Publius
P e r u n ’A l t e r n a t iv a
Indice
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Editoriale
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Publius
3 NO a un’Unione
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Europea dei muri, SI’ alla Federazione europea
Paolo Filippi Giacomo Ganzu
5 Più integrazione
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europea, la strada da percorrere
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Abbiate il coraggio di osare!
7
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Romina Savioni
Andrea Apollonio Maria Vittoria Lochi
La minaccia dell’ISIS è ancora più grave di quel che sembra
Giovanni Salpietro
Europea
Il 13 luglio 2015 la Grecia di Alexis Tsipras e l'Euro-‐ gruppo hanno raggiunto un accordo per il terzo piano di aiuti per evitare (per la terza volta) il de-‐ fault greco. Le settimane concitate che hanno pre-‐ ceduto l'accordo hanno mostrato che l'assetto at-‐ tuale dell'eurozona basato sul metodo intergoverna-‐ tivo alimenta una spirale di sGiducia reciproca che richiede sforzi immensi per riuscire a trovare le soluzioni minime che, più che essere condivise, ap-‐ paiono spesso frutto di confronti di forza e lascia-‐ no ulteriori strascichi di rancori pericolosi. Con questo non si vuole sminuire il valore positivo
Confederazione dei giornali universitari pavesi
Numero 21 - Settembre/Ottobre 2015 distribuzione gratuita
Giornale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani
del risultato scaturito dal-‐ l'accordo tra la Grecia e l'Eurogruppo. Si è evitata l'uscita di Atene dall'euro, che avrebbe aperto scena-‐ ri potenzialmente deva-‐ stanti per tutti; e la scelta di Tsipras sembra aprirgli Ginalmente, e realmente, l'opportunità di far ripar-‐ tire la Grecia con politiche di governo in grado di in-‐ cidere sui tratti degenerati del sistema ellenico. La cosa più importante è che si è affermato il principio che la pretesa di mantene-‐ re una sovranità nazionale assoluta è incompatibile con l'appartenenza all'eu-‐ ro, come spiega bene Sa-‐ bino Cassese (sul Corrie-‐ re della Sera del 15 luglio): dopo la scelta libera, ma -‐
una volta fatta -‐ vincolan-‐ te, di entrare a far parte di una comunità che condi-‐ vide la stessa moneta, e quindi anche valori e prin-‐ cipi, oltre che scelte politi-‐ che ed economiche, un governo non è più solo responsabile di fronte ai propri elettori, ma anche di fronte alla nuova comu-‐ nità cui ha aderito (e ai popoli che la compongo-‐ no). Il fatto di aver sciolto il nodo della Grecia, sembra ora aprire la possibilità di accelerare il processo di completamento dell'unio-‐ ne monetaria, che era sta-‐ to lasciato in sospeso ormai da più di due anni, >> pag.2
nonostante altre crisi, di pari gravità si proGilano all'orizzonte: la crisi dei migranti e lo scandalo Volkswagen. Ciò non toglie che il governo francese e quello tedesco – anche se ancora a livello di deGinizione – hanno imposto nel dibattito politico la necessità di creare a breve un vero governo eu-‐ ropeo della moneta. Tuttavia per-‐ mangono visioni differenti tra Fran-‐ cia e Germania. Sul fronte tedesco pare delinearsi un chiaro disegno: creare l’unione Gisca-‐ le dell'Eurozona attraverso la nomi-‐ na di un Ministro del tesoro, respon-‐ sabile di fronte al Parlamento euro-‐ peo in una conGigurazione ristretta, con il potere di intervenire in caso di violazione da parte degli Stati mem-‐ bri di quei vincoli di bilancio neces-‐ sari in qualsiasi unione monetaria; e di gestire un bilancio autonomo del-‐ l’eurozona alimentato con una quota dell’IVA o dell’imposta sul reddito delle imprese percepite dagli Stati. In questo modo, come ha osservato il presidente del think tank tedesco DIW, si creerebbe de facto “un potere di imposizione Giscale e di emissione di titoli europei che potrebbe essere impiegato per alimentare un fondo contro la disoccupazione e per pro-‐ muovere gli investimenti” (Marcel Fratzscher, Financial Times 27-‐07-‐ 2015). Da parte sua la Francia, tramite il
Presidente Hollande ed il Primo mi-‐ nistro Valls, ha dichiarato di voler di procedere verso un governo ed un bilancio dell’eurozona, tuttavia senza affrontare il problema del trasferi-‐ mento a livello europeo di poteri di controllo sui bilanci nazionali e afGi-‐ dando il controllo ad un Parlamento dell'Eurozona composto da membri nominati da parlamenti nazionali dell’eurozona, ossia lasciando la so-‐ vranità ad un organo controllato dai singoli stati membri. Su questo tema l'Italia, tramite il Ministro Padoan, ha già espresso le opportune e necessa-‐ rie riserve. Ma per quanto le distanze tra le due proposte siano ancora molte, e pro-‐ fonde, in quanto frutto dei due ap-‐ procci antitetici di Francia e Germa-‐ nia al processo europeo, il punto cen-‐ trale è che sembra che un dialogo sulla riforma del governo dell'euro possa ripartire. Perché possa aver successo, sarà fondamentale il ruolo degli altri go-‐ verni chiave e delle stesse istituzioni europee. Per questo, se l’Italia sce-‐ gliesse di schierarsi a favore della proposta di creare un Ministro del tesoro per la zona euro, con poteri delimitati ma effettivi di interven-‐ to sulle politiche di bilancio na-‐ zionali, di cui dovrebbe rispondere sia al Parlamento europeo (nella sua composizione ristretta da deGinirsi),
sia alla maggioranza dei membri del-‐ l'Eurogruppo; e se su questa base sostenesse la necessità di creare in concomitanza un bilancio per l’euro-‐ zona da alimentare con risorse ad hoc e speciGici meccanismi di solida-‐ rietà, con questa mossa sarebbe de-‐ terminante nella dialettica che è in corso, e potrebbe addirittura impor-‐ re ai partner dell’area euro l’agenda delle riforme e la necessaria accele-‐ razione che la gravità della situazio-‐ ne richiede (soprattutto in politica estera). Il Rapporto dei cinque Presidenti presentato a Gine giugno, che rinviava al 2017 l'apertura del cantiere istitu-‐ zionale, è stato smentito, e soprattut-‐ to superato, dai fatti. Ma ha dimostrato che nelle istituzio-‐ ni europee la volontà di arrivare alla costruzione di un sistema federale di governo della moneta unica non ar-‐ retra. Spetta dunque ai governi, dopo l'ul-‐ timo, sofferto contributo dato alla sopravvivenza e al consolidamento dell'unione monetaria, compiere l'ul-‐ timo atto decisivo della cessione di sovranità attraverso la nascita di un vero embrione di governo sovrana-‐ zionale europeo. Publius
Scheda personaggio - Hans e Sophie Scholl Hans Scholl (nato a Crailsheim il 22 settembre 1918) e la sorella Sophie (nata a Forchtenberg il 9 maggio 1921) furono due giova-‐ ni oppositori al regime nazista i quali fondarono nel ’42 a Mona-‐ co, insieme ad altri studenti, il movimento antinazista non-‐vio-‐ lento della Rosa Bianca. Il gruppo della Rosa Bianca si impegnò nella distribuzione di sette opuscoli tra il ’42 e il ’43 in cui si invitava il popolo tedesco alla resistenza passiva contro il regime denunciando-‐ ne le violenze. In contrasto col clima di guerra sul continente di quel momento, la Rosa Bianca sosteneva la neces-‐
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sità della costruzione di un’ Eu-‐ ropa federale basata sul princi-‐ pio della tolleranza. Il 18 febbraio del ’43, durante un’azione di volantinaggio al-‐ l’università di Monaco, i fratelli Scholl furono scoperti e arresta-‐ ti dalla Gestapo. Dopo quattro giorni di torture e interrogatori il 22 febbraio furono entrambi condannati a morte dal Tribunale del Popolo e ghigliottinati. Dal V opuscolo, gennaio 1943: “Solo un sano ordinamento federalista può oggi ancora riempire di nuova vita l’Europa indebolita [...] Liber-‐ tà di parola, libertà di fede, difesa dei singoli cittadini dall’arbitrio dei criminali stati fondati sulla violenza: queste sono le basi della nuova Europa.
NO a un’Unione Europea dei muri SI’ alla Federazione europea! “No a un’Unione euro-‐ pea dei muri”. Sono le parole del presidente della Commissione eu-‐ r o p e a , J e a n -‐ C l a u d e Juncker in un recente intervento sul giornale Die Welt. Ma quali sono le cause che lo hanno spinto a fare questa di-‐ chiarazione, dopo 26 anni dalla caduta del muro di Berlino? In questi giorni, stiamo assistendo ad un dram-‐ matico aumento di mi-‐ granti che giungono in Europa sia attraverso il Mar Mediterraneo sia attraverso la “rotta balcanica”. Le motivazioni che costringono i migranti a lasciare la propria terra sono le solite: guerre, povertà, persecuzioni, fame, malattie. In particolare però, oggi, la crescita dei Glussi migratori è legata alla guer-‐ ra in Siria e alla situazione dramma-‐ tica di caos in Medio Oriente, che a sua volta ha portato alla nascita e all’espansione dell’ISIS, e al vuoto politico lasciato dalle primavere ara-‐ be. Questi due fenomeni hanno crea-‐ to, da un lato, milioni di profughi in territori che erano già in condizioni critiche e, dall’altro, hanno prodotto instabilità o addirittura anarchia, come in Libia, dove in questo mo-‐ mento non esiste un governo in gra-‐ do di contrastare l’operato degli sca-‐ Gisti sul territorio. L’improvviso aumento dei Glussi mi-‐ gratori ha messo in crisi gli Stati eu-‐ ropei più esposti. Le legislazioni in vigore nell’Unione europea e le strutture organizzate dai singoli paesi si sono rivelate del tutto inadeguate a fronte dei numeri e della frequenza degli arrivi, e ciò ha generato delle situazioni pericolose prima di tutto per i migranti stessi. Sono più di due anni che l’emergenza si è manifestata nella rotta migrato-‐ ria che prevede l’attraversamento del Mar Mediterraneo. Qui l’aumento del numero dei barconi aveva messo co-‐
stantemente a dura prova il soccorso in mare (tutti ricordiamo la strage di Lampedusa nell’ottobre 2013 che costò la vita a 366 migranti). Inoltre, anche una volta raggiunta la terra ferma, i tempi impiegati dalle autori-‐ tà locali per l’identiGicazione di ogni migrante si sono subito dimostrati troppo lunghi. In molti casi i migranti sono stati costretti ad aspettare al-‐ l’interno dei centri di accoglienza sempre più affollati e inadatti a ga-‐ rantire l’assistenza a tutti. Andando contro il trattato di Dublino, è capita-‐ to che, per risolvere il problema del sovraffollamento dei centri, i paesi europei di conGine abbiano permesso a gruppi di migranti non ancora iden-‐ tiGicati di attraversare il territorio nazionale per andare a chiedere asilo in un altro Stato europeo (il trattato prevede invece che, una volta accer-‐ tato che il migrante risponde a tutti i requisiti per essere accettato, deve essergli concesso l’asilo nel primo paese europeo che ha raggiunto). È il caso dell’episodio avvenuto nel giu-‐ gno 2015 a Ventimiglia. L’Italia ha tentato di trasferire centinaia di mi-‐ granti in Francia senza averli prima identiGicati, in modo che una volta raggiunto il territorio francese potes-‐ sero essere identiGicati lì e quindi fa-‐ re richiesta d’asilo in Francia. Ovvia-‐ mente la Francia non ha accettato. La seconda rotta migratoria (la co-‐ siddetta “rotta balcanica”), che pre-‐
vede l’attraversamento della Turchia, della Gre-‐ cia e dei Balcani Gino a raggiungere l’Europa del Nord, è balzata agli onori della cronaca solo in queste ultime setti-‐ mane. La percorrono i profughi che scappano dai teatri di guerra si-‐ riani, iracheni, afghani. Pur non prevedendo necessariamente il ri-‐ schio di una lunga tra-‐ versata marittima su barconi di fortuna, la rotta balcanica non è meno pericolosa. I mi-‐ granti percorrono migliaia di chilo-‐ metri, attraversando più paesi, spes-‐ so camminando lungo la linea ferro-‐ viaria. In genere sono le organizza-‐ zioni criminali che forniscono indica-‐ zioni e mezzi per spostarsi. E una volta arrivati in Europa, il rischio peggiore è quello di non riuscire a raggiungere i paesi in cui hanno fa-‐ miliari o parenti, o in cui sanno che riceveranno accoglienza e potranno tentare di ricostruirsi una vita digni-‐ tosa. Bulgaria, Macedonia e Ungheria hanno infatti dispiegato la polizia lungo i propri conGini per respingere i migranti. Nel conGine fra l’Ungheria e la Serbia, il governo ungherese gui-‐ dato da Orban ha eretto un muro che dovrebbe servire a tenere fuori dal proprio territorio i migranti, ed ha intenzione di costruirne uno anche nel conGine con la Croazia. Ha inoltre varato una legislazione di emergenza che prevede addirittura pene deten-‐ tive per i profughi trovati sul territo-‐ rio ungherese senza regolare per-‐ messo. Ha schierato l’esercito a dife-‐ sa dei propri conGini; recentemente ha suscitato grande clamore il fatto che esercito e polizia abbiano usato idranti e gas lacrimogeni contro i migranti. Ed ecco quindi le ragioni delle parole di Juncker. Il Presidente della Com-‐ missione europea ha voluto condan-‐ nare la decisione di erigere nuovi
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muri in Europa, che non sono solo muri di cemento o di rete metallica, ma anche muri psicologici che ogni giorno le forze politiche estremiste costruiscono istigando i propri citta-‐ dini contro gli immigrati. Queste for-‐ ze minacciano i pilastri su cui è fon-‐ data l’idea stessa di Europa, innanzi-‐ tutto la solidarietà e la libertà di cir-‐ colazione. Se è vero che non è possi-‐ bile aprire le porte a chiunque voglia entrare in Europa, è altrettanto vero che il problema dell’immigrazione non si risolve chiudendo le frontiere e lasciando morire migliaia di perso-‐ ne. Come ha ribadito lo stesso Juncker, nessuno Stato membro dell’UE può risolvere da solo il problema del-‐ l’immigrazione, che ha cifre inso-‐ stenibili per ogni singolo paese. E come europei siamo ormai troppo interdipendenti anche per sperare di scaricare la questione sugli altri. Il muro che l’Ungheria ha eretto sul conGine con la Serbia ha costretto i migranti ad attraversare altri Stati europei come la Croazia; ma anche la Germania, che ha aperto i conGini a tutti i siriani, ha dovuto poi contin-‐ gentare gli ingressi, perché i Glussi erano insostenibili. Nel discorso sullo stato dell’Unione tenuto al Parlamento europeo il 9 settembre scorso, Juncker ha ricor-‐ dato che nell’ultimo anno sono arri-‐ vati in Europa mezzo milione di mi-‐ granti e, sebbene il numero sia enorme, essi costituiscono solo lo
0,11% della popolazione dell’UE. Questo dato ci fa capire come l’immi-‐ grazione sia in realtà un problema facilmente gestibile se ad occuparse-‐ ne fossero le istituzioni europee. Isti-‐ tuzioni però che possono essere create o rafforzate solo dai governi degli Stati nazionali membri dell’UE. È questo il vero nocciolo del proble-‐ ma: per risolvere il problema del-‐ l’immigrazione serve che gli Stati na-‐ zionali facciano un sacriGicio e ceda-‐ no la loro sovranità in materia di immigrazione all’Europa. Per questo motivo Juncker, nel discorso sullo stato dell’Unione, ha richiamato il concetto di unione e di solidarietà. Fino ad oggi quando si parla di politi-‐ che di immigrazione, ha sempre pre-‐ valso il nazionalismo. È ora di cam-‐ biare. La via indicata da Juncker è quella di creare un meccanismo di redistribu-‐ zione dei migranti fra tutti i paesi dell’UE. Il meccanismo si baserebbe su delle quote obbligatorie di mi-‐ granti che ogni Stato deve accogliere. Questo meccanismo proposto è un passo avanti verso una gestione più europea. La distribuzione fra tutti i paesi coinvolgerebbe anche quelli che per motivi geograGici non sono toccati dall’emergenza e quindi di-‐ minuirebbe il numero di migranti da accogliere nei paesi di conGine. Per metterlo in atto, è necessario co-‐ munque modiGicare il trattato di Du-‐ blino. Il lato negativo è, invece, che con questo meccanismo non viene
raggiunta comunque la totale gestio-‐ ne del problema a livello europeo. Infatti, la ricerca in mare dei migran-‐ ti, l’accoglienza e l’identiGicazione, pur venendo inserite in un quadro coordinato a livello europeo, sareb-‐ bero ancora di competenza degli Sta-‐ ti nazionali, cui spetta anche la mag-‐ gior parte dell’onere dei costi delle operazioni. A maggior ragione in questa fase di crisi, è facile capire come per alcuni Stati sia impossibile garantire un servizio adeguato ri-‐ spetto alla situazione. Neppure questo meccanismo, co-‐ munque, è accettato da tutti. Alcuni Stati nazionali, prevalentemente del-‐ l’Est, non vogliono assumersi il peso della quota obbligatoria. Un classico esempio di come gli interessi nazio-‐ nali vengano posti davanti all’inte-‐ resse generale. Per questo è chiaro che, sebbene il meccanismo, come già detto, sia un passo avanti, l’unica vera soluzione al problema è quella in cui gli Stati nazionali cedono la loro sovranità all’Europa per formare una Fede-‐ razione europea. Oltre a poter ge-‐ stire in modo più efGicace l’emergen-‐ za dell’immigrazione, si potrebbe contrastare il problema alla radice. Con una vera politica estera europea decisa dalla Federazione si potrebbe contribuire ad evitare il nascere di nuove crisi nei territori che ci cir-‐ condano, evitando l’aumento del numero dei migranti. Inoltre, con una vera legislazione eu-‐ ropea in materia di immigrazione, non si dovrebbe più assistere ad epi-‐ sodi come quello di Ventimiglia, e sarebbe più facile integrare i migran-‐ ti nella nostra società. Spesso sono le leggi nazionali stesse a fare dell’im-‐ migrazione un problema: si pensi al reato di clandestinità che invece di rendere più sicuro il territorio nazio-‐ nale, costringe i migranti a vivere all’ombra dello Stato e a favorire il lavoro in nero e le organizzazioni criminali. In conclusione, anche se si può con-‐ cordare con la posizione di Juncker, sarebbe stato ancora meglio: “No a un’Unione europea dei muri, si alla Federazione europea!”. Paolo Filippi
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Più integrazione europea, la strada da percorrere 1957: riapre il Canale di Suez, esplo-‐ de la prima bomba a idrogeno ingle-‐ se, l’ONU abolisce il lavoro forzato, l’Unione Sovietica lancia lo Sputnik nello spazio, la NATO decide di met-‐ tere delle basi missilistiche in Euro-‐ pa. Lo stesso anno, il 25 marzo, a Roma, dopo due anni di trattative, vengono Girmati due trattati che istituiscono la CEE e l’EURATOM, con l’obiettivo di creare la pace, l'unità e la prospe-‐ rità in Europa. Cinquantotto anni dopo, con le sGide poste dalla crisi economica e Ginanziaria e dalle ondate migra-‐ torie, dalla situazione di instabili-‐ tà e preoccupazione dovute dal-‐ l’aumento della disoccupazione e povertà all’interno dell’Europa e dai conGlitti armati, criminalità e terrorismo ai suoi conGini, questi obiettivi sono mantengono ancora tutta la loro attualità. Con questo spirito, ispirandosi ai padri fondatori dell’Europa, i Pre-‐ sidenti della Camera dei Deputati italiana, L. Boldrini, dell’Assem-‐ blée nationale francese, C. Barto-‐ lone, del Bundestag tedesco, N. Lammert, e della Chambre des Députés del Lussemburgo, che detie-‐ ne attualmente la Presidenza del Consiglio dell’UE e della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell’UE, M. Di Bartolomeo, hanno Girmato il 14 settembre, con una solenne ceri-‐ monia alla Camera dei Deputati a Roma, una dichiarazione dal titolo “Più integrazione europea: la strada da percorrere”. “Questo testo non è un trattato, non è una legge, ma un appello agli altri Parlamenti” ha ricordato N. Lammert nel suo discorso alla cerimonia di presentazione e Girma della Dichiara-‐ zione. Si tratta di “un’iniziativa che vuole essere un contributo concreto ma al tempo stesso dal forte valore simbolico al progetto europeista. Un progetto che non può prescindere dal coinvolgimento dei parlamenti
dove siedono i rappresentanti dei cittadini”, ha affermato la Boldrini. Occorre infatti rimediare al deLicit di legittimità presente oggi nel-‐ l’UE, e per farlo bisogna riuscire sia a coinvolgere i parlamenti nazionali, come ha suggerito C. Bartolone, sia rafforzare il Parlamento europeo, in modo che sia riconosciuto come vero parlamento da tutti i cittadini euro-‐ pei. Come sottolinea la Dichiarazio-‐
mettono di cogliere le opportunità del nuovo secolo in cui siamo entra-‐ ti.” Gli Stati nazionali sono ormai una dimensione troppo piccola in cui af-‐ frontare i problemi. Come si legge nella dichiarazione: “Agendo da solo nessun paese europeo può tutelare efGicacemente i propri interessi in un mondo globalizzato e far fronte alle sGide in Europa e nel resto del mondo […] I nostri cittadini hanno bisogno
ne: “E’ necessaria una maggiore inte-‐ grazione politica – in linea con il principio di sussidiarietà – per supe-‐ rare i punti di intrinseca debolezza in seno all’Unione europea e all’Unione economica e monetaria e dotare l’Europa della visione e progettualità necessarie per evitare di procedere a tentoni da un’emergenza a un’altra”. “Riteniamo di dover completare l’UEM creando un’autentica unio-‐ ne Linanziaria e Liscale, ma dob-‐ biamo anche rafforzare le istituzioni di controllo e operare per garantire reale trasparenza e legittimità demo-‐ cratica, creando così la stabilità e la prosperità cui aspirano i cittadini dell’eurozona.” Come ha giustamente ricordato Bar-‐ tolone: “Quand’anche i modelli e le frontiere del passato avessero avuto qualche pregio, non ci proteggono più dalle nuove minacce e non per-‐
di un’Europa più forte […] I nostri partner vogliono un’Europa più forte […] In un mondo globalizzato, l’Eu-‐ ropa può essere protagonista se par-‐ la e agisce come soggetto unitario – per questo -‐ Riteniamo che sia ne-‐ cessaria una maggiore integrazione politica.” Solo una federazione di Stati può creare una situazione di pace, unità e prosperità, per questo occorre per-‐ correre senza soste la via dei padri fondatori, come ha detto M. Di Barto-‐ lomeo, “L’Europa è come una bici-‐ cletta: se non si continua a pedalare si rischia di cadere”. Non fermiamoci quindi a riGlettere se compiere que-‐ sto passo, semmai chiediamoci come la Boldrini ci suggerisce “Cosa ci co-‐ sterà e cosa perderemo se non lo faremo?”. Romina Savioni
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Abbiate il coraggio di osare! Non misurabile, non Ginita: tale è la grandezza Gisica ed ontologica del nostro universo, il palcoscenico dove siamo chiamati a balbettare qualche parola, a raccontare con voce bassa e timorosa quale sia la verità, la nostra verità, ancora oggi così pallida, opaca e fragile. Eppure, cambiare è un'esigenza umana; nonostante tutto, avvertiamo la necessità di muovere piccoli passi in questo spazio senza conGini, di mi-‐ gliorare, di avanzare anche solo un millimetro. Oggi viviamo una situazione di estrema tensione: le idee, i desideri e le sGide dettate dal nostro secolo ri-‐ guardano il mondo intero, ma gli schemi di comprensione della realtà che ci vengono dati sono obsoleti, vecchi: siamo inseriti in società vec-‐ chie, e le società sono organizzate in divisioni geopolitiche vecchie: le na-‐ zioni. Il “sistema nazioni” impedisce lo svi-‐ luppo di nuove idee, la crescita di sogni più grandi, la nascita di un mondo migliore, sebbene ancora non perfetto, ancora non vero. Il salto federale, cioè il passaggio da un sistema geopolitico nazionale ad un sistema geopolitico federale so-‐ vranazionale, è un cambiamento na-‐ turale, che dovrà avvenire, sperabil-‐ mente come conseguenza di una “Ri-‐ voluzione paciGica”, prendendo in
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prestito la profetica espressione di Mario Albertini. In Europa, la conseguenza immediata di tale necessità, è che solo le parole e gli atti riguardanti la dimensione federale europea potranno essere deGiniti come atti politici. Il resto è fumo, vuotezza. Ed è per questa ragione che positivo e politico è il Rapporto “Completare l'unione economica e monetaria del-‐ l'Europa”, redatto dai Cinque presi-‐ denti (della Commissione, del Consi-‐ glio europeo, dell’Eurogruppo, della Banca centrale europea e del Parla-‐ mento europeo) e presentato al Con-‐ siglio europeo nel giugno 2015. Tale rapporto, però, manca di corag-‐ gio, forza ed ambizione, come ha ben evidenziato in una recente dichiara-‐ zione il Gruppo Spinelli, l’intergrup-‐ po formatosi all'interno del Parla-‐ mento europeo che riunisce i parla-‐ mentari di tutte le forze politiche più convinti ed impegnati a sostegno del-‐ l'uniGicazione europea e della tra-‐ sformazione federale dell'Unione europea. Ciò che questa dichiarazione coglie, in sostanza, è il peccato di accidia alla base del documento dei cinque presidenti. La necessità di portare avanti il pro-‐ getto di integrazione europea e di operare progressi in direzione di un' unione economica, Ginanziaria, Giscale e politica viene messa in luce, ma i tempi proposti sono incredibil-‐ mente lenti, e noi tutti sappiamo quanto immedia-‐ tezza e rapidità debbano essere tra le principali parole chiave del salto federale. “È necessario ac-‐ celerare il proces-‐ so di integrazio-‐ ne”; in altre paro-‐ le è necessario,
dopo anni di stagnamento, operare cambiamenti concreti, optare per una reale cessione di sovranità na-‐ zionale a favore della costituzione di un effettivo potere politico sovrana-‐ zionale, non accontentandosi di una blanda cooperazione tra Stati. È necessario comprendere l'asso-‐ luta inutilità, nel lungo termine, di una montagna di regole, in assen-‐ za di istituzioni europee con vero potere politico e decisionale. InGine, è necessario cogliere, nel bre-‐ ve termine, l'assoluta priorità del-‐ l'istituzione di un bilancio dell'Eu-‐ rozona; quanto sarebbe utile, effet-‐ tivamente, spostare il fuoco di inte-‐ resse politico europeo sull'Eurozona, che riunisce membri che hanno già accettato un passaggio di sovranità che prelude al salto federale. In deGinitiva, ciò che il Gruppo Spi-‐ nelli, ed in generale l'intero mondo politico federalista rimprovera, è la mancanza di audacia ed intrapren-‐ denza di gran parte della classe poli-‐ tica europea, e soprattutto della maggioranza dei governi. Ma ora è giunto il tempo per cambia-‐ re: il prossimo capitolo della storia europea sarà quello dell'Apocalisse, parola di origine greca che non signi-‐ Gica Morte, ma Rivelazione. E quindi, che quest'Apocalisse sia un' occasione di riscatto; difatti, l'Europa e gli europei ancora devono mostra-‐ re al mondo il meglio di sé stessi, ce-‐ lato persino agli occhi inquisitori de-‐ gli dei, immersi nella lettura di pagi-‐ ne di storia macchiate di sangue. Concordando con le critiche elabora-‐ te dal Gruppo Spinelli, concludiamo questo breve articolo con parole che speriamo si possano incidere nei cuori dei lettori, come un grido di passione ed amore per un sogno che non è mai stato così vivo e bello. Voi tutti, cittadini e politici euro-‐ pei, abbiate il coraggio di osare! Andrea Apollonio Maria Vittoria Lochi
La minaccia dell’ISIS è ancora più grave di quel che sembra Nelle ultime settimane di agosto, il mondo ha assistito impotente ad un’ulteriore brutalità dell’ISIS, ovve-‐ ro la distruzione del sito archeologi-‐ co di Palmira in Siria. Tuttavia, sa-‐ rebbe un errore ritenere la distru-‐ zione di Palmira Giglia del solo fon-‐ damentalismo jihaddista; dietro tale atto, infatti, non c’è soltanto la volon-‐ tà di cancellare la storia della Siria pre-‐musulmana, ma anche un inte-‐ resse meramente economico. Da tempo l’ISIS usa il contrabbando in-‐ ternazionale dei manufatti archeolo-‐ gici come strumento di Ginanziamen-‐ to. Finanziarsi per lo Stato Islamico è di vitale importanza. Sia in Iraq che in Siria, l’ISIS ha conquistato diversi giacimenti di petrolio e gas per poi rivendere le materie prime al mercato nero; non è un caso che Palmira si trovi a pochi chilometri da Jazal, ultimo pozzo petrolifero in Si-‐ ria ancora in mano alle forze lealiste di Assad e sotto attacco del Califfato dal 7 settembre. Il mercato nero di petrolio e opere d’arte, sommato ai riscatti e ai depo-‐ siti valutari saccheggiati dalle città conquistate, foraggiano un patrimo-‐ nio che secondo le stime dell’intelli-‐ gence statunitense ammonta a circa 2 miliardi di dollari. Per comprende-‐ re la necessità dell’ISIS di Ginanziarsi bisogna partire da un presupposto: l’ISIS non pensa se stessa come un’organizzazione terroristica sul modello di Al-‐Qaida, ma si considera il nucleo di un nuovo Stato. Avere un patrimonio considerevole è pertanto funzionale al consolidamento del controllo sui territori conquistati. I miliziani al servizio dello Stato Isla-‐ mico ricevono uno stipendio minimo di 200 dollari mensili; nelle città conquistate si pagano gli stipendi di una nuova “amministrazione pubbli-‐ ca” fedele alla dottrina fondamenta-‐ lista dell’ISIS. Inoltre il Califfato Gi-‐ nanzia una complessa macchina di propaganda, funzionale non solo a diffondere il terrore ma anche ad
aumentare il proprio consenso nel mondo musulmano. Sebbene l’atten-‐ zione dell’opinione pubblica occiden-‐ tale sia rivolta soprattutto verso le brutalità commesse dall’ISIS e le sue minacce all’Occidente, non bisogna dimenticare che esiste anche un’altra propaganda rivolta verso i musul-‐ mani in cui viene data una visione utopica della vita nello Stato Islami-‐ co. Questo ultimo tipo di comunica-‐ zione non solo serve a rafforzare il proprio potere ma è anche il primo passo con cui l’ISIS attira l’attenzione dei giovani musulmani che vivono in Occidente. La minaccia del Califfato non si limita soltanto a Siria e Iraq, dove da mesi ormai controlla ampie porzioni di territorio; il suo messaggio fonda-‐ mentalista ha raggiunto organizza-‐ zioni islamiste anche in altre realtà: la bandiera nera del Daesh sventola
su Sirte nella Libia oramai frammen-‐ tata e dilaniata dai conGlitti interni. In Nigeria il gruppo separatista di Boko Haram ha giurato fedeltà al Califfato. Altre organizzazioni islamiste po-‐ trebbero avvicinarsi sempre più al-‐ l’ISIS in Afghanistan, Pakistan e Fi-‐ lippine. Il rischio concreto è che mentre il Califfato concentra uomini e risorse per continuare a estendere il proprio controllo sul Medio Orien-‐ te, queste organizzazioni diventano lo strumento dello Stato Islamico per colpire al di fuori del teatro medio-‐ rientale. Di fronte ad una tale minaccia, la comunità internazionale, sebbene condanni senza riserve il Califfato, si è mostrata divisa è incapace di adot-‐ tare una strategia comune. In primis le stesse potenze regionali non rie-‐ scono a coordinare un fronte comu-‐ ne: gli interessi contrastanti tra Tur-‐
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chia, Israele, Iran, Egitto ed Arabia Saudita non solo compromettono la stabilità dell’intera area, ma hanno consentito all’ISIS di farsi largo in Medio Oriente approGit-‐ tando delle divisioni sta-‐ tali, etniche e religiose. Da rilevare in particolare l’atteggiamento della Turchia che non solo non ha fornito il necessario supporto alla comunità curda che combatte l’ISIS a Kobane, ma ha comin-‐ ciato delle azioni militari lungo la frontiera contro gli stessi curdi per con-‐ trastare, secondo il go-‐ verno turco, un’eventua-‐ le ascesa del PKK nel-‐ l’area. Cosi come le potenze regionali, anche Stati Uniti e Russia si sono mostrate incapaci di adottare una linea comu-‐ ne sulla crisi mediorientale. Il nodo del contrasto tra le due potenze è la sopravvivenza politica di Assad in Siria. La Russia da tempo sostiene il presidente Assad fornendo non solo aiuti Ginanziari e militari ma, come dichiarato dal ministro degli esteri Sergei Lavrov, anche inviando in Si-‐ ria personale militare. Lo stesso mi-‐ nistro non esclude un intervento mi-‐ litare russo per risolvere la crisi si-‐ riana pur nel rispetto del diritto in-‐ ternazionale e allo scopo di sconGig-‐ gere l’ISIS. D’altra parte gli Stati Uni-‐ ti, che guidano una coalizione con altri paesi, occidentali e non, si tro-‐ vano nella problematica situazione
di voler dare priorità alla lotta contro il Califfato ma, al contempo, di voler destituire Assad e togliere la Siria dall’orbita di inGluenza russa. I bom-‐ bardamenti effettuati dalla coalizio-‐ ne guidata dagli USA contro le posta-‐ zioni dello Stato Islamico non hanno Ginora raccolto i risultati sperati. L’ISIS, seppur con alcune difGicoltà, continua la sua avanzata in Siria ver-‐ so Aleppo (contesa tra forze islami-‐ ste e lealiste) e in Iraq dove i milizia-‐ ni del Califfato, dopo la conquista di Mosul, si trovano a circa 130 km dal-‐ la capitale Baghdad. La crisi in Medio Oriente rappresenta una enorme sGida per l’Europa e l’ondata di richiedenti asilo delle ul-‐ time settimane ne rappresenta solo un aspetto. Mentre gli Stati nazionali europei litigano fra loro sul come
“spartirsi” le quote di rifugiati, man-‐ ca del tutto una strategia europea comune sul come risolvere la crisi all’origine. La questione mediorien-‐ tale non potrà trovare risposta senza l’intervento della comunità interna-‐ zionale, all’interno della quale è as-‐ solutamente necessaria una voce unica europea che sia in grado di su-‐ perare le divisioni internazionali. Gli Stati nazionali europei non sono stati in grado di avere un ruolo dalle primavere arabe in poi, la-‐ sciando che altre potenze interve-‐ nissero sulla questione, Linora inefLicacemente. Priva di una politi-‐ ca estera e di difesa comune l’Europa continuerà a subire le dinamiche in-‐ ternazionali anche quando queste riguardano il proprio vicinato. Giovanni Salpietro
Publius - Per un’alternativa europea Numero 21 - Settembre/Ottobre 2015
https://publiuseuropa.wordpress.com Via Villa Glori, 8 Pavia - Tel: 3409309590 - E-mail: publius@unipv.it Direttore responsabile: Giacomo Ganzu Redazione: Nelson Belloni, Eleni Blinishta, Paolo Filippi, Giacomo Ganzu, Filippo Lavecchia, Maria Vittoria Lochi, Paolo Milanesi, Francesco Pericu, Giovanni Salpietro, Romina Savioni, Bianca Viscardi. Stampato presso: Tipografia P.I.M.E Editrice S.r.l Puoi trovare Publius, oltre ai vari angoli dell’Università, anche presso: bar interno facoltà di Ingegneria, bar facoltà di Economia, mensa Cravino, sala studio San Tommaso, bacheca A.C.E.R.S.A.T cortile delle statue. Periodico trimestrale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazioni, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani. Registrazione n. 705 del Registro della Stampa Periodica - Autorizzazione del tribunale di Pavia del 19 Maggio 2009
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Iniziativa realizzata con il contributo concesso dalla Commissione Permanente Studenti dell’Università di Pavia nell'ambito del programma per la promozione delle attività culturali e ricreative degli studenti Distribuito con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic .