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PAURA DI PERDERE O DI VINCERE?
from PINK BASKET N.09
by Pink Basket
PALLA E PSICHE di Alice Buffoni
La nostra più grande paura non è quella di essere inadeguati. La nostra più grande paura è quella di essere potenti al di là di ogni misura. È la nostra luce, non la nostra oscurità, che più ci spaventa.” (M. Williamson)
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Prima di una partita importante i giocatori potrebbero avere paura di perdere. È un timore logico e del tutto comprensibile, ma se vi dicessi che esiste un fenomeno opposto, che in psicologia viene definito come nikefobia? Deriva dal greco, significa paura della vittoria, ed è un meccanismo mentale tutt’altro che raro. Ne soffre 1 atleta su 4, nella vostra squadra dunque ci sono almeno 3 giocatrici sotto scacco, stando alle statistiche; magari la vittima sei tu e non ne sei consapevole.
È un meccanismo psicologico molto difficile da spiegare ai giocatori: qualsiasi agonista rifiuta l’idea di perdere e gioca sempre per vincere. Probabilmente diventa più comprensibile se ci riferiamo ad esso come paura del successo. Esistono alcuni indicatori di questa condizione, per esempio: rendere tanto in allenamento e poco in gara, arrivare sempre ad un passo dalla vittoria e non portare mai a casa la partita, oppure mancare spesso le partite importanti per piccoli infortuni, malesseri, febbri improvvise. Sono questi degli autosabotaggi, più o meno inconsci, che impediscono a giocatori dalle grandi potenzialità di esprimersi al meglio in partita, di dare voce al proprio talento, di splendere. E non derivano assolutamente dal timore del fallimento, quanto dall’ansia nascosta nelle conseguenze della vittoria. Molti crolli psicologici avvengono a pochi passi dal match clou, con l’insorgenza di pensieri autodistruttivi e atti di auto-sabotaggio, al fine di potersi giustificare agli occhi degli altri e soprattutto ai propri con ostacoli creati con le proprie mani.
Ma perché vincere all’improvviso diventa fonte di ansia?
Le cause sono molteplici. Spesso esistono conflitti interiori o sensi di colpa che portano l’atleta a non “perdonarsi” l’aggressività agonistica necessaria per conquistare il successo o per esprimersi al massimo. Altre volte esiste una vera e propria resistenza al cambiamento e alle nuove abitudini, opportunità o responsabilità che una vittoria potrebbe portare con sé; sappiamo bene quanto sia difficile uscire dalla nostra zona di comfort. Ecco allora l’inconscia tendenza a procrastinare il momento della verità, in cui si dovrà dimostrare a sé o agli altri il proprio vero valore o la propria inadeguatezza, mal celando così un’insicurezza di base. Qualche volta la nikefobia insorge proprio dopo un importante successo agonistico magari inaspettato o repentino e il giocatore teme di non riuscire più a riconfermare uno standard di prestazione così elevato, deludendo le aspettative di famiglia, compagni, coach.
Si guarisce dalla nikefobia?
Ovviamente sì, ma da soli è difficile. Il primo passo è riconoscerla, contemplare l’idea che possa essere questa la causa di tutti i #maiunagioia di questa lunga stagione. Il secondo passo è chiedere aiuto a uno psicologo dello sport, che vi aiuterà a scardinare questo impasse psicologico per tornare ad esprimervi in campo al massimo delle vostre potenzialità, anche nella Finale Scudetto. E magari quel taglio della retina finalmente toccherà anche a voi!
* Questa rubrica è tenuta da Psicosport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori, dai settori giovanili all’alto livelloagonistico, per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, per migliorare performance individualie ottimizzare il rendimento di squadra.