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BEEP BEEP TOFFALI
from PINK BASKET N.12
by Pink Basket
PRIMO PIANO di Marco Taminelli
SUSANNA TOFFALI HA IL FUOCO DENTRO. ESPLOSIVA SULLE GAMBE, CORRE A PIÙ NON POSSO CON UNA GRINTA DA VENDERE. CONSAPEVOLE DELL’ANNATA TOSTA CON IL SANGA MILANO, È QUINDI PRONTA A CRESCERE E AD IMPARARE, MA SENZA SMETTERE DI LOTTARE
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Il Sanga Milano compie 20 anni, li celebra a Palazzo Marino (sede del Comune di Milano) e si gode l’11° anno di fila in serie A2. Un vero record che le Orange vogliono difendere attraverso la faccia tosta, e la personalità, di una giovane atleta mai banale come Susanna Toffali, che ci racconta la sua vita intinta di Orange.
Susy ed il basket, amore a prima vista? Com’è iniziata la tua passione per la palla a spicchi?
“Il mio primo approccio con la palla a spicchi è avvenuto all’età di sei anni, in maniera abbastanza casuale. All’epoca giocavo a calcio, ma covando il desiderio di provare anche qualche altro sport. Dopo un fallimentare allenamento di minivolley, concluso esprimendo educatamente il mio dissenso (“Mamma, non mi piace per niente!”), mi sono trovata un martedì pomeriggio a cercare di lanciare un grosso pallone arancione in un canestro posto forse troppo in alto. Non ho più smesso. Di provarci, ovviamente”.
I tuoi insegnanti/allenatori degli esordi. Parlaci delle prime esperienze, dal mini basket alle giovanili.
“Devo dire che da questo punto di vista sono stata veramente fortunata. Il mio primissimo allenatore è stato niente di meno che Davide “Dacio” Bianchi - playmaker della Stefanel Trieste dal 1988 al 1993, ndr -, che in pochissimo tempo ha saputo trasmettermi la passione e la voglia di migliorarmi costantemente. Mentore del mio passaggio dal minibasket ai primi anni delle giovanili è stato Andrea Ambrosi, altro personaggio fondamentale nel mio percorso cestistico, che ha provato a portare la mia parte razionale in campo, facendomi capire quali fossero i momenti in cui correre e quelli in cui ragionare, correndo. Uno degli aspetti che mi ha aiutata a crescere è stato la possibilità di giocare con i maschi fino ai tredici anni: ciò mi ha permesso di imparare ad usare il fisico e la velocità ancor prima della tecnica, di non aver paura di nessun tipo di avversario sviluppando una forte, fortissima competitività”.
Qual è stato il momento chiave in cui è scattata la voglia di provare a diventare una giocatrice?
“Quando non sono stata scelta per partecipare all’Europeo U16. Lì ho capito che l’unico modo per farmi passare l’arrabbiatura era quello di impegnarmi seriamente per diventare una giocatrice. Dopotutto, la prima non-convocazione non si scorda mai”.
La tua arma vincente per affrontare le difficoltà, passaggio dalle giovanili alla prima squadra. Prima a Bergamo, poi Alpo e quindi Sanga.
“Il voler a tutti i costi cercare il lato positivo di ogni situazione e l’impegno nel cambiare le carte in tavola quando di positivo non si trova proprio nulla. Nel corso del mio primo anno tra le senior, a Bergamo, ho avuto la fortuna di giocare in un campionato mistico, ormai scomparso e dimenticato da molti: la serie A3. Una via di mezzo tra la serie A2 e la serie B, caratterizzata dalla presenza di molte squadre composte da giovani promettenti. Il passaggio dalle giovanili alla prima squadra non è stato complicato a livello di ambientamento e di gioco, bensì per via di un episodio che raccontato ora fa sorridere, ma vissuto allora no, per niente. Immaginate il contesto: primo anno tra le grandi, entusiasmo a mille, viene improvvisamente deciso che la nostra divisa sarebbe stata composta da una gonnellina e una maglietta aderente. Obbligatoriamente, per il resto dell’anno. Sfido voi a trovare il lato positivo”.

Approdo al Sanga: dalle prime grandi emozioni con la U20 all’A2 dove stai provando il salto di qualità: da giovane promessa a terminale offensivo principale in questa stagione.
“La mia prima avventura al Sanga, nel marzo del 2017, è andata ben oltre le più rosee aspettative: vittoria al fotofinish delle finali regionali con il carismatico gruppo 97/98 (ndr: se volete vedere come, andate su YouTube e digitate “Susanna Toffali tripla under 20”...) e qualificazione per le finali nazionali di Roseto degli Abruzzi, che ci ha viste raggiungere un meritatissimo quarto posto. Il mio “secondo arrivo”, nel gennaio del 2018, è stato un vero e proprio toccasana: ero reduce da un periodo poco piacevole, e trovare facce già conosciute è stato per me fondamentale per riacquisire la fiducia persa. Il risultato, a livello giovanile, è stato analogo a quello dell’anno precedente: titolo regionale e medaglia di legno alle finali nazionali di Macherio. Sin dall’inizio ho percepito molta fiducia da parte di Franz Pinotti, e ho sempre cercato di farmi trovare pronta quando chiamata a dare il mio contributo. La sensazione di responsabilità attuale è simile a quella provata durante gli ultimi anni di giovanili, quando mi ritrovavo a trainare (metaforicamente) le compagne più giovani. Solo che ora la compagna giovane sono io”.
Come ti trovi al Sanga, quali sono gli aspetti che ti hanno portato a Milano? E come vedi l’annata per le Orange?
“Non capita tutti i giorni di sentirsi a casa in una città che non è la propria. Inoltre, il gruppo formatosi quest’anno è molto unito, e prima che compagne di squadra siamo amiche. Trovo che questo aspetto sia fondamentale per creare la giusta alchimia, e spero che da fuori si riesca a vedere quanto ci divertiamo. L’annata sarà tosta, ma giocando di squadra e facendo leva sui nostri punti di forza potremo anche dire noi la nostra”.
A2 campionato tosto ma anche chance per emergere e testarsi ad alto livello. Quali sono gli ostacoli che hai (e stai) trovando e quali, secondo te, i vantaggi di potersi confrontare con il basket che è anticamera del Gotha di Serie A1?
“Essendo un gruppo molto giovane, pecchiamo inevitabilmente di esperienza e spesso ci troviamo a confrontarci con squadre che sanno rallentare il gioco e imporre il proprio ritmo. Credo che la differenza della serie A1, oltre chiaramente alla possibilità di avere tre giocatrici straniere, sia proprio questa: un gioco più ragionato e meno basato sulla transizione e sulla corsa. Il vantaggio che ne traiamo è la possibilità di crescere e di imparare tanto, sia dalla categoria che dalle nostre avversarie, spesso giocatrici che hanno militato per anni ai piani più alti”.
Susy giocatrice: pregi, difetti, lati da esplorare, cosa ami di te sul parquet e su cosa stai lavorando.
“Sono una giocatrice a cui piace molto correre e fare dell’1vs1 il proprio cavallo di battaglia. Mi diverte difendere e stare “francobollata” alla giocatrice avversaria, facendola innervosire, ma non se questa è una tiratrice seriale. In tal caso, dopo la terza o quarta bomba in faccia, non mi diverto più così tanto. In questi anni ho lavorato sul tiro dalla lunga distanza e, fortunatamente, i risultati iniziano a vedersi. Se sono in giornata, il vento tira nella giusta direzione ed i pianeti sono allineati correttamente, qualche tripla entra anche a me. Gli aspetti in cui vorrei migliorare sono l’arresto e il tiro, l’uso della mano debole (che, da brava mancina, chiaramente è la sinistra) e le letture offensive, perennemente errate”.

Torrentizia e con ritmo indiavolato in campo, stesso canovaccio anche fuori dal parquet? Susy ed i suoi hobby/passioni.
“La mia scelta di fare la spola tutti i giorni da Sirmione a Milano viene spesso considerata scellerata, e non posso dare tutti i torti, ci sono giornate in cui mi sento una pallina del flipper. Contrariamente a quella che è l’opinione comune, trovo i lunghi viaggi in treno particolarmente rilassanti, poiché mi ritaglio del tempo per dare sfogo ad una delle mie più grandi passioni: la lettura. Leggo di tutto, dai libri di qualunque genere, ai quotidiani, i dépliant del supermercato, gli ingredienti sul barattolo della maionese. Quest’ultimi non in treno, chiaramente. In un’epoca in cui il collezionismo è sempre meno considerato come hobby, porto avanti la causa con la mia interminabile collezione di calzini stravaganti, che comprende (non scherzo) circa 130 paia. Probabilmente in una vita precedente ero un millepiedi”.
Ti piace la comunicazione a tutti i livelli: non manchi anche di dire la tua su temi che vanno molto al di là del basket. Quali sono gli argomenti che ti appassionato, e che magari ti fanno imbestialire?
“Guardando la società nel suo complesso. Se “dire la tua” è un modo carino per dire che mi piace polemizzare su qualsiasi cosa, allora sì, ci tengo molto a dire la mia. Scherzi a parte, mi infastidisce particolarmente il clima d’odio e di rifiuto della diversità instaurato da persone disinformate che vogliono dire la loro a tutti i costi. Per questo considero la lettura dei quotidiani un atto estremamente formativo, per la possibilità di guardare da diverse angolazioni quel che succede nel mondo e la conseguente promozione di una cultura maggiormente inclusiva”.
I sogni di Susy, dentro e fuori il parquet.
“Vorrei diventare insegnante di educazione fisica, seguendo le orme dei miei genitori e, al contempo, allenare in una scuola calcio. Cestisticamente parlando mi piacerebbe semplicemente diventare un esempio per le bimbe del minibasket e una compagna di squadra su cui fare affidamento nei momenti critici. In realtà il mio più grande sogno è da sempre quello di schiacciare a due mani nel canestro regolare da 3.05, ma non volevo sembrare esageratamente utopistica”.