Publius 3

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Publius

Per un’ Alte r n a t iv a E u r o pea

Indice pag.1 Editoriale

Publius

pag.2 Nobel a Obama? Giulia Spiaggi

pag.3 Compendio del

politico europeo Davide Negri

pag.5 Come cambia il

Giappone: le elezioni di agosto Gabriele Felice Mascherpa

pag.7 Il nuovo governo

tedesco e il “nodo di Gordio” Luca Lionello

L’esito positivo del secondo referendum Irlandese per la rati5ica del Trattato di Lisbona merita un commento nell’edi‐ toriale di questo terzo nume‐ ro di Publius. Il tanto temuto e, 5ino alla 5ine incerto, risul‐ tato è stato fortunatamente positivo e i circa tre milioni di irlandesi aventi diritto al voto hanno 5inalmente sbloccato l’entrata in vigore di un tratta‐ to che riguarda circa cinque‐ cento milioni di europei. As‐ surdità europee che mettono in luce i fragili meccanismi su cui si basa l’Unione. Manca poco al via libera de5i‐ nitivo del Trattato ora che è arrivata anche la 5irma de5ini‐ tiva della Repubblica Ceca (il cui Presidente Vaclav Klaus, dichiaratamente euroscettico, ha 5inalmente abbandonato le sue resistenze). Se pensiamo però a quanto tempo c’è volu‐ to per arrivare a questo pun‐ to, (sono trascorsi ormai no‐ ve anni dal Consiglio europeo di Nizza che metteva in moto il processo), alle traversie che

Universitari per la Federazione Europea Numero 3 - Novembre 2009 distribuzione gratuita

Giornale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani

si sono succedute, (inclusi i referendum negativi in Francia, in Olanda e in Irlanda la prima volta), e soprattutto se si ricor‐ dano le ambizioni iniziali di dare una Costituzione all’Unio‐ ne, sembra proprio che l’elefan‐ te abbia partorito un topolino. Con il nuovo Trattato di Lisbo‐ na, la struttura istituzionale dell’Unione viene aggiornata nei suoi meccanismi al nuovo quadro a ventisette paesi, ma rimane inalterata nelle sue fondamenta, mantenendo la sua natura intergovernativa che lascia agli Stati e alle loro logiche nazionali le scelte nei settori politici più importanti (politica estera, politica eco‐ nomica, politica 5iscale). Sem‐ bra che si sia persa di vista quella visione che aveva anima‐ to l’ispiratore della prima Co‐ munità europea, Jean Monnet, e i padri fondatori del progetto europeo, ossia l’esigenza di una comune dimensione di destino che dovrebbe legare, in un vin‐ colo indissolubile, i popoli del vecchio continente. Si nega

l’evidenza di quanto possa es‐ sere vantaggioso per tutti il cercare di completare l’uni5ica‐ zione politica per creare una dimensione istituzionale in cui si possano affrontare i proble‐ mi veri che stanno mettendo in crisi gli stessi Stati (la crisi 5i‐ nanziaria, quella economica, quella ecologica...). Da questo farraginoso processo, tuttavia, sembra poter scaturire, diffon‐ dersi e imporsi sempre più, una nuova coscienza collettiva: pro‐ seguire su questa strada sareb‐ be inutile e suicida. Il quadro dei Ventisette è incompatibile con la prospettiva dell’uni5ica‐ zione politica. Solo un nuovo slancio da parte degli Stati più ancorati al processo europeo, consapevoli di doversi assume‐ re le responsabilità storiche dell'Europa in relazione ai de‐ stini del mondo, potrà rilancia‐ re il processo di integrazione e con esso la prospettiva della fondazione della Federazione europea. Publius


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