Quaderni della Ginestra 2013/3

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REDAZIONE Direttore: Anna Maria Ricucci. Vicedirettore: Corrado Piroddi. Figure dell’individualismo: Ferruccio Andolfi, Elisa Bertolini, Simona Bertolini, Simona Del Bono, Donatella Gorreta, Nausicaa Milani, Giacomo Miranda. Meditazioni filosofiche:Marco Anzalone, Elisa Bertolini, Valeria Bizzari (coordinatrice), Anna Pagliarini, Lavinia Pesci, Martino Pesenti Gritti, Alberto Siclari, Timothy Tambassi, Roberto Venturini. Cinema e filosofia: Marco Bigatti, Roberto Escobar, Pietro Parmeggiani, Federica Gregoratto, Corrado Piroddi (coordinatore). Libri in discussione: Mara Fornari, Mirella Lucchini, Timothy Tambassi (coordinatore). Esperienze didattiche: Teresa Paciariello (coordinatrice), Marina Savi, Chiara Tortora. Letteratura e filosofia: Margherita Aiassa, Alessandro Bonanini, Antonio Freddi (coordinatore), Carlo Guareschi, Italo Testa. Promozione: Marco Anzalone, Carlo Guareschi, Mirella Lucchini, Martino Pesenti Gritti, Anna Maria Ricucci. Ricerca immagini, composizione, grafica e web: Margherita Aiassa, Marco Anzalone, Elisa Bertolini, Valeria Bizzari, Alessandro Bonanini, Pietro Parmeggiani, Corrado Piroddi, Anna Maria Ricucci, Roberto Venturini. Direttore responsabile: Ferruccio Andolfi.


SOMMARIO

Figure dell’individualismo................................................................................................................................................p. 6 Le tre missioni di Nietzsche di Sossio Giametta....................................................................................................................... ............p. 7

Meditazioni filosofiche..................................................................................................................................................p. 24 Orizzonti del desiderio. Agostino e Spinoza di Livio Rabboni...............................................................................................................p. 25 In difesa di un «neokantismo» ontologico di Timothy Tambassi............................................................................................................p. 29

Cinema e filosofia............................................................................................................................................................p. 32 “Holy Motors” di Leos Carax di Corrado Piroddi..............................................................................................................................p. 33 La rivoluzione incomincia in camera da letto? Il «discorso sulla famiglia» nella trilogia di Bernardo Bertolucci di Federica Gregoratto.............p. 38


Letteratura e filosofia...................................................................................................................................................p. 44 Il franco cacciatore di Elisa Zimarri.......................................................................................................................................................p. 45 Non metterti contro te stesso: l’egemonia del caso nell’ultimo Roth di Livio Rabboni...............................................................................p. 50

Didattica e filosofia......................................................................................................................................................p. 54 Isaiah Berlin: due concetti di libertà di Emanuela Giuffredi.................................................................................................................p. 55

Libri in discussione....................................................................................................................................................p. 62 La dicotomia amico-nemico come categoria fondamentale dell’agire politico di Timothy Tambassi...........................................................p. 63 Ripartire dalla collaborazione di Mirella Lucchini.................................................................................................................................p. 65


Il progetto fotografico Album del paesaggio. Dal paesaggio rurale all'urbanizzazione del XX secolo, fatti e misfatti nasce dall'esigenza di documentare l'espansione delle strutture urbane, pubbliche e private, a scapito del paesaggio rurale, immutato fino agli anni 50. Semplicemente camminando all'interno delle realtà urbane o percorrendo l'attuale limes che divide in modo frastagliato e disomogeneo campagna e città si percepiscono tanto i cambiamenti in atto quantoquelli già definitivi. Ideato e realizzato nell’arco di tre anni a partire dal 2011 dagli studenti delle classi del trienniofinale dell’Istituto Tecnico per Geometri – Tecnici dell’Ambiente e del Territorio – “C. Rondani” diParma, coordinati dai docenti Tanzi Antonio e Randi Silvia, questo progetto ha offerto numerosispunti di riflessione: la scomparsa della società rurale così come di quella frutto della primaindustrializzazione, anch’essa ormai in declino, la perdita di identità dei territori sia rurali sia urbani, la corrispondenza tra assetto urbanistico e assetto sociale, il consumo di suolo, fagocitato spesso da un’idea di città meramente opportunistica e divoratrice di risorse, le solitudini delle nuove periferie.




Figure dell’individualismo

LE TRE MISSIONI DI NIETZSCHE

verità costante, o universale, e perciò suscettibile di essere stabilita una volta per tutte. Al contempo, Giametta mostra di rinunciare a qualsiasi forma di rassegnazione

Quando il 13 maggio 2013 Sossio Giametta tenne a Parma la Conferenza di cui

nella comprensione di un pensiero che eroicamente tende alla visione del caos

qui viene riportato il testo integrale per espresso consenso del Relatore, e dopo sua

universale. Fedeli alle fonti ma spregiudicate nel mettere a fuoco tanto i pregiudizi

revisione, i presenti non ebbero dubbi sulla portata eccezionale dell’evento. Non si

degli interpreti quanto i punti controversi presenti nell’autore stesso, ‘Le tre missioni

trattò soltanto dell’esposizione, limpida e filologicamente rigorosa, dei risultati di una

di Nietzsche’ possono ben fungere da breve ma significativa introduzione alla

lunga frequentazione dei testi nietzschiani iniziata ai tempi dell’edizione critica, ad

riflessione di un pensatore inattuale che, filtrando e subendo le tendenze del suo

opera di Giorgio Colli e Mazzino Montinari, e protrattasi per cinquant’anni; si

tempo, si rivelò più che mai attuale, più che mai calato in quella crisi dalla triplice

assistette anche al riscatto di un destino che Nietzsche aveva quasi profetato per sé.

forma – filosofica, di civiltà, religiosa – che avrebbe trascinato l’Occidente nella

«I lettori peggiori», scrisse il moralista di Röcken in Opinioni e sentenze

tragedia del suo tramonto.

diverse, prima parte del secondo volume di Umano, troppo umano, «sono quelli che si comportano come soldati che saccheggiano: arraffano certe cose di cui possono avere bisogno, insudiciano e gettano per aria il resto e bestemmiano su tutto» (Af. 137). In retrospettiva, i toni di questa invettiva cedono presto il posto all’amara constatazione, denunciata e demistificata da Giametta, che proprio in questa sorte incorsero gli scritti del ‘bue squartato’, dilaniato dai critici o addirittura ‘bestemmiato’, quasi nella sua scrittura aforistica non fosse neppure necessario rinvenire una posizione unificante e, di conseguenza, un criterio interpretativo ad essa adeguato. Il Nietzsche di Giametta appare sottratto al saccheggio ma non per questo attenuato e, di fatto, reso impropriamente duttile ai requisiti di una ricostruzione sistematica. È altresì coerente, questo Nietzsche, con la negazione che vi sia alcuna

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GIACOMO MIRANDA


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T

re sono le missioni di Nietzsche che mi appresto a illustrare. La

sono avvertiti da un intellettuale della levatura di Bobbio, quale può

prima è la distruzione della filosofia concettuale o sistematica; la

esserne la ragione?

seconda, la trasfigurazione della crisi dell’Occidente, il tramonto dell’Occidente; la terza, la fondazione della religione laica.

Essa dipende sia dagli interpreti sia dai contenuti del pensiero di Nietzsche. Anzitutto, per quanto riguarda gli interpreti, ho coniato l’immagine del ‘bue squartato’, e così ho intitolato un mio libro (Il bue

«Ho letto come sempre con piacere il Suo saggio sul Crepuscolo degli

squartato e altri macelli, Mursia, Milano 2012). Nietzsche è il ‘bue

idoli di Nietzsche. La Sua scrittura chiara ed efficace mi aiuta, come

squartato’ dal quale ogni interprete si è ritagliato una ‘bistecca’, se l’è

sempre, a capire. Ma, una volta che ho capito, il pensiero complessivo di

cucinata a modo suo e ha offerto qualcosa di sostanzioso ma al prezzo

Nietzsche mi sfugge. Mi appassiona, mi avvince, ma alla fine mi

di trascurare tutto il resto, che è il più, ossia la totalità da cui sono state

sfugge».

tratte le parti. L’insieme delle ‘bistecche’ non restituisce il bue, soprattutto non il bue vivo che pascola nei campi della sua epoca.

Così mi scrisse, il 30 aprile del 1997, Norberto Bobbio, divenuto poi

Nietzsche, inoltre, è stato strumentalizzato in nome delle tendenze

mio amico. Questa difficoltà di comprendere Nietzsche è talmente

attualizzanti di quei critici che se ne servono per far valere le loro tesi.

diffusa che il noto cantante pop ‘Zucchero’ Fornaciari l’ha espressa in

Una ricerca improntata alla storia dello spirito europeo che si prefigga di

una canzone, ripetendo ossessivamente: «Nietzsche, che dice? Boh,

comprendere Nietzsche come fenomeno globale e, in particolare, come

boh!». È tuttavia strano che ciò accada con Nietzsche, che scrive in

manifestazione dipendente dalla storia, e quindi dalla crisi che in essa si

modo chiaro, cristallino, e non con filosofi certamente più oscuri nella

produsse nella seconda metà del XIX secolo, è finora mancata. Degno

loro espressione come Heidegger, Hegel, Schleiermacher, i quali

di nota è, al contempo, il fatto che tutte le interpretazioni si siano

meriterebbero a maggior ragione canzoni di questo tipo. Per loro non

rivelate finora differenti e siano approdate alle conclusioni più disparate.

sussistono lo stesso desiderio e difficoltà di comprensione che, invece,

Ciò è naturale perché il senso della parte dipende dal senso del tutto:

valgono per Nietzsche: ma se un simile desiderio e una simile difficoltà

finché non si esplora il senso del tutto, il senso della parte parlerà più

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Figure dell’individualismo

dell’interprete che dell’interpretato. In secondo luogo, per quanto concerne il contenuto, esso è molto ricco e variegato. È una matassa così aggrovigliata da disorientare gli

ambiente e in quello delle correnti spirituali che risalgono fino ai primordi dell’antichità classica, è impresa che fuoriesce dai canoni interpretativi nor mali» 3.

interpreti, le cui reazioni si dividono tra il predetto squartamento e la rinuncia al tentativo stesso di afferrare il senso dell’avènement

Ma nonostante questi pareri di esperti tanto autorevoli, bisogna

nietzschiano. Scrive per esempio Rüdiger Safranski: «Di Nietzsche non

osservare che la critica non può dichiarare forfait solo perché

si può venire a capo. Neanche lui è venuto a capo di se stesso» 1. Si

un’interpretazione si presenta, a prima o anche a seconda vista,

tratterebbe, dunque, di un enigma aperto, insoluto, secondo un’opinione invalsa anche presso altri importanti studiosi. Secondo Karl Jaspers,

inaccessibile, ovvero più complessa e difficile di altre. In linea di massima l’interpretazione degli autori dipende molto, forse più che

«Nietzsche è inesauribile. Non rappresenta un problema che possa

dall’ingegno, dalla metabolizzazione del pensiero di un autore. Siffatta

essere risolto nella sua interezza». Di questa idea si è appropriato

operazione, peraltro, richiede molto tempo affinché la ‘digestione’ sia

Gottfried Benn, aggiungendo: «Con criteri europei moderni in realtà

completa, dopodiché soltanto i ‘succhi’ puri che ne derivano possono

Nietzsche non può essere risolto, egli appartiene alle ‘Parole primordiali’

essere immessi nell’organismo. Al di fuori di ogni programma o

[Urworte]» 2. Mostra di arrendersi perfino il grande biografo di Nietzsche,

intenzione specifica, a me è capitato di frequentare Nietzsche per più di

Curt Paul Janz. Per lui Nietzsche

cinquant’anni, di tradurre tutte le sue opere, di tradurre inoltre quello che lui chiama il suo unico e grande maestro, Arthur Schopenhauer. Di

«ha lasciato un’opera che ci starà sempre davanti come uno stimolo,

ho

avuto

tempo

e

modo

di

metabolizzarlo

che nella sua molteplicità offre bensì varie possibilità di accesso e di

completamente. E solo alla fine, non prima, ho fatto, come mi sembra,

interpretazione, ma non potrà mai essere abbracciata nella sua totalità

la scoperta essenziale che riguarda la terza delle missioni di Nietzsche.

da un singolo osservatore, misurata da un singolo rielaboratore. Collocare Nietzsche nella sua epoca e nel fluire dei secoli, nel contesto del suo

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conseguenza,

Sempre in risposta a coloro che ritengono Nietzsche un enigma senza soluzione, un autore che sfugge all’analisi – ‘échappe à l’analyse’,


Quaderni della Ginestra

come disse un critico francese a proposito di Beethoven al termine di un concerto –, bisogna ammettere che né Nietzsche né Beethoven si elevano oltre i confini dell’umano. Il genio, non importa se filosofico o musicale, è una funzione dell’umanità e non viceversa, come credeva Nietzsche, convinto che l’esistenza degli individui fosse giustificata in rapporto alla nascita del genio medesimo. Era una distorsione della teoria formulata dal suo maestro, Schopenhauer, che aveva sperimentato con intimo travaglio la differenza tra il genio e l’umanità comune, ricavando così un racconto drammatico del divenire del suo genio a lungo non riconosciuto. Nietzsche ha dato del genio un altro significato. Secondo lui ciò che la natura chiede agli uomini è il genio e per lui tutti sono chiamati al sacrificio. A mio modesto avviso vale precisamente il contrario, poiché il genio esiste per servire l’umanità nei tempi di crisi. Per esempio Gesù Cristo, il genio più grande di tutti, nella fase storica in cui le civiltà antiche erano giunte alla sazietà, alla sterilità e all’impotenza, infiammò e provocò l’esplosione della catasta di valori esausti che si erano frattanto accumulati. Si levò, di conseguenza, la fiamma del Cristianesimo introducendo valori inediti (democratici) e dialetticamente contrari a quelli antichi (aristocratici), e proprio questa sua funzione storica dimostra l’umanità – geniale al sommo grado – e L’ULTIMA PROTEZIONE VIA PARADIGNA, PARMA

non la divinità di Cristo.

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Figure dell’individualismo

Un altro genio degno di menzione, Giulio Cesare, liberò il mondo

ipocrisia e illusione.

romano dalla strettoia in cui si era venuto a trovare dopo tante

In questo, precisamente, risiede la purezza fondamentale del

conquiste e ingrandimenti. Cesare originò quello che Augusto, dopo il

contributo di Nietzsche, percorso da una radicalità che è tipica dello

suo assassinio, avrebbe concepito come principato e poi come impero,

spirito tedesco. Egli riteneva di riconoscere la falsità all’odore: «Il mio

la sola forma istituzionale che nei secoli successivi sarebbe risultata

genio è nelle mie narici», sosteneva, e dunque non nell’intelletto. Ci

adeguata alla grandezza di Roma. In maniera analoga tutti gli altri geni

troviamo dinanzi ad un aspetto tutt’altro che marginale, poiché se da un

costituiscono il rimedio che l’umanità crea internamente a se stessa, in

lato il senso dell’opera nietzschiana è quello di una grande ricerca

armonia con la persuasione di Hölderlin che, laddove sorga il male,

morale, dall’altro – ed è il rovescio della medaglia – Nietzsche emerge

sorga anche il rimedio.

come moralista e non come filosofo in senso stretto. E ciò è tanto più

Sotto questo profilo la difficoltà di capire Nietzsche dipende, invero,

vero se si considera che, con sguardo acuto, il Nostro scorgeva la falsità

dalla difficoltà di capire la crisi che in lui si espresse e alla quale la sua

annidata in prevalenza nei sistemi filosofici, mémoirs personali e

riflessione offrì una risposta.

inconsapevoli degli autori che tendono ad occultare il caos dell’universo,

Per capire Nietzsche, tuttavia, cominciamo dall’uomo. Chi era

sovrapponendo all’esistenza un ordine morale.

Nietzsche? Era un uomo dall’animo nobile, allievo dei classici, per

Fondatamente Benedetto Croce riconosce il «nobilissimo intento

natura mansueto, affettuoso, accondiscendente e mite, ma assai

morale dell’opera sua» come «suo intimo impulso» 4. Pertanto, la lotta

insofferente nei confronti della falsità. Ora, è ben vero che molta falsità

contro ogni forma di falsità, nei sistemi filosofici e nei costumi, nelle

risulta mescolata alle cose umane, in particolare alle grandi religioni,

religioni, nelle morali, nelle istituzioni e nelle tradizioni, si rivela il nodo

morali, tradizioni, istituzioni, costumi etc. Per questo l’opera

cruciale cui rinviano tutte le sue manifestazioni. Quindi un criterio

nietzschiana, animata com’è da uno spirito audace e risoluto, provocò il

unitario per interpretare Nietzsche esiste, vi è una coerenza sotto le

più grande terremoto mai scatenato nel mondo dello spirito e fu più una

apparenti contraddizioni e merita, per questo, di essere bandita la tesi

reazione che un’azione. Reagì risoluta contro la falsità come menzogna,

della completa inaccessibilità. La coerenza non è di tipo concettuale,

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bensì morale: quello di Nietzsche, infatti, è una sorta di sistema morale

Bergson e altri, e costituiscono una categoria separata da quella dei

posto a fondamento del pensiero propriamente detto.

letterati. In Italia, per quarant’anni, si è discusso su Giacomo Leopardi

Ora, che cosa significa che Nietzsche fu un moralista e non un

per stabilire se fosse, o meno, un filosofo: Croce, insieme ad altri, lo

filosofo? Molti critici recalcitrano di fronte a questa tesi perché,

negò risolutamente, mentre la corrente in cui militava, ad esempio,

normalmente, pensatore e filosofo sono usati come sinonimi, ma, se si

Mario Rigoni Stern propendeva per la tesi contraria. Solo alla fine di

addiviene ad una considerazione rigorosa, le due cose sono diverse in

questa diatriba si pervenne a riconoscere in Leopardi un moralista: e di

quanto si fondano su basi differenti: la filosofia sulla logica e il

fatto Leopardi, oltre ad essere uno dei più grandi poeti, è il maggior

moralismo sull’esperienza, sull’acume morale in particolare. Ora,

moralista italiano, acuto scrutatore dell’uomo e del suo secolo.

Nietzsche nutriva una naturale avversione per le costruzioni concettuali,

Alcuni, ancora, fanno risiedere la distinzione tra filosofo e moralista

non credeva nella logica, che è fondata su cose uguali, all’interno di un

nell’affermazione di una personale Weltanschauung, e dicono che

mondo in cui non esistono cose uguali. Pertanto, se il Nostro profuse

Nietzsche fu filosofo in quanto assertore di una propria Weltanschauung.

tante energie per decostruire una filosofia di matrice logico-concettuale,

Ma la visione dionisiaca è più poesia che filosofia, e proprio la

ecco aprirsi la questione di cosa si debba intendere per ‘moralista’. Al

Weltanschauung manca a Nietzsche, come C.P. Janz esplicitamente

riguardo, riferiamoci alla Francia, patria dei più insigni moralisti come

dimostra. Sta di fatto che, se non si osserva la distinzione tra filosofi e

Montaigne, Pascal, La Rochefoucauld, Diderot, Vauvenargues etc.

moralisti, ci si preclude la comprensione di Nietzsche. Egli stesso, del

Questi non appartengono alla filosofia, bensì alla letteratura. Furono

resto, l’ha stabilita chiaramente nell’aforisma 5 di Opinioni e Sentenze

pensatori di straordinario rilievo, nessuno lo contesta, ma nell’ambito

diverse:

della letteratura, il che induce seriamente a riflettere sulla loro distanza dalla filosofia fondata sulla logica e su tutti i discettamenti, sulle deduzioni e sulle funzioni logico-concettuali. I veri e propri filosofi francesi sono Descartes, Malebranche,

«In tutti i tempi i filosofi si sono appropriati i detti di coloro che scrutano gli uomini (i moralisti) e li hanno corrotti, – proprio quando credevano di elevarsi in tal modo al di sopra di essi – col prenderli in

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Figure dell’individualismo

senso assoluto e col voler dimostrare come necessario ciò che dai

autoaffermativa che rende pensabile quello che non lo è, ovvero la

moralisti era inteso solo come indicazione approssimativa o addirittura

realtà, per esempio. La logica rende la realtà pensabile, ma essa di per sé

come verità di un decennio, particolare a un paese o a una città»5.

non è pensabile né afferrabile, sicché la pratica del raziocinio la ingabbia senza penetrarla. Idea già presente in Schopenhauer, per il quale, se

I moralisti parlano per massime e aforismi, i filosofi per ragionamenti

fosse stato possibile penetrare l’essenza di un frammento qualsiasi di

logici: già a partire da questa osservazione di metodo s’intuisce la

realtà, si sarebbe conquistata la comprensione del mondo, dell’intero

profondità del divario che intercorre tra loro. I filosofi privilegiano il

universo.

principio di ragione, di derivazione aristotelica, nelle sue tre forme di

Nietzsche consigliava la logica ai malati perché li aiutava a intravedere

identità, non contraddizione e terzo escluso: principio che, pur

un ordine nel mondo, cosa che avrebbe giovato alla loro salute. Tuttavia

concorrendo a dimostrare le proposizioni filosofiche, non dimostra se

è un dato irrefutabile che, nonostante mostri di screditare l’argomentare

stesso, perché ogni tentativo di autodimostrazione degenera in un

logico tradizionale, il Nostro abbia affidato il suo pensiero reattivo

regresso all’infinito. Il moralista, di contro, risulta saldamente ancorato

proprio a ragionamenti e a sequenze argomentative. Se le cose stanno

all’empiria, nel tempo e nello spazio.

così, di quale strumento poté avvalersi in alternativa alla logica filosofica

Nel saggio giovanile, secondo molti mai superato, Su verità e menzogna

in senso stretto? Nietzsche fece uso dell’introspezione e della psicologia,

in senso extramorale, Nietzsche nega la conoscenza, non ammette che

esaltata nell’aforisma 23 di Al di là del bene e del male come la disciplina

l’uomo possa conoscere la realtà nella sua vera essenza in quanto non si

che si occupa dei fondamentali e rispetto alla quale le altre hanno un

dà un ponte tra l’intelletto e la realtà. Tutto quello che pensiamo, incluse

ruolo ancillare.

sensazioni e immagini, rimane dentro di noi; lo riferiamo agli oggetti,

Le verità fatte emergere da Nietzsche, insomma, sono verità morali,

alla realtà, ma i concetti altro non sono che ‘rappresentazioni’, immagini,

riguardano la sfera pratica, non sono verità teoretiche all’infuori di una

finzioni convenzionalmente ritenute vere. Nietzsche non crede nei

che rappresenta un autentico filosofema: il nichilismo in quanto

concetti, non crede nella logica. Secondo lui la logica è una macchina

negazione della conoscenza e della morale. Ma al nichilismo, di nuovo,

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Quaderni della Ginestra

Nietzsche non approda per via logico-concettuale, bensì psicologica.

energia, fluidità che si rapprende in certe circostanze e forma gli atomi,

Nietzsche ‘psicologizza’ l’individuo, ricerca, esplora e scopre i motivi

le molecole, le cellule e aggregati sempre più complessi. La scienza è

personali, egoistici e fisiologici che spingono il singolo a compiere

arrivata, sebbene in ritardo, agli esiti prefigurati da Nietzsche, la cui

determinate affermazioni in campo spirituale o certe azioni in campo

volontà di potenza costituisce l’unica rilevazione universale in grado di

morale. Di qui segue la psicologizzazione dei gruppi umani, delle grandi

porsi a fondamento di ogni fenomeno. Lo scienziato, del resto, avverte

categorie, dei popoli, e, infine, di quel grande individuo che è l’umanità.

l’esigenza di una rete concettuale che renda ragione della varietà

Derivato di quest’indagine è l’identificazione della moralità con una

fenomenica, dimenticando che il fenomeno è in primo luogo un fatto

proiezione, con il sovrapporre all’universo caotico un ordine morale

cerebrale, inesauribile data la molteplicità delle sue manifestazioni: è una

interiore. In altri termini, la moralità eleva una barriera contro l’onda

struttura circolare in cui non si danno né un inizio né una fine che non

caotica e distruttiva dell’universo. Con la finzione di quest’ordine che

siano stati fissati, preliminarmente, in maniera arbitraria.

regnerebbe nel mondo si preservano, apparentemente, gli individui dal

Con questo ‘terremoto’ ad ampio raggio, Nietzsche ha distrutto la

caos, si crea in loro l’illusione di essere parti attive di un cosmo

filosofia contemporanea e operato quella che, a buon diritto, potremmo

ordinato; ma si tratta di una difesa effimera, poiché il caos universale

definire una rivoluzione copernicana: non è legittimo che l’uomo

pervade e travolge ogni forma di vita, compresa quella umana. Esso

interpreti la realtà, di cui pure è parte; egli può parlare solo di se stesso

ispira a Nietzsche una visione tragica dell’esistenza, la visione dionisiaca.

ma immerso in ciò che non è se stesso e da cui, nondimeno, dipende.

Per Nietzsche la realtà non è quella costituzione stabile delle cose che

Così la filosofia si trasforma in moralismo, e questa è la prima delle tre

spontaneamente supponiamo. Egli rigetta questa prospettiva in quanto

missioni di Nietzsche che corrispondono, in fondo, ai tre aspetti della

la realtà è inafferrabile, è una x. Da Copernico in poi, l’uomo rotola dal

crisi europea: crisi della filosofia, crisi della civiltà, crisi della religione.

centro, cioè da se stesso, verso una x, verso qualcosa che è altro da sé e

Sono tre versanti che negli scritti nietzschiani sembrano appartenere ad

in cui egli si trova immerso pur ignorandone l’essenza. Analogamente, la

un orizzonte atemporale e prendere nettamente le distanze dal contesto

scienza contemporanea nega i ‘mattoni’ della materia, concepisce solo

storico, ma in realtà agiscono proprio in funzione di quest’ultimo.

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Figure dell’individualismo

Nietzsche l’inattuale è il più attuale degli attuali. Nietzsche, il pensatore

se non sappiamo cosa sia la realtà, se non abbiamo nemmeno la

più indipendente dell’epoca, come lui si definiva scrivendo di sé, era il

possibilità di trovare una verità, quella che noi chiamiamo da sempre

più dipendente, la creatura più significativa della crisi.

verità in che cosa consiste? Risponde Nietzsche: è la forma di errore di

Il fatto che la realtà sia diventata una x comporta gravi conseguenze perché annulla la verità, essendo la verità ciò che corrisponde alla realtà:

cui una specie di esseri viventi necessita per vivere. Il quadro d’insieme si complica perché la verità diventa, a questo punto, un fatto utilitario e strumentale. Inconsapevolmente essa è ricercata, ma si tratta, altresì, di uno sforzo teso a ciò che consente agli uomini di sopravvivere. L’uomo, così configurato, non è che – spinozianamente – conatus suum esse servandi, un essere avido di vita che tende a conservare e a potenziare il suo essere. Ma se non esistono la realtà e la verità, e se la verità non è il criterio della filosofia, quale sarà mai il suo criterio? Come si distingue una buona da una cattiva filosofia? Nietzsche risponde: il criterio della buona filosofia è la sua utilità per i forti, perché nella vita è in atto una lotta perpetua tra i forti e i mediocri, e i secondi vincono avendo dalla loro parte il numero, mentre i primi sono destinati alla sconfitta. Coerentemente con la negazione della conoscenza e della morale, cioè della verità e del bene, Nietzsche afferma la visione dionisiaca. Dioniso è il dio della pura esistenza, della pluralità contraddittoria senza

L’ULTIMA PROTEZIONE VIA PARADIGNA, PARMA mmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmm

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aspirazioni di redenzione, senza giustificazioni fondate su valori originari. È il dio del libero gioco delle forze naturali, dei contrasti


Quaderni della Ginestra

irriducibili e, pertanto, non componibili in un senso superiore, delle

affare, Nietzsche entra in conflitto con siffatta prospettiva egoistica –

infinite metamorfosi, della creazione e della distruzione. Questa visione

come se noi potessimo accampare delle pretese nei confronti della vita

poetica e tragica coglie, in maniera impressionante, la vita nel suo

stessa – e muove da una nozione della medesima improntata ad assoluta

carattere selvaggio e indomabile. Ogni presunta origine, fine, identità,

libertà e disinteresse: l’uomo nasce, vive e muore, ma nel frattempo fa

essenza e verità, riconduce a forze che non possiedono origine, fine,

esperienza di un’essenza divina del vivere malgrado gli orrori delle

identità, essenza e verità. Tutto scivola, non v’è nulla di fermo. Tutto ciò

condizioni d’esistenza. Per Nietzsche si ama la vita come un figlio ama

che si ritiene stabile e in sé compiuto si rivela fluido e insensato. Ogni

la madre e non la giudica, bensì vive secondo la sua natura ed è fedele a

supporto viene meno. Tutti i tentativi di negazione della finitezza e della

se stesso. Nonostante ciò, il rapporto ‘filiale’ non attenua in alcuna

limitatezza umana, che appartengono ai sistemi filosofici, sfociano in

misura la durezza della lotta, della guerra eraclitea tra tutti gli esseri del

altrettante negazioni della vita. Di conseguenza, ogni forma di pensiero

mondo. La visione dionisiaca, in fondo, non è che una riproposizione

tendente a superare il limite della finitezza, della transitorietà e della

originale del pensiero di Eraclito dove la guerra è madre di tutte le cose.

caducità, sfocia in un disprezzo della vita dissimulato attraverso fughe

Lo scontro che essa designa avviene tra le forze aggressive, nobili, e

nell’Eternità, nella Sostanza, nell’Essere, con una costante presa di

quelle che, secondo Nietzsche, sono forze reattive, basse. Le prime

distanza dalla vita vissuta, splendida, caduca e mortale, ma in cui si

affermano la vita aggredendo, assoggettando e dominando; le altre si

esperiscono l’infinità e l’eternità come qualità immanenti, non

oppongono a tutto ciò che non sono, si adattano alle nobili per

trascendenti. Solo Nietzsche, a differenza di ogni altro falso

congiurare contro di loro e, con la forza del numero, le esautorano e

immanentista come per esempio Croce, ha affermato la vita così come

soggiogano non come azioni, bensì come reazioni. Le forze secondarie

essa è, come tutti noi la conduciamo senza, tuttavia, il coraggio di

agiscono, dunque, con la finalità ‘parassitaria’ di contaminare la vita. Le

demistificarne indebiti allontanamenti quali teorie sulla trascendenza,

primarie sono pure.

sull’aldilà, sull’immortalità e sull’eternità. In opposizione a Schopenhauer, per il quale la vita è un cattivo

Questa ribellione delle forze basse contro le forze creative contraddistingue il Cristianesimo, dove la morale degli schiavi mette in

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Figure dell’individualismo

campo, per risentimento, le nozioni di ‘buoni’ e ‘cattivi’, di colpa e di

Tali premesse si rivelano funzionali alla negazione della libertà del

cattiva coscienza, scalzando la morale aristocratica dei forti. Queste idee

volere: l’uomo non è responsabile di nulla, non deve rispondere né per il

trovano conferma negli aforismi 230, 257 e 259 di Al di là del bene del

suo essere, né per i suoi motivi, né per le sue azioni, né per gli effetti da

male che sviluppano, per quanto concerne il primo, la ri-naturalizzazione

esse derivanti. Nessuno è responsabile delle proprie azioni, sicché

dell’uomo, ossia la liberazione o ripulitura del «terribile testo di base

giudicarle equivale a commettere un atto di ingiustizia. Questa

homo natura» dalle «molte vanitose e fantasiose interpretazioni e

concezione radicale è propedeutica alla ‘trasvalutazione di tutti i valori’,

significazioni marginali, le quali fino a oggi sono state scarabocchiate e

ossia alla riduzione di tutti i valori spirituali a valori naturali, fisici: si

dipinte»6 su di esso, vale a dire la rimozione di tutti i significati che la

perviene all’esaltazione di quelle splendide creature sotto il sole cocente

nostra vanità ha conferito a quell’eterno testo base. Nel 257 si sostiene

come tigri, palme e serpenti a sonagli, ovvero alla esaltazione della

la necessità di una casta aristocratica, violenta e barbarica, necessaria per

belluinità, dell’animalità selvaggia. Bisogna allora dar credito alla tesi di

l’elevazione del tipo ‘uomo’, pretendendo la natura, dagli uomini, le

Croce, che pure è tra i suoi ammiratori, quando afferma, similmente a

manifestazioni più alte possibili a detrimento degli individui più bassi. È

Thomas Mann, che Nietzsche depresse valori spirituali ed espresse

questa la necessità della gerarchia e del pathos della distanza, ossia di un

ideali di rapacità e di ferocia.

fossato tra la casta e il popolo. A questo punto, la schiavitù diventa la

In sé considerata, la teoria della ‘trasvalutazione di tutti i valori’

condizione di ogni civiltà e di ogni elevazione della civiltà. Infine, nel

rappresentò la conseguenza indebita di uno sviluppo sistematico di

259, si legge:

quella che, in origine, era stata un’acuta intuizione demistificante. Infatti, se da un lato essa consente di afferrare cosa si celi dietro alle imponenti

17

«La vita è essenzialmente appropriazione, offesa, sopraffazione di ciò

costruzioni – artefatte – spirituali e morali, dall’altro ha perduto il suo

che è estraneo e più debole, oppressione, durezza, imposizione di for me

carattere originario di intuizione nella misura in cui è stata sviluppata

proprie, un incorporare o per lo meno, nel più temperato dei casi, uno

sistematicamente, cioè logicamente, come Nietzsche si sarebbe dovuto

sfruttare»7.

guardare dal fare. In questo frangente, egli non ha tenuto in alcun conto


Quaderni della Ginestra

la massima del patere legem quam ipse tulisti, dell’attenersi alla legge

Tutti i risultati conseguiti da Nietzsche – la negazione della realtà e

proclamata in prima persona. Ma il fatto che se ne sia discostato trova

della verità, la strumentalizzazione di quest’ultima per i nostri bisogni, la

giustificazione nel sogno, accarezzato per tutta la vita, di comporre un

negazione della responsabilità, l’accentuazione della schiavitù, della casta

Hauptwerk, un’opera fondamentale in cui confluisse la messe dei

aristocratica, del solco tra popolo e casta, lo scatenarsi di tutte le

materiali che, una volta raccolti e riordinati, sarebbero stati pubblicati

dinamiche di sopraffazione e sfruttamento – rientrano in un percorso

con il titolo di Volontà di potenza. Sappiamo bene che la Volontà di potenza

personale, strettamente solitario. Ma ‘miracolosamente’ questi risultati

non andò oltre lo stato di un abbozzo e che, in forza di quanto illustrato

corrispondono esattamente ai disvalori innescati dalla crisi europea,

in precedenza, non avrebbe potuto disporre di un ‘organon’, di un

dalla crisi di civiltà maturata proprio in quel periodo. Sono questi i

apparato normativo di tipo logico al pari delle ‘opere fondamentali’ di

miracoli che avvengono non solo con i filosofi ma anche con i poeti:

Spinoza, Hegel etc., cui Nietzsche intendeva affiancare la propria. Durò

Dante, per esempio, ha descritto un viaggio da lui intrapreso, ma in

a lungo la sua aspirazione a scrivere l’Hauptwerk ma, prima di impazzire,

realtà la Divina Commedia è la più grandiosa rappresentazione della civiltà

senza traumi e con relativa serenità, rinunciò a tale progetto. Frattanto,

cristiana, sicché Dante è per la lingua poeta italiano, ma per la sostanza il

però, aveva fatto il suo male: quando uno, che non è vero filosofo, si

compendio di una civiltà, come l’Eneide virgiliana è il compendio della

mette a filosofare, crea dei disastri. E ciò fece anche Nietzsche. Egli

civiltà latina e i poemi omerici della civiltà greca. Questo vale pure per

scrive che il viandante desideroso di conoscere quanto siano alte le torri

Nietzsche, che ha incarnato l’epoca drammatica in cui viveva, cioè la

di una città è costretto ad abbandonarla: se si vuol cogliere in un colpo

crisi di autodistruzione della civiltà cristiano-europea. È allora un

d’occhio la città nella sua interezza, occorre uscire dalle mura e

miracolo che vi sia una corrispondenza così puntuale? Niente affatto.

guadagnare, così, la distanza adeguata per soppesare la sostanziosità di

Appare un miracolo se esaminiamo le cose dal lato degli effetti e non da

una veduta o, fuor di metafora, di una filosofia. Nondimeno, una volta

quello delle cause. La crisi si irradiò in tutte le manifestazioni umane:

uscito dalla ‘città’, dalla filosofia, Nietzsche non vi rientrò più e prese

l’arte, la morale, la politica, la filosofia ecc. Sotto questo aspetto,

stabile dimora al di fuori di essa.

Nietzsche si credeva inattuale, pensava all’antica Grecia e si concepiva

18


Figure dell’individualismo

come il pensatore più indipendente del suo tempo, ma ignorava di essere un organo del suo secolo che agisce perlopiù inconsapevolmente, parafrasando Goethe. Tenendosi libero da partiti politici e da altri impegni specifici, il Nostro si conquistò la libertà di diventare il massimo esponente della sua epoca, cui soccombette. Le suddette esaltazioni dell’animalità e della belluinità non sono altro che cedimenti alla

corrente

dominante

del

tempo,

che

si

faceva

valere

sotterraneamente. L’umanità, in altre parole, è un organismo che si struttura automaticamente in funzione del corso storico e, in questo senso, Nietzsche, come dice Safranski, non venne a capo di se stesso. Come poeta e come pensatore, trasfigurò la crisi tardo-ottocentesca in poesia e filosofia tragica, e tale è la visione dionisiaca: non vi sono scappatoie né rimedi agli urti selvaggi delle forze naturali. Ma d’altra parte è innegabile che Nietzsche medesimo abbia subìto la corrente del tempo e abbia conferito alla crisi corpo spirituale, legittimandola ed accelerandola: una crisi di autodistruzione della civiltà europea, come abbiamo detto, culminata nelle due guerre mondiali. Con la negazione della realtà, della verità, della responsabilità, della compassione, in genere della conoscenza e della morale; con l’affermazione della necessità della crudeltà, della divisione di casta e popolo, della schiavitù, della sopraffazione e dello sfruttamento e della guerra, egli costruì

19

NEC TUMULT US , NEC SOLIT UDO ZONA STRADA BUDE LLUNGO, PARMA


Quaderni della Ginestra

nell’empireo della filosofia quello che sarebbe diventato il cuore del

teologia e filosofia: quanto più si alza il piatto della bilancia della

fascismo. Con lui la sorte della civiltà europea quale organismo

filosofia, tanto più si abbassa quello della teologia, e viceversa. I

multicefalo che esercitava un primato mondiale è segnata, e si è

protagonisti della modernità cercarono in buona parte di conservare i

compiuta definitivamente con la seconda guerra mondiale.

valori tradizionali in altra forma. Altri inclinarono verso lo scetticismo e

Questa è stata la seconda missione di Nietzsche: da un lato positiva,

il pessimismo, i più importanti fecero progredire la laicità. Ma la laicità

nella trasfigurazione in poesia e filosofia tragica della crisi, cioè come

sperimentava difficoltà. Senza più il sostegno di un Dio padre

opera del suo genio poetico e moralistico, ma, dall’altro, negativa

misericordioso e provvidente, essa parlava all’intelletto, non al cuore e

essendo egli divenuto succube della corrente dominante del suo tempo.

all’anima. La storia dimostra che i popoli non riescono a sopravvivere

Ma Nietzsche compì una terza missione, la più importante di tutte.

senza una copertura religiosa. E ciò spiega quanto sia stato angoscioso e

Essa si ricollega in sostanza alla stessa crisi che, in questo caso, si

drammatico il tentativo di sostituire il Cristianesimo con valori non più

specifica nel suo aspetto più spirituale come crisi della religione.

mitici e favolistici, con valori non più incredibili. Tutti i protagonisti

Con i rivolgimenti indotti dal risveglio dei valori antichi e dalla nuova

dell’età moderna vanno reinterpretati in base alla posizione da ciascuno

scienza nell’Umanesimo e nel Rinascimento, il Cristianesimo, giunto alla

occupata in questo processo di sostituzione. Niccolò Cusano, Erasmo

sua massima realizzazione nella Chiesa come istituzione spirituale e

da Rotterdam, Lutero, Giordano Bruno, Giulio Cesare Vanini,

secolare, era ormai incamminato sulla strada della corruzione, come

Montaigne, Descartes, Spinoza, Leibniz, Pascal, Hume, Kant, Hegel,

accade a tutti gli organismi invecchiati. Il suo tramonto coincise con

Stirner sono solo alcuni nomi, fino al picco della tendenza negativa

un’inarrestabile perdita di credibilità: a tale esito concorse il grande

raggiunto con Schopenhauer e la sua scuola, ovvero con Philipp

contraccolpo della Riforma luterana, che inaugurò una nuova stagione

Mainländer, Julius Bahnsen e Eduard von Hartmann, e fino al culmine

di libertà di pensiero, e le spinte secolarizzanti si tradussero in un ampio

della tendenza positiva in Nietzsche. È proprio a Schopenhauer, suo

movimento centrifugo rispetto a Roma. Nel rapporto con la laicità si

‘perfetto antipode’, che Nietzsche più direttamente replica con la sua

determinò quello che Spinoza riteneva avvenire nella relazione tra

tendenza affermatrice, sviluppata soprattutto in Così parlò Zarathustra.

20


Figure dell’individualismo

Dopo il tentativo di Cartesio di portare il Cristianesimo alla sua

dagli orrori dell’esistenza derivanti dalla nostra condizione di parti

«attuazione completa ed efficace, innalzando la ‘coscienza scientifica’ ad

infinitesimali, di cellule di un immenso organismo subordinate alle leggi

unica vera e valida»8, come scrive Stirner; dopo il tentativo di Pascal di

di quest’ultimo.

balzare con una ‘scommessa’ dal dominio del laico all’ambito del

Nello Zarathustra, Nietzsche esprime con la massima forza la

Cristianesimo; dopo il tentativo di Leibniz di far ingoiare all’uomo il

tendenza affermatrice, che è la caratteristica principale del suo genio. Le

male del mondo come una purga sgradevole ma benefica; dopo il

opere scettiche, demistificanti, sono oggettivamente strumentali alla

tentativo di Johann Georg Hamann, detto il ‘Mago del Nord’, patriarca

fondazione della religione laica. L’essenza sublime e beatificante della

poco conosciuto di tutta la grande cultura tedesca del secondo ‘700, di

vita non può essere negata, ma solo oscurata o impedita dalle condizioni

rovesciare l’Illuminismo col ricorso al Cristianesimo profondo, si era

esistenziali. Slancio, passione, entusiasmo e amore per la vita sono

prodotto il grandioso tentativo di Hegel di divinizzare il mondo, come

giustificati nonostante tutti i possibili mali e le tragedie che affliggono

egli credeva, di fatto sacrificando la filosofia al Cristianesimo.

gli uomini, del resto abbandonati a se stessi nel deserto del mondo.

Schopenhauer e i suoi allievi, come sopra anticipato, si opposero

Questa è la grande novità predicata da Nietzsche.

fieramente alla divinizzazione hegeliana del mondo e predicarono il più

Ai tempi della pubblicazione della prima parte dello Zarathustra,

aspro pessimismo, Mainländer addirittura il suicidio universale. Fu in

comprendente il Proemio e i Discorsi di Zarathustra, Nietzsche non sapeva

particolare contrapponendosi a loro che Nietzsche sostenne la

ancora che cosa avesse creato, e lo domandava a se stesso e agli amici. Il

cosiddetta ‘affermazione tragica’, come ebbe a definirla, ma di fatto

discepolo Peter Gast vide nello Zarathustra una Sacra Scrittura. Tale

fondò una religione laica. Egli, infatti, iniettò nel Deus sive Natura di

riscontro illuminò Nietzsche, che si rese conto della portata del suo

Spinoza quei valori di esaltazione della vita, di estasi, di dedizione, di

scritto e lo presentò poi come «la Bibbia del futuro, la massima

fervore, di entusiasmo e sublimità che sono i veri connotati della

esplosione del genio umano» 9 racchiudente il destino dell’umanità. Ma,

religione e avevano contraddistinto la religione cristiana. Celebrò la vita

in seguito, Nietzsche fu riassorbito dallo spirito dei tempi, dallo Zeitgeist

splendida e caduca, ricolma di intima eternità e infinità, inseparabile

profondamente agitato dalle reazioni alla decadenza in atto. Abbandonò

21


Quaderni della Ginestra

allora la posizione di serena affermazione in nome dell’eccellenza della vita caduca, e ingaggiò una lotta individuale e titanica contro il

col Cristianesimo dai toni stridenti, esagerati, e, in definitiva, grotteschi. Il problema religioso aveva tormentato Nietzsche fin dagli albori

Cristianesimo, una lotta, dunque, assai distante dal tempio sereno dello

della sua riflessione. Da ragazzo, aveva aderito appassionatamente al

Zarathustra. Nelle opere post-zarathustriane Al di là del bene e del male,

Cristianesimo, ma poi, proprio per la sua radicalità, se ne era

Genealogia della morale, Crepuscolo degli idoli, L’anticristo, Ecce homo, precipitò

allontanato; aveva in seguito concepito la ‘religione’ dell’Eterno ritorno,

in una specie di monomania, si dedicò ad uno scontro personalissimo

teoria mutuata dagli stoici, da Eraclito e dall’Oriente. Ma questa dottrina rappresentò uno sviamento nel corso della sua inconscia ricerca religiosa, il cui esito ultimo – la fondazione della religione laica – coronò i tentativi effettuati in circa cinque secoli di storia moderna per sostituire la religione cristiana. Nietzsche si ritenne destinato ad essere il maestro dell’Eterno ritorno. Considerando che la vita che viviamo sarà rivissuta tale e quale per tutta l’eternità, pensava, ognuno si impegnerà a condurre una buona vita, di cui compiacersi eternamente. Di conseguenza, egli concepiva questa dottrina come stimolo morale. Senonché non si avvide che, se l’Eterno ritorno è veramente eterno, ognuno non fa altro che condurre già dall’eternità la stessa vita, e risulta del tutto inutile cercare di migliorarla. Lo stimolo morale si rovescia così in un deprimente fatalismo. Un filosofo che è stato nostro contemporaneo, Bertrand Russell, nel

GUERRA DI POSIZIONE, LA NAT URA AVANZA EX STABILIMENTO B ORMIOLI , PARMA

suo libro On God and Religion si dichiara seguace della religione laica senza esservi stato indotto da Nietzsche, ma, evidentemente, per la

22


Figure dell’individualismo

maturità dei tempi. Già prima di Russell, vi era stato in Italia Croce che,

all’alto e sereno tempio dello Zarathustra, configurabile come un monte

in particolare col suo saggio Perché non possiamo non dirci cristiani,

sacro attorniato alla base dalle opere scettiche, appunto, in cui consiste

propugnò una religione laica di nuovo indipendente da influssi

quella che chiamiamo la ‘filosofia’ di Nietzsche.

nietzschiani. Ma se, al di là di questi casi specifici, per proclamare questa

SOSSIO GIAMETTA

religione occorrono filosofi in veste di profeti religiosi, per praticarla non vi è alcun bisogno di filosofia, di teoria: la potenza, la bellezza e la divinità della vita, ovvero l’eterna e infinita essenza di Dio – come dice Spinoza – sono da tutti immediatamente avvertite, come pure, d’altro canto, le terribili condizioni d’esistenza. Come fondatore della religione laica, Nietzsche si affianca a Martin Lutero non soltanto come genio linguistico quale è riconosciuto all’unanimità, ma anche come genio religioso. In conclusione, due immagini possono conferire all’opera di Nietzsche una chiarezza intuitiva. In primo luogo, essa è come il globo terrestre, con una superficie fredda e rigida ma con un nucleo infuocato, magmatico, che preme verso l’esterno. Il cuore di questo nucleo è il genio religioso, che solo con difficoltà trova accessi per esprimersi. In secondo luogo, Così parlò Zarathustra illumina le opere precedenti e successive come il sole i suoi pianeti: il sole è immensamente più grande dei pianeti, e questi sono le opere scettiche, in funzione di difesa o di offesa, che sgombrano il campo da tutte le false credenze per far posto

23

«Mit Nietzsche kann man nicht fertig werden. Er ist auch nicht mit sich fertig geworden». 2 F. NIETZSCHE , Ditirambi di Dioniso, Guanda, Parma 1967, p. 21. 3 C. P. JANZ , Vita di Nietzsche, III, Laterza, Roma-Bari 1982, p. 215. 4 B. CROCE , Nuove pagine sparse, vol. II, Laterza, Bari 1966, p. 248. 5 F. NIETZSCHE , Umano, troppo umano, vol. II, nota introduttiva di Mazzino Montinari, versione di Sossio Giametta, Adelphi, Milano 1981, p.13. 6 F. NIETZSCHE , Al di là del bene e del male, nota introduttiva di Giorgio Colli, versione di Ferruccio Masini, Adelphi, Milano 2006 21, p. 177. 7 Ivi. 8 M. STIRNER, L’unico e la sua proprietà, con un saggio di Roberto Calasso, traduzione di Leonardo Amoroso, Adelphi, Milano 20063 , p. 93. 9 Lettera a Paul Deussen, 26 novembre 1888. 1


Meditazioni filosofiche


Meditazioni filosofiche

ORIZZONTI DEL DESIDERIO. AGOSTINO E SPINOZA

L

a parola desiderio, insieme al concetto che rappresenta, è una delle più controverse e suggestive del nostro linguaggio comune:

una fitta talora inestricabile rete di sfumature sembra avvolgerne il «La nostra stessa vita di quaggiù ha la sua attrattiva in un certo senso di bellezza e di armonia con tutte le altre cose belle minori. L'amicizia poi degli uomini è dolce perché con un nodo d'affetto fa di molte anime un'anima sola. In tutte codeste e altre simili tendenze il peccato entra quando ci si abbandona sregolatamente e […] si trascurano i più alti e migliori, Te, la tua verità e la tua legge.» Agostino, Le Confessioni, Bur, Milano 1974, p.111 «Da ciò deriva che l'uomo è sempre necessariamente sottoposto alle passioni, segue l'ordine comune della natura, obbedisce ad esso e, per quanto esige la natura delle cose, vi si conforma.» B. Spinoza, Etica, in Opere, Mondadori, Milano 2007, p. 979

significato. La costitutiva pluralità di senso che circonda il tema del desiderio sembra peraltro dovuta ad una struttura concettuale in cui interviene una complessa trama di implicazioni e correlazioni: ogni immagine speculativa del desiderio comprende, nella teoria dell'aspetto affettivo, una necessaria riflessione sul soggetto umano, sul suo rapporto con altri e sul suo senso nel mondo. In altri termini pensare il desiderio significa proporre un'elaborazione teoretica caratterizzata in senso antropologico, ontologico e, talvolta, teologico. Alla ricchezza semantica dischiusa dalla parola

«desiderio»

corrisponde, del resto, l'universalità dell'esperienza di ciascuno: la nostra vita interiore è, almeno per quanto riguarda gli affetti, definita dal desiderio o, meglio, dai desideri. Il tema del desiderio si rivela determinante in tutte le nostre discussioni in materia di passioni e di felicità. Anche le eterne questioni del bene e del male, quando riguardano le scelte e le responsabilità personali, non possono sottrarsi al confronto con una forza – quella del desiderio appunto – che, come dice Erissimaco nel Simposio a proposito di Eros (uno dei nomi principali del desiderio), non esiste

25


Quaderni della Ginestra

«solo nelle anime degli uomini, ma è rivolto anche ad altri oggetti ed

cc

esiste anche in altri oggetti, nei corpi di tutti gli animali e nelle piante che crescono sulla terra e, per così dire in tutti gli esseri.»1

Se è vero, quindi, che, in fondo, desiderare significa essere vivi, non stupisce il continuo interesse che il tema in questione ha suscitato all'interno della tradizione filosofica. Una tradizione che, proprio nello sforzo di definire il desiderio, ha saputo forgiare una nozione del soggetto estremamente rispettosa della complessità dell'esperienza umana. All'interno di questa tradizione, sia pure entro prospettive profondamente differenti, Agostino e Spinoza sono fra le voci più autorevoli di questa capacità di pensare la persona a partire dal desiderio. Agostino, nel quadro di un'impresa speculativa in cui si fondono l'ispirazione neoplatonica e l'adesione alla fede cristiana, pone la questione del desiderio nei termini di una mancanza originaria: l'uomo è sospeso tra mondo sensibile e sovrasensibile, collocato in una natura finita e destinato alla relazione eterna con il divino. Nella sua insufficienza costitutiva – connessa sia al suo stats ontico di creatura, sia al peccato originale- l'uomo dirige, nel desiderio, i propri moti affettivi

IL PARACADUTE DELL’ URBANIZZAZIONE

cccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccc VIA BUDELLUNGO, PARMA 26


Meditazioni filosofiche

verso ciò che è altro da sé perché solo nella relazione con altri la

destinazione oggettuale è rappresentata non da Dio, ma dalle cose

persona può trovare gioia e compimento.

mortali.

Il desiderio, quindi, non è mai qualcosa di negativo, ma è qualcosa

Questo significa, da un lato, che, per quanto determinata dalla

che va disciplinato ed orientato dal momento che esistono desideri bassi

finitezza e dalla mancanza, la realtà delle cose create non si può definire

in corrispondenza di cose basse e desideri alti in corrispondenza di cose

come male e, dall'altro, che il desiderio è una forza da organizzare per

altrettanto alte laddove la corretta misura del desiderio è data da un

impedire quel deterioramento che è in grado di produrre il male. Una

progressivo distacco dall'elemento naturale-creaturale e da un

simile capacità di organizzazione, peraltro, non appartiene del tutto

correlativo avvicinarsi a Dio. Le Confessioni testimoniano, così, in una

all'uomo: è necessario l'intervento della Grazia che , insieme ad una

efficace sintesi tra pensiero e biografia, questa ascesi ed elevazione del

tensione che Agostino definisce esplicitamente come combattimento,

desiderio e delle sue diverse inclinazioni a partire da contenuti che si

permette all'uomo di superare i limiti dellla propria natura e di

risolvono nel finito – la dimensione che riguarda non solo i sensi , ma

riconoscere Dio come origine, come compimento e come esito della

anche l'attività intellettuale priva di un sincero confronto con i temi del

propria ricerca di felicità.

credere – per giungere al desiderio di una gioia e di una verità che coincidono con il Dio della Rivelazione biblica. Il discorso di Agostino nelle Confessioni, a partire dalla fenomenologia del desiderio, prende anche

Nella riflessione di Agostino il desiderio rappresenta dunque un concetto cardine: la possibilità di regolare gli affetti è per l'uomo il primo passo sul sentiero della perfezione.

in considerazione la natura del male

Un altro ritratto filosofico del desiderio, inteso come forza che

morale, definito come un disorientamento della nostra facoltà di

determina i moti dell'animo e l'agire dell'uomo emerge in Spinoza.

desiderare: si commette il male perché non si regola il desiderio.

Secondo Spinoza, nel desiderio opera quella tendenza a persistere nel

Agostino, nel capitolo ottavo del terzo libro, usa in proposito una

proprio essere che anima necessariamente tutti i modi dell'unica

formula perentoria: la passione sregolata di dominare, di vedere, di sentire.

sostanza divina. Nel sistema speculativo spinoziano la realtà dell'uomo è

Una formula che descrive il desiderio non disciplinato in cui la

27

del tutto regolata dagli appetiti: dato che ogni ente agisce secondo le


Quaderni della Ginestra

leggi della propria natura, la pulsione a conservare la propria esistenza è

la nozione del divino: totalmente altro nel caso di Agostino, principio

alla radice dei comportamenti umani ed è sulla base delle passioni che

immanente nel caso di Spinoza. A stabilire punti di incontro tra le due

definiamo le nostre nozioni etiche.

Bene e male non sono infatti

prospettive sono invece il riconoscimento del desiderio, e quindi, della

nient'altro che, come afferma l'ottava proposizione del libro quarto

vita affettiva come fatto essenziale della vita dell'uomo e la tendenza a

dell'Ethica , l'affetto di gioia e tristezza in quanto ne siamo coscienti.

pensare la soggettività come relazione con un'alterità originaria. In un

Anche in Spinoza il tema del desiderio ha, dunque, a che fare con le

tempo in cui è forte la tentazione di affidare il discorso sull'uomo alle

relazioni tra uomo e divino e con la proposta di criteri normativi in

sole scienze naturali, la riflessione sul desiderio di Agostino e Spinoza

ambito morale . L'esito speculativo è, peraltro, profondamente diverso

testimonia la capacità propria del pensiero filosofico di saper mostrare la

all'orizzonte disegnato da Agostino: se in Agostino si tratta di orientare

complessità della realtà umana, il suo originario essere in relazione, la

il desiderio al divino, in Spinoza la nostra attività desiderante è inserita

sua inesauribile apertura all'alterità.

nel necessario procedere della sostanza divina di cui la realtà umana fa parte. Se, nel pensiero del vescovo di Ippona, il criterio regolativo del

LIVIO RABBONI

desiderio è dato dall'adesione al divino, nella riflessione del filosofo di Amsterdam la sua misura è data da una ragione utilitaristica che

1

Platone, Simposio, Adelphi, Milano 1979, pp. 36-37.

suggerisce forme di cooperazione e di giustizia che permettano una realizzazione comunitaria dell'aspirazione individuale alla conservazione della vita. Se in Agostino, infine, la disciplina del desiderio indica una via per superare i limiti e perfezionare la natura umana, in Spinoza tale disciplina si rivela necessaria per adeguare i comportamenti ad una natura che è già perfetta. A marcare le differenze tra i due orizzonti speculativi è soprattutto

28


Meditazioni filosofiche

IN DIFESA DI UN «NEOKANTISMO» ONTOLOGICO

L

a meditazione1 che segue ha l’obiettivo di mostrare come, contrariamente a quanto sostiene E.J. Lowe, la tesi secondo cui

non si possa conoscere (nulla circa) la realtà in sé, ma al massimo i «Ci sono filosofi – tra i quali Kant è il personaggio più noto e influente – che ritengono che non possiamo conoscere nulla circa la realtà ‘in sé’, e che l’ontologia possa essere coerentemente concepita solo come la scienza dei nostri pensieri sull’essere, piuttosto che la scienza dell’essere come tale. D’altra parte, ci sono filosofi, molti dei quali fanno risalire le loro tesi a Platone e Aristotele, che pensano che non vi siano ostacoli di principio alla nostra conoscenza di almeno qualcosa circa la realtà in sé. Per conto di questa visione, che io condivido, si può sostenere che negare la possibilità di tale conoscenza sia di fatto incoerente e autoconfutativo. Il modo più semplice per sostenere questo è sottolineare che se, effettivamente, non possiamo conoscere nulla circa la realtà in sé, allora per lo stesso motivo non possiamo conoscere nulla circa i nostri pensieri, o rappresentazioni, sulla realtà: tali pensieri o rappresentazioni, infatti, non sono nulla se non parti della realtà stessa. In breve, le questioni ontologiche – intese come domande circa l’essere piuttosto che solo sui nostri pensieri sull’essere – sorgono in riferimento allo statuto ontologico dei nostri pensieri, e di noi stessi come pensatori di tali pensieri: così che tentare di rifondere tutte le questioni ontologiche come questioni sui nostri pensieri su ciò che esiste è generare un regresso che è chiaramente vizioso.» E.J. Lowe, The Four-Category Ontology: A Metaphysical Foundation for Natural Science, Clarendon Press, Oxford 2006, pag. 4.

pensieri che ne facciamo, non sia di fatto incoerente e autoconfutativa. Con ciò non intendo prendere posizione a favore di tale tesi, ma solo sostenerne la legittimità. Prima di iniziare occorre innanzitutto fare una premessa terminologica, ossia che, seguendo la riflessione di Lowe, con ‘neokantiano’ intendo esclusivamente il sostenitore delle tesi: «non si può conoscere nulla circa la realtà ‘in sé’» e «l’ontologia è la scienza dei nostri pensieri sull’essere, piuttosto che la scienza dell’essere come tale». Partiamo dalle tesi di Lowe distinguendone la pars costruens dalla pars destruens. Per quanto riguarda la pars costruens, Lowe parte dall’assunzione, condivisa dal neokantiano, che in genere possiamo conoscere i nostri pensieri2. Considerare poi i pensieri (sulla realtà in sé) come parti della realtà (in sé)3 lo porta a concludere che almeno qualcosa circa la realtà in sé lo possiamo conoscere, i nostri pensieri appunto. Da tale conoscenza deriva, quindi, la possibilità di fondare una scienza, l’ontologia, che studi l’essere in quanto tale (la realtà in sé), e non solo i pensieri che ne facciamo 4. In questo senso, secondo Lowe (pars destruens), è dunque incoerente e autoconfutativa la tesi del neokantiano secondo cui non si

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Quaderni della Ginestra

può conoscere nulla circa la realtà in sé. Se avesse ragione, infatti, non si

inevitabilmente all’incoerenza e alla autoconfutatività individuate da

potrebbero conoscere nemmeno i nostri pensieri (sulla realtà), essendo,

Lowe. Tuttavia, rispondere negativamente a tale domanda – sostenendo,

secondo Lowe, tali pensieri parti della realtà in sé5.

per esempio, che i nostri pensieri non siano parti (costitutive) della realtà

Ma è possibile prendere le parti del neokantiano postulato da Lowe

in sé, né entità da includere in tale dominio, essendo la realtà in sé

senza essere incoerenti e autoconfutativi? Prendiamo le tesi del

inconoscibile e indipendente dai pensieri che ne facciamo – eviterebbe

neokantiano per analizzarle nel dettaglio. Il neokantiano, come detto,

l’incoerenza

ritiene che non si possa conoscere nulla circa la realtà in sé e considera

neokantiano

e

l’autoconfutatività

citate,

ma

costringerebbe

il

così l’ontologia come la scienza dei nostri pensieri sull’essere, piuttosto che la scienza dell’essere come tale. In altre parole, secondo il neokantiano, dall’inconoscibilità della realtà in sé deriva l’impossibilità di fondare una scienza che studi l’essere come tale. Tuttavia, considerare, come fa il neokantiano, l’ontologia come la scienza dei nostri pensieri sull’essere fa supporre che, di principio, non ci siano ostacoli nel conoscere i nostri pensieri sulla realtà, conoscenza che non è infatti messa in discussione 6. Dunque, se da un lato, secondo il neokantiano, la realtà in sé pone problemi riguardanti la sua conoscibilità, dall’altro, almeno nel passo citato, i nostri pensieri sulla realtà in sé sembrano non porre gli stessi problemi. Ma a questo punto, ci si potrebbe chiedere se i nostri pensieri sulla realtà siano o meno parte della realtà in sé. Rispondere affermativamente, ossia sostenere che la realtà in sé comprenda anche i

nostri

pensieri

sulla realtà, condurrebbe

LA CIT TÀ PERDUTA VIA PARADIGNA, PARMA

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Meditazioni filosofiche

neokantiano, diversamente da Lowe, a individuare un criterio che ci permetta di distinguere la realtà in sé (secondo il neokantiano, inconoscibile) dai pensieri che ne facciamo (la cui conoscibilità non è messa in discussione). In definitiva, per rispondere al dubbio sollevato da Lowe, non è né incorente né autoconfutativo sostenere che non si possa conoscere (nulla circa) la realtà in sé, ma al massimo i pensieri che ne facciamo, e che l’ontologia riguardi i nostri pensieri sull’essere piuttosto che l’essere stesso. Non c’è alcun regresso se si escludono i nostri pensieri sulla realtà dalla realtà in sé e si individua un criterio per distinguere la realtà in sé dai pensieri che ne facciamo. E certamente, se come il neokantiamo ritenessimo di aver a che fare solo con i pensieri (sulla realtà in sé) e mai con la realtà in sé; come potremmo confonderci?

TIMOTHY TAMBASSI 1 Desidero ringraziare Antonio Freddi per i suggerimenti ricevuti durante la stesura e la revisione di questa meditazione. 2 Tale assunzione, seppur problematica, non sarà messa in discussione in questa sede. Ciò ovviamente non implica la non legittimità della tesi secondo cui i nostri pensieri sulla realtà, a prescindere che siano o meno parti della realtà in sé, non siano di fatto conoscibili. 3 E.J. Lowe, A Survey of Metaphysics, Oxford University Press, Oxford, 2002. 4 Nel testo, così come nel passo citato, il termine ‘ontologia’ è utilizzato in due

31

accezioni diverse. Per un’analisi dei differenti e molteplici usi di questo termine nel dibattito contemporaneo (e non solo) si veda, per esempio, A. Varzi, Ontologia, Laterza, Roma-Bari, 2005. 5 Tuttavia, anche la dimostrazione dell’incorenza e dell’autoconfutatività della tesi del neokantiano non implica, di per sé, la nostra possibilità di conoscere la realtà in sé. Seguendo la riflessione di Lowe, infatti, tale possibilità è fondata su due assunzioni: che i nostri pensieri sulla realtà siano conoscibili e che tali pensieri siano parte della realtà in sé. La negazione della sola seconda assunzione è presa in esame nel resto della meditazione. Per la negazione della sola prima assunzione o di entrambe si veda invece la nota 1. 6 Dall’inconoscibilità dei nostri pensieri sulla realtà deriverebbe sia l’inconoscibilità di questo stesso pensiero sulla realtà sia l’impossibilità di fondare una scienza che studi i nostri pensieri sull’essere.



Cinema e filosofia

HOLY MOTORS DI LEOS CARAX

I

semantici e ciò che essi designano (espressioni come “nome”, “designazione” e, per l’appunto, “verità”). Nel caso specifico, l’enunciato “io sto mentendo” ci dice qualcosa non solo su un fatto del

l logico e filosofo polacco Alfred Tarski sviluppò la propria teoria

mondo, e cioè che sto proferendo qualcosa di falso, ma anche su una

semantica della verità nel tentativo di risolvere una delle più celebri

proprietà che caratterizza l’enunciato stesso, ossia il suo valore di verità.

antinomie della storia della filosofia: quella del mentitore. La struttura

Secondo Tarski, quando si parla dei predicati che si vuol attribuire a

del paradosso è molto semplice. Qual è il valore di verità di un

un enunciato, è bene distinguere due livelli linguistici per evitare di

enunciato quale “Io sto mentendo”? È vero o falso? Quale che sia la

cadere nel paradosso. Il primo è costituito dal linguaggio oggetto, ossia dal

risposta, “io sto mentendo” sembra esprimere una proposizione auto

linguaggio di cui si vuole parlare. Il secondo livello è quello del

contraddittoria. Infatti se l’enunciato è vero, allora affermo la verità del

metalinguaggio, consistente in un linguaggio più ampio di quello oggetto,

fatto che quanto sostengo è falso. Se l’enunciato è falso, significa che sto

che ci mette nella condizione di discutere delle proprietà del linguaggio

dicendo la verità e che dunque, de facto, non sto mentendo. In altre

oggetto stesso.

parole, nel momento in cui affermo di non fare un’affermazione vera,

In questa prospettiva, l’asserzione

nego anche la verità di quanto affermo. L’insolubilità del paradosso è però solo apparente. Il cortocircuito semantico che abbiamo appena

«l’enunciato “io sto mentendo” è vero solo se dico il falso in un

esaminato

periodo di tempo t»

è spiegabile, secondo Tarski, nella misura in cui si

comprende che esso è determinato dal carattere autoreferenziale dell’enunciato in questione. Il linguaggio comune è infatti composto

non genera alcuna contraddizione, poiché l’espressione metalinguistica

non solo da oggetti linguistici che si riferiscono a entità extralinguistiche

“l’enunciato E è vero solo se e” si limita a indicarci quali sono le

(parole come “cane”, “stetoscopio”, “io”, “papaya”), ma anche da un

condizioni fattuali che rendono E, ossia l’enunciato formulato nel

insieme di termini che si riferiscono alla relazione fra tali oggetti

linguaggio oggetto, un enunciato vero. Se volessimo porre la questione

33


Quaderni della Ginestra

in termini più semplici, il metalinguaggio è per Tarski una sorta di

Nolan o la gran parte della produzione dei Cohen.

panopticon che sovrasta gli universi linguistici in cui l’uomo è immerso: un

Tutti questi autori rimangono come ammaliati dalle conseguenze

punto di osservazione privilegiato che gli consente di affermare che, in

paradossali dell’aporia del mentitore. Anzi, si potrebbe forse dire che i

un sistema linguistico definito e chiuso, un enunciato è vero se e solo se

loro film traggono linfa vitale proprio dal passaggio indiscriminato da

denota uno stato di fatto reale.

un livello linguistico all’altro, dando spazio, senza soluzione di

Gli ultimi venti anni hanno visto la preminenza di un approccio postmodernista al cinema, laddove immagini e inquadrature dei film

continuità, ora alla narrazione vera e propria di una storia, ora alla riflessione sugli elementi costitutivi della dimensione cinematografica.

sono state impiegate non per parlare di una realtà fattuale filtrata e

Ad un primo sguardo, Holy Motors di Leos Carax non sembra

rielaborata dalla sensibilità dell’autore, ma di una dimensione finzionale

distaccarsi da questo filone. Un uomo d’affari esce dalla propria villa,

autoreferenziale, sganciata dal reale, radicata nella virtualità del nostro

bardato di un abito cucito su misura, scarpe con la mascherina,

immaginario collettivo. Sotto questo rispetto sono postmoderne par

ventiquattrore d’ordinanza. Fuori dal cancello, l’aspettano una limousine

exellance pellicole come Pulp Fiction o Kill Bill di Tarantino, la cui

bianca come l’avorio e un’autista bionda di mezza età. Salito

dimensione di senso è costituita dal gioco rimandi al già visto, dalla

nell’abitacolo, il manager chiede alla sua accompagnatrice quanti

commistione filologica e pirotecnica dei generi e dei codici

appuntamenti lo attendono durante la giornata. Poi squilla il cellulare:

cinematografici. Uma Thurman con una katana insanguinata in mano,

parla dell’andamento della borsa, delle difficoltà della multinazionale di

che piroetta sulle note di Ennio Morricone, immortalata da un

cui è a capo, dell’opportunità di potenziare la scorta personale. Nel

primissimo piano a là Sergio Leone. Postmoderne sono opere come

mentre, però, il nostro personaggio comincia a spogliarsi. O meglio, a

Matrix dei fratelli Wachowski e The Truman Show di Peter Weir, che

mutare. Capelli e sopracciglia sono posticci. Il ventre è imbottito. Le

tematizzano il trionfo della fiction sugli hard facts creando mondi possibili

guance cadenti sono protesi di silicone.

di per sé inesistenti. Postmoderni sono i film che decostruiscono la linearità consequenziale della narrazione, come Memento di Cristopher

Perché la limousine è in realtà un camerino semovente. Il nostro squalo del capitalismo, che scopriamo chiamarsi Oscar, un attore. Holy

34


Cinema e filosofia

IL MURO POST -INDUSTRIALE STRADA BUDE LLUNGO, PARMA 35


Quaderni della Ginestra

Motors la cronaca di una sua normale giornata di lavoro, in cui èchiamato

Ma sarà proprio così?

a interpretare ruoli molto diversi fra loro, in film che appartengono ai

Prologo. Passano in video le cronofotografie di Étienne Jules Marley

generi più vari. Oscar ora è un killer baffuto e spietato in un gangster

dedicate allo studio del movimento umano. Un uomo magro e

movie, ora un padre in rotta con la figlia adolescente in un film

brizzolato, Leos Carax stesso, si sveglia da un lungo sonno e trova una

drammatico, ora un fisarmonicista in un musical, ora un clochard

porta misteriosa nella propria camera da letto. La apre. Al di là della

anarchico e allucinato in una pellicola grottesca, ora un anziano morente

soglia, un enorme sala cinematografica, incastrata fra finiture in radica

che si confida con la nipote in un film intimista, ora un atleta coperto di

scura e seggiolini di tela rossa. Seduti, spettatori imbambolati,

sensori chiamato a realizzare una sequenza (bellissima, spettacolare) in

addormentati, di fronte ad schermo in cui vengono proiettate immagini

motion capture.

che non vediamo noi, che non vedono loro. Si tratta di pochi secondi, in

Il film è pieno di citazioni, laddove per esempio gioca dialetticamente

cui il regista veste i panni di Tarski e mostra agli spettatori che

fra l’identità anagrafica degli attori e quella determinata dalla loro

l’impianto metafilmico non è impiegato per creare paradossi narrativi, o

carriera. Il camaleontico protagonista, nella realtà Denis Lavant,

trame multilivello, funzionali a alimentare l’intrattenimento d’evasione, a

impersona il suo reale ruolo professionale. Kylie Minogue, mentre

mascherare la povertà d’idee, a soddisfare l’autocompiacimento

canta, recita nella parte di sé stessa. Edith Scob, che qui interpreta

dell’autore. Carax utilizza esplicitamente un metalinguaggio per parlare,

l’autista e segreteria personale di Oscar, nel finale indossa quella stessa

delle stato di salute del linguaggio cinematografico contemporaneo e del

maschera di cera che le copriva il volto quando, nel ’60, recitava la parte

suo rapporto con la realtà, per formulare una personale diagnosi che,

di Christiane in Occhi senza volto. Ognuno dei singoli blocchi narrativi è

alla fine dei conti, non è celebrativa né incoraggiante.

un piccolo e raffinato esercizio di stile a sé stante, e va a costituire un

Come fare a immedesimarsi e distaccarsi continuamente dai ruoli as-

patchwork metafilmico cervellotico, manierista, ermetico, apparentemente

segnati, si chiede Oscar, se le cineprese digitali sono quasi invisibili?

votato all’esibizione sfacciata di erudizione cinefila e virtuosismo

Dove sta la bellezza e l’originalità del prodotto d’arte cinematografico,

tecnico.

se gli steccati fra fiction e realtà sono venuti meno? E un attore in crisi

36


Cinema e filosofia

d’identità come può aspirare a comunicare con spettatori che, fuori dal-

soluzione in tal senso. Come Tarski non ci dice cosa sia la verità, ma so-

le sale di proiezione, sono sempre più simili a personaggi in cerca

lo a quali condizioni un enunciato possa essere considerato vero, così

d’autore, sempre più incapaci di unificare in una narrazione coerente del

Carax non ci dice come il cinema debba rapportasi alla realtà e rappre-

sé i differenti ruoli sociali in cui si trovano quotidianamente immersi?

sentarla. Si limita a sostenere che la settima arte debba tornare a farlo,

Perché Oscar, non diversamente da chi lo guarda, è un essere umano

senza più baloccarsi con l’immaginario che ha creato, senza più crogio-

travagliato, non più in grado di comprendere se è chiamato ad assumere

larsi in una riflessione puramente estetica sull’enorme quantità di mate-

personalità multiple per scelta volontaria, per vocazione, o per cause e-

riale fittizio di cui oggi disponiamo.

tero dirette, determinate dalla sua particolare condizione sociale e pro-

CORRADO PIRODDI

fessionale. Alla luce di queste considerazioni, la prospettiva esplicitamente metalinguistica di Carax sembrerebbe rivolgersi non solo alla dimensione

SCHEDA

filmica, ma anche alla più generale Weltanschauung in cui il cinema stesso

Titolo originale: Holy Motors

si radica. Senza dubbio, i film possono essere un ottimo termometro per

Nazione:

Francia, Germania

capire la temperie ideologica attraverso cui interpretiamo il mondo in

Anno:

2012

una determinata congiuntura storica. E, a parere di chi scrive, il mondo

Durata:

115'

Regia:

Leos Carax

Cast:

Denis Lavant, Edith Scob, Eva Mendes, Kylie Minogue,

post-11 settembre, con la sequela di eventi drammatici che lo caratterizzano, necessita di narrazioni che ne agevolino la comprensione, piuttosto che di rappresentazioni volte a sostenere che la virtualità massificata del nostro immaginario collettivo sia l’unica forma di realtà di cui valga la pena parlare. Holy Motors, pur spingendo al parossismo l’approccio postmodernista per criticarne l’autoreferenzialità, non fornisce alcuna

37

Cordelia Piccoli, Elise Lhommeau Produzione:

Pierre Grise Productions, Theo, Arte France Cinéma, Pandora Film, Wdr/Arte


Quaderni della Ginestra

LA RIVOLUZIONE INCOMINCIA IN CAMERA DA LETTO? IL «DISCORSO SULLA FAMIGLIA» NELLA TRILOGIA DI BERNARDO BERTOLUCCI

comune, che indaga il complesso rapporto tra la dimensione famigliare, quell’istituzione borghese moderna che cova nelle sue tortuose interiora passioni sovversive, e la dimensione politica, intesa da Bertolucci come

L

«Fa parte della morale non essere mai a casa propria.»

il luogo della (im)possibilità rivoluzionaria. In ogni opera della trilogia è

Th. W. Adorno

proprio questo rapporto che diventa, in modi e con esiti diversi, la materia della potente estetica bertolucciana.

’ultimo lavoro di Bernardo Bertolucci, Io e te (2012), è forse meno

In Ultimo tango (1972), la relazione d’amore tra due estranei, l’ingenua

opulento di precedenti fatiche, ma l’impudenza della macchina da

parigina di buona famiglia e l’attempato americano, dal fascino un po’

presa che spia dal “buco della porta dei tuoi genitori” (come dice

losco, è “sesso a prima vista”, e apre immediatamente uno spazio a-

Matthew, in The Dreamers) per penetrare una scabrosa sur- (o sub-)

sociale (l’appartamento semi-vuoto dove s’incontrano gli amanti) in cui

realtà, più veritiera della realtà stessa, rivela inconfondibilmente la firma

ogni normalità è sospesa e nuove norme devono essere inventate. Lo

del regista parmigiano.

stato di eccezionale libertà – nel senso che fa eccezione alle molte regole

Tipicamente bertolucciana è anzitutto la struttura spaziale di Io e te,

sociali che governano, negli anni ‘70 e probabilmente ancora oggi, le

costruita secondo l’asse interno/esterno – dove l’interno corrisponde

relazioni intime – permette di dissotterrare molti dei “segreti di

all’intimità della vecchia, grande casa borghese, un labirinto di cunicoli e

famiglia” accuratamente nascosti sotto le assi del pavimento. Ultimo

anfratti in cui si accumulano oggetti, mobili coperti da teli, tubi,

Tango denuncia l’istituzione della famiglia borghese come luogo di

materassi e divani che nascondono colpevoli erotismi, e l’esterno è la

violenza e repressione, ipocrisia e paralisi morale, cieco conformismo,

strada dove alla fine i protagonisti sono costretti a scendere se vogliono

omertà, indifferenza ai veri bisogni e desideri degli altri. Nel suo

sperimentare (e risolvere) pubblicamente i loro confitti. Uno spazio così

“discorso sulla famiglia”, l’americano Paul (Marlon Brando) svela il vero

concepito rimanda ad altre due opere, Ultimo tango a Parigi e The

volto di quella “santa istituzione inventata per educare i selvaggi alla

Dreamers. Al centro di questi tre film vi è infatti un nucleo tematico

virtù, santa famiglia, sacrario dei buoni cittadini” dove “la volontà è

38


Cinema e filosofia

spezzata dalla repressione, la libertà è assassinata dall’egoismo”. La vera

cruda del dominio di genere. Il vero scandalo di questa scena non è dato

potenza di questa preghiera blasfema risiede tutta nel fatto che Paul la

da ciò che succede in essa o da come ci si è arrivati, ciò che è

pronunci proprio mentre sta mettendo in atto una delle forme massime

insopportabile è la verità che mette in scena. Non è il film a essere

di violenza annidate in seno alla famiglia – quella inflitta da padri, mariti,

scandaloso, ma la società che permette (e giustifica) la violenza. La sua

amanti sulle loro donne.

rappresentazione nuda e cruda rende esplicito ciò che nelle pratiche

La famosa e infame cosiddetta “scena del burro” è stata fino a oggi

della famiglia borghese rimane sempre implicito, latente, e una tale

sotto il mirino di scandalizzati critici, più o meno avveduti: in una

estrinsecazione, in cui la realtà sfonda il vetro della macchina da presa,

recente dichiarazione, il regista ha infatti confessato di aver a suo tempo

apre alla possibilità di un superamento della violenza e dell’inizio di

concordato la scena dello “stupro” solo con Brando, lasciando Maria

qualcosa di nuovo. Nel proseguo della loro relazione, infatti, Paul e

Schneider all’oscuro di tutto (del resto, la cosa era già nota da precedenti

Jeanne provano a superare la contraddizione tra violenza e critica della

interviste alla Schneider). Bertolucci, che evidentemente non confidava

violenza sviluppando una forma nuova di relazione, in cui la passione

nella recitazione della sua attrice, giustifica anche oggi la sua scelta

feroce si accompagna alla cura, la dedizione ad una certa reciprocità

adducendo la necessità di conferire più veridicità alla già sgradevole e

(simbolicamente rappresentata nella scena in cui Jeanne, dopo essersi

drammatica sequenza. Non intendo qui sostenere l’argomento libertario

tagliata le unghie, penetra Paul con le dita), in cui il rispetto dell’oscurità

(e anti-femminista) della priorità della ragione estetica su quella etica (si

dell’altro permette una conoscenza più autentica. Una simile relazione

badi, comunque, di non confondere, come spesso è accaduto nei

ha potenziale rivoluzionario, e merita di uscire dall’appartamento sfitto e

dibattiti su questa spiacevole vicenda, l’imposizione di una scena non

pieno di muffa, scombussolare i passi degli indifferenti ballerini di

voluta con uno stupro anale vero e proprio, che ovviamente non è mai

tango,

avvenuto.) È però innegabile che la violenza perpetrata da

sperimentazione domestica, dove le contraddizioni sono dolorosamente

Bertolucci/Brando sulla Schneider, che si somma a quella di Paul su

portate fino al loro punto di rottura, alla dimensione pubblica è

Jeanne, ha l’effetto di intensificare la rappresentazione dell’essenza più

destinato a fallire. Jaenne alla fine si spaventa; il suo sovversivo amore

39

risignificare

il

passato.

Purtroppo,

il

passaggio

dalla


Quaderni della Ginestra

viene relegato all’eccezione privata e particolare, che può rompere solo

riflettere privatamente sulla (loro) rivoluzione. Il padre, un poeta ormai

temporaneamente con lo status quo senza superarlo davvero. La

inascoltato, e la madre, dolce e silenziosa casalinga, sono mandati in

condanna a morte del suo amore proibito – che significativamente

esilio fuori Parigi. I figli provano ad appropriarsi del futuro

avviene nella riconquistata casa paterna, con la pistola del padre –

espropriando per prima cosa quello spazio privato, il grande

promuove il ritorno all’ordine. Ma la violenza della restaurazione è

appartamento borghese dei genitori, che è la sede simbolica e il cuore

ancora più terribile di quella rivoluzionaria, anche se si giustifica come

stesso della società sotto accusa. Gli ossessivi giochi intellettual-erotici

reazione a quest’ultima: Jeanne farà credere di aver voluto evitare uno

dei tre ragazzi, che ormai non lasciano più l’appartamento nemmeno

stupro. Il maschilismo di Bertolucci (il suo o quello della società che sta mettendo in scena – fa molta differenza?) sta tutto in questo sconsolato finale: mentre il personaggio maschile era pronto a cambiare e ad andare avanti, quello femminile non può infine che restare inchiodato al suo ruolo di vittima. The Dreamers (2004) può essere guardato ora come una riflessione a posteriori sulle ragioni del fallimento di quella rivoluzione sognata dai sessantottini e sfociata, solo pochi anni dopo, nel conservatorismo regressivo malinconicamente rappresentato dal finale di Ultimo tango. In realtà, il lavoro di Bertolucci sul maggio francese, come già esemplarmente in Novecento, consiste in una certa genealogia del movimento sociale. Come in Ultimo tango, anche qui i protagonisti, i due gemelli parigini Isabelle (Eva Green) e Théo (Louis Garrel) e il loro amico americano Matthew (Michael Pitt), si chiudono in casa per

S PINE E RUGGINE VIA PARADIGNA, PARMA

40


Cinema e filosofia

per

andare alle manifestazioni, diventano il loro laboratorio

rivoluzionario privato.

esterno. Lo schermo del cinema non può più rimanere lo schermo che “schermava noi, dal mondo” (Matthew), ma viene infranto dal sasso di

L’espropriazione ha prima di tutto, naturalmente, un significato

un manifestante lanciato contro la finestra dell’appartamento.

economico. Le provviste e il denaro lasciato dai genitori vengono

Scendendo in strada, la riflessione diviene azione; tensioni e conflitti

sperperati senza riguardi: il privato diventa il luogo dell’esaurimento

privati possono essere risolti, positivamente o negativamente, solo nello

della proprietà privata. In secondo luogo, il rapporto tra i sessi viene

spazio pubblico, in cui le immagini di una società alternativa non sono

elaborato da una complicatissima conformazione edipica, dove il ruolo

già date (dall’arte, per esempio) ma devono essere create tutte daccapo.

materno viene giocato e distorto dalla trasgressiva e insicura gemella, il

Il finale di The Dreamers non lascia però molto spazio, come non lo

ruolo paterno si divide tra un gemello narciso e possessivo e l’amico,

lasciava il finale di Novecento, all’ottimismo rivoluzionario. L’evento dei

l’ospite straniero. I generi e i rapporti di potere rimangono, ma le

giovani del maggio parigino infervorati nelle strade e nelle piazze ha

gerarchie (almeno quelle generazionali), così come i risparmi, vengono

solo l’apparenza di quell’evento imprevedibile che dovrebbe intervenire

spazzati via, liberando il campo per ulteriori sperimentazioni. Il motto

a interrompere brutalmente il corso normale del tempo e a spezzare i

sessantottino dell’“immaginazione al potere” significa, per i sognatori di

vincoli dello status quo. Secondo la rappresentazione di Bertolucci,

Bertolucci, andare a ritrovare in quel potente immaginario collettivo

infatti, l’interno diventa esterno solo come mossa disperata per salvare

costituito dalla storia del cinema degli alter ego da reinterpretare (come i

una sperimentazione privata ormai giunta al limite della sopportazione.

freaks di Tod Browning, la regina Christina di Rouben Mamoulian, «e

Il sasso (l’evento) arriva a rompere la finestra e salva Isabelle dalla

naturalmente Franz, Arthur e Odile di Band à part), mimando una

vergogna di essere stata scoperta dai genitori nelle sue illecite liaisons

rivoluzione che verrà – o che forse sta già accadendo, altrove, e senza di

(molto interessante, in questo frangente, la reazione dei genitori che, alla

loro. Ma in fondo, sentenzia Théo, Mao è un “grande regista, che fa un

vista dei figli e dell’amico abbracciati nudi in una tenda in mezzo al

film con un cast di milioni di persone”.

salotto, decidono semplicemente di lasciare del denaro su una credenza,

Anche qui come in Ultimo tango l’interno deve, alla fine, diventare

41

e se ne vanno senza dire una parola. I legami sociali, di amore e di


Quaderni della Ginestra

potere, si riducono a una transazione economica.) Una volta in strada,

loro ordinate geometrie comportamentali, come quelle delle formiche,

poi, il legame tra Matthew, Théo e Isabelle si allenta subito, nell’esatto

gli danno un senso di armonia e sicurezza impossibile da trovare tra i

momento in cui la violenza rivoluzionaria interdice l’americano e lo

suoi simili. La casa borghese, che nei film precedenti era stata, come

spinge a ritrarsi nel suo individualismo, mentre i gemelli al contrario si

abbiamo visto, il luogo privilegiato di riflessione e sperimentazione, non

concedono entusiasti all’abbraccio della folla, che li purifica e assolve. I

è ormai più usufruibile per questi scopi. Gli adulti sono tornati a essere

conflitti che erano stati elaborati privatamente non vengono davvero

padroni in casa loro, non sembrano esserci vie di fuga da un reale che ha

svolti all’esterno, sono piuttosto messi in stand by e rimossi, ma

ormai occupato ogni spazio del possibile. Non resta allora altro da fare

riappariranno poi con virulenza nel periodo post-rivoluzionario (il set di

che ritirarsi ancora più in profondità, scendere in cantina, andare alle

Ultimo tango).

radici di un mondo ormai divenuto completamente ostile per i

L’ultimo film di Bertolucci riprende lo schema interno vs. esterno, ma

con

alcune

differenze

strutturali

che

lasciano

sognatori. Il sottosuolo, che doveva inizialmente servire come rifugio

spazio,

dal mondo, si rivela però ben presto un luogo magico, uno spazio che si

inaspettatamente, a una prognosi più felice della società contemporanea.

allarga gradualmente mano a mano che il passato rimosso,

Inaspettatamente, perché la diagnosi da cui Io e te prende il via è una

simbolicamente rappresentato dalle cianfrusaglie e dai tesori ammassati

delle più cupe di sempre: siamo a Roma, in uno dei momenti più acuti

nei molti scatoloni di cui la cantina è ingombra, viene di nuovo a galla.

della presente crisi europea, e le condizioni per qualsiasi tipo di pretesa

La trasformazione del sottosuolo non è però opera della coscienza

o discorso politico sembrano del tutto assenti – “Non volevo perdere

solitaria e distaccata di Lorenzo, ma diviene possibile solo nel momento

tempo con la politica”, ha dichiarato infatti Bertolucci in un’intervista.

in cui l’esterno irrompe nell’interno scombussolando i piani ordinati e

Lorenzo (Jacopo Olmo Antinori), l’adolescente protagonista, non è

ossessivi del giovane. L’evento rivoluzionario – che in The Dreamers

interessato ai rapporti umani, e si auto-esilia nella posizione

arrivava tardi, un ultimo disperato appello a uscire da se stessi – appare

dell’osservatore neutrale. Oggetto preferito delle sue osservazioni sono

qui invece nella cascata dei capelli biondo-rossi della sorella Olivia (Tea

gli animali, meglio se piccoli e racchiusi in gabbie o teche di vetro; le

Falco): nel momento in cui la chioma si riversa fuori dalla cuffia nera

42


Cinema e filosofia

illuminando la cantina, il film prende il via, e il possibile comincia ad

sistema economico e morale dominante. Il punto di partenza, per

aprirsi una fenditura nelle maglie rigide del reale. La possibilità del

Bertolucci, è ancora l’intimità dei rapporti interpersonali, la cui

cambiamento è contenuta allora nel rapporto che lentamente si

“microfisica del potere” rappresenta un luogo privilegiato per esaminare

costruisce tra fratello e sorella, entrambi incapaci di seguire le regole del

dinamiche sociali più estese. È nelle ambivalenze e ambiguità del

normale vivere in comune (Lorenzo preferisce la compagnia delle

delicato rapporto d’amore che s’instaura tra Olivia e Lorenzo che

formiche a quella dei suoi compagni di scuola, Olivia è una drogata che

comincia a farsi strada, ora con più forza che altrove, quella che

ritiene di non meritare l’amore di nessuno). La possibilità di cambiare

potrebbe essere considerata la chiave di una rivoluzione che verrà:

queste regole, per fare in modo che ognuno possa essere accettato nelle

ovvero, un’idea di libertà che non deve essere più “assassinata

sue stranezze e particolarità, parte dal fragile tentativo di avvicinamento

dall’egoismo”,

tra due estranei – come in fondo lo sono tutti i famigliari, nel modello di

apparentemente radicali. Perché la liberazione dall’ordine vigente può

famiglia che Bertolucci mette sotto accusa – che si ritrovano nella

partire solo dalla libertà che si sperimenta in quei forti vincoli tra esseri

comune esigenza di dire la verità. Sia gli azzurri occhi spalancati di

umani in cui ognuno/a è intrinsecamente dipendente dall’altro/a e,

Lorenzo, sia i tristi e consapevoli occhi di Olivia accettano di guardare

grazie all’altro/a, può trovare se stesso/a. Solo con questa

dritti in faccia quei “gioielli di famiglia” che mano a mano emergono dai

consapevolezza si può alla fine uscire dal sottosuolo nella debole luce

loro stentati discorsi: la verità sui loro indifferenti genitori, la verità sugli

del mattino, e iniziare a camminare verso un qualcosa che potrebbe, in

affari di Olivia, la verità sulla droga che “no, non è una figata, perché ti

effetti, essere diverso da com’era prima.

dall’indifferenza,

dalle

soluzioni

facili

e

solo

fa diventare indifferente, cattivo, come me.” Dopo che le rivoluzioni del passato sono state chiuse negli scatoloni e buttati nel fondo del nostro inconscio collettivo, la possibilità di una nuova rivoluzione è ancora tutta da riconquistare, da strappare a una trama del reale che non sembra lasciare spazio per nessuna alternativa al

43

FEDERICA GREGORATTO



Letteratura e filosofia

IL FRANCO CACCIATORE

A

L’onnipresente tema del solitario distacco del poeta è nella separazione dalla fisica del mondo, è nel collocarsi insistito nelle “aree di

tratti rieccheggiante Essere e Tempo di Heidegger e altresì ben in

frontiera”, “nell’ultimo borgo”, nei “luoghi non giurisdizionali”, in una

sintonia con la nuova coscienza europea post-bellica, la poesia di

sorta di esilio da tutti i luoghi. Caproni vive un profondo conflitto tra la

Caproni afferra entro semplici strofette risolutive i nuclei del negativo e

spinta della ragione e la “resistenza del muro della terra”, tra tensione

del senso di drammaticità dell’esperienza contemporanea. Per usare le

metafisica e vuoto della risposta.

parole di Giulio Ferroni 1, essa «non è filosofia, né musica, ma confronto

Il tema della solitudine distaccata si accompagna a quello della ricerca

essenziale con la condizione della musica e di una parola poetica,

di un contatto con Dio. Tra le righe delle parole poetiche si leggono

filosofica che egli riconosce come a-filosofia. La parola produce a-

richiami a un’opera di Heidegger 2, Contributi alla filosofia, nella quale viene

filosofia, attinge a nuclei sotterranei del pensiero e alla privazione stessa

introdotto il concetto dell’ “ultimo Dio”: «è il Dio che passa, o per

del pensiero»

meglio dire, è il Dio del passaggio […] che viene, sempre e solo,

Le opere costituenti la Trilogia Il Muro, Il Franco Cacciatore, Il Conte di Kevenhüller

sono

assimilabili

per

la

progettazione

strutturale,

fuggendo» 3. Dio non potrebbe venire in stabile presenza perché resterebbe prigioniero della metafisica.

l’orchestrazione da partitura musicale, le affinità tematiche e le scelte

Per il poeta l’oltranzistica variazione del tema cardine dell’esilio come

stilistiche. Ognuna di esse costituisce un organismo strutturale

terra bruciata è associata alla morte di Dio, alla Sua inesistenza e

composto e calibrato con attenzione in cui i singoli componimenti

necessità, all’impossibilità di scovare il Deus Absconditus, ma anche di

acquistano significato dal sistema delle reciproche relazioni. La tessitura

cancellarne il nome. Il poeta attraversa luoghi solitari e desolati di

discorsiva non è rigida, ma flessibile, per cui ogni momento della

superfici opache dove luci e ombre si confondono tra il pulviscolo o la

raccolta è considerabile centrale. Le ambientazioni sono nebbiose e

nebbia; in questi indeterminati spazi si manifesta, a volte, il Dio

plumbee trasparenze dove le epifanie sono “asparizioni”, termine creato

nascosto.

dal poeta per indicare brevi e evanescenti visioni di persone care.

45

Il mondo poetico di Caproni, lettore anche di Schopenhauer e


Quaderni della Ginestra

Kierkegaard, è presso i confini dell’assoluto. Infatti gli scenari sono

Freischütz di Karl Maria von Weber al cui contenuto rinviano alcuni

spazi inesplorabili, terre di frontiera, terre di nessuno. In questi luoghi-

motivi sviluppati nelle poesie. E’ peculiare la struttura a partitura

limite l’uomo cerca rifugio nell’ambiguità, nel baratro tra l’essere e il non

musicale dove scorre sottile il rapporto tra pausa e silenzio, gli spazi

essere, in un’aria rarefatta di montagna in cui si respira un silenzio di

vuoti dividono le strofe e traforano le parole. Il verso è brevissimo e

minaccia. La poesia si fa metafisica ed entra nei luoghi dell’altrove.

spesso interrotto, l’uso della pausa grafica è sapiente.

L’assoluto, se esiste, secondo il poeta abita nell’ambiguità, impenetrabile

Il volume, articolato in diverse sezioni, si apre con una poesia-

e trasparente. L’uomo nella sua ricerca tenta di percorrere questi

prologo intitolata Antefatto. Il protagonista è un cacciatore che aspetta

itinerari vaghi e rarefatti, ma non riesce a stabilire che un fuggevole e

invano la sua preda a cui riserva in straziata allegria un impossibile colpo

oscuro contatto con la divinità.

fulminante. Oggetto di ricerca di numerosi appostamenti da parte di

Il tema della ricerca di Dio come teologia negativa è confermato in

personaggi sconosciuti, l’Assoluto è onnipresente nella prima sezione

un’intervista concessa da Caproni un anno prima della morte a

intitolata Lui: è Dio questo lui già negato, inseguito e implorato nel Muro

Domenico Astengo. In essa il poeta apprezza una recensione di G.

della Terra. Il cacciatore, appostato e guardingo, attende di vedere, cerca

Testori al Franco Cacciatore: «mi ripaga… pochissimi si sono ricordati del

di non spaventare per non indurre alla fuga. Nell’uomo avviene un sorta

mio povero fraticello deriso, che già nel 1961, pregava non “perché Dio

di combattimento interiore: da una parte c’è il bruciante sentimento di

esiste” ma “perché Dio esista”» 4. Come afferma G. Barberi Squarotti

attesa e ricerca della presenza di Dio e dall’altra si manifesta un

«Caproni affronta la congiunzione rinnovata tra poesia e teologia

ripiegamento pessimistico che conduce alla negazione di Dio.

attraverso un’estrema serietà, nudamente tragica, all’opposto della

Nel momento della ricerca, del negativo e della non-esistenza, la

stravolta ironica, satiricamente grottesca teologia negativa dell’ultimo

poesia di Caproni si pone come agonia, come lotta tra sentimento

5

Montale da Satura in poi» .

religioso e esistenziale, tra memoria della fede e ombra dell’ateismo. Ne

Quando nel 1982 esce Il Franco Cacciatore una parte dei testi della

L’occasione il cacciatore ai margini della selva ha finalmente l’opportunità

raccolta era già stata pubblicata in varie sedi. Il titolo ricalca Der

attesa, mira in alto «una stella/o l’occhio (il gelo) di Dio». Si tratta di un

46


Letteratura e filosofia

Dio che esiste sempre e solo nella negazione, «nell’attimo che lo uccidi»

Tommaso da Celano e dedicato alla descrizione della fine del mondo e

- risponde il cacciatore della Ribattuta al guardiacaccia dal sorriso

del giudizio universale, assume per il poeta un significato ironico e

sardonico che non ha mai visto “la preda” ricercata da tutti. Ritorna in

stravolto. Non si tratta del «Dies irae, dies illa» in cui si manifesta la

quei versi il tema del Dio pensabile solo «come Non essere, Nulla» di

presenza irata di Dio al momento del Giudizio. Il solo sintagma “dies

rensiana memoria. Parallelo legittimato dallo stesso Caproni, il quale

illa” allude alla morte, vista come un evento niente affatto risolutivo. A

aveva riconnesso l’impressionismo d’intonazione ligure del suo primo

questo proposito “Lo stoico” afferma «sei solo con la tua coscienza» e

libretto Come un’allegoria a un fondo filosofico scettico, storicamente

in eco risponde “Il perfido” «puoi anche farne senza». Per “stoico”

riattivato in Italia tra le due guerre dal pensiero di Giuseppe Rensi 6.

probabilmente non va inteso il seguace della concezione filosofica: il

La ricorrente e aggressiva metafora della caccia fa parte dell’inchiesta

poeta si riferisce al significato comune del termine, quindi uomo forte

metafisica: la caccia assicura l’uccisione di Dio e con la sua uccisione

d’animo, di alto sentimento morale. Per lui non c’è giudizio nell’aldilà e

l’affermazione della sua esistenza. In Ribattuta l’incatturabilità della

il bene e il male delle azioni umane sono sottoposti al controllo della

preda esprime la tensione metafisica ai bordi del vuoto e del nulla e in

coscienza individuale, senza speranza di premio e senza timore di

Conte si ripropone la caccia all’allegorica, polivalente bestia. La ricerca di

punizione. Dal punto di vista de “il cattivo” la conclusione è un’altra:

Dio è sempre polimorfa: ad esempio, in Determinazione Dio, ricercato

l’azione umana, liberata dal controllo del giudizio di Dio, può anche

attraverso la parola «odio», è già stato pugnalato e abbandonato; ma fare

affrancarsi dal proprio autocontrollo e fare a meno della coscienza, cioè

a meno di lui non è possibile, per sentirsi vivi occorre odiarlo.

del sentimento morale. Il fatto che questa conclusione sia posta in

Altrove l’enfasi di Caproni riguarda la morale e il giudizio. In Dies illa

explicit può sottolineare implicitamente che sia la più vera e praticata

si esprime un “dopo” in senso temporale, l’abolizione di un giudizio

dagli uomini. La morte è rappresentata come la definitiva perdita

universale, di un aldilà che non c’è. È sottintesa la nozione d’immanenza

dell’identità individuale, «il nome vale come un sasso». Manca l’aldilà e

della morte nella vita che ritorna in Coretto. Di contro al suo significato

un tribunale che possa distinguere l’uno dall’altro.

originale, “dies illa”, la celebre seconda parte del verso attribuito a

47

In Telmessa l’umanità fragile di un Dio che gli uomini creano anche


Quaderni della Ginestra

uccidendolo, di un Dio che c’è quando non c’è e scompare quando è

suoi versi Caproni li descrive popolati, freddi, aridi, desertici, irti di

affermato con forza, ha una sua epifania in un luogo umile e privato del

montagne; in essi il poeta vaga da solo alla ricerca di qualcosa o di

quotidiano, “il cesso”. Nel suo manifestarsi Dio fugge e piange perché

qualcuno ai confini con lo spazio umano e terrestre tra il silenzio rotto

la voce che lo riconosce era “repellente”, «Gridava come un ossesso

solo da qualche colpo di fucile: interruzioni sistematiche e ricorrenti

“Cristo è qui! LUI! Qui fra noi! Adesso!”». Nell’orizzontalità della

perché, come afferma Edoardo Albinati, «chiudono, tagliano il racconto

visione di Caproni sono indistinguibili l’al di qua e l’aldilà.

gli spari, i rimbombi metafisici» 7. Gli spazi sono astratti, di aria rarefatta,

Il Franco Cacciatore è la tappa di un viaggio che conduce il poeta verso

coordinate mentali e non fisiche, montagne taglienti, metalliche,

la fine, dove il mondo appare in dissolvenza, in sostanza spettrale, in

percorse da una perpetua guerra in una Mitteleuropa vaga,

dispersione. La connotazione di volatilità e di dispersione ritorna più

convenzionale, poco popolata e selvatica. Attraverso freddo, gelo,

volte anche attraverso soluzioni ritmiche interne ai versi (assonanze,

ghiaccio la percezione sensoriale si trasforma in paradigma universale. Il

allitterazioni), misure versali più brevi (quinario, novenario); il

Paesaggio è bianco, nudo, vitreo, composto di epifanie inquietanti,

predominio della sensorialità si costruisce attraverso l’eco vaga e fugace

sembianze umbratili, asparizioni, precarie apparizioni, esperienze

di timbri e di parole labili.

estreme, rarefatte avventure mentali. Il pensiero del poeta spazia tra

E’ questo il senso del mondo per Caproni: un luogo in cui siamo

l’orizzonte fisico e l’universo metafisico, dal dato vitale, autobiografico,

impegnati in combattimenti fino allo sterminio finale o lo scenario di

alla

concettualizzazione,

una grande caccia dove tutto è possibile. Può capitare di sparare a Dio o

mentalizzazione del vissuto.

alla

saldatura

idee-immagini,

alla

a se stessi senza riconoscerlo o riconoscersi in un contesto in cui gli

In L’ultimo borgo l’immagine si fa ancor più astratta, estrema e

assassini, come nel Fagiano, hanno lo stesso volto della vittima. In

definitiva, la tensione speculativa acuminata ha il suo referente

‘Inserto’ la parola è assente, è accertata l’impotenza del linguaggio ad

storicamente autentico in un’esperienza di guerra vissuta dal poeta. La

afferrare l’essenza poiché la nominazione significa distruzione.

situazione è densa di attesa, di oscuri presagi; i personaggi sono immersi

Un particolare approfondimento meritano i paesaggi: attraverso i

in una nube vuota di pensieri, qualcuno di non precisato si affanna nella

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Letteratura e filosofia

caccia a qualcun altro o nella ricerca di un luogo tra segni di rovina e un

atteso in Antefatto. Non si tratta di un sortilegio come per il

vuoto incombente. Il racconto è trasparente e ambiguo, nitido nel

guardiacaccia Max che nel Freischütz abbatte l’aquila, oggetto della caccia,

significato letterale, ma rimanda a un senso ulteriore, al valore allegorico

con una pallottola fatata sparata verso un punto distante e casuale del

del viaggio verso luoghi non giurisdizionali. L’ambientazione è

cielo. Il Franco Cacciatore si chiude con un incantesimo negato, una

paesaggistica e territorio della mente, in una parabola di spoliazione del

diabolica predilezione. La terrificante globalità dell’universo annulla le

reale e della misura del reale che è il tempo. La poesia si chiude con

linee distintive tra terra e oltretomba; l’universo si mostra indifferente

l’immagine di un tramonto «tra l’ultima rondine e la prima nottola» e si

alla presunzione antropocentrica e nega all’uomo qualsiasi via di fuga o

accompagna alla sensazione uditiva dell’acqua che scroscia, del tutto che

la possibilità di salvezza. L’aldilà è inesistente e la comunicazione con i

scorre.

morti è impossibile come la nuda esperienza di ‘Riandando, in negativo,

In Poesia per l’Adele si attua in termini netti e perentori l’appartenenza

a una pagina di Kierkegaard’ che testimonia: «I morti/ restano morti e

di Caproni al mondo della morte e dei morti. La mente è bianca, il

invano/ li richiama il pensiero». Al cacciatore di In Boemia non resta che

bianco dei luoghi di trasparenza, dei luoghi di epifanie e delle

spezzare il fucile, segno estremo dell’impossibilità di conquistare la

apparizioni labili (asparizioni) dei morti.

preda.

Un pensiero, leopardiano nella negazione dell’antropocentrismo, è al

ELISA ZIMARRI

centro della fumosa osteria di paese de All’osteria. C’è qui una dicotomia tra la dimora terrestre e l’ubicazione negli spazi siderali oltre all’oltremorte. E’ tangibile la presenza della realtà descritta minutamente per enumerazione, in una geografia precisa, in-frequentata e puntuale nel fissare una consistenza che è solo evanescenza. La raccolta Il Franco Cacciatore si chiude con In Boemia, omaggio all’ opera di Weber. Si ode uno sparo, viene colpito il predace, a lungo 49

1 G. Devoto (a cura di), Per Giorgio Caproni. Tavole rotonde, in «Trasparenze», 2, 1997, p. 23. 2 Uno degli autori preferiti da Caproni. 3 Cfr. C. Esposito, Heidegger, Bologna, Mulino, 1982, p. 127. 4 G. Testori, Una straziata allegria, Corriere del Ticino, 11 febbraio 1989. 5 G. Barberi Squarotti Poesia e Teologia: l’ultimo Caproni, in G. Devoto e S. Verdino (a cura di), Genova a Giorgio Caproni, San Marco dei Giustiniani, Genova, 1982. 6 Giuseppe Rensi ricoprì la cattedra di filosofia morale presso l’Ateneo di Genova dal 1918 ai primi anni ’30: in quell’epoca Caproni ne seguì le lezioni. 7 E. Albinati Su motivi caproniani in «Nuovi Argomenti», aprile-giugno, 42, 1992.


Quaderni della Ginestra

NON METTERTI CONTRO TE STESSO: L’EGEMONIA DEL CASO NELL’ULTIMO ROTH

«V

pensiero astratto («quando si parla di filosofia e di metafisica mi addormento»), la rilevanza filosofica di alcuni temi temi trattati in Nemesi. Questioni come la responsabilità di fronte agli altri, la sofferenza

i avviso, ho smesso: Nemesi è il mio ultimo libro». Con queste

inevitabile e la relazione tra Dio e il male attraversano dall'inizio le

parole perentorie, pronunciate a sorpresa lo scorso ottobre

pagine di un romanzo ambientato a Newark nell'estate di guerra del

durante un’intervista rilasciata alla giornalista francese Nelly Kaprielian,

1944 in una città angosciata da un'epidemia di poliomielite che colpisce

Philip Roth ha annunciato il proprio addio alla scrittura. Lo ha fatto a

soprattutto i bambini.

suo modo, scegliendo parole decise, scabre, degne dei suoi personaggi,

Il nemico, in questo caso, appare inarrestabile: non si sa se la malattia

ponendo in luce sia le difficoltà del rapporto quotidiano con la scrittura,

sia arrivata dal cibo o dall'aria e neppure se sia stata diffusa da untori

sia il timore di fronte alla mancanza dell'attività letteraria. Nel dialogo

compiaciuti o inconsapevoli, ma tutti – come afferma il protagonista

con Kaprielian, lo scrittore di Newark ha messo soprattutto in evidenza

Bucky Cantor, animatore di un campo giochi frequentato dai bambini

l’immagine della propria relazione con la creazione artistica,

del quartiere ebraico di Weequahic – «cercano un responsabile per

un’immagine che consegna Roth alla tradizione degli autori che, come

poterlo colpire».

Flaubert e Kafka o, in tempi più recenti, Vittorio Sereni, considerano

È proprio Mr. Cantor – così lo chiamano i bambini del campo e i

l’esperienza della scrittura come un male necessario, un pericolo che

loro genitori – uno dei personaggi più insoliti nella costellazione di

salva o, quantomeno, un gesto contraddittorio che concede spazi di

figure maschili tratteggiate da Roth. Il tema freudiano della rivalità

significato e di gratificazione, ma che espone ai rischio del fallimento.

edipica lo riguarda nel modo della differenziazione e non della

Nell'intervista con Nelly Kaprielian Roth non si è limitato, peraltro, a

competizione: reagisce all'indifferenza del padre, che lo ha abbandonato

rivisitare complessivamente la propria produzione narrativa e a

alla morte della moglie, adottando un atteggiamento di generale

denunciare la fatica sottesa al mestiere di scrivere, ma ha sottolineato

responsabilità e ricercando modelli alternativi rappresentati da uomini

con forza, sia pure mostrando una certa insofferenza nei confronti del

adulti che sanno dimostrare serietà, autorevolezza ed equilibrio come il

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Letteratura e filosofia

nonno materno, i cui insegnamenti costituiscono una sorta di eredità

adolescenti del campo giochi, il ragazzo che «faceva bene tutto dalla

valoriale, o il dottor Steinberg, padre della sua fidanzata Marcia, che

prima volta».

rappresenta per lui un valido esempio genitoriale.

Questo lutto, non il primo sofferto da Cantor, oltre a mettere in

Anche rispetto alle istanze di autoaffermazione, tipiche di tanti

discussione l'insieme di certezze – dedizione, disciplina e fiducia – che

protagonisti della vasta produzione rothiana, Bucky Cantor rappresenta

governano la sua vita, fa vacillare il suo complessivo orizzonte di senso:

un elemento isolato: è un uomo che, attraverso un'istintiva generosità, si

nell'epidemia, «la guerra di distruzione e di annientamento contro i

realizza nel prendersi cura degli altri, dei bambini del campo come della

bambini di Newark», il giovane insegnante di educazione fisica

nonna vedova, convinto che – come suggerisce il titolo di una soap

riconosce la stessa sofferenza ingiustificata che è alla base della sua

radiofonica amata dalla nonna, Life can be beautiful – la bontà e la bellezza

condizione di orfano e individua nella natura di Dio la responsabilità di

del vivere risiedano nella capacità di affrontare con forza il male e di

tale situazione.

proteggere i più deboli.

Un brusco salto di prospettive che trasforma Cantor da sereno

L'originaria propensione al dono, la convinzione di un senso buono

assertore delle possibilità umane di resistere al male in un accusatore di

dell'esistenza non esauriscono tuttavia la complessità del mondo

Dio: come Ivan Karamazov, Cantor non rifiuta l’ipotesi di Dio, quanto

interiore di Bucky Cantor: ci sono anche zone d'ombra o, in modo più

la sua creazione in cui è prevista la possibilità della poliomielite. Al

esplicito, espressioni di risentimento, di odio e di recriminazione che si

protagonista

esprimono soprattutto nella sua relazione con il divino. Una relazione in

argomentative e di approfondimento speculativo che caratterizzano il

cui il personaggio principale di Nemesi chiama in causa Dio come autore

personaggio di Dostoevskij, ma ad animare entrambi è la stessa protesta

del male, come un padre che fa soffrire le proprie creature.

interiore, venata di una radicale inquietudine.

di

Nemesi

mancano

sicuramente

quelle

capacità

Nella sequenza narrativa definita da Roth è un episodio, in

Un'inquietudine che si rafforza con il progredire dell'epidemia e che

particolare, a mettere in evidenza gli aspetti più tormentati del

porta il personaggio principale del romanzo ad una scelta sofferta:

personaggio in questione: la morte di Alan Michaels, uno degli

abbandonare Weequahic, lasciare i suoi ragazzi e continuare la sua

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Quaderni della Ginestra

attività altrove, a Indian Hill, vicino alla fidanzata Marcia.

l'ultimo capitolo di Nemesi. Nel passaggio da uno stile impersonale alla

Una scelta senza alcun risultato perché i dubbi lo tormenteranno

narrazione in prima persona, l'autore si affida alla voce e alla memoria di

anche nel contesto più sereno delle Pocono Mountains: il suo primo,

Arnold Mesnikoff, uno dei ragazzi di Weequahic, che, ormai

vero litigio con la sua ragazza – descritto nel secondo capitolo di Nemesi

quarantenne, incontra per caso il suo ex insegnante nel 1971.

– riguarda proprio Dio: Marcia accoglie Bucky dicendo di avere pregato

Arnold, cui l'infermità non ha sottratto il desiderio di crescere né gli

per lui, perché fosse risparmiato dalla malattia. Di fronte a tale

ha impedito di affermarsi come architetto esperto nella rimozione di

affermazione la reazione del protagonista sta tutta in una domanda:

barriere architettoniche, fatica a riconoscere l'uomo che – è questa

come si può ancora pregare? Come possono farlo «gli ebrei dopo la

ccccccc

maledizione che li ha colpiti?» Com'è possibile stabilire una relazione fiduciosa con il divino quando si è immersi nell'esperienza del male e della sofferenza? Domande che nello sviluppo della trama, e quindi nella vita di Bucky Cantor, sono destinate a rimanere senza risposta, travolte dall'avanzare del contagio: anche a Indian Hill altri alunni vengono colpiti dalla poliomielite e Cantor comincia a credere di essere in qualche modo responsabile della diffusione della malattia. Una serie di esami clinici, fatti per scrupolo, per togliere ogni dubbio rispetto alla sua condizione di portatore sano, svelano, invece, la presenza del virus. La sofferenza adesso tocca il corpo, l'esistenza concreta di Cantor: a questo ulteriore cambiamento – l'irruzione della disabilità nella vita di un uomo dedito principalmente ad un'attività fisica – Roth dedica

L’ULTIMA PROTEZIONE VIA PARADIGNA, PARMA

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Letteratura e filosofia

l'immagine che conclude Nemesi – sembrava invincibile nell'atto di

senza dover essere costretti a decifrare tracce di senso o a dare

lanciare il giavellotto, ma una persona che non è stata in grado di

spiegazioni plausibili del nostro essere al mondo.

comprendere quella tragica mancanza di senso in cui ogni vita umana è

L'intera esistenza è senza un perché: questo è, in estrema sintesi, il

collocata: l'insegnante non si è rassegnato alla propria sofferenza né a

messaggio di un Roth vicino a Nietzsche e Freud nel considerare

quella degli altri, ha rinunciato al matrimonio con Marcia, è ancora

illusoria e malsana ogni prospettiva affacciata sulla trascendenza. Un

convinto di avere contribuito a diffondere la poliomielite e, infine,

messaggio che, nelle pagine di Nemesi, si fa ascoltare con forza, come

continua nelle proprie invettive nei confronti di un Dio assente o,

una protesta che continua a provocarci anche quando la questione del

peggio, responsabile del male.

senso ci sembra irrinunciabile.

Secondo il punto di vista di Mesnikoff – nel quale non è difficile riconoscere lo sguardo disincantato di Roth – si tratta di un modo irrazionale di confrontarsi con la finitezza: è irrazionale voler rintracciare un'origine trascendente del bene e del male che circondano la vita dell'uomo, è irrazionale sentirsi responsabili di fatti che non dipendono da noi. Quello che possiamo fare ragionevolmente, invece, è non metterci contro noi stessi, accettando i nostri limiti senza aggiungere ulteriori sofferenze a quelle che giungono dal mondo esterno. Con le parole di Mesnikoff, dunque, Roth ci affida, al termine di un denso romanzo di formazione, tutta l'amarezza delle proprie riflessioni: per esercitarsi a vivere bene è necessario riconoscere l'egemonia del caso; diventare adulti, allo stesso modo, significa immergersi nella vita

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LIVIO RABBONI



Didattica e filosofia

ISAIAH BERLIN : DUE CONCETTI DI LIBERTÀ

Una quarta dell’Ulivi ha cercato punti di convergenza tra valori di libertà e di uguaglianza, sulla scia di un noto saggio di Bobbio. Franco Sbarberi, che di Bobbio è

Nei mesi scorsi l’associazione La ginestra ha promosso con il sostegno della

stato a lungo collaboratore, ha apprezzato questo tentativo di mediazione e osservato

Fondazione Cariparma e dell’assessorato alla cultura del Comune, una ricerca su

che nelle relazioni ascoltate (come avviene anche più in generale nella nostra epoca)

“libertà ed uguaglianza”, che ha coinvolto dieci classi di tutti i licei di Parma e i

l’accento è invece generalmente caduto su una libertà poco sensibile alle istanze

relativi insegnanti di filosofia. Dapprima sono stati identificati una serie di classici

egualitarie.

della filosofia politica giudicati rilevanti. Le classi hanno lavorato a lungo sulle opere

Il liceo Bertolucci è partito da Fuga dalla libertà di Erich Fromm per

scelte e poi presentato i risultati al cinema Astra, nelle mattine del 18 e 19 aprile,

affrontare l’importante problema teorico del rapporto tra libertà assoluta e libertà

alla presenza di centinaia di studenti e di due esperti, Gianfranco Ragona e Franco

empirica. La Scuola per l’Europa ha approfondito L’uomo in rivolta di Camus,

Sbarberi dell’Università di Torino. L’iniziativa è stata inclusa tra le celebrazioni del

presentando relazioni in tre lingue.

25 aprile.

Tutte le classi sono ricorse a metodi di presentazione originali, arricchendo le

Una quinta del liceo Ulivi, attraverso brevi e ordinati interventi di tutti i 28

relazioni con proiezioni di immagini, filmati, prodotti artistici. Due delle relazioni

studenti, ha ricreato l’atmosfera di paura sottesa al Leviatano di Hobbes; un’altra

più applaudite si sono avvalse del metodo più tradizionale della recitazione. Gli

classe dello stesso liceo ha affrontato la questione, posta da Spinoza, di come la

studenti del Romagnosi hanno esposto le tesi di Due concetti di libertà di Isaiah

libertà possa convivere con la determinazione delle azioni. In questo panorama

Berlin attraverso la divertente interpretazione del ruolo del filosofo britannico da

storico il liceo delle scienze umane si è inserito con una ricerca su Rousseau, una delle

parte di un ragazzo, che ha affidato l’illustrazione delle tesi del saggio alla sfida tra

fonti della democrazia moderna. Gli studenti del Marconi hanno ricostruito

due compagne, la “libertà negativa” e la “libertà positiva”, lasciando assegnare la

coralmente il confronto tra la libertà degli antichi e la libertà dei moderni, e,

vittoria al pubblico. I portavoce del Maria Luigia hanno coinvolto i presenti con

ispirandosi a Benjamin Constant, sono approdati a una domanda ancora attuale:

un’oratoria molto tesa, professando in apertura il loro amore incondizionato per

l’attenzione squisitamente moderna per le libertà individuali non rischia di distogliere

l’autore di Autorità e uso della lingua (David Foster Wallace) e traendo da lui

gli uomini dall’interesse per la “cosa pubblica”?

l’idea che l’insegnamento della lingua ha un ruolo centrale per l’equilibrio di

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Quaderni della Ginestra

uguaglianza e libertà, in quanto dà la possibilità di partecipare al discorso pubblico e di far valere la propria opinione. Una parola a parte merita il contributo delle due classi del Toschi. Non solo il

L

a classe III G del Liceo Classico Romagnosi ha scelto come opera da analizzare Due concetti di libertà di Isaiah Berlin, saggio

scritto nel 1958. Gli alunni hanno letto integralmente e individualmente

dèpliant dell’evento è stato scelto tra vari progetti grafici della scuola, ma la riflessione

l’opera dopo una lezione di presentazione da parte del docente. Tale

sul Saggio sulla libertà di Stuart Mill ha dato liberamente luogo ad alcune

lezione di presentazione ha riguardato soprattutto la ripresa e la

creazioni: un videoclip autoprodotto; una mano che fuoriesce, in una terza

puntualizzazione dei caratteri fondamentali del liberalismo tra

dimensione, da una serie di catene pendenti entro la cornice di un quadro; e la

Ottocento e Novecento, con particolare attenzione alla dialettica tra

rielaborazione del celebre dipinto di Magritte, la Golconde, suddiviso in 20

libertà e uguaglianza. Dopo la lettura individuale, il testo

riquadri, nei quali i personaggi identici dell’originale assumono vesti e sembianze

affrontato e discusso in classe, attraverso una serie di domande che si

assolutamente uniche.

sono rivelate centrali e problematiche per gli alunni stessi.

è stato

La comprensione del testo è sopraggiunta gradualmente. Superando l’iniziale contrapposizione tra libertà positiva e libertà negativa la classe ha compreso che la posizione dell’autore sulla libertà era più complessa e sfumata. In questa fase è stato centrale e predominante l’interesse per il testo, nonché il tentativo di arrivare , pur in un processo ermeneutico che coinvolgeva i singoli studenti, ad una comprensione corretta della posizione di Berlin, contestualizzata rispetto al periodo storico in cui essa venne sviluppandosi. Solo al termine di questa fase, gli alunni sono stati sollecitati a leggere attraverso le categorie di Berlin il loro modo di intendere la libertà e la realtà loro circostante. Il dibattito, sollecitato dalla stessa impostazione duale suggerita da Berlin, ha portato la classe a

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Didattica e filosofia

dividersi tra i sostenitori della libertà positiva e i sostenitori della libertà

ccccccccc

negativa. In questa seconda fase del lavoro le argomentazioni di Berlin si sono incrociate con quelle degli alunni, con i loro esempi e con le loro attualizzazioni. Terminato il lavoro di analisi e riflessione critica sull’opera di Berlin, la classe ha poi deciso di dar luogo ad una rappresentazione drammatizzata del dibattito. Lasciati liberi di proporre la modalità preferita o giudicata comunque più opportuna, vi è stata infatti una interessante convergenza di quasi tutti gli studenti su una modalità che riconoscesse la centralità della parola, libera da vincoli e da limiti, in grado di veicolare un contenuto da trasmettere, un messaggio importante da comunicare e su cui confrontarsi. Dapprima è stata presentata una sorta di apologia dei due concetti di libertà da cui parte la riflessione di Berlin. Successivamente si sono evidenziate le critiche o punti deboli di ciascun tipo di libertà. Così facendo, gli studenti hanno lasciato emergere la complessità della posizione di Berlin, sottolineando l’importanza da lui data al valore del pluralismo e al fatto che l’uomo è sempre chiamato a scegliere. A conclusione dei diversi interventi, l’uditorio è stato invitato ad esprimere la sua preferenza per la libertà positiva o negativa, mettendo un sasso colorato , precedentemente consegnato, in una delle due

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TRANSATLANTICO URBANO

VIA TRAVERSETOLO, PARMA cccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccccc


Quaderni della Ginestra

urne/cestini abbinati alle due forme di libertà. Interessante notare come

delle due forme di libertà e hanno creato alcuni disegni significativi: le

la scelta della forma di rappresentazione sia strettamente legata al tema

porte aperte (libertà negativa), l’uomo interiore e la cittadella interiore

trattato: proprio ponendolo nella condizione di esercitare la libertà, la

(libertà positiva).

classe ha voluto trovare un modo che coinvolgesse il più possibile l’uditorio nella scelta tra le due diverse concezioni elaborate da Berlin.

Presentiamo di seguito lo schema della rappresentazione del testo di Berlin:

Alla fine è stata decretata la vincitrice: la libertà negativa. La presentazione drammatizzata ha avuto i seguenti personaggi:

1. Breve introduzione a Berlin e presentazione della questione.

un alunno ha personificato Berlin. Il suo compito è stato quello

2. La libertà negativa. È la libertà propriamente politica, quella

di presentarsi, porre la questione, chiamare i diversi personaggi

per cui nessuno mi impedisce di fare quello che voglio fare,.

ed infine invitare al voto l’uditorio;

Rappresenta l’aera di libero movimento, per cui c’è uno spazio

due alunne diverse hanno rappresentato la libertà positiva e

mio in cui nessuno può interferire. Per essere libero io devo

quella negativa. Ciascuna di esse ha presentato una sorta di

avere davanti a me il maggior numero possibile di porte e queste

apologia della propria posizione e successivamente evidenziato i

porte devono essere il più possibile aperte.

punti deboli della posizione opposta; 

3. La libertà positiva. Essere liberi significa essere padroni di sé ,

un’ultima alunna ha cercato di evidenziare la complessità della

essere in grado di governare se stessi in modo consapevole.

posizione di Berlin, partendo dalla citazione di un aforisma di

Negli uomini coesistono un io che domina, che si identifica con

Archiloco che recita: «la volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa

la ragione, ed un io empirico, coincidente con l'impulso

una grande».

irrazionale che ha bisogno di essere dominato. La libertà consiste nella capacità di dominare questo io empirico ed essere

Gli alunni hanno anche individuato alcune immagini significative

così veramente padroni di sé. È una libertà che è stata colta dagli 58


Didattica e filosofia

IL GIARDINO DEL PASSATO COLLECCHIO 59


Quaderni della Ginestra

alunni come una dimensione più interiore, che può portare a

andare ad oltrepassare quella porta. Proprio per questo, lo stato

sentirsi liberi anche se si è in catene, nella misura in cui

si deve occupare di garantire le condizioni di realizzazione della

riusciamo ad isolarci dalle situazioni esterne e a rifugiarsi nella

mia libertà.

“cittadella interiore” dove siamo padroni della nostra anima.

5. Aspetti critici della libertà positiva. È questo tipo di libertà

Richiamo alla figura di Nelson Mandela che pur imprigionato si

che ha portato e può ancora portare a derive totalitarie. Infatti è

definisce libero e “capitano della sua anima”.

storicamente successo che l’io reale si sia incarnato in una realtà

4. Aspetti critici della libertà negativa. Qual è il valore della

più grande dell’individuo, in un tutto sociale che può venire

libertà negativa, se non vi sono condizioni per usufruirne?

identificato in una Chiesa, in uno Stato. Questa entità diventa il

Come può essa giovare

a persone analfabete, denutrite e

vero “io” che impone la sua volontà ai propri membri che non

malate? Questa idea di libertà sembra addirittura prendersi

sono in grado di vedere da soli il proprio bene o, meglio, che

gioco della loro condizione. Certo apre loro le porte, ma se essi

sarebbero in grado di vederlo se non fossero ciechi o ignoranti.

non hanno gambe per camminare verso la porta aperta che cosa

Queste istituzioni (il più delle volte si è trattato di istituzioni

serve a loro quella porta aperta? In realtà Berlin si dimostra

politiche, di stati) hanno imposto così la loro volontà

consapevole di questa critica e anche del fatto che una cosa è la

presentandola come il vero bene la cui attuazione rendeva

libertà ed un’altra sono le condizioni della libertà. Infatti Berlin

veramente liberi tutti. Questo modo di intendere la libertà può

si pone contro una visione ultraliberista e individualista,

portare persone che si ritengono più razionali e capaci di altre a

assumendo

costringere tutti

in diverse situazioni posizione a favore della

verso certi obiettivi nella convinzione di

legislazione e della pianificazione sociale. Lo stato non può non

elevarli ad un grado più alto di libertà. Inoltre proprio perché

porsi il problema della uguaglianza e della giustizia. Tenendo

invita al rifugio nella cittadella interiore, alla libertà positiva

fermo l’esempio fatto sopra, il fatto di avere la porta aperta

manca una dimensione di realizzazione politica.

davanti a me mi rende libero anche se non ho le gambe per

6. Libertà e pluralismo. Berlin conclude la sua riflessione

60


Didattica e filosofia

richiamandosi al fatto che la condizione propria dell’uomo è

pubblica che ha richiesto certamente una maggiore padronanza del testo

quella della scelta, scelta tra valori e fini che sono ugualmente

stesso e un maggiore coinvolgimento. Tanto il confronto con le altre

assoluti e tra cui non esiste gerarchia. La molteplicità di fini

classi e con i testi presentati, quanto la strutturazione di un incontro con

risulta evidente nel fatto che esistono molti valori oltre la libertà,

modalità comunicative diverse, hanno dato adito a un’esperienza

valori che inevitabilmente possono entrare in conflitto: esiste

arricchente, che ha permesso agli alunni/e di esercitare concretamente

l’uguaglianza, la giustizia, la felicità, la scoperta della verità, e

quello che può essere considerato un obiettivo formativo fondamentale

quindi la libertà non può essere illimitata. Berlin, pur partendo

del percorso di studi superiori, soprattutto del percorso liceale: l’uso

dal tentativo di ridurre la questione della libertà al rapporto tra

pubblico della parola, cioè la capacità di prendere la parola davanti ad un

libertà positiva e libertà negativa, ha in realtà presentato una

uditorio per sostenere le proprie argomentazioni, chiarirle ed

situazione molto più complessa, che possiamo appunto definire

eventualmente difenderle. A tal riguardo, un elemento di questa

pluralismo. Il suo pluralismo non accetta gerarchia di valori,

esperienza che andrebbe potenziato è sicuramente il momento di

presuppone individui come agenti liberi in grado di compiere

scambio e di confronto tra alunni/e che presentano il proprio testo e

scelte individuali. E forse è questo che sta a cuore a Berlin : la

classi che assistono alla presentazione. La soluzione scelta dalla classe di

salvaguardia della sfera individuale, che certe forme totalizzanti

sollecitare l’uditorio a prendere posizione voleva proprio incentivare il

di autogoverno possono annullare portando al prevalere della

fattore del coinvolgimento, che probabilmente sarebbe stato ancora

comunità sull’individuo.

maggiore se ci fosse stato modo di ascoltare da alcuni rappresentati del pubblico le ragioni della loro scelta. Ritengo che nel complesso, sul

La valutazione finale dell’esperienza svolta è sicuramente positiva.

piano didattico, il progetto sia molto formativo, degno di un seguito in

Questo progetto ha permesso alla classe di avvicinarsi direttamente alla

cui si cerchi appunto di potenziare, nei modi possibili e più opportuni,

lettura di un testo significativo del Novecento, finalizzandola non solo

il momento del confronto.

ad una comprensione individuale, ma anche ad una restituzione

61

EMANUELA GIUFFREDI



Libri in discussione

LA DICOTOMIA AMICO-NEMICO COME CATEGORIA FONDAMENTALE DELL’AGIRE POLITICO

L

di natura», caratterizzato da uno stato di guerra permanente «tra gruppi [di uomini] già parzialmente strutturati».

a recente riscoperta di Carl Schmitt è coincisa con un generale mutamento di prospettiva nella ricezione della sua produzione

letteraria e una parallela rivalutazione del suo pensiero che prescinde dalle valutazioni circa la sua adesione al nazionalsocialismo. Der Begriff des Politischen rappresenta probabilmente il saggio più importante dell’autore e viene riproposto da Mimesis sulla base della traduzione di Delio

evitare che «prevalgano le energie distruttive che signoreggiano lo stato

Cantinori

dell’edizione

tedesca

del

1933,

pubblicata

originariamente da Hanseatische Verlagsanstalt.

Tesi centrale del saggio, fortemente influenzato dagli ambienti reazionari della Germania di Weimar e dalla tradizione del realismo politico, è proporre la distinzione amico-nemico come categoria fondamentale della politica, distinzione che sussiste in modo del tutto indipendente dalla morale, dall’estetica e dall’economia, e la cui conoscenza è presupposta dal concetto stesso di Stato. «L’antitesi politica è l’antitesi più intensiva ed estrema, e ogni

Il testo, nato dalla trascrizione di una conferenza che l’autore tenne nel

contrasto è tanto più politico, quanto più si avvicina ai poli estremi

1927 presso la Deutsche Hochschule für Politik di Berlino nell’ambito di un

dell’aggruppamento amico-nemico. L’essenza dell’unità politica consiste

ciclo di lezioni dedicate ai problemi della democrazia, è preceduto da

nell’esclusione di questo estremo contrasto dall’interno dell’unità stessa.

un’introduzione di Davide Gianluca Bianchi in cui si evidenzia, tra le

Lo Stato, che rappresenta per la storia europea degli ultimi secoli la

altre cose, l’elemento pre-politico della riflessione di Schmitt, ossia la pericolosità dell’uomo, esemplificata dalla sua capacità di poter uccidere i suoi simili.

forma classica dell’unità politica, cerca di conseguenza di concetrare in sé tutte le decisioni politiche».

Così concepita, l’unità politica presuppone, secondo l’autore, sia la

Da tale pericolosità deriva la necessità che il potere politico (prioritario,

presenza

secondo l’autore, rispetto a ogni altro potere) intervenga, in termini

irriducibilmente contrapposti, sia la possibilità reale di determinare e

autoritativi, offrendo all’uomo la protezione di cui ha bisogno per

combattere il nemico. Il nemico, infatti, è considerato da Schmitt come

63

di

molteplici

schieramenti

politici

coesistenti

ma


Quaderni della Ginestra

altro, come straniero con il quale sono possibili conflitti nella sfera

Così anche la subordinazione della politica alla morale, al diritto,

pubblica, e implica di per sé la possibilità di una lotta armata, ossia la

all’economia, alla scienza, all’arte, voluto dai liberali, mantiene di per un

possibilità fisica di una sua uccisione. Tale possibilità, la cui scomparsa

sé senso politico, facendo della spoliticizzazione «solo un’arma

porterebbe a un mondo senza differenza tra amico e nemico e, di

particolarmente adatta a una lotta propriamente politica».

conseguenza, a un mondo senza politica, è realizzata dallo Stato, garante

TIMOTHY TAMBASSI

dell’unità politica, che ha concentrato su di sé il potere di fare la guerra e di disporre apertamente della vita degli individui. E proprio la nozione di individuo (e in particolare, la sua libertà e le sue proprietà) costituisce la base della critica di Schmitt al liberalismo,

Carl Schmitt, Sul concetto di politica, Mimesis, Milano-Udine 2013, pp. 100, € 5,90

ideologia che, secondo il giurista tedesco, non riesce a uscire dalla sua dimensione

politica

nonostante

i

tentativi

sistematici

di

«spoliticizzazione» di questa stessa sfera. La negazione della «politicità», sostenuta dal liberismo, così come da ogni individualismo, conduce infatti a una prassi politica che non sfocia verso una positiva teoria dello Stato e della politica, i quali, secondo i liberali, dovrebbero solamente garantire e proteggere libertà e proprietà privata dell’individuo. Ma «nella realtà concreta della vita politica non governano e dominano “ordini” e regolarità astratte, ma governano e dominano sempre solo uomini e società molto concreti su altri uomini e società, altrettanto concreti» .

64


Libri in discussione

RIPARTIRE DALLA COLLABORAZIONE

C

conoscere se stesso attraverso il lavoro è il tempo. Ma il tempo è indispensabile anche per permettere a un gruppo di lavoratori di

on la pubblicazione di Insieme. Rituali, piaceri, politiche della

divenire una squadra che collabora.

collaborazione (Feltrinelli, 2012), prosegue la trilogia di Richard

Ecco quindi che emerge un altro aspetto fondamentale, ovvero la

Sennett dedicata all’analisi delle abilità tecniche che secondo l’autore

collaborazione, tema centrale del testo qui in discussione. Partendo da

occorrono nell’esistenza di tutti i giorni. Come Sennett stesso dichiara

un’attenta e precisa descrizione della collaborazione umana in alcuni

nell’introduzione, anche in questo lavoro si mantiene fedele alla

momenti storici, il lettore approfondisce la conoscenza di tale aspetto

tipologia di approccio avviata ne L’uomo artigiano (Feltrinelli, 2008): non

proprio dell’uomo. Riprendendo il concetto di “sociabilità" di G.

teorizzazione bensì esplorazione a fondo su aspetti della quotidianità.

Simmel, Sennett sostiene che la collaborazione sia indotta dall’apertura

Risulta essere questo un approccio forte che permette al lettore di

verso l'altro. Esempi di sociabilità sono rilevabili nell’esperienza della

seguire passo passo l’analisi di un dato momento concreto preso in

Comune di Parigi del 1871 come nell’Hampton Institute in cui gli ex-

considerazione per poi passare all’individuazione di punti di forza e

schiavi potevano lavorare insieme e riacquisire dignità, nella storia della

criticità dello stesso. D’altra parte, per un certo verso, è anche la

diplomazia come in quella della Riforma protestante, per passare alla

debolezza del testo, poiché alcune analisi si presentano, per la loro

“guanxi” cinese e arrivare alla vita delle api.

tecnicità, molto simili a un manuale.

Si tratta di alcuni spunti di riflessione sull’argomento per parlare di

Ne L’uomo artigiano il tema centrale era «l’artigianità», ovvero il fare

collaborazione ai giorni nostri. Sennett afferma come la naturale

bene il proprio lavoro fine a se stesso. L’uomo artigiano è quindi spinto

tendenza dell'essere umano a collaborare con altri si sia sempre più

a un continuo miglioramento in una visione nel lungo periodo. Essere

affievolita. Questo si può imputare alla disuguaglianza, da cui sorge un

artigiano significa pensare a quanto puoi crescere come individuo

distruttivo distacco classista e un progressivo ripiegamento in sé. La

migliorando le tue abilità e avere il tempo per riuscirci. Risulta così che

crescente non-collaborazione nel momento del lavoro si può ad

una delle componenti fondamentali per consentire all’uomo di

esempio ricondurre all'erosione dei fondamentali della vita di fabbrica

65


Quaderni della Ginestra

(competizione invece di collaborazione, ricompensa individuale invece

psichiatrici (Freud, Janowitz e altri), Sennett parla della scelta della

che bene della comunità lavorativa, etc.) aspetto analizzato a fondo

chiusura in sé come via meno rischiosa rispetto alla condivisione.

nell’opera L’uomo artigiano. Le persone tendono sempre più a non

Con questa dettagliata analisi l’autore non vuole fornire un quadro

riconoscere le responsabilità collettive e l'autorità dei superiori, nonché

fine a se stesso, bensì partire dalla descrizione di ciò che è, per costruire

ad isolarsi per sopportare l'ossessione di un ambiente innaturale come è

basi teoriche che permettano un cambiamento dell’attuale situazione e

divenuto quella del lavoro nel momento in cui ogni individuo si è

quindi la generazione di strategie sociali concrete di collaborazione.

trovato a curarsi esclusivamente di sé. Non solo nel mondo del lavoro è

Il rinnovamento prospettato dall’autore è possibile a partire dai

rintracciabile l’origine del declino della collaborazione ma anche in altri

rituali utili per l’affermarsi della “diplomazia quotidiana”, ovvero:

contesti. L’autore parla di disuguaglianza imposta dove questa viene ad

marginalizzazione degli impulsi ad imporsi sugli altri, collaborazione

essere un’ulteriore causa del ripiegamento in sé e quindi della chiusura

paritaria non-direttiva, equilibrio tra formalità situazionale e informalità

verso l’altro. Seguendo l’analisi dell’auto-costruzione d’identità del

operativa. La riparazione delle pratiche collaborative richiede la convinta

bambino, possiamo rintracciare diversi momenti in cui il messaggio

ripresa del concetto di comunità e dei suoi elementi portanti (coerenza

trasmesso è quello di una forte differenziazione. Ad esempio

nelle difficoltà, saldi principi interiori e giusta collaborazione) nelle

nell’inserimento scolastico i fattori che determineranno la scelta saranno

politiche sociali.

il reddito dei genitori, per quanto concerne l’istituto, e le doti innate del

Tale rinnovamento è possibile a partire dalle modalità di

bambino stesso (il che significa creazione di percorsi o classi

comunicazione messe in atto, le quali risultano funzionali alle pratiche

differenziati in base al livello e alle capacità). Infine la crisi della

della “diplomazia quotidiana”, nonché alla rinascita di un’idea di

cooperazione è imputabile alla scelta della solitudine, del ritiro in se

comunità vera e concreta. La prima modalità di comunicazione presa in

stessi ("sé non collaborativo"), al fine di ridurre l’ansia nei rapporti con

considerazione è la conversazione dialogica. Caratteristica di questa è

gli altri. Da qui deriva, in combinazione con l'isolamento, la tendenza al

l’apertura all’ascolto, per contrastare l’impulso a far prevalere comunque

narcisismo e all'autocompiacimento. Seguendo studi psicologici e

la propria tesi, caratteristico della conversazione dialettica. La dialettica

66


Libri in discussione

genera simpatia perché supera le differenze dell’altro attraverso uno

sviluppatasi nei laboratori esce da questi per diffondersi nelle città. Si

sforzo di identificazione. Attraverso tale modalità di comunicazione nel

tratta di un punto di partenza secondo Sennett. Da qui in poi è

confronto uno dei due interlocutori sarà portato ad accettare la tesi

necessario lavorare poiché Sennett, a differenza di Hannah Arendt, non

dell’altro. Lo scambio dialogico è invece caratterizzato dall’empatia, una

ritiene la comunità una vocazione, bensì un

pratica più impegnativa, perché richiede di prestare attenzione all’altro, alle condizioni poste da lui. In questo caso non ci sarà passiva

«processo di presenza nel mondo, un processo in cui le

accettazione da parte di uno dei due interlocutori, bensì confronto

persone prendono atto sia del valore delle relazioni faccia a faccia

aperto per giungere ad una nuova tesi individuata insieme. Altra

sia dei limiti di tali relazioni […] anche se non può riempire tutta

modalità di comunicazione ci parla delle formule dubitative (“scusate

l’esistenza la comunità può essere fonte di piaceri profondi.»

ma…”, “forse…”), le quali invitano alla partecipazione e alla

MIRELLA LUCCHINI

generazione di una realtà condivisa, piuttosto che alla mera accettazione del pensiero di qualcuno. Tale analisi, come tutto il libro, prende spunto da un preciso contesto storico. In questo caso si tratta dell’innovazione avvenuta nei laboratori artigiani nel 1600. A fronte di una casuale scoperta l’artigiano coinvolgeva i colleghi di laboratorio per condividere l’accaduto e confrontarsi. La comunicazione era necessariamente di tipo dialogico dal momento che nessuno sapeva cosa aveva di fronte e solo il confronto coi colleghi poteva portare a qualche conclusione. Nasce in questo contesto un’etica della collaborazione scientifica, indispensabile per portare avanti la ricerca. Proprio tale tipologia di collaborazione

67

Richard Sennett, Insieme, Rituali, piaceri e politiche della collaborazione, Feltrinelli, Milano 2012, pp. 332



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