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LA N°11 AZZURRA
from PINK BASKET N.03
by Pink Basket
COVER STORY di Alice Pedrazzi
EVOCAZIONI NUMERICHE, COINCIDENZE NON CASUALI, CASI NON PER CASO.ALL’OMBRA DEI CANESTRI, C’ERA UNA VOLTA, E C’È ANCORA OGGI,LA STORIA DELLA MAGLIA AZZURRA NUMERO 11
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É una di quelle tradizioni non scritte né codificate, per questo ancora più autentica. Una storia che profuma di parquet e sudore, di orgoglio e sacrificio, di talento e fatica. Una storia di capitane. Per chi veste l’azzurro della nostra nazionale, il numero 11 non è una cifra come le altre: da Catarina Pollini ad Elena Paparazzo fino ad arrivare a Raffaella Masciadri è la maglia della capitana. Pesa di responsabilità, orgoglio e numeri: 648 presenze e 6.780 punti, se si sommano tutte le cifre delle tre capitane azzurre che l’hanno indossata a partire dal 1983 (anno dell’esordio in nazionale di “Cata” Pollini), fino a mercoledì 21 novembre, quando Raffaella Masciadri l’ha portata per l’ultima volta a La Spezia. “È una tradizione bellissima – racconta proprio Masciadri, tono deciso e voce sincera di chi, in 17 anni in azzurro ed una carriera infinita nei club, ha imparato a gestire ogni tipo d’emozione, pur vivendola nel profondo – che deve andare avanti e merita di essere raccontata. Per me è stato un onore ricevere questa maglia da Elena Paparazzo, che a sua volta la prese da Catarina Pollini”.
L’11 azzurro inizia così, con Pollini, la primatista assoluta in Nazionale sia per presenze (252) che per punti segnati (3903), atleta di dimensione internazionale, che oggi osserva dalla spagnola Lugo le sorti del nostro basket: è stata lei ad avviare questa tradizione ed il suo elegante talento a riempire di contenuto questo numero abbinato all’azzurro del basket femminile. E non può essere un caso. L’11, che in numerologia è un Numero Maestro, come tutti quelli che si presentano con cifra doppia uguale, nella numerazione storica del basket europeo che andava solo dal 4 al 15, era l’unico Numero Maestro possibile: ed un capitano cos’è, se non un maestro che insegna con l’esempio, in campo e nei dintorni? Composto da due numeri uno, l’11 rappresenta l’unità in quanto principio di molteplicità, splendido concetto per un leader, che deve caricarsi sulle spalle il peso e l’orgoglio di rappresentare un gruppo, a maggior ragione se questo – sportivamente parlando – parla per una nazione intera. Nella Qabbalàh, infine, l’11 è la lettera kaf, che rappresenta la corona.
E allora no, non è certamente un caso, che la tradizione della maglia azzurra numero 11 nella nazionale di basket femminile l’abbia iniziata proprio lei: la “Zarina” Pollini, che ci regala un impagabile flashback. Voliamo nella Vicenza vinci-tutto degli anni Ottanta, dove 35 anni fa una giovanissima Catarina riceve la maglia numero 11 dell’A.S Vicenza da un altro grande mito della nostra pallacanestro: Wanda Sandon (azzurrissima anche lei, con 218 presenze e 1676 punti). “È stato un momento importantissimo – ricorda Pollini -. Wanda era una delle giocatrici più forti in assoluto, per una ragazzina come me un vero mito. è stata senza dubbio una delle compagne da cui ho imparato di più. Quando a Vicenza mi ha dato la sua maglia, ho considerato quel gesto come una sorta di passaggio di consegne, che mi ha riempito di orgoglio. E così l’11 è diventato il mio numero”. Che Pollini ha trovato anche in nazionale, quando a 17 anni e 23 giorni, s’è vestita d’azzurro per la prima volta (contro la Svizzera, segnando 8 punti ed uscendo per 5 falli tra le battute delle compagne, che non si capacitavano di come una ragazzina così alta e magra potesse essere stata così fallosa). “Quando sono arrivata in nazionale – spiega Pollini – la n.11 era libera. Una gran bella botta di fortuna: se fosse già stata indossata da una giocatrice più grande ed esperta, cosa avrei potuto fare io, da ultima arrivata?”
Ma il destino doveva compiersi e così ha iniziato a fare il suo corso: da quel venerdì 8 aprile 1983, Cata ha sudato dentro l’11 azzurro per 13 anni di entusiasmanti fatiche, lasciandolo dopo un argento europeo a Brno (1995) ed uno ai Giochi del Mediterraneo (1993), due Mondiali, sette Europei e due Olimpiadi. La “Zarina” si è tolta la maglia n.11 della nazionale solo nel 1996 dopo le Olimpiadi di Atlanta, da ultima capitana a giocare in una competizione olimpica, ma non ha sfilato a quella canotta orgoglio e responsabilità di rappresentare i sogni di tutte ragazzine dei canestri e di un intero movimento: maglia e prestigio sono andati a poggiarsi direttamente sulle spalle di Elena Paparaz- zo, che dall’amica e compagna di club (nella Comense imbattibile degli anni Novanta, ndr), ha ricevuto il testimone: “Quando ho iniziato a pensare di smettere con la nazionale – racconta ancora Pollini – ho parlato con Elena e le ho detto che avrei voluto che fosse lei ad indossare la mia maglia”. “Ho lasciato volentieri il mio numero – le fa eco Paparazzo – perché ricevere quello di Cata è stato motivo di grande orgoglio. Lei era per me un esempio, era il nostro punto di riferimento, sia in campo che fuori, prendere il suo posto mi ha emozionata molto”. Paparazzo, che con 203 presenze (e 1176 punti) è la sesta giocatrice ad aver vestito più volte la maglia azzurra, ha esordito in nazionale nel 1990 e ne è stata la capitana dal 1996 fino al 2004: da quando ha avuto ricamato sulle spalle e soprattutto sul cuore, il numero 11 di Cata.
É iniziata così, in questo passaggio di consegne (anche se negli anni Settanta c’era stato un significativo segno premonitore, con Mabel Bocchi a danzare dentro l’11 azzurro agli Europei del ’74), la tradizione di una maglia che significa molto anche per la nazionale maschile, dove ha contraddistinto la dinastia dei Meneghin: indossata prima da Dino, capitano dal 1979 al 1984 (con 272 presenze e 2845 punti segnati in 18 azzurrissimi anni, tra il 1966 ed il 1984) per far risaltare, fra le altre vittorie, l’oro scintillante dell’Europeo di Nantes (1983) e l’argento delle Olimpiadi di Mosca (1980) e poi dal figlio Andrea (106 presenze, 975 punti in 7 anni dal 1995 al 2002 e capitano anche lui nel 2001), protagonista indimenticabile dell’abbraccio d’oro all’Europeo di Parigi del 1999 proprio con papà Dino, allora team manager della squadra, in cui l’11 indossato da Andrea si è ricongiunto e sovrapposto a quello che Dino ha sempre avuto tatuato sul petto, anche sotto la giacca. Così, a dimostrazione che la maglia della nazionale non conosce genere, ma solo colore - l’azzurro intenso che ci fa piangere e gioire - in un fil-rouge tra femminile e maschile, la tradizione dell’11 azzurro, è proseguita nella femminile senza soluzione di continuità: Elena Paparazzo, nell’anno in cui si è tolta la fascia di capitana e ha dato l’addio alla nazionale (2004) è andata dritta da Raffaella Masciadri per consegnarle una eredità pesante e prestigiosa. “A Mascia – ricorda Elena – ho detto semplicemente che l’11 avrebbe dovuto essere suo, perché dopo Cata e me ritenevo giusto ed importante che la maglia della capitana restasse quella”. E Raffaella Masciadri (che con la nazionale ha avuto una storia d’amore infinita, lunga 193 partite e 1701 punti, ottava per presenze e quarta per punti segnati in azzurro) l’ha vestita e servita, quella maglia, piegando le gambe in difesa, alzando lo sguardo in attacco e non abbassando mai la testa per 17 anni. “In tutto questo tempo – racconta Masciadri – sono stata onorata di aver indossato la maglia azzurra e di aver ricevuto la n.11 da Elena, perché so che cosa ha rappresentato. Ringrazio lei e Cata, perché poterla vestire è stato per me denso di significato: ho sempre saputo quanto fosse importante e mi sono caricata sulle spalle, con orgoglio, questa responsabilità”.
Già, perché essere la capitana della nazionale non è da tutti, né per tutti: “La qualità fondamentale – torna a dire la “Zarina” Pollini – è la capacità di unire la squadra: se poi si ha la fortuna di essere leader anche in campo, meglio, ma la capitana è molto più di questo. Io continuo a credere e sostenere che il basket sia un gioco di squadra e dunque la caratteristica più importante per chi deve dare l’esempio, è saper compattare un gruppo che deve amalgamare, spesso e volentieri, giocatrici che nei propri club hanno abitudini e responsabilità diverse”. “Paparazzo e Pollini – aggiunge Masciadri – interpretavano alla perfezione valori come lo spirito di sacrificio, la dedizione al gruppo ed alla maglia, la capacità di soffrire e gioire con e per l’azzurro. Le ringrazio molto, perché il loro esempio mi ha insegnato tanto ed io ho cercato di fare altrettanto con le mie compagne”. E adesso che l’11 non sarà più sulle spalli forti di capitan Masciadri? “Dopo essermi consultata sia con Elena che con Cata – annuncia Masciadri – passo l’11 a Giorgia Sottana: credo che sia lei la leader di questa nazionale, soprattutto perché incarna questi valori. Sono molto felice che abbia accettato di vestirla (cambiando il suo 7, ndr) perché la tradizione deve continuare”. In quelle telefonate, tra Masciadri, Paparazzo e Pollini c’è tutto il significato di una tradizione bellissima, c’è un pezzo importante degli ultimi 35 anni della nostra pallacanestro e c’è quell’inestimabile senso di continuità, vero patrimonio di una maglia piena di valore e valori.
Il club della maglia numero 11 del basket azzurro ha appena aperto le porte ad un’altra grande giocatrice. Dopo Pollini, Paparazzo e Masciadri, il destino si compirà completamente ed oltre all’11, Sottana indosserà anche la fascia di capitana, sancendo definitivamente questa bellissima tradizione?