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GIOCAVAMO CON LA GONNA
from PINK BASKET N.03
by Pink Basket
STORIE di Linda Ronzoni
NEL 1938 LE AZZURRE SI AGGIUDICAVANO IL PRIMO EUROPEO ORGANIZZATO DALLA FIBA. MIGLIOR REALIZZATRICE ITALIANA DI QUELL’EUROPEO FU ANNAMARIA GIOTTO, DETTA LA “CAPOCANNONIERA”, OGGI 103 ANNI ED UNICA SOPRAVVISSUTA DI QUELLA SQUADRA
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Ma voi chi avete detto che siete? Ah siete quelli del giornale, ah sì vi aspettavo. Mi fate sempre le stesse domande però voi dei giornali, certo le domande le potete fare solo a me, sono restata solo io di questa foto. Le altre non ce l’hanno fatta ad arrivare a 103 anni. Però alla mia età ancora mi arrangio, avete visto come sono ancora svelta, come mi alzo dalla poltrona? Come una saetta! Mi chiamavano così da giovane le mie compagne. Saetta.
A sedici anni non mi stava dietro nessuna, giocavo all’Audax Venezia nella squadra che aveva messo in piedi il mio moroso l’Anniro. Anniro Montini si chiamava, un nome strano al giorno d’oggi, poi ci siamo anche sposati io e l’Anniro. La pallacanestro era una grande passione per tutte e due, mi sa che si mi sono innamorata di lui anche per questo. Io della squadra ero quella che segnava di più, ero veloce e poi avevo un entusiasmo... Non so più dire quante ragazze ho convinto, quante sono diventate brave giocatrici grazie a me. Io mi svegliavo la mattina e non vedevo l’ora che venisse sera per andare ad allenarmi. Per quello ringrazio Dio che mi ha fatto incontrare l’Anniro, che mi capiva e anzi mi spronava a fare sempre meglio.
Nel Trentasette mi hanno chiamata in Nazionale e ho cominciato a farmi notare e poi nel campionato del Trentotto sempre con l’Audax ho segnato 171 punti, sono stata la migliore realizzatrice. Lo so che sembrano pochi ma... Intanto giocavamo con la gonna, sulla terra battuta con la palla più grande che sembrava un macigno, ci volevano certi muscoli sulle braccia. Le partite finivano 30 a 15, una cosa così.
Comunque negli Europei io ho fatto 30 punti, ero la capocannoniera. Hanno cominciato a chiamarmi così tutte le compagne, anche l’Anniro ogni tanto per prendermi in giro mi diceva: Oii capocannoniera non sta montare la testa eh, mi diceva, e ci facevamo una risata. Ma che gioia, che felicità, portare la mia squadra a vincere gli Europei. Battere la Polonia, la Svizzera, la Francia. E poi vedere Roma che io non mi ero mai mossa da Venezia.
Poi con l’Anniro ci siamo sposati. Poi la Audax non c’era più. Poi è cominciata la guerra. E niente, la pallacanestro è diventata solo un ricordo. Certe volte la mattina mi svegliavo e non avevo niente da sognare. Non c’era più da aspettare la sera per andare a fare gli allenamenti, mi mancava anche la palla che a ripensarci, mentre fantasticavo di correre a canestro, mi sembrava una piuma. L’Anniro vedeva che ero triste, e forse aveva paura che lo amassi un po’ meno adesso che non c’era più la pallacanestro.
Poi sono nate le figlie. Comunque, che bei ricordi. La capocannoniera mi chiamavano. 30 punti. A Roma.
Ma voi chi avete detto che siete?
*Lo spunto per questo articolo è stato dato dalla mostra 1938. Azzurre Prime in Europa, ideata dal giornalista Massimiliano Mascolo e del fotografo Alessandro Rizzardini. Si tratta di una mostra itinerante la cui prima tappa è stata a La Spezia in occasione di Italia-Svezia, e che ora sarà portata nei principali palazzetti di serie A1 e A2 femminile nel corso della stagione. L’intervista è frutto della fantasia di Linda Ronzoni, ispiratadalla storia vera di Annamaria Giotto.
COME SI GIOCAVA
Per il gioco era un importante momento di transizione tra la palla al cesto degli anni Venti, piuttosto rigida nella sua impostazione, e la pallacanestro che era stata giocata e mostrata ai Giochi Olimpici di Berlino del 1936 dagli Stati Uniti.
Le misure standard del campo erano 26x14m, con differenze sostanziali rispetto ad oggi nella segnatura delle aree del tiro libero; il fondo regolamentare doveva essere di terra battuta, legno o cemento, la palla doveva misurare tra 75 e 80 cm di circonferenza per un peso tra i 600 e i 650 grammi. Dal 1937 era stata abolita la palla chiusa con i lacci tipo quella del calcio. I tabelloni, chiamati all’epoca specchi, erano di legno duro, verniciati di bianco nella parte rivolta verso il campo. I supporti per i tabelloni potevano essere di varie fogge e materiali, compreso il cemento. La durata della partita era di due tempi da 20 minuti. In caso di pareggio, si proseguiva con i supplementari della durata di cinque minuti fino a sbloccare la parità. Successivamente venne introdotta nei campionati nazionali anche la possibilità del pareggio. Per ciascuna squadra erano concesse tre sospensioni di un minuto, in campo femminile le sospensioni erano quattro per permettere alle giocatrici di avere un’occasione in più di riposare.
Il quarto fallo personale comportava l’uscita del giocatore dalla partita, ma nel numero dei falli non venivano compresi i falli tecnici. Ogni giocatore in campo poteva essere sostituito per un massimo di due volte; in caso di errore e di un quarto ingresso in campo, il giocatore veniva squalificato e la squadra punita con un tiro libero per fallo tecnico. Esistevano già la regola dei passi, dei 10 secondi per superare la metà campo e dei 5 secondi per passare la palla su pressione dell’avversario. Le posizioni in campo erano piuttosto libere; i ruoli riconosciuti erano tre: centro, avanti e difesa. La manovra offensiva consisteva in spostamenti con una fitta trama di passaggi per sbilanciare gli avversari.
In difesa non era molto usata la uomo, ma piuttosto era preferita una specie di zona 2-3. L’ideale era comunque difendere con quattro giocatori, lasciando il quinto, in genere il più alto e lento a rientrare, nei pressi del canestro avversario.