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POLLARD, DETTA TANYA
from PINK BASKET N.05
by Pink Basket
STORIE di Giovanni Lucchesi
HA BATTUTO MOLTI RECORD, HA SEGNATO 99 PUNTI IN UNA PARTITA: COME NESSUN’ALTRA. EPPURE NON HA MAI VINTO UN TITOLO DI SQUADRA. UNA SOLISTA CHE SAPEVA QUANDO MICHAEL JORDAN NON SI FIDAVA DEI COMPAGNI. NUMERO PRIMO, ANCOR PIU’ CHE NUMERO 1.
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Atterrò sull’italico suolo nel 1983. Erano anni di belle speranze perché dall’81 il campionato italiano aveva aperto le sue frontiere ad una straniera per squadra. Le scelte erano complicate: orari impossibili per parlare al di là dell’oceano, fax lenti e rumorosi, la speranza nelle poste che recapitassero “cassette” di partite e giocatrici che per essere visionate necessitavano però di videoregistratori adatti da acquistare nelle basi americane di Aviano, Vicenza… Qualche informazione dai coach amici, la lettura della bibbia cestistica del tempo, Street&Smith’s, che tra le varie declinazioni aveva l’edizione “College Prep Basketball”. In bianco e nero come le foto che pure aprivano la finestra sulla terra promessa: gli States. LaTaunya Pollard, detta Tanya, si palesò con la maglia di una neopromossa, la Gefidi Trieste. USA Basketball Athlete of the Year, era questo il titolo di 178 centimetri di potenza. Arrivava dall’Indiana, East Chicago per la precisione, 20.000 abitanti o poco più. Dietro la casa dei suoi genitori si narra che Miss Basketball (alta onorificenza per atleti dell’high school dell’Indiana) abbia cominciato con il “tirare” qualcosa dentro i bidoni della spazzatura e poi dentro vecchi copertoni delle bici e infine in “veri” canestri inchiodati su pali del telefono.
Il feeling tra Pollard ed un canestro ha queste origini; nell’high school è leader di una formazione che vince due titoli statali che le valgono la borsa di studio universitaria per Long Beach State, sotto la guida di Joan Bonvicini, un mito tra i coach del tempo. In California tutto è basato sulla velocità di esecuzione per attaccare senza sosta. A questo sistema contribuiscono i suoi 23.5 punti di media. È All American sempre, tranne il suo anno di esordio. Ha un high di 48 in partita. Da senior è la miglior giocatrice e vince il Wade Trophy. La Nazionale si accorge di lei: nel 1980 è selezionata per la rappresentativa olimpica per Mosca. Il boicottaggio le ruberà il sogno. Lo riprenderà nell’estate del 1983 per i Mondiali in Brasile. Con lei in squadra ci sono, tra le altre, Miller, Woodard, Curry, Lawrence, Donovan e in panchina Pat Summitt: leggende. Eppure quella squadra perde la finale contro l’Unione Sovietica (unita) perché c’è un totem in mezzo all’area, Uliana Semionova e perché con 6 secondi da giocare Elena Chausova infila i due punti decisivi che ruppero l’82 pari.
Un destino, un filo sottile con la vittoria che si è sempre spezzato per Tanya nel momento decisivo, quando tutto sembrava concorrere per il successo, oltre il riconoscimento individuale. Un po’ il destino del grande solista: tabellino ricco, ma titoli di squadra nessuno o troppo pochi, come se il “basket” volesse sempre ricordarti che è sport dove il passaggio in più è bello e utile come un canestro. Ma torniamo a Trieste. 30.000 dollari erano serviti per convincere Pollard, ma mai prezzo fu meglio investito. Una sorta di delirio collettivo trova la sua apoteosi progressiva in un Chiarbola che diventa gremito all’inverosimile, partita dopo partita, incantato dalle giocate di una sorta di extraterrestre. Valanghe di punti: 984, ovvero 39.5 a partita. Tanya porta di peso la Gefidi in semifinale contro la GBC Milano (costruita per battere le dominatrici del tempo, la Zolu Vicenza di Pollini & C.). Pollard lotta, segna, duella ferocemente con Still, altra immensa stella del tempo in maglia Gemeaz, ma nulla può. Si “accontenta” del titolo di miglior marcatrice. La stagione successiva (84-85) è la consacrazione per la nativa dell’Indiana: Trieste ribolle di passione perché intanto anche il settore maschile vede l’ingresso di Stefanel alla guida della società. Pollard è come la bora: porta via record e avversari. È introdotto il tiro da 3 punti, una manna per lei, dotata di una gittata incredibile, instoppabile. E spesso è lei che viene invocata dalle tribune durante le partite della nascente Stefanel: “De Sisti, metti la Pollard…” Perché il gioco di quella Stefanel avrebbe avuto bisogno di un’attaccante di razza. In campionato la guardia supera per prima quota 60 punti in una gara e a seguire Jones, fino a Still che ne segna 88! Il campionato è un altro atto del destino di Tania: ad un passo, sempre, dalla vetta. La semifinale è stregata perchè gara 3, decisiva, è appannaggio di Viterbo per un solo punto, un misero punto, ma decisivo più dei 1226 realizzati in campionato, a oltre 40 di media. Per la cronaca lo scudetto va a Vicenza (“era” Aldo Corno), 32 vittorie su altrettante partite e una coppa dei Campioni sfilata meravigliosamente al Daugawa Riga di Semionova; ma questa è un’altra storia. La delusione e soprattutto la sua vita privata riportano Pollard in patria dove lavora per la sua università, a fianco di Bonvicini. Un apprendistato utile per una stagione, ma il richiamo dell’Italia è forte. Tanto che rientra nelle file del Lanerossi Schio, per soli tre mesi, per salvare le venete dalla retrocessione. Non riuscirà nell’obiettivo di squadra, ma perseguirà il suo obiettivo individuale: 48 punti di media, e 99 segnati in una sola partita, contro Gragnano! Pensare nel 2019 a quel punteggio è quasi inverosimile, perchè a volte in 20 a fatica si arriva a 90.
“Galeotti furono quei 99 punti”, vorrei dire: perché ad Ancona, dove allora ero assistente di un grande coach e di una grande persona come Gianni Zappi, si decide l’ingaggio di miss 99 punti grazie al sostegno dello sponsor Sidis. Gli auspici, però, non sono buoni. L’appuntamento per la firma è fissato a Schio con Pollard e il suo agente italiano, “tal” Federico Buffa, giovane avvocato con il pallino del basket e una conoscenza del mondo a stelle e strisce che lo rendevano garante di qualità e competenza. Gli auspici, dicevo: l’Alfa di coach Zappi si ferma in autostrada. Panico: l’appuntamento rischia di saltare. Ma da bravo assistente corro (per modo di dire visto che ho una rombante Fiat Uno) a recuperare il capo coach e insieme ci si avvia verso il Veneto, in ritardo clamoroso. La diplomazia di Zappi e gli argomenti convincenti dello sponsor permettono la conclusione dell’affare. Ancona prosegue in una campagna acquisti importante: Melon, Passaro. Costalunga e Cindy Brown per far coppia con Pollard. Brown è una giocatrice di primissimo piano, di talento indiscutibile ma con un modo di vivere il basket e la vita lontano dai canoni europei. Il rischio è calcolato perché Pollard ha allenato Brown a Long Beach nell’anno di parziale inattività. Il quintetto marchigiano è da primissimi posti, ma quegli auspici negativi si materializzano in pre season. Tanya accusa qualche fastidio fisico: si decide per un consulto durante il ritiro de L’Aquila. Il responso è traumatico per la società, meraviglioso per la donna: Pollard aspetta un figlio dal suo vulcanico compagno Jeffrey. Nascerà una bella bimba, Chiara, ma anche tali e tanti problemi tecnici che porteranno Ancona ad un campionato sofferto con i playoff acciuffati per un pelo, condizionato dalle lune di Brown, da emergenze continue. La stagione si conclude con in campo per una partita una coppia “incredibile”: Debra Rodman, sorella del più “famoso” Dennis, e Tanya Pollard che pur fresca di maternità ne mette 17. L’appuntamento è per la stagione successiva: 1988/89. È una cavalcata dura: miss Basketball viaggia a 34 di media e Ancona raggiunge i quarti dove deve vedersela con Vicenza reduce dalla sconfitta nella finale di Coppa Campioni. Tre partite intense, dove gli attacchi sfavillano; poi la bella in casa per la Sidis. Il canestro allo scadere di Passaro elimina la grande Primigi (che accusava i primi colpi della crisi) in un palasport che ribolliva di passione. È semifinale contro Milano. Ancona vince fuori casa gara 1, sta vincendo gara 2 ma il destino, beffardo, non è d’accordo con una numero 1 che mai è riuscita ad essere tale con una sua squadra. Il ginocchio scricchiola, la serie si chiude in gara 3 dove Tanya non riesce a dare il suo solito contributo. La beffa è in uno scarto risicato: un punto, di nuovo nulla in confronto ai 1152 di quella stagione.
L’epopea di Tanya ha un nuovo sussulto a Bari, nella stagione 90-91: una nuova semifinale, stavolta contro Como, ma a fianco di un’altra grande che segnerà il campionato italiano appena qualche tempo dopo, Razija Mujanovic. E ancora una volta a due passi dal sogno, Tanja si sveglia senza quel trionfo. Ancora una volta malinconica, con quella sua andatura a volte pigra, a volte distratta, ma capace di accendersi in modo imperioso e inarrestabile. Pollard chiuderà la sua carriera in Italia nel 1992 con 7062 punti segnati, un ginocchio assai malconcio e un rimpianto tricolore nel cuore. Ha un marito italiano e tre figli, ora; insegna basket ai bambini in Texas da diversi anni. Ma rimane la campionessa con gli occhi tristi dietro la risata aperta e coinvolgente. Era la piccola “Tomboy” (maschiaccio) che faceva impazzire i ragazzini che la sfidavano nel cortile della scuola in cui la madre era custode, che ha vinto le leggi della gravità con quella sospensione inaspettata e lunghissima, che avrebbe voluto assaggiare la WNBA, ma che sì è sempre fermata un attimo prima della conquista. È nella Hall of Fame, resta un numero primo, ma come tutti i numeri primi porterà sempre con se la solitudine dei migliori e indivisibili.