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Per un’ Alte r n a t iv a E u r o pea

Universitari per la Federazione Europea Numero 7 - Marzo/Aprile 2011 distribuzione gratuita

Giornale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani

La penisola nel 1843 e l’attuale Unione europea Il 17 marzo sarà festa nazionale per ricordare i 150 anni dell’Unità del pag.1 Editoriale Publius nostro paese. Tutti siamo chiamati a rivivere lo spirito dei Padri d’Italia per pag.2 Il non ruolo r i ? l e t t e r e s u l l a s t r a d a dell’Europa nella p e r c o r s a d a l l a n o s t r a crisi del Nord Africa giovane Repubblica. A 150 Giacomo Ganzu anni dalla sua nascita cosa ha da offrire l’Italia alle nuove generazioni? pag.4 Unità d’Italia e I continui tagli alla spesa unità d’Europa pubblica sono diventati (Intervista al Prof. ormai la costante politica Cannillo) degli ultimi governi. La Davide Negri motivazione addotta è sempre la stessa: il debito pag.6 I freni del pubblico è troppo alto per Parlamento fare investimenti e bisogna tedesco ridurre le spese e i costi per Giulia Spiaggi rimanere competitivi. Ma questa è tutta la verità? Noi pag.7 Quando gli Europei crediamo di no. Oggi lo non si assumono le Stato non riesce a investire proprie nelle nuove generazioni e a responsabilità gestire la crisi perché non Davide Negr riesce ad affrontare la s?ida

Indice

d e l l a g l o b a l i z z a z i o n e . Imprese e capitali lasciano il Paese perché è il loro unico m o d o p e r r i m a n e r e competitivi sul mercato globale scosso dalla crisi economica; mentre chi vive d i r e d d i t i d a l a v o r o d i p e n d e n t e v i e n e impoverito dall’imposizione ?iscale o, peggio, perde il posto. E dove troviamo le risorse per fare le riforme necessarie? Può ancora la p o l i t i c a i n t e r v e n i r e i n economia? Dappertutto in E u r o p a s i d i f f o n d o n o sentimenti di rassegnazione, di rabbia e sdegno per i tagli allo stato sociale. L'Europa, affrontando divisa i propri problemi, è condannata all'impotenza, alla perdita delle proprie conquiste sociali, all'impoverimento economico. Ha ragione il ministro Tremonti quando il 6 gennaio ha dichiarato che

"la competizione è tra continenti": i nostri stati nazionali sono troppo piccoli per governare i problemi d e l l a g l o b a l i z z a z i o n e . L'Unione Europea come u s c i t a d a l T r a t t a t o d i L i s b o n a , n o n è un'istituzione sovrana nei c a m p i d e l g o v e r n o economico, della politica ?iscale e della politica estera europea. Noi giovani a b b i a m o l a s t o r i c a responsabilità di costruire la Federazione europea perché solo con questa istituzione d e m o c r a t i c a p o t r e m o affrontare le s?ide che ci attendono con lo stesso spirito delle grandi ?igure del Risorgimento, fare gli investimenti in ricerca, ambiente e beni pubblici ma, più importante, tornare a sperare in una società migliore. Publius


Il non ruolo europeo nella crisi del Nord Africa La rivolta dapprima in Tunisia e in Egit-­‐ to, e ora in Libia, con il suo sviluppo tra-­‐ gico, segna un momento di rottura con gli equilibri politici del passato che non può non investire direttamente gli euro-­‐ pei. In questo momento gli sbocchi de-­‐ mocratici della sollevazione popolare in Egitto e in Tunisia rimangono ancora relativamente incerti, e, soprattutto, la Libia è in preda ad una guerra civile drammatica. Quel che è certo però è che il mondo arabo sta entrando in un fase nuova e che sta voltando le spalle al pas-­‐ sato: regimi decadenti e corrotti, incapa-­‐ ci ormai di rispondere ai problemi del loro paese, sostenuti ?ino ad oggi dall’Oc-­‐ cidente anche sulla base di interessi eco-­‐ nomici, ma soprattutto in quanto ritenuti alleati importanti contro la marea mon-­‐ tante del fondamentalismo islamico e validi difensori dei fragili equilibri me-­‐ diorientali, stanno crollando improvvi-­‐ samente. Quello che sembrava un siste-­‐ ma stabile, nonostante i problemi, sta cadendo a pezzi nel giro di poche setti-­‐ mane. Come sempre accade di fronte ad implosioni o rivolte, o a trasformazioni che segnano passaggi epocali, nessuno lo aveva previsto, e quindi nessuno sembra pronto ad indicare vie di sbocco concrete che possano creare solide basi e aprire prospettive capaci di portare al progres-­‐

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so democratico e alla crescita civile e la crisi dell’Occidente, che rende più in-­‐ politica dell’area. certa la possibilità di emigrare, mentre la Gli eventi che stanno imperversando in penuria, a livello mondiale, nel settore questi giorni in Nord Africa, e che trova-­‐ delle materie prime alimentari ha fatto no riscontro anche in altre sollevazioni salire alle stelle i prezzi dei generi di nei paesi arabi, hanno offerto l’occasione prima necessità. Ma in questo quadro, per una profonda ri?lessione sulla situa-­‐ che denuncia l’accumulo di ritardi e di-­‐ zione di questi Stati, che ci ha rammenta-­‐ sfunzioni e che spiega, e accusa, la dege-­‐ to la degenerazione politica e autoritaria nerazione del sistema politico, in questo dei governi di questi paesi, il mancato momento è importante soprattutto evi-­‐ decollo dei piani di denziare il segno del sviluppo economico passaggio epocale degli I cambiamenti in atto che non sono riusciti equilibri internazionali. in Nord Africa sono frutto Come ha messo bene in a creare valore ag-­‐ giunto nazionale, né della transizione verso un rilievo Fareed Zakaria, lavoro che assorbisse nuovo ordine mondiale ciò che sta accadendo è mano d’opera, per cui un effetto della nuova la disoccupazione, specie tra i giovani, è era “post-­‐americana” che, nel giro di po-­‐ rimasta altissima (anche a fronte di una chissimi anni, da ipotesi politologica, sta forte crescita del livello di istruzione); diventando una realtà travolgente. E’ paesi, quindi, che non sono riusciti a infatti evidente che, ormai, gli Stati Uniti mantenere le promesse e a superare la non possono più avere un ruolo deter-­‐ dipendenza dalla rendita del petrolio, dal minante nella regione (per quanto conti-­‐ turismo, dagli aiuti, e persino dalle ri-­‐ nuino a cercare di esercitare il loro peso) messe degli emigrati, con le conseguenze e che questo fatto sta avendo profonde politiche e sociali che ne derivano. E che, ripercussioni sugli equilibri politici. I in?ine, con la globalizzazione, hanno su-­‐ cambiamenti in atto sono quindi frutto bito la concorrenza dei paesi emergenti della transizione verso un nuovo ordine nei settori tradizionali, che ha schiaccia-­‐ mondiale, i cui tratti però sono ancora to il loro debole e arretrato settore mani-­‐ molto dif?icili da delineare. In assenza, fatturiero. A rendere ancora più instabile infatti, di prospettive alternative alla pax la situazione sociale si è aggiunta anche americana, il rischio, serio e drammatico, soprattutto per le popola-­‐ zioni, è che la battaglia per la democrazia e il progres-­‐ so non trovi sbocchi effetti-­‐ vi, e che le tensioni cresca-­‐ no aprendo la strada a nuo-­‐ vi regimi oppressivi o a situazioni di con?litto en-­‐ demico. Del resto che questo, sia al momento, un esito possibi-­‐ le è testimoniato dalla cre-­‐ scente instabilità di tutta l’area mediorientale, che addirittura si è estesa a macchia d’olio, ?ino al Paki-­‐ stan; e il futuro del Nord Africa rischia di esserne coinvolto, dato che nessuno sembra in grado di sostene-­‐ re un vero processo di cre-­‐ scita politica ed economica dell’area. Gli USA, dopo i fallimenti in Iraq e in Afghanistan, non hanno strumenti per poter fare


qualcosa di meglio nella regione; per la parziale eccezione Cina sembra ancora prematuro (e forse positiva degli ac-­‐ ancora non ricercato) il passaggio al cordi di Lomé), o la ruolo di potenza politica che si fa carico cosiddetta “prospet-­‐ del destino degli equilibri complessivi di tiva di Barcellona” un’area così vasta e turbolenta; reste-­‐ che nel 1995 dove-­‐ rebbe l’Europa, ma non è certo questa va inaugurare una Unione europea profondamente divisa, nuova stagione di che tenta di farsi rappresentare da una rapporti euro-­‐afri-­‐ diplomazia scollegata da una qualsiasi cani, per ?inire con politica estera degna di questo nome, la tanto sbandierata che può farsi carico della questione. Unione euromedi-­‐ L’Europa, del resto ha una lunga storia terranea sponsoriz-­‐ di fallimenti alle spalle per quanto ri-­‐ zata da Sarkozy, guarda la politica in Africa. Sin dalle ori-­‐ sono stai un ?lop. gini della Comunità europea, il processo L’Europa è stata a di uni?icazione europea avrebbe dovuto guardare mentre i costituire una guida, un modello, un an-­‐ problemi dell’Africa coraggio per tutta l’Africa, sia quella si aggravavano, in-­‐ continentale sia quella araba. Se le spe-­‐ vece di contribuire ranze sono fallite, è perché la guida non a risolverli, e oggi è stata all’altezza della situazione: gli continua a guardare europei non solo non sono stati capaci di mentre si apre una unirsi politicamente e quindi di rappre-­‐ nuova fase il cui sviluppo e i cui esiti sentare un modello innovativo dal punto saranno importantissimi per il nostro di vista istituzionale, ma, proprio perché continente. divisi, invece di costituire un ancoraggio Eppure, non ci vorrebbe molto per capi-­‐ per il continente africano, lo hanno usa-­‐ re che, se l’epoca americana sta ormai to per le loro piccole t r a m o n t a n d o , e Si creano vuoti attorno ambizioni nazionali, quindi per gli USA giocando separata-­‐ al nostro continente che cambiano possibilità mente addirittura gli toccherebbe a noi riempire di intervento e inte-­‐ uni contro gli altri. ressi, si creano vuoti Non c’è da stupirsi, con visione e intelligenza attorno al nostro quindi, se gli accordi continente che toc-­‐ bilaterali di associazione, piuttosto che i cherebbe a noi riempire con visione e trattati commerciali e le varie forme di intelligenza, per garantirci la vicinanza e cooperazione stipulati sin dagli anni la possibilità di cooperazione con paesi Settanta con alcuni paesi africani (con la democratici e stabili. Per far questo, pe-­‐

rò, gli europei dovrebbero accantonare i meri interessi nazionali e costruire una visione effettivamente europea, frutto di dinamiche politiche democratiche che si auspica vedere concretizzate nell’opera-­‐ to di un governo europeo sovranaziona-­‐ le. In altre parole dovrebbe avvenire il cruciale passaggio dall’Unione europea allo Stato federale europeo, a partire, ovviamente, dall’iniziativa di un’avan-­‐ guardia di paesi(quelli della eurozona), che però sembra essere rispettato solo a parole e nei fatti continuamente deman-­‐ dato a un vago futuro. Giacomo Ganzu

Segnalazioni Bibliografiche

BANCAROTTA di Joseph E Stiglitz (Einaudi, 2010)

“Molto si è scritto sulla stupidità dei rischi che si è assunto il settore ?inanziario, sulla devastazione che le istituzioni ?inanzia-­‐ rie hanno provocato nell’economia e sul de?icit di bilancio che ne è derivato; troppo poco, invece, si è detto sul ‘de?icit morale’ alla base di tutto questo, un de?icit più profondo e anche più dif?icile da sanare. L’inarrestabile ricerca del pro?itto e la nobili-­‐ tazione del perseguimento dell’interesse personale non hanno forse creato la prosperità sperata, ma in compenso hanno con-­‐ tribuito al decadimento morale”. Con queste affermazioni contenute nella parte ?inale del libro Bancarotta, L’economia globale in caduta libera, J.E. Stiglitz, premio Nobel per l’Economia nel 2001, riassume la sua critica a un modello economico che in nome del liberismo più sfre-­‐ nato ha plasmato la società e le persone in vista del guadagno e del successo a tutti i costi. Stiglitz analizza, con una notevole quantità di dati, la crisi ?inanziaria dalle origini ad oggi, soffermandosi in particolare sul ruolo negativo che gli istituti ?inan-­‐ ziari hanno avuto nel manipolare i crediti delle banche sui mutui contratti dagli americani, riconfezionandoli “?ino a farli ar-­‐ rivare sui libri contabili dei fondi pensione e di altre istituzioni, perché li c’erano le commissioni più alte” e che le “innova-­‐ zioni ?inanziarie prodotte nei mercati ?inanziari americani “erano mirate ad aggirare le regole, le norme contabili e l’imposi-­‐ zione ?iscale“. Riferendosi in particolare alla società americana dominata da potentissime lobby, egli richiama la necessità di una società nuova in cui si evidenzi “il giusto ruolo dello Stato”, uno Stato equilibratore del libero mercato: “Negli ultimi venticinque anni, l’America ha perso questo equilibrio e ha diffuso il suo sbilanciamento in tutto il mondo”.

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Unità d’Italia e Unità d’Europa Intervista al professor Elio Cannillo, Presidente della Fondazione Mario e Valeria Albertini Il 17 marzo 2011 è stata dichiarata giornata di festa per celebrare i 150 anni dell’Unità d'Italia. Il paese sarà percorso da manifestazioni durante l'anno per ricordare l'evento fondativo del nostro Stato, nonostante il clima politico arroventato, la crisi economica ed una questione meridionale che fa dubitare ancora molti sul fatto che l'Italia sia un paese realmente unito. Desideriamo cogliere l'occasione per spiegare questo evento con l'aiuto del professor Cannillo, Presidente della Fondazione Mario e Valeria Albertini, che si occupa di studi sul federalismo europeo. Professor Cannillo si può parlare oggi di nazione italiana? Prima di parlare dell'unità d'Italia bisogna fare una premessa doverosa: bisogna sgombrare la mente dall'idea che l'Ottocento sia da intendersi una “storia di nazioni”. L'idea che la nazione francese, italiana e tedesca siano nate prima degli Stati è sbagliata. Nell'Europa dell’Ancien Régime, l'economia di sussistenza rende la visione politica delle persone ferma al villaggio, alla città o al massimo alla provincia. Con una simile struttura il potere politico è concentrato nelle monarchie di origine divina. Poi i progressi scienti?ici, lo sviluppo dei commerci e delle economie hanno creato le condizioni ideali per il sorgere di una classe di uomini, la b o r g h e s i a , s l e g a t a d a l l a v i s i o n e particolaristica e consapevole del proprio nuovo ruolo sociale. Così quando questa classe rivendica la propria quota di potere politico, a fronte del ri?iuto dei monarchi se lo prendono con la forza. La Rivoluzione francese ha avuto queste origini. Ma per legittimare il regime politico, per creare consenso alle nuove istituzioni, la giovane classe politica impone su tutto il territorio la stessa lingua, gli stessi costumi, lo stesso diritto. Farò qualche esempio per essere chiaro. Nella Francia pre-­‐rivoluzionaria non si parlava solo il francese ma una pluralità di idiomi e dialetti. La Francia monarchica del Re Sole era uno Stato plurinazionale. Scoppiata la Rivoluzione francese, tagliata la testa al re, eretta la repubblica, i rivoluzionari avevano bisogno di creare il consenso attorno al nuovo regime. Se l'Assemblea nazionale

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emanava ancora decreti e leggi in tous les idiomes, poco tempo dopo la Convenzione, per reagire al rischio di crisi e divisioni interne, decide di emanare le leggi ed i decreti solo in francese, e di nominare un insegnante di francese in ogni distretto dove non esisteva la consuetudine di parlare in francese. La diffusione della lingua francese aveva lo scopo esplicito di promuovere il sentimento nazionale francese. Fu il primo e non ultimo esempio di creazione arti?iciale e coattiva di lingua e dei costumi da parte di uno Stato. La Rivoluzione francese ha signi?icato l'avvento dello Stato mononazionale che c o n t r o l l a p o l i t i c a m e n t e i v a l o r i l i n g u i s t i c i , m o r a l i e c u l t u r a l i , respingendo con forza sia le nazionalità s p o n t a n e e i n t e r n e ( m i n o r a n z e linguistiche), sia le supernazionalità spontanee diffuse in Europa quali la repubblica europea dei letterati e la res publica christiana. Alla luce di quanto ha appena detto, l e i c o m e v e d e i l p r o c e s s o d i uniAicazione del nostro paese? L'unità d'Italia non è nata in modo graduale, paci?ico e consapevole, ma all'opposto è frutto di un processo violento, fatto di “ferro e sangue”. L'Italia uscita dalla Restaurazione del Congresso di Vienna era divisa in numerosi Stati regionali asserviti a

potenze straniere. Le spinte all'unità venivano dal basso, in prevalenza da intellettuali-­‐borghesi, poiché le classi p o l i t i c h e a l p o t e r e p e r c e p i v a n o n e l l ' I t a l i a s o l o “ u n ' e s p r e s s i o n e geogra?ica”. Tra gli intellettuali consapevoli della necessità dell'unità “nazionale” (qui in senso ideale) spicca la ?igura di Mazzini e dei suoi seguaci, poiché seppe unire in un binomio i n s c i n d i b i l e i l p r o p r i o p e n s i e r o all'azione politica. Egli, prima ancora di vedere l'unità si sentiva membro della n u o v a c o m u n i t à r e p u b b l i c a n a e democratica, concepita come un momento necessario di emancipazione della condizione umana. Dall'altra parte vi sono i moderati, ossia coloro che per la loro condizione sociale benestante fanno parte della classe politica dei loro Stati regionali e che concepiscono l'unità come un processo necessario per realizzare un vasto mercato, per garantire stabilità politica interna e peso internazionale alle singole regioni. Ma tale processo di uni?icazione lo sentono graduale, nato dalla convergenza dei singoli Stati, ciechi del fatto che il più forte fattore di disunità consiste nella in?luenza delle p o t e n z e e u r o p e e s u l l a p e n i s o l a (dell'Impero austriaco e della Francia). Finché tale in?luenza non cessa, la scelta dell'unità è impossibile in pratica. Nonostante il fallimento nella Prima Guerra d'Indipendenza, le forze necessarie per realizzare l'unità della penisola si uni?icano sotto la guida del Piemonte, unico stato regionale che esaudisce almeno in parte le aspirazioni di mazziniani e moderati. I mazziniani r i n u n c i a n o a l l a p r e g i u d i z i a l e repubblicana riconoscendo la monarchia sabauda. I moderati comprendono che solo la guerra può ottenere il risultato dell'uni?icazione. Però nonostante questa convergenza di forze solo una felice combinazione di azioni “regolari”, di iniziative “irregolari” e di fortunate congiunture internazionali ottengono l'unità nazionale. Grazie all'attentato Orsini, Cavour realizza l'alleanza con Napoleone III per la guerra contro l'Austria. Mentre Garibaldi con la spedizione dei Mille giunge all'unità nel 1861.


La cronaca storica attribuisce a D'Azeglio una famosa frase: “Fatta l'Italia, bisogna fare gli Italiani.” Professore, secondo lei, qual è il signiAicato storico di questa frase? Il nuovo Stato unitario nasce accentrato, e si mantiene tale, perché non può funzionare che in questo modo. Gli abitanti dell'Italia, uni?icati solo istituzionalmente, non hanno tradizioni unitarie, non sono stati uni?icati spiritualmente dalla lotta nazionale (fatta da poche migliaia di uomini), e non sono uni?icabili sul piano economico-­‐ sociale per le diverse possibilità di sviluppo tra il Nord ed il Sud. Senza un forte apparato burocratico-­‐politico accentrato (il regime dei prefetti) non p o t r e b b e r o r e s t a r e u n i t i . L'accentramento statale è inoltre i n e v i t a b i l e a n c h e p e r r a g i o n i internazionali. L'Italia uni?icata entra nel rango delle potenze di “primo ordine” e come tale si deve dotare delle strutture di potenza degli altri Stati: un grande esercito terrestre di pronto impiego, e conseguentemente un potere politico accentrato. Diversamente se lo Stato fosse nato decentrato o federale, gli “italiani” non sarebbero mai nati perché una simile forma di Stato avrebbe conservato le loro diversità culturali e tradizionali. Gli “italiani” sono stati “fatti” dallo Stato accentrato. L'idea di essere parte in una comunità per stirpe o per nascita viene insegnata dalla scuola obbligatoria e ribadita dal servizio militare. Un periodo storico oscuro nella storia d'Italia è stato il fascismo. Esiste un legame con la raggiunta unità statuale del paese e lo sviluppo del sentimento n a z i o n a l e , o v v e r o b i s o g n a considerarla solo una parentesi durata un ventennio della storia d'Italia?

F i n o a l l a ? i n e d e l s e c o l o X I X , l ' a c c e n t r a m e n t o è f u n z i o n a l e a l consolidamento dello Stato unitario. Poi comincia un periodo di continuo aumento dell'accentramento statale. Il passaggio tra le due fasi dipende da due fattori: le trasformazioni economiche e i nuovi rapporti internazionali. Le trasformazioni economiche uni?icano le popolazioni inserendole nel gioco politico e quindi rendono necessario l'intervento dello Stato in un maggior numero di settori della vita sociale. Nella s f e r a i n t e r n a z i o n a l e l ' a r g i n e all'accentramento è rappresentato d a l l ' e q u i l i b r i o e u r o p e o p o c o modi?icabile. Ma nel 1870 con la nascita dello Stato tedesco, l'Europa perde il suo antico equilibrio ed entra in un periodo di anarchia che condurrà a due guerre mondiali. Proprio il pericolo della guerra rende ancor più veloce la penetrazione dello Stato nella vita comune di tutti gli individui anche per ?ini culturali, morali e persino religiosi. Tutti i gruppi sociali di qualsiasi colore politico sono messi di fronte ad un’alternativa senza scampo: o partecipare alla vita dello Stato nazionale accettando di legare i propri valori al suo carro o rassegnarsi alla scomparsa. In questo quadro anche chi professa ideali politici o religiosi per de?inizione universali come il liberalismo, il socialismo, la democrazia e il cristianesimo si trova a mentire a sé stesso poiché tali valori si possono applicare solo alla propria nazione e non ai “nemici”. Il Ventennio fascista non è una triste parentesi della storia del nostro Stato unitario, una sorta di perversione evitabile. Il fascismo è solo l ' e s t r e m a c o n s e g u e n z a dell'accentramento politico-­‐burocratico da parte dello Stato e della classe politica al potere.

Secondo lei, quale signiAicato positivo ha assunto il processo di uniAicazione e u r o p e a p e r u n ' e v o l u z i o n e equilibrata dell'unità d'Italia? A b b i a m o v i s t o c h e l a d i v i s i o n e dell'Europa in Stati sovrani divisi c o n n e s s a a l l e t r a s f o r m a z i o n i economiche ha causato l'accentramento del potere; questo ha bisogno di consenso e il nazionalismo, inteso come ideologia di Stato, lo ha fornito. Al termine della Seconda Guerra Mondiale, USA e URSS di dividono in due sfere d'in?luenza l'Europa. I paesi nell'orbita americana sono costretti a rinunciare alla vecchia politica di potenza dato che la loro difesa viene g a r a n t i t a d a g l i a m e r i c a n i , p e r fronteggiare insieme la minaccia comunista. La Guerra fredda costringe gli europei divisi a ricercare l'unità non solo nei ?ini ma anche nei mezzi istituzionali. Però a distanza di circa sessant'anni, l'Europa non ha ancora raggiunto una forma statuale compiuta, ossia non si è ancora unita in uno Stato f e d e r a l e , c h e r e c i d a l e c a u s e dell'impotenza dei singoli Stati europei ad affrontare le s?ide del XXI secolo. Solo un'Europa unita e federale può evitare i d a n n i p r o v o c a t i d a l l ’ a t t u a l e inadeguatezza dei singoli Stati europei. E più speci?icamente, nel caso dell’Italia, solo in un quadro federale europeo è possibile garantire la sopravvivenza delle nazionalità spontanee (minoranze linguistiche e religiose, differenze regionali) senza che le diversità si trasformino in chiusure e minino la coesione del paese, e senza il rischio di dover ritornare a modelli di potere accentrato, ma, viceversa, ridando al t e m p o s t e s s o v i g o r e a l l e i d e e supernazionali (religioni e culture trasversali nei paesi europei). Davide Negri

Scheda personaggio - Giuseppe Mazzini Giuseppe Mazzini (22 giugno 1805 -­‐ 10 marzo 1872) è considerato insieme a Cavour e Garibaldi tra i padri dell’Unità d’Italia. La storia del nazionalismo e del fe-­‐ deralismo europeo hanno proceduto in parallelo du-­‐ rante il XIX secolo. Solo dopo la Prima Guerra Mon-­‐ diale il federalismo europeo comincia a delinearsi, legandosi a precisi riferimenti politici e a soluzioni concrete. Eppure persino nella mente di Mazzini, na-­‐ zionalismo e federalismo non erano incompatibili, ma anzi l’ideale di riscossa dei popoli europei doveva tro-­‐ vare il suo compimento nel progetto degli Stati Uniti d’Europa. “Il concetto d’una repubblica federativa racchiude l’idea di una doppia serie di doveri e di diritti: [...] la prima destinata a circoscrivere e de;inire la sfera di attività degli individui come cittadini dei diversi Stati, l’interesse locale; la seconda destinata a de;inire quella degli stessi individui come cit-­‐ tadini dell’intera nazione, l’interesse generale.” (1862)

“La vita delle nazioni è doppia: [...] propria e di rela-­‐ zione. All’universalità degli uomini componenti ogni nazione spetta l’ordinamento della vita di relazione internazio-­‐nale. Noi cerchiamo veri;icare non una Eu-­‐ ropa, ma gli Stati Uniti d’Europa” (1850) “Noi vagheggiamo la grande federazione dei popoli liberi crediamo nel patto delle nazioni, nel congresso europeo che interpreterà paci;icamente quel patto. Ma nessuno potrà [...] ottenere seggio in quel concilio di popoli se non costituito in individualità nazionale” (1848) “Le nazioni saranno sorelle. Libere e indipendenti nella scelta [...] dell’ordinamento delle loro forze per tutto ciò che riguarda l’interna vita, si stringeranno ad una fede, a un patto per tutto ciò che riguarda la vita internazion-­‐ ale. L’Europa sarà una, fuggendo a un tempo la anarchia di una indipendenza assoluta e il concentramento di una conquista” (1849)

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I freni del Parlamento tedesco Il 24 e 25 marzo è programmato il sum-­‐ mit dei ventisette paesi dell'Unione eu-­‐ ropea in cui si discuterà del cosiddetto Patto di convergenza economica raffor-­‐ zata. Questa proposta deriva da un’inizia-­‐ tiva franco-­‐tedesca che prevede un con-­‐ trollo più stretto sui conti pubblici, uno stretto coordinamento (si usa addirittura il termine di governo europeo) su ?isco, salari e pensioni (che dovrebbero essere riformati secondo il modello tedesco) e un più ef?icace Fondo di stabilizzazione della zona euro. Questa proposta era già celliere Angela Merkel (l'Unione cristia-­‐ stata presentata in febbraio ai paesi del-­‐ l'Eurozona, ma aveva raccolto reazioni no-­‐democratica, l'Unione cristiano-­‐socia-­‐ sfavorevoli tra i governi preoccupati di le e il partito liberal-­‐democratico) si sono accordati per esprimere le loro preoccu-­‐ difendere la propria sovranità e infastidi-­‐ pazioni sul fatto che la Germania aiuti ti da quella che è sentita come una preva-­‐ ricazione del governo tedesco. Anche in ?inanziariamente altri paesi. Il ricordo Germania, comunque, manca un accordo dei tempi dell'uni?icazione tedesca quan-­‐ sui termini dei negoziati che il governo do molti miliardi sono stati trasferiti alla Germania orientale è ancora vivo. Ora la dovrà condurre a Bruxelles. Il Parlamen-­‐ sensazione è che la stessa richiesta venga to, infatti, il 17 marzo voterà una risolu-­‐ zione che pone forti limiti al governo nei da Bruxelles. E con il sostegno dei partiti di governo, l'approvazione della mozio-­‐ negoziati sul Meccanismo di stabilità del-­‐ ne è virtualmente garantita, prima nella l'Eurozona, cioè il meccanismo perma-­‐ Commissione affari esteri del Parlamen-­‐ nente di risoluzione delle crisi che do-­‐ vrebbe entrare in vigore dal 2013 con to, e poi in tutto il Bundestag quando sarà posta al voto una settimana prima fondi per 500 miliardi di euro. L’atteg-­‐ del summit a Bruxel-­‐ giamento del Parla-­‐ les. Anche se il go-­‐ mento è un segno Il Bundestag potrebbe coverno insiste che la d e l l a c r e s c e n t e stringere il governo tedesco risoluzione del Par-­‐ preoccupazione del-­‐ l'opinione pubblica in una posizione di potenzia- lamento è di fatto in le collisione con la Banca linea con la politica tedesca che teme di centrale europea del governo, la realtà dover pagare con le è che ora si farà più proprie tasse i debiti dei partner meno virtuosi. Autorevoli dif?icile per la Merkel e Wolfgang Schäub-­‐ membri del Parlamento sostengono che le, il suo ministro delle ?inanze, negoziare il piano intende rinforzare la posizione concessioni a Bruxelles. I membri del del governo piuttosto che ostacolarla, ma Parlamento intendono infatti mandare molti commentatori ritengono che ci sia un chiaro segnale agli altri partner euro-­‐ crescente insoddisfazione sul metodo di pei sulle condizioni tedesche per garanti-­‐ negoziazione del governo. anche molti re sostegno ?inanziario agli altri paesi, chiedendo, in sostanza, al governo di evi-­‐ parlamentari di tutti e tre i partiti del tare che l'Eurozona diventi una comunità governo di centro destra guidato dal can-­‐

in cui gli Stati membri più ricchi garanti-­‐ scono il debito dei più poveri. La risolu-­‐ zione intende innanzitutto escludere ogni misura di risposta alle crisi che im-­‐ plichi il fatto di comprare bond governa-­‐ tivi o emettere prestiti per aiutare i go-­‐ verni in dif?icoltà a ricomprare il loro stesso debito. I parlamentari vogliono garantire regole più severe per la stabili-­‐ tà dell'Eurozona e il patto di crescita, una sorveglianza più stretta e un coordina-­‐ mento maggiore delle politiche per pro-­‐ muovere la competitività e la crescita economica sostenibile. Sono presenti inoltre richieste per creare freni al debito negli Stati membri dell'Eurozona e per introdurre una tassa sul mercato ?inan-­‐ ziario europeo per ridurre il de?icit dei budget nazionali: tutte proposte che non sono incluse negli attuali negoziati. Inol-­‐ tre la risoluzione insiste sul fatto che, nel momento in cui, in caso di emergenza, i fondi venissero usati, il Bundestag debba essere non solo informato ma debba an-­‐ che approvare la decisione. Se il paese debitore fallisce nel rispettare qualcuna delle condizioni imposte, il sostegno del Meccanismo di stabilità deve essere in-­‐ terrotto. La risoluzione insiste inoltre sul fatto che nessun accordo speciale do-­‐ vrebbe essere stipulato fuori dall'ESM, come è invece stato nel caso del bail-­‐out negoziato l'anno sorso per la Grecia. Il progetto, in?ine, intende escludere l'emissione dei cosiddetti euro-­‐bond per rimpiazzare una parte del debito sovrano nazionale, come proposto da vari altri membri dell'UE. Anche se le proposte non si riferiscono direttamente alle ope-­‐ razioni relative ai 440 miliardi di euro dell'European Financial Stability Facility – il fondo temporaneo dell'Eurozona usa-­‐ to per aiutare l'Irlanda con la crisi del debito, la Germania intende insistere sul >> fondo pag. 7

Da Il Principe (1532, Niccolò Machiavelli)

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"[...] non è cosa più dif1icile a trattare, né più dubbia a riuscire né più pericolosa a maneggiare, che farsi capo a introdurre nuovi ordini. Perché lo introduttore ha per nimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene, e ha tepidi defensori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbono bene. La quale tepidezza nasce, parte per paura delli avversarii che hanno le leggi dal canto loro, parte dalla incredulità delli uomini li quali non credano in verità le cose nuove se non ne veggono nata una ferma esperienza. Donde nasce che qualunque volta quelli che sono ni-­‐ mici hanno occasione di assaltare, lo fanno partigianamente, e quelli altri defendano tepidamente: in modo che insieme con loro si periclita. È necessario pertanto, volendo discorrere bene questa parte, esaminare se questi innovatori stanno per loro medesimi o se dependano da altri; cioè, se per condurre l’opera loro bisogna che pre-­‐ ghino o vero possono forzare. Nel primo caso capitano sempre male e non conducano cosa alcuna; ma quando dependano da loro proprii e possono forzare, allora è che rare volte periclitano."


Quando gli Europei non si assumono le proprie responsabilità Nello scorso mese di novembre si sono veri?icati due eventi di una certa rilevanza negli equilibri geopolitici europei e mondiali: la sottoscrizione dell'accordo militare franco-­‐britannico e l'elaborazione del Nuovo Concetto Strategico della Nato all'ultimo vertice di Lisbona. Tali eventi trovano una spiegazione nell’evoluzione del quadro di potere mondiale nato alla ?ine della Guerra fredda con la dissoluzione dell'URSS e con il crollo di quell’assetto stabile bipolare garantito dall'equilibrio del terrore e fondato sul deterrente atomico americano e sovietico. Con la caduta dell’Unione Sovietica si era infatti aperta u n a n u o v a f a s e c a r a t t e r i z z a t a inizialmente dall’egemonia degli Stati Uniti, che aveva comportato, tra l’altro, la necessità di rivedere le vecchie alleanze al ?ine di riadattarle al nuovo contesto. Se prima, infatti, l’avversario era ben individuato con chiari con?ini, ora non c'era più nessun nemico da circondare e contenere, bensì il problema era

da pag. 6 fatto che le restrizioni concordate ri-­‐ guardo all'ESM dovrebbero già essere applicate anche all'EFSF. Bisogna però sottolineare il fatto che, ri?iutando l'uso del Meccanismo di stabilità per comprare bond, il Bundestag potrebbe costringere il governo tedesco in una posizione di potenziale collisione con la Banca centra-­‐ le europea e con gli altri stati membri dell'UE. La BCE in particolare, in queste condizioni, verrebbe lasciata sola a gesti-­‐ re l’acquisto dei bond dei paesi in dif?i-­‐ coltà, con il forte rischio di ?inire con lo snaturare gli scopi per i quali la sua isti-­‐ tuzione è stata concepita. E’ facile dedur-­‐

d i v e n t a t o q u e l l o d i g a r a n t i r e i l m a n t e n i m e n t o d i u n e q u i l i b r i o possibilmente paci?ico del mondo: un compito, sia detto per inciso, per molti aspetti superiore alle forze della potenza americana. L'alleanza politico-­‐militare di più vecchia data, la NATO (creata allo scopo di difendere l'Europa occidentale da un'invasione sovietica), fu quindi la prima a subire modi?iche. Nel nuovo contesto, la NATO sembrava aver perso ogni signi?icato, così come la necessità che gli USA stanziassero in Europa armi atomiche e contingenti militari in assenza di una speci?ica minaccia reale. Ma l’Alleanza atlantica aveva anche una seconda funzione storica: garantire l'equilibrio e la stabilità del continente europeo, data l’incapacità dei singoli Stati di avere una propria politica estera e di sicurezza autonoma da un lato e il permanere della divisione politica e militare degli Europei dall’altro. Questi ultimi, pertanto, non potevano colmare né il vuoto di potere lasciato dall'URSS nei paesi centro-­‐orientali, né quello che si sarebbe venuto a creare in seguito ad u n r i t i r o a m e r i c a n o d a l l ’ E u r o p a occidentale. Neppure l'ultimo passo verso l'integrazione economica e materiale dell'Europa compiuto in quegli anni attorno al patto politico di Francia e Germania poteva bastare: benché in cambio del consenso francese (ed europeo) alla riuni?icazione tedesca, la Germania avesse rinunciato al marco per consentire la creazione dell'euro, il fatto che la nascita della moneta unica non f o s s e s t a t a a c c o m p a g n a t a dall'uni?icazione politica rendeva questo passo ancora insuf?iciente. La NATO

continuava, pertanto – e continua – ad avere una funzione come strumento necessario agli americani per garantire la stabilità del continente europeo. In questo contesto, gli USA optarono per l’utilizzo della NATO anche a sostegno del loro nuovo ruolo globale. Le prime azioni furono quelle volte a stabilizzare l'area balcanica – per fermare la guerra seguita all’implosione della Jugoslavia – e la partecipazione alla prima guerra del Golfo. Inoltre la NATO, come subito dopo avvenne anche per l’Unione europea, fu allargata all'Europa centro-­‐orientale per stabilizzare i paesi dell'ex blocco s o v i e t i c o . P e r i n c i s o , q u e l l a dell'allargamento dell’UE, fortemente voluta dagli Americani per ragioni di sicurezza e dagli Inglesi sia per fedeltà verso gli Stati Uniti sia per diluire ed indebolire il processo di integrazione europea, fu, di fatto, una scelta che allontanò nettamente la possibilità del raggiungimento dell’unità politica dell’Unione europea: la Federazione infatti non sarebbe più potuta scaturire dall’evoluzione di questa organizzazione così vasta ed eterogenea, ed avrebbe richiesto una volontà politica ancora più forte da parte dell’avanguardia che avesse voluto prendere l’iniziativa in tal senso. In questo modo, rafforzando la divisione europea invece della coesione, l’allargamento ha contribuito a rendere più dif?icile la nascita di una politica estera e di sicurezza europea in grado di dare agli stessi Americani un supporto effettivo nell’opera di stabilizzazione globale. Dopo quasi vent’anni di leadership

re dall’analisi di queste posizioni del Par-­‐ lamento tedesco quanto sia ancora lon-­‐ tana la possibilità di trovare in Europa una soluzione reale e de?initiva all’esi-­‐ genza di salvare l’Unione monetaria. La situazione si potrebbe infatti risolvere solo con una proposta che permetta al-­‐ l'Europa di uscire dalla crisi politica e istituzionale in cui la mantiene il fatto di avere una moneta unica senza Stato (che è la contraddizione fondamentale che mette a rischio la sopravvivenza dell’eu-­‐ ro). Questa proposta può essere solo la creazione di uno Stato federale: una pro-­‐ posta che dovrebbe partire da un gruppo

di paesi dell’Eurogruppo (per primi Francia e Germania), sulla base di una progetto condiviso e democratico, che allontani il timore di una semplice impo-­‐ sizione del modello tedesco a tutto il con-­‐ tinente. Quindi una proposta che potreb-­‐ be essere accettata da tutti quei paesi che condividono da un tempo più lungo gli interessi e gli obbiettivi comuni dell'inte-­‐ grazione e che permetterebbe all’Europa di aprire un nuovo capitolo della sua sto-­‐ ria.

>> ultima pag.

Giulia Spiaggi

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unilaterale, gli USA si ritrovano oggi, agli albori della nascita di un nuovo ordine mondiale dai tratti ancora dif?icili da de?inire, spossati dallo sforzo di essere il garante della sicurezza mondiale. Da un lato, la rapidissima ascesa della Cina, che inizia a minacciare il primato economico e politico americano, ma che si prepara in tempi rapidi ad essere anche un antagonista sul piano geostrategico, sta spostando inesorabilmente il baricentro d e l l ' e q u i l i b r i o m o n d i a l e , e l e p r e o c c u p a z i o n i s t a t u n i t e n s i , dall'Atlantico al Paci?ico. Dall’altro, i numerosi fronti ancora aperti, sui quali gli Americani si sono impegnati senza peraltro riuscire a garantire la stabilità, e d i n p a r t i c o l a r e t u t t a l ’ a r e a mediorientale, richiedono ancora la mobilitazione di molte energie. In tutto ciò, il persistere della divisione, e della conseguente assenza, dell'Europa negli equilibri mondiali, accentua con il suo vuoto squilibri pericolosi, soprattutto a fronte di una Russia tornata con decisione sulla scena internazionale; squilibri che pesano ancora una volta sugli USA, costretti a mantenere il loro impegno sul continente europeo e a sostenere i costi della sicurezza di quest’area. Un simile cumulo di fronti e responsabilità non poteva non provocare una radicalizzazione della politica estera americana, ed è in questo contesto che si inseriscono il Nuovo Concetto Strategico della Nato e l'accordo di cooperazione militare franco-­‐britannico. Nel Nuovo Concetto Strategico gli USA c o n f e r m a n o , d a u n l a t o , c h e continueranno a garantire “l'ombrello atomico” sull'Europa e che soprattutto si impegnano a costruire un nuovo scudo anti-­‐missile attorno al continente europeo, che offrono di allargare ?ino alla Russia. Si tratta di un chiaro segno della volontà americana di costruire un nuovo rapporto meno con?littuale nei confronti della Russia, in previsione della futura competizione americana con il gigante cinese, che si accompagna al successo della rati?ica degli accordi START con cui le due potenze nucleari hanno concordato una riduzione dei rispettivi arsenali

strategici; ma gli sbocchi di questo tentativo russo-­‐americano di trovare forme di convivenza di tipo cooperativo sono dif?icili da prevedere, perché l’accordo sulla difesa antimissile è in realtà ancora lontano. E ancora una volta sarebbe l’Europa il teatro e la posta in gioco dello scontro. Dall’altro lato, la n u o v a s t r a t e g i a N A T O s i b a s a sull'allargamento delle competenze dell’alleanza che si occuperà, a livello

Gli Europei si sentono costretti ad accettare un ruolo subordinato all’interno della NATO g l o b a l e , a n c h e d i t e r r o r i s m o , d i proliferazione nucleare, di difesa da attacchi cybernetici, di sicurezza nelle f o r n i t u r e e n e r g e t i c h e , d i c r i s i intrastatuali. Il ruolo riservato agli Europei in questo quadro si limita però al sostegno alle iniziative americane e a una nuova condivisione dei costi, senza prevedere nessuna concessione riguardo alla condivisione delle responsabilità nelle scelte strategiche. Ciò signi?ica che i diversi problemi saranno affrontati dalla NATO mettendo insieme risorse, uomini e mezzi ma, di fatto, lasciando la regia politica nelle mani statunitensi. Dal canto loro, gli Europei si sentono costretti ad accettare questo ruolo subordinato proprio perché la difesa del continente continua ad essere garantita dal deterrente atomico americano. I paesi europei, invece di affrontare uniti i problemi posti dagli USA, su come condividere le scelte della sicurezza mondiale, continuano dunque a cercare di r i t a g l i a r s i c i a s c u n o u n r a p p o r t o privilegiato con gli Stati Uniti. Persino la Francia, che storicamente ha sempre avuto l’ambizione di costruire in Europa un polo autonomo rispetto a Washington, sembra ormai aver optato per una politica di sapore nazionale, e quindi subalterna: rientro nel comando NATO e ?irma di un accordo di cooperazione militare con il paese meno europeista e più ?ilo atlantico del continente, ossia la

Gran Bretagna. Tale inversione di rotta della Francia, che va in direzione opposta rispetto al progetto di una politica europea di sicurezza, è in parte anche la reazione all’indebolimento dell’asse franco-­‐tedesco (su cui Parigi ha sempre contato per la sua politica europea) in seguito al risveglio delle ambizioni tedesche nei confronti dell’Europa centro-­‐orientale dopo la dissoluzione dell'URSS e in seguito al nuovo rapporto russo-­‐tedesco in campo commerciale ed energetico. Non è dif?icile prevedere che le scelte divergenti e nazionaliste di Francia e Germania si ripercuoteranno ben presto su loro stessi e sull'Europa intera, perché la mancanza di una politica estera comune impedirà loro di tutelare le proprie economie, strettamente integrate, rispetto alle scelte e alle politiche delle potenze americana, russa e cinese. Già oggi sono ben chiari, anche agli occhi degli osservatori americani, gli obiettivi della politica energetica della Russia, volta a dividere gli Europei e a riaffermare la propria in?luenza in Ucraina e Bielorussia. Se l'Europa vuole sinceramente contribuire alla stabilità e alla pace deve assumersi le proprie responsabilità per ridurre gli squilibri nel mondo: un’Europa unita non avrebbe bisogno dell'intervento americano per mantenerne la stabilità interna e la difesa del continente. In tal modo smetterebbe di costituire un pericoloso vuoto di potere e potrebbe iniziare a dare un contributo effettivo sullo scacchiere internazionale, in molti casi anche a sostegno degli Stati Uniti nella misura in cui condividessero gli stessi obiettivi. Ma per raggiungere il traguardo dell’unità è necessario che Francia e Germania tornino a guardare al di là di ciò che le separa per vedere piuttosto ciò che le unisce, e decidano di avviare l’iniziativa per unirsi in un patto federale assieme a quei paesi che vorranno aderirvi. Solo così potrà nascere una politica estera e di difesa europea, come strumento per riportare il nostro continente ad essere un soggetto attivo della storia. Davide Negri

Publius - Per un’alternativa europea Numero 7 - Marzo/Aprile 2011

publius-unipv.blogspot.com Via Villa Glori, 8 Pavia - Tel: 3318443023 - E-mail: publius.pv@gmail.com Direttore responsabile: Laura Filippi Redazione: Giovanna Albonico, Nelson Belloni, Federico Butti, Martina Cattaneo, Laura Filippi, Giacomo Ganzu, Gianmaria Giannini, Luca Lionello, Gabriele Mascherpa, Laura Massocchi, Davide Negri, Matilde Oppizzi, Carlo Maria Palermo, Giulia Spiaggi. Stampato presso: Tipografia P.I.M.E Editrice S.r.l Puoi trovare Publius, oltre ai vari angoli dell’Università, anche presso: bar interno facoltà di Ingegneria, bar facoltà di Economia, mensa Cravino, sala studio San Tommaso, bacheca A.C.E.R.S.A.T cortile delle statue.

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Periodico trimestrale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazioni, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani. Registrazione n. 705 del Registro della Stampa Periodica - Autorizzazione del tribunale di Pavia del 19 Maggio 2009

Iniziativa realizzata con il contributo della Commissione A.C.E.R.S.A.T dell’Università di Pavia nell’ambito del programma per la promozione delle attività culturali e ricreative degli studenti. Distribuito con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic


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