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INNAMORATI DI...ROMEO

COVER STORY di Giulia Arturi

NICOLE, NONNI CALABRESI, È SBUCATA DAL NULLA PER APPRODARE IN NAZIONALE E ORA IN SICILIA. “MA AVEVO COMINCIATO LE PRATICHE PER IL PASSAPORTO ITALIANO A 16 ANNI. CHE ORGOGLIO LA MAGLIA AZZURRA. RAGUSA VUOLE LO SCUDETTO, E IO PURE. IL MIO MOTTO È LIBERARE LA MENTE E SCOPRIRE”

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Calabria-Australia. Ventiquattr’ore di volo e un paio di scali, se si è fortunati. Nel 2019, quando tutto sembra a portata di mano, quel continente rimane un miraggio ai confini del mondo. Figuriamoci lo stesso viaggio 70 anni fa, e in nave. La Calabria è la regione che ha più contribuito all’emigrazione italiana in Australia, iniziata nella seconda metà dell’800. In migliaia hanno fatto un fagotto delle loro speranze e intrapreso il viaggio di sola andata. Tra loro c’erano i nonni di Nicole Romeo, 29 anni, nuovo acquisto di Ragusa per la corsa allo scudetto. “I miei nonni sono emigrati dalla Calabria alla fine della guerra per una nuova vita in Australia, così è cominciata la mia storia”. Coincidenze: anche la mia. Solo che i genitori di mio padre si fermarono più vicino, a Milano. Con un po’ di fantasia penso che io potrei essere lei, lei potrebbe essere me. Piccolo il mondo con i suoi destini incrociati e le sorprendenti sliding doors. Storie di migranti da una regione povera. L’Australia, terra promessa per tanti calabresi, primeggia nello sport. Decima nel medagliere alle ultime Olimpiadi, ad un soffio dall’Italia, ma di gran lunga l’ultima della top ten per quanto riguarda il numero di abitanti: 25 milioni, meno della metà del nostro Paese.

C’è qualcosa di speciale nell’aria, laggiù: se vi capita di passeggiare all’ora di pranzo al Royal Botanic Gardens di Sydney per godervi lo spettacolo dell’Harbour Bridge e dell’Opera House, vi supereranno sfrecciando decine e decine di indomiti runners. Un popolo devoto all’attività fisica e all’aria aperta. Anche il basket femminile italiano ha beneficiato della magia australiana: hanno giocato in serie A Penny Taylor, Laura Summerton-Hodges, Jenny Screen. Nicole Romeo, playmaker, 1.68, si aggiunge a questa lista di eccellenze. Il pubblico italiano l’ha conosciuta in occasione delle ultime due partite di qualificazione a Eurobasket 2019. Comparsa dal nulla, ha dato un contributo decisivo alla causa azzurra, come se ci fosse sempre stata. Finalmente il viaggio di ritorno.

Come ti stai ambientando alla vita di Ragusa?

“Quando uno straniero pensa all’Italia vengono subito in mente Venezia, Roma, Firenze, Milano, ma vivere in un piccolo centro come Ragusa permette di sperimentare un sentimento autentico. Il cibo, il vino, la spiaggia, i ristoranti tipici, la cultura locale: cerco sempre di scoprire tutto questo nel mio tempo libero”.

Com’è nato il tuo desiderio di venire da queste parti?

“Da quando sono una giocatrice ho sempre mirato all’Europa, e a 16 anni ho avviato tutte le pratiche per il passaporto italiano. La Nazionale era un sogno, vivendo in Australia volevo giocare per loro, ma quando l’opportunità di entrare nel nucleo delle azzurre si è materializzata, è stato fantastico, non potevo rinunciare. È stata una combinazione tra il mio agente e coach Crespi e inoltre giocare in Turchia mi ha dato l’esposizione necessaria per farmi conoscere. Bisognava anche tenere in considerazione tutte le questioni regolamentari e burocratiche. Il requisito è avere il passaporto da dieci anni, e proprio nel 2018 ho raggiunto questa sorta di anzianità diventando eleggibile per la Nazionale”.

Ci racconti cosa hai provato quando per la prima volta sei scesa in campo con le azzurre?

“Può sembrare un cliché, ma ricevere la maglia azzurra è stato un sogno che si è realizzato e un orgoglio. È stata un’esperienza travolgente: non potevo aspettarmi accoglienza migliore da parte delle ragazze. Coach Crespi è riuscito a creare una chimica speciale nel gruppo, ed io ero felice di poterne far parte”.

Ora che vi siete qualificate per Eurobasket 2019, quali sono le ambizioni della Nazionale? E le tue personali?

“L’obiettivo è la qualificazione per le Olimpiadi del 2020 a Tokyo. Per quanto mi riguarda spero innanzitutto di essere selezionata tra le 12, ci metterò tutto l’impegno necessario. Allo stesso tempo sono concentrata a fare una buona seconda metà di campionato con Ragusa”.

Quando hai capito che la pallacanestro poteva avere un ruolo nella tua vita così importante?

“Ho iniziato a giocare da piccola, a cinque anni. Quando ho ricevuto una borsa di studio completa, per giocare all’Università di Washington, ho realizzato che potevo fare della pallacanestro la mia vita. Da quel momento il basket è diventato la mia carriera”.

Hai giocato tanti anni in Australia: Townsville, Canberra, Melbourne. Com’è il campionato?

“La lega australiana è piuttosto competitiva, è più ristretta della maggior parte dei campionati europei ovviamente, ci sono solo otto squadre, ma è di alto livello. Le distanze sono davvero lunghe, si vola dappertutto. Poi non dimentichiamo che la Nazionale australiana è tra le più forti al mondo: penso sia lo specchio della qualità delle giocatrici che il Paese produce”.

Com’è stato il tuo primo approdo in Europa, nel 2014? È stato faticoso ambientarsi?

“La mia prima stagione in Europa fu in Germania. Per carattere mi adatto bene a nuove realtà. Ovviamente c’è la barriera linguistica e uno stile diverso di gioco a cui ci si deve abituare. In realtà per me la cosa più difficile è la differenza di fuso orario e la conseguente difficoltà a comunicare con amici e famiglia a casa. Ma quando è necessario, si fa funzionare tutto”.

La tua carriera è proseguita poi in Spagna.

“Sono rimasta in Spagna a lungo, ogni anno ho avuto l’occasione di fare un passo in avanti, fino ad arrivare a Girona, con cui ho giocato l’Eurocup. Fu un anno di successo, siamo arrivate tra le prime otto. Mi piaceva davvero molto vivere lì, ero vicinissima a Barcellona, 30 minuti di treno”.

La Turchia invece?

“La Turchia è stata ‘un’esperienza’. Il campionato è estremamente competitivo, ma molte squadre hanno problemi economici dovuti alla crisi. Numerose giocatrici sono costrette a spostarsi: è una situazione spiacevole, ma bisogna pensare alla propria carriera”.

E allora eccoti qua a Ragusa, alla tua prima volta italiana. Com’è stato l’impatto con la nuova realtà?

“Venivo da un mese in cui non giocavo, per i vari problemi della squadra in Turchia. Riprendere non è stato immediatamente semplice, ma allenamento dopo allenamento mi sono trovata sempre più a mio agio con la squadra; ho cercato di inserirmi nel modo più efficace. La prima cosa però è stata ritrovare il ritmo, riacquistare i tempi della partita. Sapevo che Ragusa è una squadra con ambizioni di vincere il campionato e ho fatto mia l’ambizione del club”.

Sei un playmaker con tanti punti nelle mani. Come riesci a bilanciare le tue iniziative personali con la gestione della squadra?

“Il tiro è qualcosa che mi è sempre venuta naturale, e su cui allo stesso tempo ho lavorato molto da sola in palestra, al di fuori degli orari di allenamento. Ma cerco sempre di soddisfare le esigenze della squadra: che siano punti o soluzioni per le compagne”.

Qual è stato il momento più difficile della tua carriera?

“Essere una giocatrice professionista ti mette sempre davanti a delle sfide. Bisogna essere preparati ad affrontare alti e bassi. Nel corso degli anni mi sono dovuta adattare e inserire in tutte le nuove realtà in cui mi sono trovata. Sono migliorata nell’attitudine che deve avere un playmaker: l’intelligenza cestistica. Più partite giochi, più l’esperienza su alcuni dettagli fa fare un salto di qualità: la gestione della squadra, pensare sempre due passi avanti. La familiarità con gli schemi è più immediata. Penso di essere cresciuta molto da questo punto di vista”.

Come gestisci la pressione?

“Lavoro tante ore in palestra, ripeto i gesti tecnici, i movimenti. Così facendo, quando arriva il momento so di essere nella condizione migliore per fare bene. Qualche volta il risultato non è quello sperato, ma è nel momento di difficoltà che la forza mentale deve aiutare a imparare dall’errore per crescere”.

Se volessi suggerire qualche meta o esperienza a un turista italiano desideroso di scoprire il vero spirito australiano, cosa gli consiglieresti?

“Io sono nata ad Adelaide, ma ora faccio base a Melbourne. L’Australia ha davvero tanto da offrire. Per scoprire cibo, vino, cultura suggerirei senza dubbio di andare a Melbourne. Se quello che state cercando è il sole, un tempo meraviglioso, le spiagge, il Queensland, regione sulla costa est, deve essere la vostra meta, non sbaglierete”.

Com’è Nicole Romeo fuori dal campo?

“Cerco di stare all’aria aperta il più possibile, di uscire da casa, di esplorare. Mi piace scoprire i luoghi speciali vicino a dove sto vivendo. Sono una persona alla quale basta andare fuori, guardarsi intorno e fare nuove esperienze. Liberare la mente e scoprire”.

Oltre alla pallacanestro, quando sei a casa, hai un lavoro?

“Quando non sono in Europa a giocare, mi occupo di una piccola attività a Melbourne. Propongo in diverse scuole, accademie e camp della mia città un programma che abbraccia e comprende tutti gli aspetti che riguardano il basket. È pensato per un miglioramento individuale divertendosi allo stesso tempo. Il cuore dell’attività è promuovere uno stile di vita sano e attivo, in un contesto di inclusione e sviluppo sociale”.

Cosa ti hanno insegnato questi anni da atleta professionista?

“Ad essere una persona versatile ed equilibrata, dedita a quello che mi appassiona. Mi hanno insegnato ad essere comprensiva, rispettosa e, cosa ancora più importante, fedele ai miei valori”.

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