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Anche a Schio farà sempre più caldo

I risultati dei modelli elaborati da Arpav mostrano come cambierà il clima anche a Schio se non si faranno politiche e scelte ambientali sostenibili. Schio aumenterà la sua temperatura media di quasi 3 gradi entro il 2072 e di 4 gradi entro il 2092.

mente: una sorta di scenario intermedio. Il terzo scenario è quello senza mitigazione, probabile nel caso in cui continuassimo a emettere gas serra come stiamo facendo, senza, ad esempio, favorire la transizione energetica verso fonti rinnovabili o senza adoperarci per piantare alberi che assorbano i gas serra in eccesso nell’atmosfera. È lo scenario peggiore. Vediamo dunque cosa ci mostra la piattaforma di Arpav per quel che riguarda Schio. Nel migliore degli scenari, quello in cui si modificano significativamente i comportamenti e lo sfruttamento dell’ambiente, le cose rimangono a lungo termine come sono oggi. La temperatura media si alzerà di mezzo grado, le notti tropicali, dove il termometro non scende mai sotto i 20 gradi, saranno 10/11 all’anno, i giorni caldi con la colonnina bloccata sopra i 30 gradi saranno circa 25, le precipitazioni si manterranno sui livelli attuali. I giorni di gelo, quelli dove la minima, notte compresa, scende sotto gli zero gradi, saranno circa una cinquantina.

Lo scenario intermedio – quello in cui ci impegniamo ma non drasticamente –cambia già di molto la situazione. Nel giro di vent’anni la temperatura media registrerà un grado in più, tra cinquant’anni quasi 2 gradi in più. Le notti tropicali sa- ranno 24 tra cinquant’anni e 29 tra settanta, i giorni caldi passeranno da 25 a 30 nel giro di vent’anni per arrivare a 41 nel 2092. I giorni di gelo caleranno verticalmente, le precipitazioni si contrarranno, gli eventi estremi aumenteranno del 3% entro il 2050 e del 13% entro il 2100.

E nel caso peggiore? Se continuiamo a comportarci come facciamo ora, ai ritmi di consumo odierni di risorse ed energie non rinnovabili, il panorama per i nostri figli e nipoti sarà desolante. Schio aumenterà la sua temperatura media di quasi 3 gradi entro il 2072 e di 4 gradi entro il 2092. Le notti tropicali, tra cinquant’anni, saranno 40 all’anno – e tra settant’anni saranno 63.

I giorni caldi nel 2072 saranno 51, nel 2092 ben 78. I giorni di gelo, da qui a settant’anni, non si vedranno quasi più, calati a solo 12 all’anno. Le precipitazioni si ridurranno di un terzo rispetto a oggi e gli eventi estremi saliranno del 16% entro la fine del secolo.

Schio sarà più calda, più esposta a precipitazioni distruttive, meno ospitale, ma comunque più di zone tropicali o sub tropicali, da dove saranno costretti a emigrare milioni di persone.

Il tempo per invertire la rotta è già scaduto, ma resta qualche anno per frenare la corsa verso il baratro. ◆

Attualità

Stefano Tomasoni

Santa Bakhita tiene aperta una botola dalla quale escono tutti gli oppressi del mondo, una massa di persone che sembra di sentir urlare con le loro voci e i loro corpi sofferenti, diventando simbolo e testimonianza delle varie forme di tratta degli esseri umani.

Questa è la scena rappresentata nella scultura “Let The Oppressed Go Free” che da un paio di settimane è visibile alla base della discesa della chiesa di San Francesco. Un monumento decisamente d’impatto, sia per le misure (6 metri di lunghezza, 2 e mezzo di altezza) sia per la plasticità della scena, anche un po’ impressionante, con questa umanità disperata che emerge dal sottosuolo e ne lascia immaginare chissà quanta ancora in attesa di uscire da quell’opprimente tombino. E del resto l’obiettivo dello scultore, l’artista canadese Timothy Schmalz, era proprio quello di colpire e interrogare le coscienze, sottolineando che il problema del traffico di esseri umani continuerà a esistere finché resta nascosto, o finché si finge di non vederlo. Il monumento - realizzato grazie al contributo economico della “Rudolph Bratty Family Foundation”, un’organizzazione benefica che fa capo appunto alla famiglia Bratty, emigrata a suo tempo dal Nord Italia in Canada – è stato inaugurato in occasione della festa del patrono, alla presenza del Segretario di Stato vaticano card. Pietro Parolin. “Questa serie di persone che esce dal sottosuolo non finisce all’altezza della botola –ha osservato Parolin -, ma continua, e comprende, se non tutti gli uomini del mondo, almeno noi che siamo qui e che possiamo pensarci raffigurati in questo monumento, perché tutti abbiamo una schiavitù da cui dobbiamo liberarci, ed è la chiusura

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