarpi mi sono reso conto che non è cambiato davvero nulla. Aule, corridoi, strutture, banchi, lavagne…tutto è rimasto uguale al 1999, quando ho fatto la maturità! Ed è proprio così che ci siamo immaginati la scuola: un teatro, fermo, fisso, immutabile, in cui cambiano solo, anno dopo anno, gli attori che la interpretano.
5 5) C’è qualcosa che l’ha colpita (in positivo o in negativo) in modo particolare e a cui darà spazio particolare nel film? Sembra una risposta banale, ma mi hanno colpito gli studenti. Colpisce vedere dei ragazzi di 18 anni con tanto entusiasmo per l’attività scolastica, per quello che si apprende, per il valore che danno all’amicizia e alla condivisione di tempi, spazi e idee con i propri coetanei. Non mi sento assolutamente un “vecchio” (ho 31 anni) ma sento la differenza di generazione e mi interessa cosa pensano di ciò che li circonda perché saranno gli Italiani di domani.
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7) La nostra scuola ha un grave problema di calo delle iscrizioni. Pensa che un lavoro di questo tipo e la sua divulgazione potrebbe avere una qualche incidenza? Non ci avevo pensato né sapevo che il Sarpi avesse un calo di iscrizioni, quindi non ho mai visto il film in questo senso. Non mi sento di caricare il film di così tante aspettative rispetto all’aumento o meno delle iscrizioni: preferirei sapere che l’unico liceo classico pubblico della mia città ha avuto un aumento delle iscrizioni da qui in avanti per meriti propri. Non credo sarei così contento sapendo che un 13enne ha scelto 6) È stata un proposta accettata il Sarpi perché “ha visto il film”. di buon grado da tutte le compo- Preferirei sapere che il 13enne nenti o ci sono state resistenze o in questione, dopo aver visto il attriti? Se si sono verificati con- film, si informi attingendo a vartrasti, a quali motivazioni erano ie “fonti” (studenti, ex studenti, Preside e professori) e infine legati? Sicuramente qualche docente scelga il Liceo classico. E allora non ha visto di buon occhio la lì sarei contento se dicesse: “Per nostra proposta, ma lo capisco. fortuna che quella sera sono anNoi arriviamo con il nostro car- dato al cinema!”. ico di entusiasmo e sono consapevole che potrebbe stravolgere 8) Qualche domanda più tecnila quotidianità della scuola. Cap- ca. Quanto dureranno i lavori? isco che gli insegnanti abbiano Che bella la domanda: “Quanto “paura” che si perda attenzione dureranno i lavori?”, perché alla lezione, ma abbiamo sempre sembra una domanda che si può cercato di non essere invaden- fare quando si vede un cantiere ti. Certo, qualche rimbrotto in costruzione. E il nostro in efl’abbiamo già preso quando ab- fetti è un cantiere. biamo fatto arrivare qualche rag- Siamo partiti il 12 settembre, con azzo in ritardo alla lezione…e per gli studenti, il primo giorno di me è stato come tornare ai tempi scuola. Finiremo a luglio, con la del liceo quando “il profe” ti sgri- maturità, e ipoteticamente finiremo con i quadri esposti nell’atrio dava per il ritardo!! Colgo l’occasione per sottolin- del liceo. Non so se quella sarà eare come invece l’appoggio e l’ultima immagine del film perl’entusiasmo della Preside siano ché forse poi, alla fine, il voto fistati immediati, e per questo la nale non è la cosa principale che ci interessa… ringraziamo pubblicamente.
Sarpi 9) Quanti alunni sono stati coinvolti e sulla base di cosa sono stati scelti? In che modo vengono “seguiti” (semplici interviste, riprese in vari momenti della loro giornata dentro e fuori da scuola…)? Vorremmo che questo progetto coinvolgesse davvero tutti gli studenti! Anzi, colgo l’occasione di questa intervista per invitare tutti gli studenti a contattarci tramite il sito www.gliannieigiorni.it o la pagina Facebook, scriverci e tutto ciò che viene loro in mente. I “protagonisti” sono circa una decina, di sezioni diverse, e sono stati “scelti” in base alla loro disponibilità e interesse al progetto dopo una serie di colloqui rivolti alle 2’ liceo. Riprendiamo alcuni momenti della loro giornata e della loro vita in ambiente scolastico ed extrascolastico. 10) Dove e quando sarà proiettata la prima? Un piccolo sogno-speranza è quello di fare la prima, anzi una super-anteprima, la domenica sera prima dell’inizio dell’anno scolastico 2012-13 proprio sulla terrazza del Sarpi: una sorta di cinema all’aperto di fine estate! Sarebbe stupendo – anche se ho già l’ansia del meteo se ci dovessi pensare…! – ma dobbiamo capire se sarà montato in maniera definitiva per quella data: l’alternativa comunque è presentarlo al Festival di Roma dell’anno prossimo, verso fine ottobre-inizio novembre. Sara Moioli II A
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HN: I soliti luoghi comuni... Appartengo ad una generazione omo Novus, il Sarpino abituata ad ottenere tutto e subper antonomasia rubato dalle ito, eccetto ciò che davvero desivignette dell’anno scorso, nel di- dero per la mia vita: indipendenalogo recita la parte del Giovane za economica dalla mia famiglia, Universitario Italiano in attesa la possibilità di costruirne una del suo imminente ingresso nella mia, l’opportunità di fare progetSocietà e nel Mondo del Lavoro ti a lungo termine. Anche ai miei Gryllus Loquens è il Grillo Par- tempi si fa gavetta: la differenza è lante, ma non rappresenta che non è una condizione con un la Coscienza di Homo Novus, termine definito, ma è diventata bensì chiunque sia leader di l’eterna attesa di diventare “qualun’istituzione (politica e non) cuno”... Nel 1997 i dirigenti con che potrebbe/dovrebbe avere meno di 35 anni erano circa il 10 l’interesse nel porre rimedio alla per cento del totale, ormai siamo situazione di Homo Novus scesi al 7 per cento. Non parliamo dell’ascensore sociale... EviGryllus Loquens: Dovresti inizi- dentemente è guasto, perché solo are a pensare al tuo futuro. il 3 per cento dei figli degli operai Homo Novus: Dovrei iniziare a riesce a salire ai piani alti del pensare alle mie vacanze! grattacielo sociale per diventare GL: Il futuro è una cosa seria... imprenditore o libero professionNon hai qualche asista. A me l’appoggio pettativa, qualche asdei miei genitori non pirazione? “Appartengo ad una manca affatto... Anzi, HN: Beh... Dopo gli generazione abitu- io, come sei under-30 ultimi due anni di su dieci, vivo grazie al ata ad ottenere portafoglio dei miei: specializzazione ho intenzione di entrare tutto e subito, anziché supportarli, nel settore della ricer- eccetto ciò che dipendo dalla loro ca... davvero desidero pensione. È umiliante GL: E poi? per la mia vita” non avere il diritto di HN: E poi sarò cosgovernare la propria tretto ad arruolarmi vita e doversi lasciar nelle fila dei disoccupati... E se governare dalle circostanze e sono fortunato ottengo la pro- dalla propria condizione. mozione per entrare nel plotone GL: Piagnucolare non è costrutdei precari... tivo... E in ogni caso è scorretto GL: La solita polemica sterile... pensare che tutti debbano necesAppartieni ad una generazione sariamente fare carriera e che un abituata ad ottenere tutto e su- titoletto di studio autorizzi a prebito. Ai miei tempi, prima di fare tendere un mestiere qualificato. carriera, erano obbligatori alcuni HN: È molto più grave accettare anni di gavetta... E non pensare che non si abbia diritto a scegche i genitori ti potessero sempre liere un’occupazione adeguata sostenere! alle proprie capacità, qualsiasi
esse siano, e retribuita in modo equo. GL: Solo in un mondo ideale ognuno riceve uno stipendio alto per fare il mestiere che preferisce. E il mondo ideale non esiste. HN: Non ne sono convinto. Senza la prospettiva di un miglioramento costante non esisterebbe il progresso. Bisognerebbe non solo accettare, ma investire sulla aspirazione degli Homines Novi a competere con la generazione precedente. GL: Alla fine la responsabilità è sempre nostra, dei Grylli Loquentes, soprattutto se siamo in politica. Accusare chi governa è facile per chi non conosce quel mondo e, come te, non è capace di trasformare l’amarezza in impegno. HN: Tra gli Homines Novi ci sono molti aspiranti Grylli e alcuni di loro si stanno già impegnando per un’inversione di tendenza. I parlamentari al di sotto dei 35 anni sono ancora il 5,6 per cento del totale, mentre la fascia d’età tra i cinquanta e i sessanta anni è sovrarappresentata. Tutto può cambiare, ma perché ciò avvenga manca ancora un personaggio... (Homo Novissimus entra in scena) Homo Novissimus: Homo Novus, ti porto rispetto, ma da adulto non voglio recitare la tua stessa parte. Gryllus, non mi piace il tuo copione; il prossimo lo scriverò io. Io impegnerò il mio tempo e le mie energie. A te chiedo solo una cosa. Di darmi fiducia. Ah, dimenticavo... È urgente. Alice e Benedetta Montanini, IIA
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asta sfogliare qualche giornale, basta ascoltare la radio, basta cliccare qua e là in rete per rendersi conto della drammatica situazione che la nostra comunità internazionale sta affrontando. Basta guardarsi intorno per avvertire quel sentimento di sconforto, quella preoccupazione per sé stessi, per il proprio futuro e per quello del proprio popolo. Possiamo continuare a distrarci accendendo la televisione, possiamo continuare a nasconderci nei centri commerciali, ingozzandoci di luce artificiale e prodotti spudoratamente inutili, possiamo continuare a far finta di niente, ma la realtà è una: stiamo cadendo sempre più in basso, il futuro è spaventoso. Il nostro Paese rischia seriamente il famoso “crack”, la povertà divora sempre più famiglie anche quelle che meno ci si aspetta -, le persone che dormono in Piazzale degli Alpini, coperti solo dalle pagine di un quotidiano dell’altro ieri e da qualche miliardo di stelle, sono sempre di più; i nostri politici reagiscono con proposte discutibili, tra le quali l’ennesimo urlo di battaglia del buon Bossi, un turpe, meschino, egoista ed egocentrico ”Via l’Italia, via la crisi”. I ragazzi Italiani vedono sfumare i loro progetti di vita, vedono il proprio futuro allontanarsisempre di più (in particolar modo coloro che sognano di diventare insegnanti, ai quali
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l’uomo e la crisi verranno presto chiuse le por- ressi, più fragili che mai e afte delle scuole pubbliche per famati di certezze. Certezze: molti anni al fine di far spazio la chiave di volta di ogni vita ai “precari”); la maggior par- individuale e, di conseguente dei ricchi (ma anche classi za, di ogni forma di società. meno abbienti, che continua- Per combattere il dubbio che no a condannare altri invece si impone pesantemente, per di rimboccarsi le maniche) vedere la realtà così com’è e sembrano non accorgersi del- non filtrata da millenari erla situazione, sembrano disin- rori di prospettiva, dobbiamo teressati a un reale sacrificio essere certi. Ecco quello di cui per il proprio popolo. Oltre il abbiamo bisogno, ecco cosa mediterraneo ragazze e ragaz- dobbiamo cercare per non zi lottano per nuovi paesi liberi avere più paura del futuro, (dai quali non sappiamo cosa per ritrovare la speranza, per aspettarci...), ma sulle loro te- riscoprirci diversi, rinnovati. ste fischiano gli aeroplani degli Ma, in un mondo tanto ostile alleati NATO; nel e malconcio, dove semi silenzio delle troviamo le certezTV l’Africa conti“un fondo di ze? Da dove cominnua a soccombere umanità capace di ciamo? In realtà si sotto al peso della grandi cose resta comincia a trovare fame, dello sfruttacertezze appena ci nel nostro cuore mento e della posi rende conto, che e nulla ci potrà vertà... insomma: nonostante questa il dubbio è tiranno mai impedire di situazione drammadel nostro mondo. tica, noi restiamo essere vivi” In questo caso il uomini, un fondo di termine “dubbio” umanità capace di indica quando ti senti crollare grandi cose resta nel nostro la terra sotto ai piedi, quando cuore e nulla ci potrà mai imnon sai come affrontare un pedire di essere vivi, nulla ci imminente futuro che, ahimè, potrà mai impedire di essere ti spaventa soltanto, quando felici. Nemmeno il ventennio realizzi che, forse, hai sbaglia- che ci voleva fascisti, prima to qualcosa. Insomma, la crisi che esseri umani c’è riuscito, non riguarda solo l’economia e nemmeno la crisi ci riuscirà. o la cronaca internazionale, il Forti di questo fatto, consapedramma è più che mai uma- voli che siamo noi i protagono, riguardante noi uomini: nisti della nostra vita, noi pospiegati da un relativismo che siamo cambiarla, rinnovarla, ci mette solo paura di tutto ciò ammettere gli sbagli, cercare che abbiamo intorno, piegati l’eterna ripercussione delle alla spietata logica del con- nostre azioni e nessuno ci può sumo, inginocchiati all’altare imporre dall’alto un’esistendelle distrazioni, attenti solo za dubbia e triste, vedremo la a noi stessi e ai nostri inte- crisi come quell’avvenimento
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Attualità che (dal greco κρίνω) ha cambiato il nostro modo di giudicare, di vedere il mondo; una crisi (quasi “Bluvertighiana”, a buon intenditore poche parole) che s’impone come colmo della nostra società secolarizzata e ne mostra universalmente i lati drammatici, fino a piombarci dentro, fino a scavare nel fondo del nostro cuore e cambiarci, cambiare ciò in cui eravamo convinti. Così ci sveglieremo alla mattina, ci guarderemo allo specchio, e vedremo il nostro volto rinvigorito, il nostro sguardo diverso, capiremo di essere realmente vivi e di poter cambiare non solo la nostra situazione, ma di poter aiutare anche gli altri. Perché “Le forze che cambiano il mondo sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo.”
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INDIFFERENZA. LA NEBBIA SI FA SEMPRE PIÙ SPESSA E PERICOLOSA
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alve a tutti. Cominciamo dal presupposto che sono un po’ nervosa perché ho più o meno la vostra età e so che l’argomento “attualità” è per la maggior pare dei ragazzi una “barba”, quindi ho la responsabilità di scrivere una cosa seria (che secondo me è indescrivibilmente appassionante) senza appesantirla. Ma sono allo stesso tempo fiduciosa perché so anche che noi viviamo nel periodo della vita in cui si ha voglia di “spaccare tutto” e di cambiare il mondo. Quindi se sentite di avere il lato ribelle (o diligente, in questo caso sono sinonimi) un po’ più pronunciato di quello menefreghista, state leggendo l’articolo giusto. Ed ora inizio il mio modesto contributo a Cassandra. Innanzitutto, questo articolo ha “Tu stai marcendo” disse un breve antefatto: la mattina [O’Brein] “Stai cadendo a pezzi. Che sei? Un sacco d’im- del 30 settembre ho chiesto alla giornalaia vicino casa mia un mondizia. E adesso voltati quotidiano: lei mi ha guardato e guardati allo specchio. La stupita e mi ha detto: “ma è per vedi quella cosa che ti sta te? non si vedono molte ragaguardando? Quella è l ultizze che leggono i giornali…” per mo uomo. Se tu sei un uomo poi fornirmi l’esempio delle sue quella è l’umanità” figlie, il resto della spesa e un cor(George Orwell - 1984) diale saluto di congedo. Questo episodio ha fatto scattare la scinPietro Raimondi, V F tilla. Avete presente quelle frasi tipo “fatti i fatti tuoi” e “chi fa da sé fa per tre”? sicuramente le avrete dette o ve le sarete sentite dire (io un sacco di volte, con l’aggiunta di “la curiosità uccide Ulisse” e “ma a colazione latte e cavoli tuoi mai, vero?”). Beh, forse gli uomini e le donne di oggi le hanno prese nel senso sbagliato: voglio dire che credono di scrivere e leggere
delle vite altrui su Facebook vada bene, ma parlare e preoccuparsi di cose serie… sia inutile. Inutile. Sì, perché la frase più gettonata quando c’è un problema nell’aria è “tanto io che ci poso fare? Ci penserà chi di dovere.” Il fatto è che pare che anche “chi di dovere” abbia altro da fare ma adesso non voglio mettermi a criticare gli “addetti ai lavori”, altrimenti non arrivo più al dunque. Il punto è questo: c’è il rischio che stiamo diventando una manica di indifferenti. E se c’è una cosa che non giova all’umanità è l’indifferenza. È impossibile infatti, non accorgersi di quella sorta di torpore che ci sta avvolgendo piano piano: stiamo lentamente diventando individui egoisti e disinteressati a ciò che va oltre il nostro naso. Non ci informiamo su quello che non ci riguarda da vicino o, se lo facciamo, siamo solo in grado di elaborare commenti scocciati o disillusi, senza nemmeno provare a capire il perché e il percome del fatto e quale sia il nostro ruolo in esso. Come ha detto il fondatore di “Medici senza frontiere” qualche tempo fa, i bambini scheletrici che si vedono negli spot tv non impressionano più. Mi permetto di aggiungere che fa più breccia nel cuore degli spettatori il tronista di turno che sceglie la sua corteggiatrice prediletta. Siamo arrivati al punto di tener aperto un bar per non deludere cento clienti in arrivo, anche se nel bagno c’è il cadavere di un suicida e i poliziotti vanno e vengono (è successo a Torino), o di accusare
9 persone preoccupate delle crepe sui muri di casa loro di voler solo incassare l’assicurazione, per poi mostrarci le immagini delle macerie che restano della loro palazzina. Il problema principale è che le persone hanno perso la voglia di impegnarsi e di farsi valere. Una canzone dei Tiromancino dice “le incomprensioni sono così strane, sarebbe meglio evitarle sempre”. Secondo me, invece, è bene parlare di ciò che succede nel mondo, discutere delle nostre idee e non essere d’accordo, cambiare opinione grazie alla spiegazione di qualcuno se ci si accorge di avere torto, oppure mantenere una linea coerente. È sconvolgente che ci siano ancora Paesi in cui non sono rispettati i diritti umani, le donne sono considerate inferiori ed è applicata la pena di morte. E ciò che dovrebbe scuoterci di più è il fatto che NOI, i cosiddetti “paesi ricchi”, potremmo cambiare le cose usando i nostri mezzi se solo non li sprecassimo e imparassimo a non crearci delle complicazioni da soli, a non perderci in un bicchier d’acqua e a rimboccarci le maniche. Ci siamo accorti che l’Italia è un Paese stanco. Stanco della crisi, stanco dei politici, stanco dei problemi, ma anche toppo stanco per pensare ed agire. Preferisce rimanere tranquillo al centro dell’Europa mentre la sua stessa pigrizia ne annulla le forze, tra chi lo vuole dividere, vendere, comprare e sfruttare. Ed è proprio per questa debolezza generale che le persone hanno cominciato ad evitare di provare a risolvere i problemi, a lasciare che tutto scorresse. Ma… gutta
ottobre 2011 cavat lapidem (la goccia scava la pietra). Ora gli Italiani stanno pagando l’accumulo di troppo permissivismo e stanno capendo che la loro fiducia incondizionata era malriposta, affidata ad “addetti ai lavori” troppo occupati a fare scandalo. Detta molto chiaramente: è ora di svegliarsi, ma prima dobbiamo capire come impostare la sveglia prestando attenzione a questo mondo, che gira vorticosamente e non si ferma ad aspettarci.
attualità
STAY HUNGRY. STAY FOOLISH
“L’
Apple ha perso un genio creativo e visionario, il mondo un individuo straordinario”. Cosi Apple, sull’homepage del proprio sito, ha annunciato la scomparsa di Steve Jobs, proprio fondatore. Genialità. Passione. Energia. Sara Latorre, IV D Sono queste le qualità di uno dei più grandi uomini del nostro tempo, che si è spento il 5 ottobre 2011. Adottato da una coppia di “blue collars” che non avevano frequentato l’università, non si laureò mai al Reed College, dove i genitori adottivi lo avevano iscritto a fronte di grandi sacrifici, frequentò solo i corsi che reputava interessanti, in particolare uno di calligrafia, che influenzò la sua scelta di inserire nei programmi di workprocessing una serie innumerevole di “font” (caratteri) che fanno parte della nostra cultura moderna. Nel garage di casa, creò con Steve Wozniak, cofondatore di Apple, il personal computer, rivoluzionando il mondo dei computer e la vita di molti. In grado di conciliare estetica e informatica, ha reso quest’ultima un’arte. Nel 2005 fu invitato a pronunciare il discorso che si tiene alla consegna dei diplomi alla prestigiosa Università di Stanford, in cui si può dire che parlò indirettamente della sua filosofia di vita, narrando tre storie della sua vita. “That’s it. No big deal, just three stories” sono le parole esatte da lui pronunciate, tre semplici storie personali, che affrontano im
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Earth Catalog”. Un augurio che portanti tematiche come “con- io non posso fare altro che rivnecting the dots”, la passione, olgere a tutti indistintamente, in la perdita e infine la morte. Ma memoria di Steve Jobs, un uomo quello che emerse maggiormente creativo, visionario e di assoluta dalle sue parole furono l’amore integrità, un esempio per tutti per ciò che aveva creato, per il noi. proprio lavoro e la volontà di non E a tutti coloro che ritengono arrendersi. E infatti, riguardo quest’uomo un semplice imal suo licenziamento dalla Ap- prenditore, vorrei permettermi ple a soli 30 anni, affermò che di porre un invito: date giudizi fu una delle cose migliori che scontati o maligni su Steve Jobs gli potessero accadere, perché solo dopo aver compiuto un l’amore per ciò che aveva inven- quarto di quello che lui ha fatto tato e “il peso del successo che in 56 anni di vita (il che include era stato rimpiazzato dalla leg- avere un’idea rivoluzionaria con gerezza di essere nuovamente un un amico, creare un azienda nel debuttante, senza più certezze su garage di casa e poi renderla una nulla” gli permisero di non arren- delle più importanti al mondo). “Stay hungry. Stay foolish”. dersi e di ritrovare la creatività. “You got to find what you love” affermò, infatti, subito dopo, sia Elena De Leo, IIB per quanto riguarda il lavoro, sia per quanto riguarda gli affetti, perché la passione per ciò che si fa è lo stimolo a migliorarsi e a non arrendersi mai. Proseguì, quindi, il suo discorso trattando un tema “scomodo” per tutti gli uomini, che lo toccava direttamente, perché sei mesi prima gli era stato diagnosticato un tumore al pancreas, la morte. Raccontò con un po’ di umorismo di aver letto da giovane su una rivista la seguente frase: “If you live each day as if it was your last, someday you’ll most certaintly be right”, invitando i giovani a seguire il proprio cuore, perché essendo la morte “the best invention of life” a cui nessuno può sfuggire, bisogna convincersi che non si ha nulla da perdere per vivere seguendo le proprie più sincere inclinazioni. Concluse, infine, con un augurio: “Stay hungry. Stay foolish”, tratto da una rivista definita la Bibbia dei suoi tempi “The Whole
ANTONIO GRAMSCI: UN CARATTERE PER GLI ITALIANI
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uando ho scoperto di dover leggere le “Lettere dal carcere” pensavo che vi avrei trovato qualche teoria politica, le motivazioni per cui Gramsci si trovava in prigione, dei commenti su vicende di attualità -era il primo decennio fascista- o delle riflessioni morali particolari: e invece no, niente di tutto questo. Nella maggior parte delle lettere sono anzi descritte la sua vita in carcere, le sue condizioni fisiche o gli spostamenti da un carcere all’altro, ma in esse si può trovare qualcosa di più che delle riflessioni, dei commenti o delle teorie: si può trovare un uomo. A mano a mano che si procede nella lettura si delinea sotto i propri occhi il profilo di quest’uomo nella sua complessità e -mi si passi il gioco di parole- umanità, con i suoi valori, le sue idee, le sue debolezze e le sue forze. Il carcere, e dunque la prolungata lontananza dagli affetti e la forzata solitudine permettono a Gramsci di vedere con estrema lucidità e chiarezza la propria personalità: egli stesso riconosce di essere abituato fin da bambino a contare solo su sé stesso e a vivere in condizioni anguste, ed è quello che cerca di trasmettere al fratello Carlo nella lettera 24. “Perché ti ho scritto tutto ciò? Perché ti convinca che mi sono trovato in condizioni terribili, senza perciò disperarmi, altre volte. Tutta questa vita mi ha rinsaldato il carattere. Mi sono
11 convinto che anche quando tutto è perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all’opera, ricominciando dall’inizio. Mi son convinto che bisogna contare solo su se stessi e sulle proprie forze; non attendersi niente da nessuno e quindi non procurarsi delusioni. Che occorre proporsi di fare solo ciò che si sa e si può fare e andare per la propria vita. La mia posizione morale è ottima: chi mi crede un satanasso, chi mi crede quasi un santo. Io non voglio fare né il martire né l’eroe. Credo di essere semplicemente un uomo medio, che ha le sue convinzioni profonde, e che non le baratta per niente al mondo.” Credo che questo passo permetta di rendersi conto appieno della profondità e della ricchezza umana di Gramsci, che si presenta nelle lettere senza veli, senza voler sembrare un eroe, senza volersi ricondurre a un tipo umano: si presenta come un uomo la cui peculiarità è la pazienza, la pazienza di resistere. Dalle lettere traspare la continua volontà dell’autore di mettersi in gioco e di cercare di comprendere la complessità del mondo: nello scrivere alla moglie, alla madre, alla cognata e ai figli non cade mai in generalizzazioni o giudizi affrettati e banali ma cerca sempre di entrare in rapporto con l’altra persona, comprenderla, tenerne vivo l’interesse. Quando scrive alla cognata, ad esempio, cerca di capire che cosa le interessi per consigliarle delle letture e presta attenzione a come lei reagisca alle varie questioni che lui pone; ai figli chiede dei giochi che fanno, di ciò che interessa loro, e in cambio delle loro risposte rac-
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attualità
conta episodi della propria infanzia in Sardegna. Anche dai racco- e soprattutto dalla nostra capacnti dell’infanzia, della Sardegna, ità di reagire. Credo sia questa la delle tradizioni del paese, dei lezione più grande di Gramsci. giochi che faceva da bambino Arianna Piazzalunga, II C emerge una persona viva, esistita davvero, che ha vissuto fino in fondo, non un personaggio di un libro la cui esistenza si ferma a quelle pagine, oltre cui non si può andare. Colpisce di certo la grande serenità interiore che Gramsci ha e cerca di trasmettere ai corrispondenti, invitandoli ad avere pazienza e ad accettare ciò che verrà, che è proprio quello che fa lui: dalle lettere emerge chiaramente la stoica rassegnazione di un uomo che ha scelto il proprio destino e affronta con pazienza, serenità e lucidità ciò che la sua scelta comporta, perché ha dei valori radicati nell’anima in cui crede profondamente e a cui non può rinunciare. Gramsci attraverso le sue parole e i suoi atteggiamenti ci fa capire quanto l’uomo sia davvero padrone della propria vita e quanto la serenità e la soddisfazione di sé non dipendano da qualcosa di esterno ma dalla nostra capacità di reagire di fronte ai problemi e non lasciarci scivolare tutto addosso. Ci mostra che la libertà di scelta non è meno preziosa se comporta la responsabilità di sopportare ciò che ne consegue. In un periodo in cui la tendenza generale è delegare, pur di non avere la responsabilità di pensare, tanto che si arriva a delegare il proprio diritto di essere cittadini e si accetta di essere sudditi, Gramsci ha la forza di urlare che la scelta spetta a noi, che la nostra vita non è determinata da un’imposizione dall’alto, ma dalla nostra volontà
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THE BLACK ANGELS: LA NUOVA VIA DELLA PSICHEDELIA
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crivere di un concerto a cui si è assistito mi sembra molto difficile. Ritengo arduo esprimere a pieno le emozioni provate durante l’evento, anche per il fatto che sarei in grado di comunicarle correttamente solo “a caldo”, pochi minuti dopo la fine del concerto. A questo si aggiunga che il gruppo in questione è poco conosciuto in Italia, e ancora meno tra i nostri coetanei (al concerto, l’età media degli spettatori si aggirava tra i 25 e i 30 anni) Per questo, prima di raccontare quanto accaduto durante il concerto che i Black Angels hanno tenuto il 14 Settembre al Live Club di Trezzo sull’Adda, per dedicarmi invece ad una sorta di introduzione al gruppo. I Black Angels nascono ad Austin (Texas) nel 2004. Se qualcuno non l’avesse già capito grazie al titolo dell’articolo, la loro è musica psichedelica, e affondano le loro radici musicali nella migliore tradizione di questo genere, ispirandosi ai Velvet Underground, come prova il fatto che il loro nome derivi dalla canzone “Black Angel’s Death Song” e il logo non sia altro che un ritratto di Nico, la cantante che collaborò con Lou Reed e soci per il famoso album “della banana”. I membri del gruppo sono cinque: Alex Maas (voce e percussioni), Stephanie Bailey (batteria), Nate Ryan (chitarra), Christian Bland (chitarra), Kyle Hunt (tastiere, chitarra e percussioni). La band non ha un bassista fisso, e lo strumento passa di mano in mano a Maas, Ryan e Hunt.
Hanno all’attivo tre dischi: Passover (2006), Direction To See A Ghost (2008) e Phosphene Dream (2010). Al contrario di quanto possa sembrare, visto il popolare collegamento tra musica psichedelica e droghe, i Black Angels escludono totalmente gli stupefacenti dal proprio modo di fare psichedelica e questo si sente nella loro musica, stilisticamente più curata e meno “sfattona” rispetto ad altri gruppi (penso, ad esempio, ai Brian Jonestown Massacre). Da un intervista che ho recentemente reperito in rete (su “ondarock.it”, se siete interessati a leggerla) traspare la netta idea musicale che il gruppo è deciso a portare avanti, soprattutto dopo l’ultimo album (eseguito quasi integralmente nel concerto del 14); il gruppo è convinto del potere della Musica sulle persone, come “luogo” dove rifugiarsi e, in un certo modo, stare assieme, definendola “la nuova Religione”. Per chiudere la parte divulgativa dell’articolo, una piccola curiosità sui componenti del gruppo: tutti loro collaborano alla scrittura della nota serie tv “CSI Miami”.
abilità chitarristica. Alex Maas (di cui era visibile solo la barba, il resto della faccia nascosta dietro il cappellino, diventato quasi un simbolo) si muove poco (come tutto il gruppo del resto), ma comunica un rapimento che non può non ammaliare, tanto che risulta difficile non guardare lui, nel corso del concerto. La cosa che stupisce di più è che tutto questo avvenga senza una vera e propria interazione col pubblico: escludendo un “Grazie” a inizio concerto, il gruppo non si rivolge a noi per tutta l’esibizione, suonando un brano dietro l’altro, cosa sufficiente per trascinarci con loro. Anche i saluti finali sono più che composti: Maas si leva momentaneamente il cappello, viene agitata qualche mano e Hunt alza le dita a fare il segno del “Peace&Love”, e niente di più. Come già detto, il repertorio proposto proviene quasi interamente da Phosphene Dream, ma ovviamente non possono mancare i brani di maggior successo del gruppo, come Bloodhound On My Trial, Young Men Dead o Science Killer. Concludendo, non posso non consigliarvi di provare ad ascoltare qualcosa di questo Personalmente, prima di assis- favoloso gruppo, che si è impostere al concerto di Trezzo, rite- to come la migliore formazione nevo che i Black Angels fossero psichedelica del momento. Una un buon gruppo, di medio livello. volta approfondita la loro musica Circa due ore dopo, la mia opin- nelle registrazioni, monitorate ione era totalmente cambiata: frequentemente il loro sito interMaas e compagnia, dal vivo coin- net, perché passano spessissimo volgono totalmente il pubblico, in Italia, e vi posso assicurare costringendolo ad entrare nel cli- che andare ad un loro concerto ma di semi-estasi che li pervade. è un’esperienza di grandissimo Nate Ryan, in particolare, appar- livello. entemente fuori dal mondo, riGlauco Barboglio, IIC sulta il più trascinante, con la sua
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CULTURA
Giovani aquile
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rima di accingermi a scrivere questo articolo mi sono a lungo soffermata a pensare con quali parole presentare ai lettori di Cassandra un film che i critici più severi giudicano banale e prolisso, mentre io lo giudico ben fatto e ricco di importanti valori umani. Certamente la cosa più imparziale sarebbe trafilarvi la trama e raccomandarvi di vederlo, se non per convincervi delle mie idee, almeno per spingervi a farvene delle vostre. Ma io proverò, ancora una volta, a descrivere le emozioni e i valori che questo film trasmette e le considerazioni che se ne possono trarre. Giovani aquile (Flyboys) è un film franco-americano del 2006, diretto da Tony Bill, con James Franco, Martin Henderson e Jean Reno. Il film, ispirato ad una storia vera, è ambientato nel periodo della Prima guerra mondiale, sul fronte occidentale, e descrive le gesta della Squadriglia Lafayette contro le truppe tedesche. Era il 1916, la Prima Guerra Mondiale continuava a provocare il caos in tutta Europa ormai da due anni. Anche se gli aerei erano stati inventati solo di recente, essi vennero velocemente adattati a macchine da guerra. Le potenze alleate, Francia e Inghilterra, combattevano una guerra di trincea contro la Germania, mentre gli
USA continuavano a dichiarare la loro neutralità. Molti giovani statunitensi sentivano il dovere di dare il proprio contributo alla Francia: alcuni di loro sognavano di diventare degli eroi, altri volevano scappare da una spiacevole realtà. Così un gruppo di loro si unì nella squadriglia francese Lafayette come piloti di aeroplani, comandati dal Capitano dell’ Aeronautica Francese George Thenault (interpretato da Jean Reno). In 2 mesi furono addestrati a volare, a sparare e vennero insegnate loro le principali tattiche di combattimento. I volontari cominciarono i combattimenti e la squadriglia Lafayette si scontrava con i ben più equipaggiati aerei tedeschi. Nel film si intrecciano le storie personali di ciascuno di loro; c’è Blaine Rawlings (James Franco), un ex proprietario terriero che si unisce alla squadriglia perché costretto ad abbandonare la sua città; William Jensen (Philip Winchester), figlio di un ufficiale della cavalleria; Eugene Skinner (Abdul Salis), un pugile di colore che si è unito alle forze francesi in segno di gratitudine verso un paese che si è dimostrato tol-
lerante con i neri, che in America venivano considerati ancora schiavi. Le battaglie della squadriglia Lafayette continuarono fino al termine del conflitto, dopo il quale Jensen continuò a volare, Skinner diventò uno dei primi piloti dell’ US Airmail Service, Rawlings tornò a Parigi ma non riuscì mai più a ritrovare la fidanzata Lucianne incontrata in guerra, quindi, tornato nel Texas, costruì uno dei più grandi ranches dello stato. L’attore, regista, produttore oltre che pilota e collezionista di cimeli della Prima Guerra Mondiale, Tony Bill, firma il film con un senso di profonda devozione nei confronti di quei giovani volontari, mettendo in luce i loro conflitti personali e la loro forza d’animo. Loro erano “un gruppo di americani senza niente in comune, se non la voglia di imparare a volare”: così li definisce Rawlings all’inizio del film. Ma più passavano le settimane e più i ragazzi si univano e le loro storie così diverse si assomigliavano per il loro destino: fare in modo che la propria pallottola fosse più veloce di quella del nemico. I giovani arrivati come sognatori compirono una rapida crescita, che andò oltre le loro stesse aspettative, che li portò ad essere uomini, ovvero a dividere le differenze che sul suolo sembravano evidenti, ma che in cielo venivano annullate dai colpi di mitragliatrice. Giovani aquile non è solo un film
cultura
della guerra, sulla brevità della vita e sull’intensità delle emozioni. Che cosa sono il coraggio, il fulgido senso dell’onore e della giustizia, i bombardamenti, i velivoli che precipitano in fiamme, le lacrime sparse per la morte di un compagno, le pallottole sparate nel petto di un uomo che ha “il tuo stesso identico umore, ma la divisa di un altro colore”? Che cos’è innamorarsi in guerra e ricevere in regalo un orsacchiotto dalla nipotina della tua ragazza? Cos’è risparmiare un nemico a cui si è inceppata la mitragliatrice, uccidere colui che ha falciato metà della tua squadriglia? Che cos’è trovarsi in quattro in taverna, quando si è partiti in nove, e bere per la disperazione? Cos’è alzarsi nel mezzo della notte e andare a prendere in aereo la donna che ami con i suoi tre nipotini, sotto la pioggia di pallottole tedesche? Tutto questo, e altro ancora, moltiplicato per un milione e anche di più, è la guerra. Vite spezzate, sogni infranti, non poter fare progetti, pietà e crudeltà, clemenza e castigo, lealtà e inganno, fiducia e unità è la guerra. La guerra è non sapere come finisce, però poi “finisce e tu non hai cambiato niente e ti chiedi perché tutti i tuoi amici sono morti” “Ma allora perché fai sempre missioni in più?” “Per colpire chi ho mancato: chi ha ucciso tutti i miei compagni. Dopotutto, un significato lo devi pur dare alla guerra.” Se un significato va dato, trovatelo. Io non ci sono ancora riuscita. E se anche lo troverete non giustificherà la morte di innocenti, perché è triste pensare che il fato ha reso quei ragazzi (e quanti altri ancora) amici per poi renderli fratelli
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Un sogno eretico
in guerra, e se tocca il cuore sapere che il coraggio li ha resi leggenda, non consola affatto. Ma ai posteri non tocca più giudicare il passato: ora si deve miglioa quando si esibì sul palco rare il presente e costruire il fu- di San Remo con lo pseudonimo turo. E ricordare ancora gli eroi “Mikimix” ad oggi, con l’usciche sono stati alle nostre spalle. ta dell’ultimo album, è passato molto tempo. Dal 1996 (anno che si può considerare quello dell’apInsieme trovammo la forza del proccio di Michele Salvemini alla nostro valore perché quando scena musicale italiana) ad oggi rischi solo il cielo è il limite. Salvemini ha pubblicato 6 album Rawlings Giulia Testa, IB con lo pseudonimo di “Caparezza” e due come “Mickimix”. Volendo prendere in considerazione esclusivamente la carriera che ha compiuto come Caparezza, dato che agli esordi ebbe poco successo, l’evoluzione dell’artista ha compiuto un salto esponenziale, quasi paragonabile al Big Bang e alle forze che ora a quanto pare stanno provocando “La Fine di Gaia”, evoluzione che però non ha in alcun modo influito sull’ironia satirica che lo caratterizza tutt’oggi. Nel 2000 pubblica tre demo, che saranno le canzoni di spicco del suo primo album: “?!”. In questo album la parte musicale non era eccessivamente curata e il sound poteva risultare un po’ grezzo, ma il primo disco dell’artista venne comunque approvato dalla critica. L’album che davvero lo consacrò alla musica italiana come rapper fu: “Verità Supposte”, uscito nel 2003 e dal quale furono tratte canzoni come: “Vengo dalla Luna” , “Jodellavitanonhocapitouncazzo” e, forse la più importante e ricordata, “Fuori dal Tunnel”. Su questo ultimo singolo nacquero numerose diatribe tra l’artista e i media. Caparezza infatti voleva che questo singolo non fosse sfruttato eccessivamente da emittenti
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non puramente musicali o disco- premier corrotto e che sta anteche, in quanto il brano era sta- dando a rotoli, è probabilmente to composto con l’intenzione di quella corretta. Anche in questo distogliere lo sguardo da aspetti album, l’artista conserva quella mondani (quali le discoteche, sfrenata critica satirica che oseappunto), “uscendo dal tunnel” rei definire quasi fanciullesca. della routine. Dopo l’album del Caparezza esprime senza mez2003 il successo dell’artista an- zi termini ciò che pensa e lo fa drà man mano accrescendosi e, spesso con un linguaggio forbidopo “Verità supposte”, verrà to, inusuale, oppure ricorrendo a pubblicato il nuovo lavoro “Le intelligenti metafore e inserendo dimensioni del mio caos”, di cui i concetti attuali in condizioni fanno parte le notissime “Eroe”, storiche assai distanti dal mondo “Ilaria condizionata”, di oggi, vedi ad esem“Io diventerò qualcupio “Sono il tuo sono” e, la più pubblica- “Caparezza espri- gno eretico”, singolo ta dell’album, “Vieni me senza mezzi che dà il nome all’ala ballare in puglia”, termini ciò che bum e che tratta arcanzone che ovviagomenti attuali come mente si pone contro pensa e lo fa lo scandalo sui preti alle condizioni della spesso con un pedofili, paragonato mediocre accoglien- linguaggio for- nella seconda strofa za turistica pugliese ad una possibile sibito, inusuale ” e della scarsa attentuazione analoga ai zione all’igiene e alla tempi di Savonarola. qualità di vita Tralasciando la dei cittadini di capillare analisi Taranto e dindi ogni pezzo e torni (situazioguardando invene che posso ce la parte riguarconfermare, dante i contenuti da assiduo free come questi quentatore). vengono espresDopo l’album si, troviamo, oltre del 2008, puballa solita ironia blica nel 2011 satirica, un pizil nuovo lazico di denuncia voro: “Il soin più, tanto che gno eretico”. nella canzone “Ti I singoli più sorrido mentre noti estratti affogo” l’artista da questa ulsi pone il dilemtima raccolta ma del “Fare disono “Legalize the premier” e schi di denuncia o fare dischi da “Goodbye Malinconia”. A mio denuncia?!”. Ed è probabilmente parere questi non sono i brani nella sottile linea che si intermigliori di questo album, ma c’è pone tra queste due condizioni comunque da sottolineare che la che possiamo collocare l’ultimo visione dell’Italia che queste due album di Caparezza. Probabilcanzoni offrono, guidata da un mente però per molti il titolo sa-
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rebbe dovuto essere “Un sogno comunista, cribbio”, frase politically s-correct , ma a mio avviso necessaria. Andrea Sabetta, V C
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Un Foglio
a vita è come un foglio bianco. All’inizio, prima di nascere, esiste solo un quaderno pieno di fogli vuoti, poi qualcuno ne stacca uno solo per te. Inizialmente sarà solo un pezzo di carta vergine con righe da riempire o colorare. Finalmente puoi dare una forma a te stesso: scegliere se usare una penna per scrivere cose che non cancellerai, se essere una scritta nera, rosso fuoco o una sbavatura. Puoi decidere, invece, di usare una matita per lasciare segni incerti che, se non ti piacciono, puoi eliminare e rifare. Puoi essere un testo, un disegno, un insieme di simboli o numeri: qualunque cosa tu voglia. Ovviamente prima ti dovranno insegnare a impugnare la penna e a comporre le prime lettere. Faticherai molto, fallirai, ti sentirai incapace e non autonomo, perché da solo non saprai scrivere… Poi man mano che ti eserciterai, la tua mano, il tuo polso e le tue dita acquisteranno sicurezza e sapranno muoversi da sé. A questo punto sentirai il foglio nelle tue mani e potrai iniziare a scrivere da solo, riversando tutta la tua anima sulla carta e diventando un tutt’uno con questa. Darai forma ai tuoi pensieri cercando di trovare l’aspetto migliore, con una bella calligrafia e una forma corretta, stando attento a fare meno errori possibili. Certo, qualche sbaglio lo farai, perché niente può essere perfetto, e non sempre ci sarà qualcuno a correggerti; ma con l’esperienza sarai in grado di rettificare ogni tuo errore, anche se i segni dei tuoi fallimenti rimarranno sem-
pre stampati sulla carta come un marchio indelebile. Però ti sentirai leggero, libero di pensare, di esprimerti, di sbagliare, di correggerti, di essere o fare ciò che vuoi. E forse gli altri, quando ti leggeranno, ti potranno giudicare, ma tu saprai che non ti importa, perché quel foglio sei tu, e quello è il tuo stile. Più passerà il tempo e più la tua mano sarà stanca e ti accorgerai che ti mancano le forze, ma sai che devi finire l’opera per completare te stesso. Ad un certo punto percepirai che rimangono solo poche righe. Ti fermerai, rileggerai tutto più volte per poter decidere il finale più adatto alla tua storia. La fine sarà la parte più lenta. Ogni cosa peserà, ogni parola dovrà essere pensata a lungo, perché non puoi rovinarti proprio ora. L’ultima parola sarà il colpo grosso: per un attimo rimarrai fermo con la penna in mano a fissare senza parole il foglio. E poi? E poi potrai rileggere tutto di nuovo, piangere, ridere, apprezzare o meno te stesso e quello che hai composto. Però saprai che ti è costata tanta fatica per arrivare a ciò che sei, e ripensadoci, forse, inizierai a piangere coprendo di lacrime il foglio. Infine, mentre incantato rivedrai tutta la tua vita scorrere tra le righe e attraverso il suono delle parole, una mano estranea ti prenderà dall’alto e ti accartoccerà. Sarai debole e non riuscirai a opporre resistenza, perdendo sempre più consapevolezza. E alla fine, con un piccolo lancio, verrai gettato in un cestino insieme a tanti altri fogli esattamente come te.
Parabola Nell’ombra
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n giorno, quel giorno, gli uomini decisero, ciascuno per sé, di liberarsi della loro ombra. Che valore poteva avere - dissero - una cosa così fatua e volubile, alterabile da un cappello come dall’inclinazione dei raggi solari rispetto alla Terra? La nostra ombra cambia sempre, non è mai la stessa, si allunga e accorcia a ritmo e non è mai proprio quella, è incoerente. L’ombra è nulla, è astrazione e basta. Liberarsene in fretta - dissero. Cominciarono con la “discarica dell’ombra”. Cercarono un luogo chiuso e illuminato, vi si misero tutti dentro. Installarono un interruttore e instaurarono un Addetto all’Interruttore. Chiusero la porta e l’Addetto spense la luce. Fuggirono in fretta ma non abbastanza. Un sole nemmeno troppo convinto li riunì al loro prolungamento di etere, di nulla o quasi perché esiste. L’Addetto all’interruttore prese in mano il popolo. Basterebbe – disse - un interruttore al sole. Noi – disse il problema lo risolviamo alla radice. Giù il sole. Off, tutto perfetto, o quasi perché venne la luna. Magari più fioca, magari velata, magari calante ma lì fissa, a fare ombra. L’Addetto all’interruttore tentò una improvvida fuga ma gli uomini gli dissero che ormai che era lì ci doveva stare e gli misero in mano un interruttore della Luna. L’Addetto non si convinceva e tentennava e si dimetteva e tornava. Nemmeno l’Addetto era obiquo. O la Iaia Paganoni, II C luna o il sole - disse. Gli uomini
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Fuoco
non si capacitavano più di tanto perché quello era l’Addetto e se non lo sapeva lui, proprio loro non potevano saperlo. Ci furono .35 spontanei atti di disperazione, fughe solitarie a portare l’ombra Mi sveglio, di nuovo. Sento fredsotto terra. Gli uomini riconob- do, molto freddo: la coperta a bero che nonostante il loro oscu- lato del letto, prostrata dal mio rantismo ci sarebbe sempre stato incessante scuotermi. Ripenso a lui, che solo ieri sera un misero lumicino mia aveva regalato un pronto per fare omPerché la rivosorriso prima che mi bra. L’Addetto or- “ ganizzò una adu- luzione non è un addormentassi: di nuonata spontanea e interruttore” vo mi assale il pianto. Ripercorro gli istanti spiegò che se prosuccessivi alla telefonaprio ci tenevano la soluzione ci ta di lei che mi comunica la notipoteva essere. Siete voi il problema- disse tra boati imposti con zia mortale, cercando poi parole la violenza-. Gli uomini un po’ di consolazione, meravigliose titubanti si montarono person- quanto vane. ali interruttori convergenti ad “Lui mi ha tradito” penso. O aluno unico, globale. L’Addetto fu meno ci ha provato, proprio con rapido a spegnerli tutti, stramaz- lei, lei che mai mi avrebbe colpito zanti al suolo, a baciare asfit- in maniera così subdola e infame. ticamente l’odiata ombra. Nulla, “Ha tentato di tradirmi con lei etere e basta. Ora l’Addetto era e non ha provato vergogna rivpotente e solo, ma perlopiù vice- ersandomi addosso le sue infiversa. Faceva ombra all’ombra e nite parole d’amore, di affetto a tutti gli uomini. Aveva un’arma eterno. Io mi sono bevuta tutto, di controllo di massa molto più come una cretina, come una rapotente della paura dell’ombra: gazzina…”. Mi sento scuotere da la morte. Fece On,click! Alzatevi- tremori, che mi provocano un disse - fate come dico io o torner- intenso dolore alle costole. Non ete giù, per sempre. In quel mo- ho mai pianto così intensamente mento le ombre, tutte le ombre e ferocemente. Lacrime bollenti si alzarono, presero l’Addetto, gli mi solcano i pori della pelle, mi misero un interruttore e lo inghi- lacerano, corrompono il mio ottirono. Sparì in un buco nero. animo di adolescente: in esse mi Perché la rivoluzione non è un annego, il suono della sua colpa interruttore, è un atto di violen- mi appare remoto e lontano, za. La società tornò a fare i conti quanto prossimo. Come dimencon sé stessa, con la sua propria ticare questi mesi d’amore, come cancellare attimi fulminanti e diversità, con l’ombra. intensi, in cui ogni fibra del mio “E il Giusto stava in piedi, nel corpo si tendeva verso quella speranza che ancora sforzavo a terrore bluastro/ dell’erba dopo che il sole si riconoscere come mia? spense”- Rimbaud
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Davide “Accio” Gritti, II A
narrativa
La magnifica apparenza nascondeva una lancinante delusione. Il suo ricordo mi scuote, mi devasta, mi percuote, sfinendomi. A tratti desidero morire, a tratti sento un fuoco vitale bruciare dentro il mio dilaniato petto. “E’ stata un’idiozia, una speranza vana, un inutile sogno da bambina. Ora l’ho dimenticato”. Mentre fuori sto bruciando. “Ora sono più calma” penso “ora posso cercare le parole adatte per sputargli in faccia quell’amore tiepido e avvolgente che lui ha profanato, dissacrato. Gli mostrerò quanto mi ha resa forte. Gli mostrerò l’errore che ha commesso. Gli mostrerò cosa succede a chi si prende gioco di me”. E intanto fuori brucio. Stefano Martinelli, II B
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anima. Sicuramente se qualcuno ci avesse visti sarebbe morto i piacciono le ragazze di paura. Debby faceva impresrosse. Mi sono sempre piaciute. sione: era bianca. La sua carnaHo avuto una passione, anzi una gione chiara era stata accentuata malattia per loro. Apda tutto il cerone che Mi piacciono le “ pena vedevo una raaveva messo; gli ocgazza dai capelli rossi ragazze rosse. chi erano cerchiati di mi saliva una voglia Mi sono sem- nero; era vestita di irrefrenabile che non bianco, un bianco acpre piaciute. riuscivo a controllare cecante. L’unica nota Ho avuto una e che spesso sfociava di colore erano i suoi in azioni terribili. passione,anzi capelli, rossi come il Era successo con mia una malattia per sangue che le scendesorella e da allora mi vano spettinati sulla loro ” ero ripromesso di schiena. Ricordo che cercare di controllare per tutto il tragitto questa voglia e ci ero riuscito… dalla casa del nostro amico alla fino a quando non entrò nella sua continuavo a fissarla e più la mia vita Debby. guardavo più cresceva dentro di Debby era la mia fidanzata. Era me quella voglia che non riuscivo bellissima: alta, slanciata, con a reprimere. Era come la lava enormi occhi azzurri e labbra di un vulcano che saliva lungo i rossissime. Era perfetta. Aveva camini prima di eruttare. E il vulun solo difetto: i capelli. Aveva cano purtroppo eruttò. lunghi e fluenti boccoli rossi, del- Debby era distesa immobile sul lo stesso rosso del sole al tramon- pavimento bianco della sua cucito. Fu questo la causa di tutto. na. Tutto lì intorno era bianco. Le Ricordo perfettamente. Era la uniche macchie di colore erano i sera di Halloween e io stavo ri- suoi capelli simili ad un’aureola accompagnando a casa Debby rossa intorno al suo viso angelidopo una festa svoltasi presso co, e la macchia rossa che lentaun nostro amico. Ricordo che io mente si stava allargando sul suo ero travestito da morte e lei da petto macchiandole il vestito.
I miei occhi distolsero lo sguardo da quello spettacolo orribile per posarsi sullo spettacolo orribile nella mia mano destra: un lungo coltello da cucina era sporco fino al manico di sangue scuro che piano piano stava scendendo macchiandomi la mano. Fu allora che tutto mi ritornò alla mente. Ricordai che arrivati davanti a casa di Debby lei mi invitò ad entrare poiché i suoi genitori non c’erano. Era andata in cucina e io l’avevo seguita. La cucina era bianca. Un bianco luminoso, abbagliante. E in mezzo a tutto quel bianco spiccava la macchia rossa dei suoi capelli. Ricordo che li fissavo intensamente e la mia voglia era arrivata ormai al culmine. Con uno scatto afferrai un coltello e prima che potessi rendermene conto lo affondai nel petto di Debby. Non ricordai altro, solo la sensazione che provai quando compii quel gesto: un orribile gusto nel farlo. Ricordo anche che a mano a mano che il coltello affondava nella sua tenera carne la mia voglia diminuiva fino a scomparire del tutto. Mi resi conto solo più tardi di quale orribile gesto avevo compiuto. Avevo ucciso la mia ragazza, così come avevo ucciso mia sorella tanti anni fa. Ancora una volta avevo lasciato che la mia voglia prendesse il sopravvento. Quella voglia che mi portava a uccidere delle ragazze innocenti solo perché avevano i capelli rossi. Quella voglia che mi portò a uccidere la persona a cui tenevo di più: Debby. Elena Giozani, IV F
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La strana estate delle proteste dei privilegiati
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estate appena conclusa passerà agli annali come l’estate del “gran rifiuto” dei professionisti di alcune delle leghe più importanti nel mondo - NBA, NFL, LFP (Lega calcio spagnola) e Serie A italiana - a scendere in campo, in protesta contro i dirigenti e le federazioni di appartenenza. Per non rischiare di cadere nel populismo più gretto o, di contro, di difendere a spada tratta una categoria di “privilegiati”, in questa sede ci limiteremo, per quanto possibile, di esporre semplicemente le questioni, lasciando alla coscienza individuale le considerazioni sull’opportunità o meno di tali “rivolte”. NBA / NFL Negli Stati Uniti gli sportivi più popolari hanno minacciato (nel caso della NFL) e dichiarato ufficialmente (in NBA) il “lockout” - l’equivalente di una “serrata” - per le prime partite della stagione; ma se le franchigie della lega più ricca del mondo e i propri giocatori hanno trovato un accordo in tempo per l’inizio della regular season, così non è stato in NBA, dove i cestisti più forti e più pagati al mondo si sono opposti alle richieste avanzate dai dirigenti delle franchigie per porre un freno ai debiti contratti da 22 di esse, per un totale di circa 430 milioni di dollari: tali richieste erano la redistribuzione degli introiti annuali, attualmente a favore dei giocatori in un rapporto di 57 a 43,e soprattutto la revisione del regolamento riguardante il famoso salary cap - il “monte stipendi” che ogni
squadra deve rispettare - che attualmente presenta una serie di clausole e di eccezioni che permettono di stipulare contratti faraonici anche al di fuori del tetto ingaggi, come ad esempio la MLE, l’ “eccezione di metà livello” che consente di offrire ingaggi da 6 milioni l’anno a un giocatore senza che essi vengano considerati nel monte stipendi, e soprattutto i bird rights, clausole per le quali un veterano che giochi da anni nella stessa squadra (ad esempio Kobe Bryant) non vada a gravare sul salary cap, così che per i campioni sia possibile richiedere e ottenere contratti fantascientifici da oltre 20 milioni l’anno. I giocatori non hanno accettato queste misure, considerate troppo inique, e così si è arrivati al lockout fino almeno al mese di novembre: nei prossimi due mesi si lavorerà per salvare la stagione, cosa possibile solo se una delle due parti rinuncerà alla logica del muro contro muro (ed è auspicabile che siano i professionisti a calare le pretese). Caso analogo in NFL, dove però si è giunti a una soluzione che prevede un calo del monte stipendi soprattutto in relazione agli esagerati contratti di rookies e veterani. LIGA SPAGNOLA I calciatori spagnoli hanno attuato un vero e proprio sciopero (trasformato d’ufficio dalla lega in rinvio delle partite, come in Italia) a fronte di alcune spinose questioni come il mancato pagamento degli stipendi di circa 200 giocatori in squadre minori che però hanno potuto “regolarmente” iscriversi al campionato e
come le pretese, in un certo senso assurde, dei club di considerare come periodi di vacanza - e cioè non retribuiti - gli impegni con le nazionali: l’opposizione, a mio parere a buon diritto, dei calciatori ha fatto saltare, e successivamente rinviare, la prima giornata della nuova stagione. La situazione si è sbloccata in tempo per la seconda giornata, quando i club hanno rinunciato alle pretese citate in precedenza e i calciatori da parte loro hanno istituito una sorta di fondo comune per coloro che non hanno ricevuto gli ultimi stipendi, con l’impegno delle società a risanare al più presto il debito. SERIE A ITALIANA La situazione italiana è purtroppo nota sotto aspetti differenti dalla realtà dei fatti: l’opinione pubblica ritiene infatti lo “sciopero” (che non è tale poiché nessuno ha perso giornate di lavoro) dei calciatori un capriccio di calciatori viziati che non vogliono pagare le tasse, attribuendo al “contributo di solidarietà” presente nella Manovra finanziaria di metà Agosto (in breve, un 10% in più di tasse per i redditi oltre i 150 mila euro) l’unico motivo del contendere, cosa non vera poiché i calciatori hanno da subito accettato (e ci mancherebbe) di pagare la nuova tassa -i motivi del contenzioso principalmente di natura legale su chi dovesse pagare questo 10% riguardano i contratti non al netto delle tasse, cioè i contratti “lordi” che sono la stragrande maggioranza- reclamando però una revisione dell’ormai famoso articolo 7 dello statuto FIGC sul tema dei “fuori
sport rosa”. Questo articolo permette a una società che abbia scriteriatamente acquistato giocatori fino a rose sovrabbondanti di programmare “allenamenti differenziati per ragioni tecniche temporanee” a quei giocatori considerati di troppo: la vertenza intorno a questo articolo è dunque un tentativo di tutelare quei giocatori minori che non hanno il permesso (pur continuando a ricevere lo stipendio) di allenarsi con i compagni, perdendo quindi occasioni importanti per la propria carriera. Alla fine si è stabilito un accordo ponte della durata di 12 mesi per firmare il nuovo contratto collettivo, e la seconda giornata si è svolta regolarmente. Una breve considerazione personale: ritengo che le motivazioni dei calciatori italiani e spagnoli, a differenza dei “capricci” dei professionisti americani, si siano rivelate quantomeno sensate, ma il punto della questione è sulla opportunità di serrate e scioperi vari nel mondo dello sport in un momento così difficile per i lavoratori di ogni settore in ogni parte del mondo. A mio avviso dimostrazioni e proteste, quali ad esempio l’avvio ritardato delle partite (metodo utilizzato in passato) si sarebbero rivelate misure più adeguate e rispettose nei confronti delle “persone comuni”, e presumibilmente non avremmo assistito a tutta una serie di discorsi ipocriti e falsamente moralisti, specialmente nel nostro Belpaese, da parte dell’altra “casta”, quella politica, che cogliendo la palla al balzo ha ben pensato di strumentalizzare le proteste dei calciatori per distogliere
ottobre 2011 l’interesse dai veri problemi del Paese, messi per l’ennesima volta in secondo piano per la comodità di tutti. Luca Parimbelli, III I
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test: DOVE DOVRESTI ESSERE IN QUESTO MOMENTO INVECE CHE NELLA NOSTRA BENEAMATA SCUOLA?
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opo novanta giorni di idilliaca libertà, dopo serate trascorse senza il pensiero del pullman la mattina successiva, dopo pomeriggi interi trascorsi nelle attività più inutili, siamo spiacenti di informarvi che non siete in un altro di quegli orribili incubi, stavolta non basterà svegliarsi con un pizzicotto, poiché siete davvero tornati di nuovo a scuola!!! Ma sognare non fa mai male (a meno che non lo facciate con la fronte appoggiata sul banco) dunque lasciate libera la fantasia e pensate al luogo in cui vorreste essere ora. Domanda 1: Cosa hai fatto in spiaggia? A. Ho fatto il bagno, preso il sole, mangiato il gelato e pensato a quanto cavolo è bella la libertà! B. Ho costruito un Sarpi di sabbia in scala 50:1 (completo di animali impagliati), ho letto tutto il libro di letteratura latina e ho condotto un’analisi dettagliata della fauna marina da mostrare al prof di scienze! C. Ho osservato il movimento della marea lento come un 1A che sale in città alta, ho ascoltato il rumore delle onde che mi accarezzavano i pensieri e parlano dolci come le crêpes del chiosco sulla spiaggia. D. Ho raccolto tutte le cicche di sigarette che trovavo
nella sabbia per cercare di costruire un barcone e tentare la circumnavigazione del globo. Il bagnino mi ha salvato a 10 metri da riva. Domanda 2: La cosa più brutta che ti è capitata quest’estate? A. A 500 km (cambiate le cifre se siete andati in luoghi più esotici di quanto abbia fatto io) da quella maledetta scuola, NON E’ POSSIBILE INCONTRARE LA PROFE DI GRECO!!!!! B. Ero a metà di una versione di greco, quando, senza preavviso, avvenne la disgrazia: m’abbandonò per sempre la mia fidata biro, che mi aveva accompagnato per tante verifiche in classe, e non potei terminare la versione per almeno un giorno C. Ogni cosa ha le sue ragioni intrinseche e se il fato ha fatto in modo che ogni cosa che è accaduta accadesse, chi sono io, povero puntino sperduto e solo nell’universo, ritenuto essere pensante, per potersi lamentare? D. 18, ma solo perché ero a dieta. Domanda 3: Quale è stata la tua colonna sonora dell’estate? A. Niente in particolare, non avevo voglia nemmeno di girare il canale della radio e allora ascoltavo quello che passava B. Macché colonna sonora?!?! Chi aveva tempo per la musica???? Dovevo
studiare io! C. Non esiste musica migliore del rumore del vento che accarezza le fronde degli alberi, rinfresca dal sole e alza le gonne alle ragazze. D. “In the ocean blue” e “Put a banana in your ear” del famoso cantautore Charlie the Unicorn Domanda 4: Quante volte hai pensato alla scuola durante l’estate? A. Sinceramente, non sto pensando alla scuola nemmeno adesso che la sto pronunciando. SCUOLA SCUOLA SCUOLA!! ecco… non ci ho pensato neanche una volta. B. Quante volte non ho pensato alla scuola durante l’estate? C. La mia mente ha vagato su temi ben più importanti della scuola! L’immensità dell’universo, la moltitudine delle stelle riflesse sul mare, la varietà di esemplari di esseri umani e/o esperienze antropologiche che popolano la Terra, se sia più buono il gelato del bar del bagno o quello della gelateria davanti all’hotel d Verde Domanda 5: La cosa più bella dell’essere tornato a scuola? A. BELLA!?!? BELLA!?!?MU AHAHAHAHAHAHAHAHA HA!!!! ogni cosa… ogni cosa… ogni cosa… il mio tessssoro!!! C. La bellezza si può trovare ovunque: in massicce
terza pagina colonne svettanti fino al cielo, nell’orizzonte rosa-viola visto da città alta, nella vuota pupilla di un cervo impagliato D. . Il progetto di trasformare la palestra femminile in una piscina ad acqua piovana semplicemente aspettando il prossimo temporale e quello di creare un ring sulla terrazza della succursale, in modo da risolvere con un tête-a-tête tra studente e professore i casi di voti incerti prima dello scrutinio Domanda 6: Qual è l’animale che ti rispecchia di più (non fate domande… volevo mettere una domanda in più ma non sapevo cosa scrivere allora ho preso dal Cioè) A. Un CANARINO ingabbiato in questa scuola B. Una MOSCA perché io sono irritante C. Un GUFO con quell’aria saggia e pensosa D. Bene, grazie Ora sapete cosa fare, non c’è bisogno che vi dica di controllare se avete risposto la maggioranza di risposte a b c d π φ ω ¾… PROFILO A: Potresti stare ovunque… ovunque tranne qua, ma a quanto vedo è come se non ci fossi davvero. Gironzoli per la scuola in bikini e chiedi a tutti se parteciperanno alla gara di limbo o a quella di scala 40. Ora però un consiglio e guardami negli occhi, senza
ottobre 2011 gli occhiali da sole: torna sulla Terra o avrai brutte sorprese quando andrai interrogato in greco con la tua granita in mano. PROFILO B: Sei esattamente nel posto in cui dovresti stare. L’unica cosa che durante l’estate non ti ha fatto disperare sono stati i compiti delle vacanze: fare le versioni era un po’ come tornare in inverno sui banchi di scuola. Appena sei tornato hai fatto una festicciola privata con i tuoi amici professori per celebrare l’inizio di un nuovo entusiasmante emozionante ed oltremodo istruttivo anno scolastico… (sei disgustoso, spero solo che questo profilo si addica ad un’infima percentuale di studenti) PROFILO C: Hai preso bene il tuo ritorno a scuola, nonostante i tuoi compagni siano rimasti piuttosto sorpresi nel vederti completamente rasato e vestito come se, perduto per qualche strano motivo ogni tuo abito, indossassi le tende arancioni del salotto di tua nonna. Il tuo animo è sereno, tranquillo ed equilibrato e levitando a due metri dalla sedia intrattieni amabili conversazioni con i professori di religione e filosofia… Ok la calma, ma diventi quasi preoccupante come il tuo amico del profilo B se prendi la scuola come se fosse un monastero buddista.
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PROFILO D: Caro amico, tu hai dei problemi... La tua fervida fantasia ti trasporta ogni momento in un luogo inaccessibile a noi poveri esseri comuni, infatti in questo esatto momento stai saltellando in mezzo ad un campo di margherite insieme ad unicorni rosa e fauni… Il luogo in cui dovresti stare è quel manicomio che è il Sarpi, tanto immagino che a stare a stretto contatto con una mente geniale come la tua sia un po’ difficile rimanere sani di mente indifferenti alle questioni importanti della vita, come: fino a quanto sanno contare gli alligatori? Quanto ci metterebbe una cimice ad attraversare l’Europa? Per quanto tempo ancora dovrò scrivere cose senza senso?
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Ipse dixit
EX V B
TELI: E’ più facile trovare dell’acqua santa all’inferno che un “AD” più nominativo! TELI: La Coca-Cola! Io la bevo solo in Quaresima per fare un fioretto! TELI: L’uomo di oggi è un Artù senza Merlino. COLLEONI: Tu quando pensi metti il cervello nel frigo! MESSINA: Ablativo di klimax. CARLO: Klimakos. MESSINA: Imbecille. TELI: Fammi l’imperfetto indicativo medio di εροταω terza plurale. CARLO: εροτόντο. TELI: Lo sapevamo già. SCABURRI: E’ inutile che guardi la luna come il gallo cedrone!!! Per spiegare il vangelo apocrifo COLLEONI: Praticamente Gesù a quattro anni uccideva
i bambini e li risuscitava dandogli un calcio nel culo! OLIVA: Vi ricordate chi era Solone? VILLA: Quello cattivo…
X:Gesù! XX:Cicerone! Moretti : Studiate! Platone!!! X: Dai c’ero quasi!
Moretti: Possibile che mi ricordi ste’ cose e voi no? COLLEONI: Villa, con la tua Mica le studio..! lingua potrei farci una sciarpa Classe: Veramente prof... oggi! Zappa: Insomma, questa era TELI: Vi chiudo in soffitta!!! proprio stonata... un piccolo cimitero vocale! TELI: Quando fate una versione, siete come in un Zappa: Proprio non ha labirinto: il dizionario è voluto cantare! Neanche le il vostro filo di Arianna, avessi chiesto di fare cose e indovinate chi è il sconce.... Minotauro?! Zappa: Io non riderei così X, ho visto tua madre ai EX V I colloqui... “massime” X: Bella, eh? -Turno è l’Achille di turno! -Torna con il libretto o sopra Piccirilli: Perché Teli, di esso! in fondo, non è poi così asessuato come sembra... EX IV I (sorriso malizioso) Dopo aver illuso la classe di andare in Aula Magna Piccirilli: Secondo Freud Moretti: Dai ragazzi, in tutto nei sogni ha un fondo anche le infinitive riferimento sessuale.... io mi hanno la loro bellezza! sogno sempre Teli... cosa ne dite? ( sorriso malizioso 2) Moretti:Chi ha detto “quam scripsit scripsit?
Pensate che nell'ignoranza vi sia un barlume di Verità? Vi è stata espressa un' espressiva espressione e hai voglia di esprimerti con espressione per esprimere quali espressioni si esprimono durante le espressioni in classe? Allora dateci una mano a salvare i sarpini dalla
che ci attanaglia e mandateci i vostri
. Classe per classe appuntatevi le battute più comiche, le situazioni più imbarazzanti, fantasiosi epiteti, precisando il Genio che li ha pronunciati. Inviate tutto a CASSANDRASARPI@GMAIL.COM e assicuratevi che i diretti interessati non abbiano da sentirsi offesi o lesionati o ALTRO. Cordialmente, La redazione di Cassandra
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Marta Cagnin, I D Leopoldo Biffi, V C Andra Savetta, V C Federica Sala, V E Pietro Raimondi, V F Sara Lattore. IV D Sofia Marchiondelli, IV D Giulia Vitale , IV D Sara Zanchi, IV D Federica Zonca, IV D Elena Giozani, IV F Elena Moreschi, IV F Elena Occhino, IV F
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