Publius
P e r u n ’A l t e r n a t iv a
Indice
1 Editoriale Publius pag.2 Il piano Juncker e pag.
la crescita in Europa
Giovanni Salpietro
3 Perchè il QE della
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BCE è debole senza l’Unione =iscale
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L’Analytical Note di Juncker e il problema della riforma istituzionale dell’Eurozona
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Francesco Pericu
Nelson Belloni
Tsipras-‐ Varoufakis: tra promesse non mantenibili e vie di fuga
Francesco Violi e Giacomo Ganzu
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pag.
Obama, l’Europa, la russia e il terrorismo
Maria Vittoria Lochi
Europea
Il ventesimo numero di Publius giunge in stampa in una fase di transizione per l’Europa: il dibattito sul futuro dell’Europa non è mai stato così acceso nelle cancellerie europee e nei principali centri del potere. Purtroppo la co-‐ municazione liquida e di-‐ sarticolata propinata dai mass media e dalla cosid-‐ detta rete non aiuta a co-‐ struire un dibattito serio e genuino sull’unico vero scoglio politico su cui si gioca la nostra speranza di uscire dalla crisi: come trasferire poteri legittimi e democratici per creare l’unione ?iscale e di bilan-‐ cio (almeno tra i paesi del-‐ l’Eurozona)? L’opinione pubblica ritie-‐ ne che sia un problema
Confederazione dei giornali universitari pavesi
Numero 20 - Aprile/Giugno 2015 distribuzione gratuita
Giornale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani
“astratto” e “lontano” ri-‐ spetto le soluzioni da tro-‐ vare contro la crisi eco-‐ nomica e i problemi di si-‐ curezza interna (Charlie Hebdo docet) ed esterna (crisi libica, siriana, ISIS, ucraina e da ultimo yeme-‐ nita). Invece l’unione ?iscale e di bilancio è la base indi-‐ spensabile per sciogliere il nodo gordiano del rappor-‐ to tra austerità-‐responsa-‐ bilità ?iscale-‐crescita-‐soli-‐ darietà e trasformarlo in un circolo virtuoso: sola-‐ mente creando istituzioni comuni (non solo regole) si può governare la crisi economica, sociale e poli-‐ tica. In questi ultimi mesi sono stati fatti signi?icativi passi avanti verso un’Europa
più integrata; ma occorre anche ribadire che sono ancora solo dei palliativi alla crisi, e non la cura. Il Piano d’investimenti di Juncker è un ottimo segna-‐ le per l’economia ma la sua struttura (del tipo project ?inancing, e non investimenti infrastruttu-‐ rali nelle aree depresse dell’economia) e la sua capacità di azione (pochi miliardi di euro in garan-‐ zie e prestiti) sono insuf?i-‐ cienti alle necessità del-‐ l’economia europea. A marzo, inoltre, è entrato in azione il famoso bazooka di Draghi, il Quantitative Easing (QE), che rappre-‐ senta l’ultimo tentativo dell’unica istituzione eu-‐ >> pag.2
Il piano Juncker e la crescita in Europa Lo scorso 26 novembre il nuovo Pre-‐ sidente della Commissione europea Jean-‐Claude Juncker ha presentato un piano di investimenti per il rilan-‐ cio della crescita in Europa. L’obietti-‐ vo è quello di mettere in campo ri-‐ sorse per un totale di 315 miliardi di euro, senza la creazione di debito, per stimolare la crescita puntando
l’attenzione su investimenti in tra-‐ sporti, energia, ricerca e formazione. Questi fondi verrebbero impiegati per ?inanziare a livello europeo i più validi progetti di sviluppo tra quelli che gli Stati si sono impegnati a pre-‐ sentare; attualmente sono quasi 2000 i progetti presentati alla BEI (la Banca europea per gli investimenti,
ossia l’altra istituzione europea cui fa capo il Piano, oltre alla Commissione) per ottenere i ?inanziamenti. Nonostante le buone intenzioni, il Piano Juncker non è stato esente da critiche. Un primo dubbio riguarda la reale capacità del piano di raggiun-‐ gere l’obiettivo dei 315 miliardi di investimenti; le risorse messe in campo sono infatti solo 21 miliardi, di cui 16 provenienti dal bilancio del-‐ l’UE e 5 dalla Banca europea per gli investimenti (BEI). Il resto del Piano dovrebbe infatti ?inanziarsi attraver-‐ so fondi provenienti dagli investitori privati in due fasi: nella prima la BEI userebbe i 21 miliardi iniziali come garanzia per emettere obbligazioni sul mercato per un totale di 60 mi-‐ liardi di euro con cui ?inanziare i progetti strategici; nella seconda fase i 60 miliardi dovrebbero servire da leva ?inanziaria per attirare ulteriori investimenti privati ed arrivare alla cifra di 315 miliardi di euro grazie all’ effetto moltiplicatore. E’ evidente che una delle principali critiche a questo procedimento è proprio la
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di una riforma istituzionale a partire dall’Eurozona. Intanto i problemi interni ed esterni incalzano. L’attacco terroristico con-‐ tro Charlie Hebdo si è abbattuto sulla Francia, il paese simbolo della laicità dello Stato. Pochi si sono accorti che questi attacchi vogliono solamente una cosa: il ritorno all’equazione Sta-‐ to=identità nazionale-‐religiosa-‐lin-‐ guistica e quindi alimentare una spi-‐ rale di odio e dif?idenza tra i cittadini. Bisogna battersi a tutti livelli per te-‐ nere in campo l’altra equazione: Sta-‐ to=lealtà istituzionale ai valori di pa-‐ ce, libertà e democrazia. La vittoria elettorale di Tsipras in Grecia e le sue recenti scelte in politica economica creano un dif?icile clima politico per affrontare i veri problemi dell’Euro-‐ zona. Da ultimo gli Stati Uniti dimo-‐ strano sempre più una certa insoffe-‐
renza al vuoto di potere in Europa (per ora surrogato dal tandem Fran-‐ cia-‐Germania) e cercano di trovare soluzioni al problema ucraino sacri?i-‐ cando i nostri stessi interessi sull’al-‐ tare della supremazia strategica nel-‐ l’area. In questo scenario, i timidi segnali di ripresa economica non devono esse-‐ re considerati un successo su cui adagiarsi, ma in primis un’occasione da non sprecare: per chiedere a gran voce un’Europa diversa, unita e de-‐ mocratica, ai nostri governi, perché altrimenti continueremo ad essere irrilevanti e mancheremo l’appunta-‐ mento storico con le grandi s?ide e decisioni che ci attendono.
ropea “federale” per arginare la crisi economica creando allo stesso tempo un elemento di solidarietà interna (acquisto di debito sovrano dei sin-‐ goli Paesi membri per il 20%). Ma a tutti è noto comunque che una politi-‐ ca monetaria senza politica ?iscale ha un impatto limitato. Lo ribadisce, di fatto, anche il presidente della Com-‐ missione europea, Juncker, che ha appena licenziato un testo in prepa-‐ razione della road map per il comple-‐ tamento dell’unione monetaria che dovranno redigere i quattro presi-‐ denti: (lo stesso Juncker per la Com-‐ missione, Tusk per il Consiglio euro-‐ peo, Draghi per la BCE e Dijsselbloem per l’Eurogruppo). Si tratta dell’A-‐ nalytical Note ed è uno dei testi uf?i-‐ ciali delle istituzioni europee in cui è sottolineata chiaramente la necessità
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Perchè il Quantitative Easing della BCE è debole senza l’Unione fiscale Finalmente, il grilletto del bazooka è stato premuto. Il 9 marzo scorso, è partito il Quantitative Ea-‐ sing della Banca Centrale Europea (BCE). Propriamente denominato Public Sector Purchase Programme (PSPP), il piano era stato preceden-‐ temente annunciato da Mario Draghi il 22 gennaio scorso, al ?ine di inter-‐ venire su una situazione in cui gli in-‐ dicatori, che ri?lettono un tasso di in?lazione tendente allo zero, conti-‐ nuano ad incidere negativamente sul-‐ l’andamento dei prezzi a medio ter-‐ mine. Si tratterebbe quindi di inter-‐ venire massicciamente al ?ine di sti-‐ molare un’economia in cui i tassi di
da pag. 2 previsione “ottimista” sulla capacità del moltiplicatore di arrivare ad una cifra cosi consistente. La garanzia dei 21 miliardi rischia, infatti, di scorag-‐ giare gli investitori, in quanto può essere ritenuta una cifra troppo bas-‐ sa per coprire eventuali perdite o insuccessi dei progetti ?inanziati. Il rischio è, allora, che per attirare i fondi privati la BEI decida di ?inan-‐ ziare i progetti che presentano le maggiori garanzie di successo in tempi brevi, provocando delle distor-‐ sioni nei meccanismi di allocazione delle risorse del Piano. Proprio l’allocazione delle risorse, cioè quali progetti premiare (e di quali paesi), rappresenta, infatti, un ulteriore punto di criticità dell’inizia-‐ tiva. Anche il presidente di Assolom-‐ barda, Gianfranco Rocca, in occasione di un incontro con il Vice-‐presidente della Commissione Europea Katai-‐ nen, ha espresso nel suo discorso (il cui testo è disponibile online sul sito di Assolombarda) le preoccupazioni che riguardano proprio i meccanismi di allocazione delle risorse. La critica di Rocca è che, al ?ine di rassicurare gli investitori, si rischia di procedere concedendo i ?inanziamenti a quei progetti che hanno un basso pro?ilo
interesse sono praticamente negativi, attraverso l’acquisto – sul mercato secondario – di titoli pubblici e priva-‐ ti al ritmo di 60 miliardi al mese, sino a quando il percorso in?lattivo non torni a essere in linea con il target sancito dai trattati: il 2% nel medio termine. Essenzialmente, sostituendo i titoli con nuova liquidità, vi è un in-‐ centivo per le banche a ?inanziare le imprese nei paesi in cui vengono im-‐ plementate politiche orientate alla crescita. Un tipo di intervento che segue nel tempo quello intrapreso dalla Federal Reserve, dalla Bank of England e dalla Banca del Giappone, e
di rischio e dei ritorni di breve pe-‐ riodo. Cosa che, però, avrebbe un du-‐ plice effetto negativo: in primo luogo verrebbero penalizzati quei progetti altamente innovativi che hanno, pe-‐ rò, dei ritorni di pro?itto solo nel lun-‐ go periodo; anche le piccole e medie imprese rischiano di essere penaliz-‐ zate perché, a causa delle loro di-‐ mensioni, non sarebbero in grado di garantire la validità dei propri pro-‐ getti. In secondo luogo, si corre il ri-‐ schio di penalizzare i paesi cosiddetti europeriferici, come l’Italia. Tra le variabili che in?luiscono sulla capaci-‐ tà di un paese di attrarre investimen-‐ ti privati, secondo Rocca, ci sono an-‐ che i tempi della giustizia civile e del-‐ la burocrazia. Si tratta di punti di de-‐ bolezza di cui soffrono i paesi della periferia europea, che rischiano di rimanere penalizzati e di veder mes-‐ so a rischio il percorso di riforme strutturali già avviato. Se entrambe queste eventualità dovessero veri?i-‐ carsi il risultato sarebbe senza dub-‐ bio contradditorio: le risorse del Pia-‐ no Juncker si concentrerebbero sui progetti di quei paesi che già oggi non incontrano problemi di ?inan-‐ ziamento poiché giudicati sicuri dagli investitori privati. Il rischio concreto è quello di aumentare le divergenze
che cerca di invertire – secondo alcu-‐ ni, con un certo ritardo – il percorso de?lattivo in cui si è in?ilata l’Eurozo-‐ na. Si tratta di un percorso partico-‐ larmente dannoso perché scoraggia gli investimenti delle imprese e anche le famiglie dall’acquistare e consuma-‐ re (stante le aspettative di ulteriori cadute dei prezzi, tutti tendono a rin-‐ viare le proprie spese). In più, in un contesto di bassa in?lazione, il valore reale dei debiti pubblici aumenta, rendendo più gravosa la restituzione dei crediti. Al contrario, un’in?lazione più alta ha l’effetto di far calare il va-‐ lore reale dei debiti pubblici, ed è proprio per questo che si può ritene-‐
economiche e di non dare un suf?i-‐ ciente stimolo all’innovazione in Eu-‐ ropa. Il Piano Juncker è dunque un punto di partenza per rilanciare la crescita, ma niente di più di questo. Af?inché l’Europa esca dalla crisi economica attuale, prosegue Rocca, sono neces-‐ sari ulteriori passi, ben più impegna-‐ tivi. Se gli Stati devono continuare il proprio percorso di risanamento dei conti e di riforme strutturali, e se l’impegno degli in tale percorso può essere incentivato con una maggiore ?lessibilità sulle regole europee di bilancio, rimane il fatto che non è la dimensione nazionale che può esau-‐ rire il percorso di uscita dalla crisi economica. Per l’Europa, ed in parti-‐ colare per l’Eurozona, è necessario avviare un percorso di approfondi-‐ mento dell’unione monetaria ed eco-‐ nomica volta ad una condivisione delle politiche ?iscali e ad una cessio-‐ ne di sovranità. Solo infatti con una politica ?iscale comune “sarà possibi-‐ le per l’Europa recuperare quella crescita economica che è l’unica ga-‐ ranzia di sostenibilità futura dei de-‐ biti accumulati e di contenimento delle disuguaglianze”. Giovanni Salpietro
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re una politica di alleggerimento quantitativo, una sorta di pa-‐ trimoniale per i risparmiatori. Nondimeno, secondo la BCE, l’economia europea trarrebbe come bene?ici collaterali una maggiore stabilità dei mercati ?inanziari e, soprattutto, raffor-‐ zando le misure di trasmissione della politica monetaria all’eco-‐ nomia reale, verrebbe alimenta-‐ ta la domanda interna, allo sco-‐ po di migliorare le prospettive di crescita economica (anche se l’impatto sulla domanda inter-‐ na, di fatto, è incerto a causa della possibile distribuzione asimmetrica della ricchezza che potrebbe favorire l’accumula-‐ zione dei bene?ici verso “chi ha” rispetto a “chi non ha”. Quindi non è detto che possa rilanciare i consumi di massa). Un altro aspetto, che esula dalle considerazioni economiche ?inora enunciate, riguarda alcuni elementi, più di carattere politico, che hanno reso e tutt’ora rendono piuttosto controverso – e signi?icati-‐ vo al tempo stesso – l’utilizzo del bazooka così come la gestione della politica monetaria da parte del suo Presidente. Infatti, attraverso l’im-‐ plementazione del programma di acquisto di titoli obbligazionari, Ma-‐ rio Draghi ha dato ulteriore prova dell’esercizio della sua leadership. Innanzitutto dimostrando con i fatti la volontà della Banca centrale di mettere in pratica il “whatever it takes to save the euro”, per dirla con le parole del Governatore nel cele-‐ bre discorso di Londra del 2 agosto 2012, quando il solo effetto annun-‐ cio aveva sortito l’effetto di calmie-‐ rare le turbolenze dei mercati ?inan-‐ ziari che ?ino a quel momento ave-‐ vano attribuito scarsa credibilità all’operato della Banca. In più, rial-‐ lacciandosi (attraverso i continui richiami alla necessità di completare con l’unione ?iscale e quella politica l’unione monetaria) al progetto poli-‐ tico presentato dal Rapporto dei Quattro Presidenti del giugno 2012 e dal successivo Piano per un’auten-‐ tica e profonda Unione economica e monetaria, ha indicato quale sia la copertura politica che, nei fatti, le-‐ gittima questo tipo di interventi
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monetari non convenzionali, e che gli permette di superare l’ostilità di alcune componenti sia del Consiglio europeo, sia del Sistema europeo delle banche centrali. Il punto, infatti, è che in una banca centrale tradizionale, il QE sarebbe ampiamente riconosciuto come strumento legittimo di politica monetaria, anche se non convenzio-‐ nale. Ma nell’UEM il problema politi-‐ co sorge a monte. Se, generalmente, le banche centrali operano in un contesto di simmetrica centralizza-‐ zione di politiche monetarie e ?iscali, la BCE, al contrario, opera in un con-‐ testo in cui la politica monetaria è centralizzata ma a fronte di tante politiche ?iscali quanti sono gli Stati aderenti all’Eurozona. Il vero pro-‐ blema sta dunque nel fatto che l’Eu-‐ rozona non possiede una capacità ?iscale centralizzata con la relativa legittimazione democratica. Ed è proprio questo limite che potrebbe rendere il QE relativamente debole, perché porta con sé la scarsa quota di condivisione del rischio. Il Board della banca ha convenuto, infatti, che il rischio debba essere ripartito all’80% tra gli Stati membri, nell’ot-‐ tica del principio del pro quota. Ri-‐ mane quindi una condivisione mi-‐ nima, il restante 20%, che rimane in capo ai bilanci di alcune istituzioni sovrannazionali (BEI, EFSF, ESM, UE). Al tempo stesso, se la scarsa misura di condivisione del rischio da
una parte limita l’intensità del bazooka, dall’altra è pur sem-‐ pre un primo passo nell’affer-‐ marsi del principio del risk-‐sha-‐ ring, e come tale può essere visto come il preludio del-‐ l’unione ?iscale. In particolare, può diventare il grimaldello per l’accettabilità politica degli ac-‐ cordi contrattuali tra Stati membri e Commissione che erano previsti nel Blueprint del-‐ la Commissione (novembre 2012) al ?ine di incentivare e rendere gli Stati meno sensibili agli shocks di breve periodo e quindi ai costi economico-‐so-‐ ciali dovuti ai cambiamenti strutturali delle proprie eco-‐ nomie necessari per rendere l’Unione economica e moneta-‐ ria maggiormente resiliente alle cri-‐ si. Sicuramente, l’intervento della BCE non è una panacea: si tratta di una condizione necessaria, ma non suf?i-‐ ciente per superare quel percorso de?lattivo, con tassi di disoccupazio-‐ ne senza precedenti, da cui l’area dell’euro sembra non riuscire a usci-‐ re. Esso dovrebbe incentivare gli Stati membri ad attuare le riforme strutturali che ingessano l’economia e la società europea. Allo stesso modo, potrebbe incentivare tutta una serie di investimenti in beni pubblici europei favorendo anche l’attuazione del Piano Juncker. Il ve-‐ ro nodo politico, però, non sta cer-‐ tamente nel maggiore o minore uti-‐ lizzo della politica monetaria: si tratta di governare la politica euro-‐ pea, di fare in modo che la politica ?iscale europea non sia la sommato-‐ ria delle politiche ?iscali degli Stati membri ma diventi una questione davvero europea. È sotto gli occhi di tutti quanto bene funzioni una poli-‐ tica gestita a livello federale. Quello che serve è completare l’unione mo-‐ netaria, trasformandola in una vera unione economica europea, con un governo che sia responsabile davan-‐ ti al Parlamento europeo. Solo in questo modo gli euroscettici e i na-‐ zionalisti dovranno cercare nuovi ritornelli e, probabilmente, cambia-‐ re spin-‐doctor. Francesco Pericu
L’Analytical Note di Juncker e il problema della riforma istituzionale dell’Eurozona Il 12 febbraio scorso, Jean-‐Claude Juncker, in collaborazione con gli altri presidenti dell’UE (Donald Tusk, Jeroen Dijsselbloem e Mario Draghi), ha redatto una nota (chiamata sem-‐ plicemente Analytical Note) per ri-‐ lanciare il dibattito sull'integrazione dell'area euro e per iniziare a prepa-‐ rare il nuovo rapporto sull’UEM dei quattro presidenti, che dovrebbe es-‐ sere pronto per giugno. Buona parte del documento si sof-‐ ferma sull’analisi della natura e delle cause della crisi, e sugli strumenti che in questi ultimi anni sono stati creati a livello di area euro per af-‐ frontarla. Il documento parte dalla crisi ?inanziaria statunitense e ne evidenzia l’evoluzione, una volta giunta in Europa. Da crisi ?inanziaria a crisi del debito ?ino alla crisi eco-‐ nomica e sociale vera e propria, quando il numero dei disoccupati ha raggiunto livelli drammatici e quan-‐ do il PIL pro capite è crollato. Si regi-‐ strano infatti cambiamenti radicali: dal 2007 al 2014 la disoccupazione nell'area euro è passata dal 7,5% al-‐ l’11,6%, quella giovanile dal 16,6% al 23%. Il PIL pro capite è sceso di oltre il 5% stabilizzandosi solo in questi ultimi mesi, mentre negli Stati Uniti, che sono uno Stato federale e che possono mettere in campo politiche ?iscali ed economiche di dimensione e impatto continentali, dopo un bru-‐ sco crollo nella fase acuta della crisi, gli indicatori sono tornati ai livelli pre-‐crisi ed hanno ricominciato a crescere. La vera causa della crisi della zona euro, e Juncker lo sottoli-‐ nea, sembra quindi essere legata in-‐ nanzitutto alla sua debolezza in ter-‐ mini istituzionali. In molti punti del documento, infatti, si evidenziano le contraddizioni che derivano da una moneta senza politica ?iscale e di bi-‐ lancio. In questo modo l’area euro, che giustamente viene de?inita come frutto di un vero e proprio progetto politico che ha dato vita ad una co-‐ munità di destino, manca degli stru-‐ menti necessari per fare politiche in campo economico. Nella Nota ?igurano anche proposte di breve periodo. In particolare, nel totale silenzio della stampa e del di-‐ battito politico, si propone di avviare la cosiddetta integrazione positiva,
che non si limita ad incidere sulle regole e sul controllo degli Stati, ma che offre la possibilità di rilanciare la crescita e mettere in atto ammortiz-‐ zatori sociali di scala continentale. Nei fatti si parla di un “triangolo vir-‐ tuoso” fatto di riforme strutturali, investimenti e responsabilità ?iscale. Sempre nel breve periodo si insiste anche sul rafforzamento della mobi-‐ lità del lavoro e del mercato dei capi-‐ tali allo scopo di rendere più ef?icace il mercato unico. E’ responsabilità della Commissione, così come della Bce e delle altre isti-‐ tuzioni europee, tenere sul campo le proposte di breve periodo, mettendo in atto le iniziative che stanno per-‐ mettendo all'area euro di sopravvi-‐ vere alla crisi, pur con evidenti pro-‐ blemi. Al tempo stesso, è da questi stessi attori che deve venire l’impul-‐ so di una proposta e di una visione politica di lungo periodo, mirata alla creazione del potere e della legitti-‐ mazione necessari all'area euro per rispondere ai bisogni e alle aspira-‐ zioni dei cittadini. Juncker, nella sua Nota, non manca di ricordare come questa visione di insieme sia essen-‐ ziale, richiamando a questo proposi-‐ to la necessità di portare a compi-‐ mento le quattro unioni (bancaria, ?iscale, economica e politica) già in-‐ dicate nel Rapporto dei quattro pre-‐ sidenti del 2012 e nel Blueprint della Commissione europea. Oltre a ciò, la Nota identi?ica una se-‐ rie di domande che si riferiscono ai nodi ancora irrisolti dell’unione mo-‐ netaria, e molte riguardano la que-‐ stione istituzionale. Vale la pena elencarle: ! How could a better implementa-‐ tion and enforcement of the economic and Kiscal governance framework be ensured? ! Is the current governan-‐ ce framework – if fully implemented – sufKicient to make the euro area shock-‐resilient and prosperous in the long run? ! To what extent can the framework of EMU mainly rely on strong rules and to what extent are strong common institutions also re-‐ quired? ! To what extent is the pre-‐ sent sharing of sovereignty adequate to meet the economic, Kinancial and Kiscal framework requirements of the common currency? ! How can ac-‐
countability and legitimacy be best achieved in a multilevel setup such as EMU? Le reazioni all’Analytical Note di Juncker, da parte dei vari governi, sono abbastanza indicative delle dif-‐ ?icoltà e delle opportunità che il qua-‐ dro esistente offre per la realizza-‐ zione di una vera unione federale a partire dall'area euro. Le Germania è l’unico paese che ab-‐ bia già fatto delle proposte circa il rafforzamento istituzionale dell'area euro. In particolare, il Ministro delle ?inanze Schaeuble è stato il primo a proporre un Ministro del Tesoro per l'Eurozona, con un Parlamento (che può essere anche lo stesso PE in composizione ad hoc) ed un bilancio propri. Ma allo stesso tempo la Ger-‐ mania fatica a trovare il consenso dell’opinione pubblica in merito alla creazione di meccanismi di solidarie-‐ tà europei, e per questo insiste molto sul fatto che al livello europeo venga conferito un forte potere di controllo sulle politiche di bilancio degli Stati, persino superiore a quello che esiste in qualsiasi federazione. La Francia ha reagito con disinteres-‐ se al documento della Commissione europea, spesso ribaltando la que-‐ stione e mettendo al centro il tema della necessità di arrivare ad una condivisione del debito, ma senza proporre un'evoluzione del quadro istituzionale dell'Eurozona. Il dibatti-‐ to in Francia è spesso fermo sempli-‐ cemente ai discorsi propagandistici: sogni di un'Europa sociale o di un'Europa vicina al cittadino comu-‐ ne, ma nessuna proposta nelle posi-‐ zioni del governo sulla de?inizione di un nuovo assetto per l'area euro, con cui poter realizzare queste aspira-‐ zioni. Il Regno Unito ha ribadito l'impor-‐ tanza per la propria economia di un’area euro stabile e prospera, co-‐ me fa ormai da più di tre anni. Dun-‐ que il Regno Unito da un lato rinun-‐ cia a partecipare al quadro politico dell'euro e dall'altro sta valutando come ridiscutere la propria parteci-‐ pazione all'Unione europea nel suo insieme. L'Italia tramite il sottosegretario agli affari esteri Sandro Gozi sostiene che l'Europa debba dedicare più atten-‐
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Tsipras-Varoufakis: tra promesse non mantenibili e vie di fuga L'8 marzo, dopo alcuni giorni di calma apparente, la coalizione di governo di Alexis Tsipras è tornata a far parlare di sé. Ci ha pensato Iannis Varoufakis con un'intervista al Corriere della Sera, poi smentita dall'uf?icio stampa del governo greco, nel quale sembrava che Varoufakis chiedesse un referendum s u l l a p e r m a n e n z a d e l p a e s e nell'Eurozona, qualora non fosse s t a t o a c c e t t a t o i l p i a n o d i risanamento presentato dalla Grecia a l l ' E C O F I N . N e l l a r e t t i ? i c a s i speci?icava che in realtà Varoufakis intendeva un referendum sulle misure di austerità, senza speci?icare a l t r o , m a e s c l u d e n d o categoricamente l'uscita dall'euro. Tuttavia, subito dopo, ci ha messo del suo anche il vulcanico Panos Kammenos, Ministro della difesa e l e a d e r d e l P a r t i t o d e i g r e c i indipendenti, partner di coalizione di da pag. 5 zione alle esigenze sociali dei citta-‐ dini e quindi il governo si trova in
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SYRIZA, il quale non solo ha rincarato la dose, ma il giorno successivo ha dichiarato che se l'Unione non avesse accettato la proposta greca, il paese avrebbe concesso il visto a chiunque, “compresi terroristi e criminali”, innervosendo ancora di più le trattative negoziali in una fase molto delicata. In questi giorni sono, infatti, in fase di negoziazione le nuove misure di risanamento che il governo deve presentare all'Eurogruppo. Il governo di Alexis Tsipras ha ben p o c o m a r g i n e d i m a n o v r a . Schiacciato da una parte dalla promessa di porre ?ine per sempre all'austerity e dall'altra dagli impegni assunti verso la ormai ex-‐Troika; il tutto condito dalla ingombrante presenza nazionalista di Kammenos e del suo ANEL, partito di coalizione, e dalla stessa ala sinistra di SYRIZA che già dopo i primi accordi con
linea con quanto proposto dalla Nota di Juncker. Il governo italiano, nel proprio programma, sostiene, infatti,
l'Eurogruppo aveva già cominciato ad accusare Tsipras di tradimento e debolezza. Alexis Tsipras ha poi trascorso le giornate successive cercando di districarsi tra il tentativo di riaprire i negoziati e quello di mantenere le promesse elettorali. I suoi margini, però, sono molto stretti, e in fondo non è dif?icile capire il perché. Sin dal primo atto che ha sancito la nascita del governo, Tsipras ha voluto dimostrare la propria volontà di incentrare tutto il mandato sul ri?iuto dell'austerità partendo dalla rinegoziazione delle condizioni di bail-‐out. E’ questa la ragione per cui ha scelto di formare una coalizione con il Partito dei greci indipendenti, ANEL, nato da alcuni dissidenti di Nuova democrazia e da alcuni transfughi del Raggruppamento popolare ortodosso (LAOS) e alcune correnti del PASOK, tutti in aperta
l'esigenza di rafforzare il quadro del-‐ l'Eurozona. Altri governi non appartenenti alla zona euro si sono mostrati favorevoli all'integrazione differenziata e quin-‐ di al rafforzamento dell'Eurozona. In particolare la Polonia sostiene que-‐ sta posizione anche se a condizione che il rafforzamento non rallenti la competitività dell'UE nel complesso. La Romania si dice ugualmente favo-‐ revole a patto che l'integrazione del-‐ l'area euro non porti a bloccare l'in-‐ gresso ai paesi che vorranno entrarvi in futuro. In conclusione la natura e la profon-‐ dità del dibattito che si sviluppa al-‐ l’interno delle istituzioni europee e tra i governi non è assolutamente rappresentato in modo veritiero a livello di mezzi di informazione o degli stessi partiti, che sembrano es-‐ sersi persi in una pericolosa, e sba-‐ gliata, contrapposizione Nord-‐Sud, Germania-‐Grecia, austerità-‐crescita. In realtà, il vero nodo da sciogliere, e rispetto al quale non sembrano ri-‐ uscire a trovare una soluzione per mancanza di volontà politica, è quel-‐ lo della creazione di un potere legit-‐ timato a livello di Eurozona a partire dall'unione ?iscale. Nelson Belloni
Obama, l’Europa, la Russia e il terrorismo A partire dalla ?ine della Guerra fredda, agli inizi degli anni Novanta, il rapporto tra Stati Uniti ed Europa è diventato molto più dif?icile. Con la ?ine del con?litto bipolare, infatti, la coincidenza di interessi in politica estera tra le due aree ha smesso di essere un fatto automatico, e questo ha creato, e continua a creare, ten-‐ sioni che alimentano una grande s?i-‐ ducia dell’America nei confronti del Vecchio continente. A Washington pesa soprattutto l’incapacità dell’Eu-‐ ropa di assumersi responsabilità di-‐ rette, unito al fatto che l’Unione eu-‐ ropea continua a rappresentare un vuoto di potere politico e militare
da pag. 6 dissidenza verso le misure di austerity. La scelta di ANEL ha portato quindi all'esclusione del PASOK e di POTAMI, partito social-‐ liberale di recente formazione, considerato da tutti il partner più probabile di governo. Sia il POTAMI sia PASOK erano infatti favorevoli a continuare lungo la strada seguita ?inora e concordata con le istituzioni internazionali, senza rinnegarla, e limitandosi a chiedere una dilazione dei tempi; tuttavia, sarebbero stati disponibili a sostenere il programma di governo di Tsipras su altre tematiche. L'alleanza con ANEL ha avuto dei risvolti non da poco per SYRIZA. Ha signi?icato rinunciare a tutta la p i a t t a f o r m a p o l i t i c a b a s a t a sull'avanzamento nei diritti civili e sociali, alle istanze di maggiore separazione tra Stato greco e clero ortodosso, e ad ogni ambizione di r i d i m e n s i o n a m e n t o d e l r u o l o dell'esercito nella spesa corrente g r e c a e n e l l o s t e s s o a s s e t t o istituzionale greco; oltre allo stesso imbarazzo di governare con un uomo considerato da tutti vicino agli ambienti dell'esercito, euroscettico e atlantista convinto, ma al contempo fortemente antisemita, omofobo e xenofobo. Tuttavia proprio la vicinanza di Kammenos agli ambienti dell'esercito induce a pensare che in realtà questa scelta sia stata dettata
che non aiuta a gestire la stabilizza-‐ zione delle aree limitrofe. Queste dif?idenze sono state confer-‐ mate, dietro la facciata dei sorrisi diplomatici, anche durante un incon-‐ tro ai primi di febbraio tra la Cancel-‐ liera Angela Merkel e il Presidente Barack Obama, preoccupato in meri-‐ to a quanto sta accadendo ai con?ini dell’Europa: l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia da un lato ed il pericoloso avanzamento dello Stato islamico e le ondate di terrorismo ad esso collegato dall’altro. Relativamente al caso russo-‐ucraino (punto scottante dell’incontro e più largamente discusso), il Presidente
Obama, pur dichiarando di apprezza-‐ re gli sforzi di una risoluzione di-‐ plomatica del con?litto (indispensa-‐ bile per evitare una guerra sul terri-‐ torio europeo), ha voluto sottolinea-‐ re, al tempo stesso, alla vigilia degli accordi di Minsk, il rischio di falli-‐ mento di accordi diplomatici (Putin, infatti, non ha ritirato le sue truppe dall’ Est dell’Ucraina, al contrario è ancora ben presente nel territorio inviando armi ai separatisti e con truppe che provvedono al loro adde-‐ stramento). L’idea americana sareb-‐ be, infatti, quella di procedere raffor-‐ zando ulteriormente le già pesanti sanzioni proposte dalla comunità
dalla necessità di pagare un tributo a l l ' e s e r c i t o , i n u n m o m e n t o potenzialmente esplosivo. Non dimentichiamo infatti che la Grecia è una democrazia ancora giovane e da molti reputata instabile. Secondo molti l'esercito ha accettato con molta riluttanza la vittoria di Tsipras. La scelta di Tsipras non è stato tanto quella di evitare un golpe, quanto di avere una maggiore libertà d'azione su altri settori. Gli ambienti vicini ai militari sono ancora molto in?luenti nell'apparato statale ed economico greco e potenzialmente potevano p o r r e i n e s s e r e m a n o v r e d i boicottaggio o d'intralcio. E' dif?icile fare previsioni su quanto potrà durare questa strana alleanza tra SYRIZA e ANEL. L'accordo è un matrimonio d'interesse sulla base di una piattaforma politica. Ma proprio a causa di questa piattaforma, Tsipras appare completamente isolato in Europa, e paradossalmente i governi degli altri paesi PIIGS (soprattutto Irlanda, Portogallo e Spagna), sono i meno propensi a fare concessioni ad Atene, ancor meno della Germania e dei suoi principali alleati. Il problema è quello della credibilità. Le classi dirigenti di quei paesi hanno convinto i propri connazionali ad accettare condizioni di risanamento impegnative, e non possono ora concedere ai greci dilazioni e privilegi senza perdere il consenso a favore dei montanti partiti euroscettici, pronti ad
appro?ittare della situazione. Tsipras è consapevole che le sue promesse sono irrealizzabili. Basta vedere il dietrofront già fatto su molte cose, come le privatizzazioni già in essere o l'idea di facilitazione ?iscale per diverse fasce di reddito, storicamente a rischio evasione. Al tempo stesso sa anche che l’unico possibilità che ha, in questo quadro, per mantenere il consenso, è quella di giocare la carta “del nemico esterno”, che viene così facile additare nei tedeschi “autoritari”. Un accordo con l'Eurogruppo, tuttavia, è necessario, anche perché costituisce la conditio sine qua non af?inché la BCE la coinvolga nel suo piano di QE. Ed è necessario anche perché la Grecia, per quanto le decisioni imposte dalla Troika siano state al limite della costituzionalità dell'Unione. (e d’altronde non esistevano ancora i meccanismi d ' i n t e r v e n t o o r a i n e s s e r e nell'assetto giuridico UE), deve entrare nell'ottica che le politiche di risanamento sono necessarie per tornare a essere un paese in crescita e capace di attrarre investimenti. La priorità della Grecia è quindi quella d i d i v e n t a r e u n ’ e c o n o m i a competitiva, ed è solo con questo obiettivo ben chiaro in mente che il governo greco può cercare di negoziare l'allungamento dei tempi del rientro. Francesco Violi Giacomo Ganzu
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internazionale, che incidono fortemente sull’economia russa, e di rimanere al tempo stesso accan-‐ to all’Ucraina conti-‐ nuando a lavorare con il FMI, aiutando-‐ la a superare la dif-‐ ?icile situazione ?i-‐ nanziaria e a prose-‐ guire sulla via delle riforme economiche e di lotta alla corru-‐ zione. Il ?ine di questa li-‐ nea sarebbe quello di costringere Putin a rientrare nei pro-‐ pri con?ini sotto il peso delle sanzioni e dell’impoverimen-‐ to del suo paese e della sua popolazione, non escluden-‐ do, in caso contrario, l’isolamento della Russia sia dal punto di vista economico che politico dalla comuni-‐ tà internazionale. Qualora questa opzione non fosse risolutiva, per gli americani ci si troverebbe di fronte alla necessità di valutare l’impiego di uno schieramento di forze di difesa per soccorrere l’esercito ucraino. Anche se gli Stati Uniti, sostengono che, in questo caso, non si trattereb-‐ be di un coinvolgimento diretto, ma ci si limiterebbe ad equipaggiare l’Ucraina af?inché possa autonoma-‐ mente pensare alla propria difesa, per gli europei il pericolo di questa escalation è da evitare in tutti i modi, perché temono che li trascinerebbe in un con?litto con la Russia che met-‐ terebbe a rischio la pace sul conti-‐ nente. In questo quadro rimane comunque fondamentale spingere l’Ucraina sul-‐ la via delle riforme e della ripresa economica, come avrebbero promes-‐
so di fare il Primo ministro Yatse-‐ nyuk e il Presidente Poroshenko con la cooperazione del FMI e della stes-‐ sa Unione europea, ed è su questo terreno che si veri?ica la maggior convergenza tra USA e UE. Anche nella lotta all’autoproclamato Stato islamico e al terrorismo è sicu-‐ ramente indispensabile una forte cooperazione tra Europa e Stati Unti In questo caso, fortunatamente, le posizioni americane ed europee sono in maggiore sintonia. L’Europa, nelle parole di Angela Merkel, condivide con Obama. l’idea che l’ISIS non rap-‐ presenti né l’Islam né i musulmani -‐ come la maggior parte dei rappre-‐ sentanti della comunità musulmana dichiara dissociandosi da questa barbarica ideologia e ritenendo i gruppi terroristici un’offesa per l’Islam stesso. Le ideologie deliranti dello Stato Islamico e di al-‐Qaeda, che tentano di usare i principi reli-‐ giosi per giusti?icare la loro violenza, fanno solo emergere il loro disperato
bisogno di essere legittimati. S i a M e r k e l c h e Obama condivido-‐ no quindi l’idea che al’interno delle società occidentali si debba prevenire la possibilità da parte del terrori-‐ smo di fare prose-‐ liti tra i giovani, e che questo impli-‐ chi una maggiore integrazione e co-‐ involgimento delle famiglie, delle co-‐ munità e dei lea-‐ der religiosi mu-‐ sulmani. Nel frattempo pro-‐ segue la collabora-‐ zione nell’ambito della coalizione in Afghanistan, che rimane focalizzata sull’addestramen-‐ to e sull’assistenza alle forze afghane, che a loro volta costituiscono la base per condurre le missioni antiterrori-‐ ste contro l’ISIS e ciò che rimane di al-‐Qaeda. L’incontro tra la cancelliera tedesca e Obama, ha quindi confermato, a di là della diplomazia, come, ancora una volta, Angela Merkel si dimostri, l’unica autorità europea capace di dialogare alla pari con gli Stati Uniti in questioni spinose come quelle af-‐ frontate. Ma questo non fa che ren-‐ dere ancora più evidente il problema interno all’Europa: la politica estera, di fatto, viene ancora decisa da sin-‐ goli rappresentanti nazionali, con-‐ fermandosi troppo debole per essere ef?icace. A questo punto viene spon-‐ taneo chiedersi: quando saremo in grado di provvedere come Europa alle questioni di politica estera? Maria Vittoria Lochi
Publius - Per un’alternativa europea Numero 20 - Aprile/Giugno 2015
http://publiuspavia.wix.com/publiuspavia Via Villa Glori, 8 Pavia - Tel: 3409309590 - E-mail: publius@unipv.it Direttore responsabile: Giacomo Ganzu Redazione: Nelson Belloni, Paolo Filippi, Giacomo Ganzu, Maria Vittoria Lochi, Francesco Pericu, Elena Passerella, Giovanni Salpietro, Giulio Saputo, Romina Savioni, Bianca Viscardi. Stampato presso: Tipografia P.I.M.E Editrice S.r.l Puoi trovare Publius, oltre ai vari angoli dell’Università, anche presso: bar interno facoltà di Ingegneria, bar facoltà di Economia, mensa Cravino, sala studio San Tommaso, bacheca A.C.E.R.S.A.T cortile delle statue. Periodico trimestrale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazioni, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani. Registrazione n. 705 del Registro della Stampa Periodica - Autorizzazione del tribunale di Pavia del 19 Maggio 2009
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Iniziativa realizzata con il contributo concesso dalla Commissione Permanente Studenti dell’Università di Pavia nell'ambito del programma per la promozione delle attività culturali e ricreative degli studenti Distribuito con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic .