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How do you say “pizza”? Un’indagine sulla pizza oltre l’Italia

La rotondità e l’impasto lievitato e schiacciato prima di condirlo e cuocerlo assocerebbero la pizza italiana a decine di preparazioni che possiamo trovare in tutte le cucine dei Paesi affacciati sul Mediterraneo e che portano sino ai giorni nostri prodotti simili ma con evoluzioni estremamente diverse. Partendo da questo assunto, abbiamo provato ad esplorare come viene percepita la pizza italiana all’estero, quali sono state le sue evoluzioni per adeguarsi ai gusti locali e soprattutto cosa ritrovano nel piatto i nostri connazionali e gli esperti che vivono in altri Paesi. La diffusione della pizza italiana contemporanea merita una piccola digressione storica. Nel Sud Italia - e specificamente nella Napoli di inizio ‘800 - si trovano testimonianze scritte di un prodotto che ricorda molto da vicino la pizza moderna.

Considerato un cibo estremamente comune e consumato in varie forme, fogge e cotture, la pizza del tempo era già interpretata in molti modi: stesa e cotta in forno a legna, fritta, piegata a portafoglio, richiusa a calzone. La diffusione del consumo della pizza nel resto d’Italia e nel mondo arriverà soltanto con i grandi flussi migratori di inizio Novecento, incrementatisi a cavallo delle due guerre mondiali e culminati nel periodo post-bellico fino alla prima metà degli anni ’60. Gli Italiani emigranti portavano con sé la speranza di un futuro migliore ed il bagaglio di cultura culinaria delle terre d’origine e quindi, nel nostro caso specifico, quella tradizione della produzione della pizza che è diventata uno tra i vessilli della cucina tricolore più famosi in tutto il mondo.

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