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“Ma bisogna per forza continuare a fare i foghi?”
Mariano Castello
Nel 1968 sono stato eletto nel Consiglio di amministrazione della Pro loco. Per la verità non saprei dire chi mi abbia dato il voto, dato che ero totalmente sconosciuto agli scledensi. Ero, è pur vero, diventato da poco corrispondente locale del Gazzettino e avevo scritto qualche modesto articolo sulle bellezze di Schio (che il resto del mondo ci invidiava). Tanto per guadagnarmi quei quattro soldi che mi davano.
Pino Marchi, maestro elementare e corrispondente del Giornale di Vicenza, che faceva parte anche lui della Pro, mi urlava in furlano: “Te son come i cabibi..”. Eravamo concorrenti e secondo lui dovevamo trattarci male…
Gli altri membri della Pro (vediamo se me li ricordo, è passato più di mezzo secolo):
Quanti premi per Schio Teatro 80
Emilio Trivellato, anima della cultura locale per quasi un ventennio, che per Schio ha fatto moltissime cose, sempre in maniera gratuita. Era medico, farmacista, grande esperto di letteratura e di arte. Non ho mai capito perché il Comune di Schio non abbia fatto niente per ricordare questo personaggio, ad esempio con una mostra (era anche un buon pittore e un ottimo grafico). Landshut, per dire, gli ha dedicato una personale subito dopo la morte. Aveva, è pur vero, un lato ruvido e poco incline al compromesso. Forse è stata questa peculiarità a decretarne l’oblio? O è stata semplicemente una dimenticanza? In questo caso non sarebbe mai troppo tardi per rimediare. Presidente di quel Consiglio di amministrazione era Fulvio Fontana (ex assessore ai lavori pubblici, titolare con il fratello di un bellissimo negozio di arredamenti d’interni a Costabissara). C’erano ancora: Nevio Balasso, Mimma Mazzon, Franco Lodisani, il vulcanico e sventurato Lucio Puttin. Nando Fontana, segretario, titolare in via Sareo di un negozio di cose artistiche. Tutti questi personaggi erano chiamati principalmente a decidere se anche quell’anno a S.Piero bisognava fare i foghi d’artificio che, una volta pagati, non lasciavano quasi più niente in cassa per fare altre cose. Qualcuno del Consiglio (un neofita) una volta ha chiesto se bisognava per forza continuare a fare i foghi, anche se un anno sì e uno no venivano moli e senza nervo A causa, si diceva, dell’umidità che qui da noi era sempre al massimo. Credevo che volessero dargli.
È un 2023 già ricco di premi e riconoscimenti per Schio Teatro 80, la più longeva associazione teatrale della città. Dopo il primo posto di “Tramaci par l’eredità” al concorso teatrale “Il Mascherone”, la compagnia ha ottenuto altri due riconoscimenti al “Festival nazionale Fabrizio Rafanelli” di Pistoia: Antonella Cozza è stata premiata come miglior attrice protagonista con “Variazioni sulla quarta corda” e Alessandra Frassoni ha ricevuto il primo premio nel concorso monologhi con il suo “Madonna Oretta”.
“Ma come? Se i foghi xe la roba mejo de tute? Ma sito sèmo a voler tirarli via? E dopo se pol fare tante robe che no costa gninte, come la festa dela frìtola l’ultimo de carnevale”.
La festa della frìtola è stata fatta effettivamente in piazza Statuto. Siamo andati io e Nevio Balasso a domandare ai fornari se per piacere l’ultimo di carnevale andavano a fare le frìtole in piazza Statuto. “E cossa se ciapa?” “Gninte, ma podì vèndare le frìtole ala gente che passa”. Era così freddo quel martedì grasso, che le frìtole in esposizione gelarono. “Massa fredo” dissero i fornari. E infatti la festa della frìtola non è più stata replicata, ma guai a non fare i foghi. Alla fine andavano bene anche se moli. Molti anni dopo ho visto sulla faccia dei miei nipotini la disperazione per aver perso il gatto che avevano battezzato Silvestro. Atterrito dagli scoppi dei foghi di S. Piero, è finito, si pensa, sotto una macchina a conclusione di una fuga atterrita. Nel ’68 si sarebbe detto: “Ben, ben, cossa vuto ca sia par un gato? Con tuti i gati (e le gate) che ghe xe in giro!”. Ma oggi per fortuna non è più così. Va ben che quelli di Thiene dicono che hanno trovato dei foghi che non fanno quasi rumore, ma secondo me gli appassionati vogliono sentire, bello forte, lo scoppio: “Gnanca belo se no se sente gninte”. E l’inquinamento atmosferico provocato dai fumi?
Non so se rappresenti un problema, certo non si sente il bisogno di aggiungere ancora un po’ di inquinamento a questa povera atmosfera satura di un po’ di tutto. Credo quindi che quella domanda fatta nel ‘68 (allora per motivi solo venali) sia diventata d’attualità anche se con altre motivazioni. O bisogna continuare a fare i foghi in aeternum?
Attualità
Un momento della giornata di festa e di sfilata in città in occasione dei cento anni di vita del Gruppo alpini scledense. Sotto, il direttivo del Gruppo Val Leogra.
Elia Cucovaz
Sono passati i cori e le fanfare, i discorsi delle autorità, i mille e più cappelli con la penna nera che hanno sfilato per le vie cittadine per ricordare il secolare anniversario della fondazione del Gruppo Alpini cittadino. Una storia cominciata nel 1923, mentre erano ancora aperte le ferite della “Guera Granda” combattuta sulle nostre montagne, senza sapere che presto il mondo, e con esso anche Schio, sarebbe stato trascinato nell’orrore di un nuovo conflitto. Un impegno iniziato con l’idea di portare avanti il legame di solidarietà che si era creato sulle creste e nelle trincee e che dopo un secolo continua a rinnovarsi con il motto dell’Associazione Nazionale Alpini: “Ricordare i morti aiutando i vivi”.
Tante sono state le attività a favore della collettività locale e non solo portate avanti dai volontari del Gruppo di Schio. Le penne nere cittadine non si sono mai tirate indietro in occasione delle calamità che hanno colpito il paese in questi anni, tra i quali va ricordato l’aiuto prestato agli anziani della città durante l’epidemia di coronavirus. Ma anche con un’incessante opera di custodia e trasmissione della memoria, della tradizione alpina e del patrimonio storico e culturale ad esse collegato.
Ambito questo che si è tradotto negli anni anche in numerose opere di ripristino e manutenzione di luoghi simbolo della città: l’ex Ambulatorio Rossi di via Baratto nel 1979, da allora sede dell’associazione, la piazza d’armi della Caserma Cella nel 2003, e più di recente la fontana del Parco Donatori, gli storici lavatoi di via Manin, oltre all’annuale manutenzione della Strada