l’editoriale 2
Benvenuti!
Comodi vi prego, comodi signori. di Marta Cagnin, IIID Insieme a tutti voi amati sarpini anche Cassandra inizia finalmente quest’anno scolastico 2013-2014, ma prima di lanciarvi in quella che SICURAMENTE sarà la vostra lettura appassionata ed entusiasta vediamo di fare un po’ di chiarezza riguardo ai concetti base di questo tentativo di giornale. Abbiamo un nuovo direttore (il maschile è colpa della volontà del popolo), una seria e impegnata vicedirettrice (Micaela fai ciao), una segretaria zelante, che può essere acida finché vuole ma non riuscirà mai a farci essere bravi e puntuali, e una sterminata redazione quanto mai variopinta e composita. Variopinto è un aggettivo che solitamente si usa per i vasi, concordo, però lo ritengo particolarmente azzeccato in questo contesto perché racconta visivamente, quindi con immediata efficacia, le idee e l’atmosfera che vorremmo si respirassero in quello che combiniamo ogni sabato in sesta ora, a partire dal “prodotto” completo che arriva a tutti, questo. In qualche modo tenteremo, a partire dal presente numero, di barcamenarci all’interno del Sarpi e delle sue numerose lezioni, istituzioni, Donato (!), passaggi segreti e vita studentesca, non esclusivamente scolastica. Attenzione: non prendeteci come una testata giornalistica seria e andrà tutto bene, ma nemmeno illudetevi di poterci snobbare e buttare in massa in un qualsiasi cestino per la raccolta differenziata della carta. Come voi anche Cassandra getta un occhio sulla scuola, nella sua totalità o in quella parte che concerne per qualche motivo i membri della redazione, quindi ricordatevi della doverosa presenza della sottocommissione “Sarpi” che partirà subito con qualcosa di particolare, ovvero la grande novità dell’anno: un preside (magno gaudio!), che colgo anche l’occasione di salutare nuovamente a nome della redazione. Il resto di Cassandra è ciò che il nostro gusto personale e un’attenzione all’attualità ci concedono di poter esprimere scrivendo liberamente. Non ci definirei propriamente un mezzo d’informazione, di base siamo un giornalino scolastico, il che significa soprattutto intrattenimento di qualsiasi genere. Cassandra ha infatti l’abilità speciale di insinuarsi fra i banchi una volta al mese durante le ore di lezione e di renderle un po’ diverse, un po’ più focalizzate sulla componente studentesca e sul nostro modo di vedere il mondo, mediato dalle figure dei singoli autori. Mi appello perciò ad una lettura leggera ma attenta anche da parte del corpo docente e del personale ATA, qualora ne abbiano la voglia, per guardare la routine quotidiana da un diverso punto di vista in cui in parte tutti loro possono ritrovarsi, ragazzi lo sono stati tutti. Se non fossi stata abbastanza chiara in precedenza esplicito l’invito alla partecipazione, in qualsiasi forma, da parte di chiunque abbia voglia di comunicare qualcosa o di costruirlo all’interno dello spazio che può essere dato dalla scrittura e in particolare dal nostro giornale. Saremo lieti di accogliervi e di lavorare insieme, di mangiare alle due e pinzare fino allo sfinimento, purché l’intento sia positivo. Un buon inizio di anno scolastico a tutti e ricordatevi che potremmo venire ad arruolarvi anche domani!
Mountain Bike e Sonate di Mozart [Intervista] (p. 4) LSD (p.7) Stage (p. 9) Scuola in pigiama (p.10) Fuso Orario - Argentina (p.13)
La ballata della moda (p. 15) Nessuno tocchi caino (p.16) Piccola garzantina Siriana (p. 17) Siamo tutti della stessa pasta (p.18) Il compagno Berlinguer (p.19)
IL SOMMARIO
Sarpi Attualità’ Cultura NArrativa 3^ Pagina
It Never Ends 2 (p. 21) Shingeki no Kyojin (p.23) Justin Biener, presidente dell’Iowa? (p. 24) Mad Donnie Darko World (p.25) Guarda, invece, come siamo belli (p.26)
Storie di Wretched Town (p. 27) Tutto è (p.29) A posto(p. 29)
Sarpina Commedia (p. 31) How I Met Your Cotonfioc (p.32) Ipse Dixit (p. 32) Joseph The Bunny (p.3/34)
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Sarpi
Mountain bike e sonate di Mozart
una constatazione amichevole di vita e di scuola con il Preside Previtali
A cura di Pietro Raimondi IID, Giulia Testa IIIb e Paolo Bontempo IID
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persone ci devono credere, si devono Forse una delle interviste più piacevoli degli ultimi anni: tanta curiosità, simpatia spendere, lo devono realizzare mettendosi in gioco. Nell’ultimo anno mi sono e sorprese. impegnato per il disegno di legge sul si[Sigle utilizzate B: Bontempo, T: Testa, R: stema nazionale di valutazione: ho chieRaimondi] sto io al capo dipartimento di ritornare nella scuola per realizzare alcuni pas1. Curriculum scolastico e lavorativo: saggi di quel sistema, tra cui quello della dove/che materie ha insegnato? valutazione del dirigente scolastico (che dovrebbe avvenire dal prossimo anno). Ho iniziato il percorso scolastico vincen- Mi piacerebbe provarlo su di me. Il Sarpi do casualmente un concorso come ma- è un’ottima scuola e una grande opporestro di scuola elementare. Ho continua- tunità professionale, da questo punto di to a studiare all’università per vincere in vista, per me. seguito un concorso come direttore didattico (cioè presso una scuola elemen- 3. Quali sono state le sue impressioni initare) e poi come dirigente scolastico. ziali al Sarpi? Come si è sentito accolto? Pertanto nella scuola ho fatto il maestro, il professore, lo psicopedagogista, il diMi sono sentito bene accolto, con molta rettore didattico, il preside nella scuola fiducia e aspettative. Il Sarpi porta il famedia e il dirigente nella scuola superio- scino di una storia che si sente, si respira, re (Itc e liceo scientifico). Nel frattempo si vive. Guardate lì: quello è il decreto ho avuto modo di fare esperienze di costitutivo del liceo Sarpi del 1803. C’è ricerca e insegnamento in università (sia un passo, secondo me bellissimo, che Università di Bergamo che Cattolica, e dice che questo istituto è stato fatto per ora ho un contratto con il Politecnico di il benessere della comunità, per fare in Milano). Ho passato gli ultimi sei anni al modo che la comunità domani possa ministero, collaborando direttamente progredire, migliorarsi tramite le persone con i capi dipartimento, con sottosegre- che vengono formate qui. Questo dotari e ministri, in particolare sui curricola vrebbe essere il senso del Sarpi. scolastici e sulla valutazione. 4. Quali progetti o novità immediate ha 2. Quale motivo l’ ha spinto ad accetta- da proporre per la nostra scuola? re la presidenza del Sarpi? Mai lavorare per giorni: nei cambiamenti Per realizzare qualcosa di significativo è determinante avere un’idea e portarla nella scuola bisogna starci dentro, biso- avanti nel tempo. Lasciatemi ascoltare e gna sporcarsi le mani, sentirne l’odore. capire: la fretta è disastrosa. Così come Nelle segrete stanze ministeriali si posla formazione, i cambiamenti hanno sono fare grandi disegni e norme, ma bisogno di tempi lunghi. Bisogna sapere nulla avviene per circolare o per legge, incontrarsi, dialogare. Ad ogni modo, la perché, affinché qualcosa avvenga, le priorità nei progetti e nelle novità è sugli
5. Una domanda nata dalle politiche degli ultimi anni: secondo Lei, è legittimo gestire la scuola come un’azienda e considerare gli alunni come un’utenza? La scuola non è per nulla comparabile ad un’azienda. La scuola è una comunità in apprendimento, dove i termini “comunità”, “in” e “apprendimento” hanno un senso e un valore. Voi vivete a scuola tantissimo tempo e come ci vivete diventa propedeutico al livello sociale. Qui costruite un livello di essere comunità attraverso l’apprendimento, perché come vi comportate tra di voi e con i professori fa della scuola un piccolo laboratorio sociale. Ve lo dico come esperienza da studente: gli anni che improntano di più, che danno più forza e che restano maggiormente in memoria, sono gli anni delle superiori. L’appren-
dimento deve avere valore educativo, perché l’apprendimento fine a se stesso è un disastro. Non è un problema di strumenti: gli strumenti funzionano se avete accanto grandi maestri. Se sganciamo il sapere dalla consapevolezza e dai valori sociali, è un disastro... Perché mi guardate con quello sguardo stupito, vi piace così tanto la predica?
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studenti; e, negli studenti, la priorità per il Sarpi deve essere posizionata sui buoni esiti formativi ed educativi. Se la scuola ha uno scopo, è costituire il successo formativo degli studenti: noi, anche il Preside, siamo qui per questo.
R: No, è che qui al Sarpi siamo abituati a sentirci dire che saremo la futura classe dirigente e bla bla bla, quindi ci stupisce una variazione sul tema. Preside: Sai, ti dico quello che ho detto ai quartini appena arrivati, cito un preside di una scuola americana che introduceva l’anno scolastico così: “Io ho avuto la sfortuna di stare in un campo di concentramento: lì c’erano ottimi medici, ottimi scienziati, gente che aveva studiato nei posti più prestigiosi: erano la classe dirigente, peccato che fossero tutti degli assassini”. La formazione senza educazione è una vera e propria strage.
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6. Lo studio è una componente decisiva della vita dello studente. Lei pensa che debba essere il centro della nostra giornata, oppure che sia da affiancare ad attività sia culturali che di altra natura?
B: “Ma quindi le piace il ciclismo?”
Se trasformate la domanda in un’affermazione, è perfetta.
R: “Qual è la sua musica preferita?”
7. Il carico di studenti che frequentano la sede centrale è salito, e l’ATB non sembra essersi adeguata. Di conseguenza gli autobus sono letteralmente colmi. È possibile muoversi per un incremento del passaggio di autobus per Città Alta negli orari critici interpellando l’Azienda? Voi avete segnalato il problema e la scuola lo ha fatto proprio: abbiamo fatto la segnalazione all’azienda ATB. Dovrebbe essere sempre così, perché i problemi degli studenti sono i problemi della scuola. Uno dei compiti del Preside è mettere gli studenti, i professori, tutti quanti nelle condizioni per fare bene il proprio lavoro.
DOMANDE RANDOM ovvero LA PARTE MIGLIORE B: “Dove è nato?” Preside: “Sono nato a Bergamo, però adesso vivo a Suisio. Vivo lì dal 1400.” T: “Be’, li porta bene”. R: “Ci racconta qualcosa di Lei?”
Preside: “Mi piacciono gli sport di fatica” R: “Ecco perché è venuto qui!”
Preside: “Qui perdo punti… Mi dispiace, scusatemi… Ho dei periodi in cui cambio musica: in questo momento, e in gran parte, ascolto musica classica. Questo è il periodo di Mozart (le sonate per piano, che sono molto rilassanti), due anni fa di Bach. Però da giovane suonavo la chitarra, avevo i capelli lunghi e sapevo tutte le canzoni di De Andre’.” B: “Be’ allora io le chiedo qual è il suo film preferito.” Preside: “No dai… Perdo punti di sicuro” R: “Ormai si è giocato tutto con i capelli” Preside: “Bene... Il mio film preferito è Frankenstein Junior, che tra l’altro è legato ad una storia personale, nella fase di trasgressione adolescenziale, ambientata in una fuga a Venezia di notte con un amico ed un freddo cane.” (Infine gli intervistatori pongono al preside varie questioni sull’uso degli spazi nel pomeriggio per attività di vario genere, lui risponde con una frase che ora teniamo a ricordare): “Guardate, per me più gli studenti rimangono a scuola meglio è. Se volete anche solo restare a studiare, la scuola è aperta.”
Preside: “Mi piace andare in bicicletta: il Intervistatori: “Grazie mille, è stato un piacere.” mio massimo è la mountain bike.” Preside: “Grazie a voi, buon lavoro.”
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a lato: fotografia di Maria Gafforio
last sarpi days a cura di Giulia Testa, IIIB Otto giugno 2013: prima giornata di cogestione in codesto liceo classico Paolo Sarpi. Sentiamo cosa hanno da dirci due dei relatori che la organizzarono. Breve resoconto di un divertimento strutturato atto a preparare quello non strutturato Mi piacerebbe strutturare almeno in partenza questo trafiletto come un tema di quelli che si facevano alle elementari e che ora mancano tanto, sicuramente non solo a me. Vediamo cosa si riesce a combinare: cari Ragazzi, Adulti o chiunque legga, la Cogestione o che dir si voglia Concessione di Bordello Legalizzato svoltasi a fine anno 2012/2013 è stata sicuramente un’esperienza
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LSD
positiva sia per noi studenti che per noi studenti. Con ciò non voglio certo dire che fu invece una cattiva esperienza per i docenti. Anzi ho potuto constatare da parte del docente sorvegliante che mi era stato assegnato, il professor Cuccoro che ho sempre stimato e rispettato, un interesse ben al di là della mera funzione di guardiano di pietra. Mentre blateravo sul film che stavo per proiettare sulla parete alle mie spalle, ho osservato una certa rispettosa attenzione nei pochi ma buoni malcapitati presenti nell’aula, attenzione voglio sperare non proporzionale all’ingenza del mio delirio cronenberghiano ma perfettamente modellata sulla qualità che almeno secondo il sottoscritto la pellicola offre. “A HISTORY OF VIOLENCE” non
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è certo un titolo alla portata di tutti, ma quello che invece è alla portata di tutti, adesso aprite bene le orecchie - anzi le palle degli occhi - che arriva la parte importante di tutto sto ambaradan di parole buttate lì a caso, è che è una grandissima figata il fatto che anziché degenerare nel delirio orgiastico - comunque splendido - perché la preside ti chiude i rubinetti l’ultimo giorno, è bello anche poter fare delle cose carine a gruppi dando spazio a chi ha qualcosa da dire e, perché no?, da insegnare ai suoi compagni. Dai eh, è nell’interesse di tutti. Poi mal che vada si va alla Fara a far bordello — tutti, anche i profe! sciao nèhhh
rispondo a questa simpatica domanda dicendo che tale scelta è dovuta al mio gusto personale in ambito cinematografico: per me l’Horror è il genere che più di ogni altro rende possibile la sperimentazione nella tecnica cinematografica, e aggiungerei che, fra tutti i possibili generi, è quello che più di ogni altro indaga, volente o nolente, negli oscuri abissi della psiche umana, che spesso cerchiamo di nascondere a noi e agli altri, poiché in tale parte risiede il nostro personale mr.Hyde che tanto turba le coscienze perbeniste e moraliste. Dunque spiegai al mio pubblico, aiutandomi con la proiezione di molte clip di film ad alto tasso di emoglobina, alcuni caratteri di questo tipo di cinePS a me Cronenberg mi fa smattare ma ma soffermandomi su alcuni elementi se avessi scelto un altro corso sarei anstilistici peculiari di determinati registi, dato in quello di yoga urlando come un trattando prima la produzione USA (con muezzin su un minareto. Un saluto alle Romero, Carpenter, Craven e altri), e tipe che entravano a caso a fare foto, poi la produzione dei compatrioti, in senza di loro non sarebbe stata la stessa particolare Argento e il misconosciuto cosa Maestro Lucio Fulci (“Zombi 2”, “…e tu vivrai nel Terrore! L’Aldilà”, “Non si sevizia L’orenzo Teli, ex III C un paperino”etc.). Le mie impressioni riguardo agli spettatori sono state molto Riflessione assai personale sulla cogepositive: le quasi trenta persone presenti stione mi sono sembrate sinceramente interessate all’argomento, e sono riuscite a Giugno 2013. Ultimo giorno di scuola. mettermi a completo agio, il che è un Cambiando rispetto agli anni passati, risultato sorprendente, vista la mia prosi è deciso di impiegare la giornata pensione a farmi prendere dall’ansia. proponendo delle attività di vario geQuindi concludo questo assurdo articolo nere curate dagli studenti. Come vari dichiarando la totale approvazione del personaggi della scuola, anche io, al sottoscritto verso questo tipo di attività, mio ultimo anno, ho proposto un’attie spero per voi che questa iniziativa sia vità particolare, volta a far conoscere riproposta ancora in questo istituto, e ad altri studenti quel filone del genere magari anche più volte durante l’anno. cinematografico horror particolarmente Ciao a tutti! sanguinolento, sviluppatosi principalmente durante gli anni ’70-’80. QualcuTogni Aronne, ex III I no potrebbe chiedere: “Ma perché hai scelto codesto argomento di bizzarra natura?” (“Ma anche no”, dirà la maggior parte dei pochi lettori). Comunque,
in ospedale
di Giulia Testa IIIB Nelle prime due settimane di giugno diversi studenti di seconda liceo hanno avuto la possibilità di partecipare a stages in ambienti lavorativi tra loro eterogenei: la scelta era tra studi notarili, cliniche ospedaliere, ospedali, uffici e redazioni. Personalmente, ho avuto la fortuna di sperimentare cinque giorni di vita all’Ospedale Giovanni XXIII. L’accoglienza e l’organizzazione sono state il massimo che avremmo potuto trovare ma non il massimo che avremmo potuto aspettarci: forse ci aspettavamo un’organizzazione più rigida e precisa (un paio di volte è capitato che nessun medico del tal reparto fosse a conoscenza del nostro arrivo), che non abbiamo riscontrato per ovvi motivi (tagli al personale, emergenze dell’ultimo minuto e chi più ne ha più ne metta), ma abbiamo ricevuto molto comunque, sia in qualità che in quantità. E per amor del vero non posso che sottolineare la straordinarietà del personale che abbiamo incontrato. In primo luogo ho apprezzato il tema che è stato dato al nostro stage: l’argomento generale era “il trapianto e la donazione di organi”, per cui abbiamo fatto una full immersion nel mondo dell’AIDO e nelle dinamiche che un trapianto presuppone. Non tutti sanno che per ogni organo che viene donato vengono mobilitate 120 persone: si va dai parenti che per primi acconsentono all’espianto, ai medici chirurgi, agli infermieri e anestesisti, al pilota del tale elicottero che trasporta l’organo, al centralino del tale ospedale che comunica la disponibilità al tal reparto. Sempre per amor del vero, vorrei soffermarmi sul momento forse più commovente di quella settimana: l’incontro con alcuni parenti di donatori. Due sono state le vicende che mi hanno commossa. La prima, quella di una donna il cui padre era
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STAGE morto a causa di un aneurisma: “Nessuno poteva restituirmi il mio papà, con cui volevo ancora fare tante cose… Però io so che di lui hanno donato quasi tutto e sono felice. E’ strano pensare che dal suo corpo hanno tolto pelle, ossa, ghiandole… Però io so che altre persone vivono grazie a lui.” La seconda, quella di una madre, il cui bambino era affetto da una deformazione cardiovascolare fin dalla nascita: “Mio figlio ha subito interventi al cuore dal primo mese di vita fino ai due anni. Non abbiamo mai avuto quel rapporto intimo che dovrebbero avere madre e figlio, perché lui era sempre, costantemente intubato. Ricordo che era infelice e che io temevo di sfociare nell’accanimento terapeutico. Poi, una sera, ho ricevuto una telefonata: - Abbiamo il cuore per tuo figlio-. Ed è una sensazione bruttissima, davvero terribile, quella di sapere che un bambino è morto per dare il cuore a mio figlio. Però le cose funzionano così, ed è un bene che la medicina sia arrivata a questo punto, di salvare le persone con i trapianti. Adesso mio figlio ha tre anni ed è felice, ha una voglia di vivere che non ho mai visto in nessun bambino.” L’aspetto fondamentale dell’informazione sui trapianti deriva dal fatto che poche persone sanno esattamente perché le liste d’attesa siano così lunghe. In breve, si possono espiantare organi soltanto da un corpo che ha subito una morte cerebrale, ovvero non per infarto: è di vitale importanza che il cuore continui a pompare sangue in tutto il corpo per nutrirne i tessuti. In caso contrario, il corpo va dritto all’obitorio. Da ciò si capisce che il campo di potenziali donatori si riduce ad un numero davvero esiguo di donatori effettivi.
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Passo ora alla parte più didattica dello stage. Il mio gruppo ha potuto visitare i reparti di chirurgia, pneumologia, riabilitazione (Casa degli Angeli, Mozzo), gastroenterologia e terapia intensiva. Mi soffermo su quelli che mi hanno colpita maggiormente. Nel reparto di pneumologia abbiamo assistito ad una visita ad un malato terminale di tumore al polmone: il medico ha asportato del siero dal polmone destro sotto i nostri occhi (il paziente era consenziente). Nel reparto di gastroenterologia abbiamo assistito ad una gastroscopia ed una colonscopia (pazienti consenzienti). Infine, siamo entrati in sala operatoria, dove abbiamo assistito all’asportazione di un tumore dal gluteo: un’esperienza indimenticabile. Spero che questo entusiasmo non venga letto nel modo sbagliato: il punto è che non avremmo mai immaginato di ENTRARE in sala operatoria, ma ce lo hanno permesso (ovviamente con le dovute precauzioni in rispetto della sterilità dell’ambiente) e si sono presi davvero a cuore la nostra formazione. Sembrava di stare a scuola, per la ricchezza di informazioni che ci venivano date, ma tutto il personale era così disponibile (perfino il chirurgo a un certo punto si è messo a spiegare con il bisturi in mano),
così chiaro nell’esposizione e così appassionato e sicuro del proprio lavoro che noi non potevamo che restarne ammaliati. L’ultimo reparto che cito è quello di terapia intensiva, dove vengono ricoverati i pazienti in diversi stadi di coma o che hanno comunque delle funzioni vitali compromesse. L’ambiente è iper-sterilizzato, i macchinari che controllano ogni parametro vitale sono super-tecnologici e super-monitorati, la tensione sempre alta per via delle emergenze che possono capitare, ma i nervi sempre saldi e l’autocontrollo sempre al massimo, perché l’emozione non ti permette di salvare le vite. Questo forse è l’aspetto che più mi ha impressionata: accanto alla grande umanità di medici e infermieri, abbiamo visto anche molta professionalità. Dedico questo articolo a tutti gli studenti che si interrogano su un possibile futuro da medico: se avete la possibilità di partecipare ad iniziative del genere, non tiratevi indietro. Forse questo stage non ha aiutato tutti noi a trovare le risposte per il nostro futuro, però ci ha sicuramente aiutato a porci le domande giuste.
Scuola in ospedale Continua la collaborazione con la realtà scolastica dell’Ospedale
dei ragazzi della scuola in pigiama IO e la mia esperienza in ospedale
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Il primo “incontro” con l’ospedale nuovo di Bergamo è avvenuto passando dal Pronto Soccorso, dove ho pianto, quando mi hanno comunicato che dovevo essere ricoverata: ho pensato agli incontri coi miei amici che avrei dovuto perdere e alle cose a cui avrei dovuto rinunciare. Poi, appena salita in reparto, dopo aver visto la mia stanza mi sono
detta, per riderci un po’ su, che finalmente avevo una camera tutta per me. Guarda tu cosa dovevo fare: ammalarmi di tumore per avere una stanza mia, senza quei due fratelli molesti dentro! Sono venute tante persone a trovarmi in quei giorni di ricovero, durante i quali non mi sentivo ancora ammalata; ero felice di non dover più studiare, perché i professori avevano comunicato a mia mamma che ero a posto con tutti i
ARIA NUOVA IN CORSIA
Con l’entusiasmo di un ragazzino, che finalmente vede realizzato un sogno che porta nel cuore da tempo, oggi vi Dopo le dimissioni, sono tornata a scuo- voglio raccontare del giorno in cui, per la, perché a casa mi annoiavo e volevo la prima volta, riusciremo a far entrare stare coi miei compagni. L’estate è stata BergamoScienza in ospedale. Avete cacaratterizzata dall’ansia che mi hanno pito bene, la grande rassegna di divulmesso alcuni amici che avevano l’esagazione scientifica bergamasca, giunta me di stato, il terrore di perdere i capelli, ormai alla sua XI edizione, in quest’anno la crescente depressione. Anch’io avrò scolastico varcherà le porte dell’Aziengli esami l’anno prossimo: che stress! da Ospedaliera Papa Giovanni XXIII con Temo che non mi ricresceranno nemme- un laboratorio di matematica. no i capelli, perché ho sempre sofferto di alopecia in periodi di tensione e sono Ma andiamo con ordine. Com’è stato già molto preoccupata ora. possibile tutto questo? Quali sono stati gli eventi che hanno permesso una così Ora sto frequentando la scuola in ospe- bella collaborazione? dale quasi tutte le mattine. All’inizio ero molto sospettosa e diffidente e lo sono Gran parte del merito è … del vostro ancora, ma sta diventando un percorso Liceo, che molti anni fa mi ha accolpiù regolare, anche se mi sento “down”, to come insegnante tirocinante sotto perché sembra che alcuni professori la supervisione di un vostro illustrissimo dovranno venire anche a casa mia e la docente, il prof. Antonio Criscuolo, ancosa mi mette a disagio. Metti che mi dato in pensione già da qualche anno. mandino la “Monacci” o il “Pichi”? Cosa Durante quell’anno di tirocinio mi sono faccio: gli offro il thè? messo in gioco, condividendo con il mio tutor moltissimi momenti di attività didatSo che tutto ciò non durerà per sempre tica, volti anche alla sperimentazione e poi tornerò a scuola, dovrò recuperare tecnologica; iniziative affascinanti che molte cose e rimettermi in pari con gli mi hanno formato profondamente. In altri e sarà anche peggio! seguito, in un’altra occasione, ho potuto partecipare a un corso di formazione su Oggi ho iniziato l’ultima chemio: sono Geogebra (un software di geometria diattaccata ad una pompa per infusione namica) tenuto dal prof. Criscuolo, che che fa rumore e non mi lascia nemmeno ho scoperto collaborare con l’Università dormire, ma è la penultima volta. Settidegli Studi di Bergamo. Dopo esserci mana prossima ci sarà l’ultimo ricovero così ritrovati, gli ho lasciato il mio indirizzo per la terapia e poi si vedrà. Non vedo di posta elettronica per essere sempre più in là del mio naso, non riesco ad im- informato sui nuovi corsi e sulle iniziative maginarmi un futuro migliore. attuate sul territorio.
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voti: il mio anno scolastico è finito il 6 di maggio. Al tempo stesso ero dispiaciuta di non frequentare più i miei compagni, alcuni, non tutti.
Il mio prof. Marco di mate non potrà dire, leggendo questo articolo, che è “carino”, come faceva sfogliando gli altri articoli per il giornale sul suo tablet, perché ho raccontato molte cose negative, però non potrà nemmeno dire che è falso o impersonale.
E così arriviamo ad oggi, alla grande occasione. Lo scorso 16 settembre ricevo un’e-mail con le iniziative di ottobre, tra cui il laboratorio “GEOMETRIA FRA LE PIEGHE: costruire e stupirsi con l’origami”, organizzato niente meno che dal prof. Criscuolo. Non ho atteso un attimo: gli ho subito scritto, raccontandogli la mia Martina M., classe V, Liceo Artistico esperienza di docente in ospedale e “Manzù”, Bergamo esponendogli il desiderio di portare il suo laboratorio in corsia, riorganizzandolo ad hoc per i nostri ragazzi, quegli studenti
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che, per ragioni di salute, non possono partecipare ai bellissimi laboratori tenuti nei vari luoghi della città. La sua risposta non si è fatta attendere, carica di entusiasmo e di grande disponibilità. Così il laboratorio si farà, in contemporanea con i grandi eventi di Bergamo Scienze. Questo sarà per tutti noi un momento speciale, che porterà un’aria di sana quotidianità e vita normale all’interno delle mura dell’ospedale, permettendo agli studenti ricoverati di far parte di BergamoScienza 2013 in modo attivo, partecipativo, vero. Nelle camere e nei corridoi si respira già un clima di trepidante attesa e di aspettativa: si contano i giorni; le prenotazioni per poter partecipare, fioccano. Da parte mia, non ho resistito un attimo nel comunicarlo a chiunque incontrassi: agli studenti durante le lezioni, alle loro mamme e papà, agli infermieri, a tutti i colleghi. E da tutti ho avuto un riscontro più che positivo.
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Mai avrei immaginato che quella conoscenza di più di dieci anni fa, mi avrebbe permesso di concretizzare una tale, importante, collaborazione.
Nel prossimo numero di Cassandra non mancheremo di rendervi partecipi di questa nuova avventura (e delle altre mille che bollono in pentola) attraverso i nostri racconti, dei nostri ragazzi e delle loro famiglie. A presto!
Profe Marco
p.s. da pochi giorni è attivo anche il nostro blog: andate su www.scuolainpigiama.wordpress.com, leggeteci e curiosate, senza dimenticarvi di lasciare un vostro commento o osservazione!
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Argentina, un anno dopo.
Angelica Dal Pin, IIIi
Siamo figli della relatività. Essa ci avvolge, avvolge ogni ambito della nostra vita. Come il tempo, per esempio. Gli anni delle nostre esistenze possono sembrarci lunghi, un interminabile susseguirsi di gioie e dolori; non sono in realtà che un battito di ciglia nell’inarrestabile trascorrere dell’eternità. Quanto è lungo un anno in Argentina? Un battito di ciglia. Proprio così. Un istante. E oggi, a un anno da quel 26/08/12 in cui arrivai nella mia amata Ushuaia, nulla mi sembra reale. Mi sembra di non essere mai tornata, di essermi addormentata e di aver sognato tutto quello che successe da allora. L’Argentina ti travolge, ti abbraccia, ti fa sentire parte di lei, ti succhia tutto quello che hai e te lo restituisce doppio, nel bene e anche nel male. E quando tornerai in Italia, la riporterai indietro con te. Sempre che tu non sia come la sottoscritta. In quel caso rimarrai là per sempre e, anche se fisicamente sarai qui, la tua mente volerà alta sopra las montanas y el mar, si insinuerà nei quinchos de la gente, si nutrirà di dulce de leche y sonrisas, e non tornerà più. Ciò ti creerebbe non pochi problemi, fidati. Ma è anche vero che
questa è un’altra storia. Nella migliore delle ipotesi invece tornerai e riporterai indietro una persona diversa. Anzi, diversa non è la parola esatta… sarai “solo” più completa, più consapevole, più viva, in tutte le accezioni del termine. Riporterai indietro il ballare fino alle 7 del mattino, il cenare a mezzanotte perché tanto esco alle 2, la magia di quella volta in cui il sole non è mai tramontato (Ushuaia si trova vicino al Polo Sud ndr). Riporterai indietro i tredici chili di empanadas e alcol, la chitarra delle notti in spiaggia, quei tacchi da cui sei caduta un milione di volte. Sei ateo, ma riporterai indietro la preghiera a Dio e alla Madonna perché la abuela (la nonna) ci teneva tanto, le serate a carte col nonno, la spesa con la mamma. Riporterai la paura di un’aggressione a Buenos Aires e forse stavolta eviterai di andare in giro per la stazione di Milano senza prestare attenzione a quello che ti circonda. Riporterai l’orrore dei bambini nudi per la strada, ti chiedono da mangiare, non hai nulla da dargli. Il dolore di un amico della tua età che deve mandare avanti una fa-
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miglia, il padre assente… e quante volte intrattenevi la sorellina di sei anni mentre lui era fuori a cercare disperato la madre tossicodipendente. Riporterai le cavalcate sulla spiaggia quando esistevi solo tu, il cavallo e quel ragazzo che non aveva nient’altro da offrirti se non questo, come se fosse un banale giro in motorino, ma ti è sembrata lo stesso la cosa più romantica al mondo. Riporterai il mate, la condivisione, il comprare un pacchetto di biscotti che poi sarà di tutti quelli che ci sono lì, tanto il prossimo lo comprerà qualcun altro. Riporterai l’orgoglio degli ottimi voti e della domanda: “Ma in Italia sono tutti geni come te?” mentre con modestia scantoni, consapevole del fatto che in realtà in Italia arrivi a mala pena al sei. Riporterai le parolacce gridate, la passione delle loro reazioni e el fuego que tienen adentro. Riporterai uno spagnolo perfetto di cui ti sei innamorata e nonostante tutte le figure di merda che hai fatto ti mancherà da morire parlarlo. Riporterai a casa un’altra famiglia, e forse ringrazierai quel Dio in cui non credi che i tuoi veri genitori non siano separati come tus padres argentinos. Li vedrai vecchi, stanchi, ti accorgerai di tutto quello che han fatto per te, e di quello che potevi fare per loro, non l’hai mai fatto, inizierai a farlo. Riporterai un legame fraterno per il quale, adesso, anche se tua sorella usa le tue cose non ti arrabbi più e a tuo fratello dici “ ti amo”. Riporterai a casa più amici argentini di quanti tu ne possa mai avere in Italia o di quanti mai avresti potuto averne in una vita intera, e riporterai la loro solarità, apertura, socievolezza, solidarietà. Riporterai quelle notti infinite e quei pomeriggi a dormire fino alle 4. Riporterai l’amore per il tuo corpo, ti sentirai sempre bella, sempre apprezzata, perché non conta quello che sei ma chi sei, e solo in Argentina te l’hanno fatto capire. Riporterai indietro la gioia di vivere, l’entusiasmo, la passione, la rabbia, le grida, le risate, quei sorrisi infiniti, quelle emozioni travolgenti che ti fanno sentire vivo, che VIVI, non che sopravvivi. Tutto questo e molto altro ancora riporterai. A volte verrai capito, a volte no, a volte preso per matto, a volte apprezzato e altre criticato (soprattutto quando arrivi
con un’ora di ritardo perché in Argentina la regola è semplice: esci di casa all’ora in cui dovresti essere arrivato all’appuntamento). E sai cosa succederà? Non ti basterà. Questo punto di arrivo sarà il tuo punto di partenza e continuerai a cercare esperienze che ti arricchiscano tanto quanto quella che hai appena vissuto, perché in fondo è nella natura dell’uomo tendere verso un infinito di completezza al quale non arriverà mai. Alcuni lo vedono come una cosa negativa. Io, mi dispiace, sono argentina, la negatività è esclusa dalla mia vita, e non la penso cosi. Il porto di conoscenza ed esperienza totale al quale non approderò mai non si scorge neppure in lontananza, è vero. Ma mi volto indietro e sorrido, è il percorso quello che importa, e la vista è spettacolare. Ne è davvero valsa la pena. Anche nelle difficoltà e nei dolori quel tricolore argentino de mi vida mi ha dato qualcosa di cui faccio tesoro. E, da brava sudamericana, il mio primo intento è quello di condividere il più possibile quello che ho. Con voi. Con chiunque voglia ascoltarmi. “No tengo todo planeado ni mi vida resuelta, solo tengo una sonrisa y espero una de vuelta.” “Non ho pianificato nè risolto la mia vita, ho solo un sorriso e spero che venga contraccambiato.”
di Sara Latorre ID Lunedì mattina, ore 7.10, stazione dei pullman, piove. Sto aspettando l’atb, che sicuramente arriverà già pieno di gente che non toglie la cartella (ma questa è un’altra storia). Alzo distrattamente lo sguardo e la vedo: leggings a fiori, shatush e scarpe con una suola alta come me. Giro la testa e ne vedo altre dieci, cento, mille uguali. Uno svenimento dantesco ci starebbe bene. Alle elementari, alle medie e durante la prima lezione di prima liceo della Milesi (santa donna), tutti noi ci siamo sentiti dire che la moda è brutta e cattiva perché annulla la nostra personalità attraverso l’omologazione e propone dei modelli di bellezza fittizi che ci cacciano l’autostima sotto i piedi. A mio parere, però, è troppo comodo dare la colpa della massificazione a un grande orco cattivo che ci vuole mangiare, perché il successo di un determinato prodotto dipende dalla nostra risposta al suo lancio sul mercato. Noi non ci affanniamo per possedere qualsiasi cianfrusaglia all’ultimo grido per sentirci accettati, ma perché è molto più facile affidarsi ai gusti e alle scelte del tal stilista piuttosto che avere una personalità. Cioè, il problema non è che se mi vesto male la compagna di classe stronza mi prende in giro o non mi considera, ma che farsi dire cosa indossare e cosa pensare mi toglie dall’impiccio di riflettere sui miei gusti e sulle mie inclinazioni. E’ la morte della personalità, quindi se stai piangendo dalla tristezza, caro lettore, ti capisco. Mentre noi siamo assediati da questo pittoresco esercito di fashioniste (senza nulla togliere a chi ama strizzarsi i glutei nella tappezzeria della nonna, avere una ricrescita scura di dieci centimetri sui capelli biondi ed indossare delle
Superga ortopediche), un ragazzo, e come lui altri, ha deciso di ribellarsi alla logica consumistica e, in particolare, di rinunciare al denaro.
Attualità
La ballata della moda
Mark Boyle, trentaquattrenne inglese laureato in economia e finanza, vive da due anni e mezzo senza usare i soldi. La sua dimora è la roulotte di un amico, pratica il baratto coi contadini a cui offre manodopera e si ciba delle verdure del suo orto. Più che mai sicuro della scelta fatta, che gli ha cambiato oltre che lo stile di vita anche la visione dell’esistenza, ha scritto un libro (“The moneyless man”) e ha aperto un sito web su cui dà consigli per resistere senza pecunia. Le persone come Boyle hanno preso una decisione tanto drastica una volta accortesi che sottomettendoci alla logica del profitto perdiamo la cognizione della realtà, sminuendo quella grande ricchezza che è il nostro essere unici e sprecando la possibilità di avere dei rapporti umani sinceri. “Stan decidendo per la prossima moda/un pantalone a strisce gialle e nere/basterà fare una gran pubblicità/ farlo indossare da qualche grande attore/Pasquale tra sè sorride/ ahahah, ahahah/ E dice “me ne infischio della moda/io porto solo quello che mi va’/Ma io vedo già Pasquale/ahahah, ahahah/ chissà come starà male/ coi pantaloni a strisce gialle e nere”, cantava Luigi Tenco. Le fashion-victim non sono vittime del sistema, ma vittime della loro mancanza di voglia e di capacità di ribellarsi ad esso. Prendiamoci le nostre responsabilità e rendiamoci conto che i leggings a fiori fanno pena.
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Nessuno tocchi Caino
di Marianna Tentori IIB
«Nella Bibbia non c’è scritto solo “occhio per occhio, dente per dente”, c’è scritto anche: “Il Signore pose su Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l›avesse incontrato”»: ecco le parole con cui si apre la sezione “chi siamo” sul sito ufficiale di “Nessuno tocchi Caino”. Già, perché oltre ad essere il titolo di una bellissima canzone di Enrico Ruggeri, “Nessuno tocchi Caino” è il nome di una ONG italiana nata a Bruxelles nel 1993 ad opera dei parlamentari Mariateresa di Lascia e Sergio D’Elia il cui obiettivo è l’abolizione della pena di morte nel mondo. E’ costituita da cittadini e parlamentari, ed è stata appoggiata da numerosissimi premi Nobel e intellettuali. “Nessuno tocchi Caino” è attiva con numerose campagne di sensibilizzazione a livello locale; ogni anno produce un rapporto sulla pena di morte nel mondo, e conferisce il premio “Abolizionista dell’anno” (a proposito, la canzone di Ruggeri è stata scritta apposta per promuovere l’associazione). Come dichiarano loro stessi, l’abolizione non può essere imposta per decreto, mentre un ottimo risultato raggiungibile dal loro punto di vista è la moratoria, cioè la sospensione temporanea, della pena di morte, un buon primo passo che permette di salvare migliaia di vite
umane e spesso spinge a procedere verso l’abolizione, com’è avvenuto nell’ex Unione Sovietica, nell’ex Iugoslavia e in Sudafrica. La questione della pena di morte non è e non deve essere considerata attinente alla sfera politica o religiosa, in quanto non è legata a nessuna ideologia; è invece l’espressione di un’idea di giustizia quanto mai rozza e retrograda, che si rifà ai primi rudimentali tentativi di legislazione dell’antichità, ignorando le migliaia di anni trascorse nel frattempo, e con essi il progresso del pensiero e l’esperienza storica venute con loro. In merito a dibattiti come questo, dovrebbe essere dovere civico e morale di ciascuno cercare di prendere una posizione, a fronte di una documentazione e di una riflessione personale. Una frase che riassume in modo estremamente semplice ed efficace la mia opinione sull’argomento è un’altra di quelle che si trovano nella sezione “chi siamo” del sito: «“Nessuno tocchi Caino” vuol dire giustizia senza vendetta».
di Micaela Brembilla IIIC Sulla Primavera Araba si è detto, ridetto e stradetto. Sulla situazione in Egitto si è parlato finchè non è cresciuta la barba ai sassi. E persino ora sulla questione Siria tutti sanno. Ma non si sa bene cosa. Nemmeno io in verità sapevo dir molto, e quando un amico appena tornato dall’Egitto e fresco fresco di laurea in Scienze Politiche si è offerto di spiegarci qualcosa, io ho accettato con l’ingenua convinzione “bene, così capisco chi sono i buoni e i cattivi.” Inutile dire che non li ho trovati, i buoni e i cattivi, e che tutti hanno la loro ragione, ma nessuna abbastanza forte per giustificare una guerra. Però ecco qui per voi un breve riassunto di quel (poco) che ho capito. I motivi dello scoppio della guerra in Siria sono tanti, primo fra tutti il fatto che Asad padre ha preso il potere con un colpo di stato nel 1970 e l’ha passato ad Asad figlio, che se lo tiene ancora. Poi c’è il profondo odio tra sunniti e sciiti. Non sto qua a spiegarvi la differenza, che risale alla morte di Maometto, leggetevi il Corano, o cercate su Wikipedia, o chiedete a Don Pasini. Sta di fatto che, fra loro, non si possono vedere. La stragrande maggioranza del mondo mediorientale è sunnita, tranne Iran, Iraq e Bahrein. In Siria sono una minoranza, circa il 13%. Indovinate da dove viene Asad? Esatto, da quel 13%. Questo fatto porta quindi i sunniti a trovarsi in una scomoda posizione di grande svantaggio nonostante siano in numero maggiore. Ci provarono, nel 1982, a ribellarsi, occupando la città di Hama, ma vennero letteralmente massacrati. Quindi, quando è scoppiata la Primavera Araba, i sunniti non hanno perso l’occasione, e sono iniziati i guai. Perché i già pochi paesi sciiti non possono permettersi di
perderne un altro, mentre tutti gli altri non vedono l’ora. Si aggiunge pro-Asad anche l’Oman, uno sputo di sabbia che cerca dall’indipendenza di togliersi di dosso l’Arabia Saudita e quindi fa tutto l’opposto di quello che fa lei. E la setta degli Hezbollah che, nati in Libano, vista la situazione si sono buttati al di là del confine ad ingrossare le fila degli aiuti ad Asad, pagati ed armati dall’Iran, che è il più notevole aiuto economico del presidente siriano in questo momento. A completare le cose, contro Asad ci sono i famosi ribelli. E qui dovremmo scrivere un numero di Cassandra a parte, perché con ribelli intendiamo il mondo: Al-Quaeda, i soldati salafiti (mandati dall’Arabia Saudita, che non li vuole gli sciiti nel suo Medioriente, e non può certo farsi mettere i piedi in testa da quello scatolotto che è l’Oman, no?), bande di briganti (tipo quelli che hanno rapito il giornalista de La Stampa Quirico) e intellettuali filo-occidentali che si sono trovati in mano da un giorno all’altro un kalashnikov al posto della penna. E poi ci sono i Fratelli Musulmani, il partito (anche se non è del tutto corretto chiamarli così) preferito dalla Turchia, che lo vede come l’esportatore del suo modello politico, cioè quella democrazia affiancata all’Islam che li ha portati allo sviluppo. Solo che l’Arabia Saudita li odia quasi quanto gli sciiti. Sì, perché ad alleggerire il tutto, quelli che sono i ribelli in realtà non si sopportano tra loro, della serie che se si trovassero vicini con Asad a portata si schioppo, prima si sparano tra loro, e poi girano i fucili verso Asad, come dixit il mio amico neo laureato. E, dulcis in fundo, entrano in scena la Russia, che cerca uno sbocco sul mare da quando è nata, e gli Stati Uniti, che sono praticamente costretti ad intervenire per vari motivi, tra cui la coerenza di Oba-
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Piccola Garzantina Siriana
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ma che disse che sarebbe intervenuto se fossero state usate armi chimiche e l’utilità politica di un governo amico in Siria, molto molto vicina ad Israele. Ora, sapete perché la posizione del Papa che ha chiesto di pregare per la pace è da considerarsi la più ragio-
nevole? Provate voi a mettere il dito in questo casino! Ma intanto ha scritto una lettera a Putin mentre era al G20 , che l’ha fatto firmare il trattato contro le armi chimiche alla Siria, e Obama ha il suo bel daffare a dire che è merito suo…
Siamo tutti della stessa pasta di Martina di Noto IE
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Mi sono sempre chiesta perché la pubblicità scelga come protagoniste famiglie perfette . Si tratta tendenzialmente di famiglie composte da genitori giovani, affascinanti e persino sportivi (ad esempio quella dell’Olio Cuore, nella quale un allegro papà salta una staccionata alta quanto un quartino con estrema naturalezza) e da figli-modello, che appena svegli muoiono dalla voglia di fare colazione tutti insieme. Insomma, famiglie inesistenti, frutto della trovata strategico-commerciale di burattinai mediatici che si divertono a manipolarci a tal punto di spingerci a comprare un pacco di Gocciole al posto di uno di Pan di Stelle. Come mi rispondo? Alzo le spalle, deridendo queste scenette famigliari che, paragonate alla mia, risultano inverosimili.
secondo il suo parere non avrebbe dovuto permettersi di giudicare la mossa pubblicitaria. La Boldrini però ha sempre dimostrato una spiccata sensibilità per quanto riguarda le forme di informazione e di comunicazione e soprattutto si è esposta sulla questione in occasione di un convegno dal tema “Media e Donne” al Senato, quindi io giudico la sua uscita appropriatissima. Ma torniamo a noi, il presidente di questa azienda bandiera della buona pasta italiana in tutto il mondo ha risposto alle intelligentissime e provocanti domande degli intervistatori di Radio 24 così:
Non si è data la medesima risposta la (ci tiene particolarmente all’articolo femminile) Presidente della Camera Laura Boldrini, per la quale molti di questi spot negli altri Paesi non andrebbero in onda perché manifesti dell’immagine stereotipata e degradante della donna e la quale si è sbilanciata in una frecciatina esplicita allo spot della Barilla, in cui il padre aspetta che la moglie serva la cena seduto a tavola con i figli.
[Serve che una donna faccia contemporaneamente la madre, la nonna, l’amante e la buona padrona di casa per far sì che abbia un “ruolo”?]
Il re del rigatone, nel programma radiofonico La Zanzara, le ha risposto che
“La donna in quella pubblicità è madre, nonna, amante, cura la casa, cura le persone a lei care, fa anche altri gesti e attività che ne nobilitano il ruolo.”
“ La donna è usata in tutte le pubblicità del mondo.” [Sì, ha davvero utilizzato il termine USATA.] “Se agli omosessuali piacciono la pasta e la comunicazione della Barilla che la mangino, altrimenti che mangino pasta
di altre marche.”
“Rispetto tutti, quindi che gli omosessuali facciano quello che vogliono senza infastidire gli altri; conseguenza diretta di questo ragionamento è che approvo il matrimonio omosessuale ma non l’adozione di bambini da parte di una coppia omosessuale.” [Che fastidio danno gli omosessuali? Perché un bambino, per principio, se ha una mamma e un papà è felice mentre se ha due mamme o due papà non lo è o lo è di meno? ]
[Esistono famiglie “classiche”? Il mio Devoto-Oli, seppur datato, sostiene che la famiglia sia un nucleo di due o più individui che vivono nella stessa abitazione e, di norma, sono legati tra loro col vincolo del matrimonio o da rapporti di parentela o di affinità. Una coppia gay o lesbica che convive non si può definire “famiglia”?]
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[Perché una figura che ricopre la carica più rilevante della sua azienda dovrebbe fare dichiarazioni del genere provocando inevitabili manifestazioni di protesta come gli hashtag #boicottabarilla su twitter? ]
“Per la Barilla il concetto di famiglia sacrale rimane uno dei valori fondamentali dell’azienda, la famiglia tipo dell’azienda è tradizionale e pertanto non farà mai uno spot con omosessuali.”
Mi sento di concludere tutto ciò citando il simpatico commento di Flavio Romani, presidente di Arcigay, senza voler banalizzare la questione a un problema di omofobia, bensì a un problema di categorizzazione sociale: “Siamo tutti della stessa pasta!”.
Il compagno Berlinguer di Paolo Sottocasa IIIA Enrico Berlinguer… chi era costui? Per tanti giovani è un nome come un altro, che non evoca nulla nella memoria di personaggi studiati a scuola. Enrico Berlinguer è stato un politico italiano militante nelle frange del Partito Comunista Italiano. La sua formazione politica fu influenzata dalla figura paterna, un parlamentare socialista, e da altri familiari quali il nonno, che aveva avuto contatti con Mazzini e Garibaldi. Nel 1943 Enrico si iscrisse al P.C.I. e poco tempo dopo il padre lo presentò a Palmiro Togliatti, suo compagno di scuola. In breve tempo scala la gerarchia del partito divenendo nel 1949 segretario della Federazione Giovanile Comunista Italiana. Nel 1968 viene eletto deputato e l’anno seguente con la nomina a vice-segretario guida una delegazione
del partito ai lavori della conferenza internazionale dei partiti comunisti che si tenne a Mosca; in tale occasione espresse/continua a cambiare/ una posizione critica nei confronti dell’Unione Sovietica e dell’entrata dei carri armati sovietici in Cecoslovacchia. «Noi pensiamo che, nelle nostre condizioni, l’egemonia della classe operaia debba realizzarsi in un sistema politico pluralistico e democratico. ». Cosi recitava il suo intervento coraggioso e spregiudicato. Il nuovo terreno di scontro tra il pensiero Comunista e le altre ideologie deve essere dunque quello democratico. L’affermazione contiene di per sé un messaggio rivoluzionario perché non afferma solo il valore della democrazia, ma è al contempo una critica verso l’Unione Sovietica. L’intervento più duro verso la linea sovietica è sicu-
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ramente quello del 2 novembre 1977, durante il sessantesimo anniversario della “gloriosa” Rivoluzione Socialista di Ottobre. «L’esperienza compiuta ci ha portato alla conclusione che la democrazia è oggi non soltanto il terreno sul quale l’avversario di classe è costretto a retrocedere, ma è anche il valore storicamente universale sul quale fondare un’originale società socialista. Ecco perché la nostra lotta unitaria (che cerca costantemente l’intesa con altre forze d’ispirazione socialista e cristiana in Italia e in Europa occidentale) è rivolta a realizzare una società nuova – socialista – che garantisca tutte le libertà personali e collettive, civili e religiose, il carattere non ideologico dello Stato, la possibilità dell’esistenza di diversi partiti, il pluralismo della vita sociale, culturale, ideale». Alle celebrazioni sono presenti tutti i dirigenti dei partiti comunisti di tutto il mondo tra cui Brèžnev, Ceaucescu e Honecker. Berlinguer riafferma il valore di uno scontro democratico e lo fa davanti a persone che con l’esperienza democratica non hanno nulla a che fare. Lo schiaffo è duro e l’applauso all’intervento dura solo 5 secondi. Lo strappo finale con Mosca avviene però nel 1981durante un’intervista a Tribuna Politica. «… Parlo di una spinta propulsiva che si è manifestata per lunghi periodi e che ha la sua data d’inizio nella Rivoluzione socialista dell’Ottobre (…). Oggi siamo giunti a un punto in cui quella fase si chiude. (…) Noi pensiamo che gli insegnamenti fondamentali che ci ha trasmesso prima di tutto Marx e alcune delle lezioni di
Lenin conservino una loro validità; e che d’altra parte vi sia tutto un patrimonio e tutta una parte di questo insegnamento che sono ormai caduti e debbono essere abbandonati e del resto sono stati da noi stessi abbandonati con gli sviluppi nuovi che abbiamo dato alla nostra elaborazione, centrata su un tema che non era centrale in Lenin. Il tema su cui noi ci concentriamo è quello dei modi e delle forme della costruzione socialista in società economicamente sviluppate e con tradizioni democratiche.». Berlinguer afferma dunque che la spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre si è esaurita. Lo stesso fatto che il Partito Comunista dell’Unione Sovietica eserciti una sorta di egemonia rispetto ai partiti degli altri paesi è per Berlinguer inaccettabile. Bisogna cercare soluzioni nuove per affermare gli ideali comunisti e la cosiddetta “terza via”, alternativa alla Socialdemocrazia e alle esperienze dell’est europeo, può essere in definitiva un modo per conciliare il comunismo con l’esperienza democratica. L’ideale comunista non per questo perde vigore, anzi acquista una forza nuova, una forza che il dogmatismo sovietico non poteva assolutamente avere. Per formare il nuovo spirito comunista bisogna certamente passare da Marx e Lenin, ma non bisogna prendere le loro lezioni come dogmatiche verità da seguire ad ogni costo, bisogna soprattutto tenere conto del periodo storico in cui si vive e delle condizioni in cui ci si muove. Non esiste dunque un solo esempio di società comunista, esistono modi diversi di realizzazione del
ai corrotti e ai prepotenti che esistono nel nostro paese.». Quello che rese Berlinguer un grande leader, probabilmente il più amato della storia della sinistra italiana, fu la sua integrità morale, la sua semplicità, la sua riservatezza. Per molti Enrico non fu solo una figura politica distaccata, Enrico era il popolo comunista… era la gente che rappresentava, era un amico con cui confidarsi, era una persona che non disdegnava di andare a trovare i compagni nelle piccole sezioni comunali, era un comunista che lottava per costruire una nuova Italia dove la politica non fosse corrotta da interessi personali e da clientele, dove il popolo sarebbe stato unito perché libero e non oppresso come invece accadeva nell’est. Era una persona comune, era un compagno… il Compagno Berlinguer.
cultura
comunismo. Con questo Berlinguer non solo prende le distanze dall’Unione Sovietica, ma soprattutto mostra al mondo che il comunismo non coincide con la sola esperienza sovietica. Le politiche del Partito Comunista Italiano si mossero per creare in Europa l’eurocomunismo, piattaforma che raccoglieva il P.C.I., il P.C.F. (Francia) e il P.C.E. (Spagna), e per l’attuazione del cosiddetto Compromesso Storico, cioè l’apertura alla Democrazia Cristiana di Moro per costituire un governo di coalizione. Queste due esperienza si concluderanno con un fallimento, la prima per un riallineamento a Mosca del P.C.F. e la seconda per la morte di Moro, ucciso dalle Brigate Rosse. Questa nuova spinta del popolo comunista può essere ben riassunta con questa frase: «L’avanzata del Partito Comunista Italiano può far paura soltanto
It never ends parte 2
di Giulia Argenziano, IIB È un pomeriggio d’estate, precisamente del 10 Giugno. La scuola è finita da due giorni e le vacanze si estendono all’orizzonte come un mare calmo in una giornata di sole, inesplorate e pronte per essere vissute nella loro spensieratezza. Il sole tramonta lento colorando il cielo di sfumature rossastre e rendendo l’aria calda e accogliente. Il tutto però fa solo da cornice a questa giornata che non potrebbe essere più perfetta. Finalmente, dopo lunghe ore di attesa, all’Ippodromo del Galoppo a Milano, vengono aperti i cancelli. Dandoci gomitate e scalpitando veniamo fatti entrare nell’immensa arena. Corriamo ansimando per la gioia e per l’emozione mentre in lontananza vediamo già ergersi maestoso il palco. Le guardie cercano, con scarsi risultati, di mantenerci tranquilli. Sono cinque lunghi anni che aspettavamo questo momento. Un’e-
ternità. I raggi del sole mi riempiono gli occhi di scintille mentre osservo estasiata il palco: è nero, non c’è alcuna decorazione, se non il simbolo della band che tutti stiamo aspettando con ansia, i Paramore. Mi guardo attorno e tutte le persone che si trovano attorno a me mi paiono amici, conoscenti. Sono come me, dei rinnegati, ragazzi che ricercano nella musica la comprensione che nessun altro potrà mai dargli e io, non so perché, mi sento già a casa. Attendiamo fino a che non fanno la loro comparsa sul palco i membri del gruppo di apertura, i Dutch Uncles. Il loro sound conquista tutti e i passi di danza del frontman divertono e intrattengono il pubblico. Ma a noi non basta. I nostri cuori si agitano nelle casse toraciche, urliamo e battiamo le mani ogni volta che dietro le quinte
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qualcosa si muove, fino a quando Hayley Williams, Taylor York e Jeremy Davis, rispettivamente cantante solista, chitarrista e bassista, fanno la loro comparsa sul palco. E la magia ha inizio. Suonano i loro cavalli di battaglia intervallati da brani tratti dal loro nuovo album uscito nel maggio di quest’anno, andando a ripescare persino canzoni del loro primissimo disco, All We Know Is Falling, che risale a otto anni fa. Alzo le braccia al cielo e mentre canto a squarciagola battendo le mani e ballando mi libero di tutta la rabbia, l’odio, la tristezza, la solitudine, dimentico dove sono, chi sono, perdo me stessa. Per un attimo sono un fantasma che vive nei versi di una canzone. Non riesco a star ferma, mi dimeno come non avevo mai fatto prima, se non tra le mura della mia stanza; punto il dito contro il palco e non stacco lo sguardo da Hayley, la quale, come me, non fa altro che saltare e ballare. A volte, per sbaglio, mi sembra che anche lei mi guardi ed è come se stessimo comunicando, ci raccontiamo la vita l’una dell’altra, ci scambiamo emozioni e adrenalina.
La folla sovrasta la voce della cantante che ci cede addirittura il microfono dichiarando divertita che probabilmente siamo il pubblico più rumoroso che abbiano mai avuto in tanti anni di carriera. Ed effettivamente è così, le nostre voci si fondono in una sola per tutta la durata del concerto, ci sentiamo tutti parte di una grande famiglia allargata e quel “WE ARE PARAMORE” urlato da tutti i presenti all’inizio del concerto ne è la prova. Il tempo vola, ahimè, e dopo averci deliziato con il bis, ci congedano dandoci la buona notte e uscendo di scena correndo. Rimaniamo tutti lì per un po’ aspettando che accada ancora qualcosa mentre le luci si spengono piano piano, quasi sperando ingenuamente che non sia tutto già finito. Poi lentamente ci avviamo verso casa, ma non siamo tristi, anzi, la nostra felicità è palpabile, ce ne andiamo a testa alta come se durante il concerto ci fossimo ricordati di quanto valiamo, di quanto siamo importanti e quanto anche le nostre opinioni e nostri sogni lo siano. Ma soprattutto ora sappiamo, forse più di prima, che ci sarà sempre qualcuno pronto a credere in noi, pronto ad ascoltarci, consolarci e capirci nelle note di una canzone, nelle strofe e nei ritornelli di un album.
“We love you, remember that when you leave here tonight, don’t forget you mean something and you’re real important, don’t listen to those who make you feel useless, or like your opinions don’t matter, we believe in you” Hayley Williams
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(Attacco dei Titani) di Marcello Zanetti IIB
Ambientato in epoca medievale, nonostante le prodezze tecnologiche siano molto più avanzate, Shingeki no Kyojin narra della sopravvivenza del genere umano. Contro alieni o mutanti spaziali? No. Semplicemente contro dei giganti umanoidi alti dai 3 metri in su (anche fino a più di 15) che si sono messi a divorare gli umani, quasi come se fossero il predatore naturale dell’uomo. Per nutrirsi? Neanche quello. Infatti i giganti non ne hanno bisogno, basta loro la luce solare (gli umani inghiottiti non li digeriscono neppure a quanto pare). Eppure nonostante questo danno la caccia agli umani fino quasi all’estinzione. Gli umani rimasti si rifugiano dove quindi? Costruiscono 3 muri alti 50 metri, il muro Maria, più esterno, il muro Rose e il muro Sina dietro al quale vive il re che governa ciò che rimane dell’umanità.
conosciuti (infatti i giganti normali sono alquanto ottusi); l’umanità non riesce a difendersi e deve ritirarsi dietro il Muro Rose con migliaia di profughi e vittime.
cultura
Shingeki no Kyojin
La storia di per sé parla di Eren Jaeger, un ragazzo che ha la sfortuna di essere presente alla caduta del Muro Maria insieme alla sorella adottiva Mikasa Ackerman e che vuole vendicarsi sui giganti sterminandoli fino all’ultimo. Ricca di colpi di scena, anche se a momenti piuttosto lenta, la trama risulta comunque avvincente, invitando alla continuazione della lettura/visione.
Il manga di per sé lascia un poco a desiderare nel disegno, coi volti dei personaggi poco tratteggiati; alcuni trovano anche da ridire sulle proporzioni tra gigante e uomo perché il primo non sembra essere molto più alto del secondo. Tutt’altra storia è l’anime, inMa come fare a difendersi dai giganti oltre a queste cinte difensive? Si è riusciti fatti il disegno è molto più dettagliato, i personaggi più marcati, i colori accesi e a costruire un “dispositivo di manovra tridimensionale” che permette agli uma- le scene d’azione molto più dinamiche in ottime atmosfere che fanno piacere ni di raggiungere l’altezza dei titani e di anche all’occhio. Da notare è la caratcolpirli nell’unico punto debole situato teristica del disegno dei giganti, dipinti dietro la nuca. in modo da sottolineare la loro diversità e insensatezza, sono infatti praticaL’umanità passa quindi 100 anni di simente uguali agli uomini, se non fosse curezza e pace all’interno di queste per il tratto quasi infantile dei loro volti, mura, fino a quando il Muro Maria viele diverse proporzioni degli arti, la loro ne distrutto dall’attacco di strani Titani asessualità. Stupenda poi la colonna sointelligenti e più potenti di quelli allora nora di apertura dell’anime che riesce a coinvolgerti già da sola. “Non so cosa deciderai. Non potrei mai consigliarti sulla scelta … non importa quali giudizi ti porteranno alla soluzione che seguirai, nessuno ti saprà dire se è giusta o sbagliata fino a che riuscirai a conseguire un qualche tipo di risultato dalla tua scelta”
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JUSTIN BIEBER: Prossimo governatore dell’Iowa? di Sabetta (batman), IIC Dei rumors ci portano l’ennesima notizia che vede Justin Bieber al centro delle scene internazionali. Pare che il giovane cantante statunitense stia pensando di intraprendere una carriera politica partendo dall’incarico di governatore dell’Iowa. Tuttavia a nessuno interessa ciò, anche perché, fosse interessato a questo argomento rischierebbe, anzi rischia, anzi è assolutamente vittima di una burla. Sì, esatto è tutto uno scherzo, un giuoco, un ludo, un quid totalmente inventato (come che devi aspettare tre ore prima di fare il bagno, se hai mangiato). Questo è un articolo sui Tre Allegri Ragazzi Morti, per gli amici TARM, per gli amici ancora più intimi: Davide Toffolo, Enrico Molteni, Luca Masseroni e Quello con le ali. Dicevamo, è un articolo sui TARM, ossimorica bend itagliana che è tutta una menzogna: 1) SONO VECCHI, figuriamoci, sono in giro dal ‘94 (come bend ufficiale) 2) SONO VIVI 3) SONO 4 4) SONO 3 5) PISOLO 6)SONO GRAN POCO ALLEGRI, a volte. Proverò a non annoiarvi, male che sia, vi annoio. Ho mentito anche io, come loro. Io oggi parlo de “Nel giardino dei fantasmi”, ossia il loro ultimo disco/album/raccolta di canzoni. Trust me, è un album fiko, un po’ per i disegni di Toffolo, che aggiungono un “ti” alla storia; un po’ perché è bello, mica patatine. E’ un bel disco che però ti lascia un po’ di amaro in bocca, sospeso in un purgatorio: chi è che se ne è andato quatto quatto dopo un’esperienza edipica? Chi è che aveva i capelli blu? Chi è che sbaglia lato per tornare a casa? SONO FANTASMI! “Oh grazie, giornalista da quattro sol-
di, non ci saremmo mai arrivati”. Ancora un attimo di pazienza, il delirio è quasi finito. Eravamo rimasti che i protagonisti sono fantasmi, fantasmi senza nome; è strano, eppure il nome è l’unica cosa che davvero manca loro. Fantasmi perfettamente caratterizzati e moderni, fantasmi moderni, vivi, fantasmi malinconici. Ombre che svaniscono al coprifuoco di un nuovo ordine, la cosa è che forse essere fantasmi non è così male, si va più piano, si ha più tempo per sé stessi. Sulla morte giocano, scherzano, scrivono canzoni; tutto questo è lecito, ma devi sempre ricordarti che la morte c’è per quanto tu possa essere perfettamente umano, perfettamente vivo. Forse il senso dell’album è proprio questo, quantomeno secondo me. Non faccio spoiler (non è assolutamente vero, ce ne sono disseminati per tutto l’articolo. L’intero articolo a pensarci bene è uno spoiler) ascoltate e giudicate. E’ finito il delirio. Ciao.
di Lucia Marchionne VE [Se per caso in questo momento avete la possibilità di ascoltare Mad World di Gary Jules, fatelo mentre leggete. E se non capite niente non importa] “Intorno a me volti conosciuti, posti conosciuti, volti scoperti, la verità cola sulle loro guance, lacrime amare, le gambe si muovono, nessuna meta, andando da nessuna parte. Sguardi vuoti, occhi desiderosi di poter osservare, osservare ciò oltre cui la mente non è mai andata, conoscere. Senza un domani. Senza la garanzia di un futuro che potrebbe essere migliore. E io lo trovo spiritoso, lo trovo triste. I sogni in cui muoio sono i migliori che abbia mai avuto. È difficile da raccontare, difficile da accettare. Quando la gente corre in cerchio allora sì, sì che è un mondo matto. I bambini aspettano il giorno per essere felici, auguri. E io mi sento come un bambino, sento emozioni che ognuno di loro dovrebbe provare. Andai a scuola, nervoso, nessuno mi conosceva. Buongiorno maestra, qual è la lezione? Che cosa devo studiare? Che cosa devo fare? Come devo vivere? Perché devo vivere? Guardi bene attraverso me, vede qualcosa? No, sono trasparente. Non esisto. Sono matto. È spiritoso, triste, la morte è solo un gioco, il miglior gioco a cui abbia mai giocato. L›ho solo sognata, ma non aspetterò che sia lei a raggiungermi. È un mondo matto.” La colonna sonora della storia di Donnie è il racconto della vita di ogni pazzo. Infantile, non del tutto conscio delle sue azioni e delle loro conseguenze, impulsivo, prende la vita a paranoie; innamorato. Muore per lei. Torna indietro nel tempo, rimane in casa quando sarebbe dovuto uscire. Frank lo fece uscire, grosso errore. Donnie vuole morire. La vita di lei è un grazie che il protagonista
non avrà mai il privilegio di sentirsi dire, riconoscenza per averla salvata, perché oltre alla pazzia, c’è anche un cuore.
cultura
Mad Donnie Darko World
Sia maledetto quel coniglio. Di solito non gli cadono motori di aerei sulla camera, di notte, proprio mentre lui è in giro, sonnambulo, per un campo da golf. Sul braccio, 28:06:42:12. La fine del mondo si avvicina. La fine del suo mondo. Di lei. Anche se lei, ancora non l’ha incontrata. «Perché indossi quello stupido costume da coniglio?» gli chiese. «Perché indossi quello stupido costume da umano?» Frank gli rispose. «Ho un nuovo amico» le disse. «Vero o immaginario?» «Immaginario». Parlava alla dottoressa. Parlava di lui. Frank, quel mostro che gli salvò la vita solo per costringerlo a morire per salvarla. Salvare la sua vita, dico. Perché per lui l’amore è vita. Gretchen è vita. E lui morì per vivere.
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cultura
“Guarda, invece, come siamo belli noi da lassù!” di Adele Carraro e Giorgia Scotini VC Sarebbe davvero ameno un mondo privo di qualsiasi difficoltà, malattia, povertà e tristezza. Esiste, si chiama Elysium: pianeta artificiale parallelo alla Terra, dove si vive in ricchezza e allegria. Al contrario della Terra, dove regnano il disoridine, l’abbandono e la fame. Purtroppo questi due mondi non possono essere uniti e solo un gruppo ristretto e facoltoso di industrie può vivere su Elysium. Max abita sulla Terra e da sempre ha un sogno: raggiungere Elysium con la sua migliore amica Frey. Durante il lavoro ha un incidente, a causa del quale rischia di perdere la vita cosicché, per salvarsi, cerca in ogni modo di andare via dalla Terra Il film offre una proiezione dell’universo futuro, in cui esistono due pianeti contrastanti, ma non è altro che un iperbolico dipinto del mondo odierno, il quale concepisce due realtà come la guerra e la pace, che sono presenti in un solo pianeta, mentre nel film si sono espanse a tal punto da occupare due superfici planetarie, che a stento accolgono gli abitanti. Naturalmente i terrestri ambi-
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scono a vivere nel posto migliore e per questo combattono come oggi si lotta per la pace, causa paradossale che fa scoccare la scintilla di molte battaglie. Come in natura gli opposti si attraggono e coesistono, anche i due pianeti dovrebbero seguire questo principio, ma non viene rispettato e si giunge dunque ad un’inevitabile guerra, ovvero l’interruzione del precario equilibrio in cui essi si controbilanciano. Solo uniti si completerebbero creando così un unico mondo migliore, per questo si dovrebbero trascurare i pregiudizi e convivere ma, per approdare in questo idillio, ci vuole un’esortazione manifesta. Quest’ultima la si ritrova in Max, il quale, pur sommerso dalle difficoltà, non si sottomette mai alla sconfitta. Egli è quindi un esempio per tutti, che invita ogni persona a perseverare nel rincorrere il proprio obiettivo. Si è nati per essere speciali ed eroi, bisogna solo trovare i propri poteri e, soprattutto, scoprire come e quando farne uso. Max dà valore alla vita e si sacrifica per salvare tutti i cittadini della Terra. Questo è stato il suo atto di eroismo.
di Jacopo signorelli IVC
Mi svegliai, anche se non rammento dove. La serata precedente la passai da Harvey, un mio vecchio amico. Bevemmo tanto, ma non mi ricordo a cosa dovevamo i nostri festeggiamenti, se così si possono chiamare. Sua moglie se n’era appena andata di casa, ma non la biasimo. Insomma, Harvey è uno che vive alla giornata, un abulico di prima categoria. L’altra sera venne licenziato per l’ennesima volta, o si licenziò, non ha importanza. La partenza di sua moglie Abigail, che non ne poteva più della sua sregolatezza, non lo tormentò più di tanto. Se lo aspettava, prima o poi sarebbe successo. Dopotutto aveva ancora una televisione, un frigo mezzo pieno e 17 dollari in tasca. Niente male. Ma in fondo chissenefrega di Harvey. Avevo altro altro di cui pensare. Sebbene non mi ricordi con nitidezza perché mi trovavo alla fermata del 13, sapevo dove porta quel pullman. A James Park Road, dove ora abita Kelsie. Me lo disse un tipo sfrontato, non mi ricordo il nome, qualche sera fa da Jimmy’s o in qualche Pub vicino a South Mile. Kelsie era una donna che aveva fatto il suo tempo, col seno cadente e il culo sciupato, che in un altro periodo godeva di una certa notorietà. Abbiamo abitato per un bel po’ sotto lo stesso tetto. Non eravamo né sposati né fidanzati. Entrambi non credevamo in quelle corbellerie, ma dormivamo assieme da 20 anni. Condividevamo quelle poche cose a cui il Grande Compagno aveva provvisto per noi. Eravamo estremamente miseri, ma ci andava bene così. Da poveri si ama di più, dicono. Probabilmente Kelsie alla fine non la pensava così, e se ne andò
anche lei. Venni a sapere in un altro momento che se la filava con il mio ex datore di lavoro. Un bell’imbusto di New Skene, un quartiere vicino a Kingdom Road. Si chiama Marvin, un completo buono annulla che gira con una Mercedes e non si è ancora accorto che ai tempi gli rubai sì e no 320 dollari. In ogni caso decisi di salire sul 13. Riconobbi Elmer, un tronfio concessionario che in quei giorni cercava di rifilarmi una vecchia Ford. Cercai di fare finta di nulla, ma alla fine fu lui a notarmi. “Ehi Caleb!” (sì, mia mamma mi diede il nome di Caleb. Se ne andò prima che io imparassi a leggerlo) “Elmer” -borbottai io-“ come mai da queste parti?” “Devo vedere un cliente” “Un altro ingenuo a cui vuoi rifilare uno dei tuoi catorci?” “Sempre di buon umore vedo, Caleb.” “Sempre” -sbuffaiScese alla fermata successiva. Era proprio un vero buffone. Perché volevo andare da Kelsie, non lo so ancora. Me lo chiedevo anche durante al tragitto. Ma non riuscendo a trovare una risposta, accesi una Camel. In fin dei conti, Marvin aveva un ottimo lavoro, la cravatta ben fatta, una bella auto e un appartamento vero. Io ero un fallito. Vivevo in un decadente motel e le spese le condividevo con uno che puliva i vetri delle auto in Notts Street. Eravamo arrivati al capolinea, due isolati più in la c’era l’appartamento di Kelsie. Vicino all’ingresso del condominio c’era un barbone. Sapevo chi fosse, e gli diedi tutto quello che avevo nel portafoglio: 12 dollari e 32 cents, un buono sconto alla mensa di Capital Road e un chewingum.
Narrativa
Storie di Wretched Town
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narrativa
E ci baciammo come non facevamo da Salii le scale. L’appartamento stava al dodicesimo piano. Ebbi il tempo di farmi molto tempo. Persino le dita dei miei piedi risposero a quel bacio. un’altra sigaretta. Quando giunsi sull’uscio, sapevo che la “Torna Kelsie” porta fosse aperta. Così, senza chiedere “Lo sai che non posso” permesso, vi entrai e la vidi. Lei era lì. Distesa e imperturbabile come suo solito sprofondava su una fatiscente poltrona mentre la luce fioca delle lampade a petrolio cercava di allievare il lancinante clima della stanza. L’apatia aveva preso il totale controllo della sua persona, più per ozio che per filosofia.
E ci baciammo un’altra volta. Questo durò più a lungo, fu meglio di qualsiasi altra volta. “Un giorno ragazza, non so quando” -continuai io- “arriveremo in quel posto dove davvero vogliamo andare, e cammineremo al sole. Ma fino ad allora, i vagabondi come noi, sono nati per rischiare”
Se l’indomani era cosa incerta, su cui lavorare e magari su cui sperare, oggi era Kelsie questa volta non mi baciò. Ma solo un soffio che vagava distante nella allungò la mia mano verso la mia e assieme uscimmo da quell’appartamento, sua mente. sin troppo perfetto per gente come noi, e tutto tornò come prima. Mi notò e mi scrutò. Una strana espressione risaltava sul suo viso, e le rughe Riguardo agli altri, beh, Harvey riuscì a all’improvviso presero un significato ditornare al suo posto di lavoro. Ma lo riverso. perse dopo appena mezza settimana. Mi avvicinai e lei, impassibile, non disse Elmer dovette chiudere la concessionanulla. ria. Dissero che il suo socio, un ex barCon la mia mano incallita dalla solitudi- biere di Vagrants Hill, prese tutto e se ne ne presi il Cognac che stava sul tavolino andò chissà dove con sua moglie. a lei prossimo. Per quanto riguarda Marvin, non lo vide Accese la televisione. Finimmo assieme più nessuno. il Cognac. Dicono che per la disperazione si sia Non una parola echeggiava nell’appar- buttato sotto un ponte, ma lo vidi l’altra sera in auto con una ragazza di fama tamento. Marvin era sufficientemente lontano. Mi adocchiò ancora un attimo. discussa. Allora cominciai a biascicare qualcosa. Se le parole che stavo per dire non venivano dal cuore, il fegato aveva comunque fatto la sua parte. “Kelsie.. torniamo a casa nostra. Torniamo a vivere dove il Grande Compagno vuole che viviamo” “Il Grande Compagno è stato smascherato, è morto. Lo sai bene”
28“Chissenefrega”
Io e Kelsie tornammo al motel, senza un fottuto dollaro e senza mezzo sogno, nella nostra mediocrità, nella nostra quotidiana follia.
[la sottocommissione narrativa prega i gentili signori lettori di considerare in unità i 2 seguenti racconti]
di Paolo Bontempo, IID Benvenuti nel delirio di inizio anno, nell’onirico passaggio di volti, di autobus, di vita. Le macchinette sono stranamente tranquille, i bidelli ti chiedono come arrivare in presidenza, la professoressa ti dice di andarci, tu urli che non si sente bene dall’ultimo banco, eppure ti ci siedi comunque da sempre. Assumi sembianze robotiche quando vieni interpellato, ehi ma chi cazzo sei diventato? Dove sono finiti Togni Teli e Gritti? Perché Amabile B. non esiste? Quanti giorni son passati dall’ultima volta in cui non ho aperto il quaderno? Di quante persone non sono riuscito a innamorarmi in Porta Nuova? Perché Odisseo viaggia a sirene spiegate? Spiegatemelo, perché ha così tanta fretta di prendere un bel voto? Di che cosa parla veramente una canzone? La musica è cambiata, non sei poi tanto Indie se ti sveglia tua madre, non sei poi tanto bassa se ti misuri male. Se non capisci tira il dado e fai qualche salto, finisci il gioco dell’oca, arriverai prima, questo è certo. Stai bene solo con le tue scarpe nuove,
stai male se suoni la chitarra. Scordati delle melodie, ama la matematica santo dio, ama la fisica, diventa Epicureo per un giorno, ma quale calma Stoica. Agostino non si confessa con te. Tommaso non ti crede. Gli elettroni sono finalmente positivi, usciti dalla depressione defenestrante. Il bancomat è al verde, tu punta sul rosso alla roulette russa, rischi di morire. Mi dici che vorresti uscire di casa durante la settimana, che non ti basta un sabato sera. Il tuo condizionale mi condiziona, mi stupisce anche di Domenica . Cavolo. Il Tour de France non ti fa più paura da quando hai capito che cos’è il Ginnasio. Non chiedermi perché Maria Antonietta non cambia mai, non morirà, tranquilla. Ora vai in classe, è presto per parlare, so che sei entusiasta del tuo primo voto in Greco, me ne compiaccio. Ma non capisco.
Narrativa
Tutto è
Alla fine trovi sempre un modo per piangere. Ma tutto sommato, all’intervallo, ti vedo ridere.
A posto
di Pietro Raimondi, IID Rivedrò a lungo il sole fisso, lo scenario statico in fondo alla terrazza e un volto. Tu ti guardi attorno e ripensi alle corse, agli sguardi, ai ritardi e a quando eravate solo voi. Ti sporgi sulle gambe e fai finta di cercare qualcuno in terrazza. Ma smettila, so che stai guardando qui. Poi ti avvicini e io sussulto. Mi parli di canzoni e metti in fila nomi e nomi e nomi.
“Quanto mi mancano Togni, Gritti, Teli e tutti gli altri…!” ti sento dire, poi insisti sulla magnificenza di De’ Grassi, mi chiedi se voglio venire con te a rubare il Taccuino dei Disegni alla biblioteca Angelo Mai; ma proprio ora? Io in realtà avrei la mia prima versione di Greco dell’anno! Ti dico che la prima interrogazione è andata benissimo, tu mi guardi dall’alto
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narrativa 30
della tua Scolastica Tomistica e mi sfotti amorevolmente, io so che comunque sono più brava di te in Greco. Ma sai che ho come l’impressione di essere sempre sola? Lo sai che piango tutto il giorno e mi rituffo nelle mie crisi adolescenziali persino e soprattutto in un liceo del centro? Tu mi dici di smetterla di farmi immagini mentali su cui sfogare guerre intestinali e provare a vivere un po’ quello che mi circonda. Tu non lo sai, ma lontano da te trovo sempre un motivo per piangere. È che tu mi fai perdere la concezione di me stessa, è che tu hai come tra le mani un nonsoché di unico, vero e buono che mi fa venire voglia di seguire i tuoi passi in Piazza Rosate pur rimanendo distante, tu non corri quando suona la campana, non hai paura
di perdere l’Uno, ti concentri piuttosto sul profumo dei cipressi lì vicino. Vorrei che fosse amore, perché siamo come un’iperbole e i suoi asintoti. Perché tu vivi qualcosa di grande, che però non sei tu! Mi vergogno troppo a cercarti al mattino, sono del tutto occupata a preoccuparmi di essere chiamata in Latino dalla Rondi. Vorrei parlartene qui ed ora, ma la campanella suona, tutti sfociano nelle classi e tu fai quello che rimane in terrazza anche se è già suonata. E in verità tu non mi hai mai parlato. E forse sai appena come mi chiamo.
canto 2 di Palu, IIC Un altro dì di scuola è duro!
Et in un di tempo minimo lasso
I’con testa bassa e poca voglia seggevo al banco freddo e scuro;
rispuosi io alquanto timorato: “Voi non programmaste inquisizione,
il dì addietro fui sulla soglia
Terza paggina
Sarpina commedia
bensì diceste lo giorno passato
di principiare a studiare, ma millanta crampi e molta doglia
oggidì si farebbe spiegazione!” Ed ei gaudente pel mio dolore:
mi vennero soltanto a pensare
“I’mutai pensiero a colazione!
di dover passare alquante ore a sullo cieco Omero ragionare.
Ora parlami dell’Omer cantore!” Io gli rispuosi da Giove mosso:
Dunque, qual abile copiatore,
“Egli è dei Simpsoni’l genitore”
scopiazzai l’omerideo passo, ma in quel mentre entrò lo professore.
Mia risposta il lasciò molto scosso, la cagion di ciò capisco sol ora:
Ei disse con animo vile e basso:
è l’omero non homo bensì osso.
“Paludetti, tu se’ interrogato!”
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terza pagina
How I Met Your Cotonfioc
di paolo bontempo, IID
Cotonfioc is a res created ex Tòto Cotugno, fantastic urlatore in concerti . Tòto desiderabat inventare neo stuzzicandens (called DensRelax) ut sangue ab gengive non usciret. Ita, rubò orrible pettinato et lavato Barboncino ab ricca signora. Tosò omnia partes of body of little dog, and try to mettere in cima agli stuzzicadens canis pelum. Inde, venit in India et begin to meditare about his life. He became Ghandi et decided to Promuovere Pace in every part of the mundus, also Siria. But, he don’t amabat
the life of dietista(Ghandi Non mangiabat never)! He want to mangiare! So, he cominciò a mangiare like a Ciccione finchè non si trasformò in Giuliano Ferrara! When he sedebat in Funicolare ominis people dobebant stare in piedi! The bilancia says him “Salire uno alla volta”! Ubi dobebat viaggiare in aereo, prenotabat two biegliettis! Inoltres He non riuscibat plus a passare in porte because rimaneva sempre incastrato!!! Et visset the rest of his life incastrato in Porta san Giacomo! By Jove, “The life is beatiful”.
EX IVF(con inserti di VF) Messi: Elena di Troia era una bella puledra… Messi: (Pagelle) sei è segnato sex, non è un invito a riprodurvi Tobaldo: Hai sbagliato perché sei partito in quarta… invece noi siamo in quinta. Messi: Gli ho detto di fare venti righe di riassunto e ne hanno fatte quattro…devo dargli il lassativo Messi: N.B: perché ci sarà sempre un nota bene nella vostra vita
Giaconia: chi vuole distrarsi alzi la mano *Silenzio* Pietro: io mi voglio distrarre Giaco: che bravo! Anche io mi unisco, ma non possiamo.
IPSE DIXIT
EX 1D (attuale 2D, nooooooo) Milesi: O così Bonti: O pomì Martina: (traducendo sallustio) e così procurava BALDRACCHE… Milesi: (sesta ora) sta farneticando Pietro(urlando): DELIRIO! Bonti(urlando): DERILIO!!
32 In classe c’è un po’ di confusione
Durante l’ora di religione Annuccia: i miracoli sono in tutte le religioni, anche nella nostra Pietro: parla per te, io musulmano RUGGERI: alla fine diventerete tutti svedesi RUGGERI: l’avete studiato in quarta liceo Pietro: vede, anche lei è stanca, si può anche mangiare una torta Danny: are you a scout? BOnti: Discou(N)t Milesi: la copertura è a capriate Bonti: così lontano? Bonti: “Lei legge io donna?
Strocchia: bisogna saper conoscere il nemico!
Zappoli (parlando dello Spirito Santo e della Pentecoste): ma quand’è che scende sto robo? Zappoli (a Ravina spaparanzato sul banco): Ravina! Sai cos’è la disciplina prussiana? (dopo) è la pre-condizione del tuo apprendimento! Zappoli: ma perché Cristo viene fatto coincidere con l’autorità? Elzi: Boh. Zappoli: altri? Zappoli: Enrico II muore nel 1559 in un torneo… Non di tennis Pusi: come avviene nel caso del torchio idraulico… Chi non ne possiede uno? Milesi: e mentre Abramo sta per sacrificare Isacco, sapete che arriva l’angelo e dice: “Scherzone!” IPSE DIXIT IE Bonasia: Ti faccio diventare elicoidale come il DNA se non la smetti! Bonasia: Sfrontato! Sfacciato! Peccatore di ybris! Alunno X: Ma profe, non capisco come si potesse arrotolare il papiro... non è piuttosto rigido? Bonasia: ma non do-
Alunno X: posso andare in bagno? Moretti: conCESSO. Moretti: (parlando di Dante) provate voi a fare una rima con ‘zucca’! Alunno X: mucca! Moretti: va beh, mettetecela voi una mucca all’Inferno! Moretti: qui la donna è paragonata al Sole che illumina... Alunno X: ‘baby you light up the world like nobody else!’: One Direction nel Medioevo! (Sempre meglio nel Medioevo che ora)
Terza paggina
IPSE DIXIT IIB
vete pensare a quelli che vi vendono in Egitto ora, che non si arrotolano! I papiri sono come le piadine, alcune si arrotolano e altre no.
Buonincontri: (parlando di Mileto) Ecco, come vedete, questo tempio era in posizione... Alunno X: predicativa! Moretti: Se si pensa ad una cosa dolce e tenera... Alunno X: Un koala! Moretti: Non troppo in là con l’immaginazione... Alunno X: Ah. Moretti: Sapete che quelli del Medioevo si facevano un sacco di elucubrazioni mentali... anche se voi le chiamereste in un altro modo. Moretti: chi conosce la storia di Abelardo ed Eloisa? Mi rivolgo alle ragazze... Marcello: Io!
ATTENZIONE! Forse non tutti sanno dell’esistenza di una commissione chiamata “gruppi di studio”. Ecco, questa commissione sta cercando nuovi membri. Potresti essere tu, lettore, il fortunato? Magari vorresti sapere cosa avviene durante gli incontri. Ci si vede un giorno a settimana, il giovedì e, in base a quello che preferisci, puoi chiedere aiuto per fare i compiti o studiare una materia, oppure aiutare chi ha bisogno del tuo sapere. La priorità ovviamente sarà quella di costruire insieme un momento di studio collettivo, ma non mancheranno momenti di pausa in cui potrai conoscere nuove persone. I gruppi sono aperti a tutte le classi, dalla 4° ginnasio alla 3° liceo. Ci si riunisce dalle 14.30 in poi in sede, aula T6, e chiunque può andare via quando vuole. Vi aspettiamo! Commissione gruppi di studio
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LA REDAZIONE DIRETTRICE: Marta Cagnin, IIID VICEDIRETTRICE: Micaela Brembilla, IIIC SEGRETARIA: Marianna Tentori, IIB CAPOREDATTORI: AttualitĂ : Sara Latorre, ID Cultura: Andrea Sabetta, IIC Narrativa: Pietro Raimondi, IID Sarpi: Giulia Testa, IIIB Sport: Federico Crippa, IIIB Terza Pagina: Paolo Bontempo, IID IMPAGINATORE:Pietro Raimondi IID COPERTINA: Silvia Caldi IIIB ILLUSTRAZIONI: Silvia Caldi IIIB, Lucia Marchionne, Laura Gabellini, Clara Rigoletti, VE REDATTORI: Giulia Argenziano IIB, Silvia Caldi IIIB, Adele Carraro VC, Martina Di Noto IE, Chiara Donadoni ID, Gaia Gualandris VF, Elena Occhino IF, Alice Paludetti VF, Michele Paludetti IIC, Giorgia Scotini VC, Elena Seccia VE, Jacopo Signorelli IVC, Paolo Sottocasa IIIA, Giovanni Testa IVC, Sara Testa VF, Eleonora Valienti VE, Giulia Vitale ID, Sara Zanchi ID, Marcello Zanetti IIB