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CAZZIMMA DA VENDERE
from PINK BASKET N.15
by Pink Basket
COVER STORY di Caterina Caparello
QUANDO LA GRINTA CHIAMA, E IL MOMENTO È TOPICO, DEBORA CARANGELO È PRONTA A RISPONDERE RUGGENDO, SENZA SMETTERE MAI DI CREDERCI, ARRENDERSI E, SOPRATTUTTO, SORRIDERE
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Cos’è la “cazzimma”? Non è una sensazione che si può spiegare facilmente. È quel sentimento che parte dalla pancia, si irradia per tutto il corpo dalla testa alle dita dei piedi per poi mostrarsi negli occhi. E quando negli occhi appare la cazzimma, allora è il momento di farla uscire. Debora Carangelo ha la cazzimma e lo sa bene. Lo ha dimostrato in 8 anni di Reyer nel passaggio dall’A2 all’A1 (2012-13), ai quarti di finale di Eurocup 2018 con quei 4 punti (canestro da 3 e libero a 5 secondi dalla fine) che hanno catapultato la squadra, dopo semifinale e finale, in Eurolega e continua a farlo giorno per giorno, arrivando in Nazionale a vestire la maglia azzurra.
Jim Morrison diceva “Sii sempre come il mare che, infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovarci”. Provare e riprovare è la strada giusta ed è così che Debora Carangelo, classe 1992 di Maddaloni (CE), vive la sua carriera cestistica sin da quando era una bambina, accompagnata dalla mamma Maria a vedere il fratello gemello Gianni giocare con quella strana palla arancione.
"Il mio amore per la pallacanestro è iniziato a 5 anni con mia mamma Maria, lei è sempre stata un’appassionata senza aver mai giocato a basket. Seguivamo una squadra vicino casa nostra, assieme a lei, andavamo a vedere sempre le partite. Mia madre ha sempre pensato “quando avrò dei figli, almeno uno proverà questo sport”. Ecco, mio fratello gemello Gianni (in casa sono 4 fratelli ndr) ha cominciato a giocare prima di me. Io non ero affatto convinta ma, guardando per forza mio fratello, vedevo tutti questi bimbi che correvano e giocavano e mi è venuta voglia di provare, ho chiesto alla mamma, dopo solo una settimana, di poter provare e da lì non ho più smesso. Praticavo anche altri sport con la scuola, ma non ho mai saltato un allenamento di basket. Infatti ringrazio mia mamma e il mio gemello."

Un percorso importante per Debora, quasi sui mattoni gialli verso il mondo di Oz, da Maddaloni, passando per Cervia e Faenza, alla Reyer Venezia dove ha incontrato persone che l’hanno sempre spinta ad andare avanti. " I primi allenatori non si dimenticano anche se passano gli anni, perché sono loro a spingerti. Dopo il fallimento della società di Maddaloni, mi ritrovai a fare una scelta: rimanere a casa o buttarmi in una nuova esperienza lontana dalla famiglia e partire. Fortunatamente, ho avuto dei genitori che mi hanno supportata e che, soprattutto, credevano in me lasciandomi la libertà di scegliere. Da Maddaloni sono andata a Cervia e lì c’è stata la mia vera formazione in una città, che reputo ancora oggi nonostante io sia a Venezia da 8 anni, la mia seconda famiglia che mi ha aiutata a crescere, perché era la fase dell’adolescenza. Un grazie anche a loro e a Lanfranco Giordano, il mio ex coach."
Il sostegno fondamentale è quello della famiglia che non la lascia mai. "Sì, siamo lontani ma quando possono mi vengono a trovare, inoltre il mio gemello abita vicino Crema e, quando gioco in Lombardia, mi viene sempre a vedere. I miei famigliari mi supportano tantissimo, devo ringraziarli perché senza di loro non so cosa farei."
Nella stagione 2012-2013 Carangelo cuor di leone veste la maglia orogranata, che continua a indossare con il sorriso e la passione di chi vuole vincere per sé e per la propria squadra. "Come per Cervia, anche la Reyer è una famiglia importantissima. Ho sempre percepito la loro stima nei miei confronti. Non è facile rimanere in Reyer, e in una società in generale, per così tanto tempo. Ovviamente ho avuto degli alti e dei bassi, periodi no nella vita che, fortunatamente, si superano anche con l’aiuto di coloro che fanno parte della società. Io qui sto bene, è una grande famiglia, inserendo anche il reparto maschile. Ho iniziato il progetto dell’A2 mentre ero a Faenza, immediatamente mi ha chiamato la Reyer e ho subito detto di sì, perché è una squadra da sogno. Da 8 anni sono ancora qui e sono felice. Li ringrazio per avermi dato negli anni la possibilità di rimanere."
Dall’A2 all’A1, una crescita non solo personale ma anche cestistica, il tutto mano nella mano proprio con la Reyer. "È stato un crescere insieme, da qui ho visto passare tantissime giocatrici, tantissime amiche, perché c’è sempre in una squadra quella con cui vai più d’accordo. Ogni volta penso che se sono ancora qua ci sarà un perché, quindi il mio è davvero un percorso di crescita. Sono 3 anni che disputiamo un campionato europeo, abbiamo una doppia chances: la nostra è una vera e propria sfida. Infatti, poiché ci manca sempre un passo per l’obiettivo finale, spero prima o poi di portare un trionfo, di alzare una coppa perché il mio scopo adesso è quello. Dopo 8 anni hai voglia di vincere con una squadra con cui hai fatto l’impossibile e ogni anno una cosa diversa, combattere per un obiettivo poi arrivarci e non riuscire a raggiungerlo proprio quell’ultimo step, lì ti dà quel senso di amarezza."

OROGRANATA DA 8 ANNI, DEBORA INDOSSA LA MAGLIA DELL’UMANA REYER VENEZIA. HA GIOCATO ANCHE A CERVIA E FAENZA. QUEST’ANNO VIAGGIA A 8.4 PT APARTITA.
Debora ha ancora negli occhi, e nel cuore, quel momento topico della sua carriera: Eurocup 2018, quarti di finale contro il Mersin, 5 secondi dalla fine. Walker tenta il tiro ma la palla schizza sul ferro, rimbalzo di Riquna Williams che vede la numero 5 (e capitana di quell’anno) Carangelo chiamare la palla dal lato opposto con le braccia alzate. Debora non pensa, tira da tre e segna con fallo subìto. I 3 punti sono validi ma bisogna segnare il tiro libero dalla lunetta, è quello il punto che serve. Prima di prendere la palla per il libero, muove le mani e fa un giro su se stessa. La palla c’è e il canestro pure: semifinale, che poi si trasformerà in finale (persa), e infine Eurolega.
"Anche adesso mi stanno venendo i brividi nel raccontare. Penso che quella sia stata l’emozione più bella della mia vita. Ogni tanto mi ritorna in mente e non riesco a dire cos’ho provato se non un’emozione unica. In quel momento ero concentratissima, poi avevo la pressione e il peso addosso per il libero, perché ho pensato 'se non segno il libero non ho fatto nulla'. Però dopo piangevo di gioia, sono stati i 5 secondi più belli e che ricorderò per sempre. Quel canestro ci ha dato la possibilità di arrivare in semifinale, peccato per la finale. Ci è mancato poco, ma giocare la finale in Turchia nel palazzetto del Galatasaray, con 8 mila persone e 5 mila mani alzate da sembrare un lunghissimo muro, sono sensazioni che farà fatica a dimenticare, sono emozioni bellissime.
In Eurolega la differenza si sente, ma è comunque bellissimo. "Dall’Eurocup all’Eurologa è la fisicità che la fa da padrone. In Eurolega puoi imparare qualcosa anche in una sola partita grazie alle avversarie. Quando abbiamo giocato contro l’Ekaterinburg ho pensato di avere la grande opportunità di poter giocare con avversarie davvero forti (molte dalla Wnba ndr) e per me è stato anche un onore poterci giocare contro. Tutte vorrebbero arrivare al punto più alto di un campionato e per noi è l’Eurolega e, nel momento in cui ci sei, ti senti onorata. Per questo bisogna ringraziare la società che ha permesso tutto questo, di giocare contro persone del genere e forti, non è da tutti i giorni. Noi ce la siamo conquistata, è stata una bella vittoria visto che l’anno prima non eravamo riuscite nell’intento, ma ce lo eravamo poste come scopo. Infatti non abbiamo mai rinunciato ai nostri obiettivi e ci abbiamo creduto, ci siamo riuscite, felici e consapevoli del fatto che ci fossero squadre più forti."

La Nazionale: prima una chimera e poi la realtà. "La Nazionale è importante, è bella, è divertente. Indossare la maglia azzurra è sempre un piacere, tutti vorrebbero farlo. Io l’ho indossata nelle giovanili, ma quest’anno ho debuttato per la prima volta in Danimarca con la Nazionale maggiore; anche lì non ero mai riuscita a fare quel saltino in più e, quando ce l’ho fatta, è stata un’emozione. Ai raduni partecipano tutte, ma a giocare le partite ufficiali sono solo 12. Quando sono stata convocata e ho indossato quella maglia con il mio numero preferito (il 99 ndr) è stata un’emozione indescrivibile. È come se il cuore stesse piangendo, ma di gioia."
La forza viene dalle esperienze e dalle strade che si intraprendono senza paura. È importante trasmettere fiducia e sicurezza alle nuove generazioni, spingendole sempre avanti e mai indietro. "Tutto dipende dalla voglia. Il mio consiglio è di andare via, di fare un’esperienza perché si cresce e si matura molto prima. Di non arrendersi alla prima delusione. Il mio hashtag è #sorriderecredercisemprearrendersimai, nonostante qualche momento di sconforto, aver la voglia di combattere per qualcosa. Porsi degli obiettivi, che si possono o non si possono raggiunge, perché alla fine siamo umani, però almeno la voglia e la forza di provarci."
Il 10 febbraio Debora compirà 28 anni: desideri e cambiamenti. "Il mio desiderio è quello di vincere qualcosa con la Reyer, portare qualche titolo e provarci per il 2020. Per me stessa, mi auguro di crescere perché non si smette mai di imparare. Imparare sempre, giorno dopo giorno, nonostante la stanchezza e il lavoro da fare. Sono una di quelle persone con la cazzimma, che non si arrende mai cercando di mettere cazzimma in qualsiasi cosa faccia. E poi mi auguro di stare bene anche fisicamente."
Passione, sorriso e cazzimma, queste sono le caratteristiche del leone Debora Carangelo.