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cap.3 - La Bellezza – Vincolo tra Matematica e Arte …………………………. pag

CAPITOLO 3

LA BELLEZZA Vincolo tra Matematica e Arte

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La bellezza salverà il mondo. (1)

Fëdor Dostoevskij

Le scienze matematiche esibiscono in particolare ordine, simmetria e limitazioni e queste sono le forme massime della bellezza. (2)

Aristotele

Non sembra vero poter accostare ciò che si riconosce attraverso i sensi a ciò che è pura razionalità, eppure l’Arte e la Matematica hanno in comune un aspetto, una tensione che li lega e li condiziona nel loro essere: la bellezza. Dal punto di vista biologico è attraverso i sensi, soprattutto la vista, che si stabilisce ciò che è bello, ma ciò che lo è per me può non esserlo per te, poiché non lo riconosci o perché lo conosci troppo. E, mentre si elucubra, l’occhio ha già passato l’informazione ricevuta al nostro cervello dove si trovano altre informazioni radicate nel tempo e nelle esperienze. L’incontro e la elaborazione, al di là della nostra volontà, portano alla nascita di una emozione, che non sarà mai uguale per l’uno e per l’altro. La Storia personale di ognuno di noi come la Storia che ci accomuna hanno lasciato segni, seppur inspiegabili, mappe, modelli, schemi, esperienze che dettano le condizioni per valutare se l’oggetto in esame è bello o no, se piace o meno. La Cultura, possiamo dire ed il vissuto personale stabiliscono ciò che ci fa emozionare o no e modificano nel tempo ciò che era dato per assoluto. Ma ci sono oggetti che non fanno cambiare la nostra emozione, in quanto posseggono qualità grazie alle quali viene evocato dentro di noi vivo il senso di assoluto, di armonia, di completezza, di bello come un anelito alla perfezione che ci porta a vibrare in risonanza emotiva come una eco di esperienze lontanissime. Sono oggetti belli che permettono di farci entrare in vibrazione con essi risvegliandoci all’aspirazione della bellezza da cui la vita quotidiana ci ha allontanati facendoci percorrere la strada piatta del comune vedere, assorbire, giudicare. Sono le forme, i paesaggi e gli oggetti intrinsecamente portatori di bellezza ideale.

Dai Greci per giungere al Rinascimento l’Arte si è nutrita del bello ideale, quello che sempre sarà un anelito alla perfezione possibile anche sulla Terra. Alla bellezza delle forme simmetriche e proporzionate si uniscono le qualità che possiedono intrinsecamente: le virtù, le cose belle dell’anima rispecchiate poi nelle azioni. A questa definizione di bellezza i Greci e poi i rinascimentali giunsero attingendo dalla Matematica. Prima dei Greci, gli Egizi usavano creme, belletti e trucchi per rendere il loro corpo e volto più attraenti, e ciò è dimostrato dai reperti archeologici recuperati nelle loro tombe, ma per i Greci non erano sufficienti questi orpelli fittizi a testimonianza del bello. Il loro intento fu quello di scoprire le Leggi che lo determinano in termini assoluti ed ideali e le scoprirono nei numeri, nelle simmetrie, nei rapporti e nelle proporzioni delle parti e le applicarono stabilendo per sempre l'idea di bellezza. E l’idea si concretizzò nell’applicazione delle Leggi nella materia del marmo e del bronzo, nei palazzi e nelle pitture. Ricordiamo il modello geometrico ed il numero magico di Pitagora e le sue conseguenti divine proporzioni scoperte da Fibonacci applicate nelle opere di artisti che ci restituirono opere belle per sempre, come i capolavori di Fidia, Policleto, Mirone e nel Rinascimento delle opere di tutti gli artisti imbevuti della cultura classica. La figura umana rappresentata doveva riflettere sia le sue qualità fisiche ideali, una riproposizione degli dei sulla Terra, che quelle morali, le virtù, come il coraggio, l’impegno, la bontà, il rispetto e la volontà di partecipare al compimento della Storia giungendo al concetto di bello sinonimo di buono. Inoltre gli artisti dal Rinascimento cambieranno il loro status da bravi artigiani esecutori ad intellettuali. Le città rinascimentali ne avranno almeno uno a corte che, oltre ad avere capacità e genio nel creare coi colori, saranno dotati anche di talento nelle esplorazioni di nuove idee e tecniche, nelle invenzioni e nelle visioni da promuovere durante la partecipazione attiva alla vita culturale della città (i già citati Brunelleschi, G.M. Alberti, Piero della Francesca e Leonardo da Vinci e tanti altri), dove la bellezza sarà il dono al mondo in cambio della loro commissione. Ma il buono nel mondo sembra scarseggiare e la realtà, che tanto si amava rappresentare offre altri panorami non proprio ideali. E un po' per i cambi di paradigma succeduti nei secoli e soprattutto per la natura propria dell’ artista, il canone ideale sembra essere messo lì per essere violato. Gli artisti questo fanno, contravvengono alle regole per crearne altre aprendo nuove strade con nuovi modelli da loro anticipati o suggeriti dalla Storia. La bellezza nasce col mondo essendo da sempre la qualità principale della scenografia naturale degli uomini, coi suoi colori come nelle sue forme, manifestata senza sosta intorno a noi, senza dover soccombere al potere dell’uomo: una rosa alba non si può comprare, come nemmeno un rosso tramonto, una verde prateria, un azzurro cielo, un mare blu intenso, una gardenia profumata, un albero antico, un gatto che fa le fusa. Il bello è ovunque e come diceva qualcuno “la bellezza è negli occhi di chi guarda” (affermazione attribuita sia a Oscar Wilde, che a Wolfgang Goethe, che a André Gide) e per goderla è necessario avere gli occhi adatti, pronti, allenati per vedere oltre l’apparenza nella ricerca del bello. Il bello appagante non sarà solo retinico, ma andrà oltre un bel volto, oltre un bel corpo, oltre una bella storia ed anche oltre una bella equazione. In quell’oggetto, quel dipinto, quel paesaggio o algoritmo che sia, c’è la racchiusa la verità. Pertanto necessitiamo di occhi e cuori buoni, capaci di vedere attraverso ed oltre ciò che l’occhio osserva, o un oggetto presumibilmente bello

rimarrà solo una decorazione, un abbellimento, una sequenza di numeri, segni e simboli senza senso. Inoltre la bellezza è una categoria estetica mutevole e in perenne cambiamento e, tornando al canone violato nell’Arte, si possono notare i cambiamenti dei rapporti delle forme apportati dagli artisti nei secoli, soprattutto nei soggetti femminili: i corpi delle donne verranno ritenuti belli se avranno rotondità evidenti, poi saranno delicati ed aggraziati e nei secoli successivi, dovranno avere caratteristiche ammalianti e seduttive. Il corpo degli uomini sarà rappresentato per quello che è: grasso o magro, prestante o annichilito, agghindato da velluti e oro se nobile, con stracci e difetti fisici se di umili origini. Nel ‘900 le Avanguardie rappresenteranno attraverso le loro opere il corpo come luogo del disagio umano e del male di vivere ed il bello si perde per riscoprirsi in forme anche antiestetiche, ma veicolanti quel bello interiore ricercato anche dagli antichi. Il canone estetico matematico non ha più senso, ma ne ha la ricerca matematica per un’Arte che non vuole più essere solo bella per soddisfare l’occhio, ma indagatrice, pulsante di nuovi stimoli e valori da ricercare nell’interiorità dei soggetti ritratti. Un’Arte comunque bella perché si apre al mondo, alle sue diversità, alle sue potenzialità, al suo inconscio, all’essere partecipata e vissuta come la vita stessa. Sono messaggi per esaltare la bellezza dell’essere in sé, della vita e del suo palcoscenico. Viene interpellata a far la sua parte anche la bruttezza, il sangue e le ferite sul corpo diventato tela, i dubbi, i tormenti e le idee per giungere a vette più alte. La Matematica è sempre lì, al fianco dell’Arte, quando i corpi delle donne saranno una massa di quadrati, di sfere o spigoli da decifrare, di linee asciutte, di simboli ed anche soprattutto di nuove aperture. Ora, il bello è lì, dove c’è la volontà ed il coraggio di cercare ancora senza dispersioni autoreferenziali, sempre con l’intento di indagare, scoprire, vivere e far vivere il desiderio più alto. L’arte e la Matematica hanno in comune il bisogno di andare oltre e di cercare ciò che ancora non si conosce nel possibile e non: nelle pieghe di un tessuto dipinto come nell’elaborazione di un teorema. Tanto è difficile definire cosa sia l’Arte, altrettanto e sempre più complesso è definire la bellezza, ma ognuno di noi saprà di averla vicino, nel momento in cui i nostri occhi la scorgeranno in una opera, in un fiore, in un tramonto mentre il cervello già starà elaborando quel fremito nel corpo e nel cuore suscitato dalla visione: sarà bella e sarà Arte perché ci entusiasma, ci commuove, ci induce a riflessione e dubbi o ci inorridisce. Forse i Greci sono ancora vicini a noi mentre risuona l’idea di Platone ed Aristotele, secondo la quale il bello equivaleva oltre che al buono anche al vero, al ciò che è, alla Natura, anche quella umana. Questa sempre più tesa nella complessità del mondo con le sue energie ancora da svelare ma onnipresenti e condizionanti il suo essere nel bene e nel male. In un anelito profondo vacillante tra la realtà quotidiana e quella sognata, intuita, ora possiamo dire anche virtuale, percepita nella sua totalità di bianchi e neri sempre ricercando quel che non si conosce, ma esiste: un arcobaleno di possibilità. Nel tempo che stiamo vivendo avremmo bisogno di tornare ad associare al concetto di bello quello di bontà e di vero, per veramente riappropriarci della nostra vita, del suo senso più profondo, che esiste nonostante noi, lasciando per sempre, a triste memoria, la ricerca spasmodica e folle di una bellezza superficiale solo fisica, una sovrastruttura finta, spesso di plastica, un innesto su un essere totale dimenticato a favore di uno tronfio nella sua banalità e volgarità.

Fig. 1 La bellezza della Natura nelle ali di un pappagallo, foto di Tiziana Pavone

Fig. 2 La bellezza della Natura nelle ali di una farfalla Morpho Patroclo, foto di Tiziana Pavone

E la bellezza nella Matematica, riconosciuta ed esaltata da tanti matematici, ha anch’essa bisogno di occhi speciali per esser goduta ed apprezzata, per far si che attivi emozioni davanti ad una formula matematica. Perché di emozioni ne provoca eccome: di avversità e di rifiuto ai più per via della non comprensione, o di gioia a chi ha scoperto o comprende, in tutta la sua peculiarità e potenza, una nuova “rivelazione”. E’ un avvicinamento alla verità che si manifesta in una breve sequenza di numeri e simboli che ci propone un’altra versione della bellezza, un’altra possibilità di sua percezione. In poche righe viene svelato un mistero del mondo e chi ha occhi buoni ne comprende anche il contributo alla bellezza. Ma è necessario possedere un grado alto di conoscenze matematiche e ben si sa che per acquiṡirle sono necessari anni ed anni di studi in un infinito mare di numeri, di geometrie e di particelle. Molti di coloro che hanno avuto questa esperienza, avendo dedicato l’intera vita al mondo dell’astrazione, reputano la bellezza necessaria per il risultato delle loro ricerche.

Fig. 3 Identità di Eulero: l’equazione più bella della matematica. L’identità di Eulero in matematica è un caso particolare della formula di Eulero in cui la variabile è uguale a π. Questa equazione è ritenuta da molti la più bella della matematica, perché mette in relazione i numeri fondamentali della disciplina, 0,1,i,e,π

Paul Dirac, fisico-matematico inglese (1902/1984), premio Nobel per le sue scoperte fondamentali sulla teoria atomica nel 1933 e per i suoi risultati riguardanti la relatività speciale e l'antimateria e sue proprietà, ed anche gran giocatore con le equazioni, nel suo saggio “La bellezza come metodo” spiega ampiamente come sia fondamentale la bellezza nella ricerca fisica-matematica, come se l’esistenza di un principio di bellezza facesse da guida durante tutti i passaggi del lavoro. Sostiene che un ricercatore che tenti di scoprire le Leggi fondamentali della Natura "deve mirare soprattutto alla bellezza matematica" (3) azzardando anche a dire che "è più importante che le equazioni siano belle piuttosto che in accordo con gli esperimenti"(4), in quanto è la bellezza a determinare la direzione e le priorità della ricerca e sarà sempre lei a dare credibilità nella valutazione del risultato. A supporto della sua tesi circa il ruolo fondamentale che gioca il principio di bellezza matematica nella ricerca scientifica, Dirac porterà l’esempio della teoria della relatività (ristretta e generale) di Einstein (1879/1955):

“Einstein era guidato solo dal requisito che la teoria avesse la bellezza e l'eleganza che ci si aspetta di trovare in una descrizione fondamentale della Natura. Il suo lavoro muoveva esclusivamente dall'idea di come la Natura dovrebbe essere e non dalla necessità di dar conto di certi risultati sperimentali. ... Il risultato di questo modo di procedere è una teoria di grande semplicità ed eleganza nelle sue idee di base. Ne deriva la netta convinzione che i suoi fondamenti devono essere corretti, del tutto indipendentemente dal suo accordo con le osservazioni.” (5)

E sorge spontanea la domanda per sapere in cosa consista la bellezza in una teoria o legge matematica. Dirac non esita a rispondere che nella definizione di bellezza per una teoria si

incontrano le stesse difficoltà in cui ci si imbatte per definirla in un'opera d’arte. Ma a differenza della bellezza artistica, la bellezza matematica trascende i fattori personali ed è la stessa in ogni luogo ed in ogni tempo. Per Dirac, la bellezza di una teoria come quella di Einstein deve possedere alcune caratteristiche, oltre all'eleganza ed alla “semplicità”, che richiamino un ordine dato da rispettare, meglio dire da emulare: “...è bella (la teoria di Einstein) agli occhi del fisico e del matematico perché combina due proprietà: è dettata da un principio di ordine superiore (una simmetria, l'invarianza generale di coordinate) ed è la più semplice legge compatibile con tale principio. Essa possiede dunque un elevato grado di necessità, o inevitabilità (non potrebbe essere diversa da come è), e di semplicità (descrive con il minimo numero di concetti un'ampia varietà di fenomeni). Sono questi gli ingredienti della bellezza costitutivi delle teorie fisiche dotate di bellezza.” (6)

Per Dirac il vero è bello, la Natura è bella e la Matematica anche, perché con le sue equazioni armoniose non potrà essere mai in contraddizione con il libro che vuole comprendere, la Natura.

“Non solo la matematica è la chiave per descrivere e interpretare la Natura, ma il progresso della fisica richiede continuamente l'uso, o l'invenzione, di nuove matematiche, nuovi formalismi e sistemi assiomatici con cui rappresentare il reale”. (7)

Anche un altro matematico, Godfrey Harold Hardy (1877/1947), seppur caratterialmente completamente diverso da Dirac, era anch’egli certo che la scienza dovesse obbedire a rigorosi canoni estetici e volle dichiarare il suo amore alla sua Arte, la Matematica, attraverso un testo che è una vera dichiarazione d’amore “Apologia di un matematico”. Qui sostiene con la forza di un innamorato che non c’è differenza tra i modelli di un matematico e quelli di un artista, perché entrambi devono essere belli.

“Il matematico come il poeta è un creatore di forme. Se le forme che crea sono più durature delle loro è perché le sue sono fatte di idee. ... le idee, come i colori o le parole, devono legarsi in modo armonioso. La bellezza è il requisito fondamentale: nel mondo non c'è posto perenne per la matematica brutta.” (8)

Nel suo inno alla bellezza della matematica pura Hardy inserisce due dimostrazioni di suoi studi (sull'infinità dei numeri primi e sull'irrazionalità della radice quadrata di 2), “solo” come esempi di bellezza matematica, e seppur con umiltà ammette di non saper definirla, accompagna la sua tesi con quelle che ritiene essere le caratteristiche che rendono un teorema bello: la serietà, l’inevitabilità e l’economia.

“ La miglior matematica non solo è bella ma è anche seria, importante ...una idea matematica è significativa se la si può collegare in modo naturale e illuminante ad una vasta rete di altre idee matematiche”. (9)

La sua serietà, quindi, porterà altri progressi in campi matematici e scientifici ed ancor di più si manifesterà quando l’idea sarà accompagnata dalla forma bella e semplice della sua

esposizione. Semplice perchè “economica”, cioè sviluppata col minimo di passaggi e collegata a concetti logici concepiti anche da altre menti superiori nei tempi; inevitabile, perché è già, e quindi capace di resistere nel tempo, con la sua qualità di eternità: “Archimede sarà ricordato quando Eschilo sarà dimenticato, perché le lingue muoiono ma le idee matematiche no”. (10)

Consapevole e senza falsa modestia della posizione raggiunta nell’olimpo degli artisti e dei matematici che hanno contribuito più di altri alle conoscenze del mondo, con grande gioia determinata dalla appagante bellezza dei suoi risultati, rivolge a tutti un invito a partecipare al gioco dello svelare il mondo, sempre adottando la bellezza come maestra: “Ho aggiunto qualcosa al sapere e ho aiutato altri ad aumentarlo; il valore dei miei contributi si differenzia soltanto in grado, e non in natura, dalle creazioni dei grandi matematici, o di tutti gli altri artisti, grandi e piccoli, che hanno lasciato qualche traccia dietro di loro.” (11)

Per lui fu fondamentale anche la collaborazione coi suoi colleghi, come se scoprire le Leggi insieme fosse ancora più bello perchè si da vita ad una bellezza condivisa che amplia le vedute per meglio assistere al miracolo della bellezza; Hardy collaborò soprattutto con il matematico indiano Ramanujan(1887/1920), ed insieme, anche perchè il matematico indiano proveniva da un’altra cultura dedita fortemente alla spiritualità, crearono un’armoniosa e proficua collaborazione dedita ai calcoli dall’approccio assai diverso, capace questo di generare bellezza e correttezza nei risultati e nella loro relazione. Tra i matematici che sapranno riconoscere il valore estetico della Matematica, c’è da ricordare Morris Kline, matematico statunitense, (1908/1992), che ebbe a dire :

"la matematica essendo una realizzazione incomparabilmente raffinata, offre soddisfazioni e valori estetici almeno pari a quelli offerti da qualsiasi altro settore della nostra cultura" e “una dimostrazione matematica eseguita con eleganza è una poesia in tutto, tranne che nella forma in cui è scritta.”(12)

Max Bill (1908/994), artista svizzero, sosteneva indispettito di fronte a chi riteneva che la Matematica niente avesse a che fare con l’Arte, che la Matematica non è una materia arida e puramente intellettuale e:

“Come nelle arti, ogni particolare dell’opera finale non è scoperto ma composto. Il processo creativo deve ovviamente produrre un’opera che possegga disegno, armonia e bellezza. Queste qualità sono presenti anche nella creazione matematica”. “...se non è interessante, in questo ambito, discutere le idee sull’arte dei matematici, vale la pena invece mettere in evidenza come questa aspirazione artistica sia diffusa nella comunità matematica”.(13)

Anche il matematico ungherese Paul Erdős, (1913/1996), quando si imbatteva in una dimostrazione particolarmente elegante, pulita e ben fatta era solito affermare che essa venisse direttamente dal Libro, che lui, pur essendo ateo, considerava solo alla portata di

Dio. A suo dire “il libro”conteneva tutte le dimostrazioni sviluppate nei secoli dai matematici enunciate nella loro forma più bella. Paul Erdős, inoltre, si rese protagonista di un aneddoto quando ad una domanda sulla bellezza dei numeri, rispose : “Perché i numeri sono belli? È come chiedere perché la Nona Sinfonia di Beethoven sia bella. Se tu non capisci il perché, non te lo può dire qualcun altro. Io so che i numeri sono belli. Se non fossero belli niente lo sarebbe”. (14)

János Bolyai, già incontrato a proposito della sua enunciazione circa una non ancora scoperta geometria non-euclidea, scrivendo al padre quando pensava di aver risolto il famoso arcano del V postulato, disse : "Dal nulla ho tratto un nuovo mondo", lasciando intendere la stessa forza e gioia creatrice tipica di un artista quando è pienamente soddisfatto della sua opera. Come anche Karl Weierstrass, (1815/1897), matematico logico tedesco che ebbe a dire che "Un matematico il quale non abbia in sé nulla di poetico non sarà mai un matematico completo". (15)

Hermann Weyl, (1885 /1955), matematico tedesco, uno dei primi ad ammettere la possibilità di combinare la relatività generale con le leggi dell'elettromagnetismo, affermava che nelle sue ricerche si sforzava di unire il bello al vero, e nel dubbio optava sempre per il primo. (16) Werner Karl Heisenberg (1901/1976), tedesco, premio Nobel per la fisica nel 1932 in una sua ultima conferenza nel 1970 sul tema “Il significato del bello nelle scienze”, espressamente fece riferimento al pensiero platonico-pitagorico affermando che la bellezza è la giusta armonia delle parti fra di loro e rispetto al tutto, come se l’ordine matematico fosse il principio fondamentale con cui spiegare la complessità dei fenomeni naturali. (17)Ancora, Paul Lockhart, matematico statunitense contemporaneo, che nel suo libro “Lamento di un matematico”, tradotto in italiano col titolo “Contro l’ora di matematica”, somigliante nella passione con cui tratta l’argomento al libro di Hardy, sostiene che essere un matematico non significa possedere una spiccata intelligenza, ma piuttosto possedere una sensibilità estetica e un gusto raffinato. Nel mentre ci consegna due sue regoline: 1 - l’ equazione matematica = noia + fatica, è falsa, 2 - non esiste nulla di più idealistico e poetico, nulla di più radicale, sovversivo e psichedelico della matematica. (18)

E sostando ancora dall’altra parte dell’oceano giunge a noi la citazione del matematico statunitense Carl Benjamin Boyer, (1906/1976) :

”Può darsi che l'interesse dell' uomo preistorico per concezioni e relazioni spaziali sia stato originato dal suo senso estetico e dal piacere provato per la bellezza della forma, motivi che spesso stimolano anche i matematici del nostro tempo. (19)

E come dimenticare il premio Nobel Richard Feynman, (1918/1988), che ci ha lasciato nel suo “The Character of Physical Law” una massima che riecheggia nel tempo, fino a risalire ai tempi di Galileo Galilei:

“A quelli che non conoscono la matematica è difficile percepire come una sensazione reale la bellezza, la profonda bellezza della natura ... Se volete conoscere la natura, apprezzarla, è necessario comprendere il linguaggio che essa parla”. (20)

Dopo aver “ascoltato” alcune riflessioni di chi conosce e per questo sa riconoscere la bellezza nelle sue o altrui formulazioni matematiche, è da sapere che se ne possono inserirne molte altre, considerato che sono tanti i matematici che ritrovano nella loro disciplina, che molti chiamano Arte, quella bellezza riconducibile ad un’opera d’Arte. Anche voci fuori dal coro della specifica matematica hanno però lo stesso timbro valoriale: George Bernard Shaw (1856/1950) scrittore irlandese sosteneva che il matematico è affascinato dalla meravigliosa bellezza delle forme che costruisce perché nella loro bellezza scopre verità eterne; il poeta tedesco Novalis,(1772/1801), nonostante la sua propensione romantica sa cogliere l’aspetto estetico della Matematica, come anche i poeti francesi Isidore Lucien Ducasse (1846/1870), e Paul Valéry (1871/1945). Questi in una mattina autunnale a Genova, sente il bisogno di adottare un nuovo linguaggio lontano da quello impreciso della letteratura per adottare quello della matematica, che riteneva essere la via dello spirito. Ed ancora Robert Musil, scrittore austriaco, (1880/1942), autore di “L’uomo senza qualità” il cui protagonista è un matematico, e Lewis Carroll,(1832 /1898), Jorge Luis Borges,(1899/ 1986), e tanti altri. Il piacere estetico provocato dall'astrazione, dal vedere prima dentro se stessi ciò che non esiste ancora, o non si era ancora in grado di scorgere, e dalla sua materializzazione ha la stessa natura sia che si tratti di una formula matematica che di un dipinto. Il pittore, come il matematico, ricorre sempre alla sua capacità di astrarre ed attraverso questa crea concetti ed ideali che trasferisce sulla tela. O meglio traduce. Questa operazione già è intrisa di bellezza perché porta in essere qualcosa che non c’era, almeno alla vista. E’ sempre bella una nascita! E bello sarà anche il risultato, sempre dipendendo dalla capacità di comprendere il valore della nuova creatura. Così come una equazione è bella per chi la formula perché generatrice di gioia, di soddisfazione per la scoperta finalmente palesata che racchiude in sé la formulazione precisa delle idee del matematico, che sono del Mondo. E maggiore sarà la bellezza quando la scoperta sarà anche accompagnata da una dimostrazione impeccabile. Bello è un quadro che ci emoziona, bella è una equazione che ci apre a mondi nuovi. Sappiamo che naturalmente siamo attratti da forme armoniose, rispettose di proporzioni “divine” insite anche in noi e che queste le annoveriamo da sempre nel nostro concetto di bellezza, come un patrimonio genetico, ma nel tempo abbiamo incorporato anche, come suo sinonimo, il concetto di “buono” e quello di “vero”. Possiamo aggiungere anche quello di semplicità ed essenzialità a cui si giunge nella espressione matematica quando questa porta in luce una parte mancante alla nostra completezza intellettuale. Ciò che rimane inalterata è l’armonia generata dalle diverse parti che compongono l’oggetto da ammirare o da dimostrare, che interagendo tra loro suscitano un senso di ordine e di misura, emozionandoci. Ma l’idea che si ha della bellezza, come tutto, è suscettibile di cambiamenti, di aggiornamenti, di pensiero rinnovato anch’esso modificante a sua volta la nostra idea o solo la percezione. La Matematica cambia, mantenendo fermi ed irremovibili suoi concetti assoluti, producendo nuove conoscenze di cui si alimenta per allargare il suo orizzonte e per

offrire all’Umanità nuove possibilità, anche di bellezza. E la Natura, grande nostra maestra, ha già tutto in sé e lei cambia rimanendo se stessa e ci assiste nelle metamorfosi che compiamo per non farci perdere la strada che porta a lei, la bellezza suprema. Altresì è da considerare quanto il cammino verso la metà sia ancor più importante della meta stessa, per cui la bellezza dovrebbe farci da accompagnatrice, come un Virgilio a supportarci quando smarriamo la retta via, la bella via, la vera via. Avere la bellezza sempre al nostro fianco mentre compiamo il nostro passaggio sulla Terra, immersi in un mare di bellezza infinita, è come avere la certezza di non sbagliare mai nel riconoscerla, nel rispettarla, nell’ amarla.

“LA BELLEZZA SALVERÀ IL MONDO? ” (21)

Fig. 4 Sandro Botticelli, Nascita di Venere, 1483/1485, tempera su tela cm.278* 172 cm., Galleria degli Uffizi, Firenze

NOTE del CAPITOLO 3 (1) Cvetan Todorov, La bellezza salverà il mondo, Wilde, Rilke, Cvetaeva, (titolo originale Les Aventuriers de l'absolu), trad. Emanuele Lana, ed. Garzanti,Milano, 2010. Il titolo in italiano riprende una frase, in verità una domanda che il giovane tormentato Ippolit rivolge al protagonista, il principe Miškin, del capolavoro di di Fëdor Dostoevskij “L’idiota”: ” Quale bellezza salverà il mondo?». (2) Yamada Takumi, La bibbia del calcolo mentale rapido: Trasforma il tuo cervello in un calcolatore elettronico e trionfa in qualunque sfida, XI capitolo, ed. Lulu.com, 2014 (e-Book,); All’inizio dell’XI capitolo, l’autore cita una frase di Aristotele, tratta dal suo Metaphysica. (3) Paul A.M. Dirac, La bellezza come metodo, ed. Raffaello Cortina, Milano, 2019, pag. 18. (4) ivi, pag.18 e 19 (5) ivi, pag.19 (6) ivi, pag.24 (7) ivi, pag. 26 (8) G. H.Hardy, Apologia di un matematico, ed.Garzanti, Milano, 2002, pag. 66/67. (9) ivi, pag. 69. (10) ivi, pag. 65 (11) ivi, pag.105 (12) Atti del convegno Matematica e cultura, Venezia, 2007. .https://link.springer.com/bookseries/7316 https://link.springer.com/search?facet-series=%227316%22&facet-content-type=%22Book% (13) M. Emmer, Visibili armonie: arte, cinema, teatro e matematica, ed. Bollati Boringhieri, Torino, 2006. (14) Keith Devlin, Do Mathematicians Have Different Brains?, ed. Basic Books, New York 2000, p. 140. (15) Franco Ghione, Laura Catastini, Matematica e Arte:Forme del pensiero artistico, Ed. Springer Verlag Italia, Milano, 2010. (16) Hermann Weyl, Das Kontinuum: Kritische Untersuchungen Über Die Grundlagen Der Analysis, ed. Forgotten books, Londra, 2018. (17) Felice Cimatti, Bollettino Filosofico XXIV, Linguaggio ed emozioni, ed. ARACNE, Roma, 2009. (18) Paul Lockhart,(Traduzione di Fausta Zibetti), Lamento di un matematico, articolo pubblicato in XlaTangente; http://www.xlatangente.it/page.php?pid=2760 . (19) Carl.B Boyer, Storia della matematica, cap.VI, ed. Mondadori, Milano,1990. (20) Richard P. Feynman, Robert B. Leighton, Matthew Sands, La fisica di Feynman, ed. Zanichelli, Loano, 2017; lezioni registrate alla Cornell University nel 1964 : https://www.openculture.com/2012/08/the_character_of_physical_law_richard_feynmans_leg endary_lecture_series_at_cornell_1964.html . (21) ibid

TESTI Godfrey Harold Hardy, Apologia di un matematico, ed.Garzanti, Milano, 2002 Paul A.M. Dirac, La bellezza come metodo, ed. Raffaello Cortina, Milano, 2019

SITOGRAFIA (Tutti i siti sono stati consultati tra Gennaio.Febbraio 2021) https://www.matematicamente.it/cultura/riflessioni-sulla-scienza/la-bellezza-della-matematic a/ La bellezza della Math https://www.matematicamente.it/cultura/matematica-e-arte/matematica-e-arte/ Arte e Math https://filosoficamente.altervista.org/eros-bellezza-nel-simposio-platone/ Bellezza per Platone http://www.freeartgallery.it/news/arte-e-bellezza-al-centro-della-riflessione-filosofica/ Arte e bellezza http://www.benessere.com/bellezza/arg001/arte_bellezza.htm Bellezza https://www.corriere.it/native-adv/illy-longform01-la-bellezza-salvera-il-mondo.shtml Bellezza ora cosa è? http://rivista.math.unipr.it/fulltext/2000-3s/05.pdf Creatività nella Matenmatica Mathhttps://it.wikipedia.org/wiki/Rapporto_tra_arte_e_matematica Arte e Math https://it.wikipedia.org/wiki/Bellezza_matematica Bellezza dei numeri http://disf.org/degiorgi-valore-sapienziale-matematica Saggezza Matematica https://zebrart.it/bellezza-nell-arte-e-il-canone-estetico/ Bellezza e canoni http://www.mamianilab.it/files/ArteMatica-2015.pdf Bellezza della Math http://rivista.math.unipr.it/fulltext/2000-3s/06.pdf Bellezza della Math

VIDEO https://www.youtube.com/watch?v=HQHq-M6ifpA C.Bartocci - L'irragionevole bellezza dei numeri https://www.youtube.com/watch?v=j3mhkYbznBk “The Character of Physical Law”: Richard Feynman’s Legendary Course Presented at Cornell, 1964

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