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Publius

Per un’ Alte r n a t iv a E u r o pea

Indice

1 Editoriale

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Publius

2 Come va la

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ricerca in Europa?

Laura Filippi

4 Compendio del

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politico europeo Davide Negri

6 Le elezioni in

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Afghanistan: chi sarà il nuovo sindaco di Kabul? Nelson Belloni

7 Nuovi equilibri

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in Africa tra Europa e Cina

Matilde Oppizzi & Giovanna Albonico

Siamo ormai vicini al primo compleanno di Publius! Tanti argomenti sono stati trattati in quest'anno, cercando di proporre spunti e analisi da una prospettiva diversa dal solito, per provare a trovare quelle risposte che la sola ottica nazionale non può dare. In questi giorni, per esempio, non si può non parlare del vertice mondiale di Copenha‐ gen sui cambiamenti climatici. Finalmente le questioni legate al surriscaldamento globale incominciano ad essere tenu‐ te in conto dai potenti della terra e ad avere un maggiore risalto mediatico. Potrebbe essere però troppo tardi per invertire la tendenza in atto e sicuramente, man mano che il tempo passa e non vengono messe in opera signiBicative contromisure, i costi per le future generazioni (sia Binan‐ ziariamente, sia in termini di qualità dell'ambiente) salgo‐ no vertiginosamente. La vera novità di questo verti‐ ce, tuttavia, è rappresentata dal nuovo rapporto tra gli Usa e la Cina che, come già si è potuto vedere nel recente viaggio di Obama in Oriente,

Universitari per la Federazione Europea Numero 4 - Dicembre 2009 distribuzione gratuita

Giornale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani

si sta delineando in termini sia di confronto sia di ricerca di posi‐ zioni comuni tra la prima poten‐ za mondiale degli ultimi sessan‐ t’anni anni e quella emergente che ben presto le si afBiancherà. La maggior parte delle decisioni, purtroppo inconcludenti, sono state prese proprio al vertice dell’Association of Southeast Asian Nations tenutosi a Singa‐ pore e al quale ha partecipato anche il Presidente americano. Questo spiega perché il risultato del vertice di Copenhagen, anche se il summit si sta ancora svol‐ gendo mentre viene scritto que‐ sto articolo, sarà sicuramente insoddisfacente. Gli Usa, tra l’al‐ tro, come ricordava recentemen‐ te un articolo apparso sull’Eco‐ nomist, in questo momento sono impegnati in importanti e delica‐ te riforme interne (prima tra tutte quella del sistema sanita‐ rio) che hanno la priorità sui temi ambientali, e d’altro canto la Cina rimane in attesa delle pro‐ poste dei paesi industrializzati e non è disposta a rinunciare al proprio sviluppo. In un simile quadro l'unica solu‐ zione per affrontare concreta‐ mente questi problemi urgentis‐ simi sarebbe quella di un gover‐

no mondiale capace di prendere le decisioni adeguate e di impor‐ re le relative politiche per realiz‐ zarle. Tuttavia si tratta ancora di un progetto utopico, e l'ONU non è certo in grado di adempiere a questo compito. Ma esiste anche un'altra possibilità per dare un nuovo slancio alla ricerca di so‐ luzioni e per dar vita a qualche iniziativa forte: se gli europei portassero a compimento il pro‐ cesso di uniBicazione e creassero uno Stato federale, capace di de‐ cidere politiche continentali, questo potrebbe incidere negli equilibri mondiali favorendo delle soluzioni concordate con le altre potenze. E' innegabile che l'Europa abbia una predisposi‐ zione ad affrontare concreta‐ mente i problemi climatici sia per una questione di valori, sen‐ sibilità e cultura, sia anche per una questione di interessi eco‐ nomici. Se si vuole rimanere competitivi a livello mondiale, infatti, la riconversione verso uno sviluppo sostenibile, verso tecnologie rispettose dell'am‐ biente e il potenziamento della ricerca sono gli elementi fonda‐ mentali per il rilancio dell'eco‐ nomia europea. Publius


Come va la ricerca in Europa? Siamo ormai giunti al 2010, l’anno in cui, l’attuale crisi Binanziaria ed economica secondo gli obiettivi della Strategia di rischia di affossare deBinitivamente gli Lisbona, promossa dal Consiglio europeo ambiziosi ed irrealistici progetti dei Capi e avviata nel 2000, l’Europa doveva di‐ di Stato europei. ventare “l’economia basata sulla cono‐ Per quanto riguarda, in particolare, la scenza più competitiva e dinamica del ricerca scientiBica a livello continentale, mondo, in grado di realizzare una cresci‐ la Commissione europea è stata incarica‐ ta economica sostenibile con nuovi e mi‐ ta di gestire gli strumenti di cui l’UE si è gliori posti di lavoro e una maggiore coe‐ dotata per promuoverla. Tra questi, i sione sociale”. principali sono la serie di programmi Per conseguire tali obiettivi il Consiglio quadro pluriennali (è attualmente in cor‐ europeo aveva adottato una strategia so il 7° Programma), con cui la Commis‐ dettagliata deBinendo interventi in nu‐ sione ha realizzato le sue politiche nel merosi settori, quali la ri‐ campo dello sviluppo tecno‐ cerca scientiBica, l'istru‐ logico e della ricerca ap‐ Le statistiche zione, la formazione pro‐ plicata, e le Piattaforme fessionale, l'accesso a Tecnologiche Europee, rilevano che Internet e il commercio che riuniscono aziende, l’interesse degli on‐line, la riforma dei istituti di ricerca, mondo scienziati a trasferirsi Binanziario e istituzioni sistemi di sicurezza so‐ ciale. In particolare, per in Europa è in netto per deBinire un’agenda di quanto riguarda la pro‐ ricerca comune per sin‐ declino mozione della ricerca gole aree tecnologiche scientiBica, la Strategia di Lisbona doveva con l’obiettivo di mantenere la leaders‐ rappresentare il quadro di riferimento hip globale in tali settori. Ma il grosso principale sia dell’Unione europea che limite di queste politiche consiste nella degli Stati membri. scarsa presenza della ricerca di base, il Siamo ormai arrivati alla scadenza della cui Binanziamento ed indirizzo sono re‐ Strategia di Lisbona, ma appare purtrop‐ stati saldamente nelle mani degli Stati. I po certo che il Vertice conclusivo, se vor‐ Binanziamenti della Commissione sono rà occuparsene, non potrà che constatare infatti diretti quasi esclusivamente verso che nessuno degli obiettivi del piano è la ricerca applicata, Binalizzata al rag‐ stato raggiunto. In questi ultimi dieci giungimento di obiettivi pratici nel breve anni l’economia e le società europee e medio periodo, senza considerare che hanno al contrario subito pesantemente questa viene alimentata dai progressi gli effetti negativi della globalizzazione e delle conoscenze e dell’innovazio‐

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ne prodotti dalla ricerca di base. Il risultato è che l’Europa sta perdendo terreno in modo preoccupante rispetto ai suoi vecchi e nuovi competitori interna‐ zionali. Le statistiche rilevano che l’interesse degli scienziati a trasferirsi in Europa è in netto declino e che abbiamo sempre più difBicoltà a trattenere i nostri ricerca‐ tori. Il calo vistoso del numero di premi Nobel assegnati all’Europa è l’indicatore più di sintomatico di questa tendenza. Parallelamente, sebbene l’Unione euro‐ pea produca più laureati in discipline scientiBiche e in ingegneria degli USA o del Giappone, non riesce a fornire loro sbocchi professionali adeguati. Inoltre i rapporti pubblicati dalla Com‐ missione europea rilevano sistematica‐ mente che il gap di innovazione tra USA ed Europa continua a crescere. E’ semplicemente irrealistico credere di poter competere con gli Stati Uniti, il Giappone ed i giganti asiatici, come India e Cina, con gli strumenti di cui l’Unione europea ed i singoli Stati sono dotati. Al giorno d’oggi la ricerca scientiBica e tec‐ nologica può essere organizzata in modo efBicace solo dai grandi Stati, come mette in evidenza in un suo articolo Alberto Mantovani, ricercatore dell’Istituto Mario Negri e dell’Università degli Studi di Mi‐ lano: “la ricerca richiede sempre più massa critica ed investimenti in una di‐ mensione continentale. L’attuale dimen‐ sione europea della ricerca invece è in‐


sufBiciente e asBittica, frammentata e addirittura lillipuziana quando la si con‐ fronti con i nostri competitori. L’entità dei fondi che la Commissione gestisce è inoltre di ordini di grandezza inferiore se paragonata ad esempio con il National Institute of Health statunitense”. La Commissione Europea e la comunità scientiBica hanno caldeggiato la costitu‐

I rapporti pubblicati dalla Commissione Europea rivelano che il gap di innovazione tra USA ed Europa continua a crescere zione dell’European Research Council sul modello delle agenzie americane che sostengono la ricerca di base. Devono però ancora dimostrare all’opinione pubblica europea come questa agenzia potrà essere efBicace nell’attuale quadro delle istituzioni europee. Riconoscere a livello politico ed istituzionale l’impor‐ tanza della scienza, incrementare i fondi destinati alla ricerca e razionalizzarne l’utilizzo attraverso l’istituzione di un’Agenzia indipendente non basta a garantire che tali fondi siano ben spesi. L’European Research Council potrà forse fornire un po’ di ossigeno ad una comu‐

nità scientiBica europea sempre più asBit‐ tica, ma non servirà ad arrestare il suo declino se gli europei non affronteranno il problema fondamentale: la presenza in America ‐ e l’assenza in Europa ‐ di uno Stato federale che possa raccogliere au‐ tonomamente le risorse necessarie a Binanziare la ricerca a livello continenta‐

le, che sia in grado di aggregare centri di ricerca, istituzioni Binanziarie ed im‐ prenditori attorno a grandi progetti di interesse comune e che risponda dei risultati direttamente ai cittadini, senza condizionamenti da parte degli Stati. Laura Filippi

Di libro in libro. Segnalazioni bibliografiche ”L’Unione Europea. Una storia non ufficiale” di Riccardo Perissich Il processo d’integrazione europea è la più grande innovazione politica della seconda metà del Novecento. Un processo storico non ancora giunto alla sua Bine viene raccontato dall’interno, da chi è stato protagonista per ventiquattro anni presso la Commissione eu‐ ropea. Quando un uomo si accinge a raccontare una storia, deve aver chiara una visione, un progetto verso cui debba procedere il tre‐ no del divenire storico una volta conclusa la narrazione. In Perissich vi è l’adesione profonda all’ideale originario dei Padri fondatori, ossia il superamento del nazionalismo statuale per la costruzione di una Europa unita politicamente in funzione di un grande obiettivo politico di pace, nella libertà e nella democrazia. L’autore prende atto che il progetto di uniBicazione si è arenato per un fatto molto semplice: nell’Europa a 27 non c’è una visione di progetto europeo. Il libro, con una lucida analisi storica e illuminanti aneddoti, inten‐ de rendere consapevoli dell’importanza capitale dell’uniBicazione politica dell’Europa: perché la posta in gioco è “essere” – o rinuncia‐ re a essere – “soggetto e non solo oggetto della storia”. [Edizioni Longanesi, 2008]

”L’ultimo miliardo” di Paul Collier Il libro "L'ultimo miliardo" dell'economista inglese Paul Collier affronta il problema del miliardo di persone dell'ex Terzo Mondo che non ha ancora imboccato la strada della crescita. Le cause che ne ostacolano lo sviluppo, quali il rischio di conBlitti e il malgoverno del‐ le risorse, hanno costi elevatissimi per tutta la comunità internazionale, di cui incrementano l'instabilità, e necessitano pertanto di strategie globali. A questo proposito, Collier si propone di redigere un'agenda per il G8, che considera l'organo adeguato per coordina‐ re le politiche dei paesi più sviluppati. Il libro propone strategie che sfruttano oltre agli aiuti economici, che vanno aumentati e gestiti meglio, strumenti quali le politiche commerciali, l'adozione di Carte internazionali o gli interventi militari (quando aiutino effettiva‐ mente le popolazioni). Riguardo all'Unione europea Collier sottolinea come la Commissione non controlli l'uso dei fondi erogati (che spesso Binanziano la spesa militare) e non sfrutti altre possibilità come la proposta di standard politici. La lettura del libro è sti‐ molante perché sottolinea come il cambiamento possa venire solo dall'interno e gli aiuti devono sostenere gli sforzi di quanti già cer‐ cano di introdurre le riforme nei loro paesi. [Edizioni Laterza, 2007]

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Compendio del politico europeo IL MOTORE DELL’UNIFICAZIONE EUROPEA: LA COPPIA FRANCO-TEDESCA (parte II)

1) Dopo il processo di riconciliazione, avviato a partire dalla costruzione comune della prima Comunità europea, la Francia e la Germania sono passate, a partire dalla presidenza di De Gaulle, ad un rapporto

l’istituzione del Consiglio europeo, l’elezione a suffragio diretto del Parlamento e la creazione del Sistema monetario europeo (SME). Nel 1981 a Giscard successe il socialista

improvvisamente possibile. Antiche paure del pericolo tedesco riaffiorarono nella mente dei governanti europei. Come uscì da questa difficile prova il rapporto franco­tedesco?

All’inizio parve incrinarsi il rapporto perché la riunificazione tedesca era vista, soprattutto dalla Gran Bretagna della signora Thatcher, come un pericolo per la sicurezza dell’Europa. Helmut Kohl invece agì da grande statista. Capì che senza la riunificazione, a est si sarebbe creato uno Stato instabile e in crisi economica; l’emigrazione di milioni di persone verso ovest sarebbe stata inevitabile così da mettere in crisi la compagine sociale della Germania occidentale. Inoltre Kohl comprese che la riunificazione doveva a v v e n i r e a l l ’ i n t e r n o d e l l ’ E u r o p a occidentale e della Comunità europea perché senza la fiducia degli altri Stati e senza il Mercato europeo non avrebbe potuto avviare la ricostruzione. Quindi il Cancelliere, per ancorare stabilmente all’Europa, decise di mettere sul tavolo la principale carta di cui disponeva la Germania: il marco. La privilegiato. Dopo l’uscita di scena di Mitterrand mentre l’anno dopo in moneta era per i tedeschi il simbolo del quest’ultimo come proseguì tale rapporto? Germania tornarono al l o r o s u c c e s s o La riunificazione potere i democristiani economico e della Nonostante l’uscita di scena del generale, con Helmut Kohl. Il r i t r o v a t a d i g n i t à tedesca era vista dalla il suo messaggio era penetrato talmente presidente francese, Gran Bretagna come un n a z i o n a l e . in profondità nel tessuto politico francese dopo aver condotto Separarsene costituiva che nessuno dei suoi successori ebbe il l’economia in un vicolo pericolo per la sicurezza un enorme sacrificio. dell’Europa coraggio di contestarne apertamente i cieco con la sua politica Kohl prometteva ai principi. dirigista, operò un t e d e s c h i c h e , i n Nel ’69 Georges Pompidou successe a De cambiamento sostanziale sia in politica cambio della rinuncia al marco, ci sarebbe Gaulle mentre in Germania divenne estera (favorendo l’installazione di missili stato un significativo rafforzamento cancelliere il social‐democratico Willy Pershing in Germania) che in politica dell’integrazione politica europea dove la Brandt. Il suo avvento e la sua politica di interna (espellendo i comunisti dal Germania avrebbe avuto la responsabilità apertura verso l’Unione Sovietica governo). Da quel momento ebbe iniziò il m a g g i o re d ov u t a a l l e s u e n u ove indussero Pompidou ad allargare la cosiddetto “periodo magico” del rapporto dimensioni. Purtroppo tale promessa non Comunità alla Gran Bretagna per franco‐tedesco, poiché il triangolo fu mantenuta. compensare la crescente forza e la costituito da Mitterand‐Kohl‐Delors La rinuncia al marco avrebbe permesso a presunta inaffidabilità (Presidente, a sua volta Delors di dare avvio al progetto della d e l l a G e r m a n i a . L’unica via di uscita era f r a n c e s e , d e l l a m o n e t a u n i c a , c i o è i l n a t u r a l e N o n o s t a n t e c i ò Commisione) permise c o m p l e t a m e n t o d e l l ’ i n t e g ra z i o n e Pompidou e Brandt dotare il Mercato unico di di condurre l’Europa economica, e di rispondere anche a una una moneta unica mantennero il rapporto v e r s o i l precisa esigenza di Mitterand: il Mercato p r i v i l e g i a t o t r a i completamento del unico veniva scosso periodicamente dal rispettivi paesi. Mercato interno e ad disordine monetario provocato dalla Nel ’74 alla coppia Pompidou‐Brandt una significativa riforma istituzionale. Ma liberalizzazione dei capitali. A farne le successe la coppia Giscard‐Schimdt. soprattutto permise di affrontare le spese era l’economia francese che priva di Costoro erano pragmatici e interessati più conseguenze del crollo muro di Berlino. una moneta forte, veniva percorsa da all’economia che alla politica: portarono ondate inflazionistiche: alla lunga la in porto le prime tre importanti 2) 1989: crollo del muro di Berlino. La Francia sarebbe stata costretta a innovazioni del periodo gollista, ossia r i u n i f i c a z i o n e t e d e s c a d i v e n t ò rifugiarsi dietro a politiche protezioniste

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ponendo le basi della fine del Mercato comune. L’unica via d’uscita era dotare il Mercato unico di una moneta unica posta sotto l’autorità di una comune Banca centrale. Il Trattato di Maastricht del 1991 suggellò questo nuovo accordo strategico franco‐tedesco.

Cina, India, Brasile e Russia, che prima o poi chiederanno il loro posto tra le potenze. Intanto la super‐potenza americana, cioè il garante della nostra sicurezza militare, comincia a mostrare segni evidenti di stanchezza.

cosa ne pensate”, ma come fecero Schuman e Monnet nel 1950, “Noi andiamo avanti, chi ci sta ci sta”. La Germania non potrebbe mettersi alla testa di un simile progetto senza il sostegno di altri grandi paesi col rischio

4) Quale dovrebbe essere l’ultimo passo che la coppia franco­tedesca non ha ancora compiuto?

d i e s s e re a c c u s a t a d i a m b i z i o n i egemoniche. La Francia deve comprendere che la strada dell’integrazione è l’unica percorribile se vuole seguire la sua “vocazione universale”, abbandonando i residui di nazionalismo economico, l’antiamericanismo e la concezione intergovernativa dell’integrazione. Il processo iniziò con la decisione di concedere alla Germania sconfitta pari dignità; è poi proseguito con la decisione della Germania riunificata di rinunciare al marco, uno dei beni più preziosi. È venuto il momento di un significativo gesto della Francia: condividere la sovranità politica dell’Europa.

3) Nel 1995 Mitterand lasciò il potere al suo storico antagonista, esponente del partito gollista Jacques Chirac poi sostituito da Nicholas Sarkozy, mentre in Germania il socialdemocratico Gerhard Schröder succedeva a Kohl; costui nel 2005 da Angela Merkel. Però la coppia franco­ tedesca sembra aver smarrito in questi ultimi quindici anni il suo ruolo di motore dell’Europa. Perché? Dopo Maastricht per anni entrambi i paesi sono diventati più un freno che un motore. In Francia si è prodotta una frattura fra il paese e la sua classe politica. Da tempo la classe dirigente non riesce a dire ai francesi la verità su cosa sono e cosa d o v r e b b e r o d i v e n t a r e ; c i ò h a ripercussioni anche sulla politica europea. In Germania non vi è distacco fra opinione pubblica e classe politica ma forte disaffezione nei confronti di un’Europa che non ha mantenuto la promessa di rilancio dell’integrazione politica europea in cambio della rinuncia del marco. L’involuzione dell’alleato francese unita ai problemi interni della riunificazione hanno spinto anche la Germania a ripiegare su sé stessa. Però, se la “macchina” Europa è ferma perché il suo “motore” si è fermato, il resto del mondo continua a fare passi avanti. La gl o b a l i z z a z i o n e d e l l ’ e c o n o m i a h a permesso lo sviluppo di giganti quali

L’ultimo passo da fare è l’unità politica. È stato fin dall’inizio l’obiettivo dei Padri fondatori per evitare la guerra in Europa; il loro sogno si infranse negli anni ‘60 contro la politica del generale De Gaulle di restituire alla Francia il suo ruolo di potenza ormai perso. È impossibile progredire sul fronte dell’unità politica all’interno delle strutture dell’Unione europea perché servirebbe il consenso di Gran Bretagna, paesi scandinavi e paesi dell’Europa orientale assolutamente contrari ad ogni progetto politico europeo. Bisogna pensare ad un’iniziativa fuori dai Trattati ma aperta a tutti quelli che vi vorranno aderire: il messaggio non dovrà essere “Vi lancio un’idea e vediamo

Davide Negri

Scheda personaggio - Altiero Spinelli Nato a Roma il 31 agosto 1907, aderisce molto giovane al Partito Comunista Italiano, partecipando alla lotta clandestina contro il fascismo. Arrestato nel 1927, sconta dieci anni di prigione e sei di conBino a Ventotene durante il quale abbandona il comunismo ed elabora, insieme a Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, il Manifesto di Ventotene (1941), il testo fondativo del federalismo europeo. Ca‐ duto il fascismo, viene liberato nell’agosto 1943 e fonda a Milano, il Movimento Federa‐ lista Europeo. Per quattordici anni è l’anima‐ tore di tutte le più importanti battaglie in favore della federazione europea, in partico‐ lare quella della Comunità europea di difesa (CED) e della Comunità politica. Dal 1970 al 1976 fu membro della Commissione Euro‐ pea, poi del Parlamento italiano (1976) e quindi del primo Parlamento europeo eletto

a suffragio universale nel 1979. Fu uno degli attori politici principali sulla scena europea anche attraverso il Club del Coccodrillo, da lui fondato e animato nel 1981. Muore in una clinica romana il 23 Maggio 1986. Viene ri‐ conosciuto come uno dei Padri fondatori del‐ l’Europa. ...La federazione europea non si proponeva di colorare in questo o quel modo un potere esi­ stente. Era la sobria proposta di creare un potere democratico europeo. (da Come ho tentato di diventare saggio, Il Mulino,1984 ) ....Nella battaglia per l'unità europea è stata ed

è tuttora necessaria una «concentrazione di pensiero e di volontà per cogliere le occasioni favorevoli quando si presentano, per affronta­ re le disfatte quando arrivano, per decidere di continuare quando è necessario». (da L’Europa non cade dal cielo, Il Mulino, 1960)

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Le elezioni in Afghanistan: chi sarà il nuovo sindaco di Kabul ? In Afghanistan si sono recentemente tenute le votazioni per eleggere il gover‐ no e il nuovo Presidente. Per dare un’idea del valore di queste votazioni basti ricordare che il Presidente, pur essendo teoricamente il Capo dello Sta‐ to, dalla Bine del regime talebano in poi è sempre stato considerato come il sinda‐

la presenza dell’Isaf. Questa è costituita da contingenti forniti da Italia, Usa, Francia, Germania, Spagna, Canada, Uk, Paesi Bassi, che si suddividono il con‐ trollo del paese disponendo basi militari nei territori in cui è accertata la presen‐ za dei jihadisti: i talebani, infatti, non si trovano solo nella terra di nessuno al

co di Kabul e nulla più. L’Afghanistan è infatti un paese popolato da sette etnie diverse, di cui nessuna è maggioritaria, e ciascuna parla una lingua diversa e fa riferimento a capi diversi tra loro e so‐ prattutto diversi dal Presidente del‐ l’Afghanistan. La quasi totalità della po‐ polazione è analfabeta e non sa cosa sia la democrazia. Il voto viene dato tenden‐ zialmente in base all’etnia del candidato, pasthun (l’etnia più popolosa, che rag‐ giunge il 38%) se il candidato è Karzai e tagiko o altro se il candidato è Abdullah Abdullah. La popolazione che si reca alle urne non raggiunge il 40% e le votazioni si sono potute svolgere solo in determi‐ nate aree geograBiche dove l’Isaf (la For‐ za di assistenza internazionale) control‐ la la situazione e protegge i seggi. I tale‐ bani infatti hanno pesantemente minac‐ ciato di punire chiunque andasse a vota‐ re, dicendo alla popolazione che avreb‐ bero tagliato il pollice che viene usato per votare (dato che, essendo analfabeti, gli afgani votano intingendo il pollice nell’inchiostro e stampando la propria impronta digitale sul nome del candida‐ to prescelto). Il voto, dunque, non rispet‐ ta nemmeno il territorio. Ma, soprattut‐ to, il governo non ha potere e controllo su uno Stato che si fatica a deBinir tale.

conBine tra Pakistan e Afghanistan, dove l’Enduring Force Of Freedom statuniten‐ se prosegue con la guerra. Ma il popolo non si Bida né di Al‐Qaida né dei soldati dell’Isaf, che, facilmente, vengono visti come “infedeli oppressori”.

Una delle cause di questa debolezza è, paradossalmente – dato che dovrebbero essere lì per sostenere il rafforzamento delle istituzioni statali afgane –, proprio

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La ragione principale della debolezza dello Stato afgano è però legata al fra‐ zionamento della popolazione, che ri‐ sponde ad una intricata e dispersa rete di capi tribali, signori della guerra, maBiosi e narcotrafBicanti e che non ha contatti diretti con le istitu‐ zioni statali. La loya jirga, l’assemblea tribale dove si riuni‐ scono i capi delle tri‐ bù afgane, è il vero organo esecutivo ca‐ pace di agire e im‐ porre le proprie scel‐ te. Ma allora, ci si chiede, perché gli Stati Uniti e gli europei sacriBi‐ cano soldati e denaro per un governo fan‐ toccio? Oggi i costi in termini umani e di spesa per la perma‐ nenza in Afghanistan raggiungono livelli

elevatissimi, eppure gli Stati ritengono di dover ancora aumentare il numero dei soldati da dispiegare. E come mai si con‐ tinua a parlare di come Karzai abbia truccato le elezioni o di come “eroica‐ mente” siano morti alcuni soldati italia‐ ni? Mentre si sposta l’attenzione sulle situazioni contingenti, pare che ci si di‐ mentichi di spiegare qual è la reale mo‐ tivazione di questa missione. Non si menziona mai il fatto che l’Afghanistan conBina con i due paesi al centro delle tensioni nell’area mediorientale, ovvero il Pakistan e l’Iran. ConBina inoltre con la Cina, grande potenza in Bieri. La sua col‐ locazione geograBica spiega anche l’ori‐ gine dei talebani, inventati dal Pakistan per avere una forza terrorista da usare come minaccia e arma contro l’India. Non dimentichiamo poi che fu la Russia ad armare il Pakistan, né il ruolo che hanno avuto gli USA nel lanciare lo slo‐ gan della Jihad in funzione antisovietica o nel sostenere i talebani al tempo della loro prima conquista del paese. Gli attori che ruotano attorno a questo paese sono dunque molti e l’interesse americano perseguito anche tramite l’Isaf non è certo la democrazia in Afghanistan, bensì il dare una prova di forza di fronte ai propri avversari storici. Il generale Mini lo spiega chiaramente in un’intervista pubblicata da Limes, in cui


ricorda anche che è il Pakistan l’ele‐ mento centrale dell’intera situazione. Qual è quindi il progetto Usa? Obama sosteneva in campagna elettorale che la guerra in Afghanistan era la guerra “giusta” da contrapporre a quella “sba‐ gliata” in Iraq. Il progetto è quello di fare del paese una base solida per il controllo dell’area, e a questo scopo sarebbe necessario inviare altri dieci‐ mila soldati che si aggiungerebbero ai sessantamila già presenti: ma la paura, per il Presidente americano, è quella di diventare il responsabile di un secondo Vietnam, viste le difBicoltà obiettive di stanare i talebani tra centinaia di chi‐ lometri di montagne.

Perché allora l’Unione europea e i suoi Stati membri continuano ad essere to‐ talmente passivi rispetto alle decisioni americane e non prendono nessuna iniziativa? La ragione è che la politica estera e l’esercito sono ancora nelle mani degli Stati nazionali, deboli e del tutto inadeguati ad assumersi qualsiasi responsabilità. I governi europei, quin‐ di, litigano tra di loro a proposito delle aree da controllare, e si comportano in modo incoerente, parlando di ritiro e al tempo stesso inviando nuovi soldati. Sono sempre gli americani che impri‐ mono l’indirizzo, e si può essere o no d’accordo sulle loro scelte, ma quello che è certo è che, se gli europei non

daranno vita ad uno Stato federale do‐ tato del potere di promuovere una poli‐ tica estera e di sicurezza, riprendendo sotto questo proBilo l’esperienza che ha portato alla nascita degli Stati Uniti d’America, non saranno mai in grado di esprimere una volontà propria sulla scena internazionale, e la guerra in Afghanistan ne è la dimostrazione più evidente. Nelson Belloni

Nuovi equilibri in Africa tra Europa e Cina Il continente africano ha un valore strate‐ patibili con le regole Bissate dal WTO, e gico cruciale nel quadro dei rapporti in‐ che pertanto si sono completamente are‐ ternazionali. Infatti, nonostante i suoi nati. A Lisbona, nel 2007, l’Europa ha ef‐ enormi problemi economici, sociali e poli‐ fettivamente cercato di rinegoziare dei tici, l’Africa rappresenta un’area sia ric‐ nuovi accordi, proponendo l’abolizione chissima di materie prime ed energetiche dei dazi doganali in cambio della libera‐ sia in forte crescita demograBica (si pre‐ lizzazione dei mercati dei paesi aderenti; vede, infatti, che nel giro di pochi decenni, tuttavia, non ha trovato su questo punto il da 760 milioni, la popolazione crescerà consenso dei paesi africani, dato che la Bino a circa due miliardi di persone, che proposta di fatto favoriva soprattutto non saranno distribuite ugualmente su l’Europa e non andava incontro alle esi‐ tutto il territorio a causa delle vaste aree genze dell’Africa, come dichiarato dal pre‐ desertiche e inospitali, ma si concentre‐ sidente del Senegal Abdoulaye Wade, che ranno nelle oltre quaranta città che già ha riportato l’opinione di molti altri lea‐ ora contano più di un milione di abitanti). der del continente, soprattutto a fronte Per queste ragioni, l’Europa vorrebbe ten‐ delle migliori opportunità offerte dalla tare di rideBinire i propri rapporti politici Cina. e soprattutto commer‐ Quest’ultima, infatti, da ciali con il continente quando nove anni fa è Da quando nove anni africano, dato che, co‐ stato creato il Forum me si è visto anche fa è stato creato il Forum per la Cooperazione durante la riunione dei per la Cooperazione Cino- Cino‐Africana (Foac),ha paesi africani e della Africana (Foac), la Cina accresciuto in modo UE a Lisbona nel 2007, esponenziale la propria ha accresciuto in modo presenza in Africa. L’in‐ l’impegno europeo in esponenziale la propria credibile sviluppo cine‐ Africa sta, di fatto, via via diminuendo, so‐ se a partire dagli anni presenza in Africa prattutto da quando la Novanta e nel primo Cina ha intensiBicato la propria presenza decennio del nuovo secolo ha infatti por‐ nell’area. tato il paese ad incrementare fortemente L’ultimo impegno preso dall’Europa nei la corsa alle fonti energetiche e alle mate‐ confronti dei paesi in via di sviluppo per rie prime per sostenere la produzione un commercio più equo erano stati gli interna e l’esportazione; inoltre, il pro‐ Accordi di Lomè, stipulati nel 1975 e rin‐ blema di soddisfare le crescenti esigenze novati nel 2000 con la convenzione di alimentari di una popolazione di oltre un Cotonou, valida Bino al 2020. Si trattava di miliardo e mezzo di persone, con un terri‐ accordi per regolare i rapporti commer‐ torio già pesantemente impoverito dallo ciali con i paesi ACP (Africa, Carabi, Paci‐ sfruttamento e dall’erosione dei suoli, ha Bico), che, tuttavia, sono diventati incom‐ costituito un’ulteriore spinta per la Cina a

cercare nuove terre coltivabili in Africa ‐ da prendere in afBitto o da comprare ‐ per produrre grano, riso e altri cereali. A differenza di quello europeo del passa‐

to, l’intervento cinese fa però leva su di una diversa politica di investimenti, usando parte dei propri ricchi fondi so‐ vrani per sostenere lo sviluppo africano e conquistare così mercati e zone di in‐ Bluenza politica e commerciale. Nell’ambi‐ to del FOAC (che è sostanzialmente un’emanazione del programma governa‐ tivo di Pechino ‐ non a caso la Cina è rap‐ presentata nel Forum dai suoi massimi esponenti politici, dal premier cinese Wen Jiabao e dai suoi ministri.), sono stati rag‐

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giunti accordi che hanno permesso la La Cina, infatti, offre ai paesi africani la riduzione del debito estero dei trentatré costruzione di infrastrutture civili – stra‐ paesi più poveri, che hanno portato al de, ferrovie, centrali elettriche – e indu‐ raddoppio degli aiuti per lo sviluppo e striali. In questo modo una pioggia di alla concessione di prestiti agevolati per denaro e investimenti, pilotati dai fondi oltre dieci miliardi di dollari; tali sussidi sovrani cinesi, sta arrivando soprattutto vengono forniti senza alcuna condizione in Angola, Congo, Ciad, Guinea, Sudan, e garantendo la non ingerenza nella poli‐ Nigeria, in cambio di concessioni per lo tica interna dei paesi africani, cosa che sfruttamento di miniere e l’estrazione del comporta implicitamente anche il soste‐ petrolio, dell’accesso a strutture portuali gno ai loro governi corrotti ed aeroportuali, a proprietà e antidemocratici. In terriere e minerarie. Inol‐ Di fronte al grancambio è stato creato un tre, la Cina vende in Africa fondo di sviluppo per de dinamismo cinese prodotti di ogni sorta a sovvenzionare le imprese l’Unione europea bassissimo costo, dai gene‐ cinesi che investono in appare impotente e ri di prima necessità, alle Africa e per sostenere più moderne, incapace di fare una tecnologie l’offerta di formazione per non parlare delle armi politica unitaria di professionale da parte leggere o degli elicotteri e cinese per i lavoratori rilancio della coope- degli aerei militari. Anche africani. razione verso l’Africa se a volte i prodotti com‐ Il risultato per l’Africa è merciali sono di basse qua‐ un tasso di crescita pari al lità, per la Cina il mercato 5,4% (che si prevede in aumento nei africano, meno esigente di quello occi‐ prossimi anni Bino a raggiungere il 7%); dentale, costituisce un po’ il banco di per la Cina, invece, si tratta di accordi che prova dei propri prodotti, prima che que‐ le permettono di sostituirsi gradualmen‐ sti raggiungano Europa e America. te all’Europa, deBicitaria ormai da decen‐ Di fronte al grande dinamismo cinese ni di una politica di stimolo e coopera‐ l’Unione europea appare dunque impo‐ zione commerciale verso il continente tente e incapace di fare una politica uni‐ africano, quale nuovo partner interna‐ taria di rilancio della cooperazione verso zionale più afBidabile e, in prospettiva, l’Africa. Si tratta, in prospettiva, di un potente. grave handicap, non solo in termini di

mancate opportunità economiche e commerciali, ma anche in termini di sta‐ bilità politica e sicurezza di questa area del mondo così vicina all’Europa, i cui equilibri si ripercuotono fortemente, in particolare attraverso il fenomeno del‐ l’immigrazione, sui nostri paesi. Se l’Eu‐ ropa si decidesse a compiere il salto fe‐ derale e a dotarsi di una vera politica estera unica, anche se la cosa sarebbe inizialmente possibile solo a partire da un’avanguardia di Stati, potrebbe infatti non solo trarne vantaggi nell’approvvi‐ gionamento delle materie prime ma an‐ che dare a sua volta un forte contributo sia per lo sviluppo economico di questa area, sia, soprattutto, per sostenere la democrazia e il progresso sociale e aiuta‐ re effettivamente il popolo africano. Matilde Oppizzi & Giovanna Albonico

Publius - Per un’alternativa europea Numero 4 - Dicembre 2009

publius-unipv.blogspot.com Via Villa Glori, 8 Pavia - Tel: 3492518646 - E-mail: publius.pv@gmail.com Direttore responsabile: Laura Filippi Redazione: Giovanna Albonico, Nelson Belloni, Federico Butti, Martina Cattaneo, Laura Filippi, Gianmaria Giannini, Luca Lionello, Gabriele Mascherpa, Laura Massocchi, Davide Negri, Matilde Oppizzi, Carlo Maria Palermo, Giulia Spiaggi. Stampato presso: Tipografia P.I.M.E Editrice S.r.l Puoi trovare Publius, oltre ai vari angoli dell’Università, anche presso: bar interno facoltà di Ingegneria, bar facoltà di Economia, mensa Cravino, sala studio San Tommaso, bacheca A.C.E.R.S.A.T cortile delle statue. Periodico trimestrale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazioni, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani. Registrazione n. 705 del Registro della Stampa Periodica - Autorizzazione del tribunale di Pavia del 19 Maggio 2009

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Iniziativa realizzata con il contributo della Commissione A.C.E.R.S.A.T dell’Università di Pavia nell’ambito del programma per la promozione delle attività culturali e ricreative degli studenti. Distribuito con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic


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