
1 minute read
FALLIMENTO DIKE
from PINK BASKET N.05
by Pink Basket
INSIDE A1 di Giuseppe Errico
NAPOLI: DAL MERCATO FARAONICO AL FALLIMENTO, UNA BRUTTA PAGINA PER IL NOSTRO MOVIMENTO. NE ESCONO BENE SOLO GIOCATRICI E STAFF, ESEMPIO DI PROFESSIONALITÀ E DEDIZIONE. CE NE PARLA KATHRIN RESS
Advertisement
Pensavamo come amanti e sentimentalisti del movimento del basket rosa di parlare solamente ed esclusivamente delle gesta delle giocatrici in campo, dei risultati delle squadre, di nuove stelle emergenti e non più di crisi societarie e squadre che nel bel mezzo della stagione facciano saltare il banco e decidano di abbandonare il campionato. Men che meno se questa squadra fosse stata la dominatrice incontrastata del mercato estivo e si fosse cucita addosso i gradi di pretendente al titolo. La Dike Basket Napoli è passata dalla corsa al titolo, alla corsa per portare le carte in federazione e chiudere i battenti, il passo non è breve, ma non è neanche un fulmine a ciel sereno, ma una situazione che si stava trascinando da anni e che non poteva che avere una sola ed unica conclusione, ossia, quella che in questi giorni finali di gennaio ha mandato in subbuglio il basket femminile e lasciato senza squadra e senza soldi giocatrici e staff tecnico.
ESTATE COL BOTTO Macchi, Ress, Tagliamento, Harrison e le due Williams: era partita così la nuova stagione della Dike. Mercato faraonico con le prime difficoltà ad onorare gli stipendi già in avvio di stagione, forse anche a causa di un mercato in entrata che si era allungato oltre ogni possibilità. Primi tre mesi di stipendi in ritardo ma arrivano, poi il nulla fino alla deflagrazione atomica, con le promesse di stipendi in arrivo nella prima settimana di febbraio e con le stoiche giocatrici che accettano quest’ultima farsa, ma la situazione precipita e si chiude. Questo è l’oggi! Ma c’è un passato non troppo lontano che parla di stipendi in ritardo, promesse disattese, impegni economici non rispettati, azioni giudiziarie in corso, e lodi Fiba e Fip. Uno di questi quello della giocatrice statunitense Kelsey Bone passato in giudicato, quindi mercato in entrata ed in uscita chiuso poco dopo la roboante campagna acquisti. Ma anche un film già visto quindici anni fa a Maddaloni dove lo stesso presidente facendosi come sempre scudo di prestanome aveva causato il più grande crack che la storia della pallacanestro femminile abbia mai conosciuto. I segnali c’erano tutti, da anni, e si è comunque dato credito, troppo, a chi con una forma di narcisismo ha pensato bene di giocare con la passione e le emozioni di una città come Napoli che merita ben altro.

GIOCATRICI E STAFF EROI Nonostante tutte le difficoltà esterne la squadra al momento del game over era al quarto posto in classifica grazie solo ed esclusivamente alla professionalità e alla dedizione delle ragazze (togliendo qualche americana che giustamente a suo modo di vedere si rifiutava di giocare) e dello staff tecnico che sono gli unici che escono da questa vicenda a testa altissima. “Purtroppo avevo già vissuto sei anni fa una situazione simile – ci dice Kathrin Ress – a Faenza con Chiara Pastore. Vivi momenti di isteria nel senso che non sai cosa fare, passi dal pianto all’ira attraverso la risata sconcertata. Un frullatore di emozioni che alla fine ti lascia un vuoto dentro. Diversamente da Faenza forse queste emozioni sono affiorate in più occasioni da quando siamo arrivate qui a settembre dato che dei problemi se n’era sentito parlare ed erano già venuti a galla prima di gennaio. Dopo l’ultima comunicazione da parte della società in cui ci dicevano che le cose si sarebbero finalmente sistemate dal sei febbraio in poi, ci siamo guardate in faccia tra noi giocatrici convenendo che sarebbe stata l’ultimissima possibilità che da professioniste ci sentivamo di dare al club, spinte soprattutto dal clima che si era creato fra noi ragazze. A Napoli si sta bene e si sono creati legami di amicizia che vanno oltre ad ogni situazione”. Queste parole finali di Ress ci dimostrano ancora una volta, e sempre che ve ne fosse bisogno, il grande lavoro svolto dalle ragazze in campo. “Credo di parlare a nome di tutte - continua Ress – quando dico che il campo è la nostra seconda casa, le scarpe il nostro accessorio preferito e la palla il nostro gioiello più prezioso. Siamo tutte professioniste, quindi, non possiamo far altro che rispettare lo sport e noi stesse dando sempre il massimo quando mettiamo piede sul parquet. Bisognava tirar fuori il meglio da questa situazione e lo abbiamo fatto sfruttando i minuti in più che ognuna di noi aveva a disposizione”. Anche fuori dal campo nei momenti successivi alla notizia le ragazze si sono com- portate in maniera impeccabile a discapito di certe situazioni che le hanno viste trattate più come burattini che come persone. Dall’ufficialità della notizia, al congelamento della stessa, al “vediamo se salviamo la situazione” e loro nel limbo ad aspettare il da farsi. “Ci sentivamo impotenti – dichiara Kat – dato che si parlava in altri posti del nostro futuro senza interpellarci. Essendo noi le dirette interessate sarebbe stato giusto poter portare la nostra opinione dato che si trattava delle nostre vite. Siamo ancora troppo in minoranza ai piani alti, non solo come quote rosa, ma proprio come giocatrici attive che vivono nel quotidiano un movimento che è in difficoltà ma che ha tanto potenziale e vuole essere rispettato”. Difficilmente una situazione del genere non lascia segni anche in una giocatrice esperta come Ress: “Io sono mamma e giornalmente provo a ricordare a mio figlio che da ogni caduta bisogna rialzarsi ma soprattutto che qualsiasi cosa lui faccia lo deve fare al massimo del suo potenziale per non avere rimorsi o recriminazioni. Questo è quello che abbiamo fatto noi giocatrici. Resta l’amaro in bocca al pensiero di come sarebbe potuta finire. Però vorrei lanciare un messaggio a tutte le società! Per gran parte delle partite una squadra formata praticamente da sole italiane era quarta in classifica. Forse un pensiero bisogna farselo, serve davvero spendere tanti soldi per prendere così tanti stranieri? Pensate che senza non si possa puntare in alto? Credo che siamo riuscite a mettere in campo la pallacanestro italiana lanciando un bel messaggio”. Le responsabilità prima o poi andrebbero anche accertate “Non mi piace dare colpe e credo che non sia questo il luogo ed il tempo per puntare il dito – dice Kat – posso solo dire che non è un singolo ad aver sbagliato, le idee c’erano e non metto in dubbio neanche la volontà, mi viene solo da pensare che forse le risorse vadano raccolte prima e i conti fatti bene a priori”.
TUTTI LIBERI È la conseguenza del fallimento: tutti svincolati e alla ricerca di una squadra che possa salvare una stagione e dare ossigeno economico a queste ragazze. Macchi sembra molto vicina alla Reyer, Tagliamento che in un primo momento era stata accostata a Campobasso ha ricevuto un paio di offerte estere provenienti da Spagna e Polonia. Capitan Pastore è stata ingaggiata da San Marino di Lupari per sostituire l’infortunata Dotto, Gonzalez ha firmato per S. Giovanni Valdarno in A2. Harrison ha firmato a Praga e le altre due americane sono tornate a casa. “Per me nell’immediato – conclude Kat – c’è di certo la famiglia che non sta passando un bel momento. Poi ci sarà la pallacanestro. La palla lo sa che ha ancora alcuni conti in sospeso con me”.

FORMULA SALTATA La rinuncia della Dike fa saltare il conto anche della formula play off che come era stata strutturata adesso non è più attuabile. La palla passa alla Federazione che deve ratificare la nuova formula, ma nell’immediato c’è la questione coppa Italia alla quale le partenopee si erano qualificate. Da regolamento, visto che la rinuncia è avvenuta durante la stagione regolare, tutte le squadre che hanno battuto Napoli perdono i due punti conquistati. Al termine del girone di andata cinque squadre si vedranno togliere due punti (Venezia, Schio, Geas, Lucca e Ragusa) con una classifica finale del girone di andata che cambia di poco o nulla e che vede l’ingresso nelle otto partecipanti alla Coppa Italia del Geas con questi accoppiamenti: Venezia – San Martino, Ragusa – Vigarano, Broni - Sesto, Schio- Lucca. Il tutto dovrà essere comunque confermato e ratificato a breve dalla Federazione.
UN PIZZICO DI COLPA E RIPARTIAMO In una vicenda come questa che fa del male a tutti gli appassionati di questo mondo e che toglie a Napoli e a Ponticelli una valvola di sfogo settimanale dove non è soltanto il gioco del basket il punto principale, ma un intreccio di relazioni e sentimenti, un luogo sicuro per i ragazzi del mini basket, un mondo totalizzante quello che è stato strappato alla città. In tutto questo sarebbe auspicabile che tutti si prendessero una piccola o grande parte di responsabilità. Chi ha portato avanti questa scellerata gestione fatta di sotterfugi e di cose poco chiare, chi doveva controllare la situazione e magari ha chiuso un occhio sul passato, magari in buona fede, per cercare di far rinascere a Napoli qualcosa di bello. Chi ha continuato a mandare le giocatrici in quel posto, anche qui in buona fede, sperando che la situazione potesse cambiare, cosa che non è mai successa. E chi come noi scrive e parla di basket rosa che abbiamo dato credito e risalto con la speranza che non potesse accadere l’irreparabile. Voltiamo le spalle a questa vicenda, guardiamo avanti ed evitiamo in futuro di dare nuova “verginità” a gente che fa del nostro movimento uno specchio per la propria megalomania.