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CORNO, IL VINCENTE

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WONDER BEA

WONDER BEA

STORIE - DI EDUARDO LUBRANO

L’ALLENATORE PIÙ VINCENTE DELLA STORIA DELLA PALLACANESTRO FEMMINILEITALIANA FA LE CARTE ALLA SITUAZIONE DEL MOVIMENTO NAZIONALE, ATTRAVERSO UN CONFRONTO CON I PIÙ IMPORTANTI PAESI EUROPEI. L’ANALISI DEL MOMENTO E LE SOLUZIONI DA METTERE IN ATTO PER LO SVILUPPO DEL NOSTRO BASKET

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"Alla mia età si diventa pessimisti. Ho vissuto l’epoca d’oro del basket italiano sia in patria che in Europa, ho avuto la fortuna di allenare grandi squadre e oggi vedo un lungo momento di difficoltà".

Parole e musica di Aldo Corno, 70 anni da compiere a dicembre (strano che un Sagittario sia pessimista, ndr) con un curriculum di vittorie che parla da sé e lo rende il coach più vincente della storia della pallacanestro femminile italiana. Eccone una sintesi: 12 scudetti (4 a Vicenza, 8 a Como dal 1984 al 1999, con cicli consecutivi dal 1985 al 1988 e poi dal 1992 al 1999), 6 EuroLega (4 a Vicenza dall’85 all’88, 2 con Como nel 1994 e 1995) 6 Coppe Italia, 4 Supercoppe italiane, 1 Mundialito per club (Comense nel 1996), per 3 volte allenatore della Nazionale (per un totale di 7 anni). Prima, una carriera di giocatore di tutto rispetto tra Udine e poi Lazio, Stella Azzurra e Vis Nova nella sua città, Roma.

In questo periodo, dopo lo stop che si è imposto prima del lockdown mentre allenava a Vicenza in serie A2, sta recuperando da alcune riabilitazioni fisiche che gli hanno portato via un po’ di tempo. “Tra poco posso anche tornare a giocare – dice sorridendo a Pink Basket – perché il mio palleggio-arresto e tiro l’ho mantenuto. Ufficialmente non sono ancora in pensione e sono pronto. Se qualche presidente pensa di volermi offrire una squadra, parliamone…”

Cos’è questo lungo momento di difficoltà che sta vedendo?

“Partiamo da una base: le grandi squadre sono forti e vincenti se hanno giocatori e, nel nostro caso, giocatrici italiane forti. Ed io, senza voler mancare di rispetto a nessuna di loro, vedo poche atlete forti. Ce n’è una in particolare, Cecilia Zandalasini, che però gioca in Turchia. Questo ha un riflesso immediato sulla Nazionale maggiore: se non hai nella rosa 4/5 italiane forti, che spostano a livello continentale, non vinci. E senza fisicità le nostre giovani faticano ad entrare in Nazionale maggiore. Siamo molto forti a livello di play, guardie, ali piccole. Ma non abbiamo lunghe ed in Europa ci mangiano in testa. E se devo guardare alle straniere che giocano da noi dico un’altra cosa, anche qui senza offesa ad alcuna: ai miei tempi nessuna di loro si sarebbe allenata con le mie squadre”.

Ci sarà un motivo per questo suo pessimismo oltre la questione dell’età?

“Voglio subito dire che i risultati delle Nazionali giovanili femminili sono formidabili perché tatticamente e tecnicamente le nostre ragazze e i nostri allenatori sono bravissimi. Al momento di fare il salto nel mondo senior, però, paghiamo il gap fisico: siamo piccole. Il che non è una colpa genetica o atavica. Vuole dire che non abbiamo fatto più quel lavoro “porta a porta” di reclutamento delle atlete più alte e grosse sin dalla giovane età.

I risultati delle nostre Nazionali giovanili femminili sono formidabili perché tatticamente e tecnicamente le nostre giocatrici e i nostri allenatori sono bravissimi.

So che questo dispiacerà a molti ma da vent’anni a questa parte la pallavolo femminile – e la maschile – ci ha cancellato a livello giovanile. Valentina Diouf, per esempio, ce la siamo persa perché non l’abbiamo corteggiata come si deve e lei (202 centimetri, ndr) ha abbracciato la pallavolo. Secondo me strutturalmente sarebbe stata una giocatrice di basket davvero ottima. Se non abbiamo mezzi fisici, l’esperienza che facciamo fare alle giovani serve solo in Italia. Non a caso, dopo il 2002 con Parma, in EuroLega non siamo più andati oltre i quarti di finale raggiunti qualche volta da Schio e Taranto. In Italia Schio fa la differenza giocandosela sempre con Ragusa e Venezia”.

L’ultima vittoria italiana nella massima competizione continentale, infatti, risale al 1995, venticinque anni fa, per merito della Comense allenata proprio da Corno. Sempre la Comense è stata l’ultima squadra italiana a giocare una finale di EuroLega, nel 1999. Scorrendo l’albo d’oro dei tornei europei per Club, l’ultimo sorriso azzurro è del 2008, anno in cui il Beretta Famila Schio vinse l’EuroCup. L’ultima finale? La Reyer Venezia guidata da Andrea Liberalotto, nel 2017/18, che si è arresa al Galatasaray per somma di punti nelle gare di andata e ritorno dell’atto conclusivo del torneo.

Forse c’è un problema di investimenti economici, la televisione che non aiuta il movimento…

“E perché la tv dovrebbe aiutarci? Che spettacolo offriamo? Il nostro è uno sport del quale è facile innamorarsi perché è intelligente, vario, veloce, pieno di fantasia e di gesti tecnici bellissimi. Ma bisogna metterli in mostra. E per farlo bisogna creare un movimento con delle basi più solide. In Francia e Spagna, che non a caso dominano a livello senior in Europa, la pallacanestro è molto presente nelle scuole.

In Francia c’è l’École de Formation di basket e un mare di tesserate dalle quali poi è più facile scegliere le migliori. Una volta anche noi curavamo molto anche l’aspetto fisico, mentre adesso lo abbiamo quasi trascurato. E nessuno venga a dirmi che siamo un popolo piccolo, che non ci sono ragazze giovani italiane grandi e grosse: basta andare in giro per le strade.

Però dobbiamo cercarle, intercettarle prima che scelgano altri sport più bravi ad attrarle. Bisogna fare un lavoro importante nelle scuole, convincere gli insegnanti di educazione fisica che insegnare basket è bello. Portare dentro con presenze costanti i nostri istruttori. E poi…”

E poi non sia timido Corno…

“E poi un mio vecchio pallino. L’altezza del canestro. Anche qui il confronto con la pallavolo ci vede battuti. La rete a livello femminile è a 2 metri e 23, nei maschi a 2 metri e 50. E questo cambia tutto. Noi? Tutti col canestro a 3 metri e 05. È sbagliato perché le donne sono diverse dagli uomini ed hanno biologicamente una minor forza fisica. Vuoi vedere che se abbassiamo il canestro della femminile a 290 centimetri alcune, le più dotate, dopo qualche problema di misura, cominceranno a segnare meglio e di più? E che saranno molte di più di oggi quelle che riusciranno a schiacciare o a stoppare?

Tradotto: gesti tecnici più adatti alla morfologia e alla forza femminile garantiscono maggiore spettacolo. Meno male che, quando ero nella Commissione della Fiba Europe, siamo riusciti a far passare il pallone più piccolo. Soffriamo un po’ lo stesso problema del calcio femminile che gioca con le stesse misure di quello maschile. Ma nello sport che tutti chiamiamo “Regina delle Olimpiadi”, l’atletica leggera, gli attrezzi maschili e femminili pesano allo stesso modo? No. Peso, giavellotto, disco e martello sono più leggeri. Le donne fanno i 100 ostacoli, e non i 110, con ostacoli più bassi”.

Insomma, il suo sguardo sul basket femminile italiano è davvero molto oscuro.

“Attenzione. Non è un problema solo italiano e femminile. Il livello medio in Europa si sta abbassando ad eccezione di due squadre russe, una turca, Praga che va a cicli, Francia e Spagna e le nazioni che a turno esprimono buone generazioni. E anche nel maschile, tanto da noi che in Europa, non mi pare che le cose vadano meglio. Tranne l’aspetto fisico nel quale fuori dai nostri confini sono più avanti. E non sono così convinto del discorso delle quote sulle straniere ed il relativo l’obbligo delle italiane in campo. Per fare le squadre devi avere le giocatrici nostrane. E non le abbiamo, è un fatto di numeri, di tesserate.

Leggo di idee per campionati a 16 o 32 squadre e mi chiedo: ma con chi li facciamo questi mega campionati? Confesso che su questi argomenti io mi sono arreso nel 2004. E mi sono però rafforzato in queste convinzioni nei tre anni che ho allenato in Francia (dal 2009 al 2012 a Challes-les-Eaux) dove ho raggiunto una semifinale scudetto. Lì come in altri paesi, il professionismo di giocatrici ed allenatori cambia di molto le cose in prospettiva e nel lavoro di base”.

Apriamo uno squarcio di luce: la sua giocatrice preferita tra quelle che ha allenato?

“L’ho sempre detto quindi non faccio torto a nessuna: Mara Fullin. Personalità e carattere con tecnica a disposizione della squadra. Il pensiero giusto, il passaggio giusto e l’azione decisiva per una partita. Esteticamente, e non solo, Catarina Pollini è stata uno spettacolo per la sua completezza, l’eleganza e la concretezza. Auguro alla Zandalasini di avere i successi di queste due super atlete, mi sembra ben avviata perché ha tutto per emergere in ogni contesto, anche se pure lei avrà bisogno di avere delle compagne forti per vincere con l’Italia. E vorrei fare gli auguri a Lino Lardo. Credo che la scelta di affidargli la Nazionale senior sia stata fantastica. Ma lui per primo deve sapere che troverà i problemi di tutti gli altri e dovrà lavorarci sodo. In bocca al lupo”.

Un’aggiunta al discorso di Corno? Beh noi italiani di idee ne abbiamo tante e proviamo a metterle in pratica con quello che abbiamo. Un esempio su tutte l’idea dell’Opening Day che è piaciuta subito ed ha convinto tutti perché è riuscita benissimo. E che Francia e Spagna, nazioni che a livello senior ci superano in questo momento (e che attingono da una base di circa 200mila tesserate) ci hanno copiato. Lega e Federazione stanno lavorando per rendere concreta l’immagine di un movimento in crescita con atlete italiane di livello e con una qualità tecnica interessante.

Non è facile ma l’impegno è indubbio ed il dibattito può aiutare a crescere. E su questa strada si stanno incamminando diverse squadre della serie A1 che stanno dando sempre più spazio alle giocatrici italiane giovani e meritevoli di stare in campo. La PF Broni93 per esempio che ha fatto una squadra tutta italiana nella quale Ianezic e Madera (Campionesse d’Europa Under 20 nel 2019) dovranno dimostrare tutto quello che sanno fare. Cioè molte cose e bene. Insomma che Sottana e Zandalasini siano un traguardo da raggiungere e superare per tutte e non solo due straordinarie colonne d’Ercole da ammirare.

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