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IL CASO ITALIANE

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TIRARE LE SOMME

TIRARE LE SOMME

INSIDE A1 di Eduardo Lubrano

QUANTO E IN QUALI MOMENTI LE GIOCATRICI ITALIANE SI TROVANO IN CAMPO IN TERMINI DI MINUTAGGIO? TRA LE PRIME 100 GIOCATRICI CHE STANNO DI PIÙ SUL PARQUET, 44 SONO ITALIANE. I PARERI DI LUCCHESI, RICCARDI E ORLANDO. E UNA LETTERA SUL TAVOLO DEL PRESIDENTE PETRUCCI, CON UNA PROPOSTA…

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Nell’ultima settimana di gennaio - più o meno in coincidenza con l’uscita di questo numero di Pink Basket -, sulla scrivania del Presidente della Federbasket Gianni Petrucci sarebbe dovuto arrivare un documento che definire rivoluzionario è quantomeno corretto. In particolare perché coraggioso: dopo tanti anni c’è finalmente la prova che alcune teste pensanti nel mondo della pallacanestro, femminile in questo caso, sono rimaste. E pensano davvero al possibile bene dell’intera pallacanestro italiana senza estremismi o preferenze regionali, locali o di guadagni. Pink Basket ha potuto leggere questo documento in anteprima, mentre in redazione si stava pensando di organizzare un focus sulla presenza in campo delle giocatrici italiane nella serie A1 in termini di minutaggio.

Tra le prime 100 di questa particolare classifica abbiamo visto esserci 44 italiane. Tante? Poche? Ci siamo chiesti e lo abbiamo chiesto ai tre allenatori della Nazionali giovanili: Giovanni Lucchesi, Roberto Riccardi e Sandro Orlando, in ottica futura. Poi ci siamo per caso imbattuti nel documento di cui sopra, la cui sintesi è: l’importante non è soltanto quanto giochino ma quali minuti giochino, quali possessi giochino e se hanno possibilità di giocare quelli decisivi di una partita. Bello ma... come si fa? Per esempio, c’è scritto nel documento, provando a ridurre il numero delle straniere delle formazioni di A1, da tre a due. Avvertenza per le lettrici ed i lettori: questa semplice ma legittima ipotesi ha fatto saltare le coronarie a più d’un dirigente della Lega Basket Femminile e di qualche società di A1.

Quell’ipotesi porta con sé una serie di azioni per facilitare ciò che sembra una piccola cosa ma che, in realtà, è gigantesca per un movimento abituato a vivere al di sopra delle proprie possibilità.

BEA BARBERIS PRIMA DELLE ITALIANE PER MINUTI IN CAMPO CON 33,67 A PARTITA IN MAGLIA TORINO. SETTIMA IN ASSOLUTO.

Vediamo allora gli aspetti salienti di questa proposta fatta al presidente Petrucci nata da una domanda: perché con le Nazionali giovanili vinciamo tutto e poi la Nazionale senior non ottiene gli stessi risultati?

Spiegato a chi di dovere che nulla è scontato nel passaggio dall’età giovanile a quella senior, che non tutte le giovani vengono travasate nella Nazionale maggiore e che le altre Nazioni hanno, da tempo, messo in campo programmi più o meno utili a vincere anche a livello senior a prescindere dalle qualità di partenza delle loro atlete (Belgio ed Ungheria per esempio), ecco i punti salienti sui quali sappiamo già quali resistenze ed opposizioni saranno fortissime e di “cortile”.

Cosa comporterebbe ridurre i roster di una giocatrice straniera? Che almeno 1 o 2 giocatrici italiane potranno beneficiare di maggiore minutaggio, che tutte le italiane avranno maggiori responsabilità di gioco – per esempio il numero di conclusioni e più possibilità di gestione dei possessi decisivi delle partite. Aumenterebbe la disponibilità economica per ingaggiare due straniere di maggiore qualità. Per non parlare del maggior stimolo da parte delle società nell’investire nel settore giovanile e nella formazione dello staff.

Ma cosa servirebbe perché un’operazione del genere sia sostenibile – ci si chiede nel documento? 14 atlete da prelevare da settore giovanile e/o da campionati minori (serie A2 soprattutto) con criteri mirati (competitività fisica e tecnica accettabile); maggiore investimento a cascata su settore giovanilengresso in prima squadra di giovani U17-18-20 di livello almeno medio per assicurare competitività in campo e in allenamento.

E quali sono le criticità? Numero “praticanti” come base del problema; ricorso a “serbatoi” di A2 rappresentato spesso da atlete non “professioniste”; depauperamento dei campionati inferiori; reclutamento di giovani attualmente carente; decrescita della qualità complessiva?

Domande per il movimento. Abbiamo giocatrici per questo “passaggio”? Il beneficio è comune o limitato a determinate squadre? Obiettivo è offrire esperienza di gioco internazionale o “solo” nazionale? Obiettivo è preparare meglio atlete per nazionali giovanili U18 e U20? La sofferenza dei campionati di serie A2 è sostenibile qualitativamente (pur parlando in teoria di sole 14 giocatrici) ?

Abbiamo numeri bassi di praticanti dunque bisogna lavorare bene sulla qualità (come in Belgio). Servono tecnici preparati e “asserviti” al concetto di far crescere le atlete.

ALICE NORI IN MAGLIA BATTIPAGLIA, PER LEI 33,33MIN DI MEDIA A PARTITA. 2ª ITALIANA, 9ª ASSOLUTA.

Sul tema delle italiane in campo Giovanni Lucchesi, coach dell’High School Lab – il progetto tecnico federale che sta facendo fare un campionato di A2 ad un gruppo di ragazze dal 2001 al 2004 – ed allenatore della Nazionale Under 16, ci ha detto “Il dato che ci siano 44 nostre giocatrici nelle prime 100 come minutaggio non mi emoziona in sé. Io credo vada valutata oggettivamente la situazione e la qualità della nostra pallacanestro che io trovo non molto alta. Cosa possiamo fare per alzarla? Allargare e potenziare la base: la A2 e la serie B devono, secondo me, diventare veri campionati di sviluppo dove andare a prendere le giocatrici da far giocare in A1. Ma devono essere ragazze che hanno fatto un minimo di palestra seria in campionati riqualificati”.

Roberto Riccardi che lavora in serie B ed allena la Nazionale Under 18 (oro agli Europei del 2019) la vede così: “È un dato di partenza sul quale ragionare tenendo presente il punto di vista per esempio delle società. Se prendono tre straniere difficile far fare loro panchina. Quindi ragioniamo anche sul reale valore delle nostre ragazze, e sia chiaro io sono uno che crede nelle giocatrici di casa nostra. Il problema è quello da tanto tempo: reclutamento. Dopo l’annata 92/93 che vinse l’oro nel 2010, abbiamo avuto quelle del 98, 99 e del 2000/01/02. Dobbiamo capire come stiamo messi dietro. Quante ne abbiamo? Ed un’altra domanda: le italiane giovani che giocano lo fanno perché non c’è budget per prenderne altre senior o per scelta consapevole delle società?”

Infine Sandro Orlando, che ha il punto di vista della sua panchina di Battipaglia in A1 e della Nazionale Under 20 (Campione d’Europa la scorsa estate): “Mi stanno bene quelle 10-11 che giocano più di 30 minuti a partita perché vuol dire che sono in campo anche nei minuti decisivi, così come probabilmente anche quelle che giocano tra i 20 ed i 30 minuti. Però il ragionamento importante da fare è che salvo eccezioni che confermano la regola, più ambizioni hanno le squadre meno chance ci sono per le nostre di giocare. Dopo le prime 4 si vede qualcosa di più, sono un po’ più protagoniste. Ma hanno la possibilità di fare il tiro della vittoria? O di fare la giocata decisiva negli ultimi 5 minuti della partita? E le giovani che vogliamo far crescere sono destinate a vedere le Coppe solo dalla panchina o potranno giocarle prima o poi anche nell’età della crescita?”

Allora sulla base di queste risposte abbiamo dato un’altra sbirciata a quel documento in redazione ed abbiamo trovato la ciliegina che ci era sfuggita e che forse chiude il cerchio: la valutazione da parte di tutto il movimento, a cominciare dalla Lega per organizzare una selezione U17/18/19/20 di valore nazionale che partecipi ad una Coppa europea (EuroCup) col solo obiettivo di fare esperienza sul campo anche durante l’anno. Una squadra da far trovare il martedì per giocare il mercoledì e rimandare a casa il giovedì.

ILARIA PANZERA PER L’MVP DEGLI ULTIMI EUROPEI U18 QUASI 25MIN DI MEDIA A PARTITA SUL PARQUET CON IL GEAS.

Obiezioni a questo programma? Le immaginiamo a partire da questa ultima idea della squadra da mettere insieme durante la settimana per far crescere le giovani a livello europeo. “Ed io – dice la società X – come mi alleno per tre giorni senza la Y,W,Z?”. Ovvio che le società che saranno chiamate a contribuire alla selezione di sviluppo europeo saranno chiamate anche ad organizzarsi per un reclutamento più intenso, per avere una qualità di allenamenti adeguata. E si possono studiare forme di aiuti per tutte le altre squadre che dovessero ritenersi penalizzate dalla rivoluzione che va avviata: “Ma io senza una straniera sono meno competitiva!!” Davvero? Dal 2000 ad oggi con tre o addirittura quattro straniere quante squadre sono state davvero competitive per la vittoria finale in Campionato, Coppa Italia e Supercoppa? Priolo, Comense, Parma, Taranto, Napoli, Lucca, Ragusa, Faenza, Ribera, Venezia, Schio: una super élite, ristrettissima. Perché vincere, come lo intendono le società, vuol dire arrivare “uno” come dicevano i ciclisti di quarant’anni fa. Un po’ poco per dire che la formula attuale sia vincente per tutte e fa bene a tutte.

Per chiudere Le Under 20 che giocano di più in A1 (dopo 15 giornate), per media minuti, sono: Panzera (‘02, Geas) 24.9; Madera (‘00, Lucca) 23.8; Natali (‘02, Vigarano) 22.6; Villa (‘04, Costa) 20.9; Gilli (‘02, Vigarano) 18.0; Spinelli (‘02, Costa) 17.7; Pastrello (‘01, Lucca) 16.1; Orsili (‘01, Lucca) 16.0; Mazza (‘01, Battipaglia) 15.4; Pasa (‘00, S. Martino) 15.3; Cremona (‘00, Battipaglia) 14.4; Toffolo (‘00, S. Martino) 12.4. Per Pastrello e Orsili purtroppo la stagione è già finita per infortuni al crociato.

Bene, ora c’è tutto e il dibattito può iniziare. La rivoluzione si farà?

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