Cassandra - Gennaio 2014

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l’editoriale

Verità velate di Marta Cagnin, IIID Questo numero capita in uno strano periodo dell’anno, uno di quelli un po’ smorti, dove non succede più niente d’interessante. Le feste sono passate e questo clima grigio in cui non si vede un cielo limpido da quasi due settimane sembra uniforme al punto giusto da poter fare da sfondo alla giornata della memoria. Accetto critiche per la mia poca sensibilità nei confronti di questo tema, eccomi, impegnatevi. Scuotono molto di più la mia coscienza di cittadina i resoconti e le testimonianze dei regimi totalitari degli anni della seconda guerra mondiale, delle loro violenze e dell’assoluta mancanza di libertà che vi regnava. Immaginatevi direttori di un quotidiano di tiratura nazionale. Un mattino, insieme alla solita posta d’ufficio, vi recapitano anche un foglietto di carta inconsistente: “Non interessarsi mai di nessuna cosa che riguardi Einstein.” o “Giornalisti e fotografi si astengano dall’avvicinare i duchi di Windsor”. Ben lontani dall’occuparvi abitualmente soltanto di curiosità scientifiche o nozze controverse credo che sarebbe inevitabile una certa dose di sgomento e la suddetta velina (questo è il nome proprio dei fogli su cui il regime fascista notificava gli ordini destinati alla stampa) verrebbe riletta almeno un paio di volte per accertarsi di aver capito bene. Pur essendo già instradati verso un’economia di prevalente stampo capitalistico, in questi casi specifici spero che venissero scosse le coscienze, più che i portafogli o le borse internazionali, come può accadere per colpa di uno scoop più o meno sensazionale che tratti di un argomento politico. Personalmente detesto quei momenti cruciali in cui viene palesemente calpestata la libertà, che sia di stampa, di informazione, di parola... La messa al bando di ogni pluralismo e la censura sono strumenti di repressione non fisici ma molto efficaci e che sono stati piuttosto gettonati nel corso del tempo, tanto che dai poeti imperiali di Roma si arriva ai nostri tecnologici mezzi di informazione, strumentalizzati in modi che sicuramente non possiamo nemmeno immaginare. Non sto certamente gridando al complottismo ma mi piacerebbe davvero sapere quanto delle informazioni che riceviamo non sia stato sapientemente rielaborato o taciuto da chi fa un lavoro simile a quello di Alan Cowan in “Carnage” che vi consiglierei di vedere se la commissione cinema non avesse già provveduto alla sua distribuzione.

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Test di medicina 2014 eccettera.... + Intervista eccetera... + Ritorno al futuro eccetera... + Fuso orario eccetera...

JFK + Suggestioni di un lungosenna rivoluzionario + A forza di citare De André

IL SOMMARIO

Sarpi Attualità’ Cultura NArrativa sport 3^ Pagina Ciak si gira! + La polonia fa casino + W VERDI

La mosca + Storie di Wretched Town + Sicilian Story + Fallen Angel + VetroAriaVe-

Violenza allo stadio + Corri una maratona + Eroi australiani eccetera

Un casino di roba

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Test di medicina 2014

Il punto di vista dei TestBusters di Davide

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Come tutti gli interessati già sapranno, quest’anno il test di medicina si svolgerà in primavera, più precisamente l’8 aprile 2014. Per odontoiatria il test è lo stesso, per veterinaria bisogna aspettare il giorno dopo, il 9 aprile. Professioni sanitarie a settembre, il 3. Buio sulla data del test di medicina in inglese (IMAT), che verosimilmente sarà a fine aprile. Per le università private, in Cattolica il test è il 14 marzo, al San Raffaele ancora non ci è dato sapere. Dicevamo 8 aprile…per “apprezzare” appieno il perché il test sarà in questa data, è necessario un piccolo excursus storico: già il 14 febbraio 2013 - giorno che alcuni ricordano come “la rivoluzione di San Valentino” - l’allora Ministro dell’Istruzione Profumo decise di anticipare i test di medicina da settembre - mese canonico per i test d’ammissione universitari - a luglio nel 2013 stesso e appunto ad aprile nel 2014, con una graduatoria nazionale e un test completamente rinnovato. I maturandi che sognavano di entrare a medicina di quel periodo caddero nello sconforto più totale: dopo il diploma, avrebbero avuto forse 3 settimane per prepararsi al temuto test. E non solo: il loro voto di maturità avrebbe inciso per circa il 10% sul punteggio finale. Pochi mesi e cambiò di nuovo tutto: a giugno il Ministro spostò nuovamente il test a settembre, modificando il metodo di calcolo del bonus maturità e apportando vari cambiamenti alle tipologie di quiz, che già erano misconosciute. Finalmente il 9 settembre si svolse il test di Medicina 2013: quella mattina stessa una commissione annunciò l’abolizione del bonus maturità, sorpresa dell’ultim’ora per coronare uno dei test di medicina più confusi di sempre.

Svoltosi il test, per settimane imperversarono polemiche, finché a fine Ottobre, grazie al deputato Galan, si decise di ammettere a medicina gli studenti esclusi che “se fosse stato valido il bonus maturità sarebbero entrati”. Il tempo passa e il 29 novembre uscì la legge: i circa 2000 studenti coinvolti potranno immatricolarsi “in sovrannumero” nell’anno accademico corrente o nel prossimo. Sì, nel prossimo, sperando che fili tutto liscio fino ad allora. Insomma abbiamo capito che il test di medicina in Italia dà emozioni che neanche Stephen King. Quindi come mai il test sarà ad aprile? Con la graduatoria nazionale i tempi per essere assegnati ad una Facoltà si dilatano incredibilmente: infatti ognuno può concorrere per entrare in un qualsiasi corso di Medicina italiano, ma deve aspettare che i primi arrivati si immatricolino, che le graduatorie scorrano, che i secondi arrivati si immatricolino eccetera eccetera. Morale? Con circa 9000 posti tra medicina/odontoiatria e 84000 partecipanti, ancora molti ragazzi sicuri di essere entrati da qualche parte non possono ancora immatricolarsi. L’iter potrebbe concludersi a febbraio, a marzo forse. Da qui la necessità di anticipare il test. A dicembre lo scorrimento è a circa posizione 13000, e il tempo passa. Veniamo ad oggi: cosa sapere sul test 2014? Cosa fare? Se il test dovesse rimanere come quello del 2013 la risposta è semplice: studiare “logica”. Con 25 quesiti su 60, logica è stata la regina del test 2013. Pochissime le domande di cultura generale: solo 5. Ancora di rilievo biologia e chimica: da studiare già a partire dalle vacanze di Natale, in particolare se non si è ferrati. Importanti anche matematica e fisica:


studiare è un ragionamento che vi porterà alla autodistruzione. Certo test più maturità è un fardello molto pesante, ma vedete il tutto come un percorso catartico, alla fine del quale rinascerete dalle vostre ceneri come l’epica fenice (se qualcuno ha pensato: “Ma vafff” in questo momento, gli era concesso). Rendetevi conto al più presto di come siete messi: fate simulazioni, confrontatevi su internet con le migliaia di liceali nella vostra condizione! È normale all›inizio non riuscire ad azzeccare neanche una domanda di biologia…ma resivi conto di questo dovete studiare! Anzi, ripassare visto che in teoria si tratta di argomenti già fatti! Pensate alla soddisfazione che proverete se passerete il test di medicina ad aprile e avrete tutta l’estate fino a inizio ottobre libera! Se poi non sarete entrati, pace, zero sensi di colpa per voi che c’avete provato, nessun biasimo, dormirete sonni tranquilli. Mancano ancora più di 100 giorni al test, una marea: il tempo c’è. La preparazione che vi dà la maturità non ve la dà nessun altro: mate e fisica dovete già studiarle, biologia e chimica da ripassare, logica alla portata. Ce la potete fare. La determinazione vale più di mille simulazioni!

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per prepararsi, fare tanti esercizi (fondamentali anche per logica). Per farsi un’idea più chiara, consultate la guida del Ministero al test 2013, documento fondamentale per prepararsi e disponibile online. Quest’anno per la prima volta il test è stato realizzato dal Cambridge Assessment, ente che negli anni passati si occupava solo dei test di medicina in inglese (IMAT): in altre parole, non è una cattiva idea leggersi i vecchi test del Cambridge e prendere confidenza in particolare con le domande di logica, le cui tipologie sono molto ricorrenti. Ma il test potrebbe cambiare. Anzi, dovrebbe cambiare: il Ministro Carrozza ha anticipato circa un mesetto che vorrebbe affidare a medici la realizzazione delle domande del test, cosa che fino ad oggi non è successa. In particolare, potrebbero cambiare i quesiti di biologia e chimica, che non risulterebbero soddisfacenti per selezionare chi davvero merita l’ingresso a medicina. Qualsiasi cosa succeda, questa notizia non deve spaventare troppo, dato che non dà grandi ragioni di modificare il programma di studio. E il bonus maturità? Sicuramente non verrà riproposto, il Ministro è stato chiaro. La sua priorità infatti è “riconsiderare le modalità di accesso ai corsi a numero programmato”. La sensazione è che se il Ministro Carrozza rimarrà al governo, il test di medicina come lo abbiamo conosciuto potrebbe presto giungere a fine corsa. Un’ultima considerazione: studiare è fondamentale per passare il test e chi si impegna ha grandi possibilità di farcela. Chi è convinto di voler fare il medico non avrà problemi a sacrificare i weekend sui libri, ma chi è indeciso sul suo futuro, con poche idee chiare in testa rischia di non essere motivato a sufficienza per studiare. Non lasciate che uno stupido test non vi permetta di fare quello che desiderate. Non abbiate paura delle statistiche, del giudizio degli altri, del fallimento, di chi non vi stima all’altezza. Cogliete questa occasione per dimostrare quello che valete. Pensare che sarà impossibile passare il test visto il breve lasso di tempo per

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Intervista alla giunta del Consiglio d’Istituto a cura di Giulia Testa, IIIB La giunta è l’organo del Consiglio d’Istituto che si occupa della gestione del bilancio. Gli attuali membri sono Giulia Gotti, Anna Maria Frigeni, Livia Cante e Giorgio Mangini. Segue l’intervista dei primi tre membri della giunta stessa. 1. nome e cognome, rappresentante di X 2. perchè ti sei candidato? 3. quali credi che siano i problemi del Sarpi e come credi che potrebbero essere risolti? 4. cosa pensi/speri di migliorare?

1. Giulia Gotti, rappresentante della componente studenti.

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1. Mi chiamo Anna Maria Frigeni e sono mamma di Silvia Crespi di 2E. Ricopro la carica di membro della giunta esecutiva -componente genitori e sono rappresentante di classe. 2. In questi anni ho ricoperto diversi ruoli al Sarpi e a settembre ho accettato di ricandidarmi in Cdi per dare una continuità al lavoro svolto lo scorso anno e per mettere a disposizione le mie competenze . 3. I problemi del Sarpi sono numerosi ma se dovessi fare una scelta ritengo urgente che si inizi a lavorare sui criteri di valutazione. In questi anni il POF non è stato applicato e tantomeno la parte relativa alla valutazione. Pertanto occorre affrontare la questione in maniera diversa e più incisiva.

Una volta che saranno deliberati i criteri 2. Mi sono candidata perché spero di di valutazione, occorre che vengano poter portare il mio aiuto in prima perso- seguiti e adottati. na anche all’interno di questo organo scolastico. Il Sarpi deve poi riconquistare la fiducia degli utenti “esterni”. 3. Una totale mancanza di comunicazione tra le varie componenti che talvolta 4. Mi piacerebbe che attraverso un perporta a disagi sconvenienti soprattutto corso di responsabilità da parte di tutte per noi alunni. Cogliendo l’occasione le componenti della scuola si riuscisse ad del rinnovo totale del Cdi confido che ci esportare un modello di scuola non solo sarà più dialogo con maggiori vantaggi informativa ma formativa. per tutti. Mi piacerebbe che i ragazzi e le ragazze 4. Come membro della giunta sarà il mio che potrebbero iscriversi al nostro liceo il primo dovere tutelare il fondo studenprossimo anno scolastico che ho incontesco per finanziare tutte quelle attività trato all’open day fossero rassicurati sul che la scuola ci concede di fare gratu- sistema Sarpi. itamente. Poi vorrei anche rendere più Stare bene a scuola è un diritto non un trasparente il lavoro della giunta e più in regalo, il successo formativo deve essere generale del consiglio agli occhi degli perseguito e sostenuto. studenti che troppo spesso hanno le idee annebbiate circa questi organi.


1. Livia Cante rappresentante personale ATA.

3. I problemi che quotidianamente riguardano la vigilanza degli studenti, la sala stampa, la pulizia e la gestione delle aule da predisporre per i ricorrenti

4. Penso che il dialogo migliori la comprensione dei problemi: analizzare i problemi dai quattro punti di vista non può che migliorare l’offerta formativa dell’Istituto. Spero e credo che le prospettive future che ognuno di noi ha verranno portate avanti con grandi risultati dalla

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2. Mi sembrava corretto che anche il personale ATA ausiliario avesse una rappresentanza visti i problemi di organizzazione del lavoro che quotidianamente mi trovo ad affrontare.

eventi che trovano spazio all’interno della vita dell’Istituto. In merito alle mie proposte, porto le esigenze della categoria.

Ritorno al futuro: Fisioterapia di Damiano Cerea Pensavo di aver reciso un forte legame di amore-odio verso questo Liceo, che tanto dà e tanto prende, e invece mi ritrovo qui dopo due anni e mezzo a presentare il mio Corso di Laurea e, allo stesso tempo, a tirare anche le somme del mio operato post-maturità.

Dieci giorni dopo, con sorpresa (e non solo mia, visti i trascorsi “molto mossi” al Liceo soprattutto nelle materie scientifiche), ho saputo di essere stato ammesso.

Il corso non è una Laurea Magistrale a Ciclo Unico. Cosa significa? Significa Contro tutto e tutti (o quasi), increduli che dopo tre anni sei libero. Esatto, liberiguardo alla mia scelta, l’8 settembre ro dai libri per sempre. Libero di iniziare a 2011 ho fatto (tentato) il test a Brescia programmare la tua vita da solo. Non ci per essere ammesso al Corso di Laurea sono Specialistiche. Certamente si può in Fisioterapia. Un corso fino a poco decidere di specializzarsi in un settore, tempo prima a me sconosciuto, scoper- ma qui subentrano altri Corsi di studio to per caso parlando con una persona, (osteopatia). Dopo 3 anni tu sei abilitama che negli ultimi anni ha preso partito alla professione di Fisioterapista. Sei colarmente piede. Le scelte opzionali di Dottore in Fisioterapia. Corsi erano varie (infermieristica, pietistiInizio col dire che NON siamo solo “quelli ca, odontoiatria,..) , ma la mia era una dei massaggi”. Abbiamo anche lezioni sola: quella. Se non fossi passato mi sarei ritrovato a spulciare Corsi dopo Corsi di Massoterapia, ma noi ci occupiamo più precisamente della riabilitazione. fino a trovare il più “simpatico”. I massaggi ve li facciamo (e più utili Quella mattina ci siamo presentati in e salutari di quelli Made in Thailandia 2700: di questi, 1200 per Fisioterapia, di e China), ma noi svolgiamo interventi cui 90 sarebbero stati ammessi. 80 dodi cura e riabilitazione. Quest’ultima mande a scelta multipla: 40 di cultura non deve esser considerata come un generale e 30 di matematica, fisica, insieme di interventi per “far muovere” logica e scienze. A risposta corretta 1 qualcuno, ma si fonda su teoria di base punto, errata -0,25, non data 0. (ovviamente), attenta valutazione del paziente e su un programma personaliz-

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zato. Non si interviene sulle patologie o singoli apparati, ma sulle conseguenze di tali patologie e dei traumi. La riabilitazione utilizza un approccio globale alla persona nella sua interezza biologica, affettiva, relazionale, emozionale, sociale. Mira ad assicurare al “disabile” la più ampia indipendenza e un’ottimale partecipazione alla vita sociale ed economica. Il Fisioterapista cura gli esiti delle malattie dei sistemi osteoarticolare, muscolare, cardiovascolare, respiratorio e viscerale. Tra lui e il paziente si stabilisce un rapporto basato sulla fiducia, non è mai scontato che il paziente si lasci “toccare” liberamente. L’approccio è sì medico ma anche, e soprattutto, emotivo. Entrambi devono essere motivati e pazienti per portare il processo riabilitativo a un risultato ottimale. Ogni paziente ha una cartella personale che va compilata come un diario ogni giorno dal fisioterapista sulla base delle attività svolte. Questo per evitare confusioni tra i vari pazienti, per controllarne i progressi e anche per motivi burocratici: è un’attestazione del lavoro che si sta svolgendo. Accanto alle lezioni teoriche prettamente scientifiche, troviamo anche materie di stampo psicologico (rapporto con i pazienti) e manageriale (gestione di reparti e cliniche private). Al primo anno si hanno fisica, biologia, biochimica, anatomia e kinesiologia, le basi fondamentali della professione. Negli anni seguenti si entra nel dettaglio dell’apparato locomotore non solo dal punto di vista osseo e muscolare, ma anche nervoso, patologico e viene affrontata anche la riabilitazione viscerale. Ebbene sì, il Fisioterapista si occupa pure degli organi interni [apparato respiratorio, cardiocircolatorio, urologico, digestivo (masticazione e deglutizione)]. Ovviamente sin dal primo anno è presente il tirocinio spalmato su vari ospedali e in vari reparti, con difficoltà e a patologie crescenti. Sono tre anni densi e pesanti ma passano in un attimo e alla fine ti ritrovi dottore a 23-24 anni e guardandoti allo specchio non puoi fare a meno di dirti: “Tu? Vogliamo scherzare?”

Gli sbocchi sono innumerevoli. Per fortuna per noi, ma purtroppo per voi, la gente si fa male ogni giorno, e quindi negli ospedali c’è sempre molta richiesta di personale sanitario e il Fisioterapista ha una preparazione eterogenea che gli permette di lavorare in ogni reparto, compreso quello delle GCA (gravi cerebro-lesioni acquisite), i comatosi per fare un esempio, o persone con sindromi che colpiscono gravemente le varie aree del cervello. Ci si può affiancare a squadre sportive o ad atleti singoli (preparazioni atletiche e trattamenti massoterapici ma anche riabilitazione di traumi vari) e, se si ha la possibilità, anche aprire uno studio privato, cosa a cui punta la maggior parte dei Fisioterapisti. Se consiglio il Corso di Laurea? Direi subito No per il lavoro che avrei in meno, ma ovviamente Sì. Se piace vivere a contatto con le persone, aiutarle, parlarci, vedere la loro fiducia in te e la gioia e la gratitudine nei loro occhi alla fine del percorso riabilitativo (non sempre sono così gentili eh, come in ogni campo), allora questa è una delle professioni perfette. Le tante ore trascorse accanto a persone che hanno bisogno di voi e il momento dei “saluti finali”, quando il paziente vi guarda e vi ringrazia, sono la parte migliore del lavoro (insieme alla busta paga). E fare del bene a chiunque rende il cuore leggero e orgoglioso del proprio operato. Fa bene a loro, ma fa bene a te. Non è certo cosa da niente. Colgo l’occasione per ringraziare tutte le persone che mi sono state vicine, quelle che lo sono tuttora e coloro che, insieme a questo Liceo, hanno contribuito negli anni alla mia formazione, permettendomi di passare in primis il test (come molti altri che hanno una formazione Classica alle spalle, non esclusivamente scientifica). E ovviamente grazie a voi per l’attenzione. In bocca al lupo a tutti i maturandi.


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Un’occasione per scoprire sé stessi

Un’occasione unica per scoprire sé stessi di Beatrice Chiappa, IIC Ricordo ancora quando stavo pensando di trascorrere un anno all’estero. E’ sempre stato il mio sogno, sin da piccola. Poi, d’un tratto, è arrivato il momento di interessarsi per davvero. Ho iniziato a fare ricerche, a leggere qualsiasi cosa trovassi su internet e in biblioteca a scuola. Lessi molti racconti di ragazzi che erano stati via, chi per cinque mesi, chi per un anno. Tutto sembrava così meravigliosamente interessante, affascinante, divertente e soprattutto facile! Così mi sono decisa e mi sono iscritta a un programma di soggiorno di dieci mesi. Tuttavia, ciò che si può leggere su internet non è detto che corrisponda alla realtà che ti trovi ad affrontare. È stata proprio la paura di ciò che mi aspettava a farmi venire dei dubbi sulla scelta iniziale. Così, più si avvicinava il giorno della partenza, e, quindi, più diventava reale l’esperienza che a breve avrei dovuto vivere, più si faceva forte l’idea di accorciare il periodo del mio scambio. Infatti, è stato poco tempo prima del gran giorno che ho deciso definitivamente di partire per cinque mesi. I giorni sono volati e i preparativi erano lunghi, ma l’8 luglio è arrivato più velocemente di quanto immaginassi.

I primi giorni non sono stavi privi di difficoltà, dovendomi adattare a una nuova scuola, a una nuova famiglia, a una nuova routine e, cosa non di poco conto, dovendo comunicare unicamente in un’altra lingua! La scuola è completamente diversa da come la viviamo noi, ma anche da come ci viene raccontata nei film: il sabato è il giorno del riposo, come ai tempi di Gesù, e le lezioni iniziano alle nove, nonostante la divisa obbligatoria dimezzi i tempi di preparazione. Si studiano meno materie rispetto alla nostra scuola: solo inglese e matematica sono obbligatorie, poi si devono seguire altre quattro materie tra un gruppo di una trentina di possibilità. Non vengono formate delle classi fisse, ma a ogni lezione l’aula, i compagni e i professori cambiano; da un lato ciò consente di incontrare diversi ragazzi, ma d’altra parte questo sistema non dà la possibilità di approfondire le conoscenze, rendendo difficile l’instaurarsi di una vera amicizia. Tuttavia, ci sono altre occasioni per stringere dei rapporti, alcune organizzate dalla scuola stessa: un campo di addestramento sul modello di quello militare mi ha portato a camminare sommersa

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fino al collo nel fango, o a percorrere tunnel angusti sotto terra, o ancora ad arrampicarmi su pareti impossibili dopo aver portato in salvo un “patient”, e tutto questo è stato possibile grazie a un lavoro di squadra che ha a sua volta creato una complicità con tutti i miei nuovi compagni. Dopo qualche settimana, così come la situazione a scuola si era stabilizzata, anche la convivenza con la famiglia mi era diventata piacevole. Certamente il concetto di famiglia che si ha in un paese lontano, come quello in cui ho vissuto, non rispecchia il nostro. Dimenticatevi le cene tutti insieme attorno a un tavolo e pensate piuttosto a un pasto consumato con gli amici sul divano davanti alla televisione. I genitori si sono dimostrati sin da subito ospitali, essendo già abituati ad accogliere altri studenti internazionali. Erano disponibili a portarmi ovunque: sono andata in vacanza con loro al mare e sempre con loro ho accarezzato per la prima volta un koala. Grazie a loro e all’agenzia ho potuto visitare molte località e il ritmo rilassante del posto spesso non mi faceva pensare ai 35°C che battevano sulla mia testa! Per quanto riguarda il clima, infatti, posso dire di aver avuto un’estate prolungata, che è stata resa più sopportabile dal fatto che la famiglia assegnatami disponesse di una

meravigliosa e rinfrescante piscina. D’altra parte, quando sentivo i racconti della mia famiglia in Italia o ricevevo le foto della prima nevicata da una mia amica, un po’ sentivo la nostalgia di casa. Infatti, sebbene l’agenzia consigliasse di limitare il contatto con le persone che lasciavamo, spesso era difficile accettare l’idea di essere soli lontano dalle persone care. In conclusione, non importa quanto la compagnia cerchi di prepararti o cosa ti venga raccontato delle esperienze altrui, nulla può farti capire ciò che ti aspetta finché non lo sperimenti sulla tua pelle. Una volta, però, che ti trovi a viverlo, la cosa che devi fare è abbandonare le aspettative che potevi avere prima della partenza e lasciarti guidare dalle occasioni che giorno per giorno ti si presentano, per rendere questa avventura la più indimenticabile. Ora che sono di nuovo a casa, sono contenta di essere partita, perché questa esperienza mi ha formata come persona e mi ha messo di fronte a difficoltà che mi hanno fatto crescere e imparare a conoscere me stessa. Inoltre ho avuto numerose opportunità di incontrare nuove persone, di conoscere una cultura diversa e di scoprire tanti luoghi interessanti. Ah, mi sono dimenticata di darvi un’informazione importante sulla storia… il Paese che mi ha ospitato in questi cinque mesi è l’affascinante Australia!

JFK: 50 anni dopo di Roberto Mauri, IVD

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Uno sparo, fragoroso. Un boato sordo scuote bruscamente la limpida aria texana, lo stupore si dipinge immediatamente sul volto dei presenti e per una frazione di secondo persino il festoso vociare della folla sembra arrestarsi, rapito. Gli astanti sono attoniti, terrorizzati dall’orribile spettacolo in scena davanti ai loro occhi, incapaci di comprendere

appieno la tragicità di quel semplice, secco rumore. Altri tre colpi, ravvicinati e violenti. La folla si risveglia, come scrollata dalla scarica. Alcuni urlano; molti piangono; e tutti, in massa, si danno ad una fuga cieca e disperata, senza meta alcuna: un caotico ammasso di primitivo terrore. Ben presto decine di agenti in divisa rag-


Sono passati ormai cinquant’anni dallo quello sventurato venerdì di novembre che vide il mondo piangere impotente di fronte alla repentina scomparsa dell’ultima vera stella americana. Cinquant’anni spesi rimuginando fino alla nausea su cause, mandanti ed assassini di una morte che, con tutta probabilità, celerà il suo mistero fino alla fine dei tempi. Cinquant’anni caratterizzati da teorie sempre più assurde, avanzate da “esperti” sempre meno attendibili, troppo spesso più interessati a complotti e cospirazioni che non ad una verità obiettiva e realistica, ma forse meno affascinante e lucrosa. Cinquant’anni durante i quali si è progressivamente persa di vista la fondamentale ed immediata conseguenza della scomparsa di JFK: l’imponente (ma meravigliosa) eredità che un personaggio del suo calibro non poteva evitare di lasciare alle generazioni degli anni a venire. L’eredità di un uomo che ha fatto del sorriso una filosofia di vita, ma che allo stesso tempo ha saputo mostrare una volontà ferrea nel difendere una nazione che amava più della propria vita. Un lascito che ancora oggi dovrebbe pervadere e motivare le no-

stre azioni: siamo forse troppo giovani per attuare un cambiamento nella società ma di certo non lo siamo per interessarci, almeno nel nostro piccolo. Insomma, parafrasando Kennedy stesso, “non pensare a cosa il Sarpi può fare per te, ma pensa a cosa tu puoi fare per il Sarpi!”. Uno spaccato sulla vita di questo personaggio unico ci giunge proprio in queste ore da Dallas, dove sono state rinvenute alcune pagine del suo diario personale, inspiegabilmente sfuggite alle indagini originarie. In esclusiva per Cassandra eccovi dunque il Diario di Kennedy. Washington D.C, 18 novembre 1963 Caro diario, scusa se è passato del tempo dalla mia ultima nota ma sto vivendo un periodo molto intenso ed incredibilmente impegnativo. La campagna elettorale rende tutti nervosissimi, me per primo, ma nonostante tutto cerco di apparire affabile e pacato come sempre: un vero Kennedy, direbbe mio padre. La schiena continua a darmi noia e non passa ora senza che sia costretto a prendere quelle “famose pillole”; spero solo mi permettano di resistere fino a gennaio (per allora dovrei aver concluso la mia corsa alle prossime presidenziali). Stamane presto lo studio ovale è stato invaso di nuovo da un nugolo di consoli e funzionari d’ambasciata sovietici: questa storia del “riavvicinamento” comincia davvero a darmi sui nervi e non credo resisterò ad un’altra improvvisata come questa! Quell’esaltato di Chruščёv continua a premere affinché si apra una tratta commerciale inter-pacifica, ma giuro sulla mia famiglia, non accadrà certamente sotto il mio mandato! Phil (il nuovo analista) è ormai quasi certo che tempo trent’anni e tutto il Blocco cadrà, se ciò accadesse, non avrei intenzione di essere ricordato come “l’uomo che fece iniziare il crollo di questo paese” solo per cedere ad un capriccio dei comunisti! Ora ti devo lasciare perché domani inizieremo “la caccia” ai voti del Texas e

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giungono la berlina e si gettano sulla First Lady, sconvolta, e sul corpo straziato del Presidente; angosciati dalla piena consapevolezza di essere giunti troppo tardi. Elm Street è ormai in preda al delirio, invasa da polvere e paura, già tragicamente segnata dagli assurdi risvolti di quello che doveva essere un semplice tragitto in auto, perfettamente identico alle decine di altri cortei che avevano riempito i precedenti tre anni di mandato. È solo un particolare a risultare totalmente estraneo: una figura alta, ancora immobile, apparentemente lontana dalla foga che pervade la calca circostante. Quell’uomo, Abraham Zapruder, non si muove; rimane serafico sulla soglia della sua bottega, la cinepresa in mano, l’obiettivo stoicamente puntato sulla fine di un’epoca.

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dovrò essere fresco e riposato per gli Americani, con devozione, Jack. El Paso, 20 novembre 1963 Caro diario, ti chiedo ulteriore perdono per non averti riferito nulla di ieri, ma , una volta concluso il bagno di folla ad Austin, le mie vecchie ossa non hanno retto ulteriormente. Jackie continua a ripetermi che dovrei ritirarmi e smettere di stressarmi tanto nell’ambiente politico. Io non sono assolutamente d’accordo: ho solo 46 anni, una bella famiglia numerosa e milioni di persone che contano su di me, il tempo per riposare l’avrò nella tomba! L’ultima volta che sono venuto qui ad El Paso era il 1935: allora ero un semplice cadetto dell’aviazione, chiamato all’US Air Force Centre di questa città per imparare a pilotare i nuovi B-29. Allora, per me, responsabilità era un termine quasi privo di significato, la guerra era ancora lontana e l’unico comandante a cui rispondevo realmente era l’incoscienza dei 18 anni: quelli sì che erano bei tempi! Sono arrivato all’hotel solo da un’ora ma ci sono già centinaia di persone accalcate qui fuori che inneggiano a me: forse qui avremo più fortuna che ad Austin! Ieri, appena arrivato laggiù, la mia auto è stata bloccata subito fuori l’aereporto da un corteo antigovernativo, composto prevalentemente da giovani e ragazzi. Inizio a temere che il “futuro dell’America” non mi ami più... La comunità di queste parti sembra più ben disposta nei miei confronti e confido in un ottimo afflusso al comizio stasera. Ora ti devo lasciare perché JJ vuole giocare un po’ con me. Fedele come sempre, Jack. Forth Worth,21 novembre 1963 Caro diario, quest’oggi, all’ora di pranzo, mi è giunta una notizia inaspettata: domani, anziché recarmi a Los Alamos, terrò un discorso a Dallas, qui vicino, evitandomi così svariate ore di chiassosa autostrada texana. Sia ringraziato il Cielo! I lunghi viaggi in auto mi hanno sempre portato solo nausea e voltastomaco, capirai bene quindi

quanto mi esalta l’idea di posticiparne uno! Ho sempre desiderato visitare Dallas, “l’oasi nel deserto”, anche se sono certo che Mike dello staff non mi lascerà libero di fare un giretto turistico privato. A parte gli scherzi, sono sicuro che Dallas sarà una delle poche tappe tranquille del mio tour elettorale. Qui a Forth Worth tutto è immobile e bellissimo, un punto stabile nella mia caotica vita da Presidente. Sono situazioni come queste che mi ricordano per cosa ho voluto conquistarmi questa scrivania. Credo mi farò mettere una foto del centro cittadino nello studio ovale, per sentire un poco più vicini anche questi “americani di provincia”. Sulla mia salute, almeno con te, non ho intenzione di fingere: il dolore alla schiena mi attanaglia come non mai. Questo pomeriggio ho dovuto lasciare il palco del municipio in stampelle e sono stato costretto a chiedere un aiuto anche solo per montare in auto. Tornato qui, Jackie ha subito insistito per chiamare un medico, che mi ha fatto l’ennesima iniezione analgesica, risultata però come sempre quasi inutile. Credo proprio che dovrò rassegnarmi a terminare prima la mia corsa elettorale. La mia ultima speranza è di recuperare un poco le forze durante la giornata di domani, della quale ho ricevuto il programma proprio ora: un piacevole viaggetto in auto, un breve discorso ai cittadini, una stretta di mano al sindaco e poi tutti a casa…una vera passeggiata! Ora vado, è la terza volta che uno stagista mi chiama per la cena e temo che se lo faccio attendere ulteriormente sfonderà la porta e mi trascinerà via di peso! Con sincero affetto, Jack. Dallas, 22 novembre 1963 Caro diario, in questo particolare frangente posso dedicarti solo un minuto perché a breve la mia cabriolet sarà messa in moto ed io mi ritroverò avvolto dai cittadini urlanti. Sono molto felice di comunicarti che l’effetto dei farmaci si è finalmente fatto


Suggestioni di un lungosenna rivoluzionario

Attualità

sentire: mi sento scattante come in giona torno, ventù! A presto, Jack. Sento che questo sarà un giorno indimenticabile per tutti noi. Prometto di raccontarti ogni cosa appe-

di Federico Crippa, IIIB Passeggiavo stamattina lungo la Senna, in Quay d’Orsay. Rinchiuso fra gli alti massicci edifici, l’Hotel du ministre espone una gigantografia di Nelson Mandela sorridente nella sua vecchiaia, intento a salutare un’invisibile folla. Non ci faccio in un primo momento troppo caso, e proseguo il mio cammino verso la Tour Eiffel. Di nuovo un edificio attira la mia attenzione, perché bruttissimo, tutto nero con balconi triangolari, così diverso dai maestosi palazzi che sorgono in tutta la capitale. Scopro che la discutibile architettura è l’ambasciata del Sud Africa: mi stupisco nel non trovare alcuna foto di Madiba, salvo poi accorgermi di un piccolo poster affisso a un muro laterale, composizione di foto di diversi momenti della sua vita: dal Mandela della gioventù, delle prime lotte, al Mandela presidente. Le differenze iconografiche sono evidenti: il Mandela sul ministero degli esteri francese è il Mandela la cui morte ha attirato in Sud Africa i capi di stato occidentali, al cui funerale Obama si è divertito a fare autoscatti (#instafuneral #selfie #biondedanesi): è il Mandela che ha combattuto e vinto l’apartheid, portatore di uguaglianza e parità di diritti in un paese ora finalmente libero e di uomini liberi. Qualcosa stona in questa nenia che dopo la sua morte televisioni e giornali hanno cantato: l’uguaglianza resta in realtà in Sud Africa un miraggio, e se prima un abisso divideva bianchi ricchi e neri poveri ora separa bianchi e neri ancora più ricchi e neri ancora più poveri. Di fatto l’economia nazionale è collassata

e le ricchezze si sono concentrate nelle mani di pochi. Non credo che il piano di Mandela fosse questo, non voglio crederlo, e ripercorrendo la sua vita si rafforza la mia convinzione: all’African National Congress si fece portavoce di promesse di giustizia sociale e di una sorta di socialismo. Al momento di tradurre in realtà le sue promesse, dobbiamo però pensare che si sia reso conto di come rischiasse di scatenare una guerra civile. La sua lungimiranza lo portò probabilmente, vista l’immaturità dei tempi, a metter da parte le riforme sociali, per evitare di trasformarsi in un secondo Mugabe, che in Zimbawe ha rovesciato un’oppressione per costruirne un’altra. Possiamo tuttavia immaginare che non volesse del tutto abbandonare tali riforme e, quando si è reso conto che i suoi alleati occidentali non le avrebbero mai permesse, abbia deciso di ritirarsi dalla vita politica, con dell’amaro in bocca. E il poster dell’ambasciata racconta proprio questo Mandela rivoluzionario, non l’anziano padre della patria ma il fratello compagno di lotte. Il fatto che tutti i leader del mondo l’abbiano compianto è in fondo il segno che non è riuscito a turbare l’ordine globale del potere. Esistono due linee credo, una delle scelte politiche che vanno oltre all’opera di Mandela, quella che lui stesso immagino avrebbe superato, e una che raggiunge Mugabe. Purtroppo, come ha ben detto Slavoj Zizek, tali linee sono incredibilmente vicine. Dobbiamo però, se davvero vogliamo onorare la memoria di Mandela, sforzarci di distinguerle

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anche, e per noi soprattutto, nell’agire delle nostre vite quotidiane. Mi viene in mente il poster che ho in camera, collage di copertine di quotidiani internazionali del giorno seguente la sua morte; nove foto, un po’ a colori e un po’ in bianco e nero. Al centro, incorniciato

dai rassicuranti volti della sua canuta vecchiaia, il pugno chiuso di Madiba, quello che è stato troppo dimenticato ma quello per cui bisognerebbe ricordarlo. Rivoluzionari come lui sono anche i miei pensieri di quest’ultimo dell’anno. Sarà Parigi, sarà la Rive Gauche.

A forza di essere vento di Sara Latorre, 1D

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Miscuglio pericoloso di razze deteriorate. Questa è la definizione che il “dottor” Robert Ritter, direttore del Centro di Ricerche per l’Igiene e la Razza (roba, ovviamente nazista, che solo a sentirla fa venire i brividi di schifo), diede dei rom. I rom, uno dei gruppi etnici di lingua romanì che costituiscono i cosiddetti zingari, sono stati mal visti a causa del nomadismo e della generale diversità del loro stile di vita fin dall’arrivo in Europa. La diffidenza e il disprezzo riservato loro dagli abitanti del continente trovarono coi nazisti delle ragioni pseudoscientifiche: durante il lungo vagare, i rom avevano assimilato tutte le caratteristiche peggiori dei popoli incontrati, dando origine a una razza impura portatrice di un gene criminale e di numerose malattie. Un cancro per la razza ariana. Inizialmente fu creato un corpo speciale atto a schedare e stipare in campi di internamento tutti gli zingari, poi si praticarono sterilizzazioni sulle donne e sui bambini di età superiore ai dodici anni e, infine, si decise per la deportazione nei lager. “Porajmos” è il termine usato per indicare il genocidio dei rom per mano dei nazisti, che venne riconosciuto come tale solo a partire dagli anni Sessanta. Esistono poche testimonianze di questa violenza, che portò alla morte di 500.000 persone, e provengono in gran parte dagli ebrei sopravvissuti, poiché i rom (che secondo i loro compagni di prigionia erano coloro che

rendevano meno amara la “vita” nei campi con canti e danze) non hanno l’abitudine di tramandare per iscritto. Va bene, ci sono pochi documenti, però il Porajmos è concretamente accaduto, possibile che non se ne parli mai? Può darsi che esso passi in secondo piano rispetto allo sterminio degli ebrei per una questione puramente numerica (500.000 contro 6 milioni di morti), ma io temo che quest’atto disumano venga ignorato come viene ignorato il popolo che l’ha subito. Cosa sappiamo noi delle etnie zingare del nostro Paese? In Italia vivono 170.000 zingari tra rom e sinti. Contrariamente a quanto si pensa, più della metà di essi hanno la cittadinanza italiana da molte generazioni e solo il 30% proviene dalla Romania. Sebbene li chiamiamo “nomadi”, sono pochi gli zingari che ancora si spostano e molti quelli che vivono in case tradizionali. E, udite udite, con una ricerca curata dall’Università di Verona crolla il pregiudizio più diffuso: è stato dimostrato che, delle trenta denunce di rapimento di bambini a carico di zingari, solo una tra il 1985 e il 2008 si è dimostrata fondata. La “questione rom”, espressione che si sente qua e là, non riguarda quindi la criminalità, ma l’integrazione. Le istituzioni italiane hanno inventato i grandi campi nomadi comunali per pura comodità, ma hanno prodotto solo la ghettizzazione di una minoranza costretta a vivere isolata dal Paese e abban-


<<E’ un popolo, secondo me, che meriterebbe, per il fatto stesso che gira il mondo appunto da circa duemila anni senza armi, meriterebbe il premio per la pace. [ ] Mi si dirà che gli zingari rubano. E’ vero, hanno rubato anche in

casa mia. [ ] D’altra parte si difendono come possono: si sa bene che l’industria ha fatto chiudere diversi mercati artigianali e buona parte dei Rom erano e sono ancora artigiani, lavoratori di metalli (in special modo del rame), addestratori di cavalli e giostrai (tutti mestieri che, purtroppo, sono caduti in disuso). Gli zingari rubano, è vero, però io non ho mai sentito dire, non l’ho mai visto scritto da nessuna parte, che gli zingari abbiano rubato tramite banca, e questo mi pare che sia un dato di fatto. […] Gli zingari sono talmente costretti a vivere nel presente che hanno poca memoria: è difficile sentire raccontare da uno zingaro quello che gli è successo in un campo di concentramento>>. (Discorso tenuto da Fabrizio De André durante un concerto del 1998 per introdurre la canzone “Khorakhanè - a forza di essere vento”).

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donata in luoghi fatiscenti e pericolosi. La garanzia dell’istruzione, del lavoro e degli alloggi (crisi a parte, anche negli anni del benessere c’era chi si rifiutava di avere come affittuari o come dipendenti degli zingari) è fondamentale per favorire l’integrazione di questi gruppi etnici in Italia, ma essa sarà possibile solo se la solidarietà verrà sostituita dal dialogo e dal vero impegno. E, soprattutto, quando i pensieri degli italiani alla parola “rom”non saranno “puzzano, rubano e rapiscono i bambini” e “spaco botilia amazo familia”.

Ciak si gira! Micheal Gondry

di Giulia Argenziano, IIB Michel Gondry è un regista e sceneggiatore cinematografico francese, nato a Versailles, in Francia. Iniziò la sua carriera una volta trasferitosi a Parigi, producendo videoclip per artisti quali Bjork, Rolling Stones, Foo Fighters, Massive Attack e Radiohead, e lavorando ad alcuni spot pubblicitari. Il suo approdo nel ruolo di regista sul grande schermo fu nel 2001 con un film intitolato “Human Nature”, una commedia esilarante, sceneggiata da Charlie Kaufman, con il quale collaborò successivamente anche per la stesura del copione della pellicola “Se mi lasci ti cancello”, per la quale ottenne l’Oscar nel 2005. La specificità di Gondry è di essere un regista visionario, fuori dagli schemi. A partire dalla contrapposizione presente in ogni suo film tra l’ambientazione della vicenda e i personaggi. Il mon-

do nel quale ci proietta Gondry non è reale, vive di immaginazione, si nutre di fantasia, di macinacaffè a forma di grammofoni, balli che allungano le gambe, terapie che permettono di cancellare del tutto una parte della propria esistenza e ancora invenzioni artigianali capaci di riportare indietro per un solo secondo il tempo. Sono realtà che assomigliano solo vagamente alla nostra quotidianità senza però rappresentarne le esatte caratteristiche. Differentemente invece i protagonisti di questi film sono estremamente vividi e concreti. Oltre ad essere ben caratterizzati, senza mai risultare stereotipati, lasciano percepire allo spettatore le loro debolezze e paure, sintomo di un’accurata analisi psicologica compiuta dal regista in fase di produzione. Gondry pare infatti essere particolarmente sensibile riguardo allo studio della

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natura umana e dei suoi elementi distintivi. In particolar modo pone la sua attenzione sul cervello umano, scandagliato sia attraverso il linguaggio del ricordo sia attraverso quello dei sogni. Nel primo caso, i ricordi vengono utilizzati come tema nel film del 2004 “Eternal sunshine of spotless mind”, maldestramente tradotto in italiano come “Se mi lasci ti cancello”. La storia parla di Joel e Clementine, interpretati rispettivamente da uno splendido Jim Carrey e da Kate Winslet. Lui è un giovane melanconico e di poche parole, lei una ragazza stravagante ed estroversa, che ricerca la propria personalità in un barattolo di tinta per capelli. Troppo diversi, ma irrimediabilmente fatti per stare insieme. Dopo due anni di una turbolenta relazione, però, Clementine decide grazie ad una terapia sperimentale di farsi asportare la parte relativa alla storia con Joel, dimenticandosi completamente di lui. Una volta venuto a conoscenza di questo fatto, Joel sconfortato decide di rivolgersi a sua volta alla clinica e cancellare definitivamente dalla sua mente Clementine. Ma mentre rivive uno ad uno i momenti felici e di crisi vissuti in compagnia dell’amata e li vede svanire, risucchiati via dalla sua memoria, decide di non voler dimenticare e all’interno del suo stesso cervello lotta con forza per conservare anche solo uno di quei ricordi e, una volta risvegliatosi dall’operazione, poter riabbracciare Clementine. I ricordi di Joel vengono presentati tra-

mite un montaggio serrato e dinamico, che mantiene alta la tensione. Fari di luce, effetti ottici di prospettiva e giochi d’illusione fanno da transizione da una scena all’altra. È come se Gondry, con questa modalità, cercasse di inserirci nel ricordo, facendocelo vivere in prima persona. Nel secondo caso, il linguaggio, forse più complesso, dei sogni, viene analizzato nel film del 2006 “L’arte del sogno”, interpretato da Gael Garcìa Bernal e Charlotte Gainsbourg. È una commedia sentimentale di produzione italo-francese, che ha per protagonisti Stephane e Stephanie, una coppia fuori sincrono, poiché quando lei si innamora di lui, Stephane è interessato alla amica di Stephanie, e quando lui capisce di essere attratto da lei, lei non riesce più a contraccambiarlo. Stephane è un ragazzo creativo e idealista, al quale è stato consigliato dalla madre un lavoro per un calendario nel quale però non riesce a realizzarsi. Per la frustrazione quindi, si rifugia nei sogni, unico luogo nel quale si sente pienamente libero. Ad un certo punto però, realtà, sogno e immaginazione si legano fino a diventare indistinguibili, tanto che neppure Stephane riesce ad averne il pieno controllo. Il cervello del protagonista è rappresentato come uno studio televisivo fatto di cartone, dove Stephane prepara i propri sogni come uno chef in un programma culinario, mischiando i vari ingredienti, e all’interno del quale vengono proiettati i


re e nei ricordi di Joel e infine blu come la notte durante la quale Joel viene sottoposto alla terapia e che inghiotte dentro di sé la sua storia d’amore. Oppure come nel recente film (del 2013) “Mood Indigo”, tratto dal romanzo di Boris Vian del 1947, nel quale i colori caldi dominano la scena nella prima metà del film, rappresentando la serenità e la piacevolezza nella quale i due protagonisti novelli sposi vivono, mentre nella seconda metà i colori tendono a diventare sempre più scuri e gli spazi scenografici più claustrofobici fino ad arrivare al finale dove la pellicola diviene quasi simile a un film muto in bianco e nero degli anni venti, a sottolineare i risvolti drammatici della vicenda. Per quanto questo tipo di regia sia meno apprezzata rispetto a film contemporanei nei quali vengono investiti migliaia di dollari per la realizzazione di effetti speciali volti a colpire lo spettatore a livello visivo, io trovo che sia comunque da apprezzare un tipo di sensibilità come quella dimostrata da Gondry che colpisce più le corde del nostro cuore e della nostra emotività.

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sogni grazie all’utilizzo di un blue screen posto alle sue spalle. A livello più tecnico, possiamo dire che Gondry è un regista a “basso costo”, cioè all’interno dei suoi film troviamo una presenza minima di effetti digitali. Vi è un’ostentazione dell’imperfezione nelle pellicole di questo regista, in quanto le scenografie sono estremamente artigianali (per esempio nella rappresentazione del cervello umano de “L’arte del sogno”), i materiali più utilizzati per creare gli effetti scenici sono il cellophane e la cartapesta e la tecnica impiegata per dare loro movimento e dinamicità è la tecnica dello stop-motion, in particolare della pixilation, che implica l’impiego di un particolare tipo di cinepresa che impressiona un fotogramma alla volta. Da ultimo, rilevante è il ruolo che assumono i colori all’interno dei film di Gondry. Infatti spesso vanno a rappresentare il sentimento dominante del film, come in “Se mi lasci ti cancello”, dove il colore prevalente è il blu; blu come il colore di capelli di Clementine, “blu sfacelo”, blu come la malinconia che regna nel cuo-

La Polonia colpisce ancora! di Marcello Zanetti, IIB Ok allora la cosa è meno allarmante di quanto il titolo possa far sembrare, semplicemente non è un attacco militare o qualsivoglia sia balenato nelle vostre menti ( malate e non) ma una nuova frontiera del genere fantasy. L’autore polacco Andrzej Sapkovski che con la sua saga dello strigo Geralt di Rivia porta nuova (ed ottima) linfa vitale a questo genere. I libri sono piuttosto vecchi, come dire, la saga tecnicamente è già conclusa, li ha già scritti tutti ha vinto i suoi premi ed è già anzianotto anche lui, ma solo ultimamente stanno venendo tradotti dal

polacco e stanno entrando nel mercato internazionale. La saga ha ricevuto un tale successo che ne hanno tratto: una serie tv in polacco (diverge un po’ dalla storia del libro ma non è male), 3 RPG (giochi di ruolo) per piattaforme ( il terzo uscirà a breve) che hanno ricevuto grande e meritato successo, prossimamente persino un gioco da tavolo; insomma è una saga che sta risvegliando l’ambiente fantasy. Ho trovato i libri fenomenali, a livello di bravura nella scrittura e nella poetica li ho adorati fin dal primo momento e dalla prima avventura di Geralt. Sapkovski

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è fenomenale nello spaziare in ogni genere possibile, dal romanticismo al comico, dal drammatico all’azione, pur rimanendo in tema assolutamente fantasy. In particolare ci sono alcuni momenti intensi della storia in cui riesce splendidamente a dipingere le emozioni dei personaggi giocando sul detto e sul non detto, sulla gestualità dei personaggi e sull’ambiente che li circonda. Inoltre i libri in Italia sono usciti con uno strano schema, in quanto Sapkovski ha scritto alcuni che sono raccolte di varie avventure intraprese da Geralt, mentre altri che sono veri e propri romanzi che portano avanti la storia. Io personalmente credo sia perché ci sono alcuni rimandi nella storia vera e propria alle avventure che costituiscono l’antefatto ad essa, quindi se volete leggerli vi consiglio di partire dalle avventure ( il primo libro è “Il Guar-

diano degli Innocenti”). I videogiochi invece hanno una storia che in alcuni punti rimanda ai libri ma propriamente si discosta da essa, ci sono alcuni personaggi che ritornano come alcune tematiche ma è strutturata diversamente. La storia di per sé narra delle avventure dello strigo Geralt di Rivia. Uno strigo è una sorta di “mutante” un umano addestrato e potenziato da incantesimi e strane pozioni alchemiche che lo rendono di gran lunga superiore in combattimento contro gli umani normali. Ma il suo compito è quello di proteggere gli umani dalle bestie che li hanno cacciati per anni (ritornano il folklore e le tipiche creature fantasy). Ovviamente non tutto andrà per il verso giusto …..

Giuseppe Verdi

di Pietro Micheletti, VB

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-Hai la mano sinistra poco coordinata con la destra- gli disse un membro della commissione al suo primo esame al conservatorio di Milano. Ebbene sì, forse il più grande compositore italiano, come primo risultato nel mondo dell’arte ha ottenuto un insuccesso: era Giuseppe Verdi. Quest’anno è il bicentenario del musicista di Roncole di Busseto, nato da padre oste e madre filatrice. Verdi crebbe in una realtà povera e popolare, ciò gli consentirà di essere, nelle sue compo-

sizioni, vicino al popolo, vicino all’uomo comune. In seguito agli studi compiuti presso i Gesuiti di Roncole e al conservatorio di Milano (ammesso al secondo tentativo), dove approfondiva le sue conoscenze leggendo libretti di compositori tra cui Beethoven, Mozart, Rossini e molti altri, Verdi comincia subito a comporre ed esordisce nel 1839 con l’Oberto, conte di San Bonifacio,ricevendo molti consensi da parte del pubblico. Tuttavia il vero successo giunge a Verdi


Verdi spesso è considerato il compositore dal motivetto facile conosciuto per il Va Pensiero o vattelapesca, invece io ritengo che egli sia il più grande compositore italiano di tutti i tempi, per il rapporto che attraverso le sue opere instaura col popolo e col pubblico. Verdi infatti riesce a scavare nel profondo della persona esplicitandone i suoi sentimenti più intimi attraverso i protagonisti e per questo fu amato e capito anche dai meno istruiti. Verdi è universale, Verdi non è per ricchi o per poveri, Verdi è il compositore dell’uomo e del genere

umano. Egli contribuì all’unificazione: infatti negli intervalli delle sue opere, che erano a loro volta mezzi per esprimere l’ideale della libertà, si tenevano veri e propri salotti a stampo politico a sostegno di Vittorio Emanuele. Nota è la sigla segnata sui muri dagli oppositori VIVA VERDI, che significa: viva Vittorio Emanuele Re D’ Italia. Verdi fu così amato che, dice la leggenda, nel periodo precedente alla morte, durante la degenza in un albergo nel milanese, i locali ricoprirono il selciato col fieno, affinché il rumore di cavalli e carrozze non lo disturbasse.

Narrativa

con la messa in scena del Nabucco (abb. Nabuccodonosor) nel 1842 al Teatro la Scala di Milano, libretto di Temistocle Solera. Verdi durante i suoi anni venne ispirato da uomini di cultura a lui antecedenti, tra cui Shakespeare di cui musicò l’Otello e il Macbeth e Victor Hugo con l’Ernani. Tra le sue opere più note si devono segnalare La Forza del Destino, il noto Requiem dedicato dapprima al suo idolo Rossini e poi suonato al funerale dell’amico Alessandro Manzoni, il Simon Boccanegra, Falstaff e Giovanna d’ Arco.

Tra i più grandi interpreti del compositore si segnalano soprattutto Arturo Toscanini e Riccardo Muti, il quale afferma: “Nell’ aldilà, se mai mi capiterà di incontrare Beethoven o Mozart le critiche che avanzeranno sulle mie interpretazioni, le accetterò, se però mi sentirò dire una cosa simile da Verdi, rimarrei estremamente deluso da me stesso”.

La mosca di Giovanni Testa, IVC e Adele Carraro, VC Era un periodo intenso e impegnativo, nel quale dedicavo esasperatamente tutte le mie energie allo studio. Libri e appunti si alternavano a ore frenetiche di lezione e corse sotto la pioggia per evitare ritardi. Passavo la maggior parte della mia giornata supino sul letto, immerso nelle righe di un sussidiario reso fluorescente dall’evidenziatore. Raramente mi concedevo delle pause, nelle quali adoravo frugare nella dispensa, per reperire qualche delizia con cui consolarmi. Quel giorno, mi concentrai più che mai, l’indomani, infatti, mi

aspettava la versione più faticosa della mia vita. Pioveva a dirotto, forse da uno o due giorni e non aveva la minima intenzione di cessare. La furia dell’acqua era ovunque e bisognava camminare ai lati della strada, per non inzupparsi e rischiare una bronchite. Come mio solito, dopo le lezioni, mi rifugiai nella mia confortevole casetta, dove potei accucciarmi al calduccio di fianco al camino. All’improvviso, una voce sinistra e profonda, dall’altra parte della casa, invocò il mio nome, come se fossi un criminale condotto al patibolo: era lo

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studio. Non potei sottrarmi e mi diressi ai miei pressanti doveri. Cominciai a studiare. Dopo qualche ora, un tonfo abominevole mi interruppe e, preoccupato, spalancai la finestra della mia stanza. Con piacere, notai che aveva smesso di piovere e le nuvole iniziavano già a disgiungersi, lasciando filtrare alcuni deboli raggi solari, che illuminavano le tegole dei tetti delle abitazioni circostanti e il mio pallido viso. Si potevano gustare già i primi spiragli di una promettente primavera. Una lieve brezza mi colpì sulle guance e, accarezzandomi dolcemente il volto, provocò in me un senso di liberazione. Serrai per pochi attimi le palpebre e annusai il delicato aroma dell’asfalto. Mi lasciai condurre in estasi dalla sinfonia della purezza. - Ma si può sapere cosa stai combinando lì imbalsamato?! Mi affacciai, per capire cosa stesse succedendo. Nel vialetto c’era la mia vicina di casa, pettegola come poche. - Guarda come io sto faticando a spostare queste cianfrusaglie. E te che ta credet ol Signur, su mia me gli shceti di oggi. Sempre la sua noiosa lamentela, stava diventando fastidiosa. Ma cos’era stato quel tonfo? Per caso la sua gatta grassa che aveva tentato, per l’ennesima volta, di scappare dalle grinfie della padrona, gettandosi dal balcone? O forse era la mia vicina, scivolata sulla carta di uno snack? Non volli stare lì un minuto di più ad ascoltare le prediche di quella sadica megera. Quindi mi voltai e sbarrai la finestra, stavo perdendo fin troppo tempo. Rimasi di spalle alla finestra per qualche secondo, respirai profondamente e infine ripresi a consultare i miei appunti di studio. - Zzzz zzzz zzzz zzzz. - Zz zzz zz zzzzzzzz zzz. - Bau bau. - (sa anche abbaiare?) Cambiai posizione ripetutamente, mi sedetti, iniziai a camminare per la stanza, feci tre saltelli e poi mi sdraiai per terra, ma il brusio non smetteva di disturbarmi. Mi fermai un attimo per fare mente locale e, solo quando un piccolo proiettile nero volteggiò davanti ai miei occhi, capii di essere d’innanzi a una.. mosca. Doveva essersi infiltrata durante l’interessante discussione con il ‘profeta’.

Potrei giurare che, in quell’attimo, i nostri sguardi si incrociarono e ci dichiarammo guerra reciprocamente. Iniziò a danzare per tutta la stanza, si dirigeva verso una parete, impennava e, come un aeroplano in volo, eseguiva prestazioni fenomenali fra piroette, avvitamenti e cadute libere. Era un po’ egocentrica, la nostra mosca, ma molto, molto affascinante. Eppure io ripudiavo quell’intruso, mandato da Satana per tentarmi e mettere da parte lo studio. Non esitai un istante, mi chinai e raccolsi una ciabatta da terra. Le mie intenzioni erano chiare: eliminare il nemico. Strizzai gli occhi, per prendere la mira e una volta localizzato entrai in azione. Saltai agilmente come una pallavolista schiacciatrice, e scagliai la ciabatta contro il muro *tonf*. Mi ricomposi e, soddisfatto, andai a perlustrare la scena del delitto. Presi la pantofola e ne osservai la suola. La mia indole da serial killer si infiammò, vedendo che essa era perfettamente pulita. La disgraziata aveva fatto in tempo a fuggire, ma non l’avrebbe scampata lo stesso. Alle mie spalle, avvertii una presenza demoniaca e, come Regan, la bimba de ‘L’esorcista’, ruotai il collo di 360° e la scorsi poggiata sulla mia scrivania. Mi avvicinai lentamente di qualche passo, per capire cosa stesse architettando. Le sue zampette minuscole presero a sfregarsi repentinamente, come fa un imprenditore di fronte a quantità abnormi di capitale. Mi incuteva timore, quel piccolo mostriciattolo, cosa voleva da me? Ma non era il momento di farsi domande e, preso dall’ira, scaraventai tutto me stesso contro la scrivania, dove la mosca stava progettando un crimine. Ribaltai ogni cosa, buttai a terra i libri, mi misi a saltare sul letto, lanciai le matite in aria e mi misi a battere le mani a casaccio, magari avrei potuto acchiapparla. Ma l’insetto pareva immortale, non voleva consegnare la sua vita al creatore. Anche se avessi dato fuoco a casa mia, sono certo che la mosca sarebbe sopravvissuta, mentre la mia media scolastica no. Non sapevo più che cosa inventarmi, ero letteralmente impazzito a causa di un’apparente innocua creatura. Decisi di farla finita, mi arresi di fronte alla sua onnipotenza e cercai di


di amicizia. Mi stavo documentando su Cicerone, grazie a un antico manuale di letteratura latina di un mio lontano antenato, quando udii dei leggeri colpi sul vetro della finestra. Pensavo fosse un mio amico venuto a chiedermi di passare del tempo insieme o, peggio, la mia temuta vicina e urlai con tono arrogante - Non posso uscire. Sto studiando! Ero stufo di continuare a distrarmi. Sbattei il libro e, poggiandolo a terra, mi alzai con violenza. Sbuffando, andai verso il vetro della finestra a testa bassa, ma una visione insolita mi bloccò all’istante. Non c’era nessun amico e

neppure la somma sacerdotessa della porta accanto. Era solo la mosca a cui mi ero affezionato che tentava di fuggire dal tormento a cui era condannata: nutriva molta nostalgia per l’ambiente da cui proveniva. Ma, tra lei e l’eden circostante, stava una lastra di vetro, piatta e fredda come il cuore di un dittatore. Il suo dominio invisibile si sovrapponeva incontrastato su tutto e figurarsi se la povera mosca poteva sfuggire al suo volere, senza nemmeno cogliere i colori primari. Per questo, la mia amica urtava ripetutamente contro la finestra. Lei non poteva capire il concetto di ‘’vetro’’, si trovava in una gabbia, senza nemmeno rendersene conto. Ma, da quello che avevo potuto constatare, la mia adorata moschina, se la sarebbe cavata facilmente da sola, era astuta e ingegnosa. Inoltre, iniziavo a sentire un leggero languore, dovevo in qualche modo saziare la mia fame di ciambelle glassate. Lasciai la mosca al suo destino e corsi zelante in cucina. Stetti un’ora intera a coccolarmi e ricordo ancora oggi la bontà di quelle ciambelle, gnammy! Leccandomi lo zucchero dalle dita, ritornai in camera mia con il sorriso stampato in viso. Mi accorsi ben presto però, che avevo preso una delle scelte peggiori della mia vita: avevo privilegiato i miei desideri e messo da parte la difficoltà e la sofferenza di un amico. La mia euforia venne disintegrata da una vista terribile: la mosca, la mia amica, giaceva immobile sul pavimento, senza vita.

Narrativa

riassemblare i pezzi superstiti della mia stanza. Frustrato dalla sconfitta, non potei far altro che riprendere a studiare intanto che la mosca si godeva il suo tour panoramico nella mia stanza. Iniziavo ad abituarmi alla presenza dell’insetto, tanto che, ad un certo punto, lo vidi come un ospite. Eh già, avevo un ospite con un cervello migliaia di volte inferiore al mio, ma era comunque una presenza gradita. Quando atterrava sull’estremità della mia matita, le davo un colpetto, per farle riprendere il volo. Adoravo studiarla attentamente, mentre si librava in aria, apprezzavo le sue abilità e mi immedesimavo nei suoi panni, cercando di immaginarmi come deve essere vantaggioso e pericoloso al tempo stesso, essere un piccolo animaletto dotato di esoscheletro. E lei da parte sua mi ronzava intorno all’orecchio, quando mi capitava di distrarmi dal mio dovere, per farmi riprendere la concentrazione. Stavamo legando come fanno due persone, stavamo stringendo un rapporto

Quante volte capita di sentirsi come la mosca? Ci si sente in prossimità di riuscire ad esaudire la propria volontà, si è davvero vicini, ma qualcosa di inaspettato e imprevisto fa crollare ogni progetto. Penso che ogni persona abbia provato questa sensazione, di stare per essere liberi, quindi felici e in pace con se stessi, ma un sassolino riesce a farti cadere e poi diventa difficile rialzarsi se non si è degnamente motivati o sembra che tutto stia precipitando insieme a noi.

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Storie di Wretched Town parte 3 di Jacopo signorelli, IVC Era un giorno freddo, di quei freddi che Mia avviai verso casa. Le luci natalizie gelano le ossa e ghiacciano le gocce di degli appartamenti illuminavano fino sudore. alla strada. Alcuni volatili, di quelli che non hanno lasciato la città per l’inverno, Avevo finito il mio turno verso le cinque dall’alto dei cavi dell’elettricità mi rivole quaranta, un po’ prima dell’orario nor- gevano il loro istintivo sguardo. male. Non volevo arrivare da Kelsie. Facevo per mettermi il giubbotto, quando alle mie spalle sentii una voce fiacca Volevo continuare a camminare, a passi e il più distinta possibile chiamarmi: lenti e flemmatici, con la mia schiena curva, con le mie caviglie gonfie e il “Cal, ti vuole il capo nell’ufficio” mento fiacco, con la mia barba non fatta e i capelli non pettinati. Risposi con una smorfia. Era la vigilia di Natale, volevo andare a casa il più pre- Il cielo era di un bel grigio. Probabilmensto possibile, bere un po’ più del solito te quando smetti di abbassare il capo e magari fare all’amore fino al mattino alle ingiurie dei tuoi capi, si notano le dopo. cose più belle. Aspettavo fuori dall’ufficio da un po’. Erano le sei e venticinque.

Dovevo essere afflitto, sconsolato. Invece ero fottutamente felice.

Il gelo entrava nei difetti dei pantaloni, ma non mi dava fastidio, anzi, godevo.

Attraversai la strada. Un po’ di soldi li avevamo messi da parte, e di tirare a campare per qualche tempo non mi disturbava.

C’era una piccola finestra, e da lì vedevo un anziano portinaio in pensione sistemare l’albero natalizio, mentre la moglie Non tutti hanno il piedino che entra nella teneramente lo sorreggeva. scarpetta di Cenerentola, no. Accennai un sorriso, ma altri pensieri co- C’è chi per i calli ha dovuto accontenminciavano ad affiorarmi. tarsi della pantofola. Poco dopo la porta si aprì.

Erano le sette e cinquantaquattro.

Alle sei e trentadue ero un disoccupato. I bambini si tiravano le palle di neve mentre le loro madri incartavano i regaIl tempo era passato in modo strano. li, e i loro padri andavano a comprare qualcosa per le segretarie. Uscii dalla fabbrica. I volti dei miei ex colleghi sembravano essere ritratti inArrivò una folata di vento, e dentro si pocompiuti fatti da artisti di passaggio. Non tevano sentire le bestemmie del contaavevano sguardo. Neppure io l’avevo. dino contro la sua terra sterile, del legno che brucia e del pallone che si buca Erano le sei e quarantotto. appena prima della partita.

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Quando arrivai a casa erano le nove e ventisette.

Volevo baciarla, ma mi trattenni. Lasciai sul tavolo la busta con i soldi della liquidazione. Mi baciò lei, e una piccola lacrima mi ricadde sul volto. Parlavamo gran poco, come nostra usanza. Si coricò presto sotto le coperte. Il nuovo orologio segnava le undici e cinquant’uno.

La mattina di Natale dormivo ancora, mi svegliai alle 11 e 24.

Narrativa

Non cenai. Kelsie mi aveva regalato un piccolo orologio, comprato probabilmente ai mercatini.

Mi ubriacai un poco. Dormimmo distanti, la consapevolezza di non poter fare all’amore quella sera graffiava i nostri petti al punto di non farli incontrare, come quando da moribondo ricordi i campi di casa, e la polvere ti sembra ancora scheggiare dolcemente le dita.

Il tempo talora vola come un’aquila, e a volte striscia come un verme. E’ quando somiglia però allo sguardo di un maiale che ti fermi, e ripercorri la tua strada.

Sicilian Story di Paolo Bontempo, 2D Era una bella giornata, o almeno così pensava Leonardo alle 2 del pomeriggio, dopo essere stato assunto in una ditta di imballaggi. Sarebbe stata la sua prima esperienza lavorativa, eppure aveva già 26 anni. Era una giornata di merda, o almeno così pensava Eliana alle 2 del pomeriggio, dopo essere stata licenziata dalla ditta di imballaggi. Sarebbe stata la sua ultima esperienza lavorativa, ne era quasi sicura, nonostante avesse solo 26 anni.

Federica entrò al Bar delle Poste, e si andò a sedere vicino a Leonardo, suo vecchio compagno delle scuole elementari. Antonio entrò al Bar delle Poste, e fu costretto a rimanere in piedi al bancone, nonostante la giornata di lavoro fosse stata pesantissima.

Federica si accorse di Eliana, una sua vecchia compagna delle elementari, e fece con la mano il gesto di avvicinarsi. Antonio ordinò una birra, la giornata era quasi finita. Eliana e Leonardo si strinsero la mano, Leonardo entrò al Bar delle Poste, ordipoi si accorsero di conoscersi già, ma nò un caffè espresso, e poi andò a secerto, erano stati fidanzatini in prima dersi vicino all’unica finestra del locale. Il elementare. Che scemi. caffè era ottimo. Antonio pagò il conto alla cassa, salutò Eliana entrò al Bar delle Poste, ordinò con discrezione il cassiere, e si dimentiun caffè espresso, e poi vistasi rubare cò volontariamente la valigetta. l’abituale posto vicino all’unica finestra del locale, rimase in piedi al bancone. Eliana, Leonardo, e Federica ridevano e Il caffè era, per la prima volta dopo sei scherzavano, ricordando i vecchi tempi, anni, disgustoso. di quando alle elementari Leonardo

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narrativa

prendeva tutti dieci e passava i compiti ad Eliana, oppure di quella matita che Federica lanciò alla professoressa di matematica. E poi si chiedevano che fine avesse fatto Antonio, un loro grande amico, e ormai lo credevano prete, o frate in qualche convento.

Antonio uscì dal bar, e si tappò le orecchie. La bomba scoppiò, e come gli avevano chiesto il Bar delle Poste saltò in aria. Il pizzo si deve pagare, a Palermo.

Fallen angel di Valentina Luisa Fastolini, IVC Psicotica, anormale, asociale, diversa. Tutti la ritenevano cosí e pertanto la evitavano o la deridevano. Stramba, eccentrica e strana solo per come vestiva o per la musica che ascoltava. Veniva isolata ma non se ne preoccupava, veniva insultata e maltrattata ma sorrideva sempre, metteva le cuffie e si immaginava lontana migliaia di chilometri, su un palco a suonare.

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della ragazza che, colta di sorpresa, si spaventó. - Che ci fai qui dentro? Non sai che non si puó entrare?- sputó acida rivolta all’intruso.

Senza scomporsi lui le voltó le spalle, si mise a studiare i vari strumenti musicali nella stanza e le rispose con voce calma e pacata:- Piacere, io sono Andy..-il raQuella mattina si alzó molto presto e, gazzo venne interrotto bruscamente come spesso faceva, si mise davanti allo specchio e si guardó. Lo specchio ritra- - Non mi pare di avertelo chiesto, ti ho eva una ragazza abbastanza bassa dai fatto una domanda: che ci fai qui?capelli color viola scoloriti e scompigliati, un paio di grandi occhi color ghiaccio Andy guardò con i suoi occhi color smedall’aria assente, sognante, spensierata, raldo quelli della ragazza che, sentendoquell’aria che di solito si vede ai bam- si in soggezione, puntò lo sguardo sulle bini. Si vestí velocemente e, infilati i sui bacchette che teneva in mano. inseparabili anfibi, uscí di casa che non era nemmeno l’alba. Con le cuffie nelle - Comunque, mi sembra che tu sia qui, orecchie e la musica a palla, percorse perché non dovrei esserci anche io?tutte le viuzze della piccola cittá in cui viveva fino a raggiungere la porta che La ragazza, punta sul vivo, alzó di scatto conduceva alla sala prove della scuola. la testa e fulminó il suo interlocutore con Benché mancasse ancora molto all’a- lo sguardo. pertura dei cancelli entró silenziosamente e si sistemó dietro la batteria di cui la Il giovane scoppió a riderle in faccia, le stanza era provvista. Inizió a sfogarsi bat- porse la mano e si presentó nuovamentendo le bacchette di legno sulle pelli te. Riluttante afferró la mano di lui:- Io dei tamburi e si perse nel suo mondo. Era sono Odettetalmente assorta che non si accorse della presenza di qualcuno sulla soglia che Si presentó svogliatamente e, dopo aver scrutava e studiava ogni suo movimen- guardato per un’ultima volta il ragazto. La strana figura maschile percorse zo che era improvvisamente piombato la piccola aula catturando l’attenzione nell’unico posto tranquillo della scuola,


- Che piacere rivederti Odette- Non si puó dire lo stesso per me Andy..pronunció il suo nome quasi con ribrezzo. La schiena del ragazzo venne percorsa da un brivido: non aveva mai sentito tanta freddezza usata nel pronunciare il suo nome. Eppure in molti lo trattavano con disprezzo semplicemente perché non seguiva la massa, aveva uno stile tutto suo e detestava i ragazzi che lo circondavano, tutti noiosamente uguali, senza personalitá, degli automi creati dalla societá. Era da un paio di mesi che Odette non si recava nella sala musicale della scuola. Quella mattina si svegliò molto presto e, dopo essersi preparata, corse a perdifiato verso la scuola. Pioveva e arrivò a scuola fradicia. Come spesso faceva entrò di nascosto nell’edificio e rimase sorpresa nel sentire che qualcuno stava suonando il basso. Era lui, il ragazzo arrivato da poco stava suonando nella sua stanza, Andy si era preso la libertà di entrare nell’unico posto all’interno della scuola in cui lei si sentisse felice e se stessa. Era furiosa con quel ragazzo che di punto in bianco era piombato nella sua vita stravolgendola, ma era altrettanto estasiata da quello che egli riusciva a produrre con quello strumento. Era così affascinata da non accorgersi che si era ormai seduta alla batteria e stava dettando il ritmo al ragazzo che tanto odiava. Andy esitò qualche secondo, gli sembrava strano che quella ragazza tanto particolare quanto acida e scontrosa gli stesse sorridendo da dietro una

Narrativa

uscí di corsa dalla sala prove auguran- batteria. Le sorrise di rimando e tornò a dosi di non incontrarlo mai piú. concentrarsi sul pezzo che stava suonando. Quanto si sbagliava, la giovane Odette. Ben presto avrebbe scoperto che -Suoni molto bene- fu Odette a interromnon si puó rimanere per sempre soli, pere il silenzio che si era creato. Andy non con uno come Andy nei paraggi. le sorrise e le disse che anche lei aveva molto talento. La ragazza sorrise così Era seduta al banco in fondo alla classe dolcemente che Andy non poté fare a con le cuffie nelle orecchie quando una meno di rimanere incantato dal viso palfigura familiare si sedette accanto a lei. lido di quella ragazza che fin dal primo Spostó lo sguardo e lo vide. Grandi occhi momento aveva catturato la sua attenverdi la scrutavano e un sorriso beffardo zione e il suo interesse. aleggió sul volto del ragazzo. I giorni passavano e quei due ragazzi che tanto si erano odiati iniziarono ad andare d’accordo. Erano sempre stati soli perché considerati diversi ed ora erano soli, ma insieme. Si trovavano ogni mattina in quella stanza a suonare, insieme si sfogavano e ritrovavano il sorriso dopo le giornate caratterizzate dagli insulti dei compagni.

Erano ritenuti da tutti una coppia stramba, li evitavano e li invidiavano anche, avevano molto talento. Tutti negavano ma in realtà era capitato molte volte di sentirli suonare. Nei corridoi rimbombavano le note provocate da quei due ragazzi e nessuno era mai riuscito a non restarne colpito o addirittura estasiato. Quei due erano una cosa sola con la musica ma erano troppo diversi dagli altri e perciò non veniva dato il giusto peso e il giusto merito a quei pezzi che insieme componevano. Ma loro non avevano bisogno delle inutili parole degli altri. A loro bastavano le loro frasi scritte su dei fazzoletti di carta, bastavano i sorrisi che si scambiavano di sfuggita, bastavano le note musicali che li accompagnavano. A Odette bastava Andy e le sue stupide battute, a Andy invece bastava Odette con le sue facce buffe e il suo sorriso da bambina

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narrativa

Vetro, aria, vetro di Pietro Raimondi, IID Mi hanno messo qui

coincidenze

a controllare le stelle

la lontananza.

artificiali della valle;

Mi hanno lasciato

a guardarle brillare

nel petto

nel gelo,

qualcosa di così

nel buio.

maledettamente esplosivo,

Mi hanno legato

qualcosa di qui

ad un tempo e

che comunque

ad uno spazio,

tu non capiresti.

a misurare in

Salernitana-Nocerina:

la violenza ha la meglio sullo sport di Giorgio Trussardi, IVC Salerno 10 Novembre ore 12:30.

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Un gruppo di ultras della Nocerina si presenta sotto l’hotel San Severino dove alberga la loro squadra del cuore, almeno così era prima che scoppiasse il putiferio: gli ultras di Nocera minacciano i propri giocatori di morte, sì, avete letto bene, i propri giocatori, perché il questore di Salerno aveva vietato a loro tifosi di seguire in trasferta la propria squadra. Dice un giocatore

della Nocerina :”Picchiavano pugni sul pullman, lanciavano fumogeni e dicevano che se scendevamo in campo ci ammazzavano, che dovevamo stare dalla loro parte e che lo Stato era contro di loro”. Ma come si dice “ The Show must go on” I giocatori arrivano allo stadio con un ritardo di quarantacinque minuti e inizia


sport

così la messsa in scena della formazione Atto Terzo: Finale rossonera (Nocerina) degna di un’opera Dimissioni di tutta la dirigenza della Noteatrale: cerina. Atto Primo: La partita Indignazione non descrive appieno Niente riscaldamento pre-partita, dopo quello che si prova sentendo questi fatti: soli cinquanta secondi l’allenatore effet- la vittoria non è solo della formazione tua le tre sostituzioni a sua disposizione di casa, ma anche della violenza che come da regolamento, dopodichè cin- batte tre a zero lo sport. Gli ultras ora que infortuni (simulati) lasciano la forma- sono diffidati, ma non hanno solo loro la zione di Nocera in sei. colpa che va condivisa con la Nocerina che si è lasciata piegare al loro volere, Atto Secondo: Salernitana 3-0 Nocerina lasciando avvenire quest'atto vergognoso. Dopo soli ventuno minuti di gioco l’arbitro assegna la vittoria alla formazione di Il calcio non sarà uno sport amato da casa, la Salernitana, a tavolino perché tutti, ma davanti a questa "partita" ciail numero dei giocatori in campo della scuno di noi dovrebbe riflettere un mosquadra avversaria non è regolamenmento: essa descrive anche noi Italiani, tare; segue poi la fuga dei sei giocatori non più in grado di dare alle diverse dal campo, insultati e bersagliati con cose (un derby in questo caso) la loro bottiglie dagli Ultras di Salerno: oltre il effettiva importanza. danno la beffa.

Se vuoi vivere un’altra vita corri una maratona di Giovanni Testa, IVC ‘‘Se vuoi correre un miglio, corri un miglio. Se vuoi vivere un'altra vita, corri una maratona’’. Così Emil Zàtopek, un celebre fondista cecoslovacco, ci descrive la sua esperienza da maratoneta. Zàtopek visse in un periodo drammatico della storia del suo paese, nel quale prima di esprimersi doveva contare fino a cento per non essere condannato a lavorare nelle miniere di uranio. Ma nonostante ciò egli non permise a nessuno di privarlo del sogno di salire sul gradino più alto del podio ben sette volte e conseguire record mondiali importantissimi. Lui decise nel ’52 di correre i 42km un minuto prima della gara. E arrivò primo, mai decisione fu così gratificante. Gareggiò solo due volte nella maratona (Helsinki ‘52 e Melbourne ‘56), eppure questi 42.195m cambiarono

profondamente l’indole di questo campione facendogli conoscere un nuovo modo di vivere in cui si è assolutamente padroni di se stessi. Ma cosa ha permesso a questo scellerato di giungere al nirvana? In due ore puoi guardare un film alla televisione, schiacciare un pisolino, preparare una deliziosa torta. E invece lui ha scelto di distruggersi i muscoli e le ossa. Correre per due ore a un ritmo moderato e regolare su un percorso per nulla semplice è un’ardua impresa. Lui è riuscito a uscirne vivo e ancora più forte di prima. E il segreto è che tutti possono intraprendere un’impresa del genere. Non in due ore, certo, ma almeno arrivare al traguardo è possibile. L’unica sfortunata eccezione è l’ateniese Fidippide (ed è grazie a lui che adesso degli intraprendenti atleti si sbattono nella

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sport

maratona). Atene combatteva una pesante guerra contro i Persiani da tempo, ma con la battaglia di Maratona prevalse e vinse la guerra. Fidippide allora iniziò a correre senza sosta come un forsennato verso Atene (che dista 40km da Maratona) e giunto all’acropoli urlò ‘NENIKEKAMEN’(tipo Goku), poi morì. La possibilità di completare una maratona non sta tanto nella preparazione fisica, ma soprattutto nella forza di volontà dell’atleta. Resistere per una strada così lunga è la cosa più bella che una mente umana possa produrre. La mente non è il cervello, la mente è il sistema del corpo che pensa. E dopo aver corso questa distanza, con i muscoli che tremano per lo sforzo, la vista offuscata e le stelline che ti ruotano sopra la testa senti di essere invincibile. La maratona è una disciplina interiore, che non ti fa dimen-

ticare che il più grande avversario sei tu. Un atleta di oggi, come durante la nota maratona di New York, non avrà di certo l’obbiettivo di arrivare al traguardo per annunciare la vittoria degli Ateniesi e sentirsi dire ‘bro, sei in ritardo di duemila anni’. Un atleta moderno, uno di quelli veri, corre per proclamare la vittoria della volontà dell’uomo contro la fatica e il dolore e per dimostrare che le capacità umane siano più estese di quanto si possa pensare. E così Fidippide, Zàtopek e il vincitore della maratona della grande mela, il Kenyano Mutai, a distanza di secoli sono l’esempio di un uomo che corre per rompere i limiti che gli si pongono davanti e si avvicina passo dopo passo alla meta, ossia la piena consapevolezza e padronanza di sé.

Cronache di un eroe australiano di Selene Cavalleri, IE

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3 novembre, gara di Abu Dhabi. Sebastian Vettel, fresco del suo quarto titolo iridato si lascia alle spalle il compagno di squadra Mark Webber che al quinto giro già lamenta un difetto al KERS (Kinetic Energy Recovery System, sistema di re-

cupero energia cinetica). La prima cosa che si pensa è: ‘non di nuovo!’. Bisogna ora spiegare cosa è accaduto al pilota australiano della Red Bull quest’anno: non appena ha annunciato che la stagione 2013 sarebbe stata l’ultima in Formula Uno la Sfortuna ha cominciato


problemi col cambio in Belgio e Italia, motore in fiamme a Singapore (a poche curve dalla fine), in Korea penalità per aver accettato un passaggio da Alonso e poi incidente incendiario con Sutil. Breve tregua a Suzuka, dove taglia il traguardo secondo, ma ancora in India il motore della RB9 perde potenza e lo lascia a piedi.

sport

a prenderlo di mira. I motori si accendono il 17 marzo a Melbourne e subito dal Gran Premio di casa è assistito dalla sua ormai diventata proverbiale sfortuna, che gli procura il primo KERS failure della stagione e il primo deludente piazzamento di una lunga serie. In Malesia arriva secondo, ma in Cina è costretto al ritiro dopo che i suoi meccanici, nel tentativo disperato di guadagnare tempo, gli fissano male una ruota che dopo mezzo giro comincia a rotolare indisturbata per il tracciato, regalando attimi di terrore agli spettatori. La gara del Bahrain lo vede arretrato di tre posizioni sulla griglia di partenza, quella spagnola mette sonno ai meccanici (è la siesta) che impiegano lunghi secondi preziosi a cambiare le gomme, in Canada e in Gran Bretagna si danneggia l’alettone anteriore. Ma la Sfortuna, non ancora soddisfatta, è decisa a fare in modo che Webber non porti a termine la stagione e in Germania i meccanici della Red Bull di nuovo non montano bene una ruota che schizza via dal mozzo e comincia a volare per la Pit Lane, colpendo un malcapitato cameraman inglese. A questo punto la FIA (Federazione Internazionale Automobilismo) obbliga i meccanici a superare un tempo minimo di 2 secondi nei Pit Stop, per la sicurezza di tutti. Ma la Sfortuna è implacabile, nuove gare e nuove sventure: secondo KERS failure in Ungheria,

La domanda a questo punto è una sola: riuscirà il “nostro” Mark Webber a concludere illeso la sua ultima gara, dopo una nerissima stagione che lo ha visto continuare a correre senza sapere quale imprevisto quel giorno gli sarebbe capitato? (In realtà mi chiedo anche come con tutta ‘sta sfiga possa avere più punti di Massa, il che è tutto dire sul pilota brasiliano).

Come vincere una gara di Curling CONSIGLI PER NON SENTIRSI ESCLUSO DA SITUAZIONI CHE NON ACCADRANNO MAI

di Paolo Bontempo, IID 1. Trovarsi una fidanzata intelligente (in realtà qualità non necessaria ma consigliabile) 2. Sposarla 3. Desiderare un figlio 4. TOH! Un figlio 5. Chiamare il figlio Curling

6. Fare si che il figlio faccia atletica 7. Durante la sua prima gara entrare in pista, arrivare primo al traguardo. Bravo, hai vinto una gara di Curling

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terza pagina

Dialogo sopra i due massimi sistemi del sonno

ovvero: MA PERCHè MAI UNO DOVREBBE RUBARE UN’ INVENZIONE AGLI OLANDESI di Crizia Galileus Galilei est a philosophus scientiatus comunista antelitteram a sua insaputa, Ipocrita, Ippocrate, nazifascistalinsta. IN 1610 pubblicit Sedere Nuncius, in qua spiegabat che stando seduto potebat vedere le stelle. Sed tale ratio scandalizzò Chiesa(chiesa si scandalizabat etiam someone said “culettino”) et condannò Galileum ad infilarsi Cannochiale in Sedere Nuncius. Sed Galileus, abituatus ad ricevere cose in culus, non opponit resistentia. Every day he guardabat caelum, and caelum guardabat him, and thinked Galileum was a Stalker. So chiamò Cardinal Bellarmino Bellarmato(his secret amante), who wanted to arrestare Galileum. The processo(soprannominated prowater) was very difficilior and very longo, and at the end nothing happened. At first Gal didnt voleva rinunciare a sue

idee. But one day he sentì’ puzza of bruciato ed decided to pass the rest of his life without his ideals (ma quali ideals!!). He si traferit a Biura, beatiful city of inferiis… So, the life of a scientisti s very difficult, but necessary for dare lavoro all’inquisizione. The Scoperte of Galileus: 1. Aqua cauda 2. Aqua Freda 3. Acua Gelida 4. La grammatica 5. L’acqua tiepida Filosophia of Galileus: Forse è meglio se apri il libro a un’altra pagina. “E pur si muore”

Lo sfasciocomunista, un nobile Sotto casa

nozioni per imparare a mangiare un plum-cake il sottotitolo non c’entra nulla il sotto sottotitolo è inutile

di Paolo Bontempo, IID

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Visti i numerosi articoli “politicizzanti” scritti in questo giornale negli ultimi mesi, anche a me è venuta voglia di parlarvi di un personaggio a cui mi sento legato particolarmente e che ha fini-

to per impormi una nuova visione politica: Giovanni Serio. Purtroppo i giornali non ne parlano mai, ma la sua vicenda merita un occhio di riguardo.


Paxerello” “Quanto $wag ha L’Urss”. Entra a contatto con gli alti ranghi della politica sovietica, e viene ingaggiato come maggiordomo muto dal momento che non conosceva il russo, nonostante mangiasse tanta insalata. Ma durante una cena di gala, un tizio apre una finestra, e lui, memore del suo passato, si fa scappare un’ urlo che suona all’incirca così “Luce!”. Ma i Russi capiscono ben poco l’italiano e potrete bene comprendere quale parola abbiano invece sentito. Per questo motivo fu condotto in un Gulag. Pur continuando a credere che il gulag fosse uno spazio ricreativo in cui si spostavano le pietre per costruire una cosa grande e utile, smette di essere comunista. E si perché diventa Neo-Zelandese, posizione politica privilegiata, ma che purtroppo per lui, fa acqua da ogni parte. Successivamente entra a contatto con l’antica Grecia, conoscendo di persona il Canfora, e scopre che non si fa mai lo Shampooo e passa metà del tempo a dialogare con Tucidide, che fra l’altro è morto da un sacco di anni.

Per farvi comprendere meglio sarò costretto a raccontarvi in breve la sua vita. Giovanni Serio nasce fascista, fa il balilla, poi il fusillo per la Barilla, la spara a mille sui gay, poi dice di amarli, poi si scusa con gli omosessuali ma non con i gay, poi oddio non capisce più niente e nel frattempo si sposa con un uomo, ma lo tradisce con una donna, allora ha un figlio, ma a nessuno poi importa . A soli sette anni conosce di persona il Duce e il giorno dopo scopre di avere la memoria corta. A vent’anni è già giornalista del “Fascio”, estremo difensore della politica di Mussolini e curatore delle ferite dell’animo. Ma nel 1942 è colto da una malattia: diventa Ebreo e per questo viene mandato in un campo di cura, dove potrà fare i Fumenti per farsi passare il raffreddore. Guarito dal raffreddore inizia a fare sport: diventa comunista, collabora con varie riviste tra cui “Lenin Figo Assoluto” e “Stalin 6 stra Giovanni Serio vince il premio oscar bello” “Mao

A 40 anni suonati Giovanni Serio impara ad usare la chitarra, entra a far parte di un gruppo Punk-FasciSfasciototale , poi rientra nell’MSI credendo sia il nuovo partito dei fumatori di sigarette. Rimane deluso però quando scopre

Terza paggina

Ma Chi era veramente Giovanni Serio? Dopo aver militato per 7 anni nell‘ MSI di Pino Rauti e sette e mezzo nel P.C.I di Enrico Berlinguer decide di diventare Archeologo. La domanda a questo punto sorge spontanea, ma Giovanni Serio è di Destra o di Sinistra? Oppure è un crumiro?

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terza pagina

che Almirante non ha un accendino e per questo decide di darsi fuoco. Per fortuna passa di lì Pasolini, che prima lo convince a diventare Comunista, poi a non uccidersi, poi vabbè il resto è meglio se non ve lo racconto… Finita la sua “avventura” (PARTE ULTRA CENSURATA)con Pierpaolo ha un figlio, che chiama Medea, a cazzo. Medea però decide di iscriversi al Sarpi, così al primo consiglio di classe a Giovanni viene detto di recarsi in aula P2. Lui entra così nella P2, dove viene eletto come rappresentante dei genitori Licio Gelli: da quel momento inizia un momento di inspiegabile floridezza economica. Ma i soldi vengono consumati da lui come si consuma un panino con la nutella, ed ecco che rischia di ritrovarsi in mezzo a una strada…quella del Signore. Infatti, accorgendosi di essere povero decide di diventare cattolico, lavoro da cui ri-

esce a guadagnare una marea di soldi, tanto da guadagnarsi il soprannome di IOR. Purtroppo però, a 37 anni, dopo un brutto incidente(un tizio di colore gli ruba delle caramelle sacre), smette di credere. Decide di aderire ad una nuova religione: Il razzismo. A 37 anni e mezzo smette di offendere gli altri. A 41 anni si traferisce a Trezzo d’Adda, dove può constatare l’ironia della sorte (il cognome per intenderci). Trascorsi nove anni muore. Ridiventa per un giorno fascista. Poi ancora comunista. Poi si converte in mp3. Verso la fine della sua vita decide di credere a un’ideologia. Ma muore votando Udc, proprio nel seggio elettorale. Rimane però, come i più grandi, come solo i migliori, un grande esempio di persona che non esiste.

disegni di Lio IIC, testi di Paolo Bontempo, IID

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IVC

trave che si sta staccando dal soffitto *CAOS TOTALE*

X : Questa frase significa ‘Il suo sorriso è bello come il sole’ Cuccoro: Oh, lo so <3

Tobaldo: Bene, due punti giacciono su una retta come due balene spiaggiate.

X : Prof, scusi. Da quali elementi è formato A? Tobaldo: 1,2 e 3.. La Peppina fa il caffè! Tondini: A che caso è ‘Auxilii’ ? X: Ehm.. Genitale. Cuccoro: Zambelli, urli come se fosse in preda all’ira, come se qualcuno le facesse un dispetto, così *pizzicotto* Zamb: Aaah.. Cuccoro: Ma cosa ci fa qui un gattino che miagola? Bonazzi: Prima di arrivare alla calotta e alla banchisa polare.. Bisogna far notare quella.. Piccola

IVE Rondi: Come si dice sotto la pioggia? C’è anche il musical! Marchesi: (cantando) I’m siiinging in the rain Classe: Ma lei è maschilista! Strocchia: no, io sono un puma talebano

Bonazzi: Come si spostavano i primi esploratori sul ghiaccio? Tomasini: Con le slitte! Bonazzi: E da.. Cosa erano trainate? Tomasini: Da.. RENNE!

Terza paggina

IPSE DIXIT

Tobaldo: Cosa significa insieme discreto? Semplice, tra due coco pops non c’è nessun altro coco pops. Tondini: La radice di adikìa è ‘DI©K’. (due giorni dopo) Tondini: La radice di dicere è ‘DI©K’ Tondini: Allora, chi sa dirmi cosa significa mèrimnai? X : PENE! Zappa: Come dice la vostra compagna senza k Marchesi: con la c? Zappa: Marchesi, tu scendi dagli alberi? Piccirilli: Elzi metti via quella spazzola, altrimenti te la faccio ingoiare e il problema non sarà ingoiarla, sarà dopo

Borgonovo: La musica per me è come la droga Salvi: speriamo non con gli stessi effetti Giuliano: (traducendo Latino) I soldati rimangono incastrati nell’accampamento (In castris) Piccirilli: la particella προ è un po’ schizofrenica

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IRETTRICE: Marta Cagnin, IIID

LA REDAZIONE

ICEDIRETTRICE: Micaela Brembilla, IIIC

EGRETARIA: Marianna Tentori, IIB

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DIRETTRICE: Marta Cagnin, IIID

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LUSTRAZIONI: Silvia Caldi IIIB, Lucia IMPAGINATORE: Pietro Raimondi, IID Marchionne, Laura Gabellini e Clara Rigoletti, VE

COPERTINA: Anonimo EDATTORI: Giulia Argenziano IIB, Batman VE, Bianca Bona IVB, Silvia Caldi IIIB, Adele arraro VC, Selene Cavalleri IE, Martina Di Noto IE, Chiara Donadoni ID, Valentina FastoCOMMISSIONE TOGNI: Silvia Caldi IIIB, Lucia Marchionne, Laura Gabellini e Clara Rigoletni IVC, ti, VERiccardo Ghislotti IVE, Gaia Gualandris VF, Federico Lionetti IIC, Roberto Mauri VD, Caterina Moioli VF, Pietro Micheletti VB, Elena Occhino IF, Alice Paludetti VF, Michele REDATTORI: Giulia Argenziano IIB, Batman VE, Bianca Bona IVB, Silvia Caldi IIIB, Adele aludetti IIC, Elisa Salvi IE, Sofia Savoldi VB, Giorgia Scotini VC, Elena Seccia VE, Jacopo Carraro VC, Selene Cavalleri IE, Martina Di Noto IE, Chiara Donadoni ID, Valentina Fastognorelli IVC, ValeriaGhislotti SignoriIVE, ID, Gaia PaoloGualandris SottocasaVF,IIIA, Giovanni Testa SaraMauri Testa VF, lini IVC, Riccardo Federico Lionetti IIC,IVC, Roberto IVD,Trussardi Caterina Moioli VF, Pietro Valienti Micheletti VB,Chiara Elena Occhino IF, AliceVC, Paludetti Michele iorgio IVC, Eleonora VE, Maria Viscardi GiuliaVF, Vitale ID, Sara Paludetti IIC, Elisa Salvi IE, Sofia Savoldi VB, Giorgia Scotini VC, Elena Seccia VE, Jacopo anchi ID, Marcello Zanetti IIB Signorelli IVC, Valeria Signori ID, Paolo Sottocasa IIIA, Giovanni Testa IVC, Sara Testa VF, Alice Tomasini IVC, Giorgio Trussardi IVC, Eleonora Valienti VE, Chiara Maria Viscardi VC, Giulia Vitale ID, Sara Zanchi ID, Marcello Zanetti IIB


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