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KEYS, FORZA DI UN SORRISO
from PINK BASKET N.12
by Pink Basket
COVER STORY di Giulia Arturi
SOLARE E TRANQUILLA, IN CAMPO DIVENTA UN’ARMA LETALE: A 22 ANNI HA GIÀ TROVATO UN POSTO IMPORTANTE NELLE ROTAZIONI DI SCHIO. “QUANDO HO DETTO DI NO ALLA NAZIONALE PER LAUREARMI, LA MAMMA NON MI HA PARLATO PER DUE GIORNI, MA AVEVO RAGIONE IO...”
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Dopo un’estate con due ori europei (under20 e under18), le nostre ragazze hanno preso la rincorsa. Roster pieni di giovani, di “teen” addirittura, le nuove leve sembrano spuntare ovunque. Anche a Schio, sotto i canestri, dove troviamo Jasmine Keys, 22 anni appena compiuti. Una ragazza solare, il trionfo di una bella normalità che quasi non serve descrivere perché è vera, vissuta. Del resto il suo nome, di antica derivazione persiana, rievoca le dolcezze e i profumi del gelsomino. Ma il suo sorriso non deve ingannare. Sul parquet si trasforma in un’arma letale: una lunga di 1.90 che sa aprire il campo, segnare da fuori, e chiudere una stagione in quasi doppia doppia di media. Un punto di riferimento della Nazionale del futuro: solida in campo, positiva fuori. Ha fatto in pochi anni un salto di qualità che l’ha già portata a giocare minuti importanti a Schio, al suo esordio in Eurolega.

È stata difficile la decisione di lasciare San Martino, dove ti stavi guadagnando un ruolo di primo piano, per approdare a Schio, dove le occasioni e il minutaggio potrebbero essere minori?
“Avevo già avuto dei contatti con Schio in passato, ma in quel caso aveva giocato un ruolo importante l’università. Tengo molto allo studio, ed è stato uno dei fattori determinanti per decidere di proseguire il mio percorso con le Lupe. San Martino è un bell’ambiente: lì ho avuto tante possibilità, molto spazio e fiducia. Devo ringraziare tutto lo staff e le ragazze: in questi tre anni mi sono costruita come giocatrice e ho acquisito quegli strumenti che mi hanno permesso di arrivare dove sono oggi e che ora posso sfruttare in campo. La decisione è stata molto difficile, anche se comunque rimango vicino casa. Ma avevo capito che era giunto il momento di fare un passo in più”.
Com’è stato l’impatto con l’Eurolega?
“Io sono molto emotiva, ma è un aspetto del mio carattere che tendo a nascondere, quindi scendo in campo sempre con la stessa faccia: sembro calma e impassibile, anche se magari dentro di me non è esattamente così. Alla prima partita, che poi abbiamo vinto, ero veramente emozionata. Sono molto contenta, sapendo com’era andato l’inizio l’anno scorso, è stato un bellissimo risultato. Ho anche giocato tanti minuti, non me lo aspettavo. Nuova arrivata, nessuna esperienza in campo europeo, pensavo al massimo di ritagliarmi qualche minuto qua e là, invece sono davvero soddisfatta dello spazio e della fiducia che il mio allenatore mi sta concedendo”.
È difficile abituarsi ad essere sempre in viaggio e affrontare trasferte anche molto impegnative?
“Sono una persona che si adatta facilmente a ogni situazione e riesco a dormire letteralmente dappertutto! (risata). Questo mi facilita non poco. E poi mi piace viaggiare, anche se a volte significa rientrare da una trasferta a notte fonda e il mattino dopo essere già in palestra ad allenarsi. Bisogna essere pronte di fronte ad ogni evenienza, prendere il ritmo: se non ti fermi mai, tieni lontano anche la stanchezza!”.
Sei una lunga un po’ atipica: 1.90 ma con un gran tiro da 3. È già questa la tua dimensione tecnica o c’è qualcos’altro su cui stai lavorando?
“Sto facendo un gran lavoro individuale su quelle che sono le mie caratteristiche e su come tradurle positivamente in campo. Il coach mi dà tante opportunità e mi lascia molto spazio, per esempio mi stimola ad attaccare il canestro con le entrate, lavorando così anche su movimenti più da esterna”.
Il primo traguardo stagionale, la Supercoppa, l’avete centrato. E il tuo apporto alla vittoria è stato determinante. A 22 anni compiuti da poco, appena arrivata, un trofeo l’hai già portato a casa.
“Sono felicissima perché sinora non avevo mai vinto niente! Poi il successo è arrivato con le vittorie in due partite difficilissime contro Venezia e Ragusa. Sono squadre molto forti e motivate, alla ricerca di qualche rivincita nei nostri confronti, visto com’è finito il campionato l’anno scorso”.
La pressione, che certo non manca in una società come Schio, come la vivi?
“In una squadra costruita per vincere non può non esserci. Si sente questa spinta, ma non è esasperata. Le aspettative in campionato e in Eurolega sono molte. Questa situazione può creare tensioni positive ma anche negative: è uno stimolo, ma pensare di far parte della squadra più forte d’Italia può significare sentirsi in dovere di giocar bene per esserne all’altezza”.
Questa estate dovevi completare gli studi di psicologia e conseguire la laurea triennale, come poi hai fatto: per questo non hai voluto o potuto rispondere alla chiamata della Nazionale. Come hai affrontato la situazione?
“È stata una decisione molto sofferta. Che ha prodotto come primo risultato il fatto che mia madre non mi ha parlato per due giorni! Abbiamo un rapporto bellissimo: è la mia roccia e con lei discuto di tutto. Ma in questa occasione le ho presentato la cosa già fatta, e questo di solito è un atteggiamento che manda in bestia tutte le mamme (risata). Ma ero già molto determinata e ferma in questa scelta. Per una volta volevo fare veramente quello che avevo in mente e mi ero prefissata. Anche perché, alla luce degli impegni che ho poi avuto dall’inizio della preparazione, non ce l’avrei mai fatta a laurearmi a settembre. Sono contenta della mia scelta, e di aver portato a termine gli studi nei tre anni previsti. Così alla Supercoppa aggiungo un altro trofeo: la mia laurea!”
Come sei arrivata alla psicologia?
“Ho fatto il liceo scientifico, ma ho avuto un insegnante di filosofia molto bravo che mi ha fatto appassionare alla materia. Però ho anche realizzato che se avessi proseguito su quella strada lo sbocco sarebbe stato l’insegnamento e non era quello che mi interessava. Così mi sono buttata in una materia che in qualche modo era affine, la psicologia: ho fatto il test e sono entrata all’Università di Padova, dove c’è un’ottima facoltà per questo indirizzo. Si è rivelata la scelta giusta: mi sono appassionata, soprattutto alle tematiche che riguardano i bambini e l’infanzia, molto interessanti e coinvolgenti. Ora vorrei proseguire e conseguire anche la magistrale, ma c’erano solo due posti disponibili e non sono riuscita ad entrare. Ho deciso così di frequentare dei corsi singoli, dando alcuni esami per fare punteggio e cercare di passare l’anno prossimo”.
Manca tantissimo: ma a fine carriera ti piacerebbe intraprendere la professione di psicologa?
“Sicuramente, soprattutto lavorare con i bambini. Non so ancora bene nel concreto come, ma avrò tempo per scoprirlo”.
Ci hai raccontato di quanto sia importante la figura materna nella tua vita. Ma che rapporto ha tua mamma col basket?
“Vi racconto un aneddoto. I miei genitori si conobbero in discoteca, erano gli anni ’90. Durante la prima conversazione mia mamma chiese a mio padre che lavoro facesse. ‘Il giocatore di basket’, rispose lui. ‘Si quello ok, ma di lavoro cosa fai?’. E lui ancora: ‘Il giocatore di basket’! Insomma, per lei non era neanche un’opzione che qualcuno giocasse a basket come mestiere, figuratevi quanto conoscesse quel mondo! E ora? Ne sa quasi più di me. Sa perfettamente contro chi giocherò e persino chi sono le mie avversarie, quali sono i loro punti forti, come affrontarle. Oltre a questo, è la mia forza, senza di lei non sarei dove sono ora”.

Hai mai preso in considerazione l’idea di andare a giocare al college?
“Avevo ricevuto delle proposte di borse di studio, ma stavo bene dov’ero, a Montecchio. Mi piaceva il liceo che stavo frequentando, non sentivo la necessità di questa esperienza. Non sono fatta per gli allenamenti alle cinque del mattino (risata)”.
C’è una giocatrice che ammiri particolarmente?
“Quando eravamo avversarie e giocavamo contro, mi toccava sempre marcare Harmon. Per fortuna adesso è una mia compagna di squadra e non sta più a me occuparmene durante le partite. Rimane un rebus irrisolto: 25 punti lei, 5 falli io (risata). È davvero una giocatrice meravigliosa, con una tecnica incredibile. Ora che ci gioco insieme ho scoperto anche essere una persona super”.
Qual è il posto che più ti ha colpito fra quelli che hai visto? E dove ti piacerebbe viaggiare?
“Sono una persona da mare: mi vedo sdraiata su una spiaggia con la sabbia bianca e il mare cristallino, per il resto della vita (risata). Quando andiamo in trasferta si vedono per lo più aeroporti e palestre, ma mi piace avere contatti con posti diversi, culture diverse. È molto affascinante”.
Prenderesti in considerazione un’esperienza all’estero?
“Perché no, mi piacerebbe, non so dove, sicuramente non in un posto triste. Ma ora come ora non sono pronta e sto bene qua”.
Insomma, la gioia non deve mancare mai nelle tue giornate.
“Sì, e sono anche meteoropatica, più sole c’è meglio è!”.
Sei una giocatrice e una persona che si mostra sempre con un atteggiamento molto positivo, aperto. Questo ti aiuta nei momenti di difficoltà?
“Sembro estroversa, ma in realtà sono molto introversa, tendo a nascondere un po’ quello che non funziona per poi affrontarlo quando torno a casa, per conto mio”.
Cosa riempie il tuo tempo libero?
“La musica, sicuramente, senza non ce la farei”.
Ogni tanto troverai anche tu qualcosa che fa arrabbiare.
“Mi dà fastidio la poca considerazione per il basket femminile che a volte percepisco. Vi faccio un esempio. In hotel, l’ultima trasferta, incontriamo un papà con sua figlia. Ci fa la classica domanda ‘pallavolo?’. ‘No, pallacanestro’. E lui per tutta risposta: ‘Anche io ho giocato, ma mica robetta come questa qua’. Questi pregiudizi faccio fatica a sopportarli”.
Com’è il tuo rapporto con i social?
“Alcuni aspetti di come si vive oggi il mondo digitale non mi piacciono. Ci sono degli eccessi, mi sembra che si perda un po’ il contatto con la realtà, il senso delle relazioni. Finché si tratta di fare un video simpatico, per strappare un sorriso a qualcuno va bene, ma sempre con cognizione di causa”.
Sogno nel cassetto?
“Non ho mai saputo rispondere a questa domanda. Sono una che pensa molto al presente. Finchè sto bene, continuò così”.
Keys in inglese sta per chiavi: Jasmine le ha in mano e sta aprendo tutte le porte che si trova davanti. Ma solo lei vuole sceglierle. Un tipo e una giocatrice che faranno tendenza: risentiamoci fra qualche anno.