Patto, ascolto, relazione. Perché educare è sempre un atto di speranza.

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Le voci dell’Università Cattolica

L’educazione è più della scuola. Chiama in causa tutta la comunità di Pierpaolo Triani*1

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uando si parla di educazione, occorre prendere una posizione. Se, infatti, è facile essere d’accordo sul fatto che la pratica educativa sia un fattore imprescindibile per lo sviluppo dei singoli e delle culture, occorre tuttavia chiedersi: a quale educazione stiamo pensando? Quando Papa Francesco ci chiede di moltiplicare gli sforzi per costruire un patto educativo globale, verso quale direzione chiede di muoverci? Abbiamo bisogno di un’educazione che abbia a cuore lo sviluppo integrale della persona; che non abbia come fine l’imporre ad un soggetto una forma predefinita, o semplicemente intenda istruirlo per svolgere determinate mansioni; che non riduca l’educare a controllo, oppure, dall’altro lato a semplice facilitazione dell’espressività. Il senso più profondo dell’educazione, infatti, sta nel promuovere in ciascuno il compimento della sua umanità, lo sviluppo della sua libertà e responsabilità, coltivando in ogni persona le sue risorse personali e consegnando ad essa ragioni profonde per vivere. Scrive a questo proposito Papa Francesco in Amoris Laetitia: “L’educazione comporta il compito di promuovere libertà responsabili che nei punti di incrocio sappiano scegliere con buon senso e intelligenza; persone che comprendano senza riserve che la loro vita e quella della comunità è nelle loro mani e che libertà è un dono immenso” (n. 262). C’è bisogno, perciò, di un’educazione “umanizzante”, attenta a far crescere in ogni persona la consapevolezza della propria dignità di essere umano, e soprattutto dei diritti e dei doveri che questo comporta. Far crescere in umanità, per riprendere il pensiero di Jacques Maritain, significa coltivare in ogni generazione, l’amore per la vita, l’amore verso la verità e la giustizia, il senso del lavoro ben fatto e della cooperazione. Lo sviluppo economico, tecnologico, scientifico non è solo questione di risorse e di tecniche, ma di persone “esperte in umanità”, capaci di porre la propria intelligenza, creatività, abilità a servizio del bene di tutti. L’educazione della persona nella sua integralità è così lo strumento più importante che abbiamo per cercare di costruire e coltivare contesti di vita dove l’interazione umana sia segnata dal dialogo, dal rispetto, dalla ricerca della pace e della giustizia. Abbiamo bisogno di un’educazione cha raggiunga tutti. I numeri al riguardo sono ancora impietosi, se si considera che almeno 60 milioni di bambini al mondo, soprattutto femmine, stanno crescendo senza istruzione. La pandemia che stiamo vivendo purtroppo peggiorerà questa situazione. Occorre, perciò, al riguardo innalzare la collaborazione per rendere davvero la scuola accessibile a ogni bambino, e soprattutto perché sia una scuola davvero liberatrice. Sarebbe un errore tuttavia far coincidere l’impegno educativo con il potenziamento del sistema scolastico. L’educazione è ben di più; è la promozione della crescita delle persone che comporta la partecipazione, in forme diverse, di tutta la comunità. È questo il senso di un patto educativo globale: richiamare il fatto che tutti siamo in gioco nell’impegno educativo e ricordare che ciascuno può concorrere a coltivare nelle nuove generazioni uno sguardo costruttivo nel presente e per il futuro.

Docente di Pedagogia alla Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica, dirige il Centro studi per l’Educazione alla legalità del campus di Brescia

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