Quaderni della Ginestra 6

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REDAZIONE Direttore: Anna Maria Ricucci. Vicedirettore: Corrado Piroddi. Figure dell’individualismo: Ferruccio Andolfi, Elisa Bertolini, Simona Bertolini, Simona Del Bono, Antonio Freddi, Donatella Gorreta, Nausicaa Milani, Giacomo Miranda. Meditazioni filosofiche:Marco Anzalone, Elisa Bertolini, Valeria Bizzari (coordinatrice), Anna Pagliarini, Lavinia Pesci, Martino Pesenti Gritti, Alberto Siclari, Timothy Tambassi, Roberto Venturini. Cinema e filosofia: Marco Bigatti, Roberto Escobar, Pietro Parmeggiani, Corrado Piroddi (coordinatore). Libri in discussione: Mara Fornari, Mirella Lucchini, Timothy Tambassi (coordinatore). Esperienze didattiche: Teresa Paciariello (coordinatrice), Marina Savi, Chiara Tortora. Letteratura e filosofia: Margherita Aiassa (coordinatrice), Alessandro Bonanini, Carlo Guareschi, Italo Testa. Promozione: Marco Anzalone, Carlo Guareschi, Mirella Lucchini, Martino Pesenti Gritti, Anna Maria Ricucci. Ricerca immagini, composizione, grafica e web: Margherita Aiassa, Marco Anzalone, Elisa Bertolini, Valeria Bizzari, Alessandro Bonanini, Pietro Parmeggiani, Corrado Piroddi, Anna Maria Ricucci, Roberto Venturini. Direttore responsabile: Ferruccio Andolfi.


SOMMARIO

Figure dell’individualismo................................................................................................................................................p. 6 Kant, l’unione sessuale e la tradizione morale dell’Occidente a cura di Simona Bertolini.........................................................................p. 7

Meditazioni filosofiche..................................................................................................................................................p. 22 La filosofia: una terapia per l’anima di Valeria Bizzari..........................................................................................................................p. 23 Tempo, esistenza e senso di Martino Pesenti Gritti...... ........................................................................................................................p. 27

Cinema e filosofia............................................................................................................................................................p. 32 “Cosmopolis” di David Cronenberg di Andrea Ferri..................................... ........................................................................................p.33 “Shame” di Steve McQueen di Federica Gregoratto...........................................................................................................................p. 37


Letteratura e filosofia..................................................................................................................................................p. 42 Perché la filosofia della letteratura? di Wolfgang Huemer....................... ........................................ ....................................................p. 43 E se qualcuno mentisse? Autobiografia e interpretazioni possibili di Timothy Tambassi.......................................................................p. 48 Sulla teoria della finzione di Margherita Aiassa....................... ............................... ....................... ....................................................p. 52

Didattica e filosofia......................................................................................................................................................p. 58 La didattica ermeneutica. Educare all’autonomia attraverso la relazione di Carmen Vaccarella...........................................................p. 59

Libri in discussione....................................................................................................................................................p. 66 La filosofia e il “Mondo della Tecnica” di Mara Fornari............ ............................ ..............................................................................p. 67 Nella terra di mezzo tra arte e filosofia di Cristina Travanini.................................................................................................................p. 70 Pensare la vita di Timothy Tambassi............................ ......................................................................................................................p. 74


Le immagini di questo numero sono di Stefano Vaja. Nato a Parma, è da quattordici anni il fotografo della Compagnia della Fortezza, composta dai detenuti-attori del carcere di Volterra diretti da Armando Punzo. Con l’etnomusicologo Nicola Scaldaferri ha pubblicato Nel paese dei cupa cupa (2005), Santi animali e suoni (2005), Il suono dell’albero. Il Maggio di Accettura (2012).




Figure dell’individualismo

KANT, L’UNIONE SESSUALE E LA TRADIZIONE MORALE DELL’O CCIDENTE DI EUGEN FINK

L

a filosofia di Eugen Fink può essere considerata un modello esemplare dell’ambiente fenomenologico sorto in seno all’Università di Friburgo, il cui

sviluppo si caratterizzò sia per l’identificazione della città con una sorta di roccaforte del fenomenologizzare trascendentale ‒ contrapposto alla versione realista di cui si facevano portavoce i centri di Monaco e Gottinga sulla scorta delle Ricerche logiche husserliane ‒, sia per l’influenza dell’ontologia heideggeriana. A partire dal 1928 Fink fu assistente di Husserl presso l’ateneo friburghese e frequentò parallelamente i corsi tenuti da Heidegger nella stessa università, facendo poi confluire gli insegnamenti di entrambi i maestri in una singolare traslazione ontologico-cosmologica della fenomenologia, il cui centro fu dal filosofo additato nella nozione di “mondo”. Il termine “mondo”, ricorrente nei suoi testi, diventa il titolo di una nuova concezione di origine intesa in senso fenomenologico, distante dall’accezione husserliana tanto per la posizione del proprio baricentro ‒ il luogo di manifestazione del fenomeno non è individuato anzitutto nella vita del soggetto, ma nella totalità da cui il soggetto è sempre preceduto ‒, quanto per il differente terreno d’indagine ‒ la domanda non riguarda solo il darsi delle cose, ma il loro modo d’essere ‒. Parlando di “Welt” Fink allude così a una peculiare rivisitazione, di matrice fenomenologica, del problema del fondamento, il cui atto fondativo è collocato 7

MACELLERIA A DURAZZO (ALBANIA), 1999


Quaderni della Ginestra

nel venire all’essere dello stesso intero mondano e della sua struttura.

paradigma insolito: la definizione del matrimonio e del rapporto sessuale fornita da

È su queste basi che l’autore, a partire dagli anni Cinquanta, articola la sua

Kant nella Metafisica dei costumi, davanti alla quale, come leggiamo nel capitolo

antropologia filosofica, di cui l’opera Existenz und Coexistenz, della quale

17, «già i contemporanei si scandalizzarono»2. Nonostante l’indignazione e le prese

presentiamo il diciottesimo capitolo1, rappresenta una delle testimonianze più

di distanza con cui la posizione kantiana può essere accolta, in essa si troverebbero

significative. Tratto da un ciclo di lezioni tenuto nel 1952/53 e ripreso nel

esemplificate in modo esplicito e radicale le fondamenta della nostra tradizione

1968/69, il testo intende proporre una visione della coesistenza fra uomini

morale, da considerarsi tacitamente a monte dello stesso atteggiamento di scandalo. Il

elaborata alla luce della relazione umana alla totalità del mondo. L’uomo, in quanto

punto di partenza è la seguente dichiarazione di Kant, di cui stupisce il tono

ente privilegiato contrassegnato da comprensione e capacità progettuale, non è qui

lapidario: «L’unione sessuale (commercium sexuale) è l’uso reciproco che un

concepito nella chiusura della propria singolarità ‒ comunque la si intenda ‒, ma è

essere umano fa degli organi e delle facoltà sessuali di un altro (usus membrorum

già sempre schiuso al tutto che lo attornia e da cui è a sua volta fondato, rimettendo

et facultatum sexualium alterius)»3; a cui segue la specificazione per cui essa

la definizione del suo essere-individuo al di là degli stessi confini individuali. Ne

«risponde o unicamente alla natura animale (vaga libido, venus volgivaga,

consegue che il fenomeno della coesistenza, quale riflesso dell’intero del mondo nella

fornicatio), oppure alla legge. Quest’ultimo tipo di unione è il matrimonio

sfera umana, interviene in anticipo e preliminarmente nella costituzione della singola

(matrimonium), vale a dire l’unione di due persone di sesso diverso per il possesso

esistenza, la cui dimensione intersoggettiva non si limita più ad essere definibile come

delle loro prerogative sessuali per tutta la vita»4. Mentre il primo caso è un semplice

un’associazione di singoli già costituiti. Esistere, in tale prospettiva, significa sin

«godimento che in parte coinvolge anche l’altro» e in cui «un essere umano trasforma

dall’inizio esistere in un mondo ed esistere con gli altri: sebbene la componente

se stesso in cosa»5, il matrimonio è indicato come l’unica condizione affinché l’uomo

individuale non venga negata, interpretarla in un’ottica cosmologica implica una sua

possa liberarsi da questo stato di reificazione e ricongiungersi con la propria

rilettura alla luce della costante tensione dialettica che essa instaura costitutivamente

umanità. Il possesso reciproco delle «prerogative sessuali», che è «nello stesso

con l’extra-individuale.

tempo l’acquisizione dell’intera persona» (essendo questa un’«unità assoluta»6), è il

Poste tali premesse, nel capitolo che proponiamo Fink esterna la sua critica alla

passo necessario che congiunge il desiderio fisico umano con la libertà, la tendenza del

concezione etico-antropologica della tradizione occidentale, e lo fa a partire da un

corpo con la personalità, senza cadere nella brutale riduzione a oggetti:

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Figure dell’individualismo

«L’acquisizione di una moglie o di un marito non avviene, dunque, facto (con la

Di fronte a un simile dualismo, l’impostazione finkiana, eretta sulla dialettica

coabitazione) senza un contratto precedente, e nemmeno pacto (unicamente mediante

uomo-mondo, impone domande del tipo: «Cosa conferisce alla libertà questo primato?

il contratto matrimoniale senza la coabitazione conseguente), bensì soltanto lege,

Come può giustificare la sua pretesa di trovarsi più vicina all’essenza autentica

ossia quale conseguenza giuridica dell’obbligazione di costituire un’unione sessuale

rispetto alla natura?» «Ma perché, possiamo dire, solo la libertà deve costituire la

unicamente mediante il possesso reciproco delle persone, il quale si attua soltanto

sua [dell’uomo] autentica essenza intelligibile, ‒ perché la sua naturalità deve

grazie all’uso reciproco delle prerogative sessuali»7. Il matrimonio è così illustrato

appartenere all’ambito del fenomeno?» «Ma le comunità sono fondamentalmente

come una sorta di sublimazione della libido umana, come la sua canalizzazione e

associazioni di singoli? Sono sempre col-legamenti?»

trasformazione da forza incontrollata a fondamento di un possesso reciproco stipulato giuridicamente.

A un’essenza umana singola e identificata con la libertà è contrapposto il modello di un uomo “incarnato” nel mondo, un uomo la cui fisicità, lungi dall’essere un

Alle spalle di questo quadro Fink mette in evidenza due presupposti principali,

retaggio animale, diviene il tramite della stessa morale umana e della più autentica

entrambi ricondotti all’eredità platonico-cristiana: da un lato la centralità

coesistenza. Questa, infatti, non ha più la sua unica sede nell’unione fra individui

dell’esistenza singola, dall’altro il suo caratterizzarsi in virtù dell’immagine

liberi e razionali, ma ne è ammessa altresì una forma originaria e pre-individuale da

“centaurica” che la vede distinta in “natura” e “libertà”, in una parte corporea

cui il singolo è già sempre attraversato e costituito, quella stessa forma originaria di

succube dei sensi e in una parte libera e razionale rispetto a cui la corporeità sarebbe

cui certe esperienze coinvolgenti il corpo forniscono un esempio privilegiato. La

solo il momento grezzo da dover plasmare. L’uomo è ancora per Kant l’animale

passione carnale degli amanti, radicata nella dualità dei sessi e tabù della tradizione

razionale, la bestia dotata di spiritualità; oppure, inversamente, lo spirito impacciato

passata, è appunto una di queste.

dal corpo, l’essenza intelligibile ostacolata dal sensibile. E allo stesso modo le relazioni inter-umane, sorgendo dall’associazione dei singoli, o riposano sulle esigenze della sensibilità, eguagliando così i rapporti fra bestie (è il caso dell’uso naturale dei rapporti sessuali), oppure sono orientate dalla ragione e dalla moralità, come mitigazione del mero impulso (è il caso del matrimonio).

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Quaderni della Ginestra

La concezione kantiana del matrimonio non è l’opinione privata di

nostri “sentimenti”, da non riconoscerli più là dove essi vengono portati

un pedante anemico e senza contatto con la vita reale, di uno che era

al loro intrinseco contenuto di pensiero. Siamo sconcertati per la forma

stato a suo tempo uno scapolo bisbetico, - essa è piuttosto il concetto del

di pensiero del concetto, sebbene esso intenda la stessa cosa a cui allude

matrimonio secondo le leggi della ragion pura. Se ciò ci sorprende o

il nostro “sentimento”.

addirittura scandalizza, su questa reazione emotiva, in un primo

La tradizione etica da cui siamo prevalentemente condizionati è

momento, non abbiamo affatto le idee chiare. Si è indignati per

un’etica dell’esistenza singolarizzata, sia nella sua componente antica, sia

l’apparente “cinismo” con cui Kant caratterizza il rapporto amoroso fra

nella sua componente cristiana. Il che non significa naturalmente che in

uomo e donna, - per il modo sobrio e desolante con cui chiama per

essa sia ogni volta in questione soltanto l’uomo singolo, la sua eudaimonia

nome cose su cui si trova in genere posato il fine velo delle sensazioni

o la salvezza della sua anima. Ma il tipo di sguardo in cui i fenomeni

poetiche, cose che sono inoltre avvolte in usanze remote e rispettabili. Il

comunitari giungono alla vista è orientato verso la singolarità dell’uomo:

matrimonio non è forse considerato come l’istituzione più sacra

egli è l’elemento fondamentale. “Comunità” è conseguentemente

dell’essere-uomo, come la culla della vita che sempre si rinnova, il

vincolo, col-legamento, associazione. E inoltre, dato che il singolo come

terreno materno di ogni civiltà e umanità? L’esplicazione kantiana del

tale rappresenta la base, il riferimento all’uomo è primariamente

matrimonio non colpisce in pieno viso la tradizione umanitaria? Questo

ricondotto all’“essere-sé”, ovvero all’autodeterminazione, alla libertà. Il

è quel che appare soltanto a una considerazione superficiale. Poiché

che significa poi che la concezione antropologica si determina prima di

l’interpretazione kantiana del matrimonio si basa sulla stessa tradizione

tutto a partire dalla distanza dell’uomo rispetto all’animale, - nonché

morale, radicalizzata e pensata coerentemente fino alla fine, a cui ci

dalla corrispondenza con Dio e dall’esserne ritratto; l’uomo è

stiamo richiamando nel nostro sdegno. Se siamo indignati per il modo

considerato come “animal rationale” e “imago dei”. Egli è elevato al di

in cui Kant determina il matrimonio, allora dovremmo esserlo ancora di

sopra dell’animale, con cui condivide l’animalità, grazie al privilegio del

più per le intuizioni morali fondamentali da cui siamo guidati nel

logos, della ratio, - è l’animale che si è emancipato dallo stato della

sentimento dell’indignazione. Siamo così poco abituati a penetrare i

bestialità, il cui “camminare dritto” non si limita al corpo; anche nel suo 10


Figure dell’individualismo

intero essere egli non striscia più rivolto apaticamente verso la terra, ma

mondo intelligibile della libertà; l’uomo, in quanto cittadino del regno

ha sollevato lo sguardo al cielo stellato sopra di sé, presagendo la

degli spiriti degli esseri razionali, è “libero”, dotato di un sé,

divinità; egli esiste nella “homoiosis theo”. Il teomorfismo dell’uomo non è

determinante se stesso e perciò singolo. Così come in Leibniz

però una proprietà fissa che gli spetterebbe come la copia delle cose

l’individuazione è il carattere meta-fisico delle “monadi”, anche in Kant

riflesse in uno specchio, - esso non è affatto una proprietà che l’uomo si

la singolarizzazione non è superata nel mondo intelligibile, non è

limita

sua

cancellata nell’unità vitale dello spirito assoluto come avverrà poi

“determinazione”: la perpetua inquietudine del suo cuore, il più

nell’idealismo tedesco, ma proprio essa costituisce la struttura

intrinseco desiderio e l’autentico compito della libertà umana. Nella

fondamentale e decisiva del “commercium” fra esseri liberi, la cui autentica

tradizione si trovano dunque già definiti quei motivi che in Kant

relazione, conforme a ragione, è soltanto il riconoscimento reciproco

acquisiranno poi una forma brusca e concettualmente rigorosa. L’uomo

della loro libertà, e il cui senso è formulato tramite l’imperativo

è essenzialmente un essere singolo, una persona, - le comunità sono

categorico, il quale prescrive di agire così che l’arbitrio del singolo possa

collegamenti di singoli che vivono insieme, il singolo come tale ha in sé

coesistere con quello degli altri, o così che la massima di ogni singola

il principio della sua singolarità, non è soltanto uno in senso numerico

azione possa essere il principio di una legislazione universale.

semplicemente

ad

“avere”;

esso,

si

dice,

è

la

come tutte le cose (come una pietra, un albero), egli è uno stesso, un’unità

Ma per Kant l’uomo non è un essere assolutamente libero; la sua

che sa e determina se stessa, un’unità la cui autodeterminazione è

libertà è impacciata da desideri sensibili; non è solamente un essere

limitata soltanto dalla considerazione dell’autodeterminazione delle altre

razionale, ma anche un essere naturale; in un certo senso è un tipo

persone esistenti. Tutto il peso dell’esserci umano è qui posto nella

determinato di animale; è un mixtum compositum di “natura” e “spirito”. Il

dimensione della singolarizzazione. E l’ambito della singolarizzazione non

modo ontologico fondamentale in cui natura e spirito si congiungono

è qui assunto semplicemente come il campo dell’apparire; la

nell’essere umano resta però infine non chiarito. Come Kant dice nei

singolarizzazione non determina solo il mundus sensibilis, le cose sensibili,

Prolegomeni, la «natura», secondo il suo concetto formale, è «l’esistenza

- essa determina anche, anzi addirittura in un senso più radicale, il

delle cose in quanto determinate da leggi generali»; e poi prosegue: «Se

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Quaderni della Ginestra

natura significasse l’esistenza delle cose in sé, noi non potremmo 8

- la quale resta limitata all’ambito dell’esperienza possibile e quindi al

conoscerla mai né a priori, né a posteriori» . Poiché noi abbiamo

campo dei fenomeni -, ma unicamente come ragion pratica. Partendo

conoscenze della natura a priori e a posteriori, questa non è in alcun modo

dalla natura non vi è per noi alcuna via - secondo Kant - che conduca

l’insieme dell’ente in se stesso, bensì l’insieme dei fenomeni dell’ente in

all’essere-in-sé della sua essenza. Fra natura e libertà è così mantenuta

sé che è per noi sconosciuto, fenomeni che sottostanno alle condizioni

ferma una singolare disparità, destinata a riproporsi come un enigma.

della nostra facoltà conoscitiva. Secondo il concetto materiale, la natura

Cosa conferisce alla libertà questo primato? Come può giustificare la

non è altro che l’insieme dei fenomeni. E lo stesso uomo si trova ora

sua pretesa di trovarsi più vicina all’essenza autentica rispetto alla

anzitutto nella sua concatenazione, si trova come un essere vivente

natura? Non sono qui all’opera pregiudizi remoti della metafisica

accanto ad altri, accanto all’animale e alla pianta. In questa sua

spiritualistica occidentale, ‒ decisioni risalenti all’inizio del pensiero

determinatezza naturale, se è vero che la totalità della natura è solo

metafisico, a Platone e Aristotele? In ogni caso la libertà è anzitutto un

fenomeno, anch’egli, palesemente, non sarà altro che un semplice

fenomeno

fenomeno. È unicamente nel volere e nella coscienza della libertà che

l’autodeterminazione lo è allo stesso modo in cui lo è l’essere-sospinti

Kant trova una possibile fuga dalla prigionia fenomenica dell’uomo,

da brame sensibili. L’uomo, nel modo in cui si trova innanzitutto, è un

altrimenti completamente serrata. Nella misura in cui egli si sa libero e si

essere vivente che da un lato è sottoposto a impulsi e a pressioni,

vincola al rispetto della legge morale, si accorge della sua essenza

dall’altro può determinare se stesso; è sensibile ed è libero, sebbene la

intelligibile, - spezza la sfera d’influenza della natura e si riconosce

sua libertà si debba perlopiù affermare nella lotta contro i suoi impulsi.

cittadino del regno degli esseri liberi. L’uomo riesce ad aprire una

Ma perché, possiamo dire, solo la libertà deve costituire la sua autentica

breccia verso l’ente in sé unicamente e soltanto a partire dalla sua

essenza intelligibile, - perché la sua naturalità deve appartenere

libertà; il concetto di libertà diventa così la chiave da cui è aperta la

all’ambito del fenomeno? In Kant vi è infine un’incoerenza peculiare

porta sbarrata che resiste altrimenti ad ogni pensiero teorico. Un accesso

che resta irrisolta. La natura, come insieme dei fenomeni, sottostà alle

all’“essenza”, alla “cosa in sé”, non si dà per Kant come ragione teorica

condizioni della sensibilità della soggettività. La domanda «Com’è possibile

così

come

lo

sono

le

apparizioni

della

natura;

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Figure dell’individualismo

la natura?», che egli definisce anche il «punto supremo che la filosofia

essenti-in-sé dell’essere conforme ad essenza. In quest’ultimo caso

trascendentale può toccare», trova la seguente formulazione e la

anche la natura dovrebbe poter essere riconosciuta nel suo fondamento

seguente risposta: «Com’è possibile la natura in senso materiale, cioè

assoluto, almeno nella misura in cui questo è “condizionante”. Tale

secondo il dato dell’intuizione, come complesso dei fenomeni? Come

problema giocherà poi un ruolo immenso nell’idealismo tedesco. Per la

sono in genere possibili lo spazio, il tempo e ciò che li riempie entrambi,

concezione kantiana dell’uomo ne risulta che: egli è libero (in base alla

il dato della sensazione? La risposta è: per via della costituzione della

sua essenza intelligibile) e dipende contemporaneamente dalla natura

nostra sensibilità, per la quale essa viene affetta in un modo tutto suo

(determinato dai desideri della sensibilità); egli è un “animale” in quanto

particolare da oggetti che sono in se stessi ignoti ed assolutamente

appartiene alla natura ed è “persona” in quanto appartiene al regno

distinti da ogni fenomeno» 9. La natura, come fenomeno, è condizionata

razionale della libertà. La bipartizione del mondo in mundus sensibilis e

dalla sensibilità della soggettività. Ma questa sensibilità non appartiene

mundus intelligibilis attraversa il centro dell’uomo; egli è l’ente lacerato da

proprio alla natura? L’uomo, nella misura in cui è sensibile, non è

questa spaccatura. Come “fenomeno” è determinato dalle pressioni

inserito in essa? Il sensibile non è proprio il naturale in lui? Ora si dirà

della natura, come “essenza” è il legislatore di se stesso. Ma impulso e

forse che qui deve essere distinto un duplice concetto di sensibilità: da

libertà non appartengono a due dimensioni differenti e separate; se tutto

un lato il sensuale e le brame, dall’altro la “sensibilità pura”, la forma a

si limitasse a questo, cioè al fatto che quel che nel fenomeno è un

priori nella quale soltanto può apparire tutto il sensuale, precisamente lo

impulso è invece libertà nella sfera dell’essere-in-sé, non vi sarebbe

spazio e il tempo. La natura sottostà alla condizione trascendentale della

alcun problema morale. L’uomo potrebbe vivere nella beata innocenza;

pura sensibilità del soggetto, nella misura in cui essa si estende e si

la libertà non potrebbe in alcun modo entrare in conflitto con l’impulso.

mostra nello spazio e nel tempo. Ma in fin dei conti da dove viene

Tuttavia per Kant il problema della moralità consiste proprio nel modo

questa condizione trascendentale? Ciò che manca in Kant è la risposta

in cui la libera autodeterminazione dell’uomo può documentarsi nella

che espliciti se le condizioni del fenomeno sono a loro volta momenti

sfera del fenomeno, ossia nel campo della natura, come essa può

del fenomeno stesso oppure se e come esse siano elementi assoluti ed

ripercuotersi in una condotta di vita. Come può l’uomo, in quanto

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Quaderni della Ginestra

persona razionale, influire sulla sua animalità così da mitigare la

“materiale del dovere”, come accade infine in Fichte con la natura in

rozzezza e lo stato selvaggio delle voglie animali, portandole con ciò in

generale. Ciò che è morale è principalmente un’opera dello spirito su ciò

una “costituzione morale”? L’autodeterminazione morale della libertà

che ne è privo, della ragione sull’irrazionale, della libertà su ciò che non

non è un contegno nel regno spirituale degli esseri liberi e razionali, ma

è libero, dell’“essenza” intelligibile sul “fenomeno” sensibile. Queste

un contegno all’interno dello spazio e del tempo, all’interno della sfera del

sono tutte tarde risonanze dell’antica sophrosyne, che i fondatori della

fenomeno. La “crux” della metafisica kantiana della libertà si trova nel

metafisica definirono come dominio della ragione sull’irrazionalità. Noi

tipo di azione con cui la libertà può in generale intervenire nella

tentiamo però di mettere in dubbio quest’intera impostazione, - non per

connessione naturale degli eventi e degli avvenimenti, la quale è chiusa

sfuggirvi, ma solo al fine di sottrarci alla sua “validità indiscussa” e di

(in sé) come catena causale senza lacune; questo “potere” deve essere

guadagnare uno spazio per domande scettiche. Nella prospettiva di

presupposto affinché tutta la moralità non venga meno. La libertà deve

Kant il “naturale nell’uomo” ha solo un carattere contingente, è

poter “apparire” al fine di portar fuori le forme morali del vivere

un’organizzazione istintiva che è in fondo accidentale, che si può

umano; essa, in ultima analisi, ha dunque la sede della sua conferma

constatare empiricamente e che eventualmente si può anche riconoscere

nello spazio temporale dell’“apparire”, è qui che si trova Rodi, in cui

nella sua biologica conformità a scopi, - ma che nella sua interezza

essa deve saltare.

rappresenta un peso di piombo, dal quale risulta ostacolato il libero volo

Ma perché la libertà deve “deviare” al di là della natura, - perché deve

della nostra natura razionale. Gli uomini sono suddivisi nei due sessi

influire sull’animale naturale chiamato “uomo”? Qui troviamo

solo “accidentalmente”, essi condividono il modo della riproduzione

un’oscurità

restando

con gli organismi superiori; sono bisessuali 10 - non molto diversamente

fondamentalmente imprigionato in quella concezione tradizionale

dalle scimmie o dai porcellini d’India. Certamente da questa

dell’uomo che chiamiamo “centaurica”. Il tratto animale è l’avanzo

organizzazione animale degli uomini si lasciano derivare certi tratti

terreno che la libertà deve sopportare con imbarazzo, in cui essa ha solo

interiori maschili e femminili. Lo stesso Kant, nella sua antropologia,

un materiale per attuare la sua opera; l’animale in noi diventa il

offre una divertente descrizione delle differenti tipologie psicologiche e

che

lo

stesso

Kant

non

rischiara,

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Figure dell’individualismo

delle diverse modalità di comportamento riscontrabili effettivamente nei

dell’animale attraverso lo spirito, nella nobilitazione del sordo impulso

due sessi. Ma dal punto di vista ultimo e decisivo la differenza dei sessi

attraverso il momento di senso razionale, - deve essere conservata come

gli è “indifferente”; l’uomo è essenzialmente libertà, persona razionale -

preziosa eredità risalente all’antichità e al Cristianesimo, alle radici della

e in questo fondamento essenziale non è toccato dal suo sesso; libertà e

nostra umanità? Questa eredità non è l’argine contro la barbarie, le cui

ragione non sono mai “maschili” e “femminili”. La dualità dei sessi

acque salgono sempre più in alto? Staccare anche solo una pietra da tale

appartiene al mondo esterno del fenomeno, non al regno dell’essenza; è

diga eretta contro la mareggiata - non sarebbe un’impresa suicida, a

un risultato della natura, seppur un risultato da cui le formazioni di

maggior ragione se dovesse accadere in nome della filosofia? Oggi si

senso dello sviluppo pratico della libertà vengono determinate nel modo

riesuma in molte lingue l’eredità della storia occidentale e si rivendica un

più consistente. La sessualità è una “determinatezza meramente

“umanismo” della libertà; i due schieramenti politici del mondo

animale” del genere umano; essa è pertanto qualcosa che non si trova in

sollevano rispettivamente il loro “grido di guerra” soltanto come

potere dell’essenza libera; questa non può scegliere se essere sessuata o

un’altra interpretazione della libertà umana: per l’uno essa è la “dignità

asessuata, - in compenso può scegliere quale uso vuole fare della sua

immortale della persona”, che non può essere resa “cosa” da nessuna

disposizione naturale, determinandosi nella scelta giusta tramite principi

coercizione dello Stato e che ha il diritto inalienabile al possesso e alla

razionali. Essa non può nemmeno scegliere se far derivare il suo

proprietà, per l’altro è l’emancipazione dalla reificazione dell’uomo, la

sostentamento dal mangiare, dal bere e dal metabolismo, ma anche in

quale accade come sfruttamento economico della forza lavorativa, come

questo caso potrà cercare di trasporne l’uso sotto regole razionali.

sminuimento del lavoro a “merce” di facile vendita. In un senso più

L’uomo dotato di ragione può portare gli impulsi fondamentali della sua

profondo di come gli schieramenti politici sul nostro pianeta utilizzano

natura animale in una “costituzione conforme a ragione”, ovvero in una

le stesse categorie, sebbene con segno inverso, possiamo dire che

forma morale.

“cultura” e “barbarie” scaturiscono sul medesimo fondamento: ossia dal

Ma deve essere per forza mantenuta questa antica e venerabile

concetto metafisico dell’uomo inteso come persona razionale dotata di

impostazione per cui la moralità consiste appunto nel dominio

corpo animale, come il centauro composto da uno spirito affine a quello

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Quaderni della Ginestra

di Dio e da una sensibilità affine a quella della bestia. Fino a quando la

sicuro che questo sia solo qualcosa di “bestiale” ‒ o alla fine

questione cruciale della nostra esistenza morale resta (per dirla con

falsifichiamo l’essenza della natura nell’uomo se la identifichiamo in

Schiller) «solo una tiepida scelta […] fra felicità di sensi e gioia

modo troppo ovvio con la natura animale? Forse essa non è soltanto un

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dell’anima» , la scelta se determinarci in virtù della vicinanza a Dio o

materiale grezzo in cui può scaturire una forma morale attraverso la

all’animale, l’esserci umano resta “infondato”; si determina infatti a

formazione spirituale ad opera della libertà, allo stesso modo in cui dal

partire dalla distanza da enti e non dalla sua “relazione-al-mondo”: il senso

metallo grezzo scaturisce la statua scintillante grazie al lavoro dell’artista.

cosmologico della nostra esistenza (come ek-sistenza) resta velato.

Forse questo tratto naturale è già in se stesso “morale”, sebbene in un

Ciò vale soprattutto per il rapporto verso il cosiddetto “naturale”. È

senso per nulla consueto. In ogni caso l’interpretazione kantiana dei principali fenomeni morali della comunità umana, prima di tutto del matrimonio, allude a una caratterizzazione portante troppo riduttiva. Ciò non è espresso come una critica arrogante; poiché Kant si limita a trasporre in un rigore concettuale inaudito le conseguenze tratte dalla fondamentale impostazione metafisica della filosofia occidentale. Ma questa impostazione è nel frattempo divenuta sospetta, o quantomeno inizia a scricchiolare la travatura della casa in cui l’umanità occidentale ha vissuto per duemila anni; la figura destinale di Nietzsche getta la sua ombra sulla vita moderna come un oscuro punto interrogativo. Il processo della “trasvalutazione di tutti i valori” è iniziato. L’interpretazione kantiana del matrimonio è determinata da una serie di presupposti impliciti che vogliamo cercare di mettere in luce.

COMPAGNIA DELLA FORTEZZA, LA SCUOLA DEI BUFFONI

Abbiamo già nominato un presupposto essenziale riferendoci alla 16


Figure dell’individualismo

posizione di Kant verso la natura presente nell’uomo, verso il presunto

contratto, la forma morale del vivere sessuale si costituisce in

animale in noi. E questa “natura”, questa organizzazione animale

un’associazione di singole persone precedentemente separate. La

dell’istinto del vivere umano, è stata da lui infine assunta come un fatto

separatezza e la singolarità di coloro che si uniscono in matrimonio

contingente che resta impenetrabile per la presa del pensiero. Di

costituiscono evidentemente il tratto preliminare e più originario; la

importanza centrale è inoltre - ne abbiamo già fatto menzione -

comunità, nel senso di comunità sessuale nella sua forma morale, sorge

l’impostazione “individualistica” di Kant nella sua filosofia sociale. Egli

nell’atto nuziale inteso come connessione di persone che corrispondono

prende le mosse dall’uomo singolo, il quale, appunto in virtù della sua

una all’altra secondo la loro organizzazione corporea (appunto

natura animale, è uomo o donna. In quanto uomo ha la tendenza ad

maschile-femminile), che sono afferrate da tensione reciproca e che

ottenere una donna, e viceversa. La tendenza opera in lui come impulso

bramano vicendevolmente la loro eccitazione sessuale, congiungendosi

naturale del desiderio sessuale; la brama può essere realizzata in modo

ora nella forma legale.

morale solo se egli stipula un “contratto” con un partner dell’altro sesso;

L’elemento di partenza di una simile visione non è forse l’essere

sebbene un contratto di tipo particolare. Non si tratta semplicemente di

singolo? Certamente questo, in quanto è appunto uomo o donna, ha

un contratto riferito a cose che possono essere scambiate, prestate,

una corporeità tipica, ha una specifica conformazione corporea in

vendute, donate. Il contratto matrimoniale, come abbiamo visto, è un

relazione al suo sesso, e via dicendo; ma l’essere singolo, determinato da

consegnarsi reciproco, un reciproco possedere che non è a termine, ma

tale forma corporea caratteristica e finalizzata all’accoppiamento,

che interessa l’intera vita. Il contratto, tuttavia, si riferisce in realtà all’uso

sembra rappresentare palesemente il principio metodico a partire da cui

vicendevole degli organi sessuali - e poiché questi appartengono al

devono essere compresi tutti i fenomeni comunitari.

corpo e il corpo alla persona (alla sua unità indivisibile), il possesso

Ma le comunità sono fondamentalmente associazioni di singoli?

reciproco dei membri sessuali può essere soltanto un patto duraturo fra

Sono sempre col-legamenti? O forse ci sono anche comunità che sono

uomini, i quali - è vero - si reificano a vicenda, ma che da questa

più originarie dei singoli, ‒ che sono tali da rilasciare i singoli soltanto da

reificazione si emancipano nuovamente. Ma il matrimonio è nondimeno

esse stesse? Comunità che non si costituiscono tramite un’associazione,

17


Quaderni della Ginestra

attraverso una qualsivoglia forma ancora allentata di “contrat social”, ma,

annebbiato dall’istinto sessuale può trovare bella la donna, questo essere

viceversa, che sono prima dei singoli che ad esse appartengono? Ma da

dai fianchi robusti; l’uomo non saprebbe che, così facendo, fa soltanto

dove vengono le singole persone che contraggono matrimonio come

gli interessi della “specie” e non dell’individuo. Il sogno degli amanti di

marito e moglie? Gli “individui” nevicano dal cielo? Tutti nascono dal

essere uno per l’altro non sarebbe che uno stratagemma con cui la

ventre materno, provengono da un clan, da una “stirpe”, da un ceppo,

natura cercherebbe di abbagliarli con l’unico scopo di conservare la

da un popolo. Ma ciò che è un “popolo” si lascia comprendere e

“specie”; perché con consapevolezza nessuno vorrebbe prendere su di

concepire prendendo spunto dal singolo uomo? È semplicemente una

sé gli oneri e le seccature di una vita matrimoniale. La bellezza sarebbe il

quantità di individui oppure è una continuità della vita che non smette

trucco con cui la natura lavora; la giovane donna, nel pieno della sua

di attraversare tutti i singoli membri, seppur disgregandosi sempre e

floridezza, sarebbe il “colpo di scena della natura”, per così dire la sua

nuovamente in singolarità? E anche il singolo uomo e la singola donna

esca e il suo più grande imbroglio. Quel che Schopenhauer afferma nel

non sono semplici esemplari di un’universalità fissabile concettualmente,

suo modo spiritoso e frivolo, tuttavia, può essere nel migliore dei casi un

- in essi è sempre presente anche la sovra-individualità del sesso, da cui

bon mot di matrice biologista, non una dichiarazione filosofica. Poiché

sono penetrati. Può anche darsi che le singole persone coscienti di sé,

l’“universale” da lui menzionato ‒ la natura, l’interesse della specie e via

che si congiungono così nella forma morale della comunità sessuale,

dicendo - resta un concetto completamente vuoto. Per prima cosa

credano di agire in virtù del proprio volere, - di afferrare moralmente la

bisognerebbe pensare quel che può significare un “universale” non

brama e la tensione conferendo loro una forma legale. Ma

identificabile con ciò che è comune formalmente ai molti esemplari.

comprendono davvero che cosa li afferra quando si accendono di amore

Esso non può diventare una semplice parola-feticcio con cui operare in

uno per l’altro? Conoscono la potenza da cui sono sospinti? Da sempre

modo indisciplinato al fine di mostrarsi esperti dei fini più reconditi.

si deride l’ingenuità degli amanti. Si crede di essere spiritosi e intelligenti

Occorre piuttosto chiedersi se tutti gli amanti non sappiano già in

quando, come fa ad esempio Schopenhauer nella sua Metafisica dell’amore

modo oscuro che non sono soltanto essi a decidersi uno verso l’altro. In

sessuale12, si dice in tono di scherno che solo l’intelletto maschile

ogni affetto non è forse in gioco un contegno che non si rivolge al 18


Figure dell’individualismo

mostrarsi dell’altra persona nella luce dell’eccitazione, - un contegno

modo del divertimento. Tanto più il gaudente gode, quanto più si chiude

verso la demonica violenza vitale del sesso opposto? La concezione

in sé; crescono le pareti della sua prigione; egli è al massimo un

kantiana dell’eccitazione, in quanto allettamento dell’organo sessuale

divoratore erotico di uomini che usa e consuma organi sessuali. Don

altrui, offre a mio parere una visione del fenomeno troppo riduttiva.

Giovanni non è il più fortunato, no - è il più sfortunato degli erotici. In

Kant si muove così in un’ottica che è appunto determinata dalla sua

effetti il punto di partenza di Kant non è molto lontano da questa

“impostazione individualistica”. Chi prova il desiderio erotico, secondo

forma di erotismo “cieca” e povera di senso. L’erotismo è per lui

lui, mira all’uso di una “cosa con cui intrattenersi immediatamente”;

anzitutto “godimento”, essendo solo una relazione dell’uomo razionale

vuole il godimento sessuale. Ciò, naturalmente, non può essere

verso la sua natura animale, - solo una posizione della libertà sovrana

contestato in alcun modo, ma resta da vedere se la brama si esaurisce nel

verso la sensibilità, oppure, parlando per principi: solo una relazione

godimento e se si limita a riferirsi ad esso. Colui che gode, in quanto

dell’“essenza” verso il mero “fenomeno”. A giocare infine un ulteriore

gode, è esiliato nella sensazione della sua sensibilità; egli prova voglia; la

ruolo fatale quale presupposto inespresso della teoria kantiana è la

sua voglia può aumentare quando scorge la voglia del partner. Tuttavia,

sottodeterminazione del fenomeno della “corporeità”. La corporeità, in

dove l’accoppiamento è compreso primariamente come un godere della

quanto tale, è considerata solo come un fatto contingente

voglia dell’altro, è povero di senso. Il che non deve allora significare che

dell’organizzazione animale; la persona razionale ha un “corpo”, così

esso non può avere alcun senso morale legittimo. Non ci troviamo

come il centauro ha la sua parte inferiore uguale a quella di un cavallo;

ancora sul piano delle discussioni morali. Dove i due che si accoppiano

ne è affetta, ma solo nel campo fenomenico. Dobbiamo però

si considerano come oggetti di voglia che si intrattengono a loro volta

domandare: è sufficiente una tale impostazione? L’animale è

con parti corporee dell’altro, l’atto sessuale è per così dire “cieco” e

“corporeo”, vive nel corpo; ma non si rapporta mai alla sua corporeità -

“sordo”, non è un’esperienza. I gaudenti provano sì il solletico della

così come non può mai rendersi conto della sua nudità. L’uomo, per

voluttà, ma non il suo profondo contenuto esperienziale. “Godimento”

contro, non si limita ad avere un corpo, ma vive anche in una peculiare

è quel tipo di erotismo che si è svuotato di simboli e che è solo un

relazione di tensione nella e con la sua corporeità; il corpo non è solo

19


Quaderni della Ginestra

l’organo complessivo in cui egli ha il suo dominio, ma in un certo senso è l’uomo stesso - per se stesso. E la relazione al proprio corpo non va inoltre staccata e separata dal contegno in cui noi ci riferiamo costantemente alla corporeità degli altri uomini, in cui li esperiamo nella loro bellezza corporea, nella loro forza e nel loro splendore, oppure nella loro bruttezza, debolezza e impotenza. La nostra vita nella comunità umana è co-determinata in larga misura dal modo in cui la corporeità propria e altrui è per noi aperta - e ciò, appunto, non solo come organizzazione animale. Non solo lo spirito attraversa il corpo, ma anche il “corpo” attraversa in gran parte la nostra spiritualità. Platone sapeva che i corpi brillanti degli efebi mettono le ali al volo dello spirito, che la sapienza, la sophia, può scaturire dalla philia, ovvero

E. Fink, Existenz und Coexistenz: Grundprobleme der menschlichen Gemeinschaft, a cura di F.-A. Schwarz, Königshausen & Neumann, Würzburg 1987, pp. 149-157. 2 Ivi, p. 148. 3 I. Kant, Metafisica dei costumi, a cura di G. Landolfi Petrone, Bompiani, Milano 2006, p. 159. 4 Ibid. 5 Ivi, p. 161. 6 Ibid. 7 Ivi, pp. 163-165. 8 I. Kant, Prolegomeni ad ogni metafisica futura, a cura di P. Martinetti e M. Roncoroni, Rusconi, Milano 1995, p. 107. 9 Ivi, p. 153. 10 Da questa e da altre occorrenze dell’opera si ricava l’impressione che Fink utilizzi il termine “bisessuale” col significato di “eterosessuale”. 11 F. Schiller, L’ideale e la vita, in Id., Poesie filosofiche, a cura di G. Moretti, Studio Edizioni, Milano 1990, p. 47. 12 A. Schopenhauer, Metafisica dell’amore sessuale: l’amore inganno della natura, a cura di A. Verrecchia, Biblioteca universale Rizzoli, Milano 2008. 1

dall’eros, talvolta anche dalla passione ardente.

INTRODUZIONE E TRADUZIONE DI SIMONA BERTOLINI

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IN LIBRERIA Oralità e scrittura Carlo Pancera, Una transizione di lungo periodo Alessandra Pozzi, Dialogo sul senso del libro. Metamorfosi, dissolvenza o dissoluzione? Aniello Castaldo, La parola mancata in Carmelo Bene Daniela Faini , La seconda oralità e gli adolescenti. Alcuni nuovi paradigmi teorici e didattici Daniel Boccacci, Il laboratorio “Il filo di Arianna”.Un’esperienza tra le nuove frontiere dell’apprendimento Alessandro Bosi, Oltre l’esperienza del leggerescrivere Educazione e politica Federica Montevecchi, La politica viene dopo. La paideia fra grecità e «terzo umanesimo» Andrea Lanza, Il bambino democratico, La filosofia politica dell’educazione di Marcel Gauchet Mara Fornari, La ‘paideia interculturale’. Società ed educazione Archivio: Democrazia e identità Charles Taylor, L’esclusione democratica (esistono dei rimedi?) a cura di Paolo Costa Uomo e totalità Simona Bertolini, Esistenza e coesistenza. Alcune riflessioni sull’ontologia di Eugen Fink Scritture Jacques Roubaud, Qualcosa nero L’ideologia tedesca Diego Fusaro, La logica ideologica. Vecchie e nuove legittimazioni del potere Interstizi del tempo Silvia Vegetti Finzi, Solitudini nell’amore Note di lettura e un’opinione Francesca Brezzi, Maria Teresa Russo, a cura di, Oltre la società degli Individui (Antonio Freddi); Rosa M. Calcaterra, Idee concrete (Rosa Lanzafame); Paola Cantù, E qui casca l’asino (Timothy Tambassi); Rino Genovese, Replica a Roberta De Monticelli

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Meditazioni filosofiche


Meditazioni filosofiche

LA FILOSOFIA: UNA TERAPIA PER L’ANIMA

AAAA

“E’ vuoto l’argomento di quel filosofo che non riesca a guarire alcuna sofferenza dell’uomo: come non abbiamo alcun bisogno della medicina se essa non riesca a espellere dal nostro corpo le malattie, così non abbiamo alcuna utilità della filosofia se essa non serva a scacciare le sofferenze dell’anima.” Epicuro in Porfirio, Ad Marcellam, 31, p.297.

I

filosofi antichi erano convinti che la filosofia insegnasse a vivere bene e curasse le malattie dell’anima, esattamente come la medicina cura quelle del corpo. Gli Epicurei, in particolare, sostenendo che le

passioni non fossero altro che credenze false e devianti, capaci solo di condurre l’uomo lontano dallo stato di imperturbabilità del saggio, ritenevano che la filosofia, tramite adeguate argomentazioni, fosse in grado di estirpare simili false credenze e, di conseguenza, anche le sofferenze che da queste derivavano. Il fine ultimo dell’etica era quindi individuato nella salute mentale delle persone, il cui problema principale era costituito dalle loro stesse convinzioni. Per raggiungere tale obiettivo, la filosofia doveva tener conto non solo del contesto generale, ovvero della società in cui il soggetto preso in considerazione era nato e cresciuto, e dalla quale 23

MAGGIO DI ACCETTURA (BASILICATA), RITO ARBOREO


Quaderni della Ginestra

probabilmente aveva tratto la maggior parte dei suoi costumi mentali,

perfezione platonica, il medico filosofo praticava una vera e propria

ma anche del contesto particolare. La cura filosofica, secondo il punto

immersione nel mondo, problematizzando le diverse situazioni che si

di vista epicureo, si configurava infatti non come mera applicazione di

trovava ad affrontare con capacità di intervento e flessibilità

principi e norme universali, ma come un’oculata indagine, in grado di

nell’applicazione delle norme. Egli non si preoccupava soltanto di

sottolineare l’essenziale unicità dell’individuo e di esaltarne e rispettarne

definire il Bene e la vita buona: il suo vero aiuto consisteva nell’indicare

le peculiarità. I malanni dell’anima venivano così seguiti caso per caso,

alle persone comuni, che non godevano di un’elevata educazione

con “medicazioni” specifiche e attente alle esigenze e alle particolarità

culturale ma erano comunque afflitte dai dispiaceri della vita, il modo

del soggetto considerato. Epicuro, in particolare, aveva elaborato il

pratico di raggiungere la vita rigogliosa di cui lui stesso era testimone.

quadrifarmaco, quattro proposizioni finalizzate all’annientamento

Secondo questa concezione, la filosofia non è, quindi, una materia

dell’inquietudine umana (“Non sono da temere gli dei, non è da temere

totalmente astratta e trascendente gli affari terreni: essa consiste

la morte, il bene è facile a procurarsi, facile a tollerarsi il male”). La

piuttosto in un vero e proprio impegno all’azione. Il compito del

filosofia si presentava così sotto una duplice veste: da una parte

filosofo è costituito dallo scoprire di che tipo sia il malessere che

insegnava, attraverso la conoscenza della natura delle cose, a liberare la

affligge la gente e di che cosa essa abbia bisogno. Scopo della filosofia è

mente dalle inquietudini; dall'altra insegnava a godere dei piaceri della

quindi la cura, e il conseguimento di un’umanità florida.

vita.

Nonostante siano passati millenni da quando Epicuro professava il

Il medico filosofo, dal canto suo, non si proponeva come un’autorità

potere terapeutico della filosofia (seguito anche da personalità

assoluta e trascendente il mondo, ma semplicemente come il

importanti quali Seneca e Cicerone), una simile visione può essere

rappresentante di un’ideale di vita rigogliosa, alla quale tutti avrebbero

adottata anche ai giorni nostri. Cambiamenti storici, politici ed

dovuto aspirare. Lui stesso avrebbe potuto essere vittima dei malanni

economici di grandissima portata sembrano non aver mutato, infatti, la

dell’anima, frutto di false credenze e opinioni errate, che solo grazie alla

fragilità intrinseca all’essenza umana. Scopo dell’uomo rimane quello di

filosofia riusciva a tenere lontane. Ben lontano, dunque, dall’ideale di

realizzare se stesso e il proprio “progetto di vita”, mentre lutti,

24


Meditazioni filosofiche

abbandoni e sconfitte turbano gli animi allo stesso modo, al di là del

con il supporto di una “terapia” filosofica. Molte convinzioni, infatti,

tempo e delle diversità sociali o culturali.

possono essere difficili da rimuovere, se interiorizzate a un livello

Le sofferenze dell’anima sembrano dunque far parte di una sorta di codice emotivo universale, che attraversa incolume millenni di storia e cambiamenti: secondo quest’ottica, non esiste allora una materia più intramontabile e attuale della filosofia.

profondo: è in questi casi che l’ausilio della filosofia risulta più utile, e il compito del filosofo appare più simile a quello del medico. Gli argomenti filosofici, dunque, intesi come “medicine” dell’anima, presentano caratteri specifici. In primo luogo, il loro interesse è

Le “cure” più efficaci adottate dal filosofo sono, oltre all’abilità

meramente pratico: la filosofia perde il suo carattere teoretico (perde la

nell’argomentare, la capacità di critica e il potere dell’immaginazione,

tendenza a discutere dei soli concetti astratti e metafisici) e si interessa

che induce a vedere le cose da prospettive diverse, e porta gli uomini a

maggiormente all’etica e alla morale, si interessa alla ricerca attorno al

provare sentimenti quali la compassione e l’empatia. Coltivare

giusto agire e al giusto comportamento in grado di guarire il male

l’immaginazione significa infatti alimentare la capacità di guardare oltre

dell’ingiustizia. Inoltre, le argomentazioni filosofiche sono relative al

se stessi, aprendosi alle diversità e mettendosi in discussione. In questo

valore, e rispondono ai bisogni e alle esigenze soggettive del paziente.

modo, la filosofia non solo argomenta al fine di modificare o rimuovere

La cura, quindi, sia filosofica che medica, risponde ai casi particolari,

determinate credenze che potrebbero nuocere alla salute mentale

studiando le diverse situazioni. Il medico-filosofo avrà il compito di

dell’individuo, ma si cimenta anche con la sfera meramente emotiva dei

utilizzare i giusti argomenti individuando il momento opportuno per

soggetti, con lo scopo ultimo di far perseguire loro l’eudaimonia, la vita

farlo e “mescolando” la critica costruttiva con parole incoraggianti,

buona.

proprio come avviene quando si vuole somministrare una medicina

Avere il controllo dei propri sentimenti, in modo da non lasciarsi

molto amara.

sopraffare da essi, ed essere educati a comprendere la vita emotiva altrui

L’idea di una medicina dal sapore filosofico nasce perciò

sono indubbiamente due condizioni fondamentali per il raggiungimento

nell’antichità, in età ellenistica: la fine della polis, dell’unità politica delle

del benessere, condizioni che l’individuo può ottenere più facilmente

città-stato, porta a una delocalizzazione del pensiero e a una maggiore

25


Quaderni della Ginestra

apertura ai problemi universali dell'uomo, e alla scoperta della persona

maggiore padronanza del proprio destino. Una simile visione della

come singolo gravato da sofferenze, malumori, difficoltà legate alla

filosofia non solo abbraccia la dottrina epicurea, ma va ben oltre di essa.

condizione esistenziale. Tuttavia, anche nel Medioevo si può rilevare

Secondo Epicuro, infatti, i problemi dell’animo umano derivavano dalle

un’assimilazione tra scienze mediche e scienze filosofiche: si diffonde

passioni, ovvero da false credenze, che era sufficiente eliminare per

infatti la credenza secondo la quale per la salute umana è necessaria la

raggiungere

compresenza del benessere di anima e corpo, e nelle università viene

dell’equivalenza tra emozioni e false credenze (non è certo questo il

istituito il corso di laurea in Medicina e Filosofia.

luogo per discutere a proposito di un argomento tanto complesso e

l’eudaimonia.

Tralasciando

la

correttezza

o

meno

L’analogia tra medicina e filosofia si estende infine all’età a noi

articolato), si può asserire con certezza che la filosofia riesce laddove

contemporanea, basti pensare al grande successo che, soprattutto negli

nessun’altra dottrina giunge con tanta facilità: essa, infatti, tocca in

ultimi anni, stanno riscuotendo le pratiche di counselling filosofico: una

profondità l’animo umano, riesce a sentirne i moti, a comprenderli e

pratica il cui fine è cercare la soluzione di problemi specifici, aiutare a

placarli attraverso la riflessione, l’immaginazione, l’introspezione e la

prendere decisioni, a gestire crisi, migliorare relazioni, sviluppare risorse,

capacità di problematizzare ogni situazione.

promuovere e sviluppare la consapevolezza personale, lavorare con emozioni e pensieri, percezioni e conflitti interni o esterni. La filosofia si configura così come un arricchimento: una

Filosofare risulta oggi indispensabile più che mai, al fine di recuperare la dimensione autentica dell’uomo sempre più impoverita dall’apparenza e dai falsi bisogni indotti dalla società.

consapevolezza, uno strumento di interpretazione della complessità del mondo e dell’uomo, un vero e proprio nutrimento per l’anima oltre che

VALERIA BIZZARI

per l’intelletto, in grado di permettere all’individuo di elevarsi dalle ristrettezze della contingenza, del sensibile e della convenzione. Filosofare, riflettere, sono indubbiamente attività che aiutano a ottenere il controllo di sé e dei propri istinti, e, di conseguenza, a raggiungere una

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Meditazioni filosofiche

TEMPO, ESISTENZA E SENSO

UNA RIFLESSIONE INTERDISCIPLINARE A PARTIRE DALLA POESIA DI THOMAS STEARN ELIOT E MIRCEA ELIADE 1) Through a bright cloud of tears, the years, restoring With a new verse the ancient rhyme. Redeem The time. Redeem […] (T.S. ELIOT Ash-Wednesday IV stanza. Trad. it: Con una splendida nube di

U

no dei temi maggiormente dibattuti della storia della filosofia è quello del tempo. Si può affermare che la questione del tempo è

diventata classica proprio perché irrisolvibile. “Che cos’è il tempo?” questa è la domanda che da sempre i filosofi si sono posti. Mi sono sempre chiesto se, per affrontare questo discorso, non sia necessario uscire dalla filosofia, o perlomeno uscire da un certo tipo di filosofia iperspecialistica e, di conseguenza, rivolgere lo sguardo verso

lacrime, gli anni, ravvivano\Con un nuovo verso la rima antica. Rendimi il

quelle materie “antropologiche”, quali la letteratura, la poesia, la

tempo. Rendimi…)

psicologia, la religione, ecc., nel tentativo di aprire le finestre della stanza chiusa della filosofia e fare entrare così una ventata di aria fresca.

2) [Con l’inizio dell’Anno Nuovo] Il tempo aveva usato l’uomo, la società, il

Sì, “i maestri delle scuole sottili sono controversi, enciclopedici”,

Cosmo, e questo Tempo distruttore era il Tempo profano, la durata propriamente

come diceva già Thomas Stearn Eliot. Perché allora non prendere

detta; bisognava annullarla, al fine di reintegrare il momento mitico nel quale il

spunto da altre discipline, senza tralasciare per questo il pensiero

mondo era sorto, immerso in un Tempo “puro”, “forte” e sacro.

razionale che contraddistingue la filosofia?

(M. ELIADE, Il Sacro e il Profano, Bollati Boringhieri, Torino 2006; p. 53.)

In primo luogo, la questione del tempo è eminentemente esistenziale. Bisogna, di conseguenza, spostare l’attenzione dalla domanda “che cos’è

3) Life you may evade, but Death you shall not.

il tempo?” a quella forse più banale, ma non per questo meno

(T.S. ELIOT, Corus From the Rock, III stanza. Trad. it: Potete eludere la vita,

interessante “che cos’è il tempo per l’uomo?” e da quest’ultima richiesta

ma non la morte).

arrivare poi a rispondere anche alla prima. Come è sotto gli occhi di tutti, l’esistenza dell’uomo è nel tempo, senza il tempo non ci sarebbe neppure la vita. Eppure, nella storia delle

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Quaderni della Ginestra

religioni, come scrive Mircea Eliade, di cui si è riportata una citazione,

legge e scrive, riuscendo poi a connettere tutte le varie esperienze della

l’essere umano ha sempre cercato di “staccarsi” dal tempo profano per

vita in una trama organica che gli consenta di capire il suo tempo e la

ricongiungersi al tempo reale, al tempo con la T maiuscola, quello sacro.

propria esistenza. In questo modo il soggetto riesce a mantere un’unità,

Tuttavia, non è solamente l’uomo religioso primitivo che aveva bisogno

un filo logico in cui si inseriscono ordinatamente tutti i tasselli di tempo

di rigenerare il tempo, ma ne ha un fortissimo bisogno anche il soggetto

della sua vita. L’uomo, tramite l’esperienza narrativa riesce a raggiungere

post-moderno.

un centro, una coerenza di vita da cui interpretare ogni istante

Un esempio di quanto è qui affermato si può trovare nella riflessione sul tempo e suoi rapporti con l’essere condotta da Martin Heidegger.

temporale. Dalle analisi Eliade emerge che questo centro veniva trovato dai

Infatti, in prima istanza, tale studio può essere visto come un lavoro sul senso del tempo. Il pensiero di Heidegger approda alla conclusione che l’uomo, per vivere autenticamente deve prendere coscienza del fatto che il suo tempo è limitato e che, di conseguenza, si concluderà nella morte. Viene da chiedersi, tuttavia, se la ricerca di una vita autentica non sia forse un altro tentativo di staccarsi dalla durata, annullarla. In altre parole, un modo laico di staccarsi dal Tempo profano. Si potrebbe concludere, di conseguenza, che il tentativo di Heidegger sta nel trasformare chronos (la durata dell’orologio) in Kayros (l’attimo favorevole, il tempo opportuno). Lo stesso vale per Paul Ricoeur e per la sua teoria dell’identità narrativa. Questa teoria afferma che il soggetto riesce a costruirsi un’identità, proprio partendo dai racconti che trova nel contesto o che lui stesso

UMBRIA, TERREMOTO, 1997

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Meditazioni filosofiche

paleantropi (gli uomini vissuti nel paleolitico) proprio nella religione e

componenenti che, per dirla con René Girard, si sono votati

nel sacro. Ogni azione significativa, per l’homo religiosus trovava un

all’indifferenziazione mimetica. In altre parole, i soggetti sono diventati tutti

prototipo nella mitologia. L’azione dell’uomo diventava sacra non solo

simili l’un l’altro, perdendo ogni gerarchia, appiattendo così la loro

perché imitava l’azione primigenia, ma faceva anche rivivere il tempo in

identità. In questo senso, l’angoscia provata dall’uomo novecentesco

cui questa prima azione veniva compiuta dagli dèi.

non ha potuto fare altro che trasferirsi nella politica, generando i più

Come si può esperire, nella post-modernità questo non è più

biechi dittatori (figura caricaturale del Superuomo nietzschiano e, in

possibile e tutte le soluzioni tentate dai filosofi a lungo andare vengono

ultima analisi, una riedizione pervertita di un Messia), che però avevano

anch’esse costrette al buio della non esistenza, al passato del chronos,

il compito di deresponsabilizzare il loro popolo. Ma perché è successo

della durata lineare, che non ritorna più.

tutto questo? Perché è venuta a mancare la sacralità dell’esistenza?

Ecco allora che è la modernità stessa a spiegare il grido di Eliot:

Secondo Girard, questo è accaduto a causa della rivelazione

“Rendimi il tempo”. I versi di Eliot diventano la descrizione spietata

Cristiana. Tale messaggio ha avuto il merito di svelare all’uomo il

della società post-moderna e del suo pellegrinaggio senza senso. Questo

meccanismo sacrificale, mostrandolo nel suo funzionamento.

è quello che avviene nel poema The Wasteland, il quale presenta simboli

Fin dagli albori dell’uomo, infatti, questo sistema aveva consentito ad

presi dalla mitologia che impazziscono in un vortice di significati che

ogni comunità di liberarsi dalla propria violenza. Secondo l’autore

ora appaiono senza senso e che, di conseguenza, non riescono più a

francese, infatti, il sacro veniva generato proprio perché una vittima

“connettere nulla con nulla”(Wasteland poesia What the Thunder Said).

soccombeva, caricandosi di tutta la violenza presente nelle relazioni

L’Eliot della Wasteland è il ritratto di un’epoca che non riesce a vivere

intessute dai membri della comunità, facendo sì che questi si unissero e

il kayros e non riese a dare senso alle sue esperienze. Da una modernità

si riappacificassero. Questo omicidio primordiale fu l’azione principale,

così non poteva che scaturire la guerra. Eliot, di conseguenza, profetizza

quello che generò il kayros mitico e, di conseguenza, generò il tempo.

la seconda Guerra Mondiale, rileggendo la Prima e lo fa interpretando

Ora che il Cristianesimo, contrariamente a tutte le altre religioni

genialmente i segni degli squilibri dei componenti della società,

pagane precedenti, ha svelato la prospettiva della vittima, mostrando e,

29


Quaderni della Ginestra

proprio

fosse una nevrosi e che gli spiriti religiosi, al pari dei suoi pazienti

nell’atto di mostrare, bloccando la violenza del gruppo che uccide il

ossessivi, effettuassero dei rituali per mettersi al riparo dal senso di

suo capro espiatorio pur di riappacificarsi. Fermata tale azione sacra

colpa dovuto ai loro pensieri malvagi. Nondimeno, dalla prospettiva di

però viene meno anche il tempo nel suo fondamento sacro.

Mircea Eliade, si può invece osservare come il senso del sacro stesso

Ciò non accade certo per volontà del Cristianesimo, il quale non

abbia fondato tutte le azioni umane e, di conseguenza, abbia consentito

vuole eliminare il sacro, ma solamente epurarlo dai suoi aspetti violenti,

all’uomo di installarsi comodamente nella realtà temporale; le psicosi,

cambiarlo di senso e soprattutto perdonarlo. Nondimeno, tale

viceversa, si sono verificate solamente in contesti dove è venuto meno il

prospettiva religiosa, avendo messo gli uomini faccia a faccia con la

background religioso.

propria violenza, ha fatto sì che questi le si rivoltassero contro, non

Diventa perciò necessario un recupero del sacro e della dimensione

volendo mai fare i conti seriamente con la proposta evangelica,

comunitaria che esso comporta. Certamente un solo tipo di sacro è

rifiutando, di conseguenza, il suo messaggio. Essi erano incapaci di

possibile dopo la rivelazione Cristiana; cioè quello epurato dalle storture

sostenerne il peso, vale a dire il peso dell’amore e del perdono.

violente che si sono verificate nella storia delle religioni. Se il sacro nasce

Nella post-modernità, però, la perdita del sacro ha generato una serie

da un’azione violenta, come dimostra Girard, non per questo è esso

di squilibri e delle vere e proprie turbe psichiche che trovano il suo

stesso violento. Certamente la violenza va trascesa e perdonata, senza

culmine nella perdita del senso complessivo della vita, quel senso che fa

per questo perdere la componente di senso e significato che esso

passare la vita da una serie indefinita di “e poi, e poi, e poi” a un tutto

prevedeva.

unitario, che ha un significato complessivo. Il tempo, quello profano,

Il Cristianesimo, che secondo Girard, ha fatto dell’amore per gli altri

diventa quindi in-significante e sbiaditamente omogeneo, facendo

l’antidoto contro la violenza, dovrebbe quindi certamente recuperare

piombare gli uomini nella schizofrenia; nella separazione e divisione

quella dimensione comunitaria data dalla cura per l’altro che si è persa

dell’io.

nella nostra epoca post-moderna, in un senso però esistenziale e non

All’inizio del secolo scorso, Freud riteneva che la stessa religione

puramente morale.

30


Meditazioni filosofiche

È proprio a causa di questa attenzione all’altro, nel dono e nel perdono dell’altro, infatti, che nel Cristianesimo avviene il recupero della sacralità del tempo. Quando il tempo viene sacrificato per altri, in una logica di servizio ecco che esso ci viene ridonato in una maniera più pura. Consumarsi per l’altro significa santificare il proprio tempo, e ciò ci riporta all’unità di una vita buona, a una vita riuscita, all’eudaimonia tanto agognata dai filosofi contemporanei. Per raggiungere tale scopo, c’è bisogno di leggersi nella violenza che si compie quotidianamente. Questo è stato il senso della poetica di Eliot che si è visto “rendere il tempo”, quando, dopo la sua conversione, spese le sue parole in favore di quel senso nascosto che solo la Fede appena abbracciata poteva donargli, incitando i suoi contemporanei a non sprecare la vita, o meglio a non eluderla, diventando prede del tempo (timekept per usare un termine con cui Eliot descrive le città attuali).

MARTINO PESENTI GRITTI

PRISTINA (KOSOVO), BOMBARDAMENTI DELLA NATO, 2000

31



Cinema e filosofia

COSMOPOLIS DI DAVID CRONENBERG

I

n principio era il verbo, in conclusione è il flusso. L’ultima opera di David Cronenberg ci trasporta all’interno del flusso immateriale, dei

dati, del cyber capitale, del destino dell’umanità che, come scrive “La proprietà non c’entra più niente con il potere, la personalità e il controllo. Non

DeLillo, è deciso un nanosecondo dopo l’altro. Il regista canadese, con

c’entra con l’ostentazione volgare o l’ostentazione raffinata. Perché non ha più né

A dangerous method, aveva già rivolto la sua attenzione alla mutazione

peso né forma.L’unica cosa che importa è il prezzo che paghi. Centoquattro milioni.

apportata all’essere umano dalla psicanalisi a inizio Novecento. Allora fu

Ecco cosa hai comprato. La cifra si giustifica da sola.”

proprio grazie al verbo che l’uomo cominciò a esplorare la propria

(Don DeLillo, “Cosmopolis”, p.69)

interiorità che, nonostante le precedenti passioni di Cronenberg, non è fatta solo di organi e interiora. Cosmopolis, a livello di script, sembra

"Il desiderio irrazionale di monopolizzare il mercato di alcune merci, la ricerca controintuitiva di formule magiche per predire cambiamenti di prezzo, l'isteria collettiva controllata, sono tutti prodotti di questa totale conversione delle merci in segni (Baudrillard, 1974), i quali sono essi stessi in grado, se manipolati correttamente, di produrre profitto." (Arjun Appadurai, "Le merci e la politica del valore", p.61)

intraprendere la stessa strada, fatta di lunghi dialoghi che immobilizzano volutamente l’azione, anche se il tipo di uomo rappresentato, e la società che egli alimenta, sono l’ennesima evoluzione all’interno della filmografia cronenberghiana. Senza dimenticare che il film, e quasi tutte le battute dei personaggi, provengono dal romanzo di DeLillo, è interessante cercare di capire su quali binari intende portarci Cosmopolis. Eric Packer è un ventottenne multimiliardario cresciuto in ambienti iper-protetti che fa esperienza del mondo solo attraverso infiniti schermi e modelli teorici. Il protagonista del film vive gran parte della sua giornata in una limousine, separato dalla vita vera da vetri infrangibili e da una schiera di guardie del corpo armate fino ai denti. E guai a dire

33


Quaderni della Ginestra

che in questo film non accade nulla, perché di fatti ne avvengono

obsoleta e figlia del mercato stesso. Questo capitalismo si muove 24 ore

parecchi. Eric, ad esempio, incontra moltissime persone, il problema è

al giorno, 7 giorni su 7, ovvero lavora ogni secondo, a differenza degli

che sembra vivere in una specie di apatia da calcolo, completamente

esseri umani. Questi immensi capitali, in grado di fare fallire intere

privo di emotività, ed è come se ogni cosa che gli accade fosse qualcosa

economie, appaiono come giochi di ragazzini con altissimi q.i., ma privi

di banale, di già analizzato. Le guardie del corpo non sono degne del suo

di ogni empatia con l’alterità. Eric, infine, è ancora così umano da

sguardo, il sesso e il cibo – uniche azioni che lo rendono ancora umano

avvertire l’inspiegabile impulso creativo di mandare in frantumi ogni

– sono routine, gli ultimi bisogni da espletare perché altrimenti sarebbe

cosa costruita sino a quel momento. Non è un caso che una delle figure

veramente dura sopravvivere. Eric appare come l’ultima mutazione

chiave del film, l’asimmetria, sia nominata a proposito dell’unico difetto

dell’essere umano: volto all’incorporeità, perennemente connesso, privo

corporale trovato a Eric nel corso di uno dei suoi check-up quotidiani.

di emotività, calcolatore sino al millesimo di secondo. A questo punto

Una prostata asimmetrica, un difetto del tutto naturale e umano,

però i problemi sono due: Eric è uno dei volti del capitalismo

inevitabile e comune verrebbe da dire, anche se per il protagonista del

contemporaneo (quindi ogni sua azione ha un effetto più o meno

film è qualcosa di inconcepibile, un chiodo fisso che opera una svolta

diretto sulla vita reale di migliaia di altre persone) e, suo malgrado, Eric

nella narrazione.

è ancora umano. Così umano da sentire la necessità di un ritorno al

Cosmopolis è anche una sorta di road-movie, un viaggio verso il

corpo, al dolore, di ricominciare a sentire il sangue scorrere nelle sue

barbiere dell’infanzia di Eric che deve sistemare il suo taglio. La figura

vene. Così umano da percepire il senso di una fine, che lo porta a

dell’asimmetria, che va a braccetto con il tema del corpo, ascrivibile

capitalizzare ogni istante della sua vita per renderlo fruttuoso, in termini

all’opposizione organico/inorganico (ovvero umano/non umano o

di lavoro, di guadagno. Perché nel cyber capitalismo messo in scena dal

post-umano), evolve nel corso del viaggio. Questo capitalismo inumano,

film nulla è tangibile, se non il corpo. I corpi dei topi morti che

indistinguibile all’inizio del film così come la serie di limousine identiche

dovrebbero divenire l’unità monetaria, il corpo dell’uomo che si dà

che attendono Eric e altri suoi simili, lo vediamo “prendere corpo” (in

fuoco nel corso della protesta, una protesta definita da Eric come

tutti i sensi) a partire dalla manifestazione anarchica: la limousine bianca

34


Cinema e filosofia

comincia a sporcarsi di colori, di fango, di

capitalismo si rinnova e comanda senza

sangue, di ogni tipo di materia organica. Allo

possedere nulla di tangibile, scorrendo lento

stesso modo Eric viene preso a torte in

e protetto dalle masse che si lascia indietro,

faccia, suda, si sporca, si ritrova con i capelli

verso

tagliati a metà. Una metà diversa dall’altra,

L’asimmetria ha creato Benno Levin, ha

un’asimmetria simile a quella causata da

creato schiere di umani-vittime incapaci di

questo capitalismo ipertecnologico: folle di

ribellarsi poiché completamente integrati nel

diseredati da una parte, e dall’altra un nugolo

sistema produttivo-consumistico, capaci di

di giovani miliardari che giocano con intere

muoversi e ragionare solo all’interno di

economie come se stessero sfidandosi alla

schemi che il capitale ha superato da tempo.

X-box. Lo stesso Benno Levin è uno scarto

L’economia globale si regge su un flusso di

umano di questa economia, lui che vive nella

dati, su database e server, su borse e mercati

sporcizia,

nell’organico,

da

sempre più liberi e su scommettitori sempre

computer

dismessi

vecchi

meno umani. Ma Cronenberg, e DeLillo, si

(“Persino la parola computer suona stupida e

limitano a mettere in scena tutto questo,

antiquata”), superati da protesi tecnologiche

senza

che ci rendono parte del flusso in ogni

apertamente, anche perché mettere in scena

momento della nostra vita. Cronenberg ci

questo tipo di realtà è già di per sé un forte

circondato

perché

già

pone di fronte a questa selezione digitale, che pare avere rinnovato

una

sentire

potenziale

l’obbligo

autodistruzione.

di

schierarsi

atto politico di presa di coscienza.

quella naturale: il denaro ha perso ogni sua funzione narrativa,

Eric, nelle magnifiche scene finali, non riuscirà mai a stabilire un vero

generazioni digitali crescono in mondi fatti di immagini su schermo, il

punto di incontro con la sua vittima/carnefice Benno. Il loro punto di

35


Quaderni della Ginestra

incontro potrebbe essere la morte di Eric, ennesima narrazione con cui

ambiente minuscolo e mobile come la limousine, entro cui si costruisce

Benno può dare un senso definitivo alla sua esistenza, ma anche il

il destino della specie, entro cui l’ordine delle cose è seriamente messo

dolore provato da Eric quando si spara alla mano può essere visto come

in discussione dalle pulsioni autodistruttive e superegoiche di un uomo

un avvicinamento umano tra i due. Un voler tornare a sentire, a

ancora fatto di carne e ossa.

percepire, il dolore, il male, che già si manifesta quando Eric si fa colpire

ANDREA FERRI

al petto con il manganello elettrico della sua body-guard. E alla fine del suo road-movie, Eric pare avercelo per davvero un corpo, qualcosa deve pur provare ora, quando alle sue spalle c’è Benno che gli punta una pistola alla nuca. Il film non dà risposte, che Eric

SCHEDA

venga ucciso o meno, cosa cambierebbe? Forse la vita di Benno, di un

Regia: David Cronenberg

singolo uomo, avrebbe avuto senso, ma tutto il resto rimarrebbe

Soggetto: Don De Lillo

invariato, all’interno del flusso.

Sceneggiatura: David Cronenberg

Un mercato digitale che continua a mutare la realtà, anche se, prima

Produttore: David Cronenberg, Joseph Boccia, Paulo Branco, Martin

di questo film, quasi nessuno ne aveva parlato. Un mondo e

Katz

un’economia globale regolati da un uomo nuovo, che se prima era in

Fotografia: Peter Suschitzky

grado di impossessarsi del mondo dando un nome alle cose che lo

Montaggio: Ronald Sanders

circondavano, ora è in grado di anticipare il mondo e di modellarlo a

Scenografia: Arwinder Grewald

suo piacimento. Anche se, ci ricorda Cronenberg, la natura è qualcosa di

Interpreti: Robert Pattison, Samantha Morton, Jay Baruchel, Paul

imperfetto, a differenza della presunta e totalizzante razionalità

Giamatti, Kevin Durand, Juliette Binoche, Sarah Gadon

tecnologica all’interno della quale si muove l’uomo di oggi. Lo spettro

Produzione: Alfama Films, Kinology, Prospero Pictures

dell’imperfezione regna su questa Cosmopolis, all’interno di un

Origine: Italia, Canada, Portogallo, Francia; 105’ 36


Cinema e filosofia

SHAME DI STEVE M CQUEEN

L

lettura si deve interpretare non solo la scena finale – cui i più ottimisti potrebbero, in effetti, attribuire un esito aperto – ma soprattutto gli altri tentativi di cambiare, tutti falliti. In modo esemplare, la disperata quanto

’acquoso flirt di sguardi, ambientato in una metropolitana, tra il

inconcludente risoluzione a superare una bulimia sessuale ormai di

protagonista Brandon (Michael Fassbender) e una bella signora,

vecchia data (tra i materiali pornografici condannati alla spazzatura

capelli rossi e anello di fidanzamento al dito, segna la fine del secondo

occhieggiano addirittura alcuni VHS).

lungometraggio del regista inglese. Una fine che, chiudendo un cerchio

«Alienazione» è la categoria socio-filosofica che descrive al meglio

asfissiante come l’aria in quel vagone della metro, ci riporta al punto di

la condizione umana cui Shame fornisce un setting esteticamente molto

partenza: dopo tutto ciò che è successo nel film – non molto in realtà,

ricercato. La condizione alienata è quella di un ragno che rimane

storie di ordinaria follia newyorkese, qualche torbida avventura sessuale,

invischiato nella propria tela, è una forma di vita perseguita e costruita

una rissa, il tentato omicidio della sorella Sissy (la sensualissima Carey

con (relativa) volontà e coscienza, ma che non esita a rivelarsi

Mulligan) – Brandon non si è spostato di un millimetro. Niente ci fa

inquietantemente estranea.

presumere che qualcosa cambierà nella sua routine, che si divide tra un

Alla base di quell’esistenza impantanata, che si riduce alla

lavoro ben pagato ma come tanti, i Martini, sveltine poco soddisfacenti,

ripetizione degli stessi pattern cognitivi ed emotivi – resa tecnicamente

stremanti corse notturne per impedirsi di pensare.

molto bene dai lunghi piani sequenza a camera fissa che inchiodano i rendere

falsi movimenti dei personaggi, svelandone la coattività – vi è una

efficacemente, per usare il vocabolario della filosofia sociale

contraddizione. La contraddizione, posta nel cuore della soggettività

contemporanea di matrice hegeliana, come blocco di un processo

individuale, tra autonomia (agire secondo leggi proprie) ed eteronomia

individuale di apprendimento, uno scacco dell’esperienza, dove il

(agire secondo leggi imposte dall’esterno). Brandon è certo l’unico

soggetto non riesce ad appropriarsi dei suoi vissuti in modo da mettere

autore della propria vita: non si può negare, lui stesso lo ricorda con

in discussione e trasformare la propria identità. A sostegno di questa

rabbiosa fierezza all’inetta sorella, che è un autentico uomo di successo,

L’immobilismo

37

esistenziale

di

Brendon

si

può


Quaderni della Ginestra

sia negli affari sia nella vita sociale. Di questa vita è però allo stesso

condividendo desideri, interessi e progetti, si prova a definire e ridefinire

tempo la vittima. Soccombe a un se stesso fattosi estraneo, a incrostate

in modo trasformativo e creativo il proprio mondo. Rapporti che invece

abitudini in cui non può riconoscersi. Un’impressione simile ce l’ha

nel film sono rappresentati, in una disperata e parossistica escalation di

Peter Bradshaw, che nella sua recensione scrive: “He is living in a hell

incomunicabilità e violenza, esattamente nella loro forma rovesciata.

that he has furnished and maintained himself, but it was made by

Alienazione diventa qui, tra l’altro, anche reificazione: le persone si

someone else” (The Guardian, 12.01.2012). Insomma, Brandon non

irrigidiscono in cose, e i loro incontri sono paralizzanti nel gelato

riesce più ad abitare il suo mondo (interiore ed esteriore).

mutismo dei rapporti tra cose inanimate. Ciò è reso molto bene dalla

La metafora (hegeliana) della casa ci può servire a chiarire anche il

perizia estetica di McQueen per i dettagli più superficiali, che

rapporto di Brandon con Sissy. La dolce e fragile ragazza rincorre e

s’impongono con forza sulla scena: così “l’essenza” della sorella si

implora l’attenzione e l’affetto del fratello proprio sulla base del vincolo,

riduce al suo rosso cappello “vintage” e il suo vestito di lustrini, quella

che per lei evidentemente non coincide semplicemente con quello

della collega Marianne alle calze di lana grigia.

biologico, del loro essere una “famiglia” – vincolo che può essere

Nonostante il contrasto troppo marcato tra la prosaicità di molte

tradotto senza frizione nella metafora della casa. In effetti, Sissy insiste

scene e la “purezza” auratica delle Variazioni Goldberg ci potrebbe

proprio per condividere lo stesso appartamento. Ed è proprio questo

indurre in tentazione, e a dispetto del titolo, la forte tensione etica

che, almeno in superficie, manda Brandon su tutte le furie. Per quanto

presente nel film non deve essere scambiata per moralismo. La condotta

egli provi dell’affetto per la sorella, non può soffrirne la vicinanza, e le

di Brandon non viene condannata da un punto di vista esterno e

attese e pretese che questa comporta. Nel cacciarla, Brandon si nega

superiore. Il film non vuole fondare un giudizio, ma solo descrivere una

però le condizioni per abitare la propria casa, e dunque per ri-appropriarsi

contraddizione, che imbastisce la struttura concettuale del film dandogli

della sua vita in modo da potersi (ri)trovare in essa. Queste condizioni

la forma dell’alienazione. È Brandon stesso che ci mostra ciò cui anela,

sono racchiuse in rapporti interpersonali (amicali, erotici, famigliari)

quale il tipo di vita e di mondo in cui potrebbe sentirsi a casa: lo

riusciti – quei rapporti in cui ci si prende cura l’una nell’altro e,

vediamo nella lacrima che gli riga la guancia durante la magica esibizione

38


Cinema e filosofia

della sorella al bar, nel tentativo di un appuntamento autentico con una

McQueen ci lascia a bocca asciutta: non ci fornisce nessuna

ragazza che gli piace (Marianne). Questi tentativi falliscono, tragi-

informazione sul background dei personaggi, limitandosi a qualche vaga

comicamente nel secondo caso e tragicamente con Sissy, perché la

allusione (per esempio a una possibile relazione incestuosa tra Brandon

soggettività del protagonista è bloccata, invischiata nell’insuperabile

e Sissy, radicata a sua volta in oscuri drammi famigliari), ma senza

contraddizione dell’essere un soggetto soggiogato, assoggettato a se

metterci nelle condizioni di capire, di appropriarci, appunto, delle

stesso. È solo sullo sfondo di questa costellazione concettuale che si

ragioni in scena. In fondo, tutto quello di cui fruiamo sono le superfici

capisce inoltre il discorso sulla patologia sessuale: quelli che vengono

scintillanti e allo stesso tempo cupe di una dolce vita newyorkese (o

rappresentati come eccessi non devono essere interpretati – se non si

occidentale

vuole cadere nella tentazione moralista – come deviazioni da standard

cinematografiche e letterarie. Noi (spettatori) siamo alienati nel nostro

“salutari” di normalità, bensì come la forma in cui diviene

rappresentarci l’alienazione. Ed è questa struttura auto-riflessiva che ne

dolorosamente visibile la contraddizione.

rende nel modo più radicale, e tragico, il meccanismo: l’incapacità di

Ma la struttura dell’alienazione raggiunge, in Shame, una dimensione più

mettere in questione e di trasformare noi stessi e il nostro mondo è

profonda. Il film non solo rappresenta l’alienazione, esso stesso

promossa dalla e si riproduce proprio nell’incapacità di intervenire su di

partecipa della forma alienata. Shame è un film alienante, che aliena lo

essa.

spettatore. Come mostra Brandon, l’alienazione consiste nell’incapacità di appropriarsi di se stesso e del mondo circostante in modo da sentirsi a casa propria, in se stessi e nel mondo. L’incapacità dell’appropriazione si esplica come incapacità di superare la contraddizione tra autonomia e eteronomia, tra l’essere fedeli a norme proprie e nello stesso preciso momento soggetti a norme esteriori. Il meccanismo dell’inappropriabilità viene esteso ora alla relazione tra lo spettatore e l’oggetto rappresentato.

39

in

generale),

tema

privilegiato

di

troppe

opere

FEDERICA GREGORATTO


Quaderni della Ginestra

SCHEDA Regia: Steve McQueen Soggetto, sceneggiatura: Steve McQueen, Abi Morgan Produttore: Iain Canning, Emile Sherman, Bergen Swanson Fotografia: Sean Bobbitt Montaggio: Joe Walker Scenografia: Judy Becker Interpreti: Michael Fassbender, Carey Mulligan, James Badge Dale, Nicole Beharie Produzione: See Saw Film, Film 4 Origine: Regno Unito; 99’

40


IN LIBRERIA I Monologhi (1800) contengono il nucleo del pensiero etico di Schleiermacher nella forma lirica di meditazioni interiori, scandite in cinque parti («riflessione», «sondaggi», «mondo», «prospettiva», «gioventù e vecchiaia»). Insieme ai Discorsi sulla religione offrono un documento significativo dell’individualismo nella cultura romantica. L’individualismo viene temperato dal presupposto che le singole manifestazioni dell’animo religioso o morale possano comporsi in un tutto ar monico. L’orizzonte entro cui Schleiermacher si muove è “idealistico”: e tuttavia egli pone l’esigenza, in tacita polemica con Fichte, di una ricongiunzione di filosofia e vita. L’altro grande interlocutore dei Monologhi è Kant. In polemica con lui ogni elemento imperativo e giuridico viene bandito dall’etica, come ogni soggezione a una legge, fino alla stupefacente dichiarazione: «non conosco più quel che gli uomini chiamano coscienza». Nelle pagine dell’opera si trovano anticipate molte figure che sarebbero state svolte nel secolo XIX dagli esponenti del cosiddetto «individualismo della differenza»: dalla «peculiarità» di Stirner allo «spirito libero» di Nietzsche fino al concetto di «legge individuale» formulato da Simmel. Friedrich D. E. Schleiermacher (Breslau 1768-Berlino 1834) fu educato nella Comunità pietista dei Fratelli moravi, dove si aprì però a più vasti interessi umanistici. Pastore luterano, inaugurò la tradizione della teologia liberale. Nel 1808 divenne predicatore assai apprezzato nella Chiesa della Trinità di Berlino e nel 1810 professore di teologia nella stessa Università. I Discorsi sulla religione (1799) sono la sua opera più importante e radicale di filosofia della religione. I Monologhi (1800) e le Linee fondamentali di una critica delle teorie morali (1803) costituiscono un contributo decisivo per un’etica non imperativa e individualizzata. Ferruccio Andolfi, docente di Filosofia della storia all’Università di Parma, si occupa dei rapporti fra umanesimo e individualismo, con particolare riguardo alla storia del secolo XIX. Dirige «La società degli individui», quadrimestrale di teoria sociale e storia delle idee. Con Edizioni Diabasis ha pubblicato Lavoro e libertà. Marx Marcuse Arendt (2004) e curato i volumi: Friedrich Nietzsche filosofo morale, di Georg Simmel (2008), La rivoluzione di Gustav Landauer (2009) e Abbozzo di una morale senza obbligo nè sanzione di Jean-Marie Guyau (2009).



Letteratura e filosofia

PERCHÉ LA FILOSOFIA DELLA LETTERATURA?

scorgere delle linee di ragionamento ricorrenti che mostrano una dose di scetticismo ed estraneità nei confronti della letteratura. Tali linee si riconoscono nei vari “paradossi” intorno alla letteratura (e, più generale,

A

alle opere di finzione) discussi nella storia della filosofia e, con vigore prima vista sembra che letteratura e filosofia abbiano tante

crescente, nell’ambiente dell’attuale filosofia della letteratura, analitica e

affinità. Entrambe sono attività intellettuali – la prima ambientata

non solo.

più sul piano artistico, l’altra più su quello razionale – che, tra le altre

Uno di questi è il cosiddetto paradosso della finzione che nasce dal fatto

cose, esplorano la condizione umana, analizzano le relazioni

che a volte proviamo delle emozioni, tipicamente compassione o

interpersonali e sviluppano prospettive sulla realtà. Tuttavia, il rapporto

angoscia, nei confronti di personaggi fittizi. Chi non si è mai ritrovato al

tra le due discipline è molto meno armonioso di quanto ci si possa

cinema ad asciugarsi le lacrime di nascosto per non far notare agli altri

aspettare. Già Platone afferma nella Repubblica che “tra filosofia e arte

che si sta commovendo? E chi non si è mai spaventato per Mr. Hyde,

poetica esiste un disaccordo antico.” 1 Dove nascono queste tensioni,

King Kong, il fango verde o qualche altro mostro hollywoodiano? Tali

qual è l’origine dei problemi che i filosofi possono avere con la

reazioni emotive sembrano proprio naturali. Inoltre sarebbe difficile

letteratura?

spiegare il successo di Romeo e Giulietta, de I dolori del giovane Werther o di

Nel lungo passato della filosofia troviamo vari punti d’incontro con

Frankenstein, ma anche di film (sempre opere di finzione) come Love

la letteratura. Alcuni filosofi hanno prestato una particolare attenzione

Story e Alien – per non parlare dei romanzi rosa – se non per le

allo stile letterario delle proprie opere, altri hanno addirittura

emozioni che suscitano nel lettore e nel pubblico.

oltrepassato il confine per fare escursioni nel campo della poesia. Altri

In breve, sembra la cosa più naturale ammettere che possiamo

filosofi ancora hanno sviluppato riflessioni teoriche sul fenomeno della

provare emozioni nei confronti di entità fittizie – almeno fino al

letteratura. Anche se è vero che c’è una grande varietà per quanto

momento in cui non contempliamo il fenomeno attraverso le nostre

riguarda la prospettiva generale, la profondità e la qualità, possiamo

lenti filosofiche. “Qual è la natura di una simile reazione emotiva?”, ci

43


Quaderni della Ginestra

entiamo chiedere. E subito scattano dei meccanismi che danno

AAA

conferma del vecchio detto “il bello della filosofia è iniziare con qualcosa di così semplice da non sembrare degno di essere asserito, e concludere con qualcosa di così paradossale da non essere creduto da nessuno.” 2 Analizzando il fenomeno da una prospettiva filosofica si può constatare che per provare un’emozione per una persona o per una serie di eventi si deve credere che tale persona esista veramente e che gli eventi siano veramente accaduti. Sarebbe irrazionale se io, che non ho fratelli, provassi compassione per mio fratello o temessi che questi potesse avere un incidente in aereo – per il semplice motivo che non ho un fratello, né credo di averne uno. Lo stesso vale per eventi che non sono realmente accaduti. Di solito proviamo compassione quando uno studente racconta della morte recente di sua nonna, che l’ha intristito molto e che non gli ha permesso di redigere la tesina per l’esame. Nel momento, invece, in cui scopriamo che ha inventato la storia per avere una proroga dell’esame, l’emozione sparisce (se non si trasforma in rabbia nei confronti dello studente). C’è un’analogia importante tra questi esempi e le opere di finzione: mio fratello non esiste come non esiste Amleto, e né la nonna dello studente, né Romeo e Giulietta sono morti veramente. Ciò suggerisce che non possiamo provare genuine

SENZA TITOLO

Se 44


Letteratura e filosofia

emozioni per la sorte dei personaggi fittizi come non le possiamo

piuttosto, mettono in discussione tutti i luoghi comuni. Perciò non

provare per un fratello non-esistente. Eppure migliaia e migliaia di

sorprende che tanti filosofi abbiano dubitato che la letteratura possa

spettatori si emozionano e considerano freddo e insensibile colui che

svolgere questo ruolo. Alcuni hanno constatato che si può imparare

guarda con indifferenza gli eventi rappresentati nei drammi del grande

qualcosa soltanto da affermazioni vere, mentre quelle false non possono

poeta inglese. Da quando Colin Radford ha reso esplicito questo

arricchire le nostre conoscenze. Le opere di finzione, però, sono colme

paradosso in un noto articolo3, una gran parte della filosofia della

di affermazioni false; tematizzano persone che non sono mai esiste ed

letteratura approfondisce il dibattito sulla questione se e, se sì, com’è

eventi mai accaduti. In un certo senso si può dire, per usare le parole di

possibile che proviamo emozioni per i personaggi fittizi.

David Hume, che i poeti sono “mentitori per professione”. 4 Da qui il

Questo non è l’unico punto in cui la discussione filosofica si

passo è breve a diagnosticare la banalità cognitiva della letteratura e

allontana considerevolmente dalla concezione comune della letteratura,

suggerire che i testi letterari, e in particolare quelli di finzione, non sono

che considera quest’ultima un pilastro importante della formazione di

in grado, in linea di principio, di aumentare le nostre conoscenze. 5

una persona colta. Infatti, si ritiene importante insegnare agli studenti

Leggere un testo letterario può essere un passatempo appassionante, a

non solo la storia della letteratura, ma facciamo leggere loro i capolavori

volte pure stimolante o piacevole, ma se uno vuole imparare qualcosa

anche per impartire le tecniche necessarie per confrontarsi con testi

sul mondo – suggeriscono – è meglio che prenda in mano un manuale o

letterari. Inoltre, tanti autori scrivono per proporre delle prospettive

un trattato scientifico.

nuove ai lettori, per mostrargli problemi o pericoli inerenti alla nostra

La discussione intorno al valore cognitivo e il paradosso della

società o al nostro modo di vivere, per allargare i loro orizzonti

finzione è tra i temi più discussi nel dibattito attuale della filosofia della

intellettuali. Tutto ciò illustra, a mio avviso, che l’idea che la letteratura

letteratura. Credo che una persona a cui piace leggere racconti, romanzi

abbia valore cognitivo, che possa, in altre parole, aumentare le nostre

e poesie e che ha un interesse genuino per la filosofia non possa che

conoscenze, venga generalmente presa per scontata.

rimanere stupito; non saranno questi i problemi che si è posto quando,

Ai filosofi, invece, non piace il prendere per scontato qualcosa e,

45

partendo della lettura di una grande opera letteraria, ha svolto delle


Quaderni della Ginestra

riflessioni filosofiche. Mi sembra improbabile che dopo la lettura di

contributo alla teoria dell’emozione, alla gnoseologia o alla filosofia del

Amleto un lettore con interessi filosofici, colpito dalla forza letteraria del

linguaggio, ma non arricchiscono la nostra concezione teorica della

testo, rifletta su aspetti particolari della teoria filosofica dell’emozione.

letteratura. Perciò credo che una grande parte del dibattito filosofico

Piuttosto rifletterà sulla forza del dramma, sui metodi letterari di

intorno alla letteratura non sia “filosofia della letteratura” in un senso

rappresentare stati d’animo reali come la malinconia, sulla dote del

stretto.

poeta di sollevare problemi e ritrarre modi di comportamento molto

Se la filosofia della letteratura aspira a diventare una disciplina

reali in scenari di finzione. In tutte queste riflessioni non spenderà un

filosofica sui generis, deve emanciparsi dalle altre discipline filosofiche

pensiero sui temi dibattuti nella filosofia della letteratura attuale; il valore

ponendo delle domande e adottando delle metodologie proprie.

cognitivo non sarà un problema per lui, ma una cosa ovvia e la sua

Innanzitutto non deve mai perdere di vista il proprio soggetto, la

reazione emotiva non gli apparirà irrazionale, ma la cosa più naturale.

letteratura, e il ruolo che essa svolge nella nostra cultura. Credo, di

Non vorrei suggerire che questi ultimi dibattiti siano eccentrici, poco

conseguenza, che la prima domanda debba essere “perché la

interessanti o privi di valore. Credo, al contrario, che possano svelare

letteratura?”. Non c’è cultura che faccia a meno del raccontare, e

degli aspetti importanti per la teoria dell’emozione o per la gnoseologia

raccontando si ha modo non solo di commemorare eventi, commentare

(possono suggerire, per esempio, che per emozionarsi per qualche

modi di fare e condividere prospettive, ma anche di comunicare e

avvenimento non è indispensabile che quest’avvenimento sia veramente

relazionarsi con gli altri. Se scegliamo questo punto di partenza, non

accaduto, ma piuttosto che uno ne venga a conoscenza tramite una

verremo a chiederci se la letteratura possa suscitare emozioni, ma come lo

narrazione in qualche forma. Per provare compassione per i bambini

faccia; né chiederemo se la letteratura possa offrire delle conoscenze al

soldato, per esempio, sono meno efficaci le statistiche, serve piuttosto il

lettore, ma piuttosto quali siano i meccanismi per trasmetterle.

caso di un individuo – anche se fittizio – raccontato bene, in modo che permetta al lettore di avere la prospettiva di questo bambino). Vorrei suggerire che nel caso migliore questi dibattiti danno un

Inoltre, per diventare una disciplina filosofica indipendente, la filosofia della letteratura non deve neanche, a mio avviso, preoccuparsi troppo di ciò che viene raccontato. Non deve, in altre parole, riflettere

46


Letteratura e filosofia

su come il paesaggio, il cibo o le malattie vengono rappresentati nelle varie tradizioni letterarie, né deve studiare le caratteristiche stilistiche delle varie epoche; questi sono temi di interesse per la critica letteraria. Il bisogno di una tale disciplina filosofica nasce dal ruolo importante che il raccontare, nelle sue varie manifestazioni, svolge nella nostra cultura; il filosofo non dovrebbe dare peso al contenuto (intanto, vengono raccontate sempre le stesse storie), ma concentrarsi sull’atto del raccontare, che unisce narratore e lettore. Dovremo seguire Peter Bichsel quando scrive: “Il necessario contenuto è il veicolo del racconto, non è il racconto che è il veicolo del contenuto.” 6 Se non sviluppiamo metodi filosofici rigorosi per riflettere sul narrare, ma continuiamo a trascurare questo tipo di atto sociale, non potremo mai avere una comprensione adeguata degli individui e dei loro rapporti complessi con gli altri che formano il fine tessuto della nostra cultura e ci rendono ciò che siamo. In altre parole, non potremo mai comprendere fino in fondo questa nostra complessa forma di vita.

WOLFGANG HUEMER

47

1 Platone, La Repubblica, trad. di Franco Sartori, Laterza, Roma-Bari 1994, p. 329 (607b ). 2 Bertrand Russell, La filosofia dell’atomismo logico, ed. it. a cura di Michele Di Francesco, Einaudi, Torino 2003, p. 21. 3 Colin Radford, How can we be moved by the Fate of Anna Karenina, “Aristotelian Society Supplementary”, vol. 49, 1975, pp. 67–80. 4 David Hume, Trattato sulla natura umana, Opere vol. 1, trad. di Armando Carlini, Laterza, Bari 1971, libro I, parte terza, sez. 10, p. 135. 5 Come ha suggerito, per esempio, Jerome Stolnitz nel suo influente articolo On the Cognitive Triviality of Art, “British Journal of Aesthetics”, 32, 1992, pp. 191–200. 6 Peter Bichsel, Il narrare, il lettore, in Id., Storie per bambini, trad. di Chiara Allegra, Giorgio Messori e Rolando Schramm, Marcos y Marcos, Milano 2002, p. 63.


Quaderni della Ginestra

S

E SE QUALCUNO MENTISSE?

riportato qualcosa di non vero circa lo svolgersi dei fatti nell’opera 3,

AUTOBIOGRAFIA E INTERPRETAZIONI POSSIBILI

seppur in contrasto con quanto si legge, non sarebbe di per sé contraddittorio e consentirebbe una pluralità di interpretazioni possibili

e qualcuno ci chiedesse dove abita Sherlock Holmes, potremmo

dell’opera in questione.

rispondere che abita al 221b di Baker Street, consapevoli di dire

Con queste premesse ho letto Everyman (2006) di Philip Roth,

qualcosa di vero circa Sherlock Holmes 1. Al contempo, se qualcuno ci

chiedendomi, tra le varie interpretazioni possibili, se e in che modo

chiedesse se Sherlock Holmes sia esistito davvero, potremmo rispondere

questo romanzo possa essere interpretato come un’autobiografia del

che Sherlock Holmes non è un uomo in carne ed ossa (sebbene nei

progonista (ossia che in Everyman protagonista e narratore coincidano),

romanzi e nei racconti sia descritto come tale), quanto piuttosto un

interpretazione che sembra controintuitiva rispetto a una prima lettura

personaggio letterario creato da Arthur Conan Doyle2. Più in generale,

del romanzo. Nella riflessione che segue analizzaremo dunque in che

potremmo dire che quando leggiamo un’opera di finzione siamo

modo una tale interpretazione possa essere legittima, procedendo per

consapevoli che l’autore e/o il narratore (a prescindere dal fatto che

gradi: prima supponendo che i fatti nel romanzo si siano svolti

possano o meno coincidere) non stiano dicendo qualcosa di

esattamente come sono narrati, quindi che il narratore (chiunque esso

(totalmente) vero circa la realtà (non è esistito realmente un uomo di

sia) abbia omesso particolari rilevanti per la comprensione della fabula,

nome Sherlock Holmes che abitava al 221b di Baker Street), ma, allo

o abbia mentito.

stesso tempo e salvo diverse specificazioni, assumiamo che dicano il

La tesi secondo cui Everyman di Philip Roth non è un’autobiografia

vero circa ciò che è scritto e raccontato. Ossia: nell’opera di finzione, i

del protagonista (senza nome) sembra evidente già dalle prime righe del

fatti si sono svolti nel modo in cui sono riportati. Ma come legittimare

romanzo, non tanto per la narrazione in terza persona (chiunque è

questa nostra assunzione?

libero di scrivere un’autobiografia in terza persona), quanto piuttosto

Ammettere infatti che in un’opera di finzione, possano essere omessi

per lo svolgersi del funerale del protagonista. Premesso infatti che per

particolari rilevanti per la comprensione dell’opera, o possa essere

autobiografia si intenda una narrazione della propria vita (e necessiti

48


Letteratura e filosofia

dunque di qualcuno che possa narrare la propria vita), si converrà che

sia) quando racconta del protagonista: «Se avesse mai scritto

difficilmente un morto possa raccontare come è stato il proprio funerale

un’autobiografia, l’avrebbe intitolata Vita e morte di un corpo maschile. Ma

(o qualsiasi evento postumo alla propria morte), ovviamente nella

dopo essere andato in pensione provò a fare il pittore, non lo scrittore, e

misura in cui il morto sia effettivamente morto e che quello sia

così diede questo titolo a una serie di quadri astratti». Tralasciando il

4

effettivamente il suo funerale . Di conseguenza possiamo considerare il

fatto, non secondario, che il protagonista sembrerebbe voler includere

racconto del funerale del protagonista di Everyman come qualcosa di

anche la morte (o almeno quella del suo corpo) nella propria

non autobiografico rispetto al protagonista, e dunque il romanzo come

autobiografia (o almeno nel titolo della propria autobiografia), la tesi di

– almeno – non completamente autobiografico rispetto al protagonista.

un’autobiografia del protagonista sembrerebbe scontrarsi con le due

Per non rinunciare completamente alla nostra interpretazione, potremmo forse sostenereche, esclusa la parte del funerale, il resto del romanzo sia un’autobiografia del protagonista, che sia cioè il protagonista stesso a narrare in terza persona la propria vita, almeno finché è in vita. Il suo funerale potrebbe essere raccontato da Roth, oppure da una voce fuori campo, o ancora da un qualsiasi altro personaggio (o insieme di personaggi) che si sia premurato di mantenere lo stesso stile del protagonista. Di principio non ci sarebbe nulla di contraddittorio nel sostenere questa tesi, così come non sarebbe contraddittorio sostenere la presenza di un narratore unico e scartare del tutto la tesi di un’autobiografia del protagonista 5. A complicare ulteriormente la tesi secondo cui Everyman sarebbe un’autobiografia del protagonista, ci pensa il narratore (chiunque esso

49

SENZA TITOLO


Quaderni della Ginestra

frasi citate. Innazitutto il titolo del nostro romanzo è Everyman, e non

parzialmente autobiografica del romanzo sarebbe perfettamente

Vita e morte di un corpo maschile come avrebbe voluto il protagonista.

legittima, al pari di un’interpretazione non autobiografica.

Dunque: perché, nel caso sia la sua autobiografia, è stato utilizzato un

Che dire allora di un’intepretazione totalmente autobiografica del

titolo diverso da quello che ha indicato? In secondo luogo, da quanto

romanzo, ossia la tesi secondo cui tutto il romanzo, funerale compreso,

narrato emerge come il protagonista stesso non abbia provato a fare lo

sia autobiografico? In linea con l’esempio e la conclusione precedente,

scrittore e, dunque, non abbia mai scritto un’autobiografia. D’altra parte

potremmo supporre che il protagonista-narratore abbia mentito

è risaputo come, in un’autobiografia, non siano e non possano essere

riguardo alla sua morte o che abbia semplicemente immaginato il suo

presenti tutti i fatti della vita del narratore – che secondo la nostra

funerale, omettendo che questo fosse solo un pensiero e lui non fosse

interpretazione

realmente morto. In tal senso la tesi secondo cui Everyman è

dell’autobiografia (sarebbe impossibile narrarli tutti), ma soltanto quelli

un’autobiografia del protagonista sarebbe perfettamente legittima, ma

che il narratore (e forse anche l’autore, se non coincide con il narratore)

non sarebbe l’unica interpretazione autobiografica possibile. Potremmo

vuole farci conoscere. In questo senso, sarebbe del tutto legittimo che il

infatti supporre che a narrare Everyman non sia il protagonista (in terza

protagonista abbia cambiato idea – o abbia mentito – riguardo al titolo6,

persona), ma un personaggio-narratore, diverso dal protagonista e mai

oppure che abbia deciso di provare a fare lo scrittore – o abbia mentito

nominato.

a riguardo – senza che, come narratore, ci abbia raccontato nessuna

un’autobiografia di questo personaggio-narratore, nella misura in cui,

delle due cose (così come non ci ha raccontato se era solito lavarsi i

per esempio, questo personaggio abbia trascorso la sua vita di oggetto

denti e, nel caso, quante volte al giorno). Oppure, invece di cambiare

di finzione (o almeno una parte di essa) osservando la vita e la morte del

idea, come personaggio, e poi omettere, come narratore, il fatto di aver

protagonista di Everyman, e abbia deciso di voler narrare solo questo

mentito o cambiato idea, potrebbe aver mentito come narratore,

fatto della propria vita, di cui il personaggio-narratore è protagonista

raccontando cose non vere di se stesso in quanto protagonista della

come osservatore. Non solo, potremmo considerare Everyman come

propria autobiografia. Così concepita, la tesi di un’interpretazione

autobiografico per Roth (l’autore), in quanto narrazione e, allo stesso

dovrebbe

coincidere

con

il

protagonista

Quindi,

potremmo

considerare

Everyman

come

50


Letteratura e filosofia

tempo, risultato del suo lavoro di scrittore nel periodo in cui ha scritto Everyman (o meglio: nei momenti in cui ha scritto Everyman). Ma così concepito qualsiasi lavoro di scrittura – compreso ciò che state leggendo – potrebbe essere considerato autobiografico per chi lo scrive, senza mostrare alcuna incongruenza. D’altra parte non sarebbe nemmeno contraddittorio sostenere che le pagine che state leggendo ora siano raccontate da un personaggio-narratore (oggetto di finzione), il quale chi sta scrivendo ha più o meno deliberatamente deciso di non segnalare.

TIMOTHY TAMBASSI ?

51

1

Ovviamente, questa non sarebbe l’unica risposta possibile, ma soltanto una tra le risposte possibili. 2 Altrettanto ovviamente, ‘essere un personaggio letterario creato da’ non è incompatibile con ‘esistere’. 3 Non solo Sherlock Holmes non è mai esistito nella realtà, ma il narratore (chiunque esso sia) o l’autore (Arthur Conan Doyle) potrebbero aver mentito sul fatto che, nell’opera di finzione, Sherlock Holmes abitasse al 221b di Baker Street. 4 In questa sede non analizzeremo la possibilità che il narratore sia già morto, e che stia raccontando da morto il proprio funerale. Sebbene l’idea che un morto possa narrare la propria autobiografia non sia di per sé contraddittoria (ma piuttosto antinaturalistica), sosterremo che il romanzo sia completamente autobiografico per il protagonista discutendo altre possibilità. 5 Supponendo, infatti, che il narratore sia unico la tesi di un’autobiografia del protagonista sembrerebbe contraddittoria nella misura in cui, come abbiamo detto, un morto effettivamente morto (come il protagonista di Everyman), banalmente, non può parlare di come è stato il proprio funerale, così come di qualsiasi evento postumo alla propria morte. 6 Così come il titolo potrebbe averlo scelto il narratore del funerale, o chiunque altro, senza per questo rendere la presunta parte autobiografica meno autobiografica. O ancora: il titolo potrebbe essere Vita e morte di un corpo maschile solo per la parte autobiografica del romanzo, ossia quella in cui non si parla del funerale del protagonista, mentre Everyman il titolo della parte autobiografica con annesso il funerale.


Quaderni della Ginestra

SULLA TEORIA DELLA FINZIONE

di) oggetti che seppur talvolta coincidono, tuttavia, lo fanno per caso. Gli oggetti di cui entrambe si occupano sono del medesimo tipo: sono

L

testi (che nell’ottica teorica vengono più spesso chiamati ‘opere’) scritti ’interesse filosofico per la letteratura non è certo recente. Ben

dai loro autori con particolari intenzioni; ma ciò non significa che teoria

prima che Musil, Proust, Kafka, più recentemente Kundera e

della finzione e filosofia della letteratura si occupino necessariamente

molti altri autori rivelassero intenzioni filosofiche nelle proprie opere,

delle medesime opere, né significa che, anche quando l’oggetto venga a

un certo gusto dei filosofi per l’oggetto letterario può essere fatto

coincidere, esse si occupino delle medesime opere dal medesimo punto di

risalire già a Platone e Aristotele i quali, arroccati nelle loro antitetiche

vista.

opposizioni,1 ragionavano circa l’utilità o meno della letteratura, o, meglio, della poetica, nell’economia dell’etica della polis.

Spesso identifichiamo le opere di finzione con i romanzi, i racconti, le pièces teatrali e via dicendo, intendendo distinguerle da opere (che

Da questo interesse, proseguito nei secoli successivi in forme diverse

chiameremo ‘opere di non-finzione’, usando un termine sgradevole alla

e secondo differenti approcci, è nata, non troppi decenni fa, una

grammatica italiana, ma che esprime al meglio l’originale inglese) quali

disciplina che, irreggimentando il suddetto interesse in un’ottica più

saggi storici, articoli di giornale, ricette della nonna e così via. Vediamo

teoricamente impostata, applica gli strumenti filosofici all’analisi della

bene che così facendo ci avviciniamo pericolosamente all’identificazione

letteratura. Tale è la filosofia della letteratura.

tra finzione e letteratura: il Faust di Goethe è un’opera di finzione e

Ben più recente, almeno nella comunità filosofica italiana, è invece

un’opera letteraria, ma non è letteraria in quanto precedentemente di

l’interesse filosofico per la letteratura dal punto di vista della teoria della

finzione, come spesso si ritiene. Non sempre un’opera di finzione è

finzione. I confini di questa disciplina sono talvolta confusi con quelli

un’opera letteraria, né viceversa. Per comprendere bene il punto

della filosofia della letteratura o, più spesso, le due vengono fatte

dobbiamo analizzare i due termini, ‘finzione’ e ‘letteratura’, che delle

coincidere. Questo è un primo errore possibile che bisogna guardarsi dal

due filosofie determinano le specificazioni. La differenza perspicua sta

commettere. In effetti ‘finzione’ e ‘letteratura’ si riferiscono a (insiemi

nella tipologia di analisi a cui essi devono sottostare. In effetti ‘finzione’

52


Letteratura e filosofia

sembra essere un termine descrittivo includente tutta una serie di

sono anche oggetti della filosofia della letteratura e gli strumenti delle

oggetti che hanno in comune una caratteristica peculiare che li

due vengono spesso a coincidere, tuttavia questa corrispondenza di

determina quali oggetti di finzione. Per contro, ‘letteratura’ è, o sembra

oggetti e strumenti è dovuta solo alla natura ugualmente filosofica delle

essere, un termine valutativo, che comprende un insieme più ristretto di

discipline più che ad altro.

oggetti (di finzione) e lo sottopone al vaglio di un’analisi qualitativa

Bisogna dunque rilevare che né gli obiettivi né i risultati della filosofia

estranea al campo della finzione, un’analisi tipicamente estetica. Così può

della letteratura sono, se non tangenzialmente, gli obiettivi e i risultati a

sembrare che la differenza fra letteratura e finzione resti sull’idea per cui

cui la teoria della finzione vuole arrivare.

alcune opere sono ‘degne’ di essere elevate al rango di letteratura,

Uno degli scopi fondamentali della teoria della finzione è quello di

mentre altre no. Tuttavia l’inconciliabilità dei due termini si pone sul

indagare sul proprio stesso oggetto. La risposta alla domanda ‘Che cosa

piano procedurale più che qualitativo: soggiacciono ad analisi diverse.

è la finzione?’ non è immediata, e, anzi, prende largo spazio nei capitoli

Mentre ‘letteratura’ è un termine descrittivo, dal momento che, come

iniziali di qualsivoglia saggio sull’argomento. Dare una risposta, poi, è

detto, descrive le qualità estetico-letterarie di determinati oggetti (che

ulteriormente gravoso poiché ogni ragionamento filosofico sulla

potrebbero essere come potrebbero non essere oggetti di finzione),

finzione rischia di essere viziato dal senso comune, fortemente radicato

‘finzione’ è un termine normativo, nel senso che va a determinare la

per quanto riguarda questo concetto. In particolare, il senso comune va

natura di oggetti che pur condividendo – spesso – molte caratteristiche

alla ricerca di una definizione, mentre è altamente probabile che il

degli oggetti letterari potrebbero essere come potrebbero non essere

concetto di ‘finzione’ non possa essere definito. In generale siamo

anche letterari. Il codice da Vinci è finzione, ma non è letteratura; il De

abituati a pensare alla finzione come a qualcosa di falso, irreale, o

rerum natura è letteratura, ma non è un’opera di finzione.

completamente inventato. In effetti il vocabolario italiano riporta per

Non si può dire, dunque, che la finzione e la letteratura stiano in un

‘finzione’ ‹‹1) atteggiamento o comportamento falso o simulato,

rapporto inclusivo, ove la prima è inclusa nell’altra, pur se questa

episodico o abituale›› e dunque ‹‹2) Rappresentazione operata

immagine è quella più ‘alla mano’: di fatto molti oggetti della finzione

dall’immaginazione e dalla fantasia››; ma far coincidere questo significato

53


Quaderni della Ginestra

di ‘finzione’ con quello che si riferisce all’oggetto di studio della teoria

finzio

della finzione è del tutto errato: sebbene esso ci dia alcune condizioni per definire cosa sia la finzione, nondimeno non è in grado di offrire condizioni sufficienti (e forse nemmeno necessarie) affinché un certo testo (diciamo, il testo X) sia di finzione. Partiamo dalla definizione 1). Ciò che di essa mal si accompagna con il concetto di finzione è il forte accento posto sulla falsità insita in essa. Se il testo X fosse una finzione in questo senso, esso sarebbe una menzogna, il cui unico scopo, in quanto menzogna, sarebbe quello di ingannare il lettore circa la veridicità del contenuto espresso. Riallacciandoci al discorso sulle intenzioni con cui un autore scrive un testo2, non credo che si possa affermare del testo di finzione X che le intenzioni dell’autore siano quelle di ingannarci tutti quanti circa la storia narrata. Herman Hesse non ci ha mai voluto far credere che Narciso e Boccadoro fossero due studenti di un monastero e che uno dei due avesse in seguito preso una strada del tutto opposta ai precetti cristiani. Herman Hesse non ci ha mai voluto mentire. Per contro, quando i nostri genitori ci facevano imbucare la letterina di Natale assicurandoci che presto Babbo Natale ci avrebbe portato il giocattolo che tanto desideravamo, ecco che quella era una menzogna, molto più di Narciso e Boccadoro o di qualunque testo X. Dunque il testo X non è

COMPAGNIA DELLA FORTEZZA PASOLINI OVVERO ELOGIO AL DISIMPEGNO

54


Letteratura e filosofia

finzione1). Che dire di 2)?

questo io mi sia figurata come questo amico avrebbe potuto apparire e

Dice 2): ‹‹Rappresentazione operata dall’immaginazione e dalla

qualsiasi particolare della sua vita che mi sarebbe potuto servire per

fantasia››. Così, in effetti, la storia di Narciso e Boccadoro sembra essere

rispondere alla vostra curiosità. Io ho immaginato un sacco di cose, ma

una finzione: Herman Hesse immagina e ci prescrive di immaginare che

il risultato non è una finzione: è una bugia.

in un’epoca non ben precisata dal Medioevo, in un monastero in

Il testo X non è, dunque, finzione2) o, meglio, la definizione 2) non è

Germania, vi erano due ragazzi, Narciso e Boccadoro, con caratteri

sufficiente per qualificare il testo X come una finzione. Ne

completamente opposti, ecc... . Al di là di ogni pericolosa implicazione

concluderemo che né la prima né la seconda definizione possono dare

che l’uso del termine ‘rappresentazione’ comporta, possiamo dire che

un’idea chiara e distinta della finzione. Siamo di nuovo al punto di

Narciso e Boccadoro è frutto della fervente immaginazione e/o fantasia di

partenza.

Herman Hesse, e che così vale per ogni testo X, Y, Z a cui vorrete

Negli studiosi della teoria della finzione si sta facendo sempre più

attribuire la proprietà di essere di finzione. Eppure, sebbene tutti i testi

avanti l’idea per cui tentare di definire la finzione è, fondamentalmente,

X, Y, Z sembrino essere rappresentazioni dell’immaginazione,

errato – e forse non solo per la finzione, ma anche per molti altri

cionondimeno non tutte le rappresentazioni dell’immaginazione

oggetti. In generale, alcuni oggetti, e la finzione tra questi, non sono

sembrano essere finzioni: a un comizio particolarmente noioso io posso

così nettamente definibili. Esistono molti concetti con i quali sappiamo

involarmi con la fantasia e immaginare me stessa seduta sulla spiaggia a

destreggiarci molto bene, ma dei quali non siamo in grado di fornire

bere un cocktail di frutta. Questo è un parto dell’immaginazione, una

una definizione. I concetti di ‘amore’, ‘numero’, ‘emozione’ o ‘colore –

fantasia, ma non è una finzione. Analogamente, potrei non avere

immaginiamo – blu’ e lo stesso concetto di ‘finzione’ sono di questo

assolutamente voglia di uscire questa sera con voi e potrei dirvi ‘No,

tipo (è ovvio che sia per ‘amore’, che per ‘numero’, che per ‘emozione’,

stasera non posso venire. Esco con un mio amico che lavora a Parigi e

ecc è possibile dare una definizione. Tuttavia vorrei sfidarvi ad

che non vedo da anni’. Peccato, però, che stasera io non uscirò e che il

ammettere che la definizione di amore soddisfa ciò che voi provate o

mio amico parigino non esista affatto. Mettiamo che dicendovi tutto

avete provato nei confronti del vostro lui o della vostra lei, o che la

55


Quaderni della Ginestra

definizione di ‘numero’ risulta più chiara, cristallina e oggettivamente

determinabile in egual misura. È possibile che ciò non sia dovuto a una

determinante dell’atto ostensivo attuato dalla vostra maestra quando

nostra lacuna, quanto, piuttosto, a una difficoltà oggettiva dovuta alla

con penna e sapienti mani disegnava gli ‘uno’ e i ‘due’ sui vostri

natura stessa della finzione. Vi è la possibilità che il concetto non possa

quaderni a quadrettini. D’altronde anche di ‘finzione’ è data una

essere definito in termini generali; forse non vi è alcun termine generale,

definizione che, tuttavia, non basta a definire la finzione).

per così dire, un marchio di fabbrica, caratteristico di ogni prodotto di

Per esempio, sappiamo distinguere abbastanza facilmente un’opera di finzione da un’opera che non è di finzione: molti romanzi, racconti,

finzione e tale per cui sia possibile giungere alla definizione omnicomprensiva della finzione.

pièces teatrali, ecc... sono opere di finzione; saggi storici, papers filosofici,

Il concetto di finzione non richiede una definizione ‘bruta’, alla quale

articoli di giornale e ancora qualche romanzo, qualche racconto, ecc...

tutti i fenomeni di finzione devono soggiacere: quello di finzione è un

non lo sono. L’origine delle specie non è finzione, Lo Hobbit sì. Tuttavia non

concetto sotto cui i fenomeni possono essere raccolti, ma non secondo

siamo sempre in grado di dire perché l’uno non lo sia e l’altro sì.

un minimo comun denominatore.

In generale, la vastità del fenomeno-finzione rende probabile che per

Se dare una definizione è impossibile, non vale lo stesso, tuttavia,

ogni definizione che si trovi esista sempre almeno un contro-esempio in

riguardo al dare una spiegazione, ossia riguardo all’illustrazione del

grado di inficiarne la bontà. Anche se l’assunto non è empiricamente

fenomeno, nei suoi diversi meccanismi. Le teorie della finzione, dunque,

dimostrabile, i filosofi si trovano sempre più d’accordo sullo stipularne

abbandonano gli intenti definitori, concentrandosi invece su nozioni,

la veridicità. Mantenendo dunque la concezione tradizionale di

come quelle di ‘attività’, ‘fenomeno’ ed altri, in grado di offrire un

definizione, ovverosia quella per cui essa, la definizione, stabilisce le

concetto di ‘finzione’ meno rigidamente categorizzato. Ma per questo vi

condizioni necessarie e insieme sufficienti alla determinazione univoca

rimando direttamente alla lettura di altri autori.

del concetto, alcuni concetti, e particolarmente quello a cui ci stiamo

Quanto ho detto finora non approda, né vuole farlo, ad alcuna

riferendo, non sono definibili. Come molti altri, quello di finzione è

conclusione, se non questa: da un lato ho voluto mostrare che

dunque un concetto che pur applicato con estrema naturalezza, non è

l’esistenza della teoria della finzione non è vana; piuttosto, essa studia

56


Letteratura e filosofia

(gran parte del)l’ oggetto già dalla filosofia della letteratura, ma lo fa in modo affatto differente ed estendendo il proprio campo d’azione a testi che questa filosofia non considera. Ne segue che le opere di finzione non sono necessariamente le opere letterarie,sullo studio delle quali critica letteraria e filosofia della letteratura convergono. Dall’altro lato ho voluto farvi provare da vicino come funzioni o possa funzionare la teoria della finzione e come gli strumenti filosofici vi si applichino. Ora, però, rimane aperta una domanda fondamentale. Che cosa è la finzione?

MARGHERITA AIASSA

57

1 O perlomeno a tale insanabile opposizione hanno voluto far credere fior di filosofi fino a non molto tempo fa. 2 Il testo scritto da un autore soddisfa le intenzioni con il quale l’autore scrive il testo medesimo.



Didattica e filosofia

LA DIDATTICA ERMENEUTICA EDUCARE ALL’AUTONOMIA ATTRAVERSO LA RELAZIONE

L’ideale educativo elaborato dalla Scienza dell’educazione ha investito necessariamente anche la scuola, l’entità che trova la sua esclusiva ragion d’essere nell’educazione. Il modello ideale di scuola si è

Educare all’autonomia: dalla Pedagogia alla Scienza dell’educazione

F

caratterizzato come realtà autonoma, laica, capillare, pubblica, sistemica e soprattutto svincolata da un contesto che la possa asservire a una

ino agli anni ’60 la Pedagogia si è connotata come una pratica

finalità esterna al principio che le è proprio, vale a dire il perseguimento

formativa che identificava l’insegnamento nella trasmissione dei

dell’oggetto “educazione” 1.

saperi e limitava il concetto di educazione all’allineamento delle

La definizione di un principio teoretico educativo ha permesso di

coscienze alle direttive governative. Mancava ancora in quel periodo la

distinguere il piano dei cambiamenti metodologici didattici inerenti alla

definizione in termini scientifici del concetto di educazione che avrebbe

forma educativa, per loro natura mutevoli ( sia per le trasformazioni

in seguito permesso di costruire con rigore logico un ideale educativo

culturali, sia per lo sperimentalismo operativo del corpo docente), dal

assoluto a cui la scuola e l’azione didattica avrebbero potuto guardare,

piano rigido e immutabile dell’obiettivo educativo assoluto a cui deve

pur nelle variabili culturali ed esperienziali del momento. Tale passaggio

necessariamente guardare ogni cambiamento didattico. I modelli

si è concretizzato nella seconda metà del Novecento nel pieno boom

didattici che si sono succeduti tra gli anni sessanta-ottanta, primi fra i

della riforma culturale. La Pedagogia, facendo così dell’educazione il

quali il cognitivismo e il costruttivismo2 hanno, infatti, operato nel

proprio oggetto di indagine, si è trasformata da pratica didattica in

rispetto dell’oggetto educativo della Scienza dell’educazione, ciò che ha

Scienza. Da allora è possibile definire in modo teoretico l’educazione

permesso fino ad oggi di salvare alcuni contributi ritenuti irrinunciabili

come un processo razionale, e quindi intenzionale, avente come unico

in ambito didattico come, per esempio, i concetti di preconoscenze, di

scopo

dell’individuo,

metacognizione, di stile d’apprendimento, di ambiente d’apprendimento

indipendentemente dalle sue connotazioni sociali, politiche e culturali,

generativo, la definizione di obiettivi misurabili, lo strumento delle

in vista dello sviluppo della capacità critica autonoma.

mappe concettuali.

59

lo

sviluppo

delle

strategie

concettuali


Quaderni della Ginestra

Anche in ambito specificatamente scolastico, l’oggetto “educazione”

della società.

posto in essere dalla Scienza dell’educazione ha permesso di fare

È chiaro pertanto che, per la Scienza dell’educazione, la scuola che

chiarezza sugli orientamenti didattici perseguiti dai singoli istituti,

persegue la “formazione” non può fare “educazione”. 3

orientamenti che necessariamente informano la pratica didattica dei docenti. Sempre più preoccupata di formare forza lavoro per il mercato

Autonomia e relazione

globale in una società altamente differenziata, piuttosto che a porre al centro lo sviluppo autonomo dell’individuo in vista della costante

Il concetto di 'crescita autonoma' acquista valore, però, se riesce a

trasformazione migliorativa della sua esistenza, la scuola ha spesso

realizzarsi in un contesto sociale relazionale. Il principio secondo il

tradotto questa confusione didattica nell’uso improprio dei termini

quale la realizzazione dell’autonomia individuale necessita di un

‘educazione’ e ‘formazione’ usati incautamente come sinonimi. Ecco

contesto sociale relazionale si è affermato verso la fine del Novecento.

allora che, come dichiara la Scienza dell’educazione, l’«educazione è

In ambito filosofico, Gregory Beatson ha dichiarato che la relazione

l’unico obiettivo perseguibile dall’attività didattica». Divenuta oggetto di

viene prima dell’individuo al punto che gli stessi processi di conoscenza

studio della Scienza dell'educazione, l'«educazione» necessita di tempi

individuale hanno un carattere intimamente relazionale4. In ambito

lunghi, dura tutta la vita in quanto è una realtà astratta, un costrutto

educativo si è affermato il modello teorico del costruttivismo, secondo il

teorico, mai fattuale, perseguibile ma mai raggiungibile. E la scuola, che

quale la conoscenza è il prodotto di una costruzione attiva del soggetto;

ha come scopo la costruzione nell’apprendente di strategie concettuali

essa ha un carattere situato, ossia ancorato al contesto, e si svolge

in vista della sua crescita autonoma, è il luogo in cui si persegue tale

attraverso forme di collaborazione e di negoziazione sociale. La

ideale. La formazione, invece, è finalizzata alla professionalizzazione

conoscenza, dunque, non si riferisce a qualcosa di dato ma si forma

dell’apprendente. Essa risponde pertanto a finalità dettate dal mondo

attraverso la continua costruzione di significato.

esterno, fornisce abilità e competenze richieste dal mercato del lavoro,

La stessa Scienza dell’educazione è arrivata a sostituire al termine

si raggiunge in tempi brevi ed è condizionata dai mutamenti economici

«educazione» quello di «relazione educativa», precisando che «essendoli

60


Didattica e filosofia

individui calati in situazioni sistemiche, l’interesse scientifico deve rivolgersi alla relazione dei medesimi, sempre mutevole in rapporto allo spazio, al tempo e ai soggetti coinvolti. L’attenzione educativa è quindi posta sui soggetti che devono essere portati alla consapevolezza di un universo da loro stessi conosciuto e organizzato, secondo un ordine che si struttura sulla idea stessa di relazione»5. Nell’ambito degli studi estetici Robert Jauss ha fondato su nuove basi relazionali

la considerazione del

valore estetico di

un’opera.

Opponendosi al principio secondo il quale esisterebbe un canone oggettivamente immutabile e permanente di valori estetici su cui si regge il concetto di bello, Jauss approda all’idea che il bello dell’opera d’arte coincida piuttosto con la capacità della medesima di entrare efficacemente nella storia del suo pubblico attraverso un rapporto interdialogico di natura relazionale. È appunto in questo contesto che hanno preso forma i concetti di «intertestualità», vale a dire di imprescindibile relazione di ogni testo con quelli che lo hanno preceduto, e di «orizzonte d’attesa», vale a dire dell’insieme di aspettative culturali del pubblico che entrano in relazione con l’opera al momento della sua lettura. Dell’orizzonte d’attesa partecipa anche il critico, il quale è prima di tutto un lettore, storicamente determinato e legato a precise aspettative estetiche.

61

COMPAGNIA DELLA FORTEZZA, PINOCCHIO


Quaderni della Ginestra

Nel campo degli studi letterari questo indirizzo critico si è

nella sua destinazione primaria: la lettura. In questo clima culturale

sistematizzato nella critica ermeneutica ad opera di Hans Georg

nasce la critica ermeneutica che fa della ricerca di senso del testo da

Gadamer secondo il quale la lettura non deve descrivere né catalogare,

parte del lettore il fulcro della propria indagine.

ma farsi processo di ricerca di senso per il lettore.6

Il modello didattico che ha tradotto in pratica educativa questi orientamenti teorici è la didattica ermeneutica, teorizzata in Italia in

La didattica ermeneutica in letteratura

modo particolare da Romano Luperini. Essa ha messo al centro dello studio non più il testo quanto,

In ambito letterario si sono susseguiti nel tempo diversi modelli

piuttosto, la lettura e ha fatto dell’interpretazione il momento decisivo

didattici, traduzione di modelli teorici letterari propri di quel particolare

dell’insegnamento. Rifacendosi al principio dell’“estetica della ricezione”

momento storico. Nell’arco di un secolo la teoria

letteraria ha infatti

di Jauss che pone il lettore al centro dell’atto critico, la didattica

spostato l’attenzione critica dall’autore al testo e dal testo al lettore. Se

ermeneutica ha valorizzato al massimo la partecipazione dello studente

con la teoria storicistica e quella psicologica è stato l’autore in quanto

all’atto interpretativo.

personalità artistica ad interessare il critico, con la teoria strutturalista è

Dal punto di vista prettamente didattico, la pedagogia ermeneutica,

stato il testo, o meglio il meccanismo che lo governa, a diventare

facendo proprio il presupposto relazionale testo/testo (intertestualità) e

oggetto di analisi.

testo/lettore (orizzonte d’attesa), opera su tre livelli. Il primo livello è

A partire dagli anni ottanta-novanta, la critica letteraria ha cercato di

quello dell’acquisizione delle competenze tecniche testuali (per es. in un

correggere se stessa. Pur non disconoscendo l’ampio contributo fornito

testo poetico devono essere acquisite informazioni metrico-stilistiche,

dalla critica storicistica per quanto riguarda la concezione del testo come

lessicali e retoriche) che deve portare all’elaborazione del commento,

prodotto storico, e di quella strutturalista per l’attenzione posta alla

vale a dire alla comprensione del testo nel rispetto delle sue peculiarità,

particolarità dei meccanismi compositivi propri di un’opera d’arte, la

alla sua storicizzazione. Il secondo livello è quello interpretativo, che

critica si è accorta d’avere perso di vista, strada facendo, il testo colto

vede al centro il lettore il quale, una volta fornito degli strumenti critici

62


Didattica e filosofia

adeguati, parte da se stesso, dal proprio vissuto personale e culturale per

sempre aperta e problematica, è anche vero che essa non è illimitata.

cogliere il senso che quel testo assume per lui, in una parola, il suo

Contro il rischio del relativismo critico, che porta a far dire al testo

valore attualizzante. Il terzo livello, infine, è quello che, partendo dalle

anche il non detto, devono intervenire sia l’etica del discorso critico, che

interpretazioni dei singoli lettori, si fa interpretazione condivisa, volta a

esige la verifica del testo, del suo senso letterale, del suo contenuto di

tradurre il «senso per noi» della comunità interpretante, nella fattispecie,

verità, sia la responsabilità di colui che interpreta.

la classe 7. Se nella fase del commento il testo è al centro dell’analisi, nella fase

La classe come comunità ermeneutica

dell’interpretazione è sulla lettura, vale a dire sul significato di verità che scaturisce dal rapporto vivo con il testo, che si concentra l’attività critica del lettore. È importante ribadire la natura interdialogica da attribuire al momento della lettura. La didattica ermeneutica punta sulla

In didattica la lettura del testo, quindi, avviene su due piani: quello individuale e quello comunitario. L’atto interpretativo della lettura, volto ad attribuire un senso al testo in relazione al lettore, all’interno della classe vive anche del confronto delle interpretazioni.

problematicità della lettura, sul coinvolgimento che essa comporta, in

Da un lato c’è l’interpretazione del singolo che si pone in relazione

modo da fare uscire il testo dalle ingessate interpretazioni canoniche che

con l’interpretazione degli altri, impara a dialogare e a ridefinire la

devono diventare anch’esse terreno di confronto, e far rivivere il testo

propria tesi attraverso il confronto con le altre tesi, dall’altro c’è

in modi sempre nuovi.

l’interpretazione complessiva della classe, il senso per noi di una piccola

In questo modo il lettore viene educato a non subire passivamente le

comunità ermeneutica.

interpretazioni testuali e a non attribuire ad esse un valore assoluto. Da

In questo scambio relazionale tra il singolo e la comunità

una stessa parafrasi e da uno stesso commento possono derivare

ermeneutica, di cui egli stesso è parte integrante, l’attenzione all’altro

interpretazioni diverse. Questo è ciò che Luperini definisce il «paradosso

pertanto non si esaurisce nel rispetto di una norma comportamentale

della critica». Tuttavia per lo studioso, se è vero che l’interpretazione è

che risponda al principio civile di ordine; l’attenzione all’altro è piuttosto

63


Quaderni della Ginestra

la possibilità che il singolo ha di conoscere e di affermare se stesso. È infatti solo nel confronto con l’altro che l’individuo ha la coscienza di se stesso e riesce a dare un valore al proprio pensiero. Se l’individuo, pertanto, riconosce nell’altro una possibilità di autoaffermazione e di crescita, fa della relazione una risorsa. Nella classe come comunità ermeneutica l’insegnante deve sapere conciliare l’autorità che gli deriva dalle sue conoscenze disciplinari, con la mediazione, vale a dire la capacità didattica che, traducendo i principi educativi ermeneutici, trasforma la classe in una comunità democratica attraverso il dialogo delle interpretazioni. Il testo realizza in questo modo le potenzialità intrinseche che gli sono proprie: quelle di natura estetica, che ne fanno un’opera letteraria, e quelle di natura strumentale, che lo rendono un mezzo di crescita dello sviluppo del pensiero critico.

CARMEN VACCARELLA

1

Per il concetto di “educazione” come oggetto di analisi della Scienza dell'educazione vedi G. Genovesi, Scienza dell’educazione, Edizioni del Cerro, Pisa, 2005; L. Bellatalla, G. Genovesi, Scienza dell’educazione. Questioni di fondo, Le Monnier Università, Firenze, 2006. 2 Cognitivismo e costruttivismo sono due modelli teorici che hanno fondato le rispettive ricerche sulle modalità di apprendimento del soggetto. Il primo, partendo dal presupposto che si possa 'entrare' nel pensiero umano, h a ancorato l’attività didattica al funzionamento della mente dell’apprendente arrivando a codificare strumenti, quali gli obiettivi tassonomici, utili a monitorare il livello di comprensione e di apprendimento del discente. Il secondo, invece, ritenendo che la conoscenza è il prodotto di una costruzione attiva del soggetto che si realizza attraverso forme di collaborazione e di negoziazione sociale, ha valorizzato il potenziale cognitivo di ogni individuo attraverso il contesto relazionale che, da semplice sfondo, è diventato potente attivatore di conoscenza. Si rimanda a A. Galvani, Elementi di didattica, Carocci, Roma, 2007. 3 Cfr. G. Genovesi, op. cit. 4 Cfr. S. Manghi, La conoscenza ecologica. Attualità di Gregory Bateson, Cortina Editore, Milano, 2004. 5 Cfr. L. Bellatalla-G.Genovesi, op. cit., pp. 34-35. 6 Hans Georg Gadamer, Wahrheit und Methode. Grundzüge der philosophischen Hermeneutik, Mohr, Tübingen, 1960. Tr. It. Verità e metodo. Lineamenti di un'ermeneutica filosofica, Bompiani, Milano, 1972. 7 Romano Luperini, Insegnare la letteratura oggi, Manni, San Cesario di Lecce,2006

64


IN LIBRERIA A Parma, nei primi mesi del 2011, si è svolto un corso di formazione filosofica aperto a tutti i cittadini. Un corso nato dalla scommessa che fosse possibile far emergere in tutti, indipendentemente dal loro livello culturale o dalla specialità dei loro studi, il gusto per la riflessione filosofica. Il progetto si è proposto di riandare alle sorgenti del pensiero, alle ragioni e alle domande cruciali che hanno spinto generazioni di filosofi a elaborare complessi sistemi teorici, ma che nello stesso tempo miliardi di persone comuni si sono sempre poste per orientare meglio le loro vite: nelle relazioni con gli altri o con realtà infinite da cui si sentono avvolte, nel costruire la loro identità, nel lavoro, nella politica, nella sfera della creazione e della fruizione estetica. L’ipotesi da cui è nata l’iniziativa è che potesse stabilirsi un rapporto proficuo tra la sapienza o saggezza spontanea di chi si interroga su questioni attinenti la propria esistenza e il sapere di chi coltiva gli studi filosofici in modo professionale e specialistico. Questo volume raccoglie le nove lezioni che hanno animato il corso. Gianni Vattimo, La moderazione dell’oltreuomo Roberto Escobar, La ricerca della verità Marco Santambrogio, Verità e tolleranza Alberto Meschiari, La vita: destino o progetto? Silvia Vegetti Finzi, L’imprendibile felicità Alberto Siclari, La responsabilità morale Thomas Casadei, Comunità e politica Alberto Meschiari, Corpo mente spiritualità Ferruccio Andolfi, L’individuo e l’immortalità

41



Libri in discussione

LA FILOSOFIA E IL “M ONDO DELLA TECNICA”

Marx ed altri importanti pensatori. Ecco come Severino definisce la tematica della bilancia:

L

“La bilancia è una contraddizione immane: ma uno dei due piatti – la ’immagine della bilancia – antico simbolo della giustizia – col suo

tradizione occidentale – è a sua volta una immane contraddizione da cui

protendere da una parte o dall’altra è l’emblema di uno degli ultimi

l’altro – l’apparato (la civiltà della tecnica) – è libero. Questa ulteriore

saggi del filosofo Emanuele Severino dal titolo La bilancia. Pensieri sul

contraddizione consiste nella volontà di legare il divenire del mondo a

nostro tempo. Si tratta di una raccolta di articoli pubblicati tra il 1990 e il

Ordinamenti immutabili e a verità definitive – cioè gli dei

1992 sul “Corriere della Sera” e sull’ “Europeo” riguardanti i

dell’Occidente. E’ la contraddizione che, insieme, vuole affermare e

cambiamenti succedutisi nella storia e nella storia del pensiero nel

negare il divenire del mondo. Essa alimenta in diversa misura le forze

mondo post caduta Muro di Berlino.

della civiltà occidentale: di più la metafisica, di meno la scienza; di più il

Ma quale genere di mutamenti esamina il filosofo bresciano? Si tratta di riflessioni di diversa tipologia: da quello che lui ritiene il superamento

cristianesimo e l’assolutismo politico, di meno il capitalismo e la tecnica.”

della filosofia marxista al tema dell’eutanasia, dalla Guerra del Golfo alla

Quella della contraddizione è una problematica emersa con vigore

supremazia della tecnica, dalla concezione stessa della guerra e della

già agli albori del pensiero filosofico, ove la ricerca della verità portò al

giustizia al “superamento” dell’Occidente. Ed è proprio quest’ultimo

differenziare episteme e doxa ed al creare una dicotomia che con difficoltà

punto a svolgere un ruolo cardine all’interno dell’eterogeneità degli

si cercò poi di attenuare. La contraddittorietà dell’essere umano è

argomenti trattati: Severino pare infatti voler evidenziare come

quanto mai percepibile all’interno delle filosofie occidentali focalizzate

l’Occidente e la sua supremazia filosofico-culturale siano in via di

sulla categoria dell’esistenza: lo è certamente nel pensiero nietzschiano

declino, quasi riprendendo implicitamente la teoria spengleriana. Ed in

come anche in quello proto esistenzialista del geniale Pascal. Difatti, il

tal modo, egli ci offre un affascinante excursus nella storia della filosofia

tentativo di superare la contraddittorietà imperante nella storia

- da Platone a Nietzsche, senza dimenticare costanti richiami ad Hegel,

occidentale pare essere destinato ad un esito non positivo:

67


Quaderni della Ginestra

UNIFICAZIO

“l’unificazione – che caratterizza tutti i grandi eventi della tradizione europea – è destinata a fallire, perché pretende di tenere unito ciò che, oscillando tra l’essere e il niente, è originariamente concepito come separato.” E Severino ci mostra – ad esempio – la mancanza di coerenza presente nella democrazia in rapporto con la logica capitalista, ma anche con la filosofia e la cultura occidentale, regalandoci pagine di notevole interesse relative alla figura di Raymond Aron e ad altri filosofi contemporanei che hanno studiato per lungo tempo tali questioni. Ancor più evidente la contraddizione dell’Occidente risulta essere su problematiche etiche, tra le quali la questione dell’eutanasia in relazione con quella dell’aborto. “Non uccidere” può venire considerato il comandamento fondamentale nella società occidentale e nella sua storia culturale; parallelamente, però, la legislazione ha progressivamente fornito i mezzi alle giovani donne per non portare avanti gravidanze indesiderate, ma non ha fatto altrettanto per permettere di morire a chi non ha i mezzi fisici per farlo. Pur non esprimendo posizione pro o contro tali tematiche, Severino pone l’accento su come una legislazione coerente dovrebbe punire anche il suicida mancato e non solo coloro che danno ascolto ad una richiesta di morte di chi non ha la capacità da DALLA SERIE DESERTISMI, 1995

solo per por fine alla propria vita. Oppure non dovrebbero esserci

68


Libri in discussione

sanzioni per nessuno dei due. E lì si troverebbe la coerenza, non la

scontro di opposte fazioni ove la giustizia è l’affermazione del vincente.

contraddizione che invece si riscontra: “la soppressione della vita è

Il filosofo bresciano evidenzia come il porre in dubbio la fede originaria

legale (nell’aborto) e non è legale (quando qualcuno, non potendolo fare

dell’Occidente nell’ “evidenza del divenire” genera questa tipologia di

da solo, chiede di essere ucciso). In entrambi i casi, chi uccide è una

problematiche e potrebbe, in un futuro non troppo remoto, portare

persona diversa da chi muore; eppure oggi i due casi hanno

l’Occidente ad un ineluttabile declino. “Non la quiete dopo la tempesta,

conseguenze giuridiche opposte.” Ed ecco sorgere qui un non nuovo

bensì la quiete durante la tempesta. Pensare la quiete durante la tempesta

interrogativo: le leggi morali sono evidenti? O, altrimenti detto, è così

è l’atteggiamento caratteristico di tutta la cultura occidentale, dai Greci a

chiaro ove porre l’imperativo categorico kantiano? Rispondere non è

Hegel. Se l’inquietudine come stato psicologico è in relazione al divenire

cosa né semplice né univoca. E di questo l’autore è perfettamente

del mondo, allora la salvezza dall’inquietudine consiste nel rendere

consapevole.

definitiva la pausa, il riposo, l’intervallo che durante la vita è

Severino riflette poi su una tipologia particolare di non

rappresentato dalla quiete.”

contraddittorietà, ovvero sulla coerenza del pensiero di Nietzsche

La bilancia di Severino pare dunque oscillare, spostarsi da una netta

proprio a partire da una risposta negativa ai quesiti su formulati: né la

supremazia del “piatto occidentale”, per andare a livellarsi con il “piatto

verità né i valori sono evidenti, conseguentemente e coerentemente la

dell’altro”, che è forse più propenso alla quiete come prima

giustizia diviene la forza vincente. Questa riflessione si contrappone alla

filosoficamente intesa.

visione della giustizia come Dike, come ordine cui gli uomini debbono

Ecco dunque porsi il dilemma di andare “oltre”: oltre l’Occidente ed

adeguarsi, nel senso che loro stessi hanno una posizione ben specifica

oltre il suo futuro. Il filosofo bresciano rileva infatti come l’Occidente di

all’interno dell’universo, in un divenire che ha una valenza ontologica.

oggi sia genitore e figlio di una civiltà della techné. L’avanzare della

Porre in discussione l’evidenza del divenire - e con essa l’evidenza di

tecnica, i progressi delle scienze, la settorializzazione del sapere paiono

tutti gli immutabili insiti nel pensiero occidentale - significa anche

essere in continuo avanzamento, nonostante vi siano “forze”

causare il tramontare dell’episteme e lasciare regnare la doxa, il dubbio, lo

appartenenti alla tradizione occidentale che cercano di limitarli: filosofia,

69


Quaderni della Ginestra

cristianesimo, umanesimo, socialismo ed altre. Infatti, osserva Severino,

una sorta di “paradiso tecnico”.

“per la tradizione culturale dell’Occidente l’uomo deve essere trattato

“Il paradiso della tecnica non è un’utopia; in esso può realizzarsi la

come fine e non come mezzo; ma è l’insieme dei mezzi oggi a

felicità più grande che mai sia apparsa sulla Terra. A esso conduce, nella

disposizione dell’uomo – ossia è l’apparato – che si fa trattare come fine

grande bilancia dell’Occidente, l’inevitabile abbassarsi del piatto della

e assume l’uomo come mezzo.” Tale rovesciamento di memoria

scienza e della tecnica […], che getta in aria l’altro piatto, i valori assoluti

marxiana pare essere ineludibile ed inarrestabile, nonostante si tenda

della tradizione. Ma proprio perché il possesso di questa felicità è

quasi a dimenticarlo ogni qualvolta ci si illuda di poter controllare

garantito dalla razionalità ipotetica e “falsificabile” della scienza

l’apparato con la tradizione culturale occidentale.

moderna, estremo diventa il timore di perdere la felicità, estrema

Fine dell’apparato è incrementare la sua possibilità di realizzare fini:

l’angoscia.”

fine della tecnica è divenire più potente. La tecnica è al servizio

MARA FORNARI

dell’uomo. Ma l’uomo ne sta diventando sempre più il mezzo. Tra tecnica e cultura si rompe l’equilibrio e si rafforza la contraddizione: gli scopi sono differenti, le limitazioni che si cerca di porre all’apparato sono inefficaci. La volontà di potenza dell’Occidente rischia di fagocitarne le radici culturali e gli aneliti ontologici. Questo il pericolo evidenziato da Severino. Il marxismo fallì nel suo osteggiare l’avanzata del capitalismo, la tecnica potrebbe rivelarsi fallimentare in una visione di “paradisiaca”, ma esclusivamente in rapporto alla dinamica filosofica della ricerca di una verità epistemica, poiché la tecnica si basa sulla logica ipotetica della

Emanuele Severino, La bilancia. Pensieri sul nostro tempo, Rizzoli Editore,

scienza moderna. Severino ritiene quindi sia possibile la realizzazione di

Milano, 2011, pp.231, Euro 10,50. 70


Libri in discussione

NELLA TERRA DI MEZZO TRA ARTE E FILOSOFIA

‘disciplina specifica’, diffidenza che emerge dal titolo stesso del libro: l’oggetto d’indagine è qui il rapporto tra la filosofia e le arti al plurale, in

N

el suo ultimo testo, La filosofia e le arti, Velotti affronta alcuni dei

un atteggiamento di sospetto verso la possibilità di fornire una definizione univoca della nozione di ‘arte’.

temi più dibattuti dall’estetica analitica contemporanea: la

Che cos’è, dunque, un’opera d’arte? Criteri di carattere ontologico

questione della definizione di arte, della percezione e valutazione di

non sono in grado di dirimere la questione su cosa sia ‘arte’ e cosa no:

un’opera, il ruolo dell’immaginazione nella sua produzione e fruizione.

né l’individuazione di peculiari modalità di esistenza dell’opera d’arte, né

Velotti si inserisce all’interno di quella riflessione sull’arte interna

distinzioni secondo le categorie di type/token, singolo/multiplo,

all’area di tradizione analitica, più interessata all’analisi degli specifici

consentono di distinguere l’opera d’arte dal resto degli artefatti umani.

fenomeni artistici che a visioni universalistiche dell’arte proposte, invece,

Del resto, anche ammesso che si possa ottenere un’ontologia della

dall’estetica cosiddetta ‘continentale’. Tuttavia, se da un lato si

pittura, una della scultura, una dell’architettura, della letteratura etc., non

rimprovera all’estetica continentale, in particolare heideggeriana,

si comprende “in che senso avremmo costruito delle ontologie dell’arte,

l’incapacità di aderire alla singolarità dell’opera d’arte, dall’altro non

e non invece delle ontologie di classi di artefatti”.

sono risparmiati toni polemici nei confronti di una filosofia analitica

Prendiamo, invece, l’ipotesi di una nozione di arte come

dell’arte che “sembra ogni tanto imboccare noti vicoli ciechi o scoprire

‘rappresentazione’, intesa non solo in senso pittorico ma, più in

l’acqua calda”.

generale, come il ‘significare qualcosa’ dell’opera, il suo necessario

Nell’analisi del testo, sarà utile tener presente un’indicazione offertaci

‘riferirsi-a’. Svincolata da questioni mimetiche, di presunta somiglianza

dall’autore stesso nella premessa: ci occupiamo qui di una terra di

tra oggetto e rappresentato, la nozione di rappresentazione risulta così

mezzo tra arte e filosofia, compresa tra ricerca empirica e riflessione

applicabile anche a creazioni musicali, performances, opere di architettura,

filosofica, terra contesa tra discipline differenti e spesso rivali. Velotti

e a tutte quelle opere che difficilmente ‘assomigliano’ a ciò che

non si mostra convinto della possibilità di una filosofia dell’arte come

rappresentano.

71


Quaderni della Ginestra

Ma che cosa vediamo quando guardiamo un dipinto? O, in altre

Lavoro dell’immaginazione che non è arbitrario, ma regolato dalla

parole, che tipo di esperienza abbiamo nella percezione dell’opera

materialità dell’opera: seguendo Kendall Walton, l’opera d’arte diventa

d’arte? Descrivendo le principali posizioni presenti nel dibattito

‘supporto’ delle nostre attività immaginative, del nostro ‘far-finta’.

analitico, Velotti prende atto della complessità della questione. Se, da un

Cercando di mettere in luce i diversi momenti del lavoro immaginativo,

lato, Christopher Peacocke sostiene l’essenziale isomorfismo tra

Velotti si sofferma su una piccola scultura di Louise Bourgeois (Janus

percezione del reale e percezione dell’arte, dall’altro Ernst Gombrich e

Fleuri), un oggetto singolare “che chiede di essere osservato, esplorato”:

Richard Wollheim individuano uno specifico modo di vedere l’opera

analizzandolo, nel tentativo di comprendere l’enigma che vi appare

d’arte: il primo come ‘veder-come’ irriducibile tanto al vedere ordinario

racchiuso, emerge il potere dell’immaginazione – regolata dal supporto

che all’interpretare; il secondo come ‘vedere-in’, speciale capacità

materiale – nella fruizione dell’opera. È l’immaginazione a rendere

percettiva posseduta dall’uomo, prioritaria rispetto alla rappresentazione.

possibile i giochi di far-finta, e a consentire la corretta interpretazione

Alle teorie percettive della rappresentazione si oppone la teoria

dell’opera.

‘semiotica’ di Nelson Goodman: l’uomo – quale animale simbolico – si

Che ruolo hanno, invece, le intenzioni dell’autore nell’interpretazione

riferisce al mondo attraverso una pluralità di sistemi simbolici che

di un’opera? Rifiutando la tesi di Arthut Danto, per cui l’unica

offrono una certa “versione del mondo”, di cui la rappresentazione è un

interpretazione corretta è quella corrispondente alle intenzioni

esempio.

dell’autore, per Velotti l’opera è dotata di una tale ricchezza semantica e

Se nell’arte si esibiscono modi diversi in cui ci orientiamo nel mondo,

immaginativa tale da non lasciarsi esaurire in un’unica interpretazione

il loro comprenderli dipende da una facoltà spesso trascurata dalla

possibile. Naturalmente ciò non significherà che ogni interpretazione sia

tradizione filosofica analitica: l’immaginazione. È l’immaginazione che

ugualmente valida, ma che lo saranno quelle conformi alla materialità

in ultima analisi consente produzione e fruizione artistica. Esplicitando

del supporto immaginativo in questione: è l’opera stessa a fornire uno

la matrice kantiana delle proprie intuizioni, Velotti sottolinea come

‘schema’ sulla base del quale l’immaginazione riorganizza i contenuti,

l’immaginazione sia un ingrediente necessario della percezione stessa.

integrandoli con le esperienze dello spettatore.

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Libri in discussione

Nota Velotti come la tradizione analitica abbia a lungo evitato la

configura come continua sfida all’immaginazione dello spettatore,

questione della valutazione dell’opera d’arte, sostenendo una rigida

chiamato a confrontarsi “in assenza di standard disponibili” con

dicotomia tra fatto e valore, e distinguendo il valore conoscitivo –

qualcosa di ignoto e misterioso. Condividendo le posizioni di Leo

legittimamente indagabile – di un’opera d’arte (ossia il suo aprire nuovi

Steinberg, Velotti non rinuncia dunque a una nozione normativa di

orizzonti di conoscenza: Goodman parla della creazione artistica come

‘arte’, pur nella consapevolezza dell’enorme sforzo di comprensione

di un ‘fare mondi’ – di un’arte che fornisce diverse ‘versioni del mondo’)

richiesto al fruitore. E riprendendo Steinberg: “il valore che assegnerò a

dal suo valore estetico – non autonomo, trascurabile. È questa diffidenza

questo dipinto mette alla prova il mio coraggio personale. […] Il dipinto

verso il momento valutativo dell’arte che porta gli analitici a evitare il

mi lascia in uno stato di incertezza ansiosa, sulla pittura, su me stesso. E

concetto normativo di ‘estetica’ a favore di una più neutra ‘filosofia

sospetto sia giusto così”.

dell’arte’ o di una definizione di estetica come ‘scienza della percezione’

CRISTINA TRAVANINI

(che troviamo in Arthur Danto o, in Italia, in Maurizio Ferraris). Acutamente, Velotti rileva una generale confusione sulla nozione di bellezza: da un lato, essa è intesa come insieme di caratteristiche oggettive, descrivibili, dell’opera; dall’altro, con ‘bello’ sembriamo esprimere un apprezzamento soggettivo dell’opera. Per Velotti si tratta piuttosto di difendere la normatività della nozione di arte, evitando al contempo l’impegno ontologico sull’esistenza di proprietà estetiche. In questo senso, il giudizio estetico valutativo non può ridursi al giudizio descrittivo dell’opera: il giudizio estetico non si esaurisce in un’esclamazione di ammirazione, “ma prevede un suo spessore

Stefano Velotti, La filosofia e le arti. Sentire, pensare, immaginare, Laterza,

argomentativo (un giudizio ‘thick’ e non ‘thin’)”. La valutazione si

Roma-Bari 2012, pp. X + 194, € 12.

73


Quaderni della Ginestra

COMPAGNIA DELLA FORTEZZA, HAMLICE. SAGGIO SULLA FINE DI UNA CIVILTÀ

74


Libri in discussione

PENSARE LA VITA

sull’‘oltreuomo di massa’, inteso come interprete autonomo e inventore della propria visione del mondo. L’oltreuomo di massa, secondo Vattimo, fa della moderatezza e della sua apertura alla pluralità un

N

ei primi mesi del 2011, si è tenuto a Parma un corso di

soggetto nuovo nella società, «capace di vivere in un mondo privo di

formazione filosofica aperto alla cittadinanza, il cui obbiettivo

fondamenti senza diventare tuttavia un meschino cultore del più limitato

era far «emergere in tutti, indipendentemente dal loro livello culturale o

se stesso e dei suoi più immediati e brutali interessi». Roberto Escobar,

dalla specialità dei loro studi, il gusto per la riflessione filosofica». Il

in La ricerca della verità, analizza e discute il rapporto tra verità, morale e

corso, promosso dall’Associazione La Ginestra, dall’Assessorato alla

potere, evidenziando come «nella dimensione politica la verità è invasiva

Cultura del Comune di Parma e patrocinato dal Dipartimento di

e più di una volta pericolosa». Su queste basi, l’autore sottolinea

Filosofia dell’Università di Parma, è stato articolato in nove lezioni in

l’assenza di Verità (con la v maiuscola) nel mondo e nel divenire umano,

cui sono stati affrontati argomenti «esistenzialmente e socialmente

e considera la democrazia come il luogo dell’opinione (e non della

rilevanti per pensare la vita, comprendere se stessi e il proprio mondo».

Verità), in cui il voto legittima a governare ma non ad avere ragione. Il

Le nove lezioni sono state poi raccolte e pubblicate nel volume I problemi

saggio di Marco Santambrogio, Verità e tolleranza, si concentra invece sul

fondamentali della filosofia, curato da Ferruccio Andolfi, e suddivise in

relativismo, spesso ritenuto come l’unica risposta compatibile con un

quattro aree tematiche: La verità, Vita e felicità, Morale e politica, Spiritualità

principio di tolleranza. Del relativismo Santambrogio sottolinea

e religione.

l’efficacia «nel togliere ai prepotenti il vantaggio di giustificare l’uso della

Nietzsche, Arendt e Kelsen rappresentano i principali riferimenti

forza contro i più deboli appellandosi alla verità assoluta di cui si

bibliografici dei saggi che compongono la prima parte del volume,

proclamano detentori», ma anche la sua inservibilità nella discussione e

dedicata appunto al tema della verità. In La moderazione dell’oltreuomo,

nel dialogo, causata dall’assenza di strumenti di persuasione per

Gianni

dimostrare chi ha ragione e chi torto in una disputa.

Vattimo affronta il tema della verità a partire dal

postmodernismo. Il debito con Nietzsche è individuabile nelle sue tesi

75

Nella seconda parte, i testi di Alberto Meschiari e Silvia Vegetti Finzi,


Quaderni della Ginestra

intitolati rispettivamente La vita: destino o progetto? e L’imprendibile felicità, affrontano i temi della vita e della felicità. Meschiari, partendo dal bisogno dell’uomo di ricreare il mondo a partire da sé e di dare un senso al mondo stesso, parla della vita come progettualità finalizzata tanto a crearsi quanto a diventare se stessi, fedeli alla «dimensione sempre aperta del proprio processo di individuazione». Quindi definisce il senso, che sempre cerchiamo nell’esistenza, come il prodotto individuale e sociale del nostro modo di intendere e vivere la vita. Vegetti Finzi si concentra invece sul tema della felicità e sul suo perseguimento. Da un lato l’autrice sottolinea come la felicità collettiva appaia, soprattutto negli ultimi anni, un obbiettivo travolto dal crollo delle grandi utopie. Dall’altro, a livello individuale, la felicità stessa viene considerata come l’affermazione della propria irripetibile unicità, attraverso il compimento del proprio progetto di vita e un’esistenza sottratta alla contingenza e alla casualità. I temi della morale e della politica fanno da filo conduttore ai saggi che costituiscono la terza parte del volume. In La responsabilità morale, Alberto Siclari discute il concetto di libertà, attraverso le tesi di Weber e Kant. Seguendo Weber, Siclari difende «il valore di una libertà ragionante e responsabile, reale ma limitata, che appunto perché limitata MAGGIO DI ACCETTURA (BASILICATA), RITO ARBOREO

non può avere il carattere dell’arbitraria espansività ma quello della

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Libri in discussione

responsabilità, e che è dunque ancora prima di un diritto un dovere».

soprattutto, la dimensione in cui si colloca la nostra ricerca di significato

Il debito con Kant si esplicita nel mostrare come il dovere della

dell’esistenza e che ci permette di andare oltre i confini del nostro io e

libertà fonisca un criterio di comportamento sicuro, mostrando al

dei nostri bisogni quotidiani. Nel saggio conclusivo, Ferruccio Andolfi,

contempo una continuità tra vita personale e sociale. In Comunità e

sulla scìa delle considerazioni di Feuerbach, Guyau e Schleiermacher,

politica, Thomas Casadei analizza le diverse sfaccettature della nozione di

discute il tema dell’immortalità dell’anima, sottolineando come, fin dai

comunità, indagandone i rapporti con la politica. In particolare, Casadei

tempi antichi, la filosofia si sia assunta «il compito di additare agli

sottolinea come, a seconda dalle concezione di comunità che

uomini modi di soddisfare la loro aspirazione alla sopravvivenza oppure

assumiamo, mutino le forme della politica e delle istituzioni, i loro criteri

di liberarli dai timori religiosi, conciliandoli con l’idea della inevitabilità

di azione, il loro funzionamento, e la visione stessa della società. La

della morte». Particolarmente significativa è l’analisi delle riflessioni di

riflessione sulla comunità pone inoltre l’attenzione anche sui temi

Schleiermacher, in cui si sostiene il carattere irreligioso dell’aspirazione

dell’identità e dell’integrazione sociale, e sul fatto che l’idea stessa di

che porta gli uomini a non voler uscire da sé e a rimanere attaccati alla

comunità

sulla

propria individualità, mostrando come l’essenza della religione vada

consapevolezza che solo nella reciprocità delle relazioni si dia vero

rintracciata nel divenire una cosa sola con l’infinito, e come questo sia

riconoscimento della differenza e della particolarità.

possibile solo dilatando i confini della propria personalità.

possa

essere

ripensata

come

scelta

fondata

Infine, nella quarta parte, i temi della spiritualità e della religione

TIMOTHY TAMBASSI

sono discussi nei saggi di Alberto Meschiari, Corpo mente spiritualità, e di Ferruccio Andolfi, L’individuo e l’immortalità. Nel primo saggio, Meschiari si concentra sulla dimensione spirituale dell’esistenza, contrastando «la deriva etica del modello sociale fondato sul consumismo e sulla dittatura dell’utile». La dimensione spirituale, secondo Meschiari, è ciò che

Ferruccio Andolfi (a cura di), I problemi fondamentali della filosofia, Aliberti,

propriamente ci individua, in cui esprimiamo la nostra unicità e,

Reggio Emilia 2012, pp. 218, € 16.

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