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DEUT

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HOFMANN ORCHESTRA

HOFMANN ORCHESTRA

Dopo quattro anni di scrittura, tra passi indietro e in avanti arriva il primo album dell’artista, “From the other Hemisphere”

Ci vuoi raccontare la tua avventura musicale fino a qui? Posso dire che è iniziato tanti anni fa quando ho cominciato a suonare e scrivere i miei primi brani, perché sin da subito ho provato il desiderio (e poi la volontà) di non abbandonare questa via. Negli anni ho cercato di trovare una mia dimensione dopo esperienze musicali di ogni tipo, soprattutto in gruppo. Dal 2019 con l’ep A running start ho dato forma a questa volontà in solitaria, mostrando un piccolo mondo sonoro fatto di intimità e gioco creativo. Ho sempre tenuto tanti progetti nel cassetto ma in questi anni non avevo più spazi utili e ho sentito la necessità di pubblicare alcuni brani per portare a termine un percorso, renderlo tangibile e poterlo comunicare.

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Il nuovo lp completa e allarga il primo ep, ma si arricchisce anche di quattro anni di esperienza: che cosa sei riuscito a focalizzare meglio in questi anni?

Il focus principale è stato esorcizzare il periodo storico, come una terapia, provando a non scadere in banalità e prosaicismo. Ho cercato di potenziare la spontaneità, valorizzando la sua freschezza e la sua immaturità, come forze caratteristiche. Provando a non riempire i brani di tantissimi strati di suoni e a pulire ciò che non è fondamentale ho cercato di rendere chiaro il messaggio iniziale.

Ci spieghi qualcosa a proposito dei collaboratori che hai coinvolto?

Questo lavoro di limatura sono riuscito a farlo grazie a David Campanini, che ha prodotto con me entrambi i lavori, da solo sarebbe stato impossibile. Credo che accogliere punti di vista, professionalità e sentimenti diversi e talvolta opposti riesca a dare ricchezza al lavoro finito ed è anche per questo che ho cercato di introdurre altre mani in questo lp: Alessandro Messina (chitarre e basso), Emiliano Meloni (chitarre), Sofia Bianchi (contrabbasso).

Il risultato finale ha questa forma grazie a tutti loro.

Qual è il brano di cui il disco non potrebbe in nessun modo fare a meno?

Replace the sun: il brano-pausa. Quello che sterza e accosta, facendoti riposare le orecchie. Che sprona il pensiero, che lascia respiro. Come uno spazio vuoto ma necessario per continuare ad abi- tare l’ascolto.

Che cosa hai in progetto per il 2023?

Tanti cambiamenti, tutto intorno a noi sta cambiando e sento la necessità, come molti, di agire. Di sicuro vorrei regalarmi più tempo per la ricerca musicale e suonare dal vivo il più possibile, per non rimanere nei cassetti con tutti gli altri progetti.

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