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OCHE SENZA ALIBI
from PINK BASKET N.03
by Pink Basket
PALLA E PSICHE di Alice Buffoni
Non abbiamo tenuto l’avversaria sul primo passo e quella è andata a canestro indisturbata. Rientriamo in difesa ignorando gli insulti del coach: non è colpa nostra, è colpa del lungo che non si stacca mai sul lato debole. Seconda azione, l’avversaria ci batte di nuovo sul primo passo e segna comoda in terzo tempo. Ma è sempre colpa del lungo, che stavolta non è ancora rientrato in difesa. Intanto per te arriva il cambio punitivo.
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E se invece di cercare un capro espiatorio anche la seconda volta, avessimo abbassato le gambe e mosso i piedi? Forse non saremmo sedute in fondo alla panchina a maledire il karma...o il lungo.
Questa è la teoria degli alibi e ha distrutto carriere e rovinato intere stagioni.
Spostare la causa di un errore fuori dal nostro cerchio di competenze, ci solleva dalle responsabilità. È una sensazione comoda perché ci evita di ammettere che non siamo brave abbastanza, che non eravamo concentrate, che dobbiamo allenarci di più, fare più fatica. La nostra autostima rimane intatta, ma se non ammettiamo l’errore non possiamo né ripararlo né migliorare. E se non possiamo migliorare, siamo inutili per la squadra, che deve correre il doppio per coprire le nostre mancanze. Ce la meritiamo tutta quella panca!
Negli sport di squadra la tendenza a rifugiarsi negli alibi è un male sottile, che non sempre risulta evidente, perché in un gruppo è più facile sopperire alle carenze tecniche o motivazionali di qualche compagna. Ma se il male si diffonde è facile incorrere nell’effetto Ringelmann, dal nome dell’ingegnere che lo teorizzò per la prima volta, nel 1913. Secondo questa teoria all’aumentare della dimensione del gruppo i singoli abbassano il loro impegno nel compito, arrivando a una diminuzione di quasi il 50% delle loro potenze individuali. Le ricerche sociali successive si sono riferite a tale fenomeno parlando di pigrizia sociale o diffusione di responsabilità. Come si può fare per non cadere nella trappola?
A livello individuale dobbiamo chiederci sempre, sia in caso di sconfitta che di vittoria, che cosa avremmo potuto fare meglio, ripensando alle situazioni di gioco in cui in effetti abbiamo sbagliato o in cui la squadra ha avuto più difficoltà. È faticoso, ma questo esercizio di match analysis è uno strumento incredibile per migliorarsi perché ci fornisce degli elementi concreti su cui lavorare in allenamento.
A livello di squadra invece dobbiamo comportarci come... le oche. Avete mai visto le oche volare? Durante la migrazione, con la tipica e perfettamente aerodinamica formazione a V, riescono a percorre in volo enormi distanze. Lo sforzo fisico è distribuito tra tutti i membri ed è reso sostenibile dal sistema di turnazione dei ruoli: la potenza individuale di ogni membro del team aumenta fino al 70%. Tutto il contrario dell’effetto Ringelmann.
Quindi, non tiriamoci indietro, ma tiriamo il gruppo quando tocca a noi, prendiamoci responsabilità e mettiamo in campo quello che non stanno dando le nostre compagne, quando sarà il loro turno ricambieranno!
Lo stormo di oche è così diventato emblema di organizzazione d’insieme sinergico che riesce a raggiungere mete altissime.
Questa rubrica è tenuta da Psicosport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori, dai settori giovanili all’alto livello agonistico,per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, per migliorare performance individuali e ottimizzareil rendimento di squadra.