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STARVING PETS

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DEUT

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Anticipato dai singoli “Bag full of Leaves” e “Indoors“, “No Shake, No Feels” ecco il debut album del nuovo progetto solista di Andrea Sassano

Ci racconti come nasce e che cosa rappresenta Starving Pets?

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Starving Pets nasce nel lontano 2006. Avevo appena iniziato a suonare con Farmer Sea, che sono stata la mia famiglia musicale per più di dieci anni. In un weekend in cui ero a casa da solo ho registrato quattro o cinque canzoni, facendo sovraincisioni molto primordiali e lasciando tutto in modalità molto (forse troppo) lo-fi. Starving Pets ha sempre rappresentato uno spazio in cui potermi esprimere come volevo senza troppe mediazioni. Essere in una band a volte significa scendere a dei compromessi o a smussare angoli e aspettative di ciascuno. Un progetto sostanzialmente solista mi ha dato la possibilità di guidare questa imbarcazione da solo. E non sempre è stato facile, soprattutto in vista dell’uscita dell’album.

Tolta batteria e produzione, hai fatto tutto da solo in questo disco. Quali le motivazioni?

A parte la produzione di Manuel Volpe e le batterie suonate da Francesco Alloa, il resto l’ho scritto e suonato tutto io. Forse qualche synth è stato fatto a quattro mani in studio, ma sono dettagli: l’importante è il risultato finale. Come dicevo prima, avere la libertà e la carta bianca di gestire tutto in totale autonomia è una cosa che volevo fare da tempo. E’ bello ma allo stesso tempo spaventoso perché le responsabilità sono tutte sulle tue spalle.

Da che tipo di idee e progetti nasce l’album?

Gli anni dal 2019 al 2021 sono stati anni complicati. Sotto diversi aspetti, personali, non solo globali. Diciamo che quel mo- mento di pausa è servito per chiarirmi le idee e soprattutto avere più tempo da dedicare alla scrittura e a registrare delle demo che poi hanno costituito l’ossatura del disco. Non c’è un tema conduttore specifico. Forse per una volta sono riuscito ad avvicinarmi a un tipo di scrittura più universale. Spero che chi ascolterà il disco riesca a immedesimarsi o riconoscersi in qualcosa, in qualche frase. O semplicemente lasciarsi trasportare dalla musica.

Riferimenti musicali e anche le tue aperture di concerti sono tutte rivolte ad artisti esteri. Che cosa salvi, se salvi qualcosa, della musica italiana?

Sì quei pochi concerti che ho fatto in acustico da solo sono stati prima di cantautori stranieri. E’ stato bello misurarsi con loro. Ho dei bei ricordi di quelle date, ma nei live che sto preparando per questo disco la chitarra acustica è bandita. Dai primi anni coi Farmer Sea a oggi, ho riallacciato i rapporti con un po’ di musica italiana.

All’inizio degli anni 2000 ero innamorato di tutta la scena che ruotava intorno alla Homesleep. Alcuni dischi che ho apprezzato negli ultimi anni: l’ultimo lavoro di Iosonouncane, l’ultimo dei Verdena e un sacco di band/progetti più underground. Faccio alcuni nomi tipo Paolo Spaccamonti, Stefano Pilia, Indianizer, i Bennett.

Che cosa si riserva per il progetto Starving Pets il prossimo futuro?

Insieme a Frank e ad altri musicisti amici stiamo iniziando a provare il live che non è affatto semplice. A volte penso di essermi lasciato prendere la mano con le sovraincisioni o le stratificazioni, ma abbiamo l’obiettivo di portare in giro un live ben definito. Contemporaneamente sto preparando un live in solitaria che può tornare utile per i posti più piccoli. Poi mi piacerebbe scrivere delle cose nuove e anche lavorare a qualche progetto extra, che non contempli la forma canzone classica. Qualche sonorizzazione o qualche deviazione ambient. E’ un mondo che mi affascina da sempre.

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