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Una pizza per la pace

Corey

Watson, dall’Oregon all’Ucraina

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“Noi facciamo pizze, non salviamo vite umane”. Questa è una delle frasi spesso ripetuta dai pizzaioli più modesti, più discreti e magari anche più a contatto con la realtà. Una frase che chiaramente condivido. Poi, un giorno all’improvviso ti arriva una telefonata e conosci lui, Corey Watson.

Corey è un politologo che ha incentrato tutta la sua attività sulla promozione della democrazia, sul contrasto dei regimi autoritari e sugli studi di guerra. Dopo l'università, è diventato ingegnere e programmatore informatico. “Nel 2017, poi, dopo un viaggio in Italia mi rendo conto che la mia vita era stata priva di cultura, vivendola solo attraverso lo schermo di un computer”, dice Corey. E alla pizza si avvicina proprio in questa occasione: “Sia chiaro, la pizza costituiva già il 70% della mia dieta ma, fino a quel momento, non ne avevo mai veramente apprezzato le possibilità. Aver assaggiato la pizza napoletana per la prima volta a Napoli, non conoscendola molto, ha suscitato la mia curiosità tanto da provare a decodificarla. Per i successivi cinque anni, questa curiosità di fare la pizza napoletana è diventata un obiettivo, poi un'ossessione e infine una devozione”.

Ecco perché Corey, tra il 2021 e il 2022 frequenta un corso presso la sede dell’Associazione Verace Pizza Napoletana con l'intenzione di aprire la sua pizzeria a Portland, nell’Oregon. “I miei sogni, però, sono stati improvvisamente messi in prospettiva”, dice, spiazzandomi. “Guardando le immagini di guerra, mentre ero comodamente nella mia città natale, sono stato ispirato dalle famiglie polacche nelle stazioni ferroviarie che allestivano tavoli per servire cibo ai rifugiati ucraini, così come da organizzazioni come World Central Kitchen, che erano al confine sin dal primo giorno. Man mano che la situazione peggiorava, sentivo sempre più il bisogno di fare qualcosa e così sono partito per la Polonia senza dirlo alla mia famiglia per iniziare a fare volontariato con il World Central Kitchen al confine con l'Ucraina. Nella stessa estate dello scorso anno, ho deciso di trasferirmi in Ucraina a tempo indeterminato per dare vita a Pizza for Ukraine”.

Ad oggi Pizza for Ukraine ha distribuito 10.000 pizze agli ucraini più bisognosi. Con più ingredienti, attrezzature e fondi, questa missione può aumentare la consapevolezza della guerra. Il tutto costruendo speranza, solidarietà e buona volontà per gli ucraini. Al momento, Pizza for Ukraine utilizza i fondi dei donatori per acquistare ingredienti e pagare i dipendenti per i food truck presenti a Kiev.

Perché portare la pizza in un Paese in guerra?

Molti non sanno che la pizza è un “cibo di guerra”, che si è evoluto proprio sotto le continue invasioni della Napoli del XVIII secolo e come risposta alle circostanze disperate in cui vivevano i napoletani. La sua forza, versatilità e longevità è evidente nella sua semplicità, nel prezzo, nella velocità e nella scalabilità dell’esecuzione, nell’amore che fare un prodotto così richiede. È il cibo più appropriato, apprezzato e tuttavia meno servito in un conflitto. Credo che la pizza sia il cibo preferito dall'umanità, che si trova in ogni angolo del mondo, tranne che in prima linea nella democrazia.

Dall’estate del 2022 a oggi, come è cambiato il progetto Pizza for Ukraine?

È sicuramente maturato con la mutevole situazione in Ucraina, si è modificato in base alle risorse disponibili e alle opportunità che avevamo. Quando ho iniziato, nell'estate del 2022, semplicemente acquistavo pizze da portare nei rifugi a Dnipro. Poi, nel settembre del 2022, ho iniziato a produrre e vendere pizze per raccogliere fondi per un ente di beneficenza locale in un festival a Lviv, acquistando pizze a distanza per orfanotrofi e ospedali pediatrici della città.

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