Numero 2 - Anno 2011
rivista di appunti filosofici
REDAZIONE Direttore: Anna Maria Ricucci. Vicedirettore: Corrado Piroddi. Figure dell’individualismo: Ferruccio Andolfi, Elisa Bertolini, Simona Bertolini, Simona Del Bono, Antonio Freddi, Donatella Gorreta, Nausicaa Milani, Giacomo Miranda. Meditazioni filosofiche:Marco Anzalone, Elisa Bertolini, Valeria Bizzari (coordinatrice), Anna Pagliarini, Lavinia Pesci, Martino Pesenti Gritti, Alberto Siclari, Timothy Tambassi, Roberto Venturini. Cinema e filosofia: Marco Bigatti, Roberto Escobar, Pietro Parmeggiani, Corrado Piroddi (coordinatore). Libri in discussione: Mara Fornari, Mirella Lucchini, Timothy Tambassi (coordinatore). Esperienze didattiche: Teresa Paciariello (coordinatrice), Marina Savi, Chiara Tortora. Letteratura e filosofia: Margherita Aiassa (coordinatrice), Alessandro Bonanini, Carlo Guareschi, Italo Testa. Promozione: Marco Anzalone, Carlo Guareschi, Mirella Lucchini, Martino Pesenti Gritti, Anna Maria Ricucci. Ricerca immagini, composizione, grafica e web: Margherita Aiassa, Marco Anzalone, Elisa Bertolini, Valeria Bizzari, Alessandro Bonanini, Pietro Parmeggiani, Corrado Piroddi, Anna Maria Ricucci, Roberto Venturini. Direttore responsabile: Ferruccio Andolfi.
SOMMARIO
Figure dell’individualismo................................................................................................................................................p. 4 Solidarietà nel mondo dell’assurdo a cura di Giacomo Miranda.............................................................................................................p. 5
Meditazioni filosofiche...................................................................................................................................................p. 15 L’altro e l’io di Elisa Bertolini..............................................................................................................................................................p. 17 L’amore come via d’accesso all’essere di Valeria Bizzarri.........................................................................................................................p. 21
Cinema e filosofia............................................................................................................................................................p. 26 “Il corridoio della paura” di Samuel Fuller di Marco Bigatti..................................................................................................................p.27 “Lunacy” di Jan Svankmajer di Corrado Piroddi............................................................................................................................. ..p. 30
Letteratura e filosofia..................................................................................................................................................p. 34 “Nel paese delle ultime cose” di Paul Auster di Margherita Aiassa.......................................................................................................p. 35 “I terribili segreti di Maxell Sim” di Jonathan Coe di Alessandro Bonanini.......................................................................................p. 38
Didattica e filosofia......................................................................................................................................................p. 42 Educare a pensare di Teresa Paciarello................................................................................................................................................p. 43 Il favoloso mondo di Amélie. Vacchi e nuovi media di Marina Savi........................................................................................................p. 47
Libri in discussione....................................................................................................................................................p. 52 La bussola della vita: una navigazione attraverso la riscoperta del sé di Carla Soldat..............................................................................p. 53 L’individuo paradossale di Federica Gregoratto...................................................................................................................................p. 54 Pluralismo e crisi di senso nella modernità di Giacomo Miranda..........................................................................................................p. 59 Teoria del riconoscimento e critica del capitalismo di Giuseppe Rubinetti..............................................................................................p. 62
Figure dell’individualismo
SOLIDARIETÀ NEL MONDO DELL’ASSURDO: CAMUS1
Amaramente si fanno beffe dei filosofi che non siano nella
DI ROLF DENKER
condizione di dare risposte. Eccoli – dicono – vagare sognanti nel paese della cuccagna, perdersi tra i cavilli di indagini sul numero delle
S
imilmente a Kirillov, l’ingegnere dei Demoni di Dostoevskij,
categorie della coscienza, produrre prove a favore dell’esistenza del
Camus, nel saggio Il mito di Sisifo, è angosciato dal problema del
mondo esterno in modo tale che nessun altro, capace di pensare, possa
suicidio. Sulla grande considerazione di Camus per quel romanzo mi ero
dubitarne. Deplorano inoltre l’oblio dell’essere da una prospettiva
già soffermato all’inizio del capitolo dedicato a Dostoevskij. Ora il mio
mitico-mistica e tramano una sentenza di condanna contro la nostra
proposito è mettere meglio a fuoco l’intera questione.
epoca tecnico-matematica. Quando invece l’unica domanda che
Oggigiorno è ancora possibile appurare che molti nostri simili, a
meriterebbe una risposta prioritaria è quella posta da Amleto (III, 1), se
dispetto di tutto il benessere esteriore, delle infinite possibilità di
sia più nobile sopportare «i colpi di fionda e i dardi della fortuna
evasione dal quotidiano, del diletto e del divertimento, vivono
insensata»2 o mettere fine alla vita stessa, morire avendo ceduto all’urto
nell’insoddisfazione di sé e del mondo. Si lamentano del susseguirsi
di forze avverse.
insensato dei giorni, segnato dal ritorno ininterrotto del lavoro e del
Proprio a questo punto interviene Camus. Sostiene che molti
riposo serale, del dormire, del mangiare e del bere. In particolare, il
cerchino la morte ritenendo la vita indegna di essere vissuta e siano
modesto sollievo che viene loro dalle abluzioni e dal pettinarsi ogni
pronti al suicidio poiché percepiscono l’inafferrabilità di un senso che
mattina finisce per tradursi nell’espressione di un vuoto paralizzante.
abbia valore in sé. Pertanto questioni universalmente note quali se la
Alcuni sono divorati dalla domanda circa l’utilità di tutto ciò e si
vita abbia o meno un senso, e se siamo necessitati a vivere in un mondo
chiedono se non sarebbe meglio porre rapidamente fine a questa vita
insensato senza soccombere ad esso, devono porsi al centro della
incolore, afferrandola con audacia e violenza per non trascinarsi, forse
filosofia. Sono problemi «che rischiano di far morire [...] o moltiplicano
per decenni, in un mondo la cui monotonia è eguagliata solo da una
la passione di vivere»3 . Viene subito sgombrato il campo dalle speranze
smisurata spietatezza.
nell’aldilà e da un’ipotetica immortalità, tanto che nel 1937 Camus
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Quaderni della Ginestra
appunta nei sui Taccuini: «Futilità
quest’ultimo, l’amico, sarebbe il colpevole, il fattore scatenante del
del problema dell’immortalità. È
disgusto, colui che strappa l’ultimo filo che tiene legato l’altro alla vita.
vero che ciò che ci interessa è il
Chi si sente sollecitato, o addirittura indotto, al gesto estremo da un
nostro destino, ma non ‘dopo’,
episodio di questo genere che, per il resto, di norma non
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‘prima’» .
Una
definizione
determinerebbe alcuna decisione, esprime una confessione: è stato
equivalente ricorre nel 1939:
sopraffatto dalla vita, non l’ha compresa, «è confessare soltanto che
«L’immortalità è un’idea senza
‘non vale la pena’»7.
sviluppi»5.
Finché ancora si riesce a trovare un motivo qualunque,
Un’operazione che si impone
sufficientemente concreto, per vivere in questo mondo, i più ritengono
con urgenza è indagare le cause
la vita degna di fiducia e di essere vissuta; ma quando un giorno, in
che
a
maniera inattesa, queste motivazioni perdono di credibilità, diminuisce
suicidarsi. Si dice perlopiù: un
la loro forza persuasiva e l’uomo precipita nella condizione di esule, si
qualunque evento doloroso che
sente perduto. Da una parte emerge il dissidio tra la coscienza umana e
abbia minato l’uomo gettandolo
il suo centro vitale, dall’altra tra il suo Io e l’universo. Ogni uomo ben
nell’afflizione, una sofferenza
conosce, anche solo per l’esperienza di un momento, questa sensazione.
inconfessata
Improvvisamente ne deriva un ardente desiderio di nulla, un impulso
conducono
o
l’uomo
un
male
incurabile. E benché questi motivi abbiano tutti un valore indiscutibile,
alla morte.
non esauriscono il fenomeno nella sua interezza, sicché, per cercarne la
Quanti riconoscono onestamente di vivere in accordo con se stessi,
causa, converrà rivolgere uno sguardo più penetrante ai pensieri di un
vogliono superare senza indugio uno stato di questo tipo. All’opposto
individuo. A titolo di esempio, supponiamo che quello stesso giorno «un
ve ne sono altri che non cessano di porsi domande e di darsi risposte,
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ma non per questo traggono conseguenze; il minimo di forza vitale che
amico di quel disperato […] gli abbia parlato in tono indifferente» :
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Figure dell’individualismo
ancora li anima basta a trattenerli dall’atto estremo. Occorre poi
chiediamo: perché vive? O ancora, scopriamo il disgusto per la
distinguere un terzo gruppo che ammette senza riserve la miseria di
monotonia quotidiana con il suo flusso invariabile e sempre ripetitivo di
questo mondo ma, nella speranza di un’esistenza futura, ignora a bella
impegni: «La levata, il tram, le quattro ore di ufficio o di officina, il
posta l’eccezionalità e l’irripetibilità della vita terrena. Costoro
pasto, il tram, le quattro ore di lavoro, il pasto, il sonno e lo svolgersi del
sacrificano a una vaga e del tutto infondata speranza la gravità
lunedì martedì mercoledì giovedì venerdì e sabato sullo stesso ritmo»10.
dell’esistenza umana limitata nel tempo, e compiono un «salto»8
L’inizio dell’assurdo è il destarsi di questo senso di nausea ac-
(Kierkegaard) nella fede.
compagnato da una domanda straziante: ‘perché?’. Al pari di tante
Ora, quale di questi tre tipi è nella ragione? Sostenere che la vita non
grandi azioni e grandi pensieri, l’assurdo ha un «inizio di poco peso»11
meriti di essere vissuta implica necessariamente il disconoscimento di un
ma concorre a soffocare una condotta di vita fino a quel momento non
qualunque senso? Davvero l’assurdità della vita esige che si evada dal
ponderata, dischiude le coscienze, le quali possono discendere
suo carcere attraverso la speranza o il suicidio? È questa la domanda
nuovamente nelle tenebre e continuare la vita precedente, oppure non è
decisiva che Camus ritiene di dover spiegare e a cui cerca di rispondere.
da escludere che rimangano atterrite dal vivo chiarore del loro incontro
Assurdità, speranza e morte sono tre elementi il cui concatenarsi e
con l’assurdo stesso. Le coscienze si dividono tra queste due possibilità
contrapporsi richiede un approccio avveduto. In primo luogo – e
di scelta: suicidarsi o andare avanti.
soprattutto – bisogna definire più precisamente l’assurdo, sicché
Raccogliamo ancora altre esperienze dell’assurdo. Un uomo, per
muoveremo dalla sensazione che in noi suscita questo factum brutum.
esempio, può affermare di essere giovane sottolineando che ha solo
Improvviso e inatteso, esso può avere inizio un giorno all’angolo di una
trent’anni, mentre, nello stesso istante, appare chiaro che egli ha persino
strada oppure nella controporta di un locale; o, altrimenti, notiamo un
superato il punto più elevato della parabola della sua esistenza. È nel
uomo chiuso in una cabina telefonica e, vedendolo parlare senza udire
tempo che impara a riconoscere il suo più acerrimo nemico. Vuole
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nulla, troviamo che il suo comportamento sia oltremodo ridicolo . Nei
vivere, vuole vivere un giorno dopo l’altro, sempre, ma il tempo gli
gesti che compie non avvertiamo alcuna connessione significativa. Ci
prefigura una conclusione. Il fine cui tende la sua vita è la morte: «C’è
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Quaderni della Ginestra
una sola fatalità, la morte, e all’infuori di essa non esiste fatalità»12.
con chiarezza e quel mondo che risulta inaccessibile alla ragione. È
Nella nostra percezione anche la natura può sfumare in un clima di
l’assurdo: «Ma ciò che è assurdo, è il confronto di questo irrazionale con
assurdo. Nel suo giacere chiusa in se stessa, impenetrabile, una pietra
il desiderio violento di chiarezza, il cui richiamo risuona nel più
sfugge sempre alla presa della nostra conoscenza. Qualunque paesaggio
profondo dell’uomo. L’assurdo dipende tanto dall’uomo quanto dal
può escluderci e comunicarci un’impressione di estraneità, il che ci
mondo, ed è, per il momento, il loro solo legame»13 . Devo assumere
induce a constatare quanto il mondo sia inesauribile alle nostre
questa visione della realtà così profonda come punto di partenza del
rappresentazioni e come si sottragga al nostro sguardo. Si dileguano le
mio pensare, l’onestà esige che io adegui le mie aspirazioni a tale
immagini e le forme con cui il pensiero umano, ricorrendo alla fantasia,
certezza e che sia pronto alle estreme conseguenze.
si sforzò di interpretare il reale: il loro repertorio non ha il potere di
Anzitutto cerchiamo di chiarire il significato del concetto di assurdo.
coagulare la materia in una totalità. Questo mondo è descrivibile,
«Ab-surdus» ha attinenza con «susursus» e «surdus», e originariamente
soggiace a classificazioni, ammette determinate leggi, ma le spiegazioni
significava qualcosa come «un risuonare disgustoso», «stridulo»,
che di esso vengono fornite raggiungono, in ultima analisi, un
«impuro», «che offende le orecchie». In senso figurato voleva perciò dire
fondamento vago. Tant’è che la riconduzione dei fenomeni cosmici alle
«ripugnante ai sensi e all’intelletto», «insulso», «insensato». Quando
orbite di elettroni e atomi finisce per risolversi in un discorso
adoperiamo questa parola? Indichiamo alcuni esempi: se ho accusato di
metaforico, e così radice del sapere scientifico diviene la poesia. In
un delitto efferato un innocente, se di un uomo virtuoso affermo che
fondo posso scegliere tra una descrizione che è certa ma non mi insegna
brama la sorella, diremo che ciò è assurdo. E parimenti troveremo
molto e ipotesi che mi insegnano qualcosa senza essere certe. Ed è per
assurdo che un tale armato di coltello pretenda di difendersi da un
questa via che l’intelletto mi rende noto che tra la tensione al conoscere
gruppo di mitragliatrici. Una sentenza suona assurda se non corrisponde
e la refrattarietà degli oggetti e dell’universo ad essere conosciuti si apre
al giudizio che le condizioni fattuali richiedono, e ancora, diciamo
un divario, è in atto una contrapposizione che nemmeno io posso supe-
assurdo il caso in cui considerazioni e punti di vista razionali non
rare. Si tratta della discrepanza tra l’ardente desiderio di conoscere
abbiano trovato conferma nell’esperienza. Tanto più grande sembrerà
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Figure dell’individualismo
l’assurdità quanto più i termini del confronto differiranno l’uno
capacità d’indagine il fatto che
dall’altro. In tutti i casi elencati il giudizio in merito all’assurdità di
questo mondo abbia un senso. So
qualcosa deriva da un confronto: «L’assurdo è essenzialmente un
soltanto che non conosco questo
divorzio, che non consiste nell’uno o nell’altro degli elementi comparati,
senso e che, secondo la mia
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ma nasce dal loro confronto» . L’assurdo quindi non risiede nell’uomo
esperienza attuale, posso arrivare a
e nemmeno nel mondo, bensì nel loro essere contemporaneamente
stabilirne anche l’impossibilità. La
posti, conducendo così a delineare questa triade:
verità di questo mondo è quella che enuncia l’inesistenza di una
Assurdo Uomo
Mondo
verità. Se perciò intendo rimanere
Come fenomeno, pertanto, è indivisibile e se si distrugge una delle
onesto davanti a me stesso, devo
sue parti è completamente annullato. Essendo l’uomo membro di tale
lasciare che l’assurdo sia, tenendo
correlazione, non può darsi nulla di assurdo al di fuori del dominio
desta la mia coscienza in vista di
dell’umano, così che l’assurdo stesso finisce con la morte del singolo.
questo fine. Donde il suicidio non
Per un albero o un animale non v’è nulla di assurdo in quanto
è una soluzione, annienterebbe la
appartengono a questo mondo. Solo negli esseri razionali si presenta il
costellazione dell’assurdo ma non la supererebbe. È invece mio dovere
contrasto tra aspirazione alla conoscenza e desiderio di familiarità nei
pormi in un impegno stabile rispetto all’assurdo accettando di
riguardi di un mondo che si chiude in se stesso. La ragione si pone in
combatterlo a viso aperto. Malgrado il clima di assurdità che tutto
contraddizione all’essere nella sua totalità15, e questa prospettiva, interna
pervade, intendo godere delle mie risorse in quanto uomo e vivere fino
all’assurdo, costituisce il dato fondamentale che determina l’estensione
a quando sarà possibile. È questa la prima conclusione che proviene
della conoscenza entro i limiti della mia umanità. Esula dalle mie
dall’assurdo concepito come fatto: resisto all’annullamento dell’assurdo
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Quaderni della Ginestra
evitando la mia autodistruzione, raccolgo la sfida di tutte le forze che
irrecuperabile nella sua peculiarità. «La vita è breve e perdere il proprio
congiurano contro la mia vita e mi ridesto, così, al vero Io: «Coscienza e
tempo è peccato»18. E tuttavia, per assaporare quanti più istanti di
rivolta: questi rifiuti sono il contrario della rinuncia. Tutto ciò che vi è di
questo ora, dobbiamo opporci attivamente alla morte poiché non la
irriducibile e di appassionato in un cuore umano li anima, al contrario,
realizzazione dei valori ma la pienezza e l’abbondanza dei vissuti rende
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della propria vita» .
preziosa la nostra esistenza. Nello stabilire dei valori manca un criterio
Che aspetto ha questa nuova vita? Riportiamo, ancora una volta, la
in quanto è assente il fondamento ultimo che li sostiene, donde non vi
nostra riflessione alla vita prima dell’incontro con l’assurdo. In essa
sono azioni colpevoli ma solo azioni che invocano l’assunzione di una
l’uomo è orientato a precise finalità, fa previsioni sul suo futuro,
responsabilità. La quantità si sostituisce alla qualità: quanto più spesso,
sperimenta l’angoscia per l’approssimarsi dell’avvenire ma si comporta
infatti, sono chiamato allo sforzo di affrontare il mondo. «Il solo
come se potesse disporre liberamente di tutta la vita, ordinandola a suo
ostacolo, il solo fallo nel conseguimento della vittoria è costituito dalla
arbitrio. Il sopraggiungere del clima di assurdità, una volta fatto oggetto
morte prematura»19.
di riconoscimento consapevole, è essenziale per stabilire che i miei
Tutte le riflessioni di Camus si raccolgono nel mito di Sisifo,
giorni sono contati, che nell’istante successivo a questo potrei essere
condannato dagli dei a far rotolare un masso fino alla cima di una
morto, che tutte le speranze cui si è accennato sopra sono destinate a
montagna. Egli sembra padrone del suo destino, ma, per completezza,
infrangersi: «La morte è là come la sola realtà»17. Donde bisogna dedurre
aggiungiamo che quando il masso rotola giù dalla montagna, è costretto
una conseguenza ulteriore, ossia che ogni traguardo futuro della mia
ogni volta a tornare in pianura. Il percorrere la via del ritorno,
vita, tale da avermi asservito al mio Io con l’imposizione di tappe
apprezzando un istante di sollievo, si ripresenta tanto spesso e tanto
obbligate per la realizzazione personale, deve essere eliminato poiché,
inevitabilmente quanto il rinnovarsi del supplizio. Sisifo lo sa, i pensieri
con ogni probabilità, non vi sarà alcun domani. Ma proprio qui risiede
della sua coscienza ne sono dominati. Nelle pause in cui si avvia verso il
una fonte di liberazione. L’invito è a godere dell’ora presente, di esso
masso ha tempo per sé, riuniti insieme quei momenti di tregua
tanto quanto del qui e ora che definiscono la vita come qualcosa di
costituiscono il suo tempo, una sua creazione. Beneficiando di queste
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Figure dell’individualismo
opportunità, che del resto svanirebbero se cessasse di far ritorno senza
contemporaneamente le parole di Nietzsche: «Ma è l’eterna vitalità che
posa al suo masso, Sisifo si trova a riflettere sul destino che gli è toccato.
conta: che importa della ‘vita eterna’ e della vita in genere?»23. Alla luce
Il masso rappresenta tutto ciò che possiede. E mentre Sisifo abbraccia
di questo atteggiamento radicale dobbiamo immaginarci ogni eroe
quel destino, intuita la condizione di assurdità, pronuncia il suo sì
assurdo – quale Sisifo – come un uomo felice24.
aggiudicandosi la vittoria20.
Ma Camus non si è limitato a questa interpretazione della felicità dei
Un’idea analoga è il motore delle vicende di don Giovanni che,
singoli. Le terribili esperienze al tempo della Resistenza, durante la
nell’interpretazione di Camus, assurge accanto a Sisifo a figura
seconda guerra mondiale, comportarono in lui una trasformazione
fondamentale di una condotta di vita assurda. Sapendo che ogni amore
decisiva. Tutti gli individui che in quel contesto, indotti dalle più svariate
è fugace, don Giovanni ne previene la fine cercando conforto presso
motivazioni, condussero uniti la battaglia contro il regime del terrore,
un’altra donna così da godere, in lei, della rinascita dell’amore stesso.
sapevano che il loro no alla brutalità del potere era, al contempo,
Contrariamente agli altri uomini che trovano desiderabile la stessa
espressione di un accordo reciproco e di una comunanza di obiettivi.
donna, ciò che per lui conta sono relazioni sempre nuove e con donne
Con la disponibilità al sacrificio di sé, ciascun combattente della
diverse. Nel riproporsi ciclico di queste morti e rinascite dell’amore, egli
Resistenza dimostrò che vi era una verità, in mezzo alla totale rovina
sfrutta fino all’ultimo il tempo concessogli in questa vita, la arricchisce
degli altri valori, che per lui significava più della tutela della sua persona
libero dal timore di castighi divini e pene legate all’aldilà21. Sorretto da
e del destino in quanto individuo: «Quando esseri umani venivano
una forza insita nella sua essenza che lo spinge ad amare sempre più, e
torturati in presenza d’una portinaia, quando orecchie umane venivano
appagato dall’etica della quantità, quell’uomo assurdo esclama: ‘Ancora
metodicamente mutilate, quando madri erano costrette a condannare a
una volta! Mi è piaciuto. E sempre di nuovo finché mi aggraderà!’.
morte i loro figli, quando i giusti venivano sepolti come animali, questi
Poiché non conosce alcuna eternità, per lui il godimento della vita deve
uomini con la loro rivolta proclamavano che era stato negato qualcosa
toccare l’estremo, ed è per questo che Camus può riferirsi, al riguardo,
che non apparteneva a loro soltanto, ma era un bene valido dovunque
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alla massima di Goethe «Il tempo è il mio podere»
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accettando
gli uomini siano realmente disposti alla solidarietà»25. Camus rese
Quaderni della Ginestra
esplicita la convinzione che nella notte di tutti i valori, all’improvviso, potesse risplenderne uno nuovo: «Se la comunicazione tra gli uomini in reciproco riconoscimento di dignità era la verità, allora proprio questa comunicazione era in sé il valore da sostenere»26. Per garantire durata a questa comunicazione occorreva ridurre all’impotenza l’ingiustizia e sgomberare il campo da violenza e menzogna. In quel momento Camus scopre, grazie alle predette esperienze, i valori che gli consentiranno di estendere il punto di vista de Il mito di Sisifo nella direzione di una nuova etica. Dal quel mero movimento negativo che dapprima era la rivolta, occorre ora configurare un’etica della libertà e dell’onestà muovendo dall’idea che tutti gli uomini si trovano nella medesima situazione assurda in cui mi trovo io, dunque non posso essere felice per me solo se gli altri versano in condizioni di disagio27. Questa è la grande fratellanza degli uomini che resistono al fato.
mondo non avesse una finalità superiore e che noi fossimo dei frustrati.
Poiché il mondo quanto alla sua essenza è miserabile, siamo costretti
In un certo senso lo credo ancora. Ma sono giunto a trarne conclusioni
a combattere per la felicità umana, e, in quanto ingiusto, ad operare per
differenti da quelle di cui lei mi parlava un tempo e che, da tanti anni,
la giustizia. L’ingiustizia deve essere ricondotta all’agire dell’uomo nella
tentate di introdurre nella Storia. [...] Lei non ha mai creduto che questo
falsità, né sembra del tutto impossibile, per noi uomini e con tutti i
mondo avesse un senso e ne ha dedotto la concezione che tutto si
mezzi disponibili, opporre almeno resistenza a questo male così da
equivalesse e che il bene e il male si potessero stabilire ad arbitrio. [...]
sconfiggerlo. «Per molto tempo, ambedue abbiamo creduto che questo
Lei accettava con animo leggero la disperazione, mentre io non ho
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Figure dell’individualismo
potuto mai consentirvi. [...] Lei considerava ammissibile l’ingiustizia
la nota del 1938: «Miseria e grandezza di questo mondo: non offre verità
della condizione umana tanto da risolversi ad aggravarla, mentre a me
ma amori. Regna l’Assurdità e l’amore si perde»31.
pareva evidente che l’uomo doveva proclamare la giustizia per lottare contro l’eterna ingiustizia, creare un po’ di felicità per protestare contro un universo di infelicità. Lei invece si è ubriacato della sua disperazione e se ne è liberato erigendola a principio; ha acconsentito a distruggere le opere dell’uomo e a lottare contro di lui per rendere più completa la sua sostanziale miseria. Io, rifiutandomi di ammettere questa e questo mondo straziato, volevo semplicemente che gli uomini ritrovassero la solidarietà necessaria per lottare contro il loro orribile destino. [...] Continuo a credere che questo mondo non abbia una finalità superiore. Ma so che in esso qualcosa ha un senso ed è l’uomo, perché è il solo essere vivente che esige di averlo. Questo mondo dunque ha, per lo meno, la verità dell’uomo e nostro dovere è di fornire all’uomo le ragioni per lottare contro il suo stesso destino»28. Quelle esperienze e le conseguenze da esse tratte avvalorano riflessioni formulate in precedenza. Già nel 1936, nei Taccuini, leggiamo la nota lapidaria: «Cercare i contatti»29, e nel 1937: «Dovessi scrivere io un trattato di morale, avrebbe cento pagine, novantanove delle quali assolutamente bianche. Sull’ultima, poi, scriverei: ‘Conosco solo un dovere ed è quello di amare’»30. E suona come un’anticipazione precisa
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TRADUZIONE DI GIACOMO MIRANDA
Quaderni della Ginestra
1Traduzione
da R. Denker, Individualismus und mündige Gesellschaft. Simmel, Popper, Habermas, Dostojewskij, Ca-mus, Ortega, W. Kohlhammer Verlag, Stuttgart, ecc., 1967, pp. 55 - 66. 2 W. Shakespeare, Amleto, III, 1, N. D’Agostino, a cura di, Garzanti, Milano 199914 , p. 113. 3 A. Camus, Le Mythe de Sisyphe, Editions Gallimard, Paris 1942; trad. it. Il mito di Sisifo, in Opere. Romanzi, racconti e saggi, R. Grenier, M. T. Giaveri, a cura di, Bompiani, Milano 1988, p. 206. 4 A. Camus, Carnets, Editions Gallimard, Paris 1962; trad. it. Taccuini. Maggio 1935 Febbraio 1942, E. Capriolo, a cura di, Bompiani, Milano 1963, p. 42. 5 Ibidem, p. 181. 6 A. Camus, Il mito di Sisifo, cit., pp. 206 - 207. 7 Ibidem, p. 207. 8 Si presti attenzione al fatto che Camus si riferisce, perlopiù, alla speranza nell’aldilà quando parla in termini del tutto generici di speranza, non intende quella terrena diretta ad un qualche futuro immanente al tempo. 9 Cfr. ibidem, p. 216. 10 Ibidem, p. 214. 11 Ibidem, p. 213. 12 A. Camus, Taccuini, cit., p. 137. 13 A. Camus, Il mito di Sisifo, cit., p. 221. 14 Ibidem, p. 228. 15 Cfr. ibidem, p. 247. 16 Ibidem, pp. 249 - 250. 17 Ibidem, p. 251. 18 A. Camus, Taccuini, cit., p. 19. 19 A. Camus, Il mito di Sisifo, cit., p. 256. 20 Cfr. ibidem, p. 296 e segg. 21 Cfr. ibidem, p. 261 e segg. 22 J. W. Goethe, Westöstlicher Divan, in Goethes Werke, vol. II, Hamburg 1965; trad. it. Il divano occidentaleo-rientale, L. Koch, I. Porena, a cura di, Rizzoli, Milano 1990, p. 243. 23 F. Nietzsche, Menschliches, Allzumenschliches, in Werke in drei Bänden, K. Schlechta, München 19602, vol. I, p. 870; trad. it. Umano, troppo umano, S. Giametta, M. Montanari, a cura di, Adelphi, Milano 20038, p. 129. 24 Cfr. A. Camus, Il mito di Sisifo, p. 301 e segg.
25 A. Camus, La crisi dell’uomo, in “Parolechiave”, Archivo, vol. 10/11, settembre 1996,
Donzelli Editore, Roma, p. 321. 26 Ibidem, p. 322. 27 «Con negazione e assurdità non si è affatto detto ciò che conosciamo. In primo luogo dobbiamo, invece, presupporre negazione e assurdità poiché sono quello a cui la nostra generazione è andata incontro, è bene che ce ne facciamo una ragione. Al tempo stesso ci rifiutiamo, tuttavia, di disperare dell’uomo. Senza nutrire la presuntuosa ambizione di salvarlo, intendiamo per lo meno servircene. Accettiamo di rinunciare a Dio e alla speranza, ma dell’uomo non possiamo fare a meno». A. Camus, Combat, 11.1.1945. 28 A. Camus, Lettres à un ami allemand, Editions Gallimard, Paris 1948; trad. it. Lettere a un amico tedesco, in Opere. Romanzi, racconti e saggi, R. Grenier, M. T. Giaveri, a cura di, Bompiani, Milano 1988, pp. 364 - 365. 29 A. Camus, Taccuini, cit., p. 23. 30 Ibidem, pp. 57 - 58. 31 Ibidem, p. 95. Per questo Capitolo cfr. anche O. F. Bollnow, Französischer Existentialismus, Stuttgart 1965.
Le opere contenute nell’articolo sono di Stefano Zai.
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IN USCITA AD APRILE Vite rinchiuse Marco Deriu, Gated communities, gated life Paola Somma, La città dell’ingiustizia. Politiche urbanistiche e segregazione Nan Ellin, Supporto vitale: Nacirema redux Elisabetta Forni, La reclusione dell’infanzia. Com’è difficile crescere in città Vincenzo Scalia, Dall’altra parte del cancello. La vita dietro le sbarre di due detenuti Marina Valcarenghi, Espropriare e ferire. Appunti sulla psicologia del carcere in Italia Cinema e prigioni Corrado Piroddi, Reclusi in 35 millimetri Archivio: Il socialismo di Fournière Eugène Fournière, Individualismo e socialismo Philippe Chanial, Il socialismo, un liberalismo di estrema sinistra? Fournière, la questione dell’individualismo e l’associazione Individualismo Franco Crespi, Quale individuo oltre l’individualismo? Scienza e realtà Gian Luca Sanna, Logica e realtà in Alfred Schütz Polanyi oggi Nancy Fraser, Mercatizzazione, protezione sociale, eman cipazione. Verso una concezione neo-polanyiana di crisi capitalista; Note di lettura Pierangelo Di Vittorio, Alessandro Manna, Enrico Mastropierro, Andrea Russo, L’uniforme e l’anima. Indagine sul vecchio e nuovo fascismo (Francesco Paolella); Karl Marx, Introduzione alla critica dell’economia politica. Commento storico critico di Marcello Musto (Gianfranco Ragona); Giorgio Triani, L’ingorgo (Valeria Zangrandi); Massimiliano Guareschi, I volti di Marte. Raymond Aron sociologo e teorico della guerra (Francesco Raschi)
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Meditazioni filosofiche
Meditazioni filosofiche
L’ALTRO E L’IO
«L’esistenza dell’Esserci è determinata dall’in-vista-di, è caratteristica dell’Esserci che ad esso, nel suo essere, stia a cuore in modo peculiare questo essere stesso. L’essere e il poter-essere dell’Esserci è ciò per cui esso esiste. Ora però – si obietterà – abbiamo dato una determinazione contenutistica dell’in-vista-di e fissato il fine ultimo dell’Esserci: esso è l’Esserci stesso. E non soltanto questo, ma abbiamo anche dato una determinazione del fine ultimo che è estremamente unilaterale: costituisce un egoismo estremo, la megalomania più lucida, affermare che ogni ente, la natura e la cultura e qualunque altra cosa, esiste soltanto per il singolo uomo e per i suoi scopi egoistici. In effetti, se questo fosse il senso della tesi ontologico-esistenziale, essa non sarebbe altro che vaneggiamento; non si potrebbe però nemmeno capire perché dovrebbe toccare
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a un’analisi dell’Esserci affermare questa volgare assurdità. D’altra parte, Kant ha in fondo detto che l’uomo esiste come fine a se stesso […]. In questa proposizione – appartiene all’essenza dell’Esserci che ad esso prema il proprio essere – ed in tutto ciò che ad essa si connette non si tratta di un egoismo esistenziale, etico, ma della descrizione ontologico–metafisica dell’egoità dell’Esserci in generale. Solo perché è determinato primariamente dall’egoità, l’Esserci può effettivamente esistere per e con un altro Esserci come suo Tu. Il Tu non è un duplicato ontico di un Io effettivo; ma neppure può esistere un Tu in quanto tale che sia, in quanto Tu, per un altro Io, se non c’è in generale un Esserci fondato sull’egoità. L’egoità appartenente alla trascendenza dell’Esserci è la condizione metafisica della possibilità perché un Tu possa esistere e si verifichi la relazione Io-Tu. Anche il Tu è Tu nella maniera più diretta, se non è semplicemente un altro Io, ma un: Tu pure sei […]. Viene qui dunque in luce una seconda caratteristica difficoltà del problema della soggettività e di ogni ontologia dell’Esserci. La prima riguardava l’illegittima separazione del soggetto, chiuso in sé, da tutti gli oggetti, l’errata opinione secondo cui il prendere le mosse da un soggetto inizialmente privo di mondo sarebbe l’avvio più libero da presupposti. La presente difficoltà, invece, concerne l’opinione secondo cui il punto di partenza fissato in un soggetto, sia pure alla fine trascendente, sarebbe appunto un soggettivismo individualistico, egoistico […]. Qui diviene manifesto che il termine “Io” spinge sempre nella direzione del mio isolamento, nel senso di una corrispondente separazione dal Tu. L’egoità invece denota quell’essere-io che sta alla base anche del Tu e che impedisce proprio di concepire effettivamente il Tu come un alter ego. Ma perché un Tu non è semplicemente un secondo Io? Perché l’essere-io, contrapposto all’essere-tu, non riguarda affatto l’essenza dell’Esserci, perché cioè un Tu è tale solo in quanto se stesso, e la medesima cosa vale per l’“Io”. Per questo, per indicare l’essere-io, l’egoità
Quaderni della Ginestra
metafisica, mi servo per lo più dell’espressione ipseità. L’ipse, infatti, può essere detto alla stessa maniera dell’Io e del Tu: “Io stesso”, “Tu stesso” […]. Solo perché, in virtù della propria ipseità, può scegliere espressamente se stesso, l’Esserci può impegnarsi a favore dell’altro, e solo perché, nell’essere per se stesso, può in generale comprendere qualcosa come l’ipse, l’Esserci può semplicemente ascoltare un Tu-stesso. Solo perché l’Esserci, costituito dall’in-vista-di, esiste nell’ipseità, solo per questo è possibile qualcosa come una comunità umana.»
nella modernità, Heidegger è convinto di cogliere l’autentica essenza della soggettività nella struttura ontologica della relazione a. Il soggetto non è una sostanza, bensì relazionalità originaria, apertura in cui ciò che è si svela, si manifesta, viene in luce. Prima ancora di porsi come un soggetto di fronte ad un oggetto o come un Io di fronte ad altri, l’Esserci è la relazione tra queste polarità (che devono quindi essere pensate come non ancora esplicitate), l’apertura che consente a questi enti di farsi
M. Heidegger, Principi metafisici della logica, Il melangolo, Genova, 1990,
fenomeno, di manifestarsi, di entrare nel mondo, nell’orizzonte
pp. 220-225.
dell’esperienza. L’essere in-vista-di sé da parte dell’Esserci non indica un
N
semplice atteggiamento egoistico, ma ha un significato più profondo, el brano riportato, Heidegger ci propone una filosofia che,
che si radica nell’essere dell’uomo, poiché esprime quella dinamica fon-
pur avendo come punto di partenza il soggetto, non cade
damentale per cui tutto ciò che è viene in luce per l’Esserci, ovvero en-
nell’egoismo individualistico o nell’egocentrismo, ma offre la possibilità di ripensare sotto una nuova luce il rapporto Io-Tu.
tro ed in virtù della sua apertura ontologica. Al di là delle difficoltà linguistiche che presenta il testo di Heidegger,
La chiave di volta che regge tutto il discorso heideggeriano è una
non si può non raccogliere il nodo di idee e di relazioni che questo bra-
nuova idea di soggetto. Propriamente, Heidegger non parla, a proposito
no ci offre e vedere che cosa, sciogliendolo e districandolo, è in grado di
dell’uomo, di soggetto, bensì di Esserci (Dasein) e questo cambiamento
dirci. Avendo ripensato l’idea di soggetto, Heidegger riesce a delineare
terminologico non è privo di implicazioni. Il ‘soggetto’ a cui pensa Hei-
in forma nuova il rapporto Io-altro, negando all’Io qualsiasi priorità o
degger non è l’io al modo dell’ego cogito cartesiano, immediatamente certo
privilegio di immediatezza rispetto al Tu. L’Io non c’è prima
di se stesso e solo secondariamente in rapporto al mondo, alle cose e
dell’incontro col Tu; il venire in luce del Tu fa sì che si dischiuda anche
agli altri. Molto lontano da questa tradizione che affonda le sue radici
l’Io: poiché non si dà un Tu che non sia tale per un Io, lo svelarsi del Tu
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Meditazioni filosofiche
è il suo distinguersi da un Io, il quale si costituisce anch’esso distinguen-
l’uomo, per la sua stessa profonda struttura, è legato, vincolato agli altri:
dosi dal Tu. Io e Tu, in quanto poli, si schiudono reciprocamente e reci-
non è solo, ma originariamente comunitario.
procamente si distinguono nel loro darsi contemporaneo; ognuno di essi può costituirsi solo in rapporto al suo opposto.
Ancora più fecondo e suggestivo, però, sembra essere l’invito a pensare in modo nuovo all’Io stesso, all’identità dell’Io. Come spesso Hei-
Ma allora, ci si può chiedere, che cosa c’è ‘prima’ dell’incontro con
degger ha mostrato, la chiave per penetrare certe idee è nel significato
l’altro? Contrariamente all’opinione radicata, non un Io stabile ed im-
stesso delle parole che le esprimono. Per descrivere l’incontro Io-Tu, si
mediatamente certo di sé, ma una soggettività come ‘relazione a’,
è parlato di reciprocità: reciprocus indica ciò che ha un movimento in a-
l’apertura che schiude insieme sia l’Io che il Tu, il ‘tra’ che li stringe as-
vanti (pro-) e poi torna indietro (re-), ciò che ritorna al punto di partenza.
sieme prima della loro polarizzazione reciproca. In un certo senso, si
L’incontro con l’altro non è un solo un movimento in avanti, da ciò che
può dire che, prima dell’Io e del Tu, c’è una soggettività ‘nata’ plurale,
è proprio a ciò che è estraneo. Si tratta, piuttosto, di un duplice movi-
un noi come l’indifferenza, la neutralità che precede la concreta distin-
mento, intrinseco alla soggettività intesa come noi: verso l’altro e verso
zione proprio-estraneo e che, per questo, è già da sempre con-essere, rela-
se stesso a partire da ciò che è altro. L’incontro con l’altro, la scoperta
zione, comunanza (l’‹‹egoità metafisica›› o ‹‹ipseità›› di cui parla il testo).
dell’altro come ciò che è estraneo, torna indietro sulla soggettività e va a
Questo ci dice molte cose. Innanzitutto, ci suggerisce di accantonare
demarcare la sfera del proprio.
la convinzione diffusa che tra l’Io e gli altri ci sia una radicale estraneità,
Che cosa ci suggerisce questo? Io non mi costituisco da solo e poi
una distanza, un abisso che si può solo tentare di colmare. Heidegger ci
vado verso gli altri: ciò che io sono – l’ambito del mio proprio, la sfera del
fornisce l’immagine di una alterità che non è fuori dell’Io, ma contribui-
me stesso – si costituisce, piuttosto, nel rapporto con l’altro e in relazio-
sce allo stesso venire in luce dell’Io come tale: la comunanza, non la se-
ne ad esso. Sforziamoci di pensare questo gioco di relazioni non solo in
parazione Io-Tu è l’esperienza primaria. Da qui, innumerevoli sviluppi
termini di dialettica di opposti (per cui il mio proprio si costituisce per dif-
sono possibili in campo etico e sociale, dal momento che si può dire che
ferenza da ciò che è estraneo): rispetto a questo livello profondo di
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Quaderni della Ginestra
struttura, si può fare un passo ulteriore, in direzione della nostra espe-
di nuove prospettive –, con tutto ciò che di entusiasmante o di proble-
rienza vissuta, e dire che il mio Io non si costituisce in modo solitario,
matico questo può significare per l’identità del nostro Io.
poiché lo sguardo dell’altro contribuisce a costituire la mia stessa identi-
La lettura di Heidegger e la – forse arbitraria – declinazione della sua
tà. Non sono solo io che guardo gli altri, ma anche gli altri guardano me:
filosofia dell’Esserci sul piano della nostra più comune e sentita espe-
io sono qualcosa per gli altri e questo non mi può lasciare indifferente,
rienza vissuta ci consegna una ‘identità personale’ quanto mai fragile e
non può non avere un’eco nella costituzione di me come Io. Non si
problematica. Io non sono immediatamente evidente a me stesso, ho
tratta, banalmente, di essere influenzati dagli altri, ma di un gioco di
bisogno dell’altro per definirmi, per costituirmi; il rapporto con l’altro
specchi ben illustrato dalla dinamica della promessa tanto cara a Rico-
mi è dunque essenziale. Non solo, i caratteri della mia identità personale
eur. Una persona si impegna nel mantenimento di una promessa nei
sono sempre continuamente soggetti a integrazioni, contributi, arric-
confronti dell’altro, il quale si aspetta la fedeltà di colui che ha promes-
chimenti: ciò che io sono per l’altro, quantomeno, non mi lascia indiffe-
so; il mantenere la promessa rende la persona degna di fiducia agli occhi
rente. L’impegno filosofico di Heidegger a togliere priorità all’Io e a so-
dell’altro e in questa fiducia guadagnata la persona si specchia, conosce
stituire l’io cartesiano con un Esserci originariamente relazionale ci parla
se stessa come persona fedele. Si può dire che la fiducia che nasce
anche, molto più da vicino, del problema di dire “Io, la mia identità” nel
nell’altro torna indietro alla persona impegnata nella promessa, assicu-
momento in cui ci si accorge che questa porta in sé un’inestirpabile cifra
randola sulla sua propria interiore consistenza, sulla propria capacità di
di alterità.
essere responsabile nel tempo, sul proprio spessore personale. Che l’altro abbia fiducia in me, in un qualche modo, mi ‘tocca’, non lascia i-
ELISA BERTOLINI
nalterata la costituzione della mia identità, del mio Io. Il contatto con l’altro torna indietro a modificare il mio Io e questa modificazione può assumere varie forme – l’arricchimento, l’apporto di nuove conoscenze, l’ampliamento del proprio orizzonte sul mondo e su di sé, l’integrazione
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Meditazioni filosofiche
L’AMORE COME VIA D’ACCESSO ALL’ESSERE ‹‹L’amore è il movimento in cui ogni oggetto concretamente individuale e portatore di valori perviene ai valori superiori possibili per esso e in base alla sua determinazione ideale; ovvero è quel movimento attraverso il quale tale oggetto raggiunge l’essenza del suo valore ideale, del valore che gli è proprio››. Max Scheler, Essenza e forme della simpatia, Franco Angeli, Milano, 2010, pag.224.
I
menti la chiave per la comprensione delle altre persone: in particolare, è l’amore la via d’accesso all’essenza altrui. Il sentimento d’amore è veramente tale quando è ‹‹amore della persona per la persona stessa››, quando riesce a cogliere l’essenza più intima e profonda dell’altro, il suo Io più vero, penetrando negli aspetti più reconditi e nascosti della personalità altrui. Un amore di tal tipo non muta in conseguenza di un dolore o di una gioia provocati dalla persona oggetto del nostro sentimento, ma rimane
sentimenti intersoggettivi sono da sempre materia caotica e oscura
costante e non è condizionabile da elementi esterni. Di certo non si può
per l’uomo, che spesso, lungi dall’attribuire loro una rilevanza etica
negare, però, che l’oggetto amato sia per noi fonte di enorme gioia o
o cognitiva, li ha considerati piuttosto alla stregua di mere passioni, net-
enorme dolore: da parte nostra non c’è comportamento razionale nei
tamente contrapposte alla sfera razionale e, quindi, da controllare e re-
suoi confronti, ma questo non significa che l’amore sia un atteggia-
primere. Solo ultimamente si è assistito a una rivalutazione della vita
mento assolutamente istintivo. Al contrario, esso è un atto privilegiato,
emotiva, soprattutto per ciò che riguarda la sua valenza cognitiva. Pio-
grazie al quale riesco a conoscere la vera essenza altrui, ovvero ciò che
niere di questo processo di riabilitazione è sicuramente stato Max Sche-
caratterizza l’amato nel profondo, le sue peculiarità più intime, di cui a
ler, che nella sua opera Essenza e forme della simpatia, risalente al 1913, de-
volte egli stesso può anche non avere consapevolezza, ma che lo ren-
scrive la logica insita nella vita emozionale, che per lui non deve essere
dono unico e insostituibile. Gli atti di amore sono i più importanti per-
considerata semplicemente a-razionale, ma irrazionale, ovvero dotata di
ché connotano la persona in profondità, e essendo caratterizzati da im-
una forma di razionalità differente da quella canonica.
mediatezza e originarietà, sono la chiave d’accesso al nucleo originario
È la sfera emotiva, infatti, che a volte ci guida nelle nostre scelte, e
degli oggetti verso cui si volgono. Grazie all’amore riesco perciò a co-
che ci fa intuire cose inaccessibili alla ragione. Scheler considera i senti-
gliere l’essenzialità altrui, intesa come nucleo assiologico (ogni persona,
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Quaderni della Ginestra
secondo Scheler, infatti, ha in sé una sorta di scala di valori), e a cogliere
timento non fissa un valore davanti a noi, ma è intenzionato verso valo-
anche quei valori che non sono stati ancora attuati dal loro portatore.
ri superiori possibili, anticipando un’immagine ideale del valore
Non sono quindi i valori o disvalori presenti nell’oggetto amato o odia-
dell’oggetto amato, immagine che però non è frutto di invenzioni o de-
to a ‘regolare’ l’attuazione dell’amore; al contrario è grazie all’amore
sideri, ma che rispecchia in modo autentico l’essenza dell’amato. In altre
stesso che ci è possibile la conoscenza delle qualità assiologiche altrui,
parole, grazie all’amore riesco a intuire tutte le qualità dell’amato, anche
anche quelle di cui la persona in questione è ancora del tutto all’oscuro.
quelle che egli non ha ancora messo in atto, ottenendo così una cono-
È così che gli atti d’amore possono rivolgersi anche alla nostra stessa
scenza completa, seppur irrazionale. Inoltre, proprio per il fatto che non
persona: grazie all’amore per me stesso, posso imparare a conoscermi,
tutte le qualità altrui sono già in atto, ma esistono solo potenzialmente,
cogliendo veramente i miei valori positivi; così come posso avere amore
l’amore, riuscendo comunque a coglierle, assume una valenza creativa,
nei confronti di una comunità, basta che io la consideri come un og-
oltre che conoscitiva, intendendo con creativo il fatto che l’amore pone di
getto portatore di valori. L’amor proprio e l’amore dell’altro hanno quindi
fronte all’amante valori non ‘affiorati’ prima, valori dei quali a volte non è
uguale dignità etica. Scheler ha inoltre una visione dell’amore come mo-
consapevole nemmeno
to intenzionale, che parte da un valore e realizza il valore ad esso su-
il loro portatore.
periore: ci si trova per-
Tuttavia, peculiarità
ciò di fronte a un vero e
dell’amore è anche il fat-
proprio movimento. La
to di non influire sulla
natura dell’amore come
realizzazione del valore
movimento era già stata
superiore che percepi-
individuata da Platone,
sce: in realtà tale valore scaturisce da sé, in modo spontaneo, dall’oggetto a-
che nel Convito lo de-
mato, e non dall’amante. Questo avviene perché l’amore non implica at-
scrive come un ‹‹movimento dal non-esistente all’esistente››. Tale sen-
teggiamenti di benevolenza, ma piuttosto di accettazione dell’altro, por-
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Meditazioni filosofiche
tando alla luce i suoi valori più alti. Grazie all’amore si ha una vera e
que la mera accettazione dell’essenza altrui, con tutti i suoi pregi, ma an-
propria valorizzazione dell’altro, un’apertura alla sua essenza, la scoperta
che i suoi limiti: anzi, si può dire che è soprattutto nell’accettazione in-
del suo valore superiore e la relativa accettazione di questo. Prendersi
condizionata dei limiti altrui che sta l’amore più autentico. Ovviamente
cura dell’amato, volerne il bene… sono solo conseguenze dell’amore,
se amo una persona ne voglio anche il bene, ma questa deve essere con-
che non va invece confuso con simili atteggiamenti. L’amore ha un im-
siderata solo una conseguenza dell’atto d’amore, che non coincide con
perativo del tipo lascia essere, non devi essere: non è un sentimento pedago-
l’amore in sé.
gico, che vuole nell’oggetto amato la realizzazione di determinati valori
È dunque necessario guardarsi dalle illusioni con le quali viene spes-
ritenuti positivi dall’amante. L’altro è valorizzato nella sua alterità, nella
so scambiato l’atto d’amore: la costruzione fantasiosa di un oggetto da
sua diversità rispetto a noi, rispettando anche i suoi potenziali limiti: il
amare, come capita quando si ama una persona solo perché proiettiamo
movimento dell’amore, infatti, ‹‹non va verso valori più alti di quelli che
in essa valori che appartengono a noi e che desidereremmo lei avesse,
la persona altrui ha […] ma verso l’esser più alto del suo stesso valore››.
ma che in realtà non ha affatto; l’avvertire come propri i valori
L’amore non ha nulla a che vedere, quindi, con atteggiamenti educa-
dell’amato (esatto contrario del primo caso); amare perché si è faticato
tivi, né nasconde i difetti dell’amato, piuttosto li accetta, fa vedere, in
tanto ad ottenere l’affetto dell’altro; l’abitudine a sentirsi legati a una de-
modo autentico, senza andare alla ricerca di valori che piacciono solo
terminata persona; il bisogno di avere qualcuno d’amare poiché si è in-
all’amante ma che non corrispondono all’essenza dell’amato. La posi-
capaci di stare soli; una semplice comunione di interessi tra l’ipotetico
zione di tale atto, quindi, non è né prettamente passiva ed empirica, né
amante e l’ipotetico amato; la ricerca patologica di una specifica caratte-
imperativo-pedagogica: la formula lascia essere si può trasformare piutto-
ristica in tutti gli oggetti da amare; o infine una semplice comunione di
sto in diventa ciò che sei, in quanto si coglie l’essenza più caratteristica e in-
destini. Contrariamente a questi atti, l’amore è l’unico che permette
tima della persona amata, essenza che solo un atto d’amore può rivelare,
all’essenza individuale altrui (o nostra, nel caso dell’amor proprio) di ve-
sia nella forma dell’amore per gli altri che nella forma dell’amore pro-
nire alla luce nella sua pienezza. Per questo motivo, è davvero difficile
prio, in modo da dirci chi veramente siamo. Il valore dell’amore è dun-
amare in senso proprio: normalmente si ricade in una delle sopra citate
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Quaderni della Ginestra
illusioni, illusioni che non hanno nulla a che fare con l’amore autentico.
del sentimento sia comunque importante (lo sperimentiamo nella vita di
L’amore vero è accettazione dell’altro, del diverso in quanto tale; questo
tutti i giorni) e che spesso l’oggetto amato sia per noi fonte di grande
tipo di amore è scevro da slanci di benevolenza perché non impone
dolore, ma tale dolore non riguarda l’amore in sé, che è piuttosto cono-
cambiamenti all’amato, nemmeno se potessero farlo ‘migliorare’: quan-
scenza, accettazione, apertura all’altro.
do si ama, si amano anche i difetti altrui, poiché questi difetti fanno par-
La visione di amore che Scheler ci offre nella sua definizione è forse
te della sua essenza. La descrizione scheleriana di amore è tanto com-
un po’ azzardata, ma sicuramente coglie l’importanza che l’esperienza
plessa quanto incredibilmente semplice nella sostanza; non consiste in
emozionale assume nei rapporti intersoggettivi, soprattutto da un punto
articolate tesi psicologiche, non descrive patologie o tendenze a sfondo
di vista cognitivo. Certo, amare così è davvero difficile: spesso non riu-
sessuale: l’amore non è nient’altro che la comprensione e la relativa ac-
sciamo a cogliere certi aspetti della persona amata, spesso la tentazione
cettazione dell’altro e della sua particolare essenza, nulla di più. Quello
di ricadere in una delle tante illusioni (come cambiare l’altro “per il suo
dell’amore è un compito ben delineato, che non si spinge oltre se stesso,
bene” o invaghirci di una caratteristica in particolare ma non della per-
altrimenti si ricadrebbe in mere illusioni (cambiare l’altro, imitare
sona in sé) è molto forte. Tuttavia, è proprio il sentimento d’amore che
l’altro...). È per questo che compiere un atto d’amore è allo stesso tem-
ci apre le porte della conoscenza dell’altro nella sua individualità più in-
po così semplice e così difficile: nell’amore il mio Io si apre all’altro
tima: considerando l’amore come la via d’accesso all’essere, Scheler ha
mentre l’altro mi si dà, e le due peculiari individualità rimangono perfet-
rivoluzionato la concezione negativa da sempre attribuita alla vita emo-
tamente distinte proprio nel momento in cui si direbbero tanto confuse.
zionale, e ha dimostrato che è proprio grazie alla sfera ‘sentimentale’ che
In questa concezione di amore, inoltre, il fatto che tale sentimento sia
è possibile un’autentica conoscenza intersoggettiva.
corrisposto o meno è irrilevante ai fini della sua valenza cognitiva: infatti, intuisco l’essenza dell’altro a prescindere che egli mi ami o meno.
VALERIA BIZZARI
L’amore, poi, è accompagnato sempre da grande gioia, in quanto si rivolge a valori positivi. Non si può certo negare che la corrispondenza
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IN LIBRERIA I Monologhi (1800) contengono il nucleo del pensiero etico di Schleiermacher nella forma lirica di meditazioni interiori, scandite in cinque parti («riflessione», «sondaggi», «mondo», «prospettiva», «gioventù e vecchiaia»). Insieme ai Discorsi sulla religione offrono un documento significativo dell’individualismo nella cultura romantica. L’individualismo viene temperato dal presupposto che le singole manifestazioni dell’animo religioso o morale possano comporsi in un tutto ar monico. L’orizzonte entro cui Schleiermacher si muove è “idealistico”: e tuttavia egli pone l’esigenza, in tacita polemica con Fichte, di una ricongiunzione di filosofia e vita. L’altro grande interlocutore dei Monologhi è Kant. In polemica con lui ogni elemento imperativo e giuridico viene bandito dall’etica, come ogni soggezione a una legge, fino alla stupefacente dichiarazione: «non conosco più quel che gli uomini chiamano coscienza». Nelle pagine dell’opera si trovano anticipate molte figure che sarebbero state svolte nel secolo XIX dagli esponenti del cosiddetto «individualismo della differenza»: dalla «peculiarità» di Stirner allo «spirito libero» di Nietzsche fino al concetto di «legge individuale» formulato da Simmel. Friedrich D. E. Schleiermacher (Breslau 1768-Berlino 1834) fu educato nella Comunità pietista dei Fratelli moravi, dove si aprì però a più vasti interessi umanistici. Pastore luterano, inaugurò la tradizione della teologia liberale. Nel 1808 divenne predicatore assai apprezzato nella Chiesa della Trinità di Berlino e nel 1810 professore di teologia nella stessa Università. I Discorsi sulla religione (1799) sono la sua opera più importante e radicale di filosofia della religione. I Monologhi (1800) e le Linee fondamentali di una critica delle teorie morali (1803) costituiscono un contributo decisivo per un’etica non imperativa e individualizzata. Ferruccio Andolfi, docente di Filosofia della storia all’Università di Parma, si occupa dei rapporti fra umanesimo e individualismo, con particolare riguardo alla storia del secolo XIX. Dirige «La società degli individui», quadrimestrale di teoria sociale e storia delle idee. Con Edizioni Diabasis ha pubblicato Lavoro e libertà. Marx Marcuse Arendt (2004) e curato i volumi: Friedrich Nietzsche filosofo morale, di Georg Simmel (2008), La rivoluzione di Gustav Landauer (2009) e Abbozzo di una morale senza obbligo nè sanzione di Jean-Marie Guyau (2009).
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Cinema e filosofia
furiosamente di restare se stesso, lo sfiancante contatto invasivo con le
IL CORRIDOIO DELLA PAURA
manifestazioni della follia umana e gli altrettanto folli metodi curativi, lo
DI SAMUEL FULLER
P
precipiteranno in poche settimane nella spirale della pazzia. resentata nel 1963 in USA, questa avvincente pellicola di Samuel
In primo luogo il film denuncia un manicomio che non cura e che,
Fuller narra l’esperienza di Johnny Barrett, un redattore del Daily
anzi, riesce a far impazzire una persona sana, di spiccata intelligenza,
Globe che aspira a vincere il Pulitzer. Per ottenere l’ambito premio, egli
freddamente razionale. L’inquieta voce narrante del giornalista è presen-
decide d’indagare su un caso d’omicidio avvenuto in un ospedale
te fin dalla prima scena e testimonia la sua ossessione per la gloria per-
psichiatrico, nel quale rimangono rinchiusi i tre testimoni oculari del
sonale, talmente estrema da condurlo a un’impresa così rischiosa. Il
delitto. Con l’obiettivo d’introdursi nella clinica, aiutato dal suo capo
crollo nel delirio è la pena che gli toccherà scontare come conseguenza
redattore, da uno psicologo e dalla fidanzata Kathy, inscena d’essere
della spregiudicatezza sfoderata in nome del successo.
affetto da schizofrenia sessuale. Quando la donna, dichiarandosi la
I tre indimenticabili testimoni/matti sono ideati come uomini in
sorella, va a denunciare il ‘fratello’ Johnny per tentata violenza, lui viene
preda allo scontro di forze opposte. Stuart è un veterano della guerra in
arrestato. Come da copione i medici, dopo una serie di test psichiatrici
Corea che, giunto in terra straniera, diserta e passa fra le fila dei
per i quali Barrett si preparava a fingere da un anno intero, decideranno
comunisti. Una volta tornato in patria, impazzisce: pensa di essere un
di internarlo.
generale patriota in azione durante la guerra di Secessione. Il nero e
Una volta nel manicomio, l’intrepido protagonista vagherà per giorni
discriminato Trent, in seguito al fallimento di un’integrazione forzata, si
in quel ‘corridoio della paura’, teorico spazio di socializzazione per
muta in un violento razzista. Boden, scienziato premio Nobel
pazienti ‘ammansiti’, reale teatro dello loro allucinazioni. Il tentativo di
impegnato nel nucleare e inventore di alcune armi di distruzione di
risolvere
frammentarie
massa, regredisce allo stadio infantile per fuggire dalle sue
conversazioni tenute con i testimoni nei loro brevi momenti di lucidità,
responsabilità. Essi sono la metafora dei tre mali che minacciavano
si rivelerà più frustrante del previsto. Nonostante Johnny cerchi
l’America degli anni sessanta e che in qualche modo sono ancora attua-
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il
caso
d’omicidio,
sovrapponendo
le
Quaderni della Ginestra
li: l’intolleranza del maccartismo, il razzismo e la scienza non controllata.
malati: sono prima di tutto soggetti sociali sgraditi all’opinione pubblica
Il film si può leggere come una forte critica alla società americana,
e alle istituzioni americane del tempo. Pertanto, il manicomio è più una
abbacinata dall’odio e dal panico, che materializza i suoi demoni
prigione per ‘criminali’ non condannabili con leggi riconosciute che una
interiori sotto forma di nemici da combattere. Stuart non impazzisce per
casa
il ‘lavaggio del cervello’ inflittogli dai comunisti, ma per l’intolleranza
evidentemente a quella di un carcere: nello stesso ‘luogo di cura’ sono
subita al suo ritorno negli Stati Uniti: nessuno voleva più intrattenere
rinchiuse persone con i disagi più diversi, senza alcun tipo di
rapporti con lui e tutti gli sputavano addosso. Trent è crollato
differenziazione interna. I pazienti sono sovente costretti a indossare la
psicologicamente perché sfruttato come cavia negli esperimenti di
camicia di forza, a subire l’elettroshock e altri trattamenti deleteri, come
integrazione razziale in una università. Credendosi il fondatore del Ku
fossero quasi delle punizioni.
di
cura
per
casi
patologici.
L’organizzazione
somiglia
Klux Klan, trascorre le sue giornate incitando gli altri pazienti al
Samuel Fuller, con una regia dura e a tratti allucinata, al servizio di
razzismo e all’americanismo. In una scena memorabile riesce addirittura
una detective story dalle tinte noir, ci avvicina alla complessità e alla
a convincere il gruppo dei suoi auditori a linciare un altro paziente nero.
ricchezza della natura umana rendendoci consapevoli delle atrocità di
Il suo comizio è un discorso che in America si sente ancora, ma, per
cui essa sa essere capace. Come sostenne egli stesso, Il corridoio della paura
l’uditore medio, cambia molto se a declamarlo è un afro-americano
è prima di tutto un film sull’odio, che parla di cose che la gente ha paura
dentro a un manicomio o un bianco benestante. Non può sfuggire
di vedere o di cui evita di discutere. Un film di denuncia,
inoltre il paragone sotteso tra i pazienti della clinica, pronti a scatenare
coraggiosissimo per il periodo, che mostra un mondo senza sfumature,
l’odio razzista, e i cittadini ‘sani’ fuori, che si fanno coinvolgere dagli
dove i colpevoli sono colpevoli e i pazzi sono pazzi. La sfida lanciata
stessi discorsi quotidianamente.
consiste nel comprendere quali siano i veri matti e dove stia il limite –
La pellicola mostra come il ‘negro’, il comunista e lo scienziato ‘moralista’ rientrino in una più ampia categoria di indesiderati, celata
sempre che ce ne sia uno – tra follia e normalità.
MARCO BIGATTI
dietro la maschera della malattia mentale. Questi non sono veri e propri
28
Cinema e filosofia
SCHEDA Regia: Samuel Fuller Soggetto, sceneggiatura: Samuel Fuller Fotografia: Stanley Cortez Musiche: Paul Dunlap Montaggio: Jerome Thoms Scenografia: Eugene Lourie Interpreti: Peter Breck (Johnny Barrett), Costance Towers (Chaty), Genes Evan (Boden), James Best (Stuart), Hari Rhodes (Trent), Larry Tucker (Pagliacci), Paul Dubov (Dr. Menkin), Chuck Robertson (Wilkes), Neyle Morrow (Psycho), John Matthews (Dr. Cristo), Wiliam Zuckert (Swanee), John Craig (Llayd), Philip Ahn (Dr. Fong), Frank Gerstle (tenente di polizia) Produzione: Leon FromKess, Sam Firks Origine: USA, 1963; durata: 101’.
29
Quaderni della Ginestra
LUNACY DI JAN SVANKMAJER
A
ricoverata in un istituto psichiatrico, viene colto da una delle sue crisi in una locanda lungo la via di casa. A toglierlo dagli impicci del caso è un eccentrico e arrogante Marchese, che lo invita successivamente a passare qualche giorno presso la sua dimora.
bito non lontano da un ex ospedale psichiatrico, un luogo gelido
Accettata l'offerta, protagonista e spettatori si trovano gettati in un
anche durante la bella stagione. Sempre abbracciato da alberi dalle
mondo ucronico, dove le carrozze viaggiano al fianco delle automobili,
dita artritiche, sempre imbavagliato da bende di nebbia, fra i suoi inospi-
mentre lo jabot di pizzo dell’Illuminismo francese sfila indisturbato di
tali padiglioni figure derelitte continuano a vagare lungo viali perenne-
fronte a baffuti psichiatri in camice bianco e tristi abitanti di un anoni-
mente fangosi, senza requie, come in un limbo fuori dal tempo. Un vec-
mo blocco sovietico.
chio, che lì lavorava e che di fronte al complesso continua ad abitare, mi
Arrivato alla decadente villa del Marchese, Jean assiste incredulo a
disse che fra quelle anime perse riconosceva ancora alcuni degli ultimi
sconvolgenti orge ritualizzate, si perde in buie cripte, braccato dal fanta-
ospiti che aveva accudito: pazzi che fuggivano da anguste celle farmaco-
sma della sepoltura prematura. Schiacciato dalla debordante personalità
logiche per tornare quotidianamente ad aviti luoghi di prigionia. Così la
del nobiluomo, il giovane accetta di farsi ricoverare in un desolato sana-
pensava.
torio gestito dal dottor Murlloppe, collezionista di barbe finte e convin-
In Lunacy questo irrequieto errare è trasformato nell'oggetto di una «disputa ideologica», nel personaggio principale di una sceneggiatura
to fautore del «sistema della dolcezza», ideato dal dottor Catrame e dal professor Piuma.
scritta a due mani da De Sade e Edgar Allan Poe, imbastita in due teatri
Jean lascia così la cappella sconsacrata del libertino, dove i piaceri
tanto diversi per ampiezza e rinomanza, quanto similari per pièces e at-
della carne si consumano assieme alla fioca luce dei ceri, per imbarcarsi
tori ospitati: il manicomio e la Storia.
su una allucinata nave dei folli in cui sono gli internati a tracciare la rotta
Jean Berlot è un malinconico giovane afflitto da violente allucinazioni
della cura, secondo la mappa dei loro disturbi e i dettami dei propri de-
notturne. Di ritorno dal funerale della madre, morta mentre si trovava
moni. Il delirio è assecondato e non represso. L’arte diviene terapia e
30
Cinema e filosofia
pratica sovversiva dell’istituzione manicomiale, rimanendo, al tempo
E allora, come approcciarsi ad esso? Seguendo i comandamenti della
stesso, l’espediente di cui il Marchese e Murlloppe si servono per saziare
contenzione coatta e la morale del castigo, come vuole l’ottocentesca
i propri capricci e controllare i loro ospiti.
figura di Coulmiere? O predicando la liberazione incondizionata
Venuto a sapere che gli unici veri reclusi dell’istituto sono il direttore
dell’individuo e delle sue pulsioni fisiche, in ottemperanza al radicale
della struttura, il professor Coulmiere, e il restante per-
immoralismo del Marchese e del suo amico Murllop-
sonale medico, il ragazzo cerca di raggiungere le pri-
pe? Svankmajer pare dirci che la risposta esige un
gioni sotterranee in cui questi sono segregati, nella spe-
cambio di prospettiva: lo scontro fra libertà e oppres-
ranza di riportare ordine e ragione laddove regna
sione, fra controllo capillare e individualismo anarchi-
scompenso e depravazione. Jean non immagina di di-
co, è apparente nella misura in cui questi estremi sono
ventare, in tal modo, l’artefice dei suoi più atroci incu-
figli della stessa civiltà della ragione.
bi, l’ingenuo complice di una feroce tirannia e il capro
Le truculente sequenze animate, che spezzano con-
espiatorio del surreale contenzioso di cui il regista ceco
tinuamente il filo narrativo di Lunacy, contribuiscono a
è sapiente moderatore.
sottolineare ironicamente proprio tale aspetto. Queste
La malattia mentale, impermeabile alle nostre ragio-
evoluzioni caotiche e sregolate, fatte di bistecche pal-
ni, spaventosa e quindi colpevole agli occhi dell’uomo
pitanti, lingue bovine e bulbi oculari che corrono e
qualunque, non viene trattata da Svankmajer con tono
s’inseguono, sono provocazioni dionisiache solo in
compassionevole, idealizzante o banalmente didascalico. Qui il disagio
apparenza. Generate da un lavoro certosino e pianificato, sono in realtà
psichico è un eccesso che non si può spiegare né in termini di mera pa-
marionette, succubi della volontà calcolatrice di un invisibile artista. Se
tologia fisica, né come frutto di una castrazione sociale: ce lo troviamo
anche l'immediatezza irriflessiva e catartica di concupiscenza e istinti,
semplicemente davanti agli occhi, come le indigeste e sanguinolente a-
che questi intermezzi chiaramente richiamano, può venir dominata e in-
nimazioni in stop-motion di cui gronda la pellicola.
quadrata in un disegno razionale, allora, per converso, non è da esclude-
31
Quaderni della Ginestra
re che un sapere scientifico e ana-
un supermercato: quella stessa carne che, irriverente, ci aveva ripugnato
litico possa alimentare sistemati-
durante tutto lo svolgersi del film, ora boccheggia appena, avvolta
camente passioni distruttive e
nell’impalpabile cellophane di sterili confezioni alimentari. Ecco
pratiche opprimenti.
l’allegoria di un regime democratico che delle due contrapposte visioni
I tredici atroci trattamenti cli-
conserva solo l'istanza di dominio, come lo stesso prologo del regista
nici con cui Coulmiere mortifica
immediatamente suggerisce. Ecco il ritratto perfetto di una follia appa-
il corpo per sanare la mente sono
rentemente liberata ma costretta in chimiche camicie di forza, abbando-
il rovescio della razionalità stru-
nata e vagabonda fra le rovine di un tempo che fu e il deserto assisten-
mentale su cui il Marchese edifica
ziale dei giorni nostri.
le proprie piramidi orgiastiche. E così il primo incatena, manganella e martirizza sadicamente, in nome di
CORRADO PIRODDI
una scienza taumaturgica e di una perversa pace sociale, mentre il secondo celebra la sua idea di Libertà costringendo i ricoverati a fare le statuine viventi, impotenti comparse di una dolorosa e grottesca riproduzione del più celebre capolavoro di Delacroix. Che prevalga l’uno o l’altro, sono comunque la follia e i folli, impolitici e amorali per costituzione, a patirne il degradante oltranzismo ideologico. Psicotici, dementi e schizofrenici appaiono sempre manipolati e vestiti da carcerati perché incapaci di scelta, sia al cospetto di uno sguardo clinico totalitario, che di fronte al ghigno beffardo del filosofo nel boudoir. Scena finale. La camera scorre lentamente lungo il lindo bancone di
32
Cinema e filosofia
SCHEDA Regia, soggetto, sceneggiatura: Jan Svankmajer Fotografia: Juraj Galvanek Musiche: Ivo Špalj Montaggio: Marie Zemanova Scenografia: Jan Svankmajer, Eva Svankmajerova Interpreti: Jan Tríska, Anna Geislerová, Jaroslav Dušek, Martin Huba, Pavel Nový, Stano Danciak Produzione: Jaromir Kallista Origine: Repubblica Ceca, 2005; durata: 118'.
33
Letteratura e filosofia
NEL PAESE DELLE ULTIME COSE DI PAUL A USTER
A
bra impossibile scappare. ‹‹Lenta e costante, la città sembra consumare se stessa, anche se rimane lì. Non c’è spiegazione possibile... la vita per come la conosciamo è finita, e tuttavia nessuno è capace di capire da co-
vevo già sentito parlare di Paul Auster – e ne avevo sentito parla-
sa sia stata rimpiazzata... per vivere devi far morire te stesso››. Per Anna
re anche molto bene, in termini unanimemente entusiastici. Tut-
inizia una vita all’insegna della sofferenza. La sua unica possibilità di so-
tavia, fino a ora non avevo mai letto un suo romanzo: per me l’unico
pravvivere è quella di ‘arrangiarsi’ come cercatrice di oggetti, lavoro in-
scrittore di Newark poteva essere solo Philip Roth.
fame che consiste nel rovistare tra le macerie – e spesso tra i cadaveri –
Ma c’è sempre una prima volta e così mi misi d’impegno nello scar-
solo per trovare suppellettili e vecchi oggetti da rivendere agli Agenti re-
dinare i miei pregiudizi sugli (altri) scrittori di Newark e comprai un li-
stauratori, che li convertiranno in nuovi prodotti e li venderanno a prez-
bro di Auster, nella fattispecie Nel paese delle ultime cose, edizioni Einaudi,
zi altissimi a una popolazione sempre più stremata. Questo è il paese
2003, ma precedentemente edito da Guanda con il titolo Il paese delle ul-
delle ultime cose del titolo, ultime perché, scomparso tutto ciò che ren-
time cose.
de la vita degna di essere vissuta, qui non resta altro se non aggrapparsi
Classe 1947, Paul Auster – poeta, romanziere, sceneggiatore, insom-
a ciò che rimane, in attesa che anche questo scompaia: ‹‹Forse questo è il
ma, artista poliedrico –assurge alla fama internazionale nel 1985 con la
punto più interessante di tutti: vedere quello che accade quando non ri-
Trilogia di New York, conclusasi nel 1987 e composta da Città di vetro,
mane più nulla e scoprire se, anche così, sopravviveremo››.
Fantasmi e La stanza chiusa. Il libro che propongo è immediatamente successivo alla Trilogia, dunque del 1987.
Inizialmente sola, Anna si unisce quasi per caso a una coppia di disperati ricostruendo una sorta di strambo nucleo famigliare, ma dura
Anzitutto la trama. Partita alla ricerca del fratello William, Anna
poco: lui, un fannullone che passa la giornata a costruire modellini di
Blume giunge alla misteriosa e anonima città che del fratello era stata
nave in bottiglia e a lamentarsi della propria vita, muore nella notte poco
meta e che della stessa Anna diverrà prigione, una città terrificante e a-
dopo aver tentato di abusare della ragazza; la donna muore poco tempo
pocalittica, devastata da accadimenti (non specificati) e dalla quale sem-
dopo per una malattia paralizzante – ad Anna non rimane che conse-
35
Quaderni della Ginestra
gnare le spoglie della sua unica amica all’inceneritore, che dai corpi u-
esempi analoghi si sprecano –, il pur pregevole romanzo di Auster ha il
mani trae l’energia necessaria per il fabbisogno della città. Da questo
sapore del deja vù:
momento il racconto cambia registro: se fino a ora la narrazione proce-
la discesa di Anna
deva a singulti e la narratrice – la stessa Anna – indugiava sui propri sen-
in questo inferno
timenti più che su quello che accadeva, adesso la storia si fa frenetica e
moderno che è la
subito vediamo Anna impegnata a confrontarsi con tutte le brutture che
città è un motivo
questo mondo offre. Segue dunque una serie di peripezie da feuilleton:
davvero
Anna perde prima la casa, poi quasi tutti i suoi beni, infine il lavoro;
sfruttato, tra fu-
come all’inizio della sua (dis)avventura sperimenta la solitudine, l’inedia,
metti, romanzi e
ma anche l’amicizia con il Rabbino, uno dei pochi intellettuali ancora
film, per suscitare
rimasti in città – ma che poco dopo la conoscenza di Anna viene
curiosità. La sorte
anch’egli misteriosamente ‘prelevato’ – e addirittura l’amore; ma tutto
di Anna fa stare
ciò che in città di buono può accadere è destinato a finire. Giunta infine
con il fiato sospeso
a quella che sembra un’oasi di pace, Anna si trova di nuovo a un passo
solo perché da un
dal perdere tutto ciò che si era costruita, ma qui c’è il risvolto... e qui
autore
termina anche il resoconto della trama.
come Auster ci si
troppo
acclamato
L’intero corpo narrativo del romanzo è costituito dalla lunga lettera
aspetta un imprevedibile colpo di genio – colpo di genio che non arriva:
in cui Anna, unica voce narrante, rievoca la propria storia nella città –
delude il fatto che la scelta narrativa dell’autore sia stata, alla fin dei con-
una storia assai banale. Lungi dall’essere originale o innovativo – mi
ti, quella più scontata.
vengono in mente subito i ben più famosi 1984 di George Orwell e Fa-
Il racconto è lucido e freddo, come la sua narratrice. Il linguaggio è
hrenheit 451 di Bradbury, ma anche molti racconti di Philip K. Dick, e gli
semanticamente diretto, crudo e ridotto all’essenziale; né potrebbe esse-
36
Letteratura e filosofia
re altrimenti narrando un mondo in cui tutto ciò che non è essenziale
lievo’ del Rabbino e dei suoi discepoli – «pensavo che tutti gli ebrei fos-
viene cancellato – e comunque, cancellato prima dello stesso essenziale.
sero morti» confessa Anna al Rabbino nell’occasione del loro primo in-
Se la semantica aggredisce, il tono è sommesso e quasi elegiaco, come se
contro – sono solo gli episodi più indicativi in questo senso. Forse sia-
la voce di Anna provenisse da molto lontano; ma a lungo andare questo
mo scampati al Paese solo perché siamo sempre riusciti a credere in
stanca. Come accennato, il romanzo è comunque ‘pregevole’; la critica
qualcosa di migliore; ma sarà così per sempre? Auster ‘gioca’ con le no-
iniziale non deve far pensare a un ‘pasticciaccio brutto’, a una valutazio-
stre paure di individui sociali e confeziona un libriccino di mestiere, bril-
ne senza possibilità di riscatto: il linguaggio è perfetto, preciso, cristalli-
lante nelle scelte stilistiche, ma decisamente meno sul piano del conte-
no e ridà al lettore l’idea dell’atmosfera agghiacciante della città,
nuto e che, via di mezzo tra il monito e la divinazione, non prospetta
l’impotenza e la tragicità del personaggio di Anna. E sotto questo punto
solo il destino più fosco che potrebbe attendere la nostra società una
di vista non si può che rimanere colpiti: l’aderenza tra forma e contenu-
volta smarrita ogni speranza nel futuro, ma anche il destino più fosco
to è perfetta. D’altro canto proprio questa perfezione porta alla con-
dell’essere umano stesso, una volta che abbia smarrito la speranza e, con
traddizione: il sistema del discorso è così esattamente strutturato da ri-
essa, la propria umanità. Forse questo romanzo può essere amato solo
sultare quasi artificioso, poco malleabile all’ ‘incontro’ con la ricettività
da un lettore che abbia già sperimentato la scrittura di Auster; forse
del lettore. Insomma, Nel paese delle ultime cose è un gioiellino da leggere e
l’ammirazione per l’autore può far indulgere sulle pecche del libro. Per-
ammirare da lontano.
sonalmente mi ha fatto venire voglia di leggere altri romanzi di Auster
In realtà il libro ha avuto grande successo tra il pubblico, soprattutto negli ultimi tempi. Ciò non deve stupire considerando i tempi bui in cui
solo per avvalorare i giudizi che su di lui si sprecano, e confutare l’opinione che mi sono fatta leggendo Nel paese delle ultime cose.
‘ci beiamo di vivere’: stiamo giungendo anche noi nel paese delle ultime cose? La descrizione di Anna della città non può che farci tornare alla memoria i peggiori avvenimenti della nostra storia più o meno recente: la coercizione che vige nella città, il falò dei libri della biblioteca, il ‘pre-
37
MARGHERITA AIASSA
Quaderni della Ginestra
I TERRIBILI SEGRETI DI MAXWELL SIM DI JONATHAN COE
I
adolescenziale, a Kendal, paesino a nord dell’Inghilterra. Max si trova in
una
situazione
comune
e è
terribili segreti di Maxwell Sim, edito in Italia la scorsa estate da
all’apparenza
contraddittoria:
Feltrinelli, è l’ultimo libro di Jonathan Coe. La cornice è
depresso
solo
e
pur
avendo
l’Inghilterra di inizio 2009, quella della crisi economica, quando a
settanta amici (su Facebook). Un
Londra lo spettro della disoccupazione aleggiava su tutti, dall’impiegato
singulto di riscossa agita Max, che
del grande magazzino del centro al bartender di qualche locale fuori
decide
mano, broker della City compresi.
accettare l’incarico propostogli da
Definire il protagonista, Max Sim, un ‘uomo qualunque’ sarebbe usare
un’azienda
un eufemismo. È il responsabile dei contatti con la clientela di un
spazzolini da denti ecologici. I suoi
grande magazzino, vive a Watford, un tranquillo sobborgo londinese,
nuovi capi credono che per uscire
non ha frequentato l’università, odia la politica e la letteratura ed è
dalla crisi sia necessario pub-
totalmente incapace di coltivare e gestire qualsiasi tipo di rapporto
blicizzare il prodotto ai quattro
sociale. Frequenta sporadicamente alcuni colleghi di lavoro, mentre ha
angoli più sperduti d’Inghilterra – il
da poco perso i contatti con Chris, unico amico d’infanzia. Le cose non
lettore non si stupisca di veder
gli vanno meglio sul versante familiare. Col padre Harold, poeta fallito
fallire l’azienda a metà del libro.
trasferitosi in Australia vent’anni prima, non è mai riuscito a instaurare
Comunque, a Max toccano le isole
un vero rapporto – solo silenzi imbarazzanti e nessun contatto fisico.
Shetland, al largo di Aberdeen,
L’ ex-moglie Caroline, laureata in Storia e con l’hobby della scrittura
dove però non arriverà mai.
creativa, si è da poco trasferita con la figlia Lucy, in piena fase critica
Motore della macchina narrativa è quindi il viaggio di Max, ma il lettore
di
cambiare che
lavoro
e
distribuisce
38
Letteratura e filosofia
non si aspetti qualcosa come un romanzo di formazione – un
messaggi al telefonino; e non vedrà luoghi, proverà anzi fastidio e
personaggio che compie molte esperienze vedendo luoghi e parlando
disagio quando incontrerà vecchie conoscenze durante le tappe del suo
con persone che lo porteranno a una
viaggio. L’evoluzione interiore di Max, se
crescita
poiché
così la vogliamo chiamare, parte dalla lettura
rimarrebbe deluso. Per intenderci:
di alcune ‘testimonianze’ ricevute durante il
dimenticatevi versioni inglesi delle
viaggio: una e-mail della moglie (che in
higways
da
realtà legge prima della partenza), una
Kerouac in On the Road, qui solo
relazione per un compito universitario di
anonime autostrade dove se vuoi
un’amica di famiglia e il diario degli anni
parlare lo fai col tuo navigatore
giovanili del padre. Ognuna di queste
satellitare; e dimenticatevi anche le
testimonianze rivelerà al lettore uno dei
stazioni di servizio dove capitano
‘terribili segreti’ cui allude il titolo, e aiuterà
esperienze mistiche alla Tondelli di
Max a inquadrare meglio certi episodi della
Autobahn, qui solo ‘non-luoghi’ in cui
sua vita passata.
Max passa da un fast-food all’altro
Finale però quanto mai sbrigativo. Coe non
senza scambiar parola con nessuno.
riesce a tirare le fila di tutto ciò che ha
Dove sta l’esperienza nel libro di
raccontato nelle pagine precedenti. Max
Coe? O meglio, e questo è uno degli
recupera una specie di rapporto col padre, lo
individuale
americane
–
descritte
interrogativi sollevati dal libro, dove sta l’esperienza in un mondo in cui
convince anche a far ritorno in Inghilterra; ma che fine hanno fatto la
i luoghi deputati a quest’ultima non ci sono più? Max non parlerà con le
moglie e la figlia di Max? Peccato, dopo quasi trecento pagine, sapere poco
persone, porterà a cena la figlia per poi passare la serata a scrivere
o nulla.
39
Quaderni della Ginestra
Se parliamo di contenuti e tematiche (crisi economica, ecologia, rapporti
Chiudiamo con una postilla sulla traduzione italiana del titolo: perché
umani, solitudine ecc..) possiamo sbilanciarci e dire che il libro di Coe è
«terrible privacy» è diventato «terribili segreti»? Come si viene a sapere
sicuramente pregevole. È vero che l’autore tratta questioni arcinote, ma
uno di questi ‘segreti terribili’ è l’omosessualità latente del padre di Max.
lo fa in un contesto molto attuale, sottolineando come questi temi
Possibile che Coe, da sempre attento a tematiche liberali – e anche un
interagiscano con aspetti della società – vedi le nuove tecnologie – che
po’ libertine – care a una parte dell’Inghilterra, definirebbe
invece, essendo inediti, non hanno ancora trovato molto spazio nella
l’omosessualità come un ‘segreto’, e per di più ‘terribile’? Non vogliamo
letteratura (non saggistica). Ci sono però alcune scelte narrative che non
crederlo.
ci convincono fino in fondo. Perché, per esempio, Coe sceglie di affidare a Max il racconto della propria vicenda in prima persona? Un
ALESSANDRO BONANINI
commesso di un grande magazzino che odia espressamente la letteratura inizia a scrivere le proprie memorie? Non è molto convincente. Come mai poi gli autori delle tre testimonianze, nonostante siano persone molto diverse da Max, scrivono esattamente come il nostro commesso-scrittore? Possibile che un poeta, seppur fallito, e una scrittrice, seppur amatoriale, non riescano a far di meglio? Il sospetto che ci sia qualcosa sotto inizia a stuzzicare ben presto il lettore attento. Sospetti fondati, nell’ultima pagina il coup de théatre: finale meta-letterario ‘col botto’ che, oltre a spiegare – senza però giustificare – la scelta narrativa di cui abbiamo appena detto, sembra un po’ fuori luogo nel contesto di un romanzo sviluppato all’insegna della ‘sobrietà’.
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IN LIBRERIA Ambiente e generazioni future Gianfranco Pellegrino, Cambiamento climatico e generazioni future Raffaele Bifulco, Nucleare e responsabilità intergenerazionale Dale Jamienson, Le sfide morali e politiche del cambiamento climatico Tim Mulgan, Teoria etica e intuizioni in un mondo in frantumi Marcello Di Paola, Le virtù ambientali e il paradigma del giardino Archivio: il cambiamento climatico Gianfranco Pellegrino, Alle radici dell’etica del cambiamento climatico Svante Arrenius, Sull’influenza dell’acido carbonico nell’aria sulla temperatura al suolo John Stuart Mill, Lo stato stazionario Individuo e teoria critica Stefano Petrucciani, Theodor W. Adorno e la crisi dell’individuo Alessandro Bellan, Il doppio movimento dell’individualità. Adorno, l’individuo e le cose Stefano Giacchetti Ludovisi, La decostruzione della soggettività in Adorno e Nietzsche Messaggi brevi Gian Luca Barbieri, L’identità e il pensiero al tempo dell’sms Etica della cura Vincenzo Sorrentino, Genealogia dei confini, costituzione del soggetto ed etica della cura Note di lettura Theodor W. Adorno, La crisi dell’individuo(Federica Gregoratto); David Malouf, Io sono Achille (Ferruccio Andolfi); La Revue du Mauss (Le Monde).
41
Didattica e filosofia
EDUCARE A PENSARE «Ed è proprio del filosofo essere pieno di meraviglia; né altro cominciamento ha il filosofare che essere pieno di meraviglia›› Platone, Teeteto,155 d «Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia» Aristotele, Metafisica, A2, 982b «Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta» Platone, Apologia di Socrate, 38 a
L
coscienza delle relazioni che intercorrono tra i fatti e una prima forma di uso logico del linguaggio. Tuttavia i contenuti mentali vengono meglio organizzati attraverso ulteriori sviluppi che si manifestano intorno ai seisette anni, periodo che coincide con la frequenza della scuola primaria. In questa fase il “perché?” si unisce a un’altra tipica domanda: “come?” Come fanno a nascere i bambini? Come faccio a diventare grande? Anche questa domanda evidenzia un aspetto peculiare della vita del bambino: la sua curiosità. Questo periodo di accostamento alla conoscenza, in cui il pensiero si evolve a partire dalle continue domande
a costruzione della conoscenza si configura, in ogni persona,
che richiedono spiegazioni, trova una piena maturazione nella capacità
come la costruzione della propria identità, del senso generale
di collegare i rapporti logici intorno ai dieci-undici anni.
della propria esistenza, capace di dare significato alle azioni individuali.
Jean Piaget ha cercato di contrassegnare queste tappe come fasi del
Questo processo avviene attraverso l’acquisizione di abilità simboliche
pensiero intuitivo e del pensiero simbolico. Il pensiero simbolico è di
che maturano attraverso attività cognitive proprie di ogni individuo
tipo logico e si concretizza in operazioni concrete legate a un substrato
all’interno di una comunità. Costruire la conoscenza, quindi, vuol dire
immaginativo e in operazioni formali o astratte1.
costruire il mondo intorno a noi, interpretarlo e organizzarlo, dando alla
Ogni bambino ha un’attività mentale immaginativa che prescinde
realtà, agli oggetti, ai fatti significati personali da condividere con gli
dalle percezioni sensoriali, le immagini cioè sono create liberamente
altri.
dalla mente. Questa differenza tra l’attività immaginativa e la percezione
Una delle fasi caratteristiche dell’infanzia, che inizia dai tre-quattro
delle cose porta a operare non solo su ciò che è reale, ma anche su ciò
anni, è costituita da un evidente approccio alla conoscenza che si
che è possibile. Quasi come se il possibile avesse in sé una realtà in
manifesta con molteplici “perché?”. Essa evidenzia una prima presa di
potenza. Ebbene, in questa fase si manifesta per la prima volta la forza
43
Quaderni della Ginestra
del pensiero, che si innalza al di sopra delle idee per assurgere a una
aiutare il bambino a trovare risposte ai suoi “perché?”, di indurlo alla
prima forma di individualità.
riflessione attraverso la pratica del dialogo aperto.
Lo stupore e la curiosità, l’interrogarsi di fronte al mondo sono elementi propri dell’essere umano che già in tenera età inizia a porsi
PROGETTAZIONE DI UN PERCORSO
domande radicali sul senso del proprio esistere e della realtà che lo
L’esperienza è partita dall’esigenza di attivare un percorso che
circonda. Avere curiosità vuol dire aver voglia di conoscere e, se ogni
aiutasse i bambini della scuola primaria nel processo di apprendimento,
curiosità viene soddisfatta, si sviluppa nel bambino la fiducia in se stesso
e li ponesse in condizione di cooperare e riconoscere le tappe del
e la convinzione graduale che il mondo può essere conosciuto. Questa
proprio percorso di crescita. Il progetto, che ha visto la collaborazione
constatazione porta ad asserire che il bambino può seguire un percorso
di più figure (insegnanti della classe, genitori, un docente di Filosofia
di apprendimento attraverso una metodologia di tipo filosofico.
dell’Università di Parma, altre figure esterne alla scuola), ha tratto
Nella scuola primaria utilizzare la metodologia filosofica per approcciarsi alla conoscenza non vuol dire utilizzare la parola “filosofia”
ispirazione da una serie di considerazioni maturate a contatto con i bambini.
in classe o procedere con la conoscenza a fumetti di qualche filosofo.
L’attività didattica ha avuto inizio in una classe prima della Scuola
Lo scopo è quello di procedere con un percorso didattico che permetta
Primaria Iacopo Sanvitale di Parma, in cui erano presenti ventuno bambini.
ai bambini di conseguire capacità di partecipazione personale e di
I primi giorni di scuola sono serviti per conversare con loro e porli in
acquisizione delle conoscenze, senza inibire o frenare le loro emozioni, i
una condizione di serenità. Le insegnanti presenti li sollecitavano con
loro desideri, le loro aspettative.
una serie di domande stimolo.
La metodologia mira ad avvicinare il bambino alla conoscenza della
Successivamente è stato posto un cartello accanto alla lavagna con la
letto-scrittura, della matematica e delle altre forme del sapere attraverso
parola PERCHÉ? Non tutti i bam-bini erano in grado di leggere e
una piacevole scoperta in cui lui stesso si sente protagonista, senza
quindi di associare un signifi-cato ai segni esposti sul cartello. Si è
forzature, imposizioni, devianze. Scopo dell’insegnante sarà quello di
dunque chiarito loro che ogni volta che si chiedeva una spiega-zione, un
44
Didattica e filosofia
“perché?”, un “come fare?” bisognava dare una risposta. Poiché le
ingegnoso e logico. E a tal fine noi educatori abbiamo avuto il solo
risposte non sempre erano immediate, l’insegnante li invitava a trovare
ruolo di spronare gli alunni a imparare, ad analizzare situazioni
la soluzione. Le curiosità erano svariate, ma tutte legate al percorso di
problematiche e ad affrontare la ricerca con i loro mezzi.
vita quotidiana: alcune erano legate alla vita scolastica, altre alla vita
Il bambino chiede certezze. La risposta mancata genera dubbio,
personale di ognuno. Ogni “perché?” ci legava a un percorso
insicurezza. Lui cerca la soluzione di un problema, cerca di superare
d’apprendimento, caratterizzato da esposizioni delle conoscenze
l’ignoto, di cogliere certezze nei confronti del sapere. Solo procedendo
pregresse, ipotesi di una possibile soluzione, ricerca di gruppo. Ne
in questo modo il bambino diviene un Io esploratore del mondo che lo
scaturivano condivisioni e conflittualità, ripensamenti e nuovi pensieri.
circonda, un Io in cerca di risposte che siano in grado di essere legate
I percorsi non erano stati confezionati in precedenza. Il progetto prevedeva una mappa aperta, da riempire giorno per giorno con la piena collaborazione di tutti i partecipanti (bambini, insegnanti, genitori, ecc.).
alle sue conoscenze, un Io che pensa. Il suo pensiero è già in attività e lo alimenta lo stimolo dato da figure di riferimento come l’insegnante. Una
metodologia
filosofica
deve
dare
largo
spazio
alla
Le curiosità manifestate erano molteplici, le risposte fornite dovevano
conversazione, eliminando le risposte banali e coltivando l’intervento
essere organizzate per non perdere di vista l’obiettivo di partenza, vale a
attivo del bambino. Mai inibire un intervento, ma dare a tutti la
dire imparare attraverso la soddisfazione delle risposte, delle curiosità.
possibilità di esprimersi, ognuno con le sue capacità, con i suoi mezzi.
Se una domanda non trovava immediata risposta, partiva la ricerca. Nel
Il percorso è stato accompagnato da un personaggio, Re Curiosone,
momento in cui uno dei bambini poneva una domanda legata a una
presentato dalle insegnanti per incoraggiare i bambini nella loro impresa
determinata curiosità si innescava un meccanismo di ricerca della verità
e aiutarli a sviluppare le loro potenziali capacità. La storia di Re
che era supportato e coltivato dall’insegnante e dal gruppo-classe.
Curiosone si è sviluppato giorno per giorno, con la partecipazione di
Seguendo la via suggerita da John Dewey2, all’interno dell’aula scolastica
tutti i bambini. Re Curiosone è stato presentato come un re che aveva
si è cercato di dar luogo alla massima esplicazione del pensiero, un
una grande voglia di conoscere il suo grande regno. Non essendo
pensiero che doveva essere, dunque, indipendente, immaginativo,
sempre capace di farlo da solo, si rivolgeva a un mago: Mago
45
Quaderni della Ginestra
Sapientone. Lui lo aiutava e capire ciò che da solo non riusciva a comprendere. Ebbene, ogni bambino poteva imitare Re Curiosone e conoscere tante cose. Si è ritenuto opportuno percorrere un iter didattico aperto e flessibile per dar voce in itinere ai bisogni dei bambini, che spesso, costruendo il proprio cammino, danno al lavoro quotidiano una personale impronta che in sede progettuale non poteva essere valutata. Il progetto ha perseguito l’obiettivo di indirizzare e sviluppare una forma mentis per un arricchimento culturale e concettuale e, soprattutto, per affinare le abilità specifiche della comprensione, dell’analisi, della soluzione dei problemi, della valutazione critica delle realtà, coltivando la lettura e l’arte come piacere, come espressione di risposta ai bisogni, emozioni, stati d’animo, ricerca del bello. Questo approccio metodologico, alla luce di quanto affermato, richiede un impegno didattico a lungo termine, per dare ai bambini la possibilità di vivere tutte le tappe e costruire con autonomia il proprio sapere, inteso come saper fare e saper essere e come sviluppo di capacità logiche e creative.
Jean Piaget, Six études de Psichologie, Edition Gonthier, 1964, trad. it. Lo sviluppo mentale del bambino, Edizione Einaudi, Torino, 1967, pp. 29-41. 2 John Dewey, School and society: being three lectures by John Dewey supplemented by a statement of the University Elementary School, University Chicago Press, 1907, trad. it., Scuola e società (1899), La Nuova Italia, Firenze, 1982, pp. 21-40 e pp. 62-68. 1
TERESA PACIARIELLO
46
Didattica e filosofia
IL FAVOLOSO MONDO DI AMÉLIE. VECCHI E NUOVI MEDIA
L’ELABORAZIONE DEL PROGETTO L’iniziativa ha colto un’esigenza avvertita dagli studenti di acquisire
PREMESSA
competenze specifiche nella lettura del linguaggio cinematografico, in
ormai condivisa la convinzione che la scuola debba favorire
modo da superare il divario tra cultura accademica da un lato e industria
anche l’educazione alla lettura dei media audiovisivi, la cui
culturale dall’altro. L’interesse si è concentrato sul cinema post-
fruizione è talmente radicata nella cultura odierna e nella vita dei ragazzi
moderno, che presenta una caratteristica peculiare, rispetto a quello
da non poter essere trascurata in un curricolo che voglia essere
classico o moderno: vale a dire la tendenza ad accogliere una pluralità di
formativo. In questa prospettiva intendo presentare un’esperienza
codici, che appartengono ai vecchi e nuovi media: tra questi ultimi
didattica che ha coinvolto due classi quarte della sezione B e D del liceo
quello della televisione, dei videoclip, dei videogiochi, della pubblicità,
scientifico Giacomo Ulivi di Parma. Sotto la guida rispettivamente
dei fumetti e dei cartoni animati, tra gli altri. Il cinema postmoderno in
dell’insegnante di filosofia e storia e di quella di lettere, hanno svolto un
effetti presenta tra le sue caratteristiche generali una contaminazione
progetto intitolato Il favoloso mondo di Amélie. Vecchi e nuovi media, che li ha
con gli altri media, che ha catturato l’attenzione degli studenti,
impegnati per più di un anno scolastico (dal 2009/2010), fino
particolarmente sensibili all’evoluzione tecnologica nell’ambito della
all’autunno della classe quinta, nell’analisi dei linguaggi audiovisivi. Le
comunicazione, oltre che assidui fruitori di nuovi generi audiovisivi,
attività svolte sono state riversate su un supporto didattico
quali i videoclip, il computer e i videogiochi. Da queste riflessioni
multimediale, destinato alla diffusione del percorso sperimentato in altre
condotte con le classi è nata un’attività di ricerca volta a chiarire
scuole di Parma e della provincia.
l’argomento di fondo del progetto: il rapporto che il cinema intrattiene
È
con i media, vecchi e nuovi. Per generazioni che potremmo definire ‘nativi digitali’, il problema ha una grande rilevanza culturale, e affrontarlo è parso a noi insegnanti particolarmente interessante anche
47
Quaderni della Ginestra
per avviare a un impiego più consapevole della multimedialità, la cui
all’acquisizione del concetto di rimediazione. Elaborato da Jay David
pratica è attualmente molto incoraggiata nella didattica della scuola
Bolter e Richard Grusin1, il concetto di rimediazione riguarda i rapporti
secondaria. Si è quindi definita la finalità del progetto, il cui obiettivo
tra i media, vecchi e nuovi, e
principale è favorire negli studenti l’acquisizione di specifiche
recepisca l’influenza del linguaggio di un altro medium. Pensiamo per
competenze in qualità di spettatori e fruitori consapevoli e critici di film
esempio a quanto la fotografia sia debitrice alla pittura, in termini di tipo
e nuovi media. Si è deciso infine di adottare una didattica laboratoriale e
di inquadratura o di impiego della luce e del colore, o a quanto il
cooperativa, che ha previsto lo svolgimento di attività di ricerca a
linguaggio cinematografico abbia accolto l’influsso dei codici espressivi
gruppi, alternate a momenti in cui ciascun gruppo relaziona agli altri il
propri della televisione o della pubblicità – la divisione dello schermo o
risultato del proprio lavoro. Il ruolo dell’insegnante in questo caso è di
lo sguardo in macchina, per indicare quelli più noti. Queste
mediatore e nello stesso tempo ricercatore, trattandosi di sperimentare
contaminazioni, sempre più frequenti anche in ragione dell’incalzante
insieme agli studenti nuove metodologie di studio e di trasmissione del
evoluzione tecnologica, arricchiscono le potenzialità espressive dei
sapere.
media, per cui possiamo dire che un medium ne cita un altro o utilizza
chiarisce come un medium spesso
linguaggi che appartengono ad altri media. Il film Il favoloso mondo di
L’ATTUAZIONE DEL PROGETTO
Amélie rappresenta un esempio emblematico di rimediazione. La
Il percorso ha preso le mosse dalla lettura del film Il favoloso mondo di
rimediazione coinvolge nel film anche altri media, che possono essere
Amélie di Jean-Pierre Jeunet (Francia/Germania 2001), la cui peculiarità
definiti vecchi, come la pittura e la fotografia. Lo svolgimento del
è l’impiego di una pluralità di codici, tecniche e linguaggi, provenienti da
progetto ha quindi previsto lo studio dei diversi media ed è stato
aree espressive eterogenee e proprie di media assai differenti tra loro.
organizzato secondo lo schema illustrato dalla diapositiva che segue.
Per comprendere in che modo il cinema possa accogliere e far propri i linguaggi di altri media, si è condotta una ricerca che ha portato
1 J. D. Bolter, R. Grusin,
Remediation. Competizione e integrazione tra vecchi e nuovi media
(1999), Guerini editore, Milano 2002.
48
Didattica e filosofia
ESEMPLIFICAZIONE E CONCLUSIONI Nell’impossibilità di rendere conto delle varie indagini svolte ci soffermeremo sull’approfondimento che ha coinvolto maggiormente la riflessione specificatamente filosofica: la fotografia. Nel film la fotografia è continuamente presente: strumenti fotografici, cabine, foto tessere, polaroid; i Ciascun gruppo ha approfondito il linguaggio e la storia di uno dei
titoli di coda sono strutturati
media o generi cinematografici individuati, alla luce dei quali ha
inoltre come un album foto-
esaminato l’influenza eser-
grafico. Il film è anche un o-
citata da questi sul film.
maggio a tutte le fotografie in
L’approfondimento è stato
bianco e nero di Parigi realizzate
completato con una scheda
da
didattica per l’indagine del
Doisneau, Atget.
medium
o
del
genere
filmico. L’esempio ripor-
fotografi
come
Brassai,
Jeunet tematizza il medium fotografico
nelle
sue
varie
tato illustra l’articolazione della sezione dell’indagine sui videoclip, che
componenti, operando una riflessione che si ispira al pensiero di Roland
ha previsto lo studio dell’evoluzione e dei ge-neri, quello dei caratteri e
Barthes. Ne Il favoloso mondo di Amèlie la protagonista trova un album
del linguaggio, l’analisi di alcuni videoclip e infine una ricerca degli
insolito che colleziona foto tessere abbandonate e spesso strappate in
elementi del linguaggio del videoclip presenti nel film.
tanti frammenti. Ognuna di queste è un collage che ricompone il ritratto
49
Quaderni della Ginestra
del fotografato. Tra questi ritratti, ve ne è uno ricorrente, di un uomo
postmoderno ha perduto sia dal punto di vista tecnico, con il digitale,
dall’espressione enigmatica. Amélie rimane molto colpita da questo: i
che dal punto di vista tematico, avendo accolto l’influenza del virtuale.
ritratti di quest’uomo misterioso sono molto frequenti. La ragazza crede
Basti citare per esempio The Truman Show (1998) di Peter Weir o The
quindi che per lui sia un’esigenza vitale farsi fotografare. Per questo
Matrix (1999) dei fratelli Wachowski.
avanza un’interessante ipotesi: «e se fosse un morto che ha paura di
Un altro argomento di confronto con la fotografia ricorre nelle
cadere nell’oblio? Perciò si serve delle foto tessere perché i vivi
sequenze in cui Amèlie dichiara di apprezzare molto il cinema e in
conservino il suo ricordo; come se faxasse la sua immagine dall’aldilà».
particolare vecchi film, che è solita vedere con un’attenzione tale da
Da questa osservazione ha preso le mosse la riflessione filosofica sulla
permetterle di indi-viduare
fotografia, che si è concentrata sul saggio di Roland Barthes, La camera
nei fotogrammi particolari
chiara del 1980, il quale ne sottolinea la specificità, ricollegandola al tema
unici sfuggiti al regista. A
del tempo e della morte. Della fotografia, il filosofo mette in rilievo il
questo punto si rivolge
fatto che fissi un istante nel fluire ininterrotto del tempo: essa può
direttamente allo spetta-
quindi venire interpretata come un’emanazione del passato. Ad essa
tore, con un camera look,
viene attribuito un valore innanzitutto testimoniale: provando che
mostrandoci un insetto che
quello che mostra è effettivamente esistito, segna la distanza che ci
si trova sullo
separa dal momento in cui è stata scattata. Diversamente dagli altri
una scena del film di
media, la fotografia, almeno quella analogica e non digitale, ritrae
Truffaut Jules et Jim. Anche
dunque qualcosa che deve essere stato. L’osservazione di Amèlie
in questo caso è la riflessione barthesiana sulla fotografia a dare rilievo a
dimostra perciò come il film si confronti con la fotografia,
questa sequenza e ad aprire un confronto tra il cinema e la fotografia.
sottolineandone la capacità di cogliere la realtà, capacità che il cinema
Nell’analisi dei processi che si mettono in atto quando si osserva una
sfondo di
50
Didattica e filosofia
fotografia, Barthes distingue infatti lo studium, che consiste nell’analisi oggettiva dei vari componenti della foto, dal punctum, cioè quel particolare che smuove il nostro interesse, che attira la nostra attenzione, senza che ciò sia stato nelle intenzioni del fotografo. Il punctum designa ciò che c’è di irriducibilmente soggettivo nella fruizione della fotografia. L’argomento riguarda perciò la fruizione dell’immagine e mette in luce un’analogia col cinema postmoderno, il cui stile antinarrativo induce un’attenzione per il particolare o il dettaglio e favorisce un approccio più sensoriale-percettivo che cognitivo. Al termine del progetto, gli allievi hanno verificato le competenze acquisite, affrontando individualmente attività di analisi di generi cinematografici differenti. La maggior parte si è concentrata sui documentari di propaganda, che consentono un approfondimento dei sistemi totalitari nella storia del Novecento. Sono stati presi in esame documentari dell’Istituto Luce, alcuni film di propaganda della regista tedesca Leni Riefenstahl, la cinematografia del regista sovietico Dziga Vertov e infine il film di Frank Capra Why we fight, commissionato dal Dipartimento di guerra statunitense per motivare i soldati americani alla partecipazione alla seconda guerra mondiale.
MARINA S AVI
51
Libri in discussione
LA BUSSOLA DELLA VITA: UNA NAVIGAZIONE ATTRAVERSO LA RISCOPERTA DEL ‘SÉ’
fare in modo che «quando il disegno della vita sarà completo» sia visibile una «cicogna» (La mia Africa) piuttosto che uno schizzo senza senso. Riprendersi la vita.
ancora possibile oggigiorno parlare di reincanto? E se sì, quale
Per un'etica del reincanto
sarebbe la sua funzione all'interno di una società e di una
di Meschiari, edito da
individualità che sembra muovere in una direzione diametralmente
Tassinari, è in realtà
opposta?
una raccolta di articoli
È
In un mondo ‘sempre più complesso e aggressivo’ in cui ci troviamo
dell'autore apparsi in
costantemente bersagliati da una ‘abbagliante inconsistenza’, dove
precedenza, riorganiz-
l'uomo è chiamato a produrre per guadagnare, tanto che egli spesso si
zati e accompagnati, in questa nuova versione, da un’inedita
identifica unicamente con la propria professione, l’attenzione a una
introduzione in cui il reincanto viene proposto come chiave
dimensione in cui il pensiero critico, il dialogo, l'ascolto e la re-
interpretativa di tutta l'opera. Le quattro sezioni che com-pongono lo
sponsabilità sono elementi decisivi, diviene sempre più urgente.
scritto vogliono essere una sorta di percorso attraverso la pratica della
Su questa linea si sviluppa l’analisi di Meschiari che, dialogando
filosofia come vita, come è deducibile dagli stessi titoli dei capitoli.
costantemente con i testi filosofici, letterari e non solo, guida il lettore
Tale viaggio di riscoperta e conoscenza di sé inizia dalla convinzione
verso la troppo spesso demandata necessità della ‘costruzione del sé’.
che l’uomo da sempre raccontandosi e interpretando cerca di dare un
Secondo l’autore per vivere bene è necessario avere la consapevolezza
senso al proprio vissuto. In quest’ottica la filosofia è proprio «uno dei
che la vita stessa sia un lungo viaggio di cui non è possibile «conoscere a
modi che abbiamo per attribuire un senso al mondo quando non
priori la rotta che vedrai tracciata quando guarderai indietro», ma solo
crediamo che esso sia già dato dal di fuori o dal di sopra, né si possa
alla fine sarà dato vedere con chiarezza la strada percorsa. D’altra parte
guadagnarne uno valido per tutti i tempi e tutte le latitudini». In questa
è altrettanto vero che è necessario trovare le strategie adatte per poter
prospettiva tale disciplina si trova a rivestire un ruolo privilegiato nel
53
Quaderni della Ginestra
panorama del sapere, in quanto essa sola sarebbe in grado di aiutare
studi critici. Nonostante la ricchezza di informazioni presenti in questa
l’uomo ad evitare una facile seduzione «rimettendo in discussione le
sezione, è altrettanto vero che l’idea di dialogo a cui l'autore è
opinioni consolidate» e sviluppando un pensiero critico.
maggiormente legato, e che più condivide, è quella del dialogo socratico.
Questo lavoro filosofico a cui tutti siamo chiamati, reca con sé una
In questa forma particolare egli trova sintetizzati alcuni elementi
dimensione responsabile e progettuale dell'individuo. Infatti, solo coloro
imprescindibili dell’esperienza umana quali l’ascolto, la presenza
che sceglieranno di diventare veramente se stessi, assaporando quo-
dell’altro, la condivisione, la ricerca comune. Il dialogo sarebbe così quel
tidianamente le sfide che vengono loro incontro, potranno anche essere
luogo particolare in cui due persone unite da un sincero legame di stima
in grado di sperimentare la connessa dimensione dell’entusiasmo di
e amicizia si troverebbero per poter dare un senso ai frammenti sparsi
vedersi realizzati. Ma tutto ciò «costa fatica, lunghi tempi di elaborazione,
della loro esistenza. Nel mondo odierno in cui è sempre più difficile
pause, attenzioni, silenzi, disponibilità, ascolto, messa in gioco», ed è
trovare il tempo e la pazienza per fermarsi ad ascoltare la vita dell’altro,
questo forse il principale motivo per cui non tutti sono pronti a
il dialogo autentico, a ben vedere, comporta una grande responsabilità
imbarcarsi per questo viaggio.
nei confronti del sentire, spesso anche molto diverso, di colui che ci sta
In quest’analisi, sebbene l’accento venga posto su una dimensione di compito esistenziale individuale, la dimensione dell’alterità gioca un
di fronte. Ma se esso è veramente tale, allora in esso c’è già insita una risposta: «c’è qualcuno che dialoga con me».
ruolo altrettanto importante. Se, infatti, da un certo punto di vista è
Ma come si lega tutto ciò alla dimensione del reincanto? Sebbene
vero che spetta a ciascuno l’onere di scegliere e assumersi la
Meschiari non si dilunghi troppo nell’esplicitare in termini chiari questa
responsabilità di vivere autenticamente, d’altra parte ci troviamo da
dimensione, è indubbio che essa sia
sempre in una dimensione culturale e comunitaria con la quale
‘riprendersi la vita’. La dimensione del reincanto ricorda l’aristotelica
interagire. Nel percorso che conduce alla conoscenza di sé il dialogo
meraviglia ma da questa si differenza per un aspetto essenziale: l’attività.
riveste un ruolo decisivo. É infatti questo il tema principale di una delle
Se la meraviglia è in qualche modo legata a uno sguardo stupito e
sezioni dell'opera: quella in cui sono presenti i maggiori riferimenti a
curioso di avvicinarsi a una conoscenza della realtà circostante, il
condizione necessaria
per
54
Libri in discussione
reincanto è maggiormente legato ad un’azione attiva su di sé e sul mondo. Sebbene, infatti, anche in quest’ultimo lo stupore destato dalle bellezze del mondo sia un elemento chiave, si capisce che affinché questa sensazione duri più a lungo possibile è necessario esercitare lo sguardo attraverso una costante abitudine. E questa è possibile solo a chi abbia realmente imparato ad assumere se stesso com e progetto di vita. Infine, alla dimensione del reincanto sono legati alcuni elementi essenziali senza i quali questa esperienza non sarebbe assolutamente possibile. L’entusiasmo in questa prospettiva diventa l’aspetto principale. Se veramente «pensiamo alla vita come compito, come progetto, individuale e collettivo, ci rendiamo conto che è l’assunzione della responsabilità della sua conduzione a porre insieme senso ed entusiasmo». Solo scegliendo di occuparci quotidianamente della nostra crescita, del nostro miglioramento, della qualità delle nostre relazioni saremo in grado di comprendere che «oggi la presenza dell’entusiasmo può essere indizio che il timone della nostra vita lo teniamo noi, che siamo usciti dal porto e abbiamo preso i venti del largo. Nella consapevolezza che la rotta da seguire è prima di tutto una rotta interiore».
Alberto Meschiari, Riprendersi la vita. Per un'etica del reincanto, Tassinari,
CARLA SOLDAT 55
Firenze 2010, € 9,50
Quaderni della Ginestra
L’INDIVIDUO PARADOSSALE
critica; da una parte, cioè, si profila come strumento di espressione e riproduzione del paradigma totalitario capitalistico post-bellico,
O
gni generazione della Scuola di Francoforte, e forse di tutto il
dall’altra, allo stesso tempo, è condizione di possibilità per criticare la
pensiero sociale critico, si è sempre trovata a fare i conti
forma di dominio a esso
con la questione dell’individuo. Come si costituisce l’io all’interno delle
connaturata.
pratiche politiche ed etiche della società borghese e (post)-capitalista,
Gli scritti qui tradotti
nella filigrana dei suoi meccanismi di potere e conoscenza, in relazione
raccolgono in un solo
alle istituzioni, allo stato, al sistema economico, agli altri individui?
volume il corpus di testi,
In che misura l’individuo diviene ingranaggio nella riproduzione delle
abbozzi
e
frammenti
coordinate sociali date, e/o come può aprire la possibilità della loro
composti da Adorno tra
critica e trasformazione? Il pensiero di uno dei francofortesi più amati e
il 1940 e il 1954 su
blasonati, Theodor W. Adorno, sembra rappresentare un importante
questo tema, secondo
crocevia, decisamente attuale, tra questi percorsi scivolosi e accidentati –
diversi
angoli
anche se percorrere le sue pagine, come ci mostra bene il libro qui
quello
epistemologico,
visuali:
recensito, non fornisce alcuna risposta gratificante, bensì solo una sfida
antropologico, critico-sociale, storico. Le argomentazioni frammentarie
teorica e pratica dall’esito non garantito.
e le intuizioni che compaiono in questi scritti vengono ricomposte nel
Lo scopo di questa raccolta di saggi adorniani, in gran parte inediti al
prezioso saggio introduttivo del curatore Italo Testa all’interno di
pubblico italiano, si profila, in una battuta, come quello di ricostruire
un’unica cornice, attraversata invero da un’incomponibile tensione.
l’inquietante ‘doppio volto’ con cui Adorno caratterizza tutte le sue
L’introduzione contribuisce innanzitutto a restituire una maggior
figure chiavi, in primis quella di individuo.
coerenza e unitarietà e un certo spessore contenutistico al profilo
L’individuo è per Adorno ideologia, ma allo stesso tempo la sua
teorico adorniano, evidenziando assonanze e parallelismi tra questi 56
Libri in discussione
scritti ‘minori’ e i noti capolavori dello stesso periodo. Interessanti si
dominio. Ecco qui come opera la critica immanente: la presa di distanza
dimostrano soprattutto le riflessioni degli anni cinquanta che indagano
critica non è conquistata sulla scorta di un altro modello, che si
le implicazioni reciproche e le tensioni tra i due termini del rapporto io-
vorrebbe indipendente rispetto alle coordinate che circoscrivono il
collettività (società, organizzazione, amministrazione, stato), fornend o
dominio; al contrario, procedendo a una ricognizione mimetica delle
così materiale prezioso per ricostruire una teoria adorniana delle
patologie dell’individuo, ne vengono individuate crepe e fratture, focolai
istituzioni (come «seconda natura reificata» dell’individuo), della cui
di crisi, e segni che ne preannunciano, nella realtà storica, il
assenza o incompletezza si era lamentato Axel Honneth.
superamento. La messa in discussione dell’io tradizionale non viene
In secondo luogo, nello srotolare il filo rosso delle riflessioni sull’io
dunque condotta a partire da un criterio stabilito a priori e
secondo la sua cifra dialettica, o dilemmatica, il saggio introduttivo
indipendentemente dall’analisi storica, al contrario, «la critica si mostra
espone il procedimento adorniano della critica immanente, mettendone
innanzitutto come diagnosi di una crisi». Ciò che deve essere criticato è
allo stesso tempo in luce la «difficoltà che s’incontra nel rintracciare la
in definitiva ciò che inibisce il pieno dispiegamento delle possibilità di
normatività di un simile procedimento».
emancipazione e libertà contenute nel concetto di individuo,
Come funziona la critica sociale in Adorno? L’oggetto della critica è
concedendone dunque, in età liberale (ma anche, come facilmente
innanzitutto posto con quella specifica forma dell’individuale costituitasi
deducibile, neo-liberale), solo una realizzazione, mutilata, falsa e
entro il modo di produzione capitalistico e attraverso l’ideologia liberale
ideologica.
borghese. Oggetto di critica è l’individuo ‘tradizionale’, la monade, che si costituisce
tipo
daccapo ideologica, Adorno deve mostrare che, e in che senso,
economico, incapace di comunicare, interscambiabile, reificato. A ben
l’individuo può essere concepito anche in forma ‘positiva’, non mutilata:
vedere, la critica non si rivolge al concetto di individuo tout court, quanto
l’io deve cioè porsi come criterio che permette di riconoscere e mettere
a uno «pseudoindividualismo», in cui le possibilità di individuazione
in discussione la sua forma falsa, ‘offesa’, patologica. Se gli scritti di
sono già predisposte in modo eteronomo, e funzionale al perpetuarsi del
questa raccolta suscitano estremo interesse proprio perché fanno
57
unicamente
entro
relazioni
intersoggettive
di
Affinché però una tale critica non sia meramente arbitraria, quindi
Quaderni della Ginestra
baluginare squarci di positività più luminosi rispetto ad altre opere di
e coercizione, autonomia ed eteronomia, ragione e dominio, che deve
Adorno, anche qui la determinazione di ciò che l’individuo emancipato
valere come cifra diagnostica fondamentale e punto di partenza di ogni
è e deve essere non è tuttavia esente da ambiguità e aporie. In
prassi critica e trasformatrice.
particolare, la posizione di Adorno, in questi testi, oscilla tra due
FEDERICA GREGORATTO
soluzioni diverse. Secondo la prima – non del tutto soddisfacente all’interno del paradigma hegeliano-dialettico di Adorno – l’individuo borghese deve essere criticato nella misura in cui la sua realtà storica tradisce le determinazioni ideali (autonomia, responsabilità, solidarietà,
Theodor W. Adorno, La crisi dell’individuo, Diabasis, Reggio Emilia 2010,
integrità) contenute nel suo concetto. La seconda soluzione proposta in
pp. 161, € 12
queste pagine indica invece una forma individuale realmente alternativa, ma non ancora data, solo adombrata nelle sue forme fallimentari. Tale forma diverrà ‘dicibile’ in positivo solamente quando, in una società trasformata, sarà data la possibilità concreta della sua realizzazione. Fino a quel momento, l’individuo come prefigurazione di una società libera dal dominio non può che essere detto in forme singhiozzate, a loro volta mutilate, negative. Il rischio di capovolgersi, daccapo, in ideologia e repressione non può essere eliminato o ignorato. Un tale rischio, che mostra l’irrisolvibile paradossalità della doppia figura dell’individuale, non deve essere però considerato - come vorrebbe Habermas – un’ipoteca sull’efficacia della critica sociale. Al contrario, esso mostra quell’intreccio inestricabile, inevitabile, tra libertà 58
Libri in discussione
PLURALISMO E CRISI DI SENSO NELLA MODERNITÀ
smarrimento, ne strutturano il discorrere lineare e pacato ma tutt’altro che limitato alla superficie. La curatela di L. Allodi restituisce infatti
N
ella collana Voci la casa editrice il Mulino ha
un testo gravido di riflessioni, denso, che una volta esplicitate le sue
recentemente pubblicato Lo smarrimento dell’uomo
basi antropologiche penetra in profondità in quello che, a più riprese,
moderno, versione italiana di Modernität, Pluralismus und Sinnkrise.
viene identificato con il «virus», il male latente ma in continua
Die Orientierung des modernen Menschen. Questa monografia, opera
crescita della modernità: la deriva relativista del pluralismo.
dei sociologi P. L. Berger e T. Luckmann, apparve in lingua tedesca e
Lo studio eziologico delle «crisi di senso» è il filo conduttore che
inglese nel 1995 corrispondendo per finalità e metodo d’indagine ai
garantisce la compattezza tematica e consente di riunire in un
requisiti
nella
coerente sguardo d’insieme molteplici piani dell’esistenziale. Il
commissione di ricerche empiriche vertenti sulla nozione di Geistige
«soggettivo» e l’«intersoggettivo» divengono il luogo di emergenza
Orientierung.
delle suddette crisi; ma si tratta ancora di fenomeni piuttosto
della
Bertelsmann Stiftung, allora
impegnata
Al contempo, fedeli all’impostazione sociologica consacrata da un
puntiformi, circoscritti, la cui generalizzazione su larga scala chiama
classico quale La realtà come costruzione sociale (1966), gli autori
in causa il livello delle strutture sociali, dunque l’«oggettivo».
impostarono la diagnosi del disorientamento moderno su un ventaglio
L’efficacia non nell’impedire, bensì nel contenere le proporzioni di
di presupposti che dall’idea della costruzione sociale dell’identità,
tali Krisen, è indice della tenuta e dell’influenza sociale di un
attraverso la distinzione tra socializzazione primaria e secondaria,
determinato sistema di valori che, ereditati dalla storia e costituenti
conducevano alla messa a fuoco dei rapporti tra individuo e
una riserva condivisa di senso, improntano a sé, con variabile forza
istituzioni.
pervasiva, gli schemi di azione dei singoli. Di conseguenza, laddove i
Queste coordinate concettuali, pur nell’estrema generalità con cui
complessi valoriali abbiano perduto il loro potere d’integrazione o si
sono state appena evocate, inquadrano le considerazioni svolte ne Lo
siano tanto indeboliti da non raggiungere la totalità degli ambiti di
59
Quaderni della Ginestra
vita, aumenta il pericolo che non solo individui «atomizzati» ma
o religiosa – finì per isolarsi all’interno delle proprie dinamiche
un’intera società sia esposta al dilagare di crisi di senso. In sintesi,
funzionali. Queste furono le premesse storiche per una crescente
Berger e Luckmann non riconducono l’estensione delle crisi in sé alla
relativizzazione dei fini, trasversale a tutte le dimensioni del sociale e
mancanza «fisica» di valori o di istituzioni deputate, anche in forza di
percepibile ancora oggi.
una lunga tradizione, alla loro amministrazione; né assolutizzano il
Le cosiddette «grandi» istituzioni, soprattutto quelle economiche e
peso che le crisi di senso possono assumere nella sfera soggettiva e
politiche,
intersoggettiva,
attribuibili
intermediarie» di durkheimiana memoria, fanno dell’agire dei singoli
all’«oggettivo». È vero piuttosto che, a partire dall’età moderna, le
l’ingranaggio di un meccanismo alienante. Si disinteressano,
istituzioni sociali presero progressivamente le distanze da una
pertanto, del loro contributo personale alla produzione di un senso
costellazione di valori sovraordinati, e ognuna – economica, politica
comune. Il tutto avviene, prosegue la disamina dei due sociologi,
eclissando
così
le
responsabilità
parallelamente
alla
decadenza
delle
«istituzioni
sotto un cielo di valori scialbi, ispiratori di comportamenti socialmente plausibili ma del tutto inadeguati a fronteggiare crisi di senso. Corrodendo il «dato per scontato», cioè il substrato di certezze indubitabili o di valori non negoziabili a disposizione di una collettività, il pluralismo moderno, in ultima analisi, si è rivelato decisivo per l’imporsi di alienazione e anomia. Sono proprio queste le espressioni più ricorrenti, in sociologia come in filosofia, per designare lo smarrimento, un dato di fatto che trova rilevanti riscontri anche in campo religioso. Comunemente si dice che l’uomo moderno
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Libri in discussione
sia secolarizzato, ma la tesi di Berger e Luckmann non connette
Luckmann indicano allora una terza via parzialmente già prefigurata:
direttamente alla secolarizzazione l’insorgere delle crisi di senso
«comunità spirituali e d’opinione con un’organizzazione locale»
individuali e sociali; le riconduce altresì, di nuovo, al pluralismo
come chiese, associazioni o gruppi di partito, devono soddisfare la
relativizzante. Innervando la struttura di base delle società moderne,
duplice condizione di essere realmente intermediarie tra individui e
questo «male» viene presentato come irreversibile, sicché le
grandi istituzioni, ma anche di operare alla radice delle crisi di senso
istituzioni
vedere,
per attenuarne gli effetti. Con un’immagine evocativa, il modello
costituiscono solo un rimedio omeopatico. Tuttavia è proprio dal loro
ideale delle istituzioni intermediarie viene associato all’iconografia di
rinvigorimento in una prospettiva valoriale che dipende, in massima
Giano bifronte, poiché esse «guardano “in alto” verso le grandi
parte, la proposta terapeutica delineata nelle pagine finali de Lo
istituzioni
smarrimento.
sopravvivenza delle identità sociali e di un tessuto integrato di
intermediarie
sopra
menzionate,
a
ben
e
“in basso”
verso l’esistenza
individuale».
La
A questo proposito occorre sgombrare il campo da due antidoti
relazioni intersoggettive conoscerà un destino diverso a seconda che
ritenuti infecondi. Il pluralismo moderno, che sottopone a forti
questo sguardo non sia distolto da entrambe le direzioni e risponda,
tensioni la coesione sociale, non può essere combattuto con
così, alle esigenze di senso e di Geistige Orientierung oggi avvertite
un’opposizione «fondamentalista». E se quest’ultima risulta foriera di
in maniera sempre più pressante e diffusa.
esiti totalitari, non meno dannosa si rivela la soluzione del
GIACOMO MIRANDA
postmoderno, vale a dire la presa d’atto dello status quo e la
Peter L. Berger, Thomas Luckmann, Lo smarrimento dell’uomo
simultanea rinuncia all’affermazione di orizzonti valoriali che vadano
moderno, il Mulino, Bologna 2010, pp. 131, € 10
al di là delle opzioni dei singoli. «Fondamentalismo» e «relativismo» sono, nei loro effetti, «un veleno mortale» che reca più svantaggi di quanti ne eviti. Nel settimo capitolo, quello conclusivo, Berger e
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L’opera presente nell’articolo è di Angelo Massaro, che ringraziamo vivamente per la gentile concessione.
Quaderni della Ginestra
TEORIA DEL RICONOSCIMENTO E CRITICA DEL CAPITALISMO
però essere individuato, come sottolinea in prefazione anche il curatore del volume, nella tensione che sussiste, all’interno della riflessione
L’
honnethiana, tra «la tematizzazione del concetto di riconoscimento» e ultimo libro di Axel Honneth, intitolato Capitalismo e
l’analisi di alcune «dinamiche socio-strutturali, morali e normative
riconoscimento, ha un pregio in particolare. Composto da saggi
peculiari
delle
società
capitalistiche
moderne
e
soprattutto
e articoli riuniti e tradotti da Marco Solinas, il volume offre al lettore
contemporanee». La domanda che quindi conviene porsi leggendo
italiano la possibilità di verificare in che modo l’elaborazione
Capitalismo e riconoscimento può probabilmente essere formulata in questi
honnethiana riesca a presentarsi come una riflessione filosoficamente
termini: in che modo la teoria del riconoscimento, formulata ed esposta
avveduta sul presente e sulle sue contraddizioni.
da uno degli ultimi eredi della tradizione della Scuola di Francoforte, si può
Nel complesso, i cinque capitoli che compongono Capitalismo e
tradurre in un approccio di teoria critica della società?
riconoscimento, pubblicati originariamente su saggi e riviste nell’arco
Il problema viene affrontato apertamente a partire dal secondo
dell’ultimo decennio, non sembrano riconducibili a un vero tema
capitolo. In queste pagine l’obiettivo di Honneth è di rintracciare,
unitario. Dopo un primo capitolo nel quale l’autore ritorna sulla propria
attraverso una «critica immanente» delle relazioni lavorative, i criteri
teoria del riconoscimento, in particolare riprendendo alcune questioni
normativi che conferiscono una legittimità alle lotte e alle rivendicazioni
già emerse nella disputa con Nancy Fraser, nelle pagine successive
dei lavoratori. Più che indirizzarsi verso un’indagine sulle cosiddette
Honneth si confronta con svariate problematiche, alcune delle quali di
«patologie del sociale», in questo contesto gli sforzi dell’autore, in realtà,
scottante attualità: le trasformazioni del mondo del lavoro, i processi di
si giocano tutti su un piano squisitamente teorico. Honneth si pone in
precarizzazione che investono anche la vita privata dell’individuo e,
aperto contrasto con tutte quelle posizioni, divenute dominanti nel
infine, la questione dell’ideologia in rapporto a pratiche distorte di
corso degli ultimi decenni, che tendono a ridurre economicisticamente il
riconoscimento sociale. In un tale mosaico di argomenti e spunti forse
lavoro sociale a un’attività interamente spogliata di determinazioni
non totalmente definito, il filo rosso che accomuna questi scritti può
morali. In linea con queste tendenze, la sfera della produzione materiale
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Libri in discussione
è stata via via tematizzata nei termini di un «sistema autoregolato libero
un determinato assetto di
da norme» (Habermas), sorretto da un agire ormai «sradicato» da usi
relazioni,
morali e tradizioni culturali (Polanyi), mentre le pretese avanzate dai
traducono
lavoratori in una tale contesto finiscono per apparire totalmente
sofferenza morale in una
destituite di qualunque rilevanza normativa.
domanda di cambiamento
gli
interessati
la
propria
Al fine di scardinare questa sorta di ‘fallacia funzionalistica’, Honneth
che, al di là di considerazioni
tenta di guardare al mercato del lavoro non soltanto come a un quadro
meramente strategiche, mira
di interazioni strategiche, ma anche a partire dai presupposti morali che
a ridefinire «le regole stante
consentono di ricollocare la sfera della produzione all’interno del
le quali i gruppi sociali, in
mondo vitale della società. Come già sapevano sia Hegel che Durkheim,
base al proprio status e alla
nell’interrelazione tra «egoismo soggettivo» e «appagamento dei bisogni
stima
goduta,
possono
di tutti gli altri» si dischiude uno spazio di integrazione sociale al cui
legittimamente
reclamare
interno gli attori del mercato accettano di partecipare alla produzione
una determinata quantità di
del bene comune con l’aspettativa di ricevere in cambio un adeguato
beni materiali».
riconoscimento (sia in termini economici sia in termini di «onore civile» e di
A partire da questa
stima sociale) per il loro effettivo contributo al benessere collettivo. Ed
lettura normativamente caricata del mercato del lavoro, Honneth tenta
è precisamente dalla delusione di questa aspettativa che per Honneth si
quindi di prendere le distanze dalla rappresentazione deformante di un
originano quei sentimenti di umiliazione e di «disrispetto» che
agire economico totalmente sradicato dall’eticità del mondo vitale e, al
costituiscono non soltanto la molla psicologica dei conflitti, ma anche la
contempo, di rinvenire i criteri che conferiscono un significato morale
chiave che permette di interpretare moralmente il contenuto delle
alle lotte e alle rivendicazioni dei lavoratori. Tuttavia, se fino a questo
pretese avanzate dai soggetti. Avvertendo come ingiusto e ingiustificabile
punto la riflessione honnethiana si propone di chiarire le condizioni di
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Quaderni della Ginestra
legittimità di una pratica critica che deve essere primariamente ascritta
complessivamente regolato dal principio di prestazione - intesa come
agli attori sociali, nelle pagine successive il filosofo sembra invece
compartecipazione al benessere comune di una collettività -, ottengano
volersi assumere in prima persona l’onere di un’indagine filosoficamente
un adeguato riconoscimento soltanto quelle performance che si dimostrino
orientata sui paradossi delle società tardocapitalistiche.
calcolabili in termini strettamente economici e quantitativi. Ma le
È in particolare nei capitoli terzo e quarto che la teoria del
osservazioni più stimolanti condotte da Honneth in questo ambito sono
riconoscimento si mette esplicitamente in gioco come teoria critica della
forse quelle relative ai «paradossi dell’individualizzazione», ossia a
società. Dopo aver portato alla luce la costitutiva compenetrazione tra
modalità perverse di autorealizzazione della persona che tendono
processi sistemici e processi normativi, Honneth si sofferma a indagare
ironicamente a rafforzare lo strapotere della società rispetto ai suoi
in che modo alcuni progressi morali della modernità abbiano finito per
membri. Ricollegandosi a una consolidata tradizione sociologica (che
rovesciarsi nel loro opposto, trasformandosi in strumenti di
riunisce idealmente autori come Weber e Simmel, ma su cui aleggiano
giustificazione e legittimazione del sistema economico. Principi
anche le figure della prima Teoria critica), in queste pagine il filosofo
storicamente istituzionalizzati come l’individualismo, l’eguaglianza
tedesco ci spiega come, in un contesto generale di desolidarizzazione
giuridica o l’idea di prestazione, geneticamente implicati nella
della vita sociale e di deregolamentazione del mercato del lavoro, il mito
formazione dell’economia capitalistica, sembrano infatti aver offerto
moderno dell’individuo finisca per convertirsi in un’ideologia
una copertura normativa a quegli stessi processi di ristrutturazione
economicamente produttiva che, più che promuovere un reale
sociale che li hanno sotterraneamente spogliati di ogni potenziale critico
affrancamento dei singoli, li porta a sottomettersi senza riserve agli
ed emancipativo.
imperativi sempre più pervasivi della produzione e del mercato.
Accade così che, all’ombra di un ideale di eguaglianza degli individui
GIUSEPPE RUBINETTI
davanti alla legge, vengano gradualmente erose alcune delle tutele sociali senza le quali le differenze di status rischiano di tradursi
Axel Honneth, Capitalismo e riconoscimento, Firenze University Press, Firenze,
immediatamente in disuguaglianze giuridiche; oppure che, in un contesto
2010, pp. 111, ! 17,80
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