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Publius P e r u n ’ A lt e rn a ti v a E u ro p e a

Eccoci al secondo numero di Publius! Nell’editoriale di questo numero vi proponiamo una riflessione sulle elezioni europee e sulla politica europea. Gli altri articoli riguardano i rapporti tra Turchia ed Europa, la riforma del sistema monetario internazionale, l’analisi dell’Unione e il suo ruolo nel mondo e infine una nuova rubrica, “Il compendio del politico europeo.”

Universitari per la Federazione Europea Numero 2 - Luglio 2009 distribuzione gratuita

Giornale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani

Indice pag.1 Editoriale

Publius

pag.2 Compendio del

politico europeo Davide Negri

pag.4 La riforma del

La settima elezione del Par­ lamento europeo si è ormai conclusa, ma un senso di de­ lusione rimane in chi dall'Eu­ ropa si attende molto, molto di più. La diminuzione dell'af‐ 1luenza al voto, la crescita degli schieramenti euroscettici o di‐ chiaratamente contrari ad una maggiore integrazione politica giusti1icano questa sensazione, ma è un altro il motivo di fondo che preoccupa: cioè la dif1icoltà di collegare l’elezione del Parla‐ mento europeo alla de1inizione di un programma politico e a delle linee guida dell'Unione per i prossimi cinque anni. Quali sono i progetti e gli strumenti europei per ri­ spondere alle s<ide della crisi

e rilanciare lo sviluppo? Quali sono le risposte alle problema­ tiche ambientali ed energeti­ che? Quali sono le politiche verso il Medio Oriente, fonte principale dell'instabilità in­ ternazionale, o verso la Russia, un paese fondamentale per gli approvvigionamenti di gas? Queste sono alcune delle doman‐ de cruciali per il nostro futuro alle quali avrebbero dovuto ri‐ spondere i partiti politici ed i candidati durante la campagna elettorale europea, e alle quali gli europei dovranno dare una ri‐ sposta indipendentemente dal risultato delle elezioni. Così, co‐ me sempre, saranno gli Stati na‐ zionali, ognuno sulla base dei propri interessi, a cercare di ri‐

Scheda personaggio - Luigi Einaudi Luigi Einaudi nacque nel 1874 a Carrù in provincia di Cuneo. Statista ed economista liberale fu uno strenuo sostenitore del pro­ getto della Federazione europea. Professore di Scienza delle Cinanze a Torino e alla Boc­ coni di Milano è stato Senatore del Regno d’Italia nel 1919 e Presidente della repubbli­ ca Italiana dal 1948 al 1955. Fin dal suo esilio in Svizzera durante la Resistenza fu membro del Movimento federalista europeo Morì nel 1961. “Nella vita delle nazioni di solito l'errore di non saper cogliere l'attimo fuggente e' irre­ parabile. La necessita' di uniCicare l'Europa e' evidente. Gli stati esistenti sono polvere senza sostanza. Nessuno di essi e' in grado di sop­ portare il costo di una difesa autonoma. Solo

l'unione può farla durare. Il problema non e' tra l'indipendenza e l'unione; e' tra l'esi­ stere uniti o scomparire. Le esitazioni e le discordie degli stati italiani della Cine del quattrocento costarono agli italiani la per­ dita dell'indipendenza lungo tre secoli; ed il tempo della decisione, allora, duro' forse pochi mesi. Il tempo propizio per l'unione europea e' ora soltanto quello durante il quale dureranno nell'Europa occidentale i medesimi ideali di libertà.” (1954) “La Federazione Europea, questo e' l'unico ideale per cui vale la pena di lavorare; l'unico ideale capace a salvare la vera indi­ pendenza dei popoli...” (1948)

sistema monetario internazionale

Nelson Belloni

pag.5 L’Unione europea?

Né unita, né europea .. parla Lucio Caracciolo Gabriele Felice Mascherpa

pag.6 Quale Turchia per

quale Europa?

Luca Lionello

pag.7 Quali iniziative per

un mondo più equo? Tommaso Doria & Federico Butti

spondere, dietro al velo del coor‐ dinamento europeo. Nella so‐ stanza resta questo, infatti, il meccanismo su cui si basa il fun‐ zionamento dell'Unione europea segue a pag. 3


“Compendio del politico europeo” Domande e risposte per chi desidera far politica in Europa Lectio I : Il nucleo federale 1) I principali momenti del processo sono noti a tutti: dalla costituzione della Ceca nel 1951, si è passati al Mercato comune e poi al Mer­ cato Unico; dopo la creazione dell’Unione europea è stata adottata, con il Trattato di Maastricht, anche una moneta unica, l’euro. A che punto è il processo d’integrazione?

ed evolve negativamente anche in alcuni paesi tradizionalmente favorevoli. Una terza circostanza è costituita dalla mio‐ pia degli Stati nazionali che hanno scambiato il maggior sviluppo delle proprie economie, dovuto all’allargamento del libero mercato, alla collaborazione tra Stati membri attra‐ verso le istituzioni e all’introduzione della moneta unica, per un proprio successo: i governi purtroppo guardano all’Europa per realizzare i propri interessi nazionali. Se l’Unione europea manterrà il quadro at‐ tuale dei processi decisionali, le forze spon‐ tanee sprigionate dall’equilibrio internazio‐ nale spingeranno per la trasformazione del‐ l’Unione in un’area di libero scambio sotto‐ posta – per ora – all’egemonia americana.

Purtroppo dal 1992 – dal Trattato di Maa‐ stricht, cioè dopo che gli Stati cedettero il potere di batter moneta e di governare le politiche monetarie – di passi in avanti, che avessero come contenuto la cessione di quo‐ te di sovranità, e quindi come 1ine esiti di tipo federale, non ne sono stati fatti. Il processo d’integrazione si è fermato: anzi da quasi vent’anni il processo è avviato sulla 2) Se il processo d’integrazione si è fermato, strada dell’involuzione. Ciò è stato accentua‐ chi ha la responsabilità di ridargli vigore, Kino to e messo in evidenza da una serie di circo‐ a prendere la decisione del “salto federale”? stanze collegate in buona parte alla 1ine della guerra fredda e dell’equilibrio bipolare. Dalla costituzione della Ceca ad oggi, i prota‐ Una di queste circostanze è stata il conse‐ gonisti del processo d’integrazione sono guimento di tutti gli obiettivi intermedi – stati i governi europei. I governi sono i luo‐ l’elezione diretta del Parlamento europeo e ghi nei quali la sovranità si esprime nella sua la creazione dell’euro – che la strategia del forma più pregnante: dove il potere diventa “gradualismo costituzionale” poneva prima volere. Ma proprio per questo essi sono an‐ di poter parlare di uni1icazione che gli unici soggetti che, in una politica. Oggi il problema della situazione di emergenza, I governi sono cessione di sovranità è posto possono decidere di abbando‐ senza possibilità di rinvii o di narla. Di fatto, ogniqualvolta si sempre decisivi per diversioni. Una seconda è trattato di far fare un passo fare un passo avanti alla avanti importante alla costru‐ circostanza è stata il risultato costruzione europea dei successivi allargamenti: il zione europea in periodi ec­ successo economico del model‐ cezionali, i governi sono sem‐ lo comunitario ha condannato al‐ pre stati lo strumento decisivo. Gli l’indebolimento, 1ino alla paralisi, la compat‐ uomini di governo esercitano il potere reale, tezza e la capacità decisionale dell’Unione anche se la loro iniziativa non potrà manife‐ europea. Bisogna prendere atto che l’atteg‐ starsi che in una situazione eccezionale, sulla giamento della classe politica e dell’opinione base di una forte spinta del popolo, cioè del pubblica nei confronti non solo della pro‐ detentore ultimo del potere costituente, e in spettiva di un’uni1icazione federale dell’Eu‐ un clima di dibattito che coinvolgerà l’intera ropa, ma di qualsiasi prospettiva di raffor‐ classe politica. zamento delle istituzioni dell’Unione, rimane 3) Ma nell’attuale quadro dei 27 paesi mem­ fortemente contrario in Gran Bretagna, nei bri dell’Unione europea, i governi potranno paesi Scandinavi, nei paesi dell’Est europeo prendere una simile decisione?

Prima abbiamo constatato l’impossibilità di procedere in avanti nel processo anche con semplici revisioni dei trattati esistenti. Biso‐

gna abbandonare la prospettiva del mante‐ nimento del quadro dell’Unione attuale per‐ ché la volontà politica di unirsi in un vincolo federale potrà nascere soltanto tra i governi di un nucleo relativamente piccolo di Stati. Il pactum unionis dovrà avvenire fuori dalle istituzioni dell’Unione europea. Pensare che un nucleo federale possa essere realizzato all’interno di esse, mediante lo strumento delle cooperazioni rafforzate, signi1ica tenta‐ re ipocritamente di neutralizzare l’iniziativa deviandola su di un binario morto. Il loro meccanismo prevede che gruppi di paesi di composizione di volta in volta diversa si formino per realizzare diversi obiettivi; ed esse devono essere autorizzate da tutti i paesi facenti parte dell’Unione europea. Tut‐ to questo è chiaramente impossibile. Per questo motivo i paesi che avranno espresso l’iniziativa con una forte e irrevocabile vo‐ lontà di unirsi in un vincolo federale do‐ vranno adottare un “Patto federale”, che do‐ vrà essere immodi1icabile; ma dovrà essere

Da Senso della storia e azione politica raccolta di scritti di Francesco Rossolillo (2009, a cura di Giovanni Vigo, edizioni il Mulino) "Chiunque decida di impegnarsi in politica per un mondo migliore ­ e non nell'intento di illustrare sé stesso o di acquisire potere ­ fa perciò stesso una duplice professione di fede, quale che sia il suo grado di consapevolezza. Egli deve credere che la parola "miglio­ re" abbia, almeno virtualmente, lo stesso contenuto semantico per tutti gli uomini, sia per i contemporanei che per coloro che ver­ ranno, cioè si applichi a situazioni più vicine di quella attuale ad un modello di convivenza fondato su valori condivisi da tutti. Ciò signiKica che egli deve credere all'esistenza di valori assoluti. Ed egli deve insieme credere che questi valori tendano a realizzarsi progressivamente nella storia, perché chi si batte per trasfor­ mare le condizioni della convivenza non può pensare che i risultati dei suoi sforzi, nel concatenarsi degli eventi, potranno essere a loro volta la causa di irreversibili involuzioni o ritorni indietro nel cammino dell'emancipazione umana, il che accadrebbe se la storia fosse un succedersi tumultuoso e casuale di eventi contraddittori, cioè fosse priva di senso" (p. 657)

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aperto all’adesione di tutti coloro che ac‐ zione europea. Bisogna chiarire prima di cetteranno senza riserve le linee fonda‐ tutto che il processo dovrà avere bisogno mentali della sua costituzione. Altro è di un motore che gli consenta di decollare. l’elaborazione della Costituzione federale: Questo motore non potrà che essere la il pactum unionis non coincide con il pac­ comune volontà dei due paesi che costitui‐ tum costitutionis. È del resto scono il cuore dell’Europa e la quello che, in un contesto non cui storica riappaci1icazione Il problema è federale, è accaduto in occa‐ ha dato inizio al cammino sione della ricostituzione individuare un dell’integrazione europea. Si dello Stato repubblicano do‐ quadro dove si può tratta della Francia e della po la seconda guerra mondia‐ formare la volontà Germania. Se in uno solo di le in Francia e in Italia, dove essi o in entrambi non na‐ di fondare lo Stato scerà la volontà di fondare il prima è stato costituito il federale europeo governo repubblicano, e dopo primo nucleo di Stato fede‐ gli è stata data una costitu‐ rale, il processo non potrà zione. neppure iniziare. Però una federazione a due sarebbe dif1icile da go‐ vernare perché le divergenze d’interessi 4) I governi di quali paesi vogliono oggi lo tra i due Stati membri non potrebbero Stato federale europeo? essere mediate dall’intervento di altri pat‐ Il problema non è quello di distinguere i ner. Servono più paesi per costituire la paesi i cui governi vogliono lo Stato federa‐ massa critica necessaria per imprimere le europeo da quelli i cui governi non lo forza al processo e per sostenerlo con vogliono; ma quello di individuare un qua‐ l’appoggio di un’opinione pubblica estesa, dro nel quale esistono i presupposti per la diversi1icata e matura. Fin dall’avvio del formazione della volontà di fondare uno processo di uni1icazione europea, si è sto‐ Stato federale europeo. Oggi in quasi tutti i ricamente coagulato attorno a Francia e paesi manca la forte volontà politica ne‐ Germania un gruppo di altri paesi stretta‐ cessaria per costituire un nucleo federale. mente interdipendenti: Belgio, Olanda, Però in alcuni di essi se ci saranno deter‐ Lussemburgo e Italia. La loro lunga storia minate condizioni – che la crisi economica comune iniziata con la fondazione della mondiale sta creando – si formerà questa Ceca stabilisce tra di loro un forte legame volontà: ciò accadrà in un gruppo di paesi destinandoli naturalmente a questo ruolo. con un forte grado di omogeneità, una forte interdipendenza economica e sociale 6) Ma come si porrebbero i rapporti tra il e un grado avanzato di maturità europea nucleo federale e l’Unione europea? dell’opinione pubblica. La soluzione più semplice che viene in 5) Allora quali paesi dovrebbero comporre mente è senz’altro quella della successio‐ il nucleo? ne del nucleo federale ai suoi Stati membri nelle varie istituzioni dell’Unione: pertan‐ Nell’ambito dell’attuale Unione non esi‐ to, ad esempio, in questo caso, nel Consi‐ stono due, ma più gradi diversi di matura‐

glio e nella Commissione il nucleo avrebbe un solo rappresentante che prenderebbe il posto di quelli degli Stati membri. Una soluzione simile avrebbe l’indubbio vantaggio di permettere una regolamenta‐ zione unitaria dei rapporti tra nucleo e Unione: però non va dimenticato che non esistono regole certe quando si tratta di stabilire rapporti politici, e il fenomeno di successione tra Stati nei trattati – da una pluralità di Stati sovrani si passa ad un unico Stato federale – è spesso una nego‐ ziazione politica tra gli Stati interessati, in questo caso tra nucleo federale e Unione europea. Infatti bisognerà ride1inire il ruo‐ lo del nucleo all’interno dell’Unione che avrà un peso maggiore rispetto a quello degli Stati membri, ma soprattutto neces‐ siterà di una fase di consolidamento e di affermazione della propria sovranità ap‐ pena acquisita. Pertanto dif1icilmente si sottometterà a regole di coordinamento delle politiche estere e di sicurezza degli Stati membri e di “fedeltà” della politica estera e di sicurezza europea alla NATO, che in ultima analisi ne impedirebbero una piena affermazione come nuovo sog‐ getto in grado di rispondere alle s1ide che l’Europa deve fronteggiare. In sostanza, la nascita del nucleo federale porrà al tempo stesso la questione di una rifondazione anche dell’Unione europea, in modo da salvaguardare l’acquis communautaire nel nuovo quadro che sarà caratterizzato dalla presenza di un forte magnete politico che ne riorienterà l’intera struttura. Davide Negri

da pag. 1

nei campi cruciali da cui dipende il futuro degli europei. Ma è evidente che la som­ ma o il coordinamento di decisioni na­ zionali non può neanche lontanamente avere lo stesso impatto e la stessa ef<i­ cacia di una effettiva politica continen­ tale. Purtroppo, né il confronto sulle candi‐ dature alla presidenza della Commissione europea, che potranno essere approvate o respinte dal Parlamento europeo, né l’even‐ tuale entrata in vigore del Trattato di Li‐ sbona potranno far uscire l’Europa da que‐ sta impasse, dandole un governo democra‐ tico legittimo che sia espressione di un coe‐ rente progetto politico. Eppure oggi più che mai gli europei dovrebbero portare a termine la "rivoluzione" europea che fu alla base del progetto dei Padri fondato­

ri delle prime Comunità e che aveva nel­ la creazione della Federazione europea il suo obiettivo dichiarato. Questo per almeno due ragioni principali. La prima consiste nel fatto che molte delle questioni che siamo abituati a classi1icare come solo italiane sono in realtà in forme diverse e con vari livelli di intensità, comuni agli altri Stati europei; basti pensare per esempio ai problemi della sicurezza interna ed inter‐ nazionale, all’immigrazione, alla riconver‐ sione in senso ecologico della produzione e dei consumi. La seconda ragione sta invece nel fatto che la portata sovranazionale di queste problematiche e l'evidente inade‐ guatezza dei governi nazionali nell’affron‐ tarle stanno mettendo in crisi la politica e la democrazia a livello nazionale, trasfor‐

mandole dal campo e dalle istituzioni in cui si manifesta il legame tra la volontà genera‐ le e il governo dei problemi nell’arena di scontro di oligarchie e di tendenze populi‐ ste. In questo senso la frase di Luigi Einaudi secondo cui "per gli Stati europei, ben lungi dal competere per la supremazia europea, si tratta ormai di perdurare unendosi o di scomparire come attori politici, perché gli Stati europei, da soli, sono polvere senza sostanza" (in Lo Scrittoio del Presidente, 1951) rimane ancora di profonda attualità ed è un monito a ricordare che non c’è fu‐ turo per gli europei senza la creazione di uno Stato federale europeo. Publius

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La riforma del sistema monetario internazionale Il quadro mondiale attuale è carat­ terizzato non solo dagli effetti che la crisi <inanziaria sta producendo sul­ l’economia reale, ma anche dalle dif<i­ coltà e dalle contraddizioni che minano il sistema monetario internazionale. Le regole che erano state 1issate a Bretton Woods nel 1944 avevano visto gli Stati Uniti, vincitori della seconda guerra mon‐ diale, imporre le basi del sistema e soprattutto il ruolo di moneta guida del dolla‐ ro, che avrebbe d o m i n a t o i n‐ contrastato 1ino alla crisi mone‐ taria della 1ine degli anni ‘60; crisi sancita dalla dichiara‐ zione di Nixon del 15 agosto del 1971 che annunciava la 1ine della conver‐ tibilità del dollaro in oro e l’inizio del co‐ siddetto dollar standard. Negli anni suc‐ cessivi, questo tipo di regime ha permesso agli Stati Uniti di sfruttare il proprio status di superpotenza economica e politica del mondo occidentale scaricando sul resto del mondo i costi del suo sviluppo, svalu‐ tando e rivalutando il dollaro in base ai propri interessi. Oggi, che i rapporti di forza nel mondo stanno cambiando pro‐ fondamente, soprattutto per l’ascesa della Cina e dell’India – ma anche dei paesi pe‐ troliferi, che non possono più essere igno‐ rati – questo sistema che ruota intorno agli USA non appare più sostenibile, so‐ prattutto perché l’America è oggi il paese più indebitato del mondo e presenta una bilancia dei pagamenti fortemente passiva e un debito pubblico in continua ascesa. Anche l’emergere, nonostante l’assenza politica dell’Europa, dell’euro sui mercati mondiali – che offre possibilità di diversi‐ 1icazione monetaria per quanto riguarda sia le riserve nazionali, sia gli scambi commerciali – ha contribuito a mettere in crisi il ruolo del dollaro. Già alcuni paesi sudamericani hanno deciso di scindere i legami con la moneta statunitense, dopo l’esperienza disastrosa della fase della cosiddetta dollarizzazione della loro eco‐ nomia, e lo stesso yuan cinese si è almeno in parte sganciato dal cambio con il dolla‐ ro. Proprio la posizione particolare della Cina, grande potenza emergente sotto ogni punto di vista, che rispetto agli Stati Uniti ha un rapporto di complementarietà eco‐ nomica e di potenziale con1littualità politi‐ ca, spiega la ragione dell’intervento del Presidente della Banca centrale cinese

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Zhou Xiaochuan lo scorso marzo per chie‐ la di Keynes del 1940 di introdurre il ban‐ dere l’introduzione di una nuova moneta cor, moneta virtuale basata sul valore di di riserva mondiale, di fatto proponendo, 30 beni di prima necessità, che fu scartata anche se non a brevissimo termine, la ri‐ a Bretton Woods. forma del sistema monetario internazio‐ La Cina non sembra però aver fretta, e nale. Zhou, infatti, da un lato rileva l’ina‐ si dimostra cauta nel fare le sue proposte deguatezza del sistema attuale per gestire attraverso Zhou Xiaochuan e nell’attacca‐ gli enormi 1lussi monetari generati dalla re il dollaro e gli USA, dato il complesso globalizzazione e l’anacronismo delle isti‐ intreccio di interessi che lega i due paesi. tuzioni interna‐ Si tenga conto che gran parte delle sue zionali su cui immense riserve monetarie (per un valore si basa (basti di oltre duemila miliardi di dollari) sono pensare che espresse proprio in moneta Usa, che la nel consiglio Cina è il più grosso investitore in titoli del d e l F o n d o debito pubblico americano, che gli inve‐ M o n e t a r i o stimenti cinesi negli Stati Uniti sono eleva‐ Internaziona‐ tissimi. Ciò non toglie che attraverso le le il voto della parole del Presidente della sua banca cen‐ Cina pesa un trale la Cina dimostri la propria preoc­ q u a r t o d i cupazione per la situazione mondiale quello statu‐ che “ri<lette vulnerabilità e rischi si­ n i t e n s e , l a stemici nel sistema monetario interna­ metà di quello zionale”. E che quindi auspichi “una gran‐ giapponese e de visione politica” e un “grande coraggio” poco più di quello italiano). Ma soprattut‐ per iniziare ad attuare una riforma globa‐ to pone il problema di trovare una nuo­ le. va moneta di riserva mondiale, che non In questo dibattito l’Unione europea sia quella di un singolo paese – legata ad brilla per la sua assenza. Anche a livello interessi nazionali speci1ici – per evitare internazionale è evidente la tendenza in le distorsioni provocate dalla svalutazione atto in Europa di un ritorno al nazionali‐ o rivalutazione arbitraria della moneta di smo invece che ad una politica di raffor‐ riferimento del sistema e assicurare così la zamento del processo di uni1icazione. Ba‐ stabilità degli scambi 1inanziari e commer‐ sti pensare che, 1inora, i paesi dell’Ue han‐ ciali a livello globale, facilitando lo svilup‐ no spesso preso decisioni divergenti all’in‐ po economico. terno del FMI, quando invece, uniti, avreb‐ Come scrive Xiaochuan, “I paesi che bero potuto essere determinanti nell’im‐ emettono monete di riserva sono costan‐ porre un particolare orientamento. In ge‐ temente davanti al dilemma tra il conse‐ nerale l’Europa e, in particolare i paesi guimento dei propri obiettivi nazionali e il dell’area euro, se non fossero divisi, po‐ far fronte alla domanda trebbero avere in effetti degli altri paesi che un ruolo di riequili‐ chiedono moneta di La Cina non sembra aver brio monetario all’in‐ riserva. Da un lato le fretta, e si dimostra cauta nel terno del sistema in‐ autorità monetarie non ternazionale; ma ci fare le sue proposte ... possono semplicemente vorrebbe uno Stato focalizzare l’attenzione federale europeo, e sugli obiettivi nazionali liberandosi dalle quindi un governo, in grado di fare una responsabilità internazionali, dall’altro vera politica monetaria e di agire con una non possono perseguire obiettivi nazionali voce sola. Nelle attuali condizioni, invece, e internazionali allo stesso tempo… Esiste l’euro, non avendo una politica monetaria ancora il dilemma di Trif1in, e cioè i paesi alle spalle, perde gran parte delle sue po‐ che emettono la moneta di riserva di rife‐ tenzialità. rimento non possono al tempo stesso L’Europa per ora rinuncia quindi a mantenere il suo valore e garantire la li‐ giocare un ruolo di riequilibrio a livello quidità monetaria mondiale”. mondiale sia in campo monetario, che Zhou Xiaochuan propone perciò di in campo economico e politico, lascian­ allargare il paniere di monete che com‐ do agli altri protagonisti della scena pongono i Diritti Speciali di Prelievo (oggi mondiale il compito di farsene carico. esse sono il dollaro, l’euro, lo yen e la ster‐ Quello che si può dire è che, sicuramente, lina), di iniziare ad utilizzare questi ultimi oggi, quella grande visione politica e quel come moneta di riserva sovranazionale e coraggio necessari per una riforma globale nel tempo af1idare al FMI parte della ge‐ del sistema, cui si richiama Zhou Xiao‐ stione delle riserve dei paesi partecipanti. chuan, non esistono in Europa. E’ una proposta che si rifà in parte a quel‐ Nelson Belloni


L’Unione europea? Né unita né europea… parla Lucio Caracciolo. L’articolo seguente è la rielaborazione della rela­ zione tenuta dal Prof. Lucio Caracciolo al convegno “L’Europa di fronte alle sKide del nuovo quadro mondiale: al bivio tra unità e disgregazione” ­ 8 maggio 2009, Palazzo Marino, Comune di Milano

Lucio Caracciolo è considerato uno dei maggiori esperti italiani di geopolitica. Giornalista e docente, ex capo redattore di Micromega, ha fondato e dirige dal 1993 Limes, la rivista italiana di geopoli­ tica. Ad un convegno organizzato a Palazzo Ma‐ rino dal Movimento Federalista Europeo in collaborazione con il Comune di Milano si è confrontato con i candidati all’europarla‐ mento, svolgendo la relazione iniziale sul‐ l’attuale situazione politica in Europa: un’analisi articolata e precisa, a tratti pun‐ gente. L’incipit della relazione ha subito lasciato poco spazio alla dilagante ipocrisia e all’au‐ tocompiacimento della classe politica dei paesi europei: l’Unione europea non è certamente europea ed è ben lontana dall’essere un’Unione. Dalla 1ine del sistema bipolare a oggi si è veri1icato un continuo moltiplicarsi di fron‐ tiere nello spazio geogra1ico che va dal‐ l’Atlantico agli Urali: Stati nuovi, semi‐Stati ed entità dif1icilmente classi1icabili. Solo la metà dei soggetti del continente aderisce, con modalità differenti, allo spazio comuni‐ tario, mentre altri paesi permangono in orgogliosa neutralità, come la Svizzera o i paesi dell’area nordica, e altri ancora, come i Balcani, sono troppo instabili per poter esser integrati. Vi è poi l’area dell’Europa orientale, con gli Stati nati dalla disgrega‐ zione del blocco sovietico, considerati dai russi in “libertà provvisoria”; alcuni sono già in procinto di rientrare nell’ambito del‐ l’impero russo, come ha dimostrato la guer‐ ra georgiana dell’agosto 2008. Insomma, una vera e propria “macedonia” di frontie‐ re! Con mezzo continente fuori dallo spazio comunitario, l’UE non può ancora conside‐ rarsi europea, ma perché non è possibile attribuirle a pieno titolo l’appellativo di unione? L’UE si può de1inire come un ac‐ cordo istituzionalizzato tra paesi membri

che mettono in comune risorse e sovranità per poi contendersele nuovamente, sempre a partire dall’esercizio delle rispettive so‐ vranità nazionali, sulla base dei rapporti di potere reciproci. A dispetto di quanti molti dicono, sia tra i critici che tra gli entu‐

siasti dell’UE, non è l'Unione che determina appena terminata. gli Stati, ma sono gli Stati a determinare E’ questo il nodo centrale dell’europeismo l'Unione: chi prende le decisioni è il Consi‐ forte, o meglio, del pensiero federalista: glio, ovvero l’organo che riunisce i governi l’idea era quella di superare de1initivamen‐ degli Stati, e non la Commissione. Pertanto, te la divisione dell’Europa in Stati sovrani anche se la sovranità degli Stati è erosa contrapposti creando un quadro normativo costantemente, essa non viene ricostituita a e istituzionale in grado di rendere impossi‐ livello europeo, e questo mina la legittimità bile la guerra sul continente. Era un pro‐ delle istituzioni europee e delle decisioni getto estremamente ambizioso, che ora è prese a quel livello. scomparso dal dibattito pubblico, a parte La classe politica e pochissime eccezioni. l’opinione pubblica, Ancora nel 1994, inve‐ L’unica caratteristica che invece, sono vittime di ce, il presidente del accomuna oggi tutti i paesi gruppo parlamentare questo arti1icio retori‐ co e di questa defor‐ membri è, paradossalmente, della CDU/CSU (il par‐ mazione ideologica, la mancanza di un progetto tito democristiano te‐ per cui vengono attri‐ desco, allora al gover‐ condiviso. buite all’Unione politi‐ no) Wolfgang Schäuble, che che in realtà sono gli Stati a stabilire ed e un altro importante esponente, Karl La‐ attuare; e questa situazione è una delle mers, presentarono al Bundestag un pro‐ ragioni principali della scarsa affezione del getto dettagliato in vista della creazione pubblico nei confronti dell’Europa. Inoltre, dell’euro, proprio rifacendosi al progetto le istituzioni create a livello europeo nega‐ originario dei padri fondatori e invitando a no di fatto i principi fondamentali della riformare l’Unione europea sulla base del democrazia così come è stata conquistata a modello federale. I cinque Stati fondatori livello degli Stati nazionali: non può esiste‐ più omogenei (Francia, Germania e Benelux re infatti un vero parlamento se non all’in‐ – l’Italia infatti era troppo lontana dal ri‐ terno di un quadro statuale in cui vengono spettare i criteri economici e 1inanziari ba‐ rispettati gli equilibri tra i diversi poteri e silari) avrebbero dovuto avviare questo

in cui il popolo esercita la sovranità. Per questo il Parlamento europeo è ridotto a un forum di rappresentanti degli Stati, ed è privo di un reale potere. A questo grave de1icit strutturale dell’Unio‐ ne si somma il fatto che i successivi allar‐ gamenti l’hanno resa sempre meno omoge‐ nea, tanto che l’unica caratteristica che oggi sembra accomunare tutti i paesi membri è, paradossalmente, la mancanza di un pro‐ getto condiviso. In particolare, con gli ulti‐ mi ingressi, hanno aderito paesi che non solo non condividono la 1inalità dell’integrazio‐ ne, ma che non voglio‐ no nemmeno mettere in discussione la pro‐ pria sovranità statale. Tutto il contrario di quanto avveniva nei primi anni Cinquanta, agli albori della Co‐ munità europea: i sei paesi fondatori e le rispettive leadership avevano ben chiaro le 1inalità e gli obiettivi del progetto, nato per la volontà profonda di risparmiare alle ge‐ nerazioni future la tragedia della guerra

processo, per realizzare una vera unità po‐ litica (oltre che economica) e militare a livello europeo. Analogamente, nel 2000, l’allora ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer, in un famoso discorso tenuto all’Università Humboldt di Berlino propose di creare uno Stato europeo, simile nella struttura alla Repubblica Federale Tedesca. Fischer parlò a titolo personale, in quell’occasione, e non come rappresentante del governo tedesco: si presentò infatti in scarpe da tennis, per poter parlare quasi come un federalista! In ogni caso, fu un discorso di rottura, che però, purtroppo, rimase isolato in Germa‐ nia e ricevette un’accoglienza tiepida in Francia. Oggi non solo mancano progetti forti, ma è carente la leadership politica, nessuno Sta‐ to sembra avere la capacità di proporsi co‐ me guida del processo di integrazione, e, soprattutto, il motore franco tedesco in questa fase non funziona più. Contempora‐ neamente, stiamo assistendo alla perdita di in1luenza da parte americana sul nostro continente: il vincitore della guerra fredda,

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un tempo promotore dell’integrazione, si è allontanato dall’Europa, mentre la Rus‐ sia, miracolosamente sopravvissuta, sta espandendo la propria in1luenza a comin‐ ciare dai nuovi “partners” dell’Europa occidentale.

Il bilancio che se ne può trarre, quindi, è che l’Europa non sta procedendo verso una maggiore unità, ma nemmeno si sta veri1icando un processo di disgregazione “forte”: l’Europa del 2009 è ferma in una zona grigia e intermedia fatta di compro‐

messi, di blando coordinamento tra go‐ verni, di indecisione istituzionalizzata. Una prospettiva, a nostro avviso, per nulla allettante... Gabriele Felice Mascherpa

Quale Turchia per quale Europa? Il rapporto tra Europa e Turchia è ormai arrivato ad un bivio fondamenta­ le. Le scelte che verranno prese nel prossimo futuro determineranno non solo gli equilibri in Medio Oriente, ma saranno decisivi anche per il destino del processo di integrazione europea. Nel 2005, dopo il Consiglio europeo di Stoccolma, sono iniziate le trattative uf1i‐ ciali per l’ingresso della Turchia nell’Unio‐ ne. Le condizioni 1issate da Bruxelles sono

le stesse poste ad ogni altro candidato: riformare e rafforzare le istituzioni demo‐ cratiche ed adeguarsi alle condizioni eco‐ nomiche e politiche stabilite dai criteri di Copenaghen; in particolare è stato chiesto alla Turchia di riconoscere Cipro ed il genocidio degli Armeni. Nel complesso si tratta di impegni molto dif1icili da rispet‐ tare per lo Stato turco, specialmente per quanto riguarda il riconoscimento delle proprie colpe recenti, che comportano una condanna severa del nazionalismo. D’al‐ tronde proprio qui si gioca il futuro del paese e la sua adesione de1initiva ad un modello di politica democratica e di socie‐ tà aperta. La Turchia oggi vive un periodo di profonde lacerazioni interne che ac­ compagnano il processo di trasforma­ zione in corso. L’alternativa è tra la deriva antidemocratica nelle forme dell’estremi‐ smo islamico o, anche per reazione, del nazionalismo fascista – e la direzione trac‐ ciata dalle recenti riforme del governo Erdogan, soprattutto in materia di laicità dello Stato e di libertà di stampa, sembra rendere molto concreto questo rischio –;

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oppure la vittoria delle forze moderate e sto progetto perseguito da Erdogan. Inol‐ progressiste che spingono verso una piena tre, se anche tutto ciò passasse, non sem‐ integrazione con l’Occidente ed il supera‐ bra però suf1iciente per dare risposte mento delle ataviche contraddizioni che strutturali e precise alla crisi del paese, impediscono al paese di valorizzare le che è soprattutto una crisi di identità. proprie risorse. Ciò che è certo, comunque, Sarebbe super<iciale liquidare il è che l’eredità di Ataturk non basta più alla problema della vocazione europea del­ Turchia. Le istituzioni, gli equilibri di pote‐ la Turchia con un semplice sì o con un re, i modelli politici che i turchi hanno no. Come la Russia, così la Turchia è un seguito e riprodotto per quasi un secolo paese a metà tra l’Europa e l’Asia, ed è non assicurano più alla società turca né la proprio questa caratteristica a renderla prosperità economica, né tan‐ così ricca ed importante. Ma ciò che lascia to meno la spinta ideale per perplessi è la diagnosi sullo stato di salute guardare con serenità e de‐ delle sue istituzioni democratiche ed il terminazione al futuro. grado di maturità della coscienza civica. Il Queste contraddizioni sono processo di modernizzazione e di laicizza‐ ancora più evidenti se si os‐ zione che ha reso la Turchia un unicum nel servano da vicino le scelte panorama degli Stati musulmani, d’altron‐ politiche e le riforme istitu‐ de, è stato reso possibile proprio da quello zionali degli ultimi anni. In‐ stesso esercito che fa ancora del nazionali‐ cassato il sì dell’euroburoca‐ smo il suo baluardo e che ha impedito il zia alla candidatura all’Unio‐ pieno radicamento nel paese delle istitu‐ ne, il governo Erdogan si è zioni democratiche e del pensiero liberale. impegnato in una serie di ri‐ Per questo, la strada da compiere per rag‐ forme costituzionali piuttosto giungere i futuri partner europei sulla via ambivalenti. Il progetto politi‐ della democrazia è ancora lunga e richie‐ co portato avanti dall’AKP derà tempo. L’importante però è che il consiste proprio nel cercare di paese non si perda lungo il percorso, e combinare, in una visione questo dipenderà non solo dalle capa­ dif1icile da comprendere per cità della politica e della società turche, gli europei, i principi della tradizione ma anche dalle scelte del vecchio con­ islamica con quelli dell’antistatalismo li‐ tinente. L’atteggiamento che l’Unione eu‐ berista. Fra i punti fondamentali della ri‐ ropea ha dimostrato negli ultimi anni ver‐ forma costituzionale compaiono da una so la Turchia è stato infatti profondamen‐ parte l’affermazione dei diritti individuali, te irresponsabile. L’assenza di un vero soprattutto economici, ed il progetto politico ha spinto riconoscimento delle au‐ l’Unione ad uno sconside‐ tonomie locali; dall’altra La Turchia oggi vive rato processo di allarga‐ l’elezione diretta del Pre‐ un periodo di profonde la- mento che ha di fatto bloc‐ sidente della Repubblica, cato lo slancio verso l’uni‐ cerazioni interne che acl’aumento delle decisioni 1icazione, riducendo l’Eu‐ compagnano il processo di ropa a poco più di un gran‐ da prendere a maggioran‐ trasformazione in corso za semplice ed un ridi‐ de mercato unico. Non de‐ mensionamento dei poteri ve allora stupire che la bu‐ della Corte Costituzionale, da sempre ba‐ rocrazia europea, sostenuta da paesi anti‐ luardo della difesa della laicità dello Stato. federalisti come la Gran Bretagna e dalle Ancora irrisolte rimangono, inoltre, sia la pressioni statunitensi, abbia accettato la questione del “crimine di attentato al‐ candidatura della Turchia senza porsi il l’identità nazionale turca” prevista dall’ar‐ problema delle conseguenze che questa ticolo 301 del codice penale, sia l’effettiva adesione determinerebbe in assenza di un devoluzione dei poteri di autogoverno alle precedente approfondimento politico. Allo regioni orientali a maggioranza curda. stesso tempo molti leader europei, biso‐ Resta in1ine dif1icile sapere se davvero la gnosi di rassicurare le opinioni pubbliche riforma costituzionale riuscirà ad essere nazionali e spaventati dai problemi interni approvata. La forte contrarietà del partito della Turchia, ri1iutano pubblicamente di opposizione e del Presidente della Re‐ l’ingresso di questo paese nell’Unione. In pubblica getta infatti molte ombre su que‐ effetti, nel caso di una piena adesione oggi


della Turchia alle istituzioni europee, que‐ ste diventerebbero (viste le dimensioni del paese, che ben presto supererà anche la Germania in termini di popolazione, e quelle del suo esercito, già oggi il più forte rispetto a quello degli altri membri del‐ l’Ue) dipendenti dall’andamento di un paese politicamente instabile, ancorato a logiche nazionaliste ed in preda a profondi squilibri sociali ed economici. In realtà anche i nuovi membri dell’Europa cen‐ tro‐orientale presentano caratteristiche simili; ma queste nel caso della Turchia sono molto più accentuate. D’altro canto ri1iutare a questo punto di proseguire sul‐ la strada dell’integrazione dello Stato tur‐ co in Europa darebbe un colpo mortale alla prospettiva di una sua de1initiva de‐ mocratizzazione e condannerebbe le forze progressiste interne ad una sicura e de1ini‐ tiva scon1itta. Da un certo punto di vista, avendo l’al‐ largamento del 2005 reso comunque im‐ future riforme di cui l’Europa mercato possibile ogni ulteriore approfondimento avrà comunque bisogno anche dopo Li‐ politico all’unanimità, verrebbe quasi da sbona. Benché il futuro dell’integrazio­ domandarsi se non valga comunque la ne europea stia tutto nel ruolo delle pena accogliere la Turchia già adesso per avanguardie e nell’ipotesi delle due appro1ittare dei vantaggi economici e stra‐ velocità, è sicuramente meglio che la tegici che la sua adesione sembrerebbe creazione del nucleo federale avvenga garantire. Ma i rischi sarebbero enormi. in un quadro comunitario ancora va­ Innanzitutto, l’opinione pubblica europea, gamente stabile ed omoge­ ancora fortemente con‐ neo, e che non debba diven‐ traria, 1inirebbe per tare l’extrema ratio a fronte scostarsi ancora di più Sarebbe superficiale del crollo dell’edi1icio del‐ dal progetto europeo. l’Unione. Infatti, per quanto Inoltre, l’adesione della liquidare il problema della possa sembrare suggestiva Turchia ad un’Europa vocazione europea della la possibilità che l’ulteriore mercato, priva di uno crisi delle istituzioni euro‐ Turchia con un semplice sì nucleo politico, po‐ pee, determinata dalla piena t r e b b e v e r a m e n t e o con un no. adesione della Turchia, sconvolgere in breve spinga un’avanguardia di tempo l’intera Unione, Stati verso la scelta de1initiva dell’uni1ica‐ che già adesso fatica a funzionare e a tute‐ zione, vale davvero la pena di augurarsi il lare le conquiste raggiunte. Anche perché “tanto peggio, tanto meglio”? è prevedibile che i turchi, per quanto be‐ Certo che se si creasse in tempi ne1icati in termini di democrazia e benes‐ brevi un’Europa politica tra pochi Stati, sere, sarebbero portati, ancora più dei l’adesione della Turchia al mercato e paesi dell’Est, a ricambiare l’Unione con alla moneta europea sarebbe un gran­ una politica nazionalista e a ri1iutare le de vantaggio per tutti. La Turchia 1inal‐

mente potrebbe agganciarsi al sistema occidentale ed iniziare un ulteriore pro‐ cesso di crescita civile e democratica. Dal‐ l’altra parte l’Europa unita godrebbe di un partner prezioso da integrare sempre di più e con cui realizzare una politica in Me‐ dio Oriente tutta volta alla stabilità e allo sviluppo di quella regione. Ci troviamo davanti ad una speranza dif1icile da rea‐ lizzare. Ma il progetto politico è buono e può funzionare. L’Europa ha bisogno di farsi Stato per se stessa e per il mondo. E’ quanto richiede la politica della realtà. Se invece si vuole cedere all’opportunismo o al buonismo ben vengano nell’ “Europa che non c’è” tanto la Turchia, quanto Israe‐ le, la Russia e tutti gli altri. Il premio Nobel Pamuk da anni invita i paesi europei ad accettare la Turchia nell’Unione. Non è con i facili sì o con i drastici no che si può ac‐ cogliere il suo invito. L’unica risposta con‐ vincente può essere data dalla rivoluzione interna che l’Unione europea deve realiz‐ zare, creando uno Stato federale, a partire da un’avanguardia di paesi. Luca Lionello

Quali iniziative per un mondo più equo? La crisi 1inanziaria ha messo in discussio‐ ne le politiche e i modelli economici svi‐ luppatisi negli ultimi venti anni; ora, il fatto che si ritorni a parlare della necessi‐ tà di un mondo più equo e di nuovi model‐ li di sviluppo è il sintomo che qualcosa sta cambiando. Attorno a questo tema e all'analisi delle possibili iniziative con­ crete in questa direzione si è incentra­ ta la conferenza del Professor Alberto Majocchi (presidente dell'ISAE) duran­ te il dibattito tenutosi lo scorso 20

Aprile in aula del '400 dal titolo "Quali iniziative per un mondo più equo?". In termini generali, spiega Majocchi, le stra‐ tegie economiche degli ultimi vent’anni avevano l'obiettivo di garantire l'ef1icien‐ za con l'idea che non fossero necessarie misure di politica economica perché il mercato era in grado di risolvere tutti i problemi. Quello che era stato chiamato da Stiglitz il "Washington consensus" dava per scontato che, grazie a questi principi e all'egemonia americana, il mondo fosse

avviato verso la 1ine della storia e il rag‐ giungimento del benessere per tutti. La globalizzazione rendeva possibile un em‐ brione di mercato mondiale che aveva il proprio fondamento nel “governo” ameri‐ cano del mondo. Effettivamente, con l'aiu‐ to delle straordinarie innovazioni tecno‐ logiche nel campo dell’informazione e delle comunicazioni, ma grazie anche alle politiche americane relative alla liberaliz‐ zazione dei movimenti di capitali e dei mercati internazionali e alla presenza del

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dollaro come moneta “mondiale” ‐ garan‐ lo americano e asiatico. Per uscire dalla tita dalla potenza egemone‐, è stato pos‐ crisi, tuttavia, l’Europa non può utilizzare sibile un forte aumento della ricchezza le politiche tradizionali ma deve puntare mondiale. Da una parte, nei paesi emer‐ sull’innovazione e quindi lanciare una genti come Cina e India, due miliardi e politica di investimenti pubblici e di so‐ mezzo di persone hanno avuto la possibi‐ stegno agli investimenti nella ricerca, lità di migliorare le proprie condizioni di nell’istruzione e nella formazione. Infatti benessere e dall’altra i paesi ricchi hanno non è possibile competere con i paesi potuto ottenere beni di consumo a minor emergenti sul livello dei prezzi, e inoltre costo. Questo modello tuttavia ha mostra‐ la delocalizzazione della produzione, se to ora i suoi limiti e la crisi ha rappresen‐ da una parte è una logica di mercato, dal‐ tato proprio il fallimento del governo uni‐ l’altra è un fenomeno inevitabile se vo‐ laterale del mondo. Infatti, se la ricchezza gliamo che il resto del mondo cresca e globale è cresciuta, al raggiunga livelli di be‐ tempo stesso è aumen­ nessere simili ai nostri. tato anche il divario “La prospettiva verso cui E’ necessario quindi tra ricchi e poveri e bisogna indirizzarsi è puntare su qualità e non si è realizzata una quindi quella di un mondo sostenibilità ambienta‐ redistribuzione su scala più equo e di un governo le senza innescare una mondiale. Basta osser‐ competizione al ribas‐ multilaterale dell'econo- so che metta in discus‐ vare infatti che la per‐ mia mondiale.” centuale di persone che sione le conquiste so‐ vivono in condizioni di ciali ottenute negli anni povertà è salita al 40% (ri‐ passati. Tuttavia nessuno spetto al 36% del 1981) e più del 16% dei paesi europei è in grado di portare della popolazione mondiale vive in condi‐ avanti questi investimenti perché i bilanci zioni di povertà estrema. La prospettiva sono limitati e ci sono i vincoli alla 1inan‐ verso cui bisogna indirizzarsi è quindi za pubblica stabiliti dal Trattato di Maa‐ quella di un mondo più equo e di un go‐ stricht. Se si vuole realizzare un simile verno multilaterale dell'economia mon‐ piano di crescita sostenibile è quindi diale. necessario che esso venga elaborato a In quest'ottica l'Europa sarebbe l'area del livello europeo e <inanziato con risor­ mondo in grado di offrire una "balance of se stanziate sempre a livello europeo, power" rispetto agli Stati Uniti. Se nasce­ ad esempio con la creazione di un grande rà un nuovo modello di sviluppo, infat­ prestito europeo per lo sviluppo 1inanzia‐ ti, questo potrà sorgere in Europa e to utilizzando la forza dell’euro sui mer‐ avere come base il modello sociale cati internazionali ed entrando in compe‐ europeo, che si contrappone al model­ tizione con il dollaro. Un altro progetto

dovrebbe riguardare il lancio di un “piano Marshall” per l’Africa, per for­ nire i capitali per lo sviluppo a que­ st’area che pone non solamente una que‐ stione etica ma anche un problema politi‐ co dato che se non siamo in grado di aiu‐ tare i paesi più poveri i problemi di immi‐ grazione si moltiplicheranno nel tempo. Questa crisi tuttavia ha mostrato anche l’impotenza dell’Europa, che neppure il Trattato di Lisbona in via di approvazione potrà migliorare. L’elemento cruciale è infatti quello di fondare un potere euro‐ peo creando uno Stato federale in Europa. La questione centrale per noi europei, oggi, ruota quindi intorno alla domanda su chi debba prendere l’iniziativa politica per creare le condizioni che permettano di realizzare gli Stati Uniti d’Europa. E’ evidente che la struttura dovrà seguire uno schema a cerchi concentrici, con un nucleo centrale che decide di federarsi attuando politiche comuni, e un cerchio più ampio che mantiene il mercato comu‐ ne. L’iniziativa in tale senso dovrebbe essere diffusa e una responsabilità spetta senza dubbio alla classe intellettuale, alla classe sociale. Fino a quando non esi­ sterà una vera Federazione europea, la politica continuerà a regolarsi in base al potere nazionale e quindi non po­ tranno esistere politiche europee de­ gne di tale nome. Tommaso Doria & Federico Butti

Publius - Per un’alternativa europea Numero 2 - Luglio 2009

publius.unipv.blogspot.com Via Villa Glori, 8 Pavia - Tel: 3492518646 - E-mail: publius.pv@gmail.com Direttore responsabile: Laura Filippi Redazione: Valentina Barioli, Nelson Belloni, Federico Butti, Martina Cattaneo, Tommaso Doria, Laura Filippi, Gianmaria Giannini, Luca Lionello, Gabriele Mascherpa, Laura Massocchi, Davide Negri, Carlo Maria Palermo, Giulia Spiaggi. Stampato presso: Tipografia P.I.M.E Editrice S.r.l Puoi trovare Publius, oltre ai vari angoli dell’Università, anche presso: bar interno facoltà di Ingegneria, bar facoltà di Economia, mensa Cravino, sala studio San Tommaso, bacheca A.C.E.R.S.A.T cortile delle statue. Periodico trimestrale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazioni, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani. Registrazione n. 705 del Registro della Stampa Periodica - Autorizzazione del tribunale di Pavia del 19 Maggio 2009

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Iniziativa realizzata con il contributo della Commissione A.C.E.R.S.A.T dell’Università di Pavia nell’ambito del programma per la promozione delle attività culturali e ricreative degli studenti. Distribuito con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic


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