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MA DEVO PROPRIO SMETTERE?
from PINK BASKET N.30
by Pink Basket
PALLA E SPICHE -Di Alice Buffoni (Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport)
La carriera delle agoniste inizia da molto giovani e si conclude intorno ai 30-35 anni, l’età media in cui in Italia si inizia a vedere avviata la propria carriera lavorativa. Quello delle sportive è un percorso anomalo, eccezionale in tutti i sensi, tra gare, trasferte, raduni, che non concede pause e lascia poco spazio a ciò che non fa parte della routine da atleta.
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Se la vita in campo regala gratificazioni e grandi opportunità, il fine carriera rappresenta la fase più critica e delicata della vita agonistica: è l’inizio di un’esistenza nuova, tutta da inventare e non sempre questo passaggio è un processo semplice, automatico o destinato al successo. Dopo anni di adrenalina non è facile adattarsi al brusco cambiamento di vita. Ne abbiamo parlato con Stefania Ortensi, psicologa dello sport.
Come ci si reinventa una seconda vita?
Gli agonisti, con esperienze anche di medio livello, sviluppano capacità e attitudini che, riversate nella carriera professionale o nello studio, si rivelano valide e preziose. Capacità di gestire lo stress, di prendere decisioni, di lavorare in team e per obiettivi, sono solo alcune delle skills che gli ex sportivi possono trasferire nella nuova vita professionale. Sono qualità sempre più apprezzate dal mondo aziendale che infatti le cerca nei propri collaboratori.
Nella tua esperienza, quali sono le maggiori paure che subentrano a fine carriera?
L’atleta si trova spesso davanti ad un bivio che mette in discussione la propria identità personale. Se non sono più un atleta, chi sono? Che cosa so fare fuori dal campo? L’addio ad una vita fatta di intensi ritmi di allenamento, gare, trasferte, impegno e sacrifici, forti emozioni, riconoscimenti e popolarità, può lasciare un grande vuoto; l’atleta può sentirsi annullata, privata della propria identità. Talvolta può rappresentare un vero e proprio lutto da elaborare, con un elevatissimo di rischio di depressione. In questo caso un supporto psicologico può essere un prezioso alleato per una rilettura positiva dei vissuti emotivi.
Come si impara ad accettare i primi cedimenti del corpo, il fatto di non essere più 100% performanti?
Sarà importante costruire una nuova immagine di sé, crearsi una nuova identità non centrata esclusivamente sulle prestazioni sportive. Riscoprire il proprio corpo e metterlo alla prova in situazioni lontane dall’agonismo.
Che consigli dai a un’atleta per vivere al meglio il passaggio di fine carriera senza strascichi psicologici?
1) Accettare il cambiamento. È difficile, ma in questo caso accettare di mettersi in gioco, uscire dalla propria “zona di comfort” è fondamentale. Può spaventare o creare insicurezza, ma solo così si può innescare un cambiamento che porta a scoprire nuove prospettive ed opportunità.
2) Darsi tempo. Fare in modo che questo passaggio avvenga in modo graduale. Il cambiamento, infatti, non è un evento, ma un processo, che si ottiene per piccoli passi.
3) Ultimo, ma fondamentale, adottare un approccio positivo che farà la differenza, esattamente come nello sport: ritrovarsi in una veste nuova può essere destabilizzante, ma può anche costituire una nuova sfida. E chi ha fatto sport agonistico ricorda bene la scossa di adrenalina che ne deriva!