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PLAY, STUDY & WORK
from PINK BASKET N.15
by Pink Basket
PRIMO PIANO di Francesco Velluzzi
NON SERVE GIOCARE IN A1 PER ESSERE DAVVERO FELICI. IL DURO MA GRATIFICANTE LAVORO, LO STUDIO E LA PASSIONE PER IL BASKET POSSONO RENDERE UNA PERSONA, COME DEBORA VICENZOTTI, GIÀ VINCENTE E QUINDI GRANDE.
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STUDIARE, GIOCARE, LAVORARE. STUDIARE, GIOCARE, LAVORARE Debora Vicenzotti, 30 anni, è la capitana della Delser Udine di A2, è laureata in Economia aziendale, con specialistica in Management internazionale e ogni mattina alle 8 è in banca, nella sede della Deutsche Bank in centro a Udine, dove resta fino alle 17.30 circa. Prima di tornare a casa, preparare la borsa e corre all’allenamento. È una donna in carriera e una forte giocatrice di basket. Se la Lega annotasse qualche nome di alcune ragazze prodigio del movimento e le invitasse a un tavolo per elaborare un progetto di sviluppo e rinnovamento del settore, Vicenzotti non potrebbe mancare.
In A2 per scelta e per amore. Di Udine. Anche se in A1 non avrebbe sfigurato e non sfigurerebbe di certo. È arrivata nel club che Leonardo De Biase dirige con competenza e passione smisurata, a 14 anni. “Forse la vera follia che ho fatto. Andar via di casa (Tamai-Brugnera nel pordenonese ndr) per giocare a pallacanestro”. Per una che non si è mai ubriacata, che ha sempre avuto l’idea di studiare, giocare e lavorare, questa sì che è una follia. Sostenuta da due genitori stupendi, Gianluigi e Cristina, che per Debby o Debbina, come la chiamano le persone più care, insieme alla sorella più piccola (1997), Eleonora, appassionatissima di Nba, sono tutto. Gianluigi e Cristina sono insieme da una vita, mano nella mano, hanno anche lavorato insieme in fabbrica.

DEBORA VICENZOTTI, CLASSE 1989, È LA CAPITANA DELLA DELSER UDINE, SQUADRA CHE MILITA IN A2. È ARRIVATA NEL CLUB A 14 ANNI SOTTO L’EGIDA DILEONARDO DE BIASE.
Ma il vero amore di papà è stato il basket. “Era un lungo atipico, di 1,96. Ha giocato tra B e C, ma io non ho mai avuto la fortuna di vederlo giocare. Però l’ho visto arbitrare, l’attività che ha svolto dopo aver smesso di giocare. Ero sui campi, è stato naturale essere coinvolta in quel che poi è diventato l’amore anche per me. A 9-10 anni ho cominciato, ero Latina, 1,50. A Porcia c’era una squadra femminile, facevo il torneo Propaganda. Angelo e Annalisa sono stati i miei primi insegnanti. A 14 anni, nell’agosto del 2004, il grande passo. Mi trasferisco a Udine per giocare a basket. Mi voleva anche Napoli, scelsi Udine, un trasferimento più semplice. Facevo il liceo scientifico bilinguistico, inglese e tedesco. Vivevo in un monolocale con un’altra ragazza, ho imparato il friulano, ma anche a fare le lavatrici... La sera scongelavo le cose dal freezer che mi lasciava mia mamma. A16-17 ho imparato a fare davvero tutto. Ma a 15 anni avevo già debuttato in A2. Non avevo un talento enorme, ma un buon fisico e tanta voglia di impegnarmi. Ho lasciato Udine, soltanto una volta, nel 2008. Andai a Viterbo, il miraggio della A1, ma il club allenato da Claudio Agresti aveva enormi problemi economici. Sono rimasta un paio di mesi e poi sono andata a Broni. Un anno e basta fuori Udine. A Broni ho trovato una famiglia, i tifosi che ormai tutti conoscono. Sono stata bene, Gregory, anima di questo gruppo di appassionati, ti aiuta in tutto. Lo ricordo ancora bene, è stata sicuramente una buona esperienza, formativa. Anche se poi sono voluta tornare nella mia Udine”.
NIENTE A1 Da Udine Debby non si è più mossa. Forse, un giorno, si muoverà per fare una famiglia. Per ora gioca nel club che ama. “Non sono mai voluta andare in A1, forse proprio perché il mio sogno era quello di portare Udine in A1. È una società familiare che ha grandi valori e vive sul rispetto delle persone. È un club in cui senti forte il senso di appartenenza, c’è meritocrazia. Ho creato le amicizie perché Patrizia De Gianni, che ora gioca ad Albino (è di Pasian di Prato a due passi da Udine ndr), e Sara De Biase, che ha smesso di giocare ma è ogni giorno con noi come fisioterapista e ora anche come assistant coach, sono amiche vere e importanti. Da 10-15 anni. Quella in cui sono dal 2004, è una società soltanto al femminile che ha trovato, peraltro, uno sponsor come Delser (azienda di biscotti ndr) che ha una filosofia aziendale improntata sul lavoro delle donne. Per questo motivo hanno deciso di seguirci con affetto e attenzione”.
Debora Vicenzotti è la capitana del gruppo. “Ho imparato a farlo da Mita Giacomelli che è venuta prima di me e qualche volta viene ancora alle nostre partite. Credo di interpretare al meglio questo ruolo. Pretendo molto, ma lo faccio per le ragazze, per quelle più giovani che aspirano anche a un futuro più ambizioso. Io voglio bene alle mie compagne e penso che loro non mi disprezzino. Nella squadra attuale abbiamo individualità importanti, giovani che possono fare il grande passo. Giulia Ianezic (2000) è molto forte, ha talento e gran tiro, credo possa arrivare. Anna Turel, che è addirittura del 2002, lo stesso. La squadra è buona, ma dovrà lottare per salvarsi. Ed è la prima volta che mi succede. Ma abbiamo perso a inizio stagione Eva Da Pozzo, una grossa perdita. Si è rotta al ginocchio. E abbiamo avuto fuori per un mese la nostra straniera, il pivot Liga Vente, boccata da una tendinite. Proveremo ad andare ancora ai playoff, ma stavolta è dura, rischiamo più i playout. Il gruppo è sempre buono. Abbiamo una tradizione, che cerchiamo di rispettare, e che credo serva tanto. Ogni giovedì ci riuniamo a casa di una compagna. Cuciniamo noi e vediamo una serie tv o un programma che piace a tutte. Qualche volta diversifichiamo e andiamo al cinema, ma stare almeno una sera a settimana tutte insieme credo sia bello e possa servire”.

ALTA 1,82, VICENZOTTI AMA GIOCARE SPALLE A CANESTRO PREFERENDO LA PENETRAZIONE AL TIRO DA FUORI. LA SQUADRA È ORMAI UNA FAMIGLIA CON ILSOGNO DI ANDARE INSIEME IN A1.
Debora è cresciuta da bambina con questa mentalità e la porta avanti. Il suo coach del cuore è Larry Abignente che continua a far bene a San Martino di Lupari dove, con una squadra costruita al risparmio, sta facendo un gran campionato. “Sì, è il tecnico che mi ha dato una certa impronta. Posso sicuramente definirlo come il più importante che ho avuto finora. È bravo tecnicamente e tatticamente, cura tutti gli aspetti, dalla difesa al fisico”.
Vicenzotti ha sempre amato giocare da tre. “Il mio riferimento è sempre stata Chicca Macchi, la giocatrice che più ho ammirato. Tra le compagne, una straniera italo-americana, Francesca Vanin, un pivot davvero molto forte. Che poi non è andata in A1 in Italia”.
Le necessità di squadra però portano Debora a giocare ormai prevalentemente da 4. “Mi sono adattata. Sfrutto col mio metro e 82 i miei movimenti spalle a canestro. Ho sempre preferito penetrare che tirare da fuori. Un must il mio gioco spalle a canestro”. Sarà importante per salvarsi. “In torneo ci vedo favorita Moncalieri perché ha tutto: la squadra, la società, i soldi. Mi sembra davvero avanti alle altre. Anche se Crema e Alpo sono due ottime squadre”.
FUTURO Debora fa le sue previsioni su un campionato che potrebbe anche essere l’ultimo per lei. Il lavoro è tanto e comincia a pesare. Il fidanzato non è vicinissimo. E l’idea di fare una famiglia c’è. “Penso eccome alla possibilità di diventare mamma. È una cosa che desidero”. È fidanzata da due anni. Ma la sua friulanità le fa tenere i sentimenti in una maniera molto molto riservata. “Giocare mi piace tantissimo. Il basket rimane la mia passione più grande. Non ho badato ai soldi nella vita, avrei potuto guadagnare qualcosa anche con la pallacanestro, ma non è quello il mio pensiero. Amo ancora andare in palestra a fare pesi e all’allenamento al Benedetti dopo essere uscita da una lunga giornata di lavoro”.

DEBBY HA CONSEGUITO LA LAUREA IN MANAGEMENT INTERNAZIONALE E, OLTRE ALLA CARRIERA CESTISTICA, LAVORA ANCHE IN BANCA NELLA SEDE DI UDINE DELLADEUTSCHE BANK.
Giornata che per Debby comincia molto presto: “Sveglia alle 6 e mezzo. Colazione. Preparativi. Vado in banca a piedi. Mi hanno assunta nel 2016. C’era un solo posto, dopo tre colloqui mi hanno presa. E mi piace tanto perché amo il contatto con la gente, amo tenere le relazioni, vedere persone diverse. Sono nell’area consulenza, mi occupo dei clienti-investitori che stanno sotto i 500 mila euro. Voglio andare avanti. Non escludo neppure un trasferimento. Al lavoro sto bene, parlo con i colleghi, anche se non vengono a vedermi alle partite. A pranzo mangio spesso in ufficio. Mi preparo tutto io, di solito riso e verdure. Mangio tanto perché, poi devo allenarmi. Integro con una merenda in cui inserisco frutta e del cioccolato fondente. Poi vado a casa, mi cambio e vado ad allenarmi. Finisco tra le 22 e, talvolta, anche alle 23. Torno a casa stravolta, ma felice come una bambina di quel che faccio. La molla di tutto, anche se ogni giorno mi chiedo se lo voglio ancora fare. E, quando rientro, stanchissima, mi preparo da mangiare. Le verdure cotte non mancano mai, neppure la sera, aggiungo della carne, del pollo, della fesa di tacchino, o del pesce. Poi vado a letto e la mattina dopo si ricomincia. Dal lunedì al venerdì è ovviamente così. Il sabato o la domenica si gioca. E cerco pure di andare a casa dai miei. Perché adoro stare con loro. D’altra parte il mio motto è stato sempre quello: studiare, giocare, lavorare”.
Debora Vicenzottti lo ha interpretato sempre al meglio. Un esempio per chi vuol far conciliare la passione per lo sport con la responsabilità dello studio e il sogno di sviluppare una carriera. Le giovani che provano a diventare campionesse nel basket seguano la linea di Debby. Avranno soddisfazioni e glorie e sportive, ma potranno anche pensare a un ambizioso futuro. Senza tralasciare l’aspetto sentimentale. Che per Debora, oggi, vale quanto il basket e come il lavoro conquistato con lo studio e l’impegno alla Deutsche Bank.
Insomma, avete conosciuto una ragazza modello. Della quale Gianluigi e Cristina possono andare fieri. E che il presidente Leonardo De Biase può mostrare con orgoglio a tutte le ragazzine che cominciano ad affacciarsi al vecchio Benedetti, in centro a Udine.