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UNDERDOG

Si intitola “Underdog vs. Underdog” il nuovo lavoro della band, che ha cambiato pelle e formazione ma non ha perso il gusto per le sfide

Prima domanda ovvia: perché più di dieci anni di attesa dopo l’ultimo disco?

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Perchè per vicissitudini varie i sette membri storici che avevano prodotto i due dischi hanno preso strade differenti, non è facile sopportare la vita di una band underground fatta di furgoni, live, spostamenti lunghi, gioie e dolori.

Proprio mentre iniziavano le richieste di live all’estero, quindi più impegnative. Io e la cantante

Basia ci siamo guardati e abbiamo deciso di tornare a quella che era l’idea iniziale del progetto: un gruppo aperto a molte collaborazioni dove musicisti di diversa estrazione entravano e uscivano in base al periodo, al tipo di tour. Volevamo mettere su disco quella che era ormai la nuova musica degli Underdog, una metamorfosi creata tra un live e l’altro collaborando e andando in tour con diversi musicisti. Mai turnisti però, abbiamo sempre voluto un pro- getto suonato d’insieme, che ci ha dato la possibilità di avere sempre nuovi stimoli portati da chi in un determinato periodo faceva parte a tutti gli effetti della band. Ci abbiamo messo molti anni perchè in verità abbiamo sempre dato priorità all’aspetto live, abbiamo portato questi brano nuovi in lungo e largo ma non li registravamo,soffriamo se ci fermiamo in studio. Mi spiegate il titolo e che tipo di idee stanno alla base di Underdog vs. Underdog?

Questo disco incorpora due formazioni differenti. Nei vari cambi di line up di questi anni abbiamo avuto la fortuna di condividere il palco e di registrare nuove idee con musicisti che hanno contribuito molto alla ricerca musicale di questi dieci anni, volevamo immortalare le due formazioni più prolifiche e con cui abbiamo legato di più, una è quella attuale. Il titolo rievoca il contrasto nell’approccio e nella scrittura, nella scelta degli strumenti utilizzati. Una formazione ha il pianoforte che si occupa delle armonie, l’altra è più caratterizzata dalla chitarra e dall’elettronica, abbiamo osato, in quest’ultima, anche l’utilizzo della lingua italiana. Altro fattore importante è dato dalla sensazione che avevamo di distaccarci dai nostri lavori precedenti, quasi a rinnegare quello che avevamo sin qui fatto, c’è stata una crescita personale e musicale, forse abbiamo perso la goliardia della band liceale giovane di sette elementi e siamo diventati più riflessivi, più intimi. Volevamo prendere la sfida di fare un terzo disco differente dai primi due che sono stati il nostro marchio stilistico per molti anni, provare ad andare oltre.

Vorrei che approfondiste concetti e ispirazioni di Mare Mostrum

Il testo di Mare Mostrum l’ho scritto di getto dopo la mia prima missione di soccorso nel Mediterraneo (sono un operatore umanitario). Mi ha fatto schifo la banalità del male e la (diffusa) stupidità dell’uomo. Con gli Underdog poi ne abbiamo fatto un brano che mettesse in contrasto i selfie fatti sulla spiaggia con la catastrofe umana che si consumava, e si consuma anche oggi, a pochi chilometri dalle nostre coste. Come una telecamera dall’alto che inquadra una donna distesa sulla spiaggia a prendere il sole, concentrata sulla sua abbronzatura, le persone felici, poi la telecamera continua il suo volo e si addentra nel mare fino a raggiungere un uomo che affoga nel mare, in silenzio, a pochi chilometri da noi e dai nostri piccoli problemi borghesi. Ho lasciato la mia parte in italiano, io odio “cantare” in italiano, ma il messaggio, stavolta, doveva essere chiaro e diretto. Avete una notevole esperienza live: c’è in progetto un tour a sostegno di questo disco?

Presenteremo il disco il 22 giugno a Roma nella bellissima location del Casilino Sky Park del Fusolab, da lì inizieremo con l’attività live concentrata principalmente da settembre in poi. Non vediamo l’ora di ricominciare.

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