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WONDER BEA

ALTRI MONDI - DI CATERINA CAPARELLO

BEATRICE ION HA 22 ANNI, TALENTO E IDEE CHIARE. GIOCA IN SERIE A CONL’AMICACCI GIULIANOVA E NELLA NAZIONALE ITALIANA DI BASKET IN CARROZZINA.SUL CAMPO LOTTA COME UNA LEONESSA, MENTRE FUORI DISARMACON LA SUA GENTILEZZA E CAPARBIETÀ

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Dolcezza, grinta e consapevolezza sono le parole perfette per descrivere Beatrice Ion. Al telefono, la sua voce squillante mette subito di buonumore mostrando un carattere socievole e tosto allo stesso tempo. Bea è una giovane stella della Nazionale italiana di basket in carrozzina, gioca in Serie A con l’Amicacci Giulianova e studia Scienze della comunicazione all’Università di Teramo. Ma non è finita. 3 campionati giovanili, 2 scudetti, 3 Supercoppe italiane, 3 Coppe Italia e ai campionati Europei di Lignano Sabbiadoro del 2018, con la Nazionale italiana, è stata eletta nel quintetto ideale della manifestazione. Una vera Wonder Woman.

UNA BRUTTA PARENTESI - Due mesi fa Bea e la sua famiglia hanno subìto, in prossimità della loro abitazione, un’aggressione a sfondo razzista e discriminatorio da parte di un uomo (in aggiunta ad altri rimasti fermi a guardare) che le contestava il diritto al parcheggio per le persone con disabilità.

“Al momento non ci sono novità. C’è una denuncia in corso e ci vuole tempo. Onestamente, sono passati solo due mesi però ci siamo ripresi e la situazione si è calmata. Non mi aspettavo tutto quel riscontro, è stata una sorta di montagna russa. Alla fine l’attenzione ha aiutato ma è stato anche stressante, insomma ci stiamo riprendendo”. Il lavoro più duro, per una supereroina, è quello di continuare a guardare davanti a sé tenendo bene in mente la strada da percorrere, insieme a quelle emozioni che l’hanno resa più forte.

GLI INIZI DI BEA - Nei migliori fumetti e film che si rispettino, supereroine e supereroi scoprono per caso di avere degli straordinari poteri. E Bea lo sa bene. “Ero una nuotatrice e lo sono stata per 12 anni. Ma per quanto fosse bello e mi aiutasse fisicamente, il nuoto non mi dava molto a livello personale, nonostante sia una persona socievole. A quel punto la mia fisioterapista mi propose anche il basket. Provai e me ne innamorai subito. Ho sempre praticato il basket come divertimento, non mi è mai pesato andare agli allenamenti, anzi. Tutti i risultati che sono arrivati, la serie A e la Nazionale, non me li aspettavo assolutamente. Avevo iniziato per passione e ovviamente volevo arrivare a livelli alti, a quel tempo mi sembravano traguardi impossibili da raggiungere ma ora ce l’ho fatta e ne sono davvero contenta. È tutto nato per caso e allo stesso modo è continuato”.

Inizia tutto con il Santa Lucia, squadra romana in cui rimane dalle giovanili, passando per le serie B e A, all’età di 18 anni. “Quante emozioni fantastiche che ho provato e continuo a provare. Può sembrare strano da dire, ma effettivamente ti alleni per quelle emozioni. Giochi tutto l’anno per vincere e, quando ci riesci, è sempre bello. È davvero tutta una questione di emozioni. La più bella è stata la vittoria del primo campionato con la giovanile, il primo in assoluto della società. Per non parlare della serie A, dove giocavo con persone di alto livello, americani, inglesi, olandesi ed era tutto surreale”.

UN AZZURRO CHE VALE DOPPIO - Bea è nata 22 anni fa a Orsova, in Romania. Nel 2004, quando ha solo 6 anni, si trasferisce a Roma con mamma Giorgia e papà Eduard per curare, all’ospedale Bambino Gesù, la poliomielite contratta a 3 mesi.

Da 16 anni è in Italia e, quando è stata convocata per l’azzurro, l’emozione è stata doppia: “Ho origini straniere ma cittadinanza italiana. Indossare la maglia della Nazionale è stato un altro segnale del fatto che mi sia integrata così bene. È una cosa di cui sono grata perché non mi sarei mai aspettata di giocare con Italbasket e a rappresentare un Paese in cui, oggettivamente, non sono nata, ma che mi ha permesso di integrarmi. Soprattutto, è merito dei miei genitori che hanno fatto davvero di tutto da quando siamo arrivati, sono loro che mi hanno cresciuta così. Per me è sempre un onore indossare quella maglia. Ricordo che, a Londra, al mio esordio a un Europeo, i miei genitori mi avevano accompagnata, approfittando anche per farsi una meritata vacanza, ed erano sugli spalti. Quando è iniziato l’inno mi sono messa a piangere perché vedevo loro due che piangevano di emozione. È stato bellissimo, non li avevo mai visti piangere”.

BASKET È FAMIGLIA - Quando inizi a giocare giovanissima, la paura di stare soli è sempre dietro l’angolo. Ma se hai una squadra-famiglia a proteggerti il resto non conta. “Giocare a livello agonistico a 12 anni non è stato facile. Nei weekend ero sempre in trasferta. Mi ha sicuramente aiutato a diventare indipendente, ma non posso dire di non aver sofferto. Alle prime trasferte mi mettevo a piangere perché mi mancava mia mamma. Ma la squadra, come accade anche ora a Giulianova, non mi ha mai fatta sentire sola. Ero e sono in famiglia. Idem per la Nazionale. Spesso, infatti, partiamo durante le vacanze di Pasqua o subito dopo Natale, quindi si sacrificano le feste per una passione che hai, è fondamentale avere una squadra e una famiglia che ti supportino in modo da sentirti meno solo”. Soprattutto se c’è Thor, il suo meraviglioso cagnolino, a tenerle sempre compagnia.

DANILO GALLINARI - Il basket che Bea segue da spettatrice è quello dell’NBA e, su tutti, troneggia Danilo Gallinari: “Lo adoro. Un giorno mi ha chiamata su FaceTime e non avendo ovviamente il suo numero - d’altronde chi ha il numero di Gallinari in rubrica? - si presentò dicendo “ciao, sono Danilo Gallinari”.

Ecco. Ero in macchina con papà, anche lui lo segue tantissimo, ci siamo guardati e ho involontariamente esclamato “oh cazzo”. Ero scioccata. Dopodiché abbiamo parlato, ci siamo scambiati i numeri e mi ha regalato l’NBA League Pass per vedere le partite e gli allenamenti. Insomma, faccio letteralmente la sua stalker. Ho ricevuto tante chiamate di solidarietà, anche dalla Lega, ma Danilo è stato fantastico”.

OLTRE LA BEA CESTISTA, DARE UNA VOCE - Ma chi c’è al di là della Bea giocatrice? “La Bea cestista è molto diversa dalla Bea della vita di tutti i giorni. In campo sembro una bestia, mentre nella realtà sono dolcissima. Amo gli animali, ho Thor, i tanti gatti nel giardino dei miei e sono vegana da quando ho 9 anni. Sono soddisfatta di quello che sto studiando e vorrei fare tantissime altre cose, come aiutare gli animali facendo volontariato.

Vivo giorno per giorno anche cestisticamente, mi piacerebbe che ci qualificassimo ai Mondiali e chissà, magari anche le Paralimpiadi. Ma quello che vorrei tanto è aiutare qualsiasi persona con disabilità. Anche per me non è stato facile andare avanti e ci ho messo anni a passarci sopra e capire. Succede spesso che ragazze e ragazzi mi cerchino per chiedermi consigli, lo faccio volentieri perché è capitato di trovarmi davanti persone che pensavano avessi sì una disabilità fisica, ma di conseguenza anche mentale. Ecco, io vorrei mandare questo messaggio: noi siamo indipendenti, noi siamo intelligenti.

NOI SIAMO INDIPENDENTI, NOI SIAMO INTELLIGENTI. È NECESSARIO AMARSI IL PIÙ POSSIBILE, NON DARE PESO ALLE COSE E APPREZZARE LE PERSONE CHE CI STANNO VICINO.

Disabilità non vuol dire per forza stare in casa e non fare nulla. Conosco persone con disabilità che hanno una vita fantastica, viaggiano e hanno figli e, personalmente, mi sono rotta le scatole di questo stigma che c’è su di noiʺ.

AMARSI IL PIÙ POSSIBILE - “Quando hai una disabilità, capita di incontrare persone ignoranti che ti giudicano, soprattutto a scuola, magari per farsi due risate con gli amici. A me ha dato molto l’arrivare alla consapevolezza del fatto che, se avessi camminato, mi avrebbero presa comunque in giro per un altro motivo. Quindi che tu sia disabile, alto o basso, magro o in carne, biondo o con i capelli rosa, per un motivo o per un altro ti prendono in giro. E quello che puoi fare è cercare di amarti il più possibile, anche se non è sempre semplice, e non dare peso alle cose, perché si viene presi in giro per qualsiasi motivo.

Non è nemmeno facile integrarsi e fare amicizia, proprio per lo stigma di cui parlavo prima. Ma è anche fondamentale, oltre ad amarsi, apprezzare le persone che abbiamo vicino e che spesso diamo per scontate”.

Questo è il messaggio di Bea, questo è il messaggio di una Wonder Woman.

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