Publius
Per un’ Alte r n a t iv a E u r o pea
Universitari per la Federazione Europea Numero 8 - Maggio-Settembre 2011 distribuzione gratuita
Giornale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani
Dal 1880 al 1915 quattro milioni di italiani migrarono negli Stati Uniti... ...a quei tempi gli emigranti eravamo noi Indice
1
pag.
Editoriale Publius
2 Il Grande Medio
pag.
Oriente brucia, gli USA hanno Cinito l’acqua, l’Europa divisa (tra)balla Davide Negri
4 La crisi del
pag.
Portogallo e i rapporti con l’Unione europea Maria Vittoria Lochi
7 La crisi europea
pag.
del debito e l’Italia Nelson Belloni
I #lussi migratori dal Nord Africa verso l’Italia hanno messo in luce una duplice im-‐ potenza: quella italiana e quel-‐ la europea. Quella italiana ri-‐ guarda l’incapacità di fronteg-‐ giare in modo razionale e civi-‐ le un’emergenza annunciata e dalle dimensioni contenute, non certo superiore a casi già veri#icatisi più volte negli ul-‐ timi anni in Europa e anche nel nostro stesso paese. Sem-‐ pre, quando una regione è scossa da rivolte o addirittura da guerre si generano ondate migratorie che creano pres-‐ sione sui paesi vicini. La diffe-‐ renza tra un paese civile e in-‐ dustrializzato ed uno arretra-‐ to sta anche nella capacità di
affrontare questo tipo di situa-‐ zioni evitando che si creino tensioni esasperate e ulteriori sofferenze inutili: l’Italia è sembrata dimenticarsi di ap-‐ partenere alla prima categoria e ha brillato anche per imperi-‐ zia nei rapporti con i partner europei, generando sospetti e con#litti che hanno solo accre-‐ sciuto le dif#icoltà. Ma se questa è la speci#icità del nostro paese, ormai paralizzato e incapace di affrontare in modo costruttivo qualsiasi tipo di problema, bi-‐ sogna anche aggiungere che il vento del ripiegamento populi-‐ stico sul proprio orticello na-‐ zionale sta sof#iando in tutta Europa. Le recenti elezioni in Finlandia hanno offerto solo
l’ultimo esempio degli effetti generati dalla paura e dall’insi-‐ curezza che i cittadini sentono di fronte alla crisi e a cui reagi-‐ scono ri#iutando l’idea di co-‐ struire una solidarietà più am-‐ pia e non riuscendo più ad im-‐ maginare un futuro di apertura verso il resto del mondo e di cooperazione. Che responsabilità ha l’Europa in tutto questo? Nessuna, nella misura in cui l’Europa non è un’entità politica capace di prendere decisioni e di agire, ma è solo un’organizzazione che deriva dagli Stati che la compongono tutti i suoi poteri e tutte le sue competenze. Sono >> fondo pag. 2
Il Grande Medio Oriente brucia, gli USA hanno finito l’acqua, l’Europa divisa (tra)balla Della guerra di Libia si è detto di tutto. Essa non è la rivoluzione sociale e politica condotta dal popolo libico contro il dittatore, ma – in uno Stato che non ha mai conosciuto l'unità nazionale – lo scontro tra tribù e clan che quaranta anni di dittatura non hanno saputo unire. Lo Stato libico si è dissolto per dar vita a due entità politiche in stato di guerra. La rivolta è cominciata in Cirenaica sotto la spinta di gruppi da sempre ostili al dominio tripolino. Il rischio che la Libia diventi come la Somalia e l'Afghanistan, se mancasse il ruolo stabilizzatore di una potenza esterna, è reale. L ' E g i t t o p o s t -‐ M u b a r a k n o n è un’incognita politica come la Libia: esso è – e rimane – un alleato americano, che
da un decennio lo rifornisce di armi e dall'esterno ci sia il sostegno politico-‐ aerei da combattimento. La rivolta economico per attuare tali riforme. popolare ha ottenuto l'effetto che Quanto sta accadendo in Nord Africa e lasciasse la sua poltrona Mubarak, ma nel Vicino e Medio Oriente rappresenta il non ha intaccato i poteri e risvolto politico della Quanto sta accagli interessi delle élite crisi economica iniziata socio-‐economiche. In una dendo in Nord Africa e n e l 2 0 0 8 c o n i l situazione gattopardesca fallimento di Lemahn nel Vicino e Medio il potere di fatto è in mano B r o t h e r s . L a c r i s i Oriente rappresenta il all'esercito che controlla #inanziaria ed economica parte dell'economia del risvolto politico della globale ha messo in luce crisi economica del paese. Però, a differenza l e d e b o l e z z e 2008 della Libia, in Egitto le d e l l ' e c o n o m i a istituzioni sono più stabili s t a t u n i t e n s e ( e d e possiedono ancora un margine di europea) e ne ha incrinato il primato, manovra per disinnescare la bomba accelerando la rincorsa dei Brics sociale costituita da milioni di giovani (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). s e n z a p r o s p e t t i v e , a p a t t o c h e In questo quadro le priorità geo-‐ strategiche americane h a n n o i n i z i a t o a cambiare rapidamente. Se gli USA si sono fatti c a r i c o p e r d e c e n n i dell'equilibrio e della p a c e m o n d i a l e (mantenendo fuori dai propri con#ini basi m i l i t a r i , # l o t t e , e i n t e r v e n e n d o m i l i t a r m e n t e nell'ultimo decennio in Iraq e Afghanistan, allo scopo di controllare l'area petrolifera più grande del mondo e di stabilizzarla intorno all'Arabia Saudita, unico paese al mondo che può aumentare la propria produzione petrolifera in caso di improvviso calo di produzione in
da pag. 1
problema reale esiste, e riguarda proprio il fatto che in questa situazione i singoli Stati sono sempre più inadeguati rispet-‐ to alle s#ide poste dal mondo globale, e avrebbero effettivamente bisogno di affrontarle insieme a livello europeo; ma l’egoismo di ciascuno si fa sempre più forte e le tentazioni nazionalistiche rie-‐ mergono in modo prepotente, bloccando ogni rafforzamento del legame europeo. La risposta sarebbe dunque semplice: la ricerca della soluzione dei problemi che dobbiamo affrontare – dalla gestione dei #lussi migratori, destinati a crescere, al-‐
gli Stati che si sono ri#iutati sinora di dotare l’Europa dei poteri necessari per svolgere funzioni politiche e che hanno voluto mantenere le competenze in ma-‐ teria di politica estera, di sicurezza, di immigrazione, di #iscalità, esclusivamen-‐ te a livello nazionale. Chiamare la solida-‐ rietà “dell’Europa” quando si è contribui-‐ to a costruire un’Unione europea impo-‐ tente e strutturalmente incapace di in-‐ tervenire a sostegno di un paese mem-‐ bro è quantomeno disonesto. Ma un
2
l’uscita dalla crisi economica e alla ripre-‐ sa della crescita, #ino alle questioni della sicurezza – parte dalla capacità di co-‐ struire una vera Unione europea, uno Stato federale a livello europeo. Questa dovrebbe essere la priorità di un paese come l’Italia, che fuori dall’Europa non ha futuro; invece di scherzare col fuoco avvitandosi in un dibattito senza senso sull’ipotesi di uscire dall’Unione dovreb-‐ be impegnarsi per farla diventare una realtà politica, e riacquistare in questo modo la propria dignità. Publius
altri paesi), oggi questo impegno ha un costo insopportabile per l'economia americana: il debito pubblico sta raggiungendo la soglia limite autorizzata dal Congresso di 14.600 miliardi di dollari, diventando ogni giorno che passa più insostenibile agli occhi dell'opinione pubblica. Q u e s t a è l a n u o v a e r a “ p o s t -‐ americana” (come l’aveva de#inita Fareed Zakaria), l'era del declino dell'in#luenza americana sull'area nordafricana e mediorientale. La crisi dell'apparato strategico USA viene ammessa dallo stesso Segretario alla Difesa Gates, che il 25 febbraio scorso, davanti ai cadetti di West Point, ha dichiarato: “Qualsiasi futuro ministro d e l l a D i f e s a c h e c o n s i g l i a s s e i l Presidente di inviare ancora una grande armata di terra in Asia o nel Medio Oriente dovrebbe ‘farsi esaminare il cervello’, come il generale Mac Arthur o s s e r v ò c o n t a n t a a c c u r a t e z z a ” ( w w w . d e f e n s e . g o v / Speeches/Speech.aspx?SpeechID=1539). Tradotto: gli USA rinunciano a realizzare grandi interventi terrestri (come in Iraq e Afghanistan) e sono disposti solo ad intervenire con attacchi mirati e circoscritti fondati sulla loro superiore tecnologia militare. Quindi non possono e non vogliono mettere a rischio ulteriori uomini e risorse in nessun altro teatro bellico fuori dalle loro aree strategiche. A trarre vantaggio da questa situazione sono la Turchia e l'Iran, dal punto di vista regionale, e la Cina, come nuovo attore, per ora non-‐protagonista, sulla scena mondiale. E i n q u e s t o s c e n a r i o d i g r a n d i cambiamenti, come si colloca l’Europa? La sua assenza è veramente drammatica. Ma occorre fare una precisazione doverosa: quando i governi dei singoli Stati e la società civile chiamano a gran
voce l'intervento dell'Europa, cosa stanno chiamando? L'Unione europea è una so#isticata organizzazione internazionale che ha permesso la creazione di un mercato europeo con una moneta unica (per 17 paesi su 27). In tale organizzazione vi è persino un elemento di democrazia rappresentativa, il Parlamento, e di legalità sostanziale, la Corte di Giustizia. Ma manca la cosa più importante: non esiste una volontà politica europea, una politica estera europea, un esercito
europeo, bensì 27 politiche nazionali prigioniere della visione nazionale. Per q u e s t o m o t i v o l ' E u r o p a s e m b r a chiudersi a riccio di fronte a ogni nuovo problema di grande portata: all'interno di una Europa divisa in politica estera e in cui il quadro di riferimento politico resta quello nazionale, è ovvio che ogni Stato tenda a considerare i problemi dell'immigrazione, della guerra in Libia e del salvataggio dalla crisi del debito >> fondo pag. 4
Scheda personaggio - Alcide De Gasperi Alcide De Gasperi nacque il 3 aprile 1881 a Pieve Tesino, Impero austroungarico, e morì il 17 ago-‐ sto del 1953 a Borgo Valsugana. Fu l’ultimo pre-‐ sidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Ita-‐ lia e il primo dell’Italia repubblicana. Insieme ad Adenauer, Spinelli, Monnet e Schuman fu uno dei padri fondatori dell’Europa. Firmò il trattato della CECA e subito dopo, quando la Francia propose di creare un Comunità europea di difesa, fu promo-‐ tore del tentativo costituente per dar vita in pa-‐ rallelo alla CED ad una Comunità politica euro-‐ pea. Celebre fu il suo discorso al Senato della Re-‐ pubblica il 15 Novembre del 1950: “Qualcuno ha detto che la federazione europea è un mito. ..E se
volete che un mito ci sia, ditemi un po’ quale mito dobbiamo dare alla nostra gioventù per quanto riguarda i rapporti tra Stato e Stato, l’avvenire della nostra Europa, l’avvenire del mondo, la sicurezza , la pace, se non questo sforzo verso l’unione? Volete il mito della dittatura, il mito della forza, il mito della propria bandiera, sia pure accompagnato dall’eroi-‐ smo? Ma noi, allora, creeremmo di nuovo quel con-‐ Ilitto che porta fatalmente alla guerra. Io vi dico che questo mito (la federazione europea) è mito di pace; questa è la pace, questa è la strada che dobbiamo seguire.. Agire per la pace, promuovendo la progres-‐ siva solidarietà e l’uniIicazione dei Paesi europei [...] Iino alla creazione di un vincolo federativo”.
3_
La crisi del Portogallo e i rapporti con l’Unione europea Anche il Portogallo, così come l’Islanda, la Grecia e l’Irlanda, è caduto nella “trappola” della crisi economica; il pae-‐ se, declassato di due gradini già a metà marzo dalle principali agenzie, rischia ancora un ulteriore retrocessione e non dispone delle risorse necessarie per pagare i suoi debiti. Questo declino è da imputare in parte a ragioni geogra#iche -‐ il Portogallo ha una posizione che si potrebbe de#inire marginale rispetto al cuore degli scambi economici europei -‐, non compensate da riforme adeguate; ma in parte è da ad-‐ debitare alle debolezze strutturali del-‐ l’area monetaria dell’euro, priva di una politica economica unica, che in questo modo non riesce a sostenere la crescita e rende più evidenti gli squilibri tra i paesi forti e quelli deboli, a svantaggio ulteriore di questi ultimi. Quello che è accaduto in Portogallo, pertanto, è che l’economia non è cresciuta, facendo così diminuire le entrate #iscali e rendendo ingestibili i conti pubblici #ino ad arriva-‐ re alla crisi del debito. In queste ultime settimane, dopo le di-‐ missioni del premier Socrates che non è riuscito a raccogliere in Parlamento la
maggioranza per far passasse il nuovo piano di risanamento dei conti, l’ipotesi di un ingente piano di salvataggio coor-‐ dinato dall’Unione europea e dal Fondo
monetario internazionale è diventata realtà. Ciò non toglie che, sebbene gli aiuti dei partner europei e quelli inter-‐ nazionali possano tamponare al mo-‐
migratori clandestini dalla Tunisia e dalla Libia, accusando un’Europa (senza pubblico di un altro paese, come una poteri) di mancanza di solidarietà. La questione nazionale e non europea. Non Francia apre le frontiere con il esiste alcun organo in contagocce dopo aver Europa che si iniziato una guerra in occupi, con un potere E' iniziata l'era del deL i b i a s e n z a s a p e r e clino dell'influenza l e g i t t i m a t o d a g l i come e quando #inirla, europei, di badare agli p e r v o l e r e d i u n americana sull'area interessi di tutti nei Sarkozy in perdita di nordafricana e fondamentali campi consensi. La Germania mediorientale della politica estera, di d e l l a M e r k e l n o n s i c u r e z z a e d interviene in un'area economica. Il Consiglio europeo è nella che non è di suo interesse, dovendo già sua essenza un so#isticata conferenza giusti#icare agli elettori il sostegno diplomatica. #inanziario ai paesi europei in dif#icoltà Per tale motivo l'Italia crea un allarme con il loro debito pubblico. Poi avanza il mediatico contro i nascenti #lussi fronte dei partiti dichiaratamente
euroscettici nei piccoli paesi che proprio d a l l ' a p p a r t e n e n z a a l l ' U n i o n e dovrebbero trarre più vantaggi: in Finlandia, Austria, Olanda, Ungheria e Romania. Un'Europa divisa può solo essere destinata alla rovina. Per unirla è necessario che i paesi europei trovino il coraggio politico di perdere la propria sovranità nazionale per ricrearla in una dimensione europea attraverso la fondazione di uno Stato federale e u r o p e o , a n c h e a p a r t i r e d a un'avanguardia di Stati che apra la strada per ridare un futuro di progresso al nostro continente.
da pag. 3
Davide Negri
Da LA FINE DEL LIBERO MERCATO di Ian Bremmer “Nel 1993 una relazione delle Nazioni Unite sullo sviluppo umano de#iniva lo Stato Nazione “troppo piccolo per le grandi cose e troppo grande per quelle piccole”e “i governi nazionali non saranno mai in grado di gestire le s#ide commerciali, politiche, sociali e ambientali di portata internazionale poste dalla globalizzazione.”
4
mento l’emergenza, la situazione resti drammatica. Il debito viene infatti ormai ritenuto insostenibile (i rendimenti dei titoli in dieci anni hanno toccato il re-‐ cord del 7,90% dall’ introduzione del-‐ l’euro) con chance pressoché nulle di un rientro a livelli accettabili, data l’assenza totale di compratori sul mercato ad ec-‐ cezione della Banca centrale europea. Rimangono inoltre le incognite circa chi dovrà negoziare l’accordo con l’Europa e il Fondo monetario internazionale e, soprattutto, quali saranno i contenuti del
programma che il Portogallo presenterà Quanto al contenuto dell’accordo, po-‐ in cambio degli aiuti e che, secondo le trebbe ricalcare gli obiettivi presentati prime indicazioni dovrà contenere nuo-‐ dal governo Socrates per correggere il ve misure di riforma bilancio in modo da strutturale dell’eco-‐ portare il de#icit dal In queste settimane nomia. Dif#icilmente 7% del 2010 al 4,6 nel l'ipotesi di un ingente il compito di trattare 2011, al 3% nel 2012 con l’UE e il FMI po-‐ #ino al 2% nel 2013, piano di salvataggio è trà essere assegnato ma possibilmente con diventato realtà al governo dimissio-‐ un diverso mix di mi-‐ nario; quindi questa sure. questione dovrà presumibilmente essere Nel frattempo l’eurozona rimane in al-‐ rimandata a dopo le future elezioni. lerta per evitare un possibile “effetto
Segnalazioni Bibliografiche “COME FINIRA’? L’ultima chance del debito pubblico” di Jacques Attalì (Fazi, 2010) Attalì, già consigliere speciale del governo Mitterand del 1981, e #igura di spicco della politica e della #inanza non solo francese, ma anche europea e mondiale, ha pubblicato nel novembre del 2010 questo suo ventiduesimo li-‐ bro che analizza l’attuale crisi del debito e le sue conseguenze per gli Stati membri dell’Unione europea. Il libro apre con un’ampia ricostruzione storica del debito pubblico nel mondo, dal Monte della Venezia del XIII secolo #ino alla situazione odierna, non mancando mai di sottolineare come i debiti pub-‐ blici abbiano in#luito durante le grandi trasformazioni storiche come la Rivo-‐ luzione francese, la prima e la seconda guerra mondiale. Trae poi da questa analisi storica delle lezioni sul debito che raccoglie in dodici punti fondamen-‐ tali (tra cui quello che evidenzia come un modo particolarmente ef#icace uti-‐ lizzato storicamente dagli Stati per superare le crisi del debito siano state le guerre) e traccia alcuni scenari possibili di evoluzione del debito nel futuro, #ino al caso peggiore che può sfociare in una grande crisi mondiale. Nel libro Attalì si sofferma a lungo anche sulla situazione italiana, arrivando alla con-‐ clusione che senza una radicale trasformazione politica in Europa il problema del debito non potrà essere risolto. L’analisi è costantemente sostenuta da dati, indici, analisi di trend e gra#ici aggiornati: un libro di un esperto che sbu-‐ giarda ogni ottimismo sul fatto che gli Stati membri da soli o l’Unione a+uale possano risolvere la crisi economica.
“LA COMODA MENZOGNA. Il dibattito sulla crisi mondiale” di Giovanni La Torre (Edizioni Dedalo, 2011)
Pubblicato nel 2011 La comoda menzogna è un pamphlet che analizza la crisi economica osservandola con gli occhi di varie scuole di economisti italiani. La Torre presenta estratti di vari libri ed articoli sulla crisi economica del 2007, li ana-‐ lizza, li critica e li mette a confronto con le pubblicazioni dei neo-‐keynesiani come Stiglitz (premio Nobel), Fitoussi, Krugman (premio Nobel), i quali condividono l’idea che la soluzione ai problemi legati alla crisi in corso non possa pre-‐ scindere da uno sforzo sopranazionale, esplicitamente riferendosi al livello europeo (e ponendo quindi come condizione preliminare il completamento dell’unità politica dell’Europa). A questo dibattito si af#iancano, per chiarire i concetti a chi di economia ne mastica poca, le teorie classiche di Fisher, Keynes, Friedman e Minsky. Ne risulta uno strumento analitico ed articolato che permette al lettore di conoscere il dibattito economico sia empirico sia scienti#ico e di confrontarlo con quello ideologizzato cui si assiste sui giornali e nelle televisioni italiane oggi.
5_
domino” che in particolar modo potreb-‐ be investire la vicina Spagna, le cui ban-‐ che detengono circa un terzo del debito portoghese. E i governi europei, per cer-‐ care di prevenire il temuto effetto conta-‐ gio in tutta l’area dell’euro, stanno ten-‐ tando di promuovere, con grande dif#i-‐ coltà e incertezza, un pacchetto di misu-‐ re e regole di lungo periodo non solo per bloccare l’attacco dei mercati, e preser-‐ vare la stabilità dell’euro, ma soprattutto per costringere gli Stati af#litti dal pro-‐
blema del debito al rispetto di un nuovo “Patto di stabilità e competitività”. Anco-‐
I governi nazionali si limitano ad affrontare i sintomi della crisi e non le cause ra una volta, però, almeno per quanto riguarda le decisioni #inora rese note, i governi nazionali si limitano ad affronta-‐
re i sintomi della crisi e non le sue cause; il problema di un piano europeo per la crescita e quello delle risorse economi-‐ che, ma soprattutto delle competenze politiche necessarie a questo scopo sem-‐ bra infatti ormai sparito dal dibattito. In ogni caso, i mercati #inanziari non so-‐ no interessati alle future regole per il coordinamento delle politiche all’interno dell’eurozona e sottolineano la necessità di conoscere la modalità con la quale s’intende affrontare l’attuale sovrappo-‐ sizione dei debiti. La debolezza del si-‐ stema #inanziario europeo è infatti dovu-‐ ta proprio all’alto grado di interconnes-‐ sione reciproca che esiste ormai in Eu-‐ ropa, tipico delle aree a moneta unica, e che implica che la fragilità in un qualsiasi punto dell’area si riversi sull’intero si-‐ stema. Il grande problema dell’eurozona è dun-‐ que evidente: essa non ha un organo comune atto a stabilizzare le risorse #i-‐ scali necessarie per il sistema nel suo insieme. Le risorse restano parcellizzate a livello nazionale, e i governi le utilizza-‐ no in base ai propri interessi; ma in una regione a moneta unica questo tipo di comportamento diventa insostenibile, perché gli interessi sono in realtà comu-‐ ni e implicano anche la necessità di or-‐ ganizzare forme automatiche di solida-‐ rietà (come dimostra il fatto che il falli-‐ mento di uno Stato si ri#lette su tutti gli altri) Al contrario di ciò che crede l’Unione europea, moneta unica, interes-‐ se unico. Per questo l’euro potrà soprav-‐ vivere solo se gli europei capiranno di essere una comunità di destino che potrà funzionare solo se si trasformerà in un’unione politica, e capiranno di dover creare una vera Federazione europea. Maria Vittoria Lochi
Claudio Magris (Premio per la Pace 2009) Le strade dell’integrazione e della pace “Dinanzi alle dimensioni mondiali di tante catastro#i, l’attuale debolezza e sconnessione dell’Europa appaiono doppiamente penose e colpevoli. Solo un’Europa realmente unita, un vero Stato -‐ naturalmente federale, de-‐ centrato -‐ potrebbe avere la capacità (e avrebbe il dovere) di affrontare problemi che non sono più nazionali. All’Europa spetta il grandioso e arduo compito di aprirsi alle nuove culture dei nuovi paesi europei prove-‐ nienti da tutto il mondo, che vengono ad arricchirla con le loro diversità. Si tratterà di mettere in discussione noi stessi e di aprirsi al massimo dialogo possibile con altri sistemi di valori, ma tracciando le frontiere di un minimo ma preciso quantum di valori non più negoziabili, da considerare acquisiti per sempre e da rispettare come assoluti che non vengono più messi in discussione. Pochi ma netti valori, come ad esempio l’uguaglianza di diritti fra tutti i cittadini a prescindere da ogni differenza di sesso, di religione o di etnia. Ma #inché l’Europa sarà ancora un’Azione parallela, la nostra realtà, come quella musiliana, sarà campata in aria”
6
La crisi europea del debito e l’Italia La globalizzazione ha uni#icato il mondo nelle crisi, ma non negli stru-‐ menti per superarle. Se nel 2007 la crisi è partita dagli Stati Uniti, gli ef-‐ fetti più gravi si sono avuti in Europa, dove i debiti pubblici sono schizzati alle stelle (con un aumento medio del 15%, un tasso molto superiore a quello americano). Le conseguenze della crisi sono state in parte masche-‐ rate dallo Stato sociale, che è una conquista storica delle democrazie europee e che protegge almeno par-‐ zialmente i cittadini; ma ciò non to-‐ glie che essa abbia inciso profonda-‐ mente nella situazione economica e sociale dei diversi paesi e che abbia contribuito anche ad accrescere le incertezze sullo stesso futuro del wel-‐ fare. In questo momento il rapporto del debito sul PIL in Europa vede in par-‐ ticolare la Grecia con una proporzio-‐ ne del 127% (detenuto per due terzi da investitori esteri); inoltre i debiti di Portogallo, Irlanda e Spagna sono raddoppiati in quattro anni. L'inter-‐ connessione dei debiti pubblici dei maggiori Stati europei comporta inol-‐ tre un rischio fortissimo anche per gli altri paesi dell’Unione europea: come il 21,6% di quello spagnolo, il 16,4% di evidenziava infatti un gra#ico pubblicato quello portoghese ed in#ine il 13,6% di dal New York Times ancora un anno fa (il quello italiano. Un eventuale default di 1° maggio 2010), ad esempio la Francia uno dei paesi a maggior rischio avrebbe detiene il 31,7% del debito pubblico gre-‐ quindi un effetto a catena anche sui paesi co, il 6,9% di creditori. quello irlande-‐ E l’Italia, in che se, il 20% di Il default di uno dei paesi a mag- situazione si trova? gior rischio avrebbe un effetto a Il nostro paese ha quello spagno-‐ lo, il 15,7% di un debito pubblico catena anche sui paesi creditori quello porto-‐ che ammonta a g h e s e e i l circa il 118% del 36,5% di quello italiano. Oppure la Ger-‐ PIL, e che nel 2014 arriverà attorno al mania possiede il 19,1% del debito pub-‐ 128,5% secondo le previsioni dell’UE, blico greco, il 21,22% di quello irlandese, mentre per il FMI arriverà addirittura al
132,5%. Il tasso di interesse medio dei titoli di Stato italiani è il più eleva-‐ to in Europa (in media il 3,9%, contro il 2,8% della Francia). A ciò si aggiun-‐ ga che la produttività in Italia è estremamente bassa, la peggiore in Europa (l’indice di produttività in volume per abitante è di 0,1% contro il 2,4% degli USA e una media mon-‐ diale del 2%); mentre la crescita è estremamente bassa e le previsioni non raggiungono il 2% nei prossimi anni, a fronte di un calo della produ-‐ zione che nelle fasi più acute della crisi è arrivata al 5% e con una disoc-‐ cupazione che ha raggiunto il 7,7%. Ci vorrà quindi molto tempo all’Italia per tornare ai livelli di produzione precedenti alla crisi, mentre il debito continuerà a crescere, sia per effetto delle minori entrate #iscali sia del-‐ l’aumento della spesa pubblica legata al welfare che interviene a garantire le fasce più deboli dalle conseguenze della crisi (basti pensare che la spesa è cresciuta dal 41% del 2005 al 52,5% del 2010). In tutto questo è dif#icile pensare che si potranno al-‐ meno abbassare i tassi di interesse. Il 70% del debito italiano è infatti in mano a creditori stranieri, e questa con-‐ dizione genera un tipico effetto di rialzo dei tassi, per ragioni ovvie, legate al gioco del mercato che pretende alte remunera-‐ zioni in cambio di un investimento ri-‐ schioso. In particolare Francia e Germa-‐ nia detengono insieme il 50,1% del debi-‐ to del nostro paese, e una porzione con-‐ sistente è distribuita anche tra gli altri partner dell’Eurogruppo. Anche il problema italiano ha quindi pe-‐ santi risvolti europei. In particolare, viste le dimensioni del paese, è dif#icile pensa-‐ re che con gli strumenti attuali gli altri Stati membri dell’UE sarebbero in grado
Paul Krugman (Premio Nobel per l’economia 2008) Un continente alla deriva “L’Europa è più di altri un continente alla deriva. La situazione dell’Europa mi preoccupa più di quella americana. E’ vero che gli ammortizzatori sociali stanno mitigando gli effetti della crisi. Il grosso problema è la debolezza eu-‐ ropea nel rispondere alla crisi. Dal punto di vista #iscale, se è poco quello che sta facendo Obama, è niente quello che sta facendo l’Europa. Le differenze di politica monetaria sono evidenti. La Banca Centrale Europea non ha una vera politica monetaria, si limita ad abbassare i tassi. Deve rispondere a 16 paesi diversi, spesso in contrasto tra loro. L’unico vantaggio europeo è il suo welfare. Qual è il grosso problema europeo? L’assenza di leadership. C’è una moneta senza governo, senza istituzioni. Non c’è un’unica politica #iscale, né economica. L’Europa può ancora smentire gli scettici, ma solo se i suoi politici dimostreranno una forte leadership, ma lo vorranno?”
7_
di intervenire in modo ef#icace. Il salva-‐ taggio in extremis della Grecia, che è un paese con un PIL di circa un sesto rispet-‐ to a quello italiano, è costato più di cento miliardi, sborsati con grande fatica, poli-‐ tica ed economica, dagli altri partner del-‐ l’Eurozona. Dopo la Grecia sono venuti l’Irlanda e il Portogallo, mentre la Spagna sembra in bilico e la Grecia naviga ancora in pessime acque. La Germania non sem-‐ bra disposta a pagare ancora: la ricetta di Angela Merkel è di stringere la cinghia per far rientrare i debiti pubblici, aumen-‐ tando le imposte e facendo riforme strut-‐ turali del welfare per abbassare la spesa pubblica. Ma a questo punto il problema politico che si pone è: i governi troveran-‐ no il consenso per promuovere scelte draconiane di rigore, in una fase di cre-‐ scita lenta che rischia di essere ulterior-‐ mente bloccata da politiche di austerità? Non rischiano di saltare la coesione so-‐
bili (20%) e la riduzione dei consumi di energia (20%). Ma come sarà possibile raggiun-‐ gere questi obiettivi che ne-‐ cessitano di massicci investi-‐ menti per la riconversione ecologica dell’economia (che pure è una condizione indi-‐ spensabile per la competitività e la crescita nei prossimi de-‐ cenni) a fronte della totale mancanza di risorse? E un di-‐ scorso analogo vale in ogni settore, ad incominciare dagli investimenti in ricerca e svi-‐ luppo. Il problema, allora, è quello di fare un salto di qualità a livello europeo e di smettere di pen-‐ sare che si possa uscire dalla crisi con politiche nazionali e senza solidarietà reciproca. Lo stesso problema del debito, in un quadro europeo, divente-‐ rebbe molto meno urgente, perché la #iducia che i mercati non sono disposti a dare ai singoli paesi verrebbe invece data automaticamente a fronte di ciale e la stabilità sociale? Basti pensare un debito europeo, così come avviene per alle previsioni che fanno sia il FMI sia gli USA. Ma per fare tutto ciò serve la vo-‐ l’UE: nel 2014 il debito pubblico dell’Ita-‐ lontà politica per arrivare alla creazione lia si aggirerà tra il 128,5% del PIL (fonte di uno Stato federale UE) e il 132,2% (fonte europeo, a partire FMI); la Francia si at-‐ dall’iniziativa di un testerà sul 96,3% (UE), Il problema è fare un salto di qualità a livello euprimo nucleo di paesi il Regno Unito attorno d e l l ’ E u r o g r u p p o , al 99,7% (UE), il Belgio ropeo e smettere di penFrancia e Germania in all’111,1% (FMI) e la sare che si possa uscire primis. Se questa vo-‐ G r e c i a a l 1 3 3 , 7 % dalla crisi con politiche lontà politica non si (FMI). Stanti i trend nazionali manifesterà, la stessa attuali, nel 2020 il Re-‐ sopravvivenza del-‐ gno Unito avrà un l’euro e dell’Unione europea sono a ri-‐ 200% mentre Francia, Italia, Grecia, Ir-‐ schio. Tutti dovrebbero ri#letterci, inclu-‐ landa si aggireranno intorno al 150%. Il sa la Germania, che dif#icilmente potreb-‐ 2020 è anche l'anno in cui dovrebbero be sopravvivere alle conseguenze del raccogliersi i risultati della direttiva 20-‐ fallimento dei suoi debitori e partner 20-‐20 dell'UE, che avrebbe piani#icato commerciali. per quella data una riduzione delle emis-‐ sioni di gas serra (20%), l'aumento di Nelson Belloni energia proveniente dalle fonti rinnova-‐
Publius - Per un’alternativa europea Numero 8 - Maggio-Settembre 2011
publius-unipv.blogspot.com Via Villa Glori, 8 Pavia - Tel: 3318443023 - E-mail: publius.pv@gmail.com Direttore responsabile: Laura Filippi Redazione: Nelson Belloni, Federico Butti, Martina Cattaneo, Laura Filippi, Giacomo Ganzu, Gianmaria Giannini, Luca Lionello, Maria Vittoria Lochi, Gabriele Mascherpa, Laura Massocchi, Davide Negri, Matilde Oppizzi, Carlo Maria Palermo, Giulia Spiaggi. Stampato presso: Tipografia P.I.M.E Editrice S.r.l Puoi trovare Publius, oltre ai vari angoli dell’Università, anche presso: bar interno facoltà di Ingegneria, bar facoltà di Economia, mensa Cravino, sala studio San Tommaso, bacheca A.C.E.R.S.A.T cortile delle statue. Periodico trimestrale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazioni, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani. Registrazione n. 705 del Registro della Stampa Periodica - Autorizzazione del tribunale di Pavia del 19 Maggio 2009
8
Iniziativa realizzata con il contributo della Commissione A.C.E.R.S.A.T dell’Università di Pavia nell’ambito del programma per la promozione delle attività culturali e ricreative degli studenti. Distribuito con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic