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4.3.5 René Magritte …………………………………….. pag

filosofica di raggiungere, utopisticamente, un equilibrio e un'armonia, non solo nell'Arte, ma anche nella società, affinché questa un giorno potesse arrivare a riflettere sul mistero e l'ordine dell'Universo, che ha le forme geometriche ed i numeri a suo fondamento. Le composizioni di Mondrian si basavano sugli elementi della linea, del piano, dei rettangoli ritmici e dei colori primari. Nascevano coprendo la tela con delle strisce di carta posizionate verticalmente e orizzontalmente a formare quadrati o rettangoli. L’artista spostava poi le strisce fino a quando la composizione non raggiungeva l’equilibrio cercato; la proporzione perfetta si otteneva quando tutti gli elementi del sistema (compreso il colore) si bilanciavano armoniosamente. A quel punto Mondrian si armava dei colori primari scelti e dei pennelli adatti per stendere il colore. Per questo suo metodo di ricerca della proporzione aurea e dell’armonia dell’opera, Mondrian riteneva che i suoi dipinti non si potessero definire geometrici, ma frutto di puro calcolo matematico. Il quadro preso in esame è “Composizione con rosso, giallo e blu” del 1929 dove una linea nera orizzontale si incrocia con una verticale creando rettangoli a loro volta divisi da due segmenti. Tre rettangoli così generati sono riempiti dai colori primari giallo, rosso e blu (gli unici che Mondrian utilizzava insieme al bianco, al nero ed al grigio), che simbolicamente per lui avevano come significante rispettivamente l’energia solare, l’unione tra luce e spazio e la spiritualità.

Fig. 26 P.Mondrian, Composizione giallo blu rosso, 1929

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4.3.5 MAGRITTE Nel 1892 il matematico tedesco Gottlob Frege (1848/1925) con la pubblicazione del trattato “Uber sinn und bedeutung” (“Sul senso e significato”), sulla natura e sul senso della

matematica e del suo linguaggio, scagliò una bomba nella comunità matematica aprendo di fatto la crisi dei suoi fondamenti, così in seguito definita. Per un matematico un numero è un oggetto reale (seppur solo mentale, pura idea), ma non essendo soggetto alla verifica dei sensi, necessita di essere rappresentato e per la sua trasformazione-manipolazione il matematico opererà interventi sulla sua rappresentazione e non sull’oggetto stesso. Per esempio, se prendiamo l’oggetto astratto matematico “retta”, questo può essere rappresentato seguendo diversi metodi: quello linguistico, verbalizzando “retta”; quello algebrico, con la formula ax + by +c = 0, quello figurale disegnando una retta, … . In filosofia queste vengono identificate come idee sull’oggetto, immagini delle cose che copiano o rappresentano il reale. A ciò si deve aggiungere una distinzione da fare tra l’oggetto stesso e le azioni intellettuali e psichiche da compiere per il suo riconoscimento. Nel vortice di queste profonde considerazioni si inserì l’artista pittore belga René Magritte (1898/1967) con le sue riflessioni sulla natura del linguaggio dell’Arte e sul senso del rapporto tra significato e rappresentazione. Tali sue riflessioni diventarono esse stesse sue opere d’arte che aprirono la strada all’Arte concettuale, che solo decenni dopo fece la sua apparizione nel panorama artistico. La più famosa “riflessione” e opera tangibile fu “La Trahison des images” (Il tradimento delle immagini), la prima realizzata nel 1929, più conosciuta come “Ceci n'est pas une pipe” , (Questa non è una pipa), come scritto nel dipinto stesso.

“Chi oserebbe pretendere che l'immagine di una pipa è una pipa? Chi potrebbe fumare la pipa del mio quadro? Nessuno. Quindi, non è una pipa” (12)

Fig. 27 R.Magritte, Ceci n'est pas une pipe, 1929, olio su tela 63,5× 93,98 cm, County Museum of Art, Los Angeles

Magritte in questa opera pionieristica propone della pipa la definizione visiva e quella verbale, alle quali se ne possono aggiungerne altre a seconda della capacità di rappresentazione, perché quella rimarrà comunque solo una rappresentazione di un oggetto reale, che a sua volta diventerà oggetto stesso. Una pipa è un oggetto, il dipinto che rappresenta una pipa si fa anch’esso oggetto sotto le mani manipolatrici dell’artista. L’opera porta in sé un’altra riflessione sulla complessità del linguaggio mettendo in risalto la differenza tra la caratteristica di tangibilità e consistenza che ha il mondo della realtà di cui invece è priva quello dei segni. Tipica riflessione e condizione degli ambienti matematici sempre a che fare con simboli, segni, astrazioni, idee, tutti elementi immateriale con cui lavorare. A differenza della totalità dei surrealisti, Magritte non svolse la sua indagine attraverso i sogni e le pulsioni umane, ma propose la lucidità di uno sguardo chiaro ed onesto capace di penetrare la realtà senza illusioni e scorciatoie: il mondo è complesso e necessita di strumenti idonei per la sua indagine e comprensione, senza esclusione delle componenti del mistero che rimandano a problematiche proprie della ricerca sulle Leggi dell’Universo tutto. A questo proposito Magritte omaggiò anche il supremo Euclide, con un dipinto “Les promenades d’Euclide”, 1955 (Le passeggiate di Euclide) dove rappresentò un paesaggio visto da una finestra dove non si intende cosa sia posto in primo piano essendo probabilmente noi stessi anche facenti parte del quadro stesso. Il cavalletto, poi, creato con due parallele, sembra alludere al famoso problema del suo V° postulato.

Fig. 28 R.Magritte, La Promenade d'Euclide, 1955, olio su tela, Minneapolis Institute of Art, Minneapolis

L’idea di Magritte, come già detto, ebbe largo seguito, tutt’ora persistente, tra gli artisti a partire dagli anni ‘60 col suo capostipite, l’americano Joseph Kosuth (1945), che nel suo saggio “Art after Philosophy” (1969) affermò che l’Arte “è analoga a una proposizione analitica” (13), è la ripetizione di una affermazione vera senza che questa porti informazioni nuove significative. Con questa impostazione teorica, Kosuth supererà anche l’idea della dematerializzazione dell’Arte e si avvicinò al rigore delle filosofie del linguaggio e della logica. In questa prospettiva l’Arte si separò dall’estetica intesa come emozione e sensazione per farsi essa stessa interrogazione sulla sua stessa natura. Una delle opere di Kosuth è l'esatta riproposizione della pipa di Magritte, presentata come installazione nel 1965 dal titolo “One and Three Chairs”.

Fig. 29 Joseph Kosuth, One and Three Chairs (Una e tre sedie), 1965

L’oggetto presentato questa volta è una sedia e la sua rappresentazione si manifesta con tre registri differenti: con la descrizione dell’oggetto tratta da un dizionario, con la sua fotografia e con la sua stessa esibizione. Kosuth pensava che fare Arte significava creare significato ed in questa sua opera si muove su tre livelli di realtà, utilizzando tre linguaggi diversi per riflettere sul significato “sedia”. Un’altra sua opera che invece “si spiega da sola” è “Neon electrical light English glass letters yellow eight” (1965) ( otto lettere inglesi illuminate dalla luce gialla del neon) in quanto il contenuto di quest’opera è descritto nel titolo. Si tratta, cioè, di un riferimento autonimo, il cui “senso” è il riferimento a sé stesso, come accade sempre per la maggior parte dei segni e simboli della Matematica.

Fig.30 Joseph Kosuth, Neon electrical light English glass letters yellow eight, 1965

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