Quaderni 11

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Numero 11 - Anno 2014/1


REDAZIONE

Direttore: Corrado Piroddi. Vicedirettore: Anna Maria Ricucci Redazione: Valeria Bizzari, Antonio Freddi, Giacomo Miranda, Teresa Paciariello, Lavinia Pesci, Corrado Piroddi, Anna Ricucci, Timothy Tambassi. Collaboratori esterni: Marco Anzalone, Simona Bertolini, Mara Fornari, Donatella Gorreta, Federica Gregoratto, Francesco Mazzoli, Giovanna Maria Pileci, Marina Savi, Cristina Travanini. Direttore responsabile: Ferruccio Andolfi.


SOMMARIO

Figure dell’individualismo................................................................................................................................................p. 6 Il significato dell’individuo di Joahnnes Volkelt.......................................................................................................................................p. 7

Meditazioni filosofiche..................................................................................................................................................p. 18 Individuo e società nella filosofia di Karl Marx di Marco Anzalone......................................................................................................p. 19 Transumanesimo: una nuova sfida per l’uomo di Valeria Bizzari............................................................................................................p. 25

Cinema e filosofia............................................................................................................................................................p. 30 Tony Manero di Sofia Bonicalzi...........................................................................................................................................................p. 31 Still Life di Francesco Mazzoli. ..........................................................................................................................................................p. 37


Letteratura e filosofia...................................................................................................................................................p. 40 Tra geometria e realtà. Il luogo letterario di Edwin A. Abbott di Giuseppina Mazzei..........................................................................p. 41 Piccoli uomini di Lucia Mancini............................................................................................................................................................p. 47

Didattica e filosofia......................................................................................................................................................p. 52 Étienne-Gabriel Morelly: il «Codice della natura»..................................................................................................................................p. 53

Libri in discussione....................................................................................................................................................p. 64 Perché la democrazia? di Chiara Destri.................................................................................................................................................p. 65 Sull’attualizzazione dello stoicismo di Timothy Tambassi.....................................................................................................................p. 69 Cittadini del paradosso di Corrado Piroddi...........................................................................................................................................p. 71


Pietro Anceschi è nato a Reggio Emilia nel 1985. Diplomato presso l’Istituto Artistico Chierici, in seguito ha conseguito il Diploma in Discipline Pittoriche presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Artista eclettico nell’impiego degli strumenti espressivi (acquaforte, spray art, scultura, pittura a olio), ha partecipato a varie edizioni di Fotografia Europea e a numerose esposizioni personali e collettive in tutta l’Emilia Romagna. Recentemente ha ricevuto diverse richieste di opere su commissione da enti punbblici e privati, quali la Lombardini Industrie e il Comune di Reggio Emilia. Quest’ultimo, nel 2013, lo invita a partecipare alle opere di riqualificazione delle ex officine Reggiane, destinate ad ospitare il futuro Tecnopolo cittadino.




Figure dell’individualismo

IL SIGNIFICATO DELL’ INDIVIDUO DI JOHANNES VOLKELT

Lehre, sein Glaube (Fromann, Stoccarda 1900), qui proposto in traduzione, dove non solo compare un fugace richiamo all’analogia proprio tra Spinoza e

L’interesse di Johannes Volkelt per la sorte dell’individuo in sistemi monisti,

Schopenhauer in merito alla consistenza ontologica dei singoli, e da qui prendono

improntati perciò ad un principio unificante quale ratio essendi e ratio

avvio considerazioni ispirate al Mondo e ai Parerga, ma la breve discussione

cognoscendi del molteplice, e con annessa svalutazione di quest’ultimo in quanto

intorno alla radice metafisica dell’individualità tradisce l’impostazione neokantiana

mera parvenza d’essere, risale ai primi anni di formazione. Esattamente nel 1871 il

delle opere precedenti ed è, per questo, ad esse raccordabile. E, a conferma ulteriore

filosofo galiziano, nato nel 1848, vide pubblicata la Tesi dal titolo Pantheismus

del fatto che siamo in presenza di un vero leitmotiv del pensiero di Volkelt, basterà

und Individualismus im System Spinozas, scritto riedito l’anno successivo a

aggiungere che nel 1928 apparve Das Problem der Individualität, scritto

Lipsia, dove Volkelt avrebbe trovato stabile dimora dal 1921 alla morte nel 1930,

specificamente dedicato all’argomento delle pagine che seguiranno.

per i tipi di Alfred Lorentz. Il tema dell’individualità si sarebbe in seguito attestato come un motivo speculativo sotterraneo, come una Unterströmung mai destinata a inaridirsi, peraltro, nel corso dei decenni. E questo nonostante il netto sbilanciamento degli interessi del filosofo a favore di questioni di derivazione kantiana come la funzione

epistemologica

di

esperienza

e

pensiero

(Immanuel

Kants

Erkenntnistheorie nach ihren Grundprinzipien analysiert, 1879; Erfahrung und Denken. Kritische Grundlegung der Erkenntnistheorie, 1886) e la possibilità di una metafisica (Über die Möglichkeit einer Metaphysik, 1884), senza omettere il cospicuo filone degli studi di estetica culminato con l’opera monumentale System der Ästhetik in tre volumi (I 1905; II 1910; III 1912). È dunque significativo notare come questa corrente riemerga nel diciassettesimo capitolo di Arthur Schopenhauer. Seine Persönlichkeit, seine

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Quaderni della Ginestra

H

o intenzionalmente riservato a questa parte finale una questione

oltrepassa ampiamente il fenomeno e chiama in causa l’essenza

rilevante che si impone attraverso la filosofia di Schopenhauer:

metafisica del mondo. Nella misura in cui Schopenhauer accentua la

la questione di quale significato assuma, al suo interno, l’individualità

portata attribuita alla nullità del singolo, si scorge tuttavia, più o meno,

umana.

l’idea sotterranea che proprio in quell’opera, in fondo, sia contenuto il

Per il concetto di individualità le conseguenze derivanti dai

nucleo di una metafisica dell’individuo. Già il fatto che propugnatori

fondamenti metafisici del sistema, e dalla teoria della conoscenza che vi

dell’individualismo come Bahnsen e Mainländer si siano considerati

trova sviluppo, non lasciano alcun margine di dubbio. Se tutto ciò che si

seguaci di Schopenhauer ragionando da individualisti, porta alla

presenta nello spazio, nel tempo e nella connessione causale, appartiene

conclusione che, nel filosofare di quest’ultimo, non sia di scarso rilievo

al mero fenomeno, e se l’essenza soggiacente ai fenomeni appare

la corrente sotterranea funzionale a elevare il singolo contro la pressione

superiore a spazio, tempo e causalità, e pertanto ad ogni distinzione tra

esercitata dal fenomenalismo e dall’idea del Tutto-unità. Approfondirò

molteplicità e singolarità, è incontrovertibile affermare che anche

ora queste movenze di pensiero e gli spunti individualistici offerti da

l’individuo umano non appartiene ad altro che all’esteriorità del mondo,

Schopenhauer.

all’involucro intessuto di sogni che avvolge la cosa-in-sé. Come Spinoza,

Attenendoci all’architettura del sistema, riscontriamo anzitutto il

per principio Schopenhauer è costretto a pensare il singolo come una

valore metafisico dell’individuo nella dottrina delle idee. Mentre in

forma che increspa la superficie del mondo senza soluzione di

natura, complessivamente e fino al livello degli animali superiori, le idee

continuità. È doveroso riconoscere che, nella sua filosofia, questa

corrispondono a forze e specie e le conformazioni singolari risultano

svalutazione dell’individuo trova espressioni vivide e varie. Al contempo,

per loro indifferenti, nel mondo umano ogni individuo è da considerare

tuttavia, nessun lettore di Schopenhauer può rimanere ignaro del fatto

come un’idea particolare. Se ne parlava nel capitolo quattordicesimo 1.

che nel suo pensiero sia presente e degna di nota una corrente

Senza alcuna ambiguità, perciò, al singolo in quanto tale è assegnato un

sotterranea improntata all’individualismo. In numerosi passi della sua

essere che oltrepassa i fenomeni in direzione dell’Eterno e dell’Uno.

opera viene alla luce un significato, assegnato all’individuo, che

Nello stesso senso in cui ciascuna idea è conformazione immediata della

8


Figure dell’individualismo

volontà, in Schopenhauer anche ogni individuo umano costituisce un

dell’aseità e della colpa originaria; basta limitarsi a osservare che il

particolare prodotto della volontà. In un filosofo che conferisce un tale

carattere intelligibile è individualmente determinato per ogni uomo.

significato all’individuo, sarà necessariamente operante una forte

Poiché il carattere intelligibile cade al di là di ogni fenomeno,

corrente contraria alla riduzione fenomenalista e panteista dell’individuo

ovviamente anche l’individualità appartiene a tale al di là. Questa

medesimo.

conseguenza, a partire da affermazioni che Schopenhauer fa proprie,

Proseguendo nello studio del significato metafisico del singolo in

appare con tale evidenza che egli giunge perfino ad una formulazione

Schopenhauer, incontriamo numerosi passi in cui egli distingue

esplicita: l’individualità non si basa solo sul principium individuationis, e

nell’uomo il carattere empirico da quello intelligibile. Il carattere

perciò non è completamente fenomeno, ma è radicata nella cosa-in-sé.

intelligibile si riferisce a quell’atto originario della volontà in virtù del

A dire il vero, egli aggiunge, ci si può chiedere ulteriormente quale

quale ognuno risulta questo determinato essere singolare. Se l’origine di

profondità raggiungano le radici dell’individualità nell’essenza-in-sé del

ciascun uomo è l’‘atto di una volontà libera’, l’individualità si radica

mondo; ritiene tuttavia che questa domanda sia trascendente e, pertanto,

evidentemente nella cosa-in-sé. Il segreto dell’‘aseità’ implica una

che una risposta precisa e perspicua risulti impossibile3.

metafisica individualista. Poiché dotata di aseità, la nostra volontà non

Quanto il suo pensiero sia mosso da due impulsi, dei quali l’uno

appartiene più al fenomeno: di contro, è un’individuale cosa-in-sé 2. Di

privilegia il significato metafisico dell’individualità, mentre l’altro tende

conseguenza non rimane altro che ammettere che l’essenza originaria,

contrariamente ad essa, appare con particolare chiarezza se alla luce

ferma

partecipata

delle asserzioni di Schopenauer sul carattere intelligibile, sulla libertà e

individualisticamente. L’aseità ci introduce direttamente al motivo della

sull’aseità, prendiamo in considerazione le riflessioni dedicate

colpa originaria. La nostra essenza è uno sviamento, una colpa; e noi

all’immortalità o, come egli preferisce chiamarla4, all’‘indistruttibilità’

siamo i liberi artefici di questa colpa. Ancora è da giudicare se ciò abbia

della nostra essenza. Al riguardo ci interessa principalmente il bel

senso proprio presupponendo che all’individuo convenga un essere

capitolo che sviluppa questo argomento nel secondo volume dell’opera

metafisico. Non occorre nemmeno scendere nei dettagli della libertà,

maggiore, una sorta di capolavoro filosofico accordato uniformemente

9

restando

la

sua

unità,

al

contempo

è


Quaderni della Ginestra

nelle sue parti e configurato a partire da una penetrante considerazione

concetti di nascita, morte e durata: il suo è un essere atemporale, mentre

della natura. In questo capitolo l’impulso individualista rimane

l’intelletto ricade nel mondo fenomenico dominato da nascita e morte,

interamente sullo sfondo. Per quanto Schopenhauer respinga il

così che è interamente destinato a quest’ultima. Queste due proposizioni

completo

sono

annullamento

dell’individuo,

continua

nondimeno

a

dunque

equivalenti,

secondo

Schopenhauer:

‘l’individuo

contrapporgli il carattere non transeunte e l’eternità del genere, dell’idea,

soccombe’ e ‘l’intelletto soccombe’; allo stesso modo le altre due: ‘solo il

della volontà. Il genere è presente come ciò che è uno e medesimo,

genere è indistruttibile’ e ‘la volontà nell’individuo è indistruttibile’5.

immobile e permanente in tutti gli individui. Nell’incessante mutare di

Suonano,

tuttavia,

notevolmente

diverse

certe

affermazioni

individui tra loro separati da nascita e morte, il genere non conosce

rinvenibili in altri luoghi che trattano lo stesso argomento. Ci

corruzione e vive in un presente che non ha fine, indivisibilmente uno e

imbattiamo infatti nell’idea ragguardevole che alla cosa-in-sé non si

pressoché atemporale. Nell’individuo il genere è presente, o meglio, è

addica, con la perdita della conoscenza, anche il simultaneo venir meno

presente in maniera indivisa l’intera volontà di vita. Pertanto nell’eternità

della coscienza. Schopenhauer ha in mente una forma di inconscio, una

del genere e della volontà è insieme garantita all’individuo la propria

coscienza del tutto differente e inaccessibile alla comprensione. Così egli

eternità. Risiede qui, dunque, l’unità panteista del Tutto-volontà, alla

assegna anche alla morte un carattere positivo: riconosciamo sempre

quale viene ricondotto il nucleo indistruttibile dell’individuo. Al

quello che perdiamo con la morte, ma non ciò che acquistiamo per suo

contempo,

l’influsso

tramite. Questo aspetto positivo ci rimane oscuro perché il nostro

determinante del suo fenomenalismo ed è coerente nell’attenersi alla netta

intelletto è totalmente incapace di afferrarlo. Di quando in quando,

cesura tra cosa-in-sé e fenomeno, tra volontà e rappresentazione. Ciò

ciascuno avverte nel profondo del suo animo che «merita ed è destinato

che soccombe con la morte è soltanto il soggetto della conoscenza, l’intelletto,

a ottenere un’esistenza del tutto diversa da questa, così indicibilmente

la cui esistenza consiste nella relazione con il mondo della

meschina, limitata a un breve lasso di tempo, individuale e occupata da

rappresentazione; la volontà, al contrario, rimane immune alla morte,

mille miserie», e che la morte gliela dischiuderà. Richiamando allora alla

appartenendo essa ad un ambito in cui non trovano cittadinanza i

mente l’ingresso dell’individualità nell’ambito del metafisico, come

l’esposizione

di

Schopenhauer

subisce

10


Figure dell’individualismo

S OTTOSOPRABROLETTO, 2013,

11

ACQUAFORTE

/ ACQUATINTA, 50X18CM


Quaderni della Ginestra

poc’anzi abbiamo messo in luce, i passi in questione sembrano indicare

percepisca ancora una voce che si pronuncia a favore dell’immortalità

la direzione di un’immortalità individuale ma secondo un’accezione più alta.

stessa, e le presti ascolto all’interno di determinate prospettive in cui si

Potremmo forse parlare di un’immortalità sovraindividuale, ma tale da

addentra.

non confondersi con la vita del Tutto-uno. Pertanto, constatando come

Vediamo dunque che nella dottrina dell’immortalità di Schopenhauer,

Schopenhauer identifichi nella vita un sogno e nella morte un risveglio,

accanto al panteismo quale conseguenza preponderante del suo sistema,

spontaneamente si origina in noi l’impressione che con questo ‘risveglio’

si manifesta un impulso individualistico. L’individualità si impone ai suoi

egli abbia inteso una forma di esistenza inconscia, sovraindividuale, ma

occhi come qualcosa di solidamente strutturato in sé su base metafisica,

non sovrapponibile al Tutto-uno. Si rafforza questa nostra convinzione

come un che di vigorosamente accentrato sull’io, come unità

quando leggiamo il passo: «Io credo che, quando la morte avrà chiuso i

indissolubile. Il significato morale dell’individuo, soprattutto, gli sembra

nostri occhi, ci troveremo nel pieno di una luce al cui confronto la luce

aver reso inevitabile l’idea dell’originarietà metafisica dell’individualità. E

solare sarà un’ombra» 6. In questo luogo anche la sua predilezione per la

così, per rendere a modo suo giustizia all’individuo in merito alla

metempsicosi o, come preferisce chiamarla, per la palingenesi, ottiene

questione dell’immortalità, ogni tanto sperimenta possibilità del suo

un rilievo maggiore. Egli enfatizza, è vero, il fatto che la

pensiero dagli esiti assai imprevedibili. Non che questo sia un motivo di

rappresentazione

nella

critica: infatti, chi voglia parlare filosoficamente di immortalità deve

trasmigrazione delle anime non sia adeguata alla cosa-in-sé e convenga

mettere in conto possibilità che, per il pensiero, implicano direzioni

liberarsene, riducendosi in fondo tale trasmigrazione ad una descrizione

anche

metaforica del vero. Nonostante ciò, nel corso dell’intera trattazione che

interpretazioni più esatte, per non parlare di soluzioni vere e proprie,

le viene dedicata, si intravede l’attitudine di Schopenhauer a concepire la

come vie impraticabili.

del

tempo

modellata

sulla

credenza

7

molto

distanti

dalla

consuetudine,

facendo

apparire

volontà dopo la morte come perdurante in una forma individuale . È

Nell’ultimo scorcio della vita di Schopenhauer, come ho già

notevole che un filosofo, apertamente incitato da tutto il suo sistema alla

accennato nel secondo capitolo, vennero alla luce alcuni ripensamenti

battaglia contro l’immortalità, malgrado ogni scontro sostenuto

nelle connessioni concettuali del suo pensiero. Per quanto mi riguarda,

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Figure dell’individualismo

in particolare, due ripensamenti di tipo semantico. Il primo concerne il

l’essenza uniforme del Tutto-uno, che ingloba in sé ogni cosa in modo

suo fenomenalismo. Abbiamo ampiamente rilevato la tendenza di

indifferenziato, è incompatibile con l’aseità della volontà individuale, e

Schopenhauer a tradurlo in termini fisiologici e materialistici8, tendenza

che

che si rafforza nella vecchiaia.

dell’individualità nella volontà del mondo. Anche l’insieme di riflessioni

dunque

occorre

ammettere

qualcosa

come

il

radicarsi

Di certo esercitarono un influsso decisivo soprattutto due ricercatori

che rimane da esaminare, e che ci offrirà una prova ulteriore e cospicua

francesi, Bichat e Cabanis, il cui approccio fisiologico aveva incontrato

dell’individualismo metafisico di Schopenhauer, appartiene all’ultima

da parte sua un sincero entusiasmo. In base al tratto fondamentale della

fase della sua esistenza.

sua teoria della conoscenza, materia, corpo e cervello non sono altro

Tengo inoltre presente il saggio sull’apparente disegno intenzionale

che intuizioni del soggetto rappresentante. Con l’avanzare dell’età,

nel destino dell’individuo che figura nel primo tomo dei Parerga.

questo aspetto kantiano, soggettivo-idealistico del fenomenalismo sfuma

Valutando il corso della sua vita in una prospettiva d’insieme,

in secondo piano. Non intendo affatto dire che Schopenhauer abbia

Schopenhauer, ormai anziano, fu colto dall’impressione che la cecità del

rigettato, o almeno in qualche modo fatto vacillare, questo caposaldo

caso, considerata da una visuale più elevata, si inscrivesse in un

della sua filosofia, ma è corretto precisare che il fondamento kantiano

significato e in un disegno trasversali al processo vitale. In certi

della sua filosofia perse progressivamente d’importanza, e, al suo posto,

momenti di raccoglimento, la sua vita gli appariva percorsa da una

nella riflessione del filosofo conquistò un ruolo primario e cogente la

necessità segreta e inafferrabile; aveva quasi la sensazione che i suoi

dipendenza dell’intelletto da corpo e cervello.

istinti e impulsi, i pensieri e gli eventi esterni fossero reciprocamente

Il secondo ripensamento riguarda l’individualismo metafisico: soltanto

concatenati con saggezza e senza nulla concedere al caso, così da

nel secondo libro della sua opera principale e nei Parerga le idee

portare a compimento un’opera d’arte accuratamente rifinita.

individualistiche compaiono con una certa enfasi e frequenza, per

Dobbiamo immaginare in questo modo, all’incirca, la condizione di vita

quanto non siano del tutto assenti neppure in scritti precedenti. Solo in

personale da cui è scaturito il saggio sopra menzionato. Una simile

età avanzata pare che Schopenhauer sia giunto alla consapevolezza che

disposizione d’animo, ora, interessava anche lui. Credeva che pressoché

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Quaderni della Ginestra

tutti, prima o poi, si sarebbero almeno una volta imbattuti nell’idea di un

che deriva la possibilità di quella segreta conduzione del corso della

simile ‘fatalismo trascendente’. Ebbe così origine in lui la ‘speculazione

nostra vita.

trascendente’ incorporata nei Parerga, e che nella sua opera conquista

Una volta comprese a fondo queste idee di Schopenhauer nel loro

una posizione significativa in forza, ormai, di una prospettiva

insieme, si concederà senza riserve che quella potenza segreta che guida

esistenziale moderata, ponderata e giunta alla maturità, oltre che in virtù

il corso della vita individuale può essere pensata solo nella forma di un

del consolante senso religioso di cui una simile visione delle cose si

incremento individuale o di un’espressione del Tutto-volontà, e che

rivela intrisa9. Sarebbe un errore, affrontando questo saggio, assumere

all’individuo è in tal modo assicurata un’essenzialità metafisica. Se mi

come obiettivo prioritario la disamina delle rispettive contraddizioni con

raffigurassi la volontà del mondo come assolutamente unitaria e

il resto della filosofia di Schopenhauer, poiché è proprio lui a

indivisa, e, per altro verso, ponessi gli individui alla stregua di figure

sottolineare energicamente che, in questa sede, sta costruendo una pura

transitorie che lambiscono questo nucleo unitario, non avrebbe

fantasia metafisica, e che tutto è avvolto nel dubbio e nell’oscurità non

semplicemente alcun senso parlare di una conduzione trascendente del

potendo mostrarsi altrimenti che in una nebbiosa lontananza.

corso della vita individuale.

Questa ‘speculazione trascendente’ di Schopenhauer ci interessa

Schopenhauer arriva a trarre perfino questa conseguenza, di marca

principalmente in rapporto alla nozione del suo individualismo.

individualista. Non rinuncia a caratterizzare quella potenza segreta come

Poniamo che una forza, la cui conduzione ci è ignota, attraversi il corso

il genio che dirige il corso della vita del singolo, e più volte rimarca il

della nostra vita e faccia in modo che gli eventi casuali agli occhi di un

fatto che essa agisca a partire dal profondo del nostro essere, derivando

osservatore esterno siano, invece, ordinati in un tutto internamente

«da quella volontà che propriamente ci appartiene». Pertanto, nello

strutturato e significativo sotto l’aspetto morale. Questa potenza, è

stesso contesto, sentiamo Schopenhauer definire con particolare

ovvio, non può appartenere al mondo fenomenico, bensì risiederà

insistenza

«nell’essenza

metafisicamente radicato. Ognuno è un «atto individualizzato» della

metafisica

interiore

delle

cose».

Va

posta

qui

un’inafferrabile unità di caso e necessità; è da una simile radice unitaria

anche

la

nostra

individualità

come

qualcosa

di

volontà di vivere; ognuno è volontà di vivere «secondo una modalità del

14


Figure dell’individualismo

SOTTOSOPRABROLETTO , 2013, OLIO SU TE LA, 230X80CM

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Quaderni della Ginestra

tutto individuale e unica». E quando parla del vantaggio che la segreta

metafisica individualista. Queste premesse non trovano nemmeno

conduzione del corso della vita potrebbe avere per l’individuo al di là

sviluppo nel suo sistema, e perfino le conseguenze più palesi e stringenti

della sua morte, anche qui, ovviamente, è ammessa una durata

a favore di una mutata concezione del fondamento del Tutto-unità non

dell’individuo che reca la forma della singolarità. La morte costituisce la

sono tratte da loro. Esse costituiscono una corrente sotterranea, nella

grande “crisi” in cui si decide il destino ulteriore del mortale insieme

sua filosofia, e a tratti la intersecano, ma non per questo sono

con ogni gioia e pena, irrevocabilmente stabilite per lui da allora in

d’importanza trascurabile. Se a causa loro la filosofia di Schopenhauer

avanti10.

ha perso in coerenza e unità, al tempo stesso ha realizzato un guadagno,

Schopenhauer ha avuto una vivida percezione dei punti ardui e

è divenuta cioè più corrispondente alla complessa fattualità del mondo e

oscuri della sua speculazione, e certamente anche delle molteplici e

alla molteplicità delle questioni da essa sollevate. Considero legittime in

considerevoli contraddizioni in cui essi lo ingarbugliano con altre pagine

metafisica entrambe le correnti, ovvero l’impulso del Tutto-unità e

della sua filosofia, ma volle ugualmente accogliervi suggestioni e

l’individualismo. Da un lato, il pensiero metafisico sfocia nel panteismo;

pensieri che sperimentava guardando in retrospettiva al suo destino.

ma, dall’altro, non può ignorare impulsi rilevanti che convergono verso

Sicché, da un lato, viene in piena luce la forza di questo rivivere

il riconoscimento di un’ipseità metafisica. La metafisica ha proprie

interiore, dall’altro l’onestà intellettuale di Schopenhauer nell’esternare

esigenze e prospettive, e produce tentativi – dei quali non viene mai a

suggestioni e pensieri addirittura al prezzo di un duro contrasto con il

capo – tanto poco conformati che le due tendenze vi trovano parimenti

proprio sistema.

soddisfazione. Perciò ammetto da subito che, rispetto alle questioni

In sintesi, quanto ai germi metafisico-individualistici presenti in Schopenhauer 11, non possiamo dire che costituiscano, nella sua filosofia, un elemento paritario all’impulso del Tutto-unità, o per lo meno tale da avvicinarglisi

quanto

a

importanza

e

potenzialità

espressive.

Indagandoli, ci siamo trovati dinnanzi solo alle premesse di una

estreme poste dalla metafisica, il ‘perché’ e il ‘come’ ricadono integralmente nel dominio dell’inafferrabile. Solo assegnando alla metafisica la funzione qui abbozzata, l’individualismo

di

Schopenhauer

apparirà

nella

giusta

luce:

Schopenhauer era sulla strada giusta nell’affermare la dottrina del Tutto-

16


Figure dell’individualismo

unità insieme con una metafisica individualista, e corretta fu l’impressione che, non potendo rispondere alle sue esigenze speculative il Tutto-uno fagocitante l’individuo, fosse necessario un complemento individualistico. Non si è accorto, ed è questo il punto, che tra i compiti principali della metafisica vi era la congiunzione reciproca dei due orientamenti del suo pensiero. Piuttosto, egli elaborò la dottrina del Tutto-unità fino ad un’infruttuosa esagerazione e ridusse direttamente ad un ruolo marginale premesse individualistiche estranee a detta dottrina.

TRADUZIONE A CURA DI GIACOMO MIRANDA

Cfr. p. 197. Cfr. p. 255. 3 I, 377 e segg.; II, 711, 755; V, 288 e segg., 243. [Citazioni o rimandi alle opere di Schopenhauer fanno riferimento all’edizione curata da Eduard Grisebach Sämtliche Werke in sechs Bänden, Reclam, Leipzig 1891-95. N.d.T.] 4 II, 565. 5 II, 542-598. 6 V, 281 e segg.; N. IV, 178, 185. Cfr. N. IV, 190. 7 II, 591 e segg. – e spesso. Talvolta (ad esempio IV, 255) Schopenhauer si esprime come se credesse veramente nella palingenesi. 8 Cfr. p. 85 e segg. e 200 e segg. 9 Questa trattazione suscitò in particolare una viva impressione in Richard Wagner 1 2

17

(Gesammelte Schriften und Dichtungen, ed. II, vol. 10, p. 260 e segg.). Cfr. anche H. SIEBECK, Lehrbuch der Religionsphilosophie, Freiburg 1893, p. 402. 10 IV, 231 – 255; cfr. II, 706; IV, 523 e segg.; N. IV, 134 e segg. 11 L’individualismo metafisico in Schopenhauer prende anche altre direzioni. Ad esempio, nelle parti che dedica a chiaroveggenza e magia, si presuppone che la volontà metafisica eserciti a tutti gli effetti un’azione individuale (cfr. III, 306 e segg.; IV, 340 e segg.). Nello specifico, è doveroso un rimando alle sue affermazioni circa l’apparizione dei defunti: egli non arriva a negare la possibilità che ai defunti sia accessibile, né che ne siano gli artefici (IV, 332 e segg., 345). Alla base di questa concessione si pone chiaramente la premessa che il nucleo della volontà individuale di ognuno sopravviva anche dopo la morte. A tutt’altra forma di individualismo metafisico siamo indotti, invece, quando fissiamo lo sguardo su ciò che sta a fondamento della sua dottrina del soggetto della conoscenza in quanto genio non assoggettato alla volontà. Il soggetto che non sia schiavo della volontà è atemporale, dunque fuoriesce dai fenomeni; come ho detto a pagina 264, è divenuto una cosa-in-sé intellettuale. Il filosofo e l’artista sono ancora individui quando producono la loro opera (sarebbe perfino paradossale ammettere di poterli scindere da tutto ciò che, in quanto individui, hanno ricevuto e sviluppato in termini di conoscenza, formazione e capacità), e tuttavia appartengono, allo stesso tempo, ad un ambito metafisico.


Meditazioni filosofiche


Meditazione filosofiche

INDIVIDUO E SOCIETÀ NELLA FILOSOFIA DI KARL MARX

C

ome sostiene nel testo, secondo Marx l’appartenenza al genere corrisponde al concepire sé stesso come un essere universale.

Inizialmente il filosofo sostiene un ritorno all’uomo in quanto «L’universalità dell’uomo si palesa praticamente proprio nell’universalità per cui

Naturwesen, ma se egli si fosse fermato a questo momento avrebbe

l’intera natura è fatta suo corpo inorganico, sia in quanto (1) è alimento immediato,

concepito l’uomo nella sua immediatezza, come pura natura, nella sua

sia in quanto (2) è la materia, l’oggetto e lo strumento della sua attività vitale. La

unilateralità, e l’uomo, si sarebbe compreso esclusivamente come

natura, s’intende la natura in quanto non è essa stessa corpo umano, è il corpo

individuo isolato. Come possiamo evincere dalle parole sopra citate,

inorganico dell’uomo. […] estranea all’uomo (1) la natura, (2) se stesso, la propria

Marx in effetti fa un passo ulteriore: egli sostiene che l’uomo è anche un

funzione attiva, la sua attività vitale, rende estraneo all’uomo il genere; gli riduce la

essere di genere, Gattungswesen, e riconosce l’universalità a cui appartiene,

vita generica a mezzo della vita individuale. In primo luogo rende estranee la vita

senza però staccare lo sguardo dalla particolarità, dall’individuo. L’uomo

generica e la vita individuale, e in secondo luogo fa di quest’ultima nella sua

può concepirsi in una prospettiva universale, assumere ad oggetto il

astrazione lo scopo della prima, parimenti nella sua forma astratta ed estraniata».

genere, ed è proprio la dimensione dell’universalità che corrisponde alla

K. Marx, Manoscritti economico-filosofici, Newton Compton, Roma 1976, p.131.

sua libertà; questa si manifesta non nella semplice affermazione dell’individualità, ma quando tale affermazione viene trasposta nell’ambito dell’universalità. Questa trasposizione per Marx può avvenire attraverso il lavoro, in quanto unisce l’individualità con il genere. L’intera natura per Marx costituisce mezzo e ambiente della vita umana, si trova in un continuo rapporto con essa, è la sua premessa. L’uomo infatti non si limita ad accogliere il mondo oggettivo, egli deve appropriarsene; in qualche modo deve fare del mondo oggettivo un

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Quaderni della Ginestra

organo della sua vita e deve trasformarlo per operare in esso e con esso.

momento l’idea per cui le attività spirituali, pur avendo una loro forma

Secondo Marx è proprio in questo momento di attività dell’uomo che si

specifica, restano legate alla corporeità come loro condizione naturale.

manifesta il suo essere generico, la sua universalità.

Nel lavoro estraniato questa libertà viene meno; allontanando tale

L’uomo si appropria della natura attraverso il processo produttivo,

attività dall’uomo, separa quest’ultimo sia dal suo essere naturale sia dal

che viene considerato come attività vitale dell’uomo, il lavoro;

suo essere di genere, in questo modo crea l’astrazione, mantiene la

l’individuo nel lavoro assimila quel corpo inorganico rendendolo sempre

Trennung tra individuo e genere. In questa distinzione viene capovolto il

più vicino ad una componente organica di sé stesso. Ciò è possibile

rapporto dando molta più importanza alla dimensione individuale

solamente perché l’uomo stesso è natura, ovvero non è una oggettività

rispetto al genere: in questo senso viene ridotta la vita di genere alla vita

esterna che si contrappone alla sua interiorità: che la vita fisica e

individuale. Il lavoro estraniato quindi mantiene il dualismo dell’uomo

spirituale dell’uomo sia connessa con la natura, non ha altro significato

dell’economia politica, mantenendo inalterati tutti quei rapporti

se non che la natura è connessa a se stessa, poiché l’uomo è una parte

mistificati in cui l’uomo viene disumanizzato.

della natura. Quindi l’uomo ha anche una vita spirituale che si connette

In tutto ciò sembra che altro sia la vita generica dell’uomo, cioè la sua

con la natura, ovvero che nello sviluppo della vita umana è necessaria

vita produttiva subordinata alle astratte leggi della produzione, e altro la

anche una dimensione che va al di là dell’atto produttivo strettamente

sua vita individuale, estranea al lavoro e limitata alla soddisfazione dei

collegato con il bisogno fisico. Vi è una dimensione che è parte

più elementari bisogni fisici. In questa forma astratta la vita individuale,

fondamentale dell’uomo nella quale l’atto produttivo è libero, universale,

d’altro lato, funge da scopo della vita generica: il lavoro appare come

come ad esempio la produzione artistica; quindi l’individuo manifesta le

mezzo per la sopravvivenza. In questa prospettiva la stessa vita

sue forze vitali, essenziali anche in una produzione spirituale. È

produttiva appare all’uomo solo come mezzo per la soddisfazione di un

possibile sottolineare inoltre che le attività spirituali perché possano

bisogno; ma, secondo Marx, la vita produttiva è esattamente la vita

essere esercitate devono necessariamente incorporarsi ed esercitarsi in

generica − che produce un mondo oggettivo.

maniera non riflessiva ma pratica. È molto più chiara in questo

La vita dell’uomo quindi s’identifica con la sua attività vitale, il

20


Meditazione filosofiche

lavoro; quest’ultima viene assunta da lui come oggetto del suo volere e

vengono conservate tutte le forze essenziali dell’individuo. L’uomo

della sua coscienza. Ciò che infatti distingue l’attività animale da quella

plasmando gli oggetti si appropria di una materia che gli si contrappone,

umana è proprio la coscienza; lo stesso Marx sostiene che l’uomo è un

in questo momento l’uomo nel suo lavoro si riconosce come oggettivo,

essere cosciente soltanto perché è un essere generico. Si potrebbe

diviene oggettivo a sé stesso; i prodotti del suo lavoro diventano per lui

considerare che di un essere generico dell’uomo non si può parlare se

oggetti che confermano e realizzano la sua individualità. Questo

non in relazione all’attività produttiva. Infatti gli attributi tradizionali del

momento è necessario proprio per l’essenza stessa del lavoro, ovvero è

genere – la consapevolezza, universalità, la libertà – vengono fatti

una attività che si oggettiva ed è destinata necessariamente a fissarsi

dipendere dalla circostanza che l’uomo produce la propria vita. In Marx

nell’oggetto che ha prodotto: ciò sta a significare che la Bildung

vi sono due momenti uno pratico e uno teoretico che sembrano

dell’individualità mediante il momento produttivo è necessaria.

equilibrarsi, poiché non c’è attività umana senza coscienza e non vi è

Marx cerca quindi di mantenere intrecciati indissolubilmente il

coscienza che non sia determinata a illuminare la prassi: infatti la natura

momento teoretico ed il momento pratico, intreccio che sta alla base del

umana in quanto soggetta a bisogni, è costantemente condizionata

suo materialismo e dalla sua concezione dell’individualità.

dall’esteriorità materiale, e proprio per questo Marx ribadisce spesso che il rapporto con la natura deve essere costante e ininterrotto.

Nell’atto lavorativo non vi è solamente l’individuo isolato, ma nel lavoro si esprime l’universalità specificatamente umana. Nel lavoro c’è

Il lavoro quindi si configura come l’attività vitale, la prassi, che non

quindi l’individualità ma si manifesta anche il carattere fondamentale

solamente produce oggetti, ma forma e produce anche il lavoratore,

dell’oggettivazione, ovvero il carattere sociale: l’uomo oggettivamente è

plasma l’oggetto umano, la sua coscienza, ovvero l’individuo che si pone

sociale. È possibile capire quindi perché quando si afferma l’uomo

attivamente verso la natura e quindi sé stesso. Il lavoro diviene

come essere generico allo stesso tempo si afferma l’uomo sociale. Il

quell’elemento fondamentale che permette all’uomo di formarsi una

campo dell’attività vitale è comune, infatti è attraverso gli oggetti del

propria soggettività, una individualità; la quale non va perduta

lavoro che si rivela l’altro nella sua realtà: lo stesso Marcuse,

nell’universalità dell’attività produttiva, perché nel prodotto del lavoro

nell'analizzare la riflessione marxiana, sosteneva che ogni lavoro è lavoro

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Quaderni della Ginestra

MARE, 2013, OLIO SU TE LA, 220X110CM

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Meditazione filosofiche

con e per gli altri, in modo che gli uomini mostrano ciò che veramente

conserva l’essenza naturale umana poiché è dalla sensibilità, dal suo

sono soltanto quando si trovano gli uni insieme agli altri e di fronte agli

essere oggettivo che si costruisce l’essenza di genere, ovvero il suo

altri.

essere universale, sociale.

È chiaro così che ogni oggetto in cui l’uomo realizza la propria

Il lavoro diviene quindi quell’elemento medio che permette di

individualità è allo stesso tempo la sua propria esistenza per sé e per

congiungere l’individuo al genere senza che il primo svanisca nel

l’altro uomo e viceversa; ovvero un reciproco riconoscimento delle

secondo; l’intento di Marx non è quello di sacrificare il particolare,

individualità nell’universalità, nella società. In questo modo il mondo

ovvero l’essere naturale dell’uomo, che è nell’uomo e proprio dell’uomo,

oggettivo nella sua totalità è concepito come mondo sociale, come la

né l’universale, il generico, che anch’esso è dell’uomo. Ciò che interessa

realtà oggettiva della società umana; è anche inteso, di conseguenza,

al filosofo è di evitare l’unilateralità del primo momento e l’astrattezza

come una realtà storica.

del secondo; tale tentativo di unità non è da intendersi nei termini

Il Gattungswesen viene costruito tramite il lavoro, e viene determinato

hegeliani, ossia come unione di opposti, ma come unità di distinti. Si

come essenza sociale dell’uomo; sembra che il suo essere di genere

potrebbe dire quindi che la prospettiva marxiana non considera il

possa essere considerato come una seconda natura dell’essere umano,

Naturwesen e il Gattungswesen come due tendenze opposte che cercano di

che viene formata a partire dalla natura, in particolare dall’essere

trovare unità, ma sono due tendenze che coesistono mediante il

oggettivo, sensibile dell’uomo e che attraverso il momento produttivo,

momento produttivo e che continuamente si relazionano tra loro, dando

oltre a produrre oggetti in quanto tali, produce anche la coscienza

origine all’individuo nella sua realtà come sinolo tra uomo e natura, tra

sociale dell’essere naturale, ovvero dell’individuo sociale, ovvero la sua

universalità e particolarità.

esistenza umana. Si potrebbe individuare la presenza del concetto di

Attraverso la prassi la natura viene manipolata facendola divenire

Aufhebung hegeliano, ovvero il Gattungswesen rispecchia tale concetto in

appropriata alla società. Questo procedimento di umanizzazione della

quanto supera il Naturwesen, l’immediatezza della vita umana,

natura comprende in primo luogo l’uomo, proprio perché egli stesso è

sopprimendolo attraverso l’attività produttiva; tuttavia allo stesso tempo

natura. L’umanizzazione dell’uomo attraverso il lavoro equivale per

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Quaderni della Ginestra

Marx ad un processo creativo del mondo umano, dell’intera società; il compimento di questo processo è definito da Marx come umanesimo. Cosa fondamentale da ricordare però è il fatto che sarebbe sbagliato per il filosofo considerare la società come una pura e semplice creazione dell’uomo: la società è si creata dagli individui sociali, ma allo stesso tempo questi vengono creati e formati dalla società stessa; il rapporto formativo non è di unidirezionalità ma di reciprocità.

MARCO ANZALONE

24


Meditazioni filosofiche

TRANSUMANESIMO: UNA NUOVA SFIDA PER L’UOMO

L

e parole di Max More, fondatore dell’ Extropy Institute e importante esponente del movimento transumanista, suscitano

ad ogni lettura (e, presumo, ad ogni lettore) sentimenti contrastanti, un «L'estropianesimo è una filosofia transumanista. I Principi Estropici descrivono

misto di curiosità, stupore, e, a tratti, inquietudine. I principi estropici

una specifica versione del pensiero transumanista. Come gli umanisti, i transumanisti

che egli descrive si focalizzano, in particolar modo, su elementi quali

sono per la ragione, il progresso ed i valori centrati sul proprio benessere, piuttosto che

un’alta aspettativa di vita, l’utilizzo di nanotecnologie, una visione

su di una autorità religiosa esterna. I transumanisti spingono l'umanesimo verso la

ottimistica del futuro e delle capacità umane. In particolare, l’ Extropy

sfida alle limitazioni della specie umana con l'uso di scienza, tecnologia, creatività e

Institute, che More rappresenta, è un centro fondamentale per la filosofia

pensiero critico. Noi sfidiamo l'inevitabilità dell'invecchiamento e della morte.

transumanista, poiché fu il primo a organizzare, negli anni Novanta, una

Perseguiamo la crescita ininterrotta delle nostre capacità intellettuali e fisiche, nonchè

serie di conferenze che contribuirono all’affermazione del movimento.

il continuo sviluppo emotivo. Vediamo l'umanità come una fase di transizione nella

Venire a conoscenza del Transumanesimo, e della sua ormai globale

continua evoluzione della vita intelligente. Siamo a favore dell'uso di metodi

notorietà, ha scatenato in me perplessità estreme, e interminabili

scientifici per rendere possibile il passaggio dalla condizione umana a quella

meditazioni. Presidente della World Transhumanist Association è Nick

transumana e postumana. Come ha detto il fisico Freeman Dyson: "L'umanità mi

Bostrom, filosofo svedese che attualmente dirige il Future of Humanity

sembra uno splendido inizio, ma non sarà certo la fine.»

Institute presso l’Università di Oxford, e di cui More è il più fedele seguace. Scopo di tale movimento è il miglioramento delle capacità

M. More, I principi estropici. Versione 3.0. Una dichiarazione transumanista, 1999, www.estropico.org

fisiche e cognitive della specie umana attraverso l’applicazione delle nuove tecnologie all’uomo, in modo da eliminare aspetti indesiderati come la malattia, la vecchiaia e la mortalità. Secondo Bostrom, tappe importanti per la formulazione di tale dottrina sono state la Rivoluzione scientifica, che ha enfatizzato il ruolo della scienza, e il dualismo

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Quaderni della Ginestra

Cartesiano, il cui merito, secondo i transumanisti, è stato quello di

l’uomo è portato a riflettere continuamente nel corso della sua vita (la

dividere res cogitans e res extensa, dando vita da un lato al funzionalismo e,

vulnerabilità, la morte), gli interrogativi sono tantissimi, così come le

dall’altro, al riduzionismo materialista.1 Anche Darwin con il suo

possibili obiezioni che si possono fare ai cosiddetti “transumanisti”.

evoluzionismo rappresenta un punto di riferimento importante per i

La preoccupazione più grande destata dal transumanesimo è quella a

transumanisti, che da quest’ultimo hanno mutuato l’idea di uomo come

relativa al concetto di “persona”: supponiamo, infatti, che, grazie agli

specie in continua evoluzione, conducendo questa tesi alle conseguenze

sviluppi della tecnologia, un domani riuscissimo davvero a diventare dei

più estreme.

cyborg, dei postumani con altissime aspettative di vita. Saremmo capaci

Gli assunti principali del transumanesimo sono, essenzialmente, tre:

di fare cose mai pensate prima, la nostra mente sarebbe talmente

totale fiducia nella scienza, la riduzione della natura umana a mera res

evoluta da diventare, alla fine del processo, una vera e propria

extensa, e un materialismo estremo, secondo il quale la mente è riducibile

Intelligenza Artificiale: potremmo eccellere in ogni campo, in ogni

a masse neuronali. Secondo tale dottrina, inoltre, la perfettibilità umana

scienza ed avremmo capacità molto sviluppate. Tuttavia, il nostro fisico

è illimitata: è dunque possibile utilizzare la tecnologia (nanotecnologie,

non sarebbe più naturale, ma sarebbe quasi interamente costituito da

robotica, eugenetica e così via) per alterare la specie umana e

elementi creati in laboratori ingegneristici. A questo punto, però, viene

permetterle di raggiungere un nuovo stato evolutivo, cioè il postumano.

da chiedersi: questo individuo, mero frutto della tecnologia, è da

Le attività di alcuni organi verrebbero così potenziate, in alcuni casi

considerarsi una persona, con un carattere particolare e dei vissuti

questi potrebbero essere sostituiti da macchinari perfettamente

peculiari che lo connotano in profondità?E’ capace di avere sentimenti,

funzionanti, e ciò permetterebbe una prospettiva di vita non solo più

di provare emozioni, di vivere intensamente, di gioire e soffrire

lunga, ma addirittura eterna: la vulnerabilità umana verrebbe dunque

intensamente? E, se tale postumano fosse davvero una persona, che

eliminata per sempre, in nome della “vita buona” che già Aristotele si

rapporti intratterrebbe con l’uomo che era prima della sua

auspicava.

trasformazione? Secondo i transumanisti, la mente del postumano

Di fronte a tutte queste tesi, aventi come oggetto temi sui quali

verrebbe sottoposta a un processo di upload, e caricata su un computer,

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Meditazioni filosofiche

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BORGO (COLLEZIONE PRIVATA), 2010, OLIO SU TELA, 220X90CM

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Quaderni della Ginestra

nel quale confluirebbero così tutti i ricordi e i vissuti del soggetto. In

transumanesimo sembra non occuparsi.

questo modo, secondo loro, verrebbe “preservata” la nostra umanità, e

caratterizzata da mutabilità, indeterminatezza e particolarità: l’esperienza

saremmo ancora capaci di distinguerci dalle macchine. Ma è davvero

e la prassi spesso sono in grado di descrivere l’uomo molto meglio delle

così semplice? Tutta la bellezza e l’intensità dei nostri vissuti personali,

scienze matematiche, dei teoremi e delle regole tipici delle discipline

la peculiarità con la quale noi e soltanto noi li viviamo sono davvero

tecnologiche utilizzate dai transumanisti, che non riusciranno mai a

trascrivibili in un computer? Quali proprietà della mente e della

riprodurre ciò che di più intimo e genuino c’è nella natura umana,

coscienza rimarrebbero intatte a seguito di un cambiamento così

caratterizzata

radicale? Per il transumanista il problema non sussiste: l’uomo è materia,

definitivamente la vulnerabilità umana significherebbe perdere ciò che

la mente è composta da sistemi neurali accuratamente predisposti a

più ci spaventa, ma anche ciò che dà un senso al nostro agire, e che ci

qualsiasi funzione serva alla nostra sopravvivenza, e tutto questo è

connota nel profondo. Già Aristotele sottolineava la fragilità

perfettamente traducibile e sostituibile da apparati tecnologici.

dell’individuo, e la necessità di una deliberazione pratica, lontana dalle

dal

cambiamento

e

Inoltre, la vita umana è

dalla

pluralità.

Eliminare

Personalmente, per quanto possa essere affascinante l’idea di vivere

scienze matematiche e dai teoremi, poichè la vera natura umana è

in eterno, non riesco ad abbandonarmi a questo “slancio” d’entusiasmo

caratterizzata dal cambiamento e dalla pluralità. Elemento centrale della

transumanista. Soprattutto non riesco ad avvallare la tesi riduzionista, e

vita dell’uomo è la sua vulnerabilità, non la ricerca della perfezione.

a condividere l’idea secondo la quale la nostra personalità verrà

Secondo questa visione, la vita umana è caratterizzata dall’attaccamento

salvaguardata da questi cyborg: a mio avviso, divenire postumani

a cose e persone esterne a sé, che ci fanno provare sentimenti

significherebbe, infatti, perdere qualcosa, qualcosa di importante, ovvero

impossibili da ignorare, ma soprattutto, da eliminare o controllare.

il nostro Sé più intimo e profondo. Essere una persona non significa

Un’ altra perplessità subentra quando i transumanisti giustificano il

essere un insieme di organi più o meno funzionanti, ma molto di più:

loro operato appellandosi al concetto aristotelico di eudaimonia: secondo

fin dal cristianesimo, infatti, il termine persona tendeva a sottolineare

loro, infatti, diventare postumani e godere di ottima salute

l’autonomia e l’unicità dell’individuo, caratteristiche delle quali il

significherebbe raggiungere quella “vita buona” tanto descritta dallo

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Meditazioni filosofiche

Stagirita. Di fronte a queste affermazioni, credo però sia bene

con il pericolo di dimenticare che al di là di ciò che Husserl chiamava

sottolineare la differenza tra vita “biologica”, ovvero l’essere

Körper, ovvero un corpo biologicamente inteso, c’è un Leib, un essere

fisiologicamente vivi e sani, e vita “biografica”, che comprende, al

psicofisico che pensa, agisce, soffre, si emoziona e si rapporta con il

contrario, la vita emotiva, i vissuti personali, quelle esperienze particolari

mondo, e che dal mondo e dalle circostanze viene plasmato

che ci rendono, appunto, individui unici e irriproducibili. Prendiamo, ad

continuamente in un modo unico irripetibile. Sarà in grado il

esempio, il caso degli “estremamente prematuri”: grazie agli sviluppi

transumanesimo di far fronte a tutto questo?

della medicina contemporanea, neonati dalle 22 alle 25 settimane di

VALERIA BIZZARI

gestazione sono in grado di nascere e sopravvivere (anche se la loro vita è comunque più a rischio rispetto a quella degli altri bambini): potremmo affermare che un estremamente prematuro, la cui esistenza era impensabile solo pochi anni fa, è una sorta di prodotto “transumanista”, una conquista che siamo riusciti a raggiungere grazie all’innovazione della medicina e della tecnologia. Ma possiamo chiamare “persone” questi neonati? La questione ha suscitato numerose discussioni in bioetica, dovute soprattutto al fatto che la qualità della vita di questi individui è condannata ad essere irrimediabilmente diversa rispetto ai bambini nati con un decorso “normale”, naturale. Non è certo facile addentrarsi in simili questioni, c’è sempre il rischio di scadere nell’”oscurantismo” e non è di certo il mio intento. Ciò che mi preme sottolineare è il fatto che avvallare l’ipotesi della creazione di un individuo transumano significa sobbarcarsi enormi responsabilità etiche,

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Si pensi alla filosofia di J. O. de La Mettrie e al suo “uomo- macchina”, predecessore del contemporaneo cyborg. 1



Cinema e filosofia

TONY MANERO DI PABLO LARRAÌN

S

e l’intreccio acquisirà maggior consistenza. In Post Mortem, l’elefante nella stanza è il corpo di Allende, che giace in un obitorio di Santiago nei giorni successivi al colpo di stato: il collasso dell’esistenza privata di

antiago del Cile, 1979. Raúl Peralta aggiusta un paio di pantaloni

Mario Corneo – funzionario pubblico impiegato alla morgue, che si

immacolati cui manca, forse, un bottone. Qualche giorno prima,

ritrova improvvisamente di fronte al cadavere del presidente socialista –

con la stessa meticolosa apatia, uccide una donna per rubarle il

farà da specchio al crollo morale di una nazione allo sbando. In NO,

televisore. Qualche giorno dopo, quando un losco ricettatore si mostra

René Saavedra, un disincantato pubblicitario plasmato dalla cultura pop

restio a concludere un affare, gli fracassa il cranio nel sonno. A

statunitense, a colpi di jingle e immagini patinate, rivoluzionerà l’esito

cinquantadue anni, ha un unico mantra: trasformarsi nell’omologo del

del referendum (lo storico plebiscito nazionale datato 1988) che porterà

personaggio interpretato da John Travolta ne La Febbre del Sabato Sera

all’imprevedibile caduta del vecchio generale.

(1977). “Questo”, risponde impassibile a chi gli chiede quale sia la sua

Se i film successivi si collocano, rispettivamente, all’inizio e alla fine

professione. Rintanato in un teatro-night club di periferia, Raúl prova e

della parabola pinochettiana, Tony Manero si arresta nel pieno del regime

riprova le coreografie del musical campione d’incassi in vista di

militare, in un’atmosfera di inedita sospensione dove la politica resta,

un’imminente performance e, nel frattempo, si prepara a partecipare a un

almeno in apparenza, relegata ai margini.

contest televisivo che eleggerà il Tony Manero cileno. Chiunque ostacoli il buon esito dei suoi piani è tolto di mezzo senza troppi riguardi.

In No lo sguardo si farà più ironico e divertito. Qui, a lasciare di stucco, è la neutralità della macchina da presa, l’assenza di pathos con cui

Con Tony Manero (2008), il regista cileno Pablo Larraín inaugura quel

la personalissima ossessione di Raúl si dipana, sullo sfondo di una

viaggio negli anni della dittatura di Pinochet che proseguirà con Post

Santiago che pare un’infinita periferia assolata, in contrasto con gli

Mortem (2010) e con No-I giorni dell’arcobaleno (2012). E’ un inizio sordido

interni bui e asfittici del teatro-caverna. Il Raúl interpretato da Alfredo

e violento, un pugno nello stomaco che lascia interdetti. Nei film

Castro, attore feticcio di Larraín, è un mix perverso: balla come John

successivi il peso visivo della dittatura si farà progressivamente crescente

Travolta-Tony Manero, di cui accentua il nichilismo – come lui è un

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Quaderni della Ginestra

reietto e vive solo sul palcoscenico –, ma ha lo sguardo torvo e la

circondano (tre generazioni di donne cilene) si piegano ai suoi desideri,

camminata di Al Pacino-Tony Montana (Scarface, 1983). Per certi versi

come

ricorda pericolosamente il reduce protagonista di Taxi Driver (1976):

hollywoodiana (o con un dittatore sanguinario).

farebbero

con

l’aitante

protagonista

di

una

pellicola

quando Raúl prova i passi da solo, a casa, pare un’evoluzione farsesca di

A una prima lettura Tony Manero, come sarà anche per No, è un film

Robert De Niro-Travis Bickle, che si esercita a fare il duro davanti allo

sulla pervasività del mito americano, travestito da disco music (in No sarà il

specchio. Come Travis, Raúl resta prigioniero della propria mania,

marketing), capace di stregare un individuo che si colloca al confine fra

s’inventa un’esistenza immaginaria, rispetto alla quale il mondo reale è

l’umano e il bestiale, in un contesto storico-sociale che ha perso le

un’inutile scocciatura. Con il suo consueto aplomb, colpisce a morte un

proprie radici e in cui i rapporti interumani si riducono al

proiezionista, colpevole di aver sostituito La Febbre del Sabato Sera con

soddisfacimento di bisogni rozzi e primordiali. Questa la superficie, ma i

Grease (1978), semplicemente per impadronirsi della pellicola e studiarne

livelli di lettura sono molteplici. Considererò due aspetti: il primo

ogni singolo frame.

riguarda l’interpretazione globale del senso della pellicola; il secondo,

Ciò che sorprende è che il mondo pare assecondarlo. D’accordo, conduce un’esistenza grigia e miserabile – allestisce il suo musical in un teatro

improvvisato

con

una

banda

di

scalcagnati

sulla base di un’analisi del personaggio di Raúl, scandisce alcune riflessioni sul tema della responsabilità morale. Primo aspetto. I delitti e le violenze di Raúl restano impuniti.

attori/ballerini/amanti, e partecipa a un contest televisivo pacchiano –,

L’escalation drammatica sembra inarrestabile. È lecito aspettarsi che a un

ma le cose sembrano inspiegabilmente funzionare. Si muove come un

certo punto qualcosa succeda; si attende la catarsi, la redenzione, o

animale, tutto ciò che fa (omicidi a sangue freddo, violenze domestiche,

almeno la punizione esemplare. Invece il meccanismo di azione e

furtarelli) pare frutto del caso o dell’istinto, di un impeto improvviso o

reazione funziona con geometrica perfezione solo per lui (la fine di ogni

di una rabbia incontrollabile. Eppure, dopo pochi minuti ne intuiamo il

malefatta è il trampolino per la successiva), mentre per il resto sembra

senso e la razionalità. Raúl rimuove con facilità ogni ostacolo, i

non succedere nulla, quasi che il mondo obbedisse impotente al suo

compagni di lavoro lo prendono sul serio e le tre figure femminili che lo

mattatore, che in questo caso è un pagliaccio pieno di ubris. È come se la

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Cinema e filosofia

Nel mondo sclerotizzato, ma profondamente destrutturato, della dittatura, la realtà si è presa una vacanza o ha assunto i contorni di un patinato show televisivo, un agone ove storia e cultura hanno gettato la spugna. I delitti peggiori apparentemente non sono nemmeno perseguiti, mentre i presunti sovversivi sono puniti con la morte o sono oggetto di soprusi da parte degli scagnozzi del regime. Il film di Larraín è un saggio sul potere e sulla sua capacità di trasfigurare il reale, sull’oblio della storia e sulla desertificazione dell’umano. Il senso di spaesamento è accentuato dall’impiego di falsi raccordi e di fuori-fuoco, mentre l’identificazione con lo sguardo di Raúl è favorita dall’uso della macchina a mano e delle semi-soggettive. Il mondo di Raúl, abitato da creaturine deboli e viziose, è quel che resta DAINO , 2013, PASTELLI A OLIO SU CARTA, 30X40CM

dopo il passaggio del potere, quando occorre scavarsi una nicchia per

capacità di Raúl di estraniarsi dalla realtà si fosse estesa al mondo

sopravvivere, ma è anche lo specchio allegorico del potere stesso. Il

circostante, che si adatta a seguire leggi sconosciute. È qualcosa che può

ballerino fanatico altro non è che l’immagine deformata del dittatore

succedere solo nei film, nei sogni o, appunto, nelle dittature, sorta di

abbacinato dall’imperialismo americano, qui ridotto alla sua essenza più

incubi-farsa che oscurano lo spazio del reale. Nel finale, come in un

becera, un individuo sanguinario per il quale la violenza è un gioco

poliziesco americano, il protagonista sfugge ai nemici nascondendosi

necessario e la verità una perdita di tempo. Come Pinochet, Raúl

nell’armadio, camminando sui tetti e arrivando appena in tempo per lo

esercita un dominio tirannico e insensato su chi gli sta accanto, uccide

show dove, malgrado le rughe e l’aria dimessa, strapperà l’applauso

per motivi futili, vive nel mito di se stesso, ma in realtà si comporta

caloroso del pubblico.

come un gangster da quattro soldi.

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Quaderni della Ginestra

Secondo aspetto. Che tipo di uomo è Raúl? Le allegorie hanno il difetto di imprigionare i caratteri, rendendoli dei tipi. Raúl per certi versi

sta al confine fra etica, teoria dell’azione e psicologia, è piena di tipi come Raúl.

è tipo del folle, un maniaco-ossessivo privo di spirito di realtà e di ironia,

Interrogandosi sul problema dell’autonomia del soggetto e sulla

ma è (anche) un individuo spregiudicato, capace di elaborare piani

libertà di scelta, in un saggio pubblicato per la prima volta nel 1971

complessi e di adattare la propria strategia al mutare del contesto. Nei

(Freedom of the will and the concept of a person) e destinato a fornire food for

suoi occhi non c’è traccia di pentimento (eccetto che l’impotenza che lo

thought per i decenni a venire, il filosofo americano Harry Frankfurt

affligge non ne sia una metafora), la sua mente resta uno schermo

propone una teoria gerarchica dell’agire umano, basata sull’analisi delle

impenetrabile, non c’è istante in cui si abbia la reale percezione che Raúl

strutture volizionali.

ripudi la sua religione personale. Non è Norman Bates, che proietta il

I desideri che abbiamo occupano un posto di primo piano nel

proprio senso di colpa sulla psicologia morbosa della madre (Psycho,

regolare i nostri rapporti con noi stessi e con il mondo esterno. Tuttavia,

1960), non è il dottor Humbert Humbert che, dopo aver cercato per

secondo Frankfurt, non tutti i desideri sono dello stesso tipo o, per

anni di convincerci della sincerità del suo amore per Lolita (Nabokov e

essere più precisi, del medesimo ordine. C’è un modo di desiderare che

Kubrick sono tanto bravi che lo spettatore finisce per pensare che il

non appartiene in esclusiva agli esseri umani e che riguarda il desiderio

professore pedofilo sia la vittima e la ragazzina sia la strega

di compiere una certa azione: Clara desidera mangiare una mela; il gatto

ammaliatrice), ammette di averle rovinato l’adolescenza (Lolita, 1962).

desidera giocare con la palla. Questi desideri, che rispettano la forma “X

Di per sé non è una figura nuova (basta tornare a Travis Bickle) ma,

desidera fare Y”, sono identificati come desideri di primo ordine.

spesso, quelli come Raúl, antagonisti poco credibili nella loro apparente

Tuttavia, in circostanze normali, gli individui adulti non si limitano a

monoliticità, sono relegati in ruoli minori. Quello che lo fa sembrare

desiderare di fare certe cose, ma vogliono anche che siano certi desideri,

diverso è la totale assenza di un contraltare, considerata l’evanescenza

e non altri, a guidarli. Frankfurt chiama questi desideri desideri di secondo

delle figure che lo circondano e l’assoluta centralità del suo personaggio.

ordine o volizioni di secondo ordine (in questa sede possiamo permetterci di

La psicologia morale contemporanea, quella branca della filosofia che

ignorare la distinzione fra desideri e volizioni). I desideri e le volizioni di

34


Cinema e filosofia

secondo ordine fanno funzionare il nostro mondo interiore e hanno la

responsabili.

forma “X vuole che sia il desiderio di fare Y a guidarlo”, oppure “X

Date le premesse, è moralmente responsabile Raúl? Poiché non vuole

vuole che il desiderio di fare Y sia la sua volontà”. Ad esempio, un

essere mosso da un desiderio diverso da quello che lo domina (vuole

individuo intimamente buono e disinteressato forse dirà: “Voglio che sia

essere guidato dal desiderio di impersonare Tony Manero), secondo gli

il desiderio di compiere azioni moralmente buone, e non il desiderio di

standard proposti da Frankfurt, Raúl sembrerebbe responsabile. Eppure

acquisire fama e riconoscenza, a muovere la mia condotta”. In virtù del

le preferenze che lo dominano sono tanto lontane dai normali standard

fatto che siamo esseri umani adulti, non ci limitiamo a tentare di

che giudicarlo un individuo libero, autonomo e responsabile non sembra

assecondare i nostri desideri immediati, ma abbiamo desideri e

un affare da poco. Viene il sospetto che, al pari di un animale non-

preferenze (di secondo ordine) che riguardano i desideri e le preferenze

umano, sia incapace di intervenire sulla struttura della propria volontà o

(di primo ordine) che vogliamo ci guidino nelle nostre scelte.

sia indifferente alla qualità morale dei desideri che lo dominano, e debba

Per Frankfurt, è proprio questa possibilità di fermarci a riflettere su

per questo essere esentato dall’attribuzione di responsabilità. Al tempo

noi stessi che ci distingue dagli animali non umani e dai bambini, esseri

stesso, se decidiamo che individui come Raúl sono tanto lontani dalla

desideranti ma privi del potere di intervenire sull’arena interiore. Ed è

norma da non poter essere responsabili, ci apriamo a un principio che

sempre questa facoltà che ci rende individui capaci di scelte libere, e

non tutti saremmo disposti ad avallare: tanto più grave e “strano” è il

quindi responsabili: se agisco in base ai desideri dai quali voglio essere

crimine, tanto minore è la possibilità che l’individuo che l’ha commesso

guidato, se i miei desideri di primo e di secondo ordine sono in armonia,

possa essere ritenuto responsabile.

allora agisco liberamente e posso essere considerato moralmente

Il caso resta dunque aperto. La filosofia morale e la teoria dell’azione

responsabile per le mie scelte. Se, al contrario, non ho potere sui miei

si interrogano sulle radici profonde dell’agire. L’analisi dei casi borderline

desideri, se sono semplicemente trascinato dai miei impulsi immediati o,

è spesso un banco di prova per le teorie sulla responsabilità morale e

ancora, se non nutro alcuna preferenza sui desideri dai quali voglio

sulla libertà di scelta – problema che Hume non esitava a definire “The

essere guidato, non sono nemmeno in grado di compiere scelte libere e

most contentious question of metaphysics, the most contentious

35


Quaderni della Ginestra

science”. Il cinema – con la sua infinita produzione di caratteri e di tipi e

SCHEDA FILM

la sua immediatezza di sguardo, inevitabilmente preclusa alla riflessione teorica – è senz’altro un valido alleato.

Titolo originale Tony Manero Nazione Cile, Brasile

SOFIA BONICALZI

Anno 2008 Durata 98’ Regia Pablo Larraín Cast Alfredo Castro, Amparo Noguera, Héctor Morales, Paola Lattus,

BIBLIOGRAFIA

Frankfurt, H. 1969, “Alternate Possibilities Responsibility”, The Journal of Philosophy, 66, pp. 828-839.

and

Moral

Elsa Poblete, Nicolás Mosso, Enrique Maluenda, Antonia Zegers Produzione Fabula (Cile), Prodigital (Brasile)

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Cinema e filosofia

STILL LIFE DI UBERTO PASOLINI

I

da apparire grottesco e non autentico, ci viene rivelata seguendolo al di fuori del lavoro. John non riceve visite o telefonate, i muri del suo appartamento sono una tabula rasa in cui mancano rimandi a possibili

funerali si fanno per i vivi. Il senso ultimo di Still Life ci viene dato

passioni o ricordi, il suo rapporto col cibo è votato alla pura funzionalità

dal personaggio più indesiderato del film: l’anonimo direttore

sostentativa. L’unico specchio affettivo in cui May si riflette è un

municipale, allegoria dell'ottuso burocrate che, nell’ atto di rendere più

imponente album, in cui custodisce le immagini dei suoi utenti, ai quali

efficienti i servizi funerari, nega un servizio vitale in cambio di un

John tributa un rito funebre degno del più caro dei suoi affetti ma di cui

bilancio ben consolidato.

ogni volta è l’unico spettatore. Gli amici e familiari dei defunti, infatti,

A fare le spese di tale religiosa dedizione all’economia è, oltre al civile

rigettano con indifferenza gli inviti per le esequie, preferendo

rispetto per i defunti, John May, orfano di mezza età, cullato nella

all'impegno della relazione un anestetizzante distacco. Fenomeno,

materna ricorsività della sua singolare funzione, la ricerca dei famigliari

questo, ben chiaro agli occhi del direttore municipale, che puntualmente

delle persone morte in solitudine.

capitalizza gli effetti di un senso comune sufficientemente atrofico da

Mansione insolita svolta dal solerte impiegato in modo unico: infatti

accettare che le ceneri dei defunti vengano sparse in una fossa comune.

May non si limita a reperire le generalità del defunto e dei rispettivi

D'altro canto, se il municipio li lascia nella loro condizione di

congiunti, ma si spende nella metodica ricostruzione della vita dei propri

dimenticati, si risparmia l’onere del servizio e non si turbano le

utenti, o quantomeno di qualche episodio verosimile da poter inserire

coscienze individuali, libere così di liquefarsi nella frenetica routine

nell'elogio funebre. Ogni pratica da espletare si trasforma così in un'

quotidiana. Da questa prospettiva il profitto è oggettivo, anche per

ossessiva caccia, in cui May osserva foto, sfoglia lettere e ritagli di

l’impiegato, a cui viene concesso il privilegio raro di reinventare il

giornale, ascolta vinili impolverati e, così facendo, tenta di dare una

proprio futuro.

forma ad una vita terminata nella clausura dell’anonimato e della

May, pietrificato come Lot da un orizzonte degli eventi definito dalle

solitudine. La natura dell’ossequio profuso da May, eccessivo al punto

due settimane di preavviso al suo licenziamento, reagisce all’adrastea

37


Quaderni della Ginestra

nnnnnnnnnnnnnnnnn

CERVO, 2013, OLIO SU TELA, 122X180 CM

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Cinema e filosofia

con inaspettata ostinazione, tanto che per risolvere l'ultimo caso si finge

capaci, una volta superata l’anaffettività di superficie, di aprirsi alla

malato ed inizia a cercare in tutta la regione gli amici del suo, ormai ex,

possibilità della relazione. Succede così che il rito funebre del

dirimpettaio Billy Stoke. E proprio in questo cambio di atteggiamento,

contraddittorio Billy Stoke serva davvero a quei vivi, parenti ed amici,

dettato più dall’ istinto che dalla consapevolezza, si concretizza il

che alla quieta indifferenza hanno preferito l’impegno e i frutti della

passaggio evolutivo del

relazione. A John May, battuto ma non vinto, viene concessa la giusta

protagonista. Infranta la protocollare

normatività di un’esistenza trascorsa a immaginare ed archiviare le vite

retribuzione per il lavoro svolto.

altrui con buste e fermacarte, questi si apre al mondo ed alle sue

FRANCESCO MAZZOLI

possibilità. John scopre così che l'anonimo Billy è stato nel tempo un paladino dei diritti sindacali, l’unico vero amore di una locandiera, un clochard gentiluomo, un eroe di guerra capace di salvare la vita del proprio commilitone e, al tempo stesso, un uomo istintivo ed irascibile, incapace

SCHEDA FILM

di stabilire una relazione con la propria figlia. Srotolando la matassa dei ricordi incarnati dagli amici di Stoke emerge una figura complessa, a

Titolo originale Still life

volte scomoda, ma autentica. In essa John si rispecchia, e inizia così a

Nazione UK

sviluppare un personale repertorio emotivo ed esperienziale. L’ultimo

Anno 2013

frammento di memoria di Billy è probabilmente il più doloroso, ed è

Durata 87’

conservato dalla figlia, Kelly, che a causa del tormentato rapporto

Regia Uberto Pasolini

paterno ha maturato una misantropia che la porta a preferire gli animali

Fotografia Stefano Falivene

alle persone. L’incontro tra John e Kelly è il riflesso tra due esseri

Cast Eddie Marsan, Joan Froggat, Andrew Buchan

eterogenei nella propria evoluzione, speculari nell’indole claustrale, ma

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Letteratura e filosofia

TRA GEOMETRIA E REALTÁ. IL LUOGO LETTERARIO DI E DWIN A. ABBOTT

I

Il reverendo, da parte sua, riconosce già negli anni ’80 dell’Ottocento l’incidenza trasformatrice del tempo sulla geometria e la matematica conosciute. L’autore immagina infatti che, assumendo come possibile il

l piccolo racconto fantastico multidimensionale, Flatlandia, fa la sua

subentrare, dalla Spacelandia1, di una Sfera in uno spazio concepito e

comparsa nel 1882. All’epoca di scarsa fortuna, nel 1920 viene

vissuto in termini esclusivamente bidimensionali (Flatlandia), si dovrà

riproposto all’attenzione di molti attraverso una lettera pubblicata

essere costretti a modificare anche il proprio concetto di realtà. Si dovrà

anonima sulla nota rivista scientifica Nature. La chiave di lettura che ci

postulare, per di più, l’esistenza di una quarta dimensione e di più

viene qui suggerita è quella che intravede nell’operetta del reverendo

dimensioni ancora, intuite con la mente e “collocabili” in quella che il

Abbott una geometrica parabola avveniristica circa la possibilità, messa

Quadrato, abitante dell’ingenua terra piatta di Flatlandia, chiama

a sistema da Einstein intorno ai primi anni del Novecento, che nello

Thoughtlandia.

spazio incida un’altra dimensione oltre alle tre, oramai note a noi tutti:

La lettura che ora vorrei invitarvi a fare non è, tuttavia, concentrata

lunghezza, larghezza e altezza. Si tratta del tempo, che da Abbott non

esclusivamente sul carattere “profetico”-scientifico del racconto

viene concepito però, esplicitamente, nell'accezione einsteiniana. La

abbottiano, ma piuttosto sulla natura del legame che intercorre,

teoria della relatività è pertanto particolarmente importante per allargare

all’interno dell’opera letteraria del reverendo, tra la geometria umana,

la consapevolezza umana dello spazio ai “comportamenti” dei corpi

con le configurazioni che ne conseguono nelle diverse terre, e il

macroscopici oltreché microscopici, su cui agiscono altre leggi di natura

concetto di realtà. Il racconto si presta a più interpretazioni. Una delle

oltre a quella newtoniana e in cui, secondo la nota equazione E=mc 2 ,

più ricorrenti è quella che vede nell’opera una satira della società inglese

bisognerà considerare la massa come una forma di energia. La velocità

vittoriana, segnata da una netta divisione degli uomini in classi

2

della luce (c ), ovvero il fattore tempo, non sarà assoluto, ovvero slegato dallo spazio. Si parlerà allora dello stato della materia (sia subatomica che macroscopica) all’interno dello spazio-tempo.

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consapevoli del proprio status e, in alcuni casi, desiderose di superarlo2. Secondo questa prospettiva, lo scopo del reverendo è evidentemente quello di mettere in luce il problematico assetto sociale e politico


Quaderni della Ginestra

mmmm

RIMINI, 2014, ACQUAFORTE / ACQUATINTA, 60X18CM

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Letteratura e filosofia

dell’Inghilterra, facendo ricorso alla geometria. In Flatlandia-Inghilterra

Eppure Edwin A. Abbott rispetto ai suoi illustri conterranei, si

si possono infatti distinguere Triangoli isosceli (gli operai e i soldati),

contraddistingue per ben altre qualità. Egli scrive infatti, a mio avviso,

Triangoli equilateri (i commercianti), Quadrati e Pentagoni (i

un’opera che ha il sapore di una favola geometrica in cui è in gioco non

professionisti e i gentiluomini come il protagonista, un avvocato) e

solo la questione dell’organizzazione sociale di un popolo o la scoperta

figure a sei e più lati ancora, dette poligonali (gli aristocratici), fino ad

scientifica precoce di un Quadrato, appassionato di aritmetica, che

arrivare ai gradi supremi, quelli circolari (ovvero i sacerdoti), i cui lati

specula sulle molteplici dimensioni dello spazio. Quello che ho accolto

sono così numerosi da perdere ogni angolo e chiudersi in Cerchi perfet-

dal racconto è piuttosto l’invito a riflettere sul rapporto essenziale che

ti. In questo sistema, le donne, ritenute incapaci di ragionare e passibili

ricorre, al di fuori della finzione letteraria, tra la nostra capacità

solo di emozioni, sono semplicemente delle Linee rette.

percettiva e la concezione che abbiamo dello spazio in cui esistiamo.

Per le coppie geometrico-sociali appena citate, il racconto non può

Oggi possiamo dire di essere mediamente consapevoli che la

che sembrare in linea con una storia della letteratura e della gloriosa e

geometria umana è complessa e stratificata, dovendo distinguere, sul

sfaccettata filosofia politica anglosassone, che ha visto spesso alcuni

piano teorico, tra una geometria euclidea, piana, e una non euclidea,

filosofi proporre un ideale di società migliore a partire da una lucida

popolata da altre figure. Possiamo vantare di avere un’idea dello spazio

diagnosi dello stato reale delle cose oppure semplicemente giustificare il

più ricca di quella che parrebbe a occhio nudo. Tuttavia continuiamo a

sistema socio-politico-economico, senza mirare a sovvertirlo. Immediato

percepire noi stessi e le cose, nell’immediato, ovvero sul piano sensibile,

potrebbe essere il paragone con Tommaso Moro e la sua Utopia (1516),

in modo diverso da quello che ci viene insegnato dalla scienza.

o ancora, con Bacone (1627, La nuova Atlantide); anche con Hobbes (Il

Il racconto fantastico, a più dimensioni, del reverendo londinese,

Leviatano, 1651), Locke (con i suoi Trattati sul governo del 1689-90), fino a

ripropone, dunque, questo paradosso: la realtà che vediamo, percepiamo

passare alle riflessioni di Edmund Burke sulla Rivoluzione francese

a occhio nudo è la stessa che osservava Euclide, ma la scienza, oggi, ci

(1790) e all’acceso dibattito sulle idee di libertà e uguaglianza alimentato

dice che la materia di cui è fatta non è esattamente come ci appare,

da John Stuart Mill, nel 1859, con Sulla libertà.

richiedendo, di conseguenza, una geometria che contempli anche altre

43


Quaderni della Ginestra

dimensioni, nel rispetto di una maggiore complessità spaziale.

in carcere, per non aver portato niente ai miei compatrioti. Eppure

Analogamente, nel luogo letterario creato dall’autore, c’è un conflitto tra

continuo a esistere nella speranza che queste mie memorie […] possano

la geometria effettiva nella quale il Quadrato di Flatlandia, in quanto

trovare la strada per giungere alla mente dell’umanità di qualche

figura piana, ritiene di vivere e di percepire e la geometria a più

Dimensione, e possano suscitare una razza di ribelli che si rifiutino di

dimensioni che gli viene rivelata dalla Sfera, figura solida proveniente

essere confinati in una Dimensionalità limitata.» 3

dalla Spacelandia. È anche per questo che l’opera di Abbott è ancora più significativa ai

La condizione in cui il protagonista versa, al termine delle sue

miei occhi. La filosofia contemporanea, con meno suggestione

avventure in altri mondi, è ambigua. Infatti, egli oscilla tra il desiderio di

letteraria, esorta a domande simili

reverendo,

diffondere il verbo della Verità sullo spazio a più dimensioni e il dubbio

riconfermando l’importanza degli interrogativi logici sollevati dallo

che lo porta a credere che tutte le sue tesi sulla geometria spaziale siano

scrittore. Il suo jeu d’esprit manifesta la sua fecondità sul piano filosofico,

solo frutto di fantasia. In fondo, riconoscere la reale natura delle altre

poiché capace di pungolare, nel suo stile singolare, il lettore, anche il

figure, già a Flatlandia, è estremamente faticoso. Sono pochi e

meno provvisto di nozioni scientifiche, a interrogarsi sul perché sia così

appartenenti a classi superiori coloro i quali possono distinguere i

difficile vivere la realtà descritta dalla scienza così come essa ci dice

poligoni con la vista. Molti altri, invece, fanno ricorso al tastare le figure

essere.

e a identificarle sulla base del numero di angoli che incontrano al

a quelle del

Abbott affronta tale paradosso con tono amaramente sarcastico,

contatto. Anche il Quadrato stesso, una volta iniziato dalla Sfera ai

mettendo in bocca al suo protagonista, illuminato dalla verità sulla reale

misteri della Terza dimensione, non riesce a dimostrare con ciò che ha a

geometria e spazialità del mondo ma costretto a tacerla, queste parole:

disposizione, dai sensi (vista, udito, tatto) fino alle tavolette di geometria piana, la Verità rivelatagli.

«lassù nella Spacelandia, Prometeo fu incatenato per aver portato il

Per un verso, allora, continua a credere che la Terza dimensione

fuoco ai mortali, ma io – povero Prometeo della Flatlandia – giaccio qui,

esista e, andando addirittura oltre il suo maestro, la Sfera, sostiene che ci

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Letteratura e filosofia

mmmmmmmmmmmm

BORGO, 2010, ACQUATINTA/ ACQUAFORTE , 60X20 CM

devono essere anche altre dimensioni oltre all’altezza. Per un altro, fino

mondi. La situazione in cui si trova il protagonista del racconto può

al termine della sua avventura, si avverte un senso di enigmaticità: so per

essere riletta, a mio avviso, da una prospettiva filosofico-scientifica,

astrazione che ci deve essere addirittura una quarta o più dimensioni

quella proposta da Hanson 4 in I modelli della teoria scientifica (1958). Il

ancora, ma non ho i diagrammi, le parole, le prove empiriche per

filosofo propone di immaginare Keplero e Tycho Brahe di fronte a un

poterlo far vedere al resto degli abitanti della Flatlandia e degli altri

medesimo fenomeno fisico: l’alba vista da una collina. Entrambi

45


Quaderni della Ginestra

percepirebbero a livello visivo un’immagine molto simile, ma

verità, nella sua più propria essenza, una Thoughtland, una terra di

osserverebbero cose diverse. Keplero vedrebbe l’orizzonte terrestre

fantasia, di pensiero, di certo meno piatta di come potrebbe sembrare.

abbassarsi rispetto all’equatore; Tycho Brahe vedrebbe il Sole innalzarsi sul piano dell’orizzonte. C’è un vedere due, secondo Hanson, che

GIUSEPPINA MAZZEI

caratterizza l’osservazione e che si sovrappone al primo, grezzo, vedere. Si tratta di un vedere intellettuale, ovvero influenzato dalle conoscenze teoriche diverse dei due scienziati. Similmente, all’interno del luogo letterario di Abbott, si può avvertire spesso la differenza tra ciò che viene percepito, a livello sensoriale, retinico, dal protagonista, come piano e povero di altezza, e le osservazioni fatte sulla realtà nella sua complessità, dopo la rivelazione della Sfera. Il secondo vedere è teorico e astratto anche per il Quadrato stesso, poiché davanti ai suoi occhi gli oggetti e le persone continuano a conservare, a livello sensibile, la piatta natura che li caratterizza su Flatlandia. L’opera di Abbott riesce dunque a riproporre, a mio avviso,

Spacelandia è il mondo a tre dimensioni, sconosciuto agli abitanti della Flatlandia, terra bidimensionale. 2 Si pensi ai movimenti delle suffragette (1872) per il diritto di voto, esteso alle donne solo nel 1928. 3 Edwin A. Abbott, Flatland. A Romance of Many Dimensions (1882); trad. it. di Masolino D’Amico, Flatlandia. Racconto fantastico a più dimensioni, Adelphi, Milano, 2012, pp. 150151. 4 Norwood Russell Hanson (1924-1967), filosofo statunitense, sostenitore della tesi della theory-ladenness dell'esperienza, che qui ripropongo sinteticamente. Il filosofo ritiene che i dati osservativi non sono neutrali, ma sono carichi di teoria, problematizzando la convinzione che la razionalità scientifica si fondi sul processo di induzione. La logica della scoperta scientifica è piuttosto, riprendendo l'abduzione peirceiana, di carattere euristico. Perciò consiste nell'escogitare modelli e teorie che possano giustificare i dati osservativi, rendendoli intelligibili. 1

in maniera creativa, un paradosso che si ripete tutti i giorni di fronte alla realtà che viviamo. Vediamo con gli occhi geometrie limitate, ma la realtà che conosciamo è ben più ricca. Il Quadrato abbottiano interpreta il senso misterioso di un piacere paradossale, quello dell’osservazione hansoniana, del vedere con gli occhi della mente. E di scoprire, infine, che il mondo potrebbe essere, in

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Letteratura e filosofia

PICCOLI UOMINI

I

n una delle sue ultime opere, Enzo Biagi descriveva il Novecento come «il secolo delle idee assassine e totalitarie»1. Difficile

contestare questa definizione: il pensiero corre immediato ad Auschwitz, a Hiroshima, al Vietnam. L’immagine dell’arbeit macht frei che campeggia sul filo spinato, o quella del fungo atomico o della piccola Kim Phuc che fugge dai bombardamenti sono incise nella memoria collettiva dell’uomo contemporaneo. Destino diverso quello toccato in sorte al massacro di Srebrenica. Nella maggiorparte dei casi, le guerre jugoslave, così vicine a noi nel tempo e nello spazio, nell’uomo di strada richiamano appena il brusio del telegiornale di sottofondo, il processo a Milošević un ricordo confuso, quello a Mladić un sopracciglio interrogativo. È come se questi conflitti (guerra d’indipendenza slovena – 1991, guerra in Croazia – 1991-1995, guerra in Bosnia ed Erzegovina – 1991-1995) rientrassero in una sorta di “storia minore”, una storia che passa di lato e sfiora appena la grande storia. Quasi a colmare questo vuoto, nel corso degli ultimi anni, alcuni romanzieri si sono cimentati nel racconto di questo grande rimosso, si pensi a Clara Usón 2 che ha dato voce ad Ana, figlia suicida di Ratko

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PIETRO ANCESCHI, DIZZY, ART LAB – PARMA, 2012, VERNICE SPRAY SU MURO


Quaderni della Ginestra

Mladić, “il boia dei Balcani”, o a Giovanni D’Alessandro3. L’ultimo

(soldato non per convinzione, ma per necessità), è costretto a prendere

romanzo che si inserisce in questo filone è Come fossi solo di Marco

parte a una delle operazioni militari che hanno portato alla morte più di

Magini4 che attraverso tre voci – un casco blu, un giudice del Tribunale

10.000 musulmani bosniaci. Pur non condividendo la retorica della

Penale Internazionale per l’ex-Jugolasvia e un volontario dell’esercito

Grande Serbia, Dražen uccide più di settanta civili: non può agire

serbo (Dražen Erdemović, unico personaggio realmente esistito della

diversamente, il suo rifiuto di eseguire l’ordine imposto dai suoi

narrazione) – ricostrusce gli ultimi giorni di Srebrenica e il processo che

superiori avrebbe comportato la sua immediata condanna a morte per

ne è seguito.

diserzione. La scelta: ubbidire avendo salva la vita ma uccidendo degli

Il filo conduttore che unisce tre figure così diverse per estrazione,

innocenti, o disubbidire; alternativa, questa, che di fatto non avrebbe

vissuto e ruolo all’interno della vicenda è l’impotenza: la loro incapacità

salvato nessuno dei condannati, ma avrebbe comportato anche la sua

di opporsi all’evolversi degli eventi drammatici nei quali, loro malgrado,

morte. Si tratta di scegliere tra la perdita dell’integrità o la perdita della

si trovano coinvolti. Dirk, il casco blu olandese, non può fermare

vita in un contest dove «l’unico modo per restare innocenti era morire».

l’invasione serba dell’enclave bosniaca, né impedire la deportazione dei

Dare voce a questo dilemma, ricostruire, seppure solo con gli

civili che la Comunità internazionale avrebbe dovuto proteggere. Il

strumenti della letteratura, nella dialettica verosimiglianza/invenzione, la

giudice Romeo González partecipa alla stesura di una sentenza che

storia di Srebrenica e del processo Erdemović significa porre al centro

condanna un uomo «per una colpa non sua, per aver deciso di agire

della riflessione il tema della responsabilità, costringere il lettore a porsi la

come avremmo agito anche noi se ci fossimo trovati al suo posto».

domanda “cosa sarebbe stato giusto fare?”.

Dražen Erdemović non può, sotto minaccia di morte, non partecipare al massacro di centinaia di civili. Il nucleo narrativo del romanzo nella sua crudele linearità sembra pensato come spunto di partenza per una lezione di filosofia morale: è il luglio del 1995, Dražen Erdemović, volontario dell’esercito serbo

Etimologicamente, il termine responsabilità deriva da responsum e definisce la capacità da parte della persona di rispondere dei propri comportamenti, prevedere e accettarne le conseguenze, essere pronti a renderne ragione. Dal punto di vista giuridico, la responsabilità indica la situazione per

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Letteratura e filosofia

cui un soggetto è chiamato a rispondere della violazione di una

Un deontologista risponderebbe con un no senza appello: alcune

determinata norma. Si tratta di una visione netta, precisa, che dipende

azioni sono giuste o sbagliate a prescindere dalla circostanza nella quale

da una domanda: l’azione presa in considerazione è conforme alla

si trova l’agente morale e a prescindere dalle conseguenze. Uccidere è

legge? Il soggetto agente era in grado di intendere e volere, di prevedere

sbagliato, l’azione non è morale.

cioè le conseguenze delle sue azioni? Appurato ciò si procede col

Un utilitarista della norma è portato a valutare come giusto un modo

definire se la violazione è stata perpetrate con dolo, colpa o preterintenzione.

di agire che si accorda con una serie di regole che, se genericamente

Posta in questi termini la questione appare semplice: azione violazione della norma - sanzione. Ma come si orienta il giudizio se l’azione è stata compiuta in una contingenza particolare, quando cioè si ha la sospensione dello stato di diritto? E se quest’azione non dipende dalla libera volontà del soggetto ma è stata ordinata, imposta sotto la minaccia di morte? In questo caso il contesto in cui l’azione si svolge è accidentale, di semplice contorno, o è costitutivo, sostanziale per l’esistenza stessa dell’azione (ovvero: se non ci fossero state queste condizioni, l’azione sarebbe avvvenuta)? A questa serie di domande (ancora volte a definire l’imputabilità dell’azione al soggetto) se ne aggiungono altre se spostiamo la nostra riflessione sul piano morale. Possiamo fare una rapida rassegna delle risposte che alcuni orientamenti della filosofia morale potrebbero dare alla domanda: Dražen sceglie di uccidere settanta persone per avere salva la vita, l’azione di Dražen è giusta dal punto di vista morale?

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PIETRO ANCESCHI, DIZZY, 2012, MATITA SU CARTA, 70X70CM


Quaderni della Ginestra

seguite, promuovono il benessere o “l’utilità” della società. Come regola,

soddisfatte affinchè un atto possa essere considerate supererogatorio:

“uccidere persone innocenti”

non può essere oggetto di dovere commune; deve essere lodevole; la sua

porta a una diminuzione dell’utilità,

quindi l’azione di Dražen non è morale.

omissione non deve comportare rimprovero. L’eventuale sacrificio di

Un utilitarista dell’atto valuterebbe l’azione nei termini di un calcolo

Dražen sarebbe stato un atto supererogatorio? In realtà, almeno per la

di utilità nelle conseguenze immediate della scelta: l’azione di Dražen ha

classificazione di Urmson, no perchè soddisfa solo due requisiti su tre (il

sì ucciso settanta persone ma l’alternativa (il suo rifiuto) avrebbe portato

suo sacrificio non sarebbe stato oggetto di dovere comune; di sicuro

a settantuno morti.

sarebbe stato lodevole; la sua omissione comporta l’uccisione, per sua

Abbiamo visto che in due casi la risposta alla nostra domanda ha

mano, di settanta persone, – atto considerato riprovevole). Allo stesso

portato alla conclusione che l’azione di Dražen è da rifiutare sul piano

tempo, però, il sacrificio di Dražen, a differenza di quello del soldato

morale, quindi possiamo dire che per un deontologista e un utilitarsista

descritto da Urmson, non avrebbe portato ad alcuna utilità: non avrebbe

della norma, Dražen avrebbe dovuto rifiutare di eseguire l’ordine. Dato

salvato alcuna vita.

però che la diserzione di Dražen avrebbe comportato la sua fucilazione,

Il caso Erdemović è un caso limite, una vera e propria impasse per la

è logico porsi un’altra domanda: Dražen aveva l’obbligo morale di morire?

riflessione morale: da un lato il dovere verso se stessi, dall’altro il dovere

In altri termini: è possibile (e legittimo) dedurre dal divieto di uccidere,

verso il prossimo. Voglio concludere spostando un’ultima volta la

l’obbligo di morire?

riflessione: passando dal piano morale al piano esistenziale, cosa ‘scatta’

La risposta immediata a questa domanda è no: il sacrificio della vita

nella mente di un uomo quando viene posto in una situazione limite

esula dal dovere comune e solitamente viene considerato un atto

come quella tra avere salva la vita o uccidere? Ha senso ipotizzare una

supererogatorio, un’azione cioè lodevole da compiere ma non riprorevole

risposta a priori e, soprattutto, si sarebbe in grado di rimanere in linea

se omessa. Urmson, nel suo contributo Santi ed eroi, dopo averci fatto

con tale decisione anche nel momento in cui si è costretti a dover

l’esempio di un soldato che copre con il proprio corpo una granata per

compiere questa scelta? Anche immaginandosi in una situazione limite,

salvare i suoi compagni, individua tre condizioni che devono essere

non manca nel nostro esperimento mentale l’esperienza reale del

50


Letteratura e filosofia

dilemma? Nel momento in cui si passa da semplici spettatori a effettivi

quelle persone date, un certo numero diviene davvero cannibale. Ma in

agenti morali obbligati a compiere una scelta non si consuma forse un

realtà si tratta delle stesse persone? Tra i due momenti, quello in cui

salto ‘ontologico’? Inoltre, ed è questo uno degli interrogativi che, a mio

l’alternativa si presentava come una pura ipotesi teorica e quella in cui

avviso, accompagnano questa riflessione: è possibile giudicare un uomo

l’alternativa si presenta in tutta la forza dell’immediata necessità, è avvenuto un processo di trasformazione «molecolare» per quanto rapido, nel

(e sottolineo, un uomo normale, non un sadico) che in un contesto

quale le persone di prima non sono più le persone di poi e non si può di-

‘innaturale’ ha deciso di salvare la propria vita? Mi torna in mente un

re, altro che dal punto di vista dello stato civile e della legge (che sono,

esempio fatto da Antonio Gramsci nei Quaderni e nelle Lettere. Gramsci,

d’altronde, punti di vista rispettabili e che hanno la loro importanza) che

per spiegare alla cognata il mutamento che avverte nella propria

si tratti delle stesse persone5.

personalità dopo anni di carcere, scrive: In conclusione, ritengo che riflettere su questi episodi della storia immagina un naufragio e che un certo numero di persone si rifugino in una scialuppa per salvarsi senza sapere dove, quando e dopo quali peripezie effettivamente si salveranno. Prima del naufragio, come è natur ale, nessuno dei futuri naufraghi pensava di diventare... naufrago e quindi tanto meno pensava di essere condotto a commettere gli atti che dei nau-

recente, sia pure attraverso il filtro della letteratura, significhi interrogarsi sull’abisso umano. Come fossi solo ci costringe a fare i conti con un passato recente scomodo, restituendoci un ritratto di piccoli uomini sartrianamente soli di fronte alle proprie scelte.

fraghi, in certe condizioni, possono commettere, per esempio, l’atto di

LUCIA MANCINI

diventare... antropofaghi. Ognuno di costoro, se interrogato a freddo cosa avrebbe fatto nell’alternativa di morire o di diventare cannibale, avrebbe risposto, con la massima buona fede, che, data l’alternativa, avrebbe scelto certamente di morire. Avviene il naufragio, il rifugio nella scialuppa ecc. Dopo qualche giorno, essendo mancati i viveri, l’idea del cannibalismo si presenta in una luce diversa, finché a un certo punto, di

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E. Biagi, Addio a questi mondi, Rizzoli, Milano 2002. La hija del Este, Seix Barral, Barcelona 2012; La figlia, trad. it. Silvia Sichel, Sellerio, Palermo 2013. 3 La tana dell’odio, San Paolo, Milano 2014. 4 Giunti, Firenze 2014. 5 A. Gramsci, Lettere dal carcere, Sellerio, Palermo 1996, pp. 692-693. 1 2



Didattica e filosofia

ÉTIENNE-GABRIEL M ORELLY: IL «CODICE DELLA NATURA»

L

Editori Riuniti: su questa si è lavorato. Dopo la lettura, in classe i ragazzi, attraverso un confronto collettivo, hanno evidenziato i punti che ritenevano importanti. Sono emersi cinque nuclei tematici

a sceneggiatura teatrale qui proposta è stata realizzata e messa in scena il

principali:

28 aprile del 2014, presso il cinema Astra, dalla classe II A del liceo

classico “Maria Luigia”, in occasione dell’iniziativa Individuo e comunità

il problema morale del male e del bene;

promossa dall’associazione La Ginestra, con il patrocinio della Società

la riflessione antropologica: l’uomo come vivente dotato di bisogni, pigrizia, ra-

Filosofica Italiana. Il progetto si pone in continuità col ciclo di attività che l’anno precedente, sempre in concomitanza con le celebrazioni della Festa della Liberazione, aveva visto coinvolte diverse classi dei licei parmigiani nello studio di numerosi testi classici della filosofia politica moderna e contemporanea. Fra la rosa dei possibili testi suggeriti dagli organizzatori, la scelta di Morelly non era stata dapprima considerata dai ragazzi: non lo conoscevano affatto e ne

gione; 

lo statuto delle leggi di natura;

la teoria politica: la relazione fra socialismo e società;

lo studio del rapporto fra la biografia dell’autore e l’espressione “codice misterioso” da questi impiegata in riferimento alla propria opera

erano un pò intimoriti. In un secondo momento però, spinti dalla curiosità di affrontare un autore “nuovo” di cui, pertanto, avrebbero potuto farsi interpreti, hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa. Le modalità seguite sono state le seguenti. Innanzitutto, durante le vacanze natalizie, ogni alunno ha letto individualmente

Gli allievi sono stati divisi in cinque gruppi e in tal modo, in classe, hanno discusso. La parte più difficile di tutto il lavoro è stata decidere, in modo condiviso, quali modalità utilizzare per restituire al meglio i risultati conseguiti.

il testo. Già questa fase ha richiesto un certo impegno, in quanto il “Codice della

In modo anonimo i ragazzi hanno espresso la propria opinione in merito: quasi

natura” risulta da anni fuori catalogo. Alla Biblioteca Civica di Parma si è infine

unanimemente la scelta è caduta sulla rappresentazione scenica. Una studentessa

trovata un’edizione del 1975 a cura di Carmelo Romeo, pubblicata per i tipi di

particolarmente vocata per il teatro, Anita Fava, ha proposto un canovaccio basato

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Quaderni della Ginestra

sul tòpos del “salotto letterario”, in cui si ipotizzava potessero incontrarsi e confrontare dialetticamente esperienze e personalità diverse, ma legate da affinità filosofiche e politiche. Tutti i ragazzi hanno collaborato alla realizzazione del progetto: dalla scelta delle immagini da proiettare, alla realizzazione delle silhouettes degli strumenti, all’utilizzo dei materiali informatici. Inoltre tutti hanno studiato le battute di un personaggio. Solo poco tempo prima della rappresentazione l’insegnante si è permessa, in base alla resa scenica, di decidere quali sarebbero stati effettivamente gli “attori”.

LETIZIA NICOLI

PASSAGGIO TRA GLI SCO GLI, 2013, CARBONCINO SU CARTA, 40X30 CM 54


Didattica e filosofia

Personaggi -Morelly (Gianmarco B. – Anita Fava)

Dopo una breve presentazione generale, durante la quale tutti i

-Madame Dupin (Eleonora Gagliardi – Rebecca S.)

protagonisti sono già sul palco, la scena si apre in un salotto (sullo

-Tommaso Moro (Gianmarco Gabbi – Gianpiero P.)

sfondo sono proiettate immagini, ritratti… mentre viene diffusa musica

-Babeuf (Nicolò Bo – Mario Borettini)

coeva) in cui sono presenti alcuni musicisti che stanno suonando;

-Marx (Matteo Marchioni – Giovanni Rodella)

Rousseau ascolta i musicisti; Diderot seduto sta leggendo un giornale;

-Diderot (Federico Dallaturca-Christopher Belsito)

Marx, in piedi dietro Diderot, sta leggendo il suo stesso giornale;

-Rousseau (M. Viola Paciotti – M. Letizia Chiari)

Vanvitelli, in piedi di fronte ai musicisti, parla con Madame Dupin.

-Vanvitelli (Francesca Leonardi – Benedetta Vaienti)

Babeuf è anch’egli presente. La scena inizia con l’entrata di Morelly.

- musicisti 1 Lodovica Geminiani - musicista 2 Benedetta Vaienti - musicista 3 Rebecca Soncini - camerieri (che servono il caffè) Pizzi e Belsito

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Situazione iniziale:


Quaderni della Ginestra

Presentazione generale del narratore Buongiorno, presento la classe II del liceo classico Maria Luigia. Per questo progetto abbiamo deciso di studiare e analizzare Il codice della natura di Morelly. L'opera, per molto tempo avvolta in un velo di mistero, affronta tematiche quali l'uomo, il male fisico e morale, la creazione di una società ideale fondata sul concetto di Stato di Natura. Nel corso degli anni è stato considerato come un precursore del socialismo. Abbiamo deciso di realizzare una rappresentazione teatrale in un salotto letterario meta-temporale.

Svolgimento scena (I protagonisti prendono il proprio posto, e Morelly entra in salotto) Madame Dupin: Morelly! Qual buon vento vi porta? Morelly: Il desiderio di vedervi, Madame! (fa gesto di baciarle la mano) Madame Dupin: Posso permettermi di chiamarla Morelly, non è vero? Lei sa, girano voci… Morelly: Ma certo Madame. Già, queste voci … Marx.: Morelly, è un autentico piacere conoscerla. (Alzandosi e stringendogli la mano) Morelly: Il piacere è tutto mio, Monsieur… Marx: Marx… sa, trovo molto affascinanti le sue idee riguardo la società e la natura, anche se non condivido tutto; quanto riguarda la natura, ad esempio, è una vera utopia! Diderot: (lasciando in sospeso le opinioni di Marx e rivolgendosi a Morelly) Allora ho finalmente il piacere di conoscere il vero autore del “Codice della Natura”: molti hanno attribuito la sua opera a me… forse, anche per colpa sua. Morelly: Che intende dire? Diderot: Che di lei non si sa niente: ho sentito voci secondo le quali

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Didattica e filosofia

sarebbe nato nel sud della Francia, che fosse abate, credo, a Vitry-LeFrancois Rousseau: Ma, insomma, di cosa si tratta? (con curiosità) Babeuf (saltando nella voce): Alcuni miei conoscenti hanno letto un paio di sue lettere inviate da quella città… Morelly: Suvvia, cosa importa se sono poco conosciuto? Era più importante che la mia opera si diffondesse, e che fosse letta, non trovate? Babeuf: Certo, ma le sue idee sono rivoluzionarie, sareste stato un filosofo importante. Morelly: Poco importa della fama o della gloria: il mio fine è riportare la giustizia in una società oramai al collasso. Diderot: Non ha tutti i torti: legare il suo trattato al mio nome è stato di certo un colpo di genio. Marx: Ma, se non ricordo male, lei (rivolgendosi a Diderot) non hai mai smentito la paternità dell’opera che le è stata attribuita, giusto?

Morelly: Signori miei, vi ringrazio: questi dubbi non fanno altro che sorprendermi e gratificarmi. Tommaso Moro:(entra, avendo sentito il tema della discussione) Concordo con Marx, anch’io considero la sua concezione una vera e propria “utopia”, ha voluto seguire il mio esempio per caso? Direi che per essere un principiante le è riuscito bene! (con sguardo un po’ malizioso) Morelly: Lei sa bene, Moro, che ho sempre avuto un debole per i suoi scritti…(ride) Marx: Resta il fatto che non so come le possano essere venute in mente certe idee… Morelly: Quali per esempio? Marx: Questa idea dell’uomo che nasce indifferente… io proprio non la capisco… Morelly: Trovo che il concetto di stato di natura stia alla base del mondo: le leggi di natura, non quelle assurde costituzioni emanate dall’uomo. Ne è una testimonianza evidente una persona degna di fede,

Madame Dupin: (rivolgendosi a Babeuf) Già, monsieur Babeuf, lei,

che, tornata dall’America, mi ha descritto alcuni tratti meravigliosi

durante la “Congiura degli Eguali” ha citato il “Codice della Natura”,

dell’umanità di quei popoli, sia nei rapporti tra loro, sia nei nostri

attribuendolo a Diderot.

riguardi; gli esempi sono così innumerevoli che queste popolazioni

Babeuf: Esatto: io stesso sono stato ingannato dalle voci dell’epoca. Credevo davvero che fosse opera di Diderot.

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potrebbero ben darci il nome di selvaggi. La stessa persona mi ha detto che tali nazioni, pur essendo nostre alleate, disprezzano le stranezze dei


Quaderni della Ginestra

nostri usi, costumi e abitudini, e arretrano via via che c’inoltriamo nei

Vanvitelli: Troppo gentile Madame, ma a sentire i discorsi di questi

loro territori. E hanno ragione: quale innocenza infatti potrebbe

signori mi sembra di essere solo un semplice architetto… D’altronde

resistere al cattivo esempio?

non ho fatto altro che dare un aspetto più sobrio ed elegante agli edifici.

Marx: Mah, non riesco proprio a comprenderla questa idea (molto pensieroso)… mi descriva meglio questi popoli dell’America. Morelly: Coloro di cui sto parlando, gente laboriosa e di buon senso,

Il mio intento, infatti, era quello di orientare la coeva cultura architettonica napoletana dalla sua splendida tradizione barocca verso esiti neoclassici. Ma ho imparato dal migliore!

copiano e imitano assai bene tutto ciò che ci vedono fare di utile; la sola

Madame Dupin: Affascinante... Ma a chi si riferisce ?

cosa che, finché possono, si guardano bene dall’adottare è la nostra

Vanvitelli: A Claude-Nicolas Ledoux che, con il suo linguaggio

forma di civiltà! Essi detestano la nostra ineguaglianza di beni e di

innovativo, caratterizzato da forme geometriche, quali piramidi, cubi e

condizioni e, soprattutto, la nostra avarizia. Questo è quanto mi ha

sfere, è riuscito a far parlare le sue creazioni e a rendere manifesta la

assicurato la persona che ho citato prima.

loro funzione civile. Per me è un modello: è riuscito a infrangere gli

Rousseau: Notevole! Ma soprattutto trovo interessante il suo pensiero giusnaturalista! Ho sempre condiviso l’ideale dell’esistenza di uno stato di natura, in particolare di uno stato democratico e soprattutto non liberale! Vanvitelli: (rivolto a Morelly e riprendendo il discorso) Perdoni l’ignoranza in questo campo, ma come ritiene che vi possa essere ordine senza costituzioni?

schemi tradizionali e l’esito è stato a dir poco strabiliante. Madame Dupin: Oh sì…, monsieur Ledoux, il costruttore delle saline reali di Chaux, ad Arc et Senans, come dimenticarsene! Vanvitelli: …e di altri mangnifici progetti che, certo, in parte sono rimasti solo sulla carta, ma a cui va sicuramente attribuito uno scopo democratico… Rousseau: Democratico?

Madame Dupin: Oh, non faccia il modesto, Monsieur, un uomo di

Vanvitelli: Diciamo… la cui fruizione è rivolta ad un più ampio

ingegno par suo non è lecito che parli di ignoranza! Alla fine a lei si

pubblico: biblioteche, municipi…, vede, lo si definisce addirittura come

deve, se non sbaglio, la costruzione della meravigliosa Reggia di Caserta!

uno degli “architetti della Rivoluzione”!

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Didattica e filosofia

Rousseau: Certo i tempi stanno velocemente cambiando…

Vanvitelli: E dunque?

Madame Dupin: Uomo di grande talento, Ledoux, però, mi

Morelly: Conosco, però, con certezza la sua esistenza e la sua

creda… non si sottovaluti, Vanvitelli… Ma vi prego, scusate la mia

immensa perfezione e bontà per prove che sappiamo fin troppo bene.

interruzione, continuate pure.

Essendo perfetto possiamo dire che è lui l’artefice del kosmos, quel

Morelly: Lo scopo democratico di cui parlate forse non è tanto

kosmos che andiamo a modificare qualora stabiliamo nuove leggi… è

diverso dal mio concetto di Beneficenza che precede ogni altra idea ed è

proprio il voler modificare l’ordine voluto da Dio che sta all’origine di

l’unica ad innalzare gli uomini all’idea di Dio.

tutti i mali!

Rousseau: Per quanto si possa pensare si ritorna a discutere sempre dello stesso concetto… Babeuf: Dio, è sempre Dio!

Madame Dupin: Pensiero straordinario, lei è un pensatore eccellente Morelly… ma non lo beve un caffè? Morelly: La ringrazio, molto volentieri…gentile come sempre! (si

Morelly: Giusto, Dio! Ogni risposta ce la dà lui, l’ordine ce lo dà lui!

siede mentre un cameriere si appresta a servire un caffè)

Vanvitelli: Perdonate l’insolenza ma proprio non comprendo, cosa

Rousseau: Una cosa non mi è ben chiara…

intende lei per Dio? Tommaso Moro: Una sorta di architetto del mondo. Vanvitelli: Proprio come me! (in tono ironico, ride, rivolgendosi a Madame Dupin)

Morelly: La prego, mi dica Rousseau: In questo suo scritto, il Codice della Natura, lei ha parlato di male, ma come può l’uomo evitarlo? Per un attimo mi è sembrato che cadesse in contraddizione con ciò che ha scritto…

Morelly: Assolutamente, sì… Credo che tutti abbiamo il nostro

Morelly: Ho sempre dichiarato di ritenere che né il male fisico né

concetto di Dio in testa, no? Questa è una domanae a cui è inutile cercar

quello morale esistano, ma deve pur esserci qualcosa se diciamo “stare

risposta, perché… chi lo ha mai conosciuto davvero? Per questo nella

male”, giusto?

mia opera non ho voluto definirlo né il plasmatore del mondo, né

Rousseau: Fin qui la seguo…

identificarlo con la stessa natura: io non so chi sia!

Morelly: Bene, ritengo che siano deviazioni dalla giusta educazione

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Quaderni della Ginestra

dell’uomo alla nascita… i mali sono quei vizi che da piccoli ci hanno

Morelly: Giustissimo, ma sa, Diderot, il cuore dell'uomo è un

sempre impresso nell’animo e che da grandi ci hanno portato ad agire

labirinto impenetrabile, un miscuglio di elementi contrari in perpetuo

contro natura, a modificare le leggi naturali che poi ci si sono ritorte

conflitto… Infatti nulla è più incoerente nell’uomo della sua condotta.

contro. Rousseau: È inevitabile quindi, non dipende da noi… Morelly: Ma no, noi sappiamo distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, sta a noi decidere se seguire ragione o sentimento!

Madame Dupin: In fondo è proprio un romanticone vero Morelly? (ridendo) Morelly: Questo termine mi è nuovo, ma… è interessante Marx:(come parlando fra sé e sé e camminando nervosamente per la stanza) Ma

Marx: “Video meliora proboque, deteriora sequor!”

che Romanticismo e Romanticismo… Se per romanticismo di intende

Tommaso Moro: Ovidio! Vedo e approvo le cose migliori, ma

un’“esaltazione del sentimento” non sono contento; se, invece, si

seguo le peggiori…

riconosce a questo termine la capacità di contenere in sé ambivalenze

Morelly: Esatto, proprio questo intendevo!

quali il primato dell’individuo e quello della società … beh, allora

Rousseau: Beh, allora diciamo che non la pensa molto diversamente

possiamo riparlarne…

da me: “Invece di fare che la ragione c’illumini e guidi le nostre azioni, abbiamo scoperto di farne l’oratore delle nostre passioni”! Tommaso Moro: Ah, anche questa la so! Lo hai scritto nelle “Odes”, se non erro!

Morelly: (dopo aver scambianto un sorriso a Madame Dupin) Tornando alla condotta dell’uomo… Vedendo altri seguire i vizi e altre abitudini corrotte anche noi impariamo ad essere tali Diderot: Che stolti noi uomini!

Rousseau: Proprio bravo!

Babeuf: Ma mi dica una cosa, lei, gli uomini, li considera tutti uguali?

(Madame Dupin mentre viene servito il caffè a Morelly gli sta di fianco ad

Morelly: Che intende? Vuol forse parlare di diritti o uguaglianza o di

ascoltare) Diderot: Ma se distinguiamo le virtù, dovremmo tutti seguirle, o sbaglio?

parità? Marx: Ho letto nel suo libro che elogia la società degli indiani d’America.

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Didattica e filosofia

Morelly: (rivolgendosi a Babeuf) Diciamo, Babeuf, che la penso un po’

piazza pubblica, così che tutti i cittadini possano accedere ai beni di

come lei, condivido appieno il suo pensiero socialista, come sostenitore

prima necessità senza alcuna elargizione di denaro; ogni bambino poi, a

della dittatura del Quarto stato, sebbene forse qualche forzatura vi sia

partire dall'età di dieci anni, dovrebbe essere selezionato e indirizzato

stata… allo stesso modo condivido il vostro socialismo “scientifico”

all'attività lavorativa più consona.

(rivolgendosi a Marx); ho sempre sognato la realizzazione di una forma di

Babeuf: Morelly, scusi se la interrompo, ma lei, che si era riproposto

società fondata sulla solidarietà tra gli uomini e diretta ad assicurare

di stabilire un sistema sociale egualitario, in questo modo si

l’eguaglianza economica, abolendo la proprietà privata, sebbene

contraddirebbe. Infatti vorrebbe anteporre la salute pubblica alla

riconosca che, forse, sia una visione un pò “utopistica”.

volontà di ogni singolo cittadino.

Marx: (rivolgendosi a Babeuf e Morelly) Io sostengo che soltanto il più

Morelly: Sì, ne sono consapevole. Ma ritengo che una società

ottuso degli utopisti potrebbe pensare di realizzare un simile progetto

corrotta come quella attuale possa cambiare radicalmente solo a queste

senza una violenta rivoluzione sociale!

condizioni.

Babeuf: Sono completamente d'accordo! Credo infatti che la rivoluzione francese non sia stata altro che il preludio di quella che sarà

Babeuf: La proprietà privata! È lei la causa primaria dei conflitti politici e sociali e dei contrasti tra gli Stati!

una rivoluzione ben più grande! Penso sia finalmente giunto il momento

Morelly: Non potrei essere più d’accordo!

di fondare la Repubblica degli Eguali, un grande ospizio aperto a tutti

Marx: Condivido pienamente e le faccio ancora una volta i miei

gli uomini. “Le famiglie sofferenti si verranno così a sedere alla tavola comune eretta dalla natura per tutti i suoi figli”. Morelly: è proprio questo che io auspico, uno stato di natura, in cui gli uomini siano tutti uguali, ciascun cittadino sia mantenuto a pubbliche spese e spenda le proprie forze a favore della pubblica utilità; ogni contadino dovrebbe inoltre distribuire i frutti del proprio lavoro nella

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complimenti, ma purtroppo, signori, vi devo lasciare! Madame Dupin: Arrivederla Marx! Marx: Arrivederci a tutti! Morelly: Scusi Madame, ma che ore sono? Ho un impegno e non vorrei tardare… Madame Dupin: Le sette e mezza, Morelly.


Quaderni della Ginestra

Morelly: Allora perdonatemi ma devo proprio andare, mi staranno già aspettando! Madame Dupin: Quando avremo l’onore di rivederla, Signore? Morelly: Presto, non si preoccupi! Arrivederci signori… Madame (accennando un piccolo inchino) Rousseau: è stato un piacere, spero di rivederla presto Diderot: Arrivederci Morelly!

(Anche gli altri fanno cenno di salutare; escono tutti tranne Madame Dupin ed i musicisti)

Madame Dupin: Ma voi, signori continuate pure a suonare! (rivolgendosi ai musicisti) Musicista 3: Certo, Madame, cosa gradirebbe ascoltare?

campo musicale e artistico ed è spesso oggetto di conversazione in molti salotti. Musicista 1: Pensavo che ormai i rapporti tra i due si fossero ristabiliti. Musicista 2: Credo proprio che non si ristabiliranno mai. Del resto la musica di Rameau contrasta con la filosofia di Rousseau. Madame Dupin: Ne siete certo, Monsieur? Non credevo che la questione fosse così delicata. Musicista 2: Invece sì, Madame. Ne è un esempio anche il fatto che Rousseau sia così scettico nei confronti della nuova opera di Morelly. Madame Dupin: Anche Monsieur Morelly si diletta di musica? Musicista 1: O no, Madame. Il fatto è che, secondo Rameau, la

Madame Dupin: Adoro i componimenti di Rameau. Egli afferma

musica esprime il divino ordine universale, la natura. Questa si fonda su

che “per gioire pienamente degli effetti della musica bisogna essere in

un sistema di leggi matematiche e coopera attivamente con i sentimenti,

puro abbandono con se stessi.” Conoscete uno dei suoi ultimi pezzi?

l’intelletto e la sensibilità dell’uomo. Le sue teorie hanno ricevuto molte

Musicista 3: Certamente, le sue suites stanno avendo grande successo in tutti i maggiori salotti, Madame.

critiche e spesso questo talentuoso musicista è accusato di essere solo un gelido speculatore.

Madame Dupin: Meraviglioso! Adesso che sono sola, fatemene

Musicista 2: Rousseau, invece, aborre la musica francese, aborre la

ascoltare qualcuna. Già prima avrei desiderato chiedervi qualche sua

musica strumentale in quanto insignificante, irrazionale e contraria alla

pagina ma vi è una profonda inimicizia tra Rameau e il mio graditissimo

natura; non si stanca di ripetere che si tratta di un'invenzione, di una

ospite, Monsieur Rousseau. Sembra che sia dovuta a divergenze in

cattiva invenzione, di un fatto storico e non naturale, frutto quindi di

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Didattica e filosofia

una convenzione sociale. Madame Dupin: Quante notizie interessanti! Non ne ero al corrente, nei salotti se ne parla solo in modo molto superficiale. Musicista 2: Spesso si preferisce ignorare le reali cause di ciò che avviene intorno a noi. Madame Dupin: Certo, ma riprenderemo questa nostra discussione in un altro momento‌ (interrompe il discorso in modo frivolo e annoiato) Sono molto stanca e desidero rilassarmi con della buona musica. (i musicisti riprendono a suonare)

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Libri in discussione

PERCHÉ LA DEMOCRAZIA?

N

base delle procedure che lo costituiscono, indipendentemente, dunque, dal risultato di tali procedure. Ai difetti e alle manchevolezze di

onostante i numerosi testi dedicati alle patologie dello spazio

entrambe le proposte, però, Ottonelli contrappone una propria

pubblico e della nostra democrazia, fino a poco tempo fa

concezione, che chiama “proceduralismo degli ideali”. Tale proposta

mancava una lucida analisi normativa dei principi democratici e del loro

teorica apre la seconda parte del libro, che è dedicata alla sua articolata

significato pratico. Valeria Ottonelli, con il suo I principi procedurali della

descrizione e che costituisce il contributo più originale dell'autrice.

democrazia (Il Mulino, 2012), colma questo vuoto, proponendo sia una

Scopo del “proceduralismo degli ideali” è fornire una giustificazione

bussola teorica estremamente utile a ogni persona che si voglia accostare

della democrazia come «espressione e rappresentazione pubblica

ai temi della teoria democratica normativa, sia un'interpretazione

dell'[eguale] agency politica dei cittadini a livello individuale e collettivo»,

originale e completa dei diritti politici democratici e delle tesi filosofiche

fondandola su tre valori politici fondamentali: l'eguale rispetto, la non-

che li sorreggono. Un'impresa impegnativa, quella dell'autrice, che

tirannia e l'autonomia pubblica. L'analisi precedente costituisce una

spazia da Rawls ai filosofi e agli scienziati politici contemporanei e dalle

premessa indispensabile per cogliere la peculiarità di questa tesi, specie

dispute teoriche circa la più appropriata giustificazione della democrazia,

circa tre aspetti: il proceduralismo puro, l'idea di agency politica e la

agli aspetti più concreti del vivere politico attuale.

specificazione dei valori su cui tale agency poggia.

Il libro è quindi coerentemente diviso in due parti. La prima

In primo luogo, è importante soffermarsi sulla ripresa, da parte di

ricostruisce il dibattito contemporaneo, presentando in primo luogo la

Ottonelli,

tesi strumentalista, che fa dipendere in modo consequenzialista la

proceduralismo. L'intento di questa mossa consiste nel ridefinire in

giustificazione delle procedure democratiche dalla qualità dei loro esiti, e

modo più coerente la nozione di “proceduralismo puro”, così da

poi due concezioni molto diverse di proceduralismo, quella minimalista

salvarlo dalla confusione concettuale di cui era stato oggetto a partire

e quella costruttivista. Elemento comune dei due approcci proceduralisti

proprio da Rawls. I risultati ottenuti da Ottonelli sono due. Innanzitutto,

è la giustificazione del processo di decisione democratico sull'esclusiva

specifica quello che ritiene il vero significato del proceduralismo puro:

65

della

terminologia

rawlsiana

circa

le

tipologie

di


Quaderni della Ginestra

esso, infatti, non prescrive l'assenza di valori sostanziali tout court. Purché

forza legittimante di questi ideali, che si scontra con la mancata

non siano né vincoli esterni alle procedure, né fini nei confronti dei

corrispondenza tra procedure attuali vigenti e modello normativo. Il

quali la procedura risulta strumentale, essi non devono affatto essere

mondo reale si discosta pesantemente dalla teoria ideale, al punto da far

esclusi da una giustificazione procedurale della democrazia, poiché anzi

perdere a questa il suo potere giustificativo, perché troppo esigente

rappresentano «elementi costitutivi di ciò che dà valore e senso alla

rispetto alle trasformazioni sociali e politiche che richiederebbe una sua

procedura». In secondo luogo, fornisce al lettore i punti di riferimento

piena realizzazione (delegittimazione), oppure troppo appiattita sulla

necessari per orientarsi nel dibattito contemporaneo e per situare le tre

situazione attuale (sovra-legittimazione).

forme di proceduralismo puro che prenderà poi in analisi.

Terminata la pars destruens, arriviamo quindi alla proposta dell'autrice,

Il primo, definito “proceduralismo minimalista”, riunisce tutte le

il cui interrogativo fondamentale è: come si può rendere conto del

concezioni radicalmente formali, da Bobbio a Dahl, ai teorici della scelta

valore intrinseco della democrazia, intesa come l'insieme di procedure,

sociale. Secondo l'autrice, queste teorie, che interpretano la democrazia

pratiche e diritti politici che caratterizzano le società attuali e che

come mero insieme di “regole del gioco”, danno un'interpretazione

incarnano valori sostantivi «generalmente condivisi all'interno della

formalistica e restrittiva del proceduralismo, poiché ne contestano ed

nostra cultura politica» riguardo alla «modalità con cui vengono prese

escludono ogni valore sostanziale. La seconda forma di proceduralismo,

decisioni di rilevanza collettiva»?

quello definito “costruttivista”, rappresenta, invece, un'alternativa molto

Innanzitutto, Ottonelli cerca di delimitare il campo di una simile

più ricca e articolata. L'immediato riferimento è all'eterogeneo

giustificazione, che deve essere distinta dall'idea di giustizia politica. A

panorama delle teorie deliberative della democrazia, che fondano la

questo scopo, abbraccia una posizione dualista, in base alla quale le

legittimità delle procedure democratiche sull'ideale di deliberazione

procedure democratiche non rappresentano affatto «l'unico criterio e

pubblica e razionale tra cittadini liberi ed eguali. Ottonelli ne analizza

metodo possibile per produrre giustizia all'interno della società».

attentamente meriti e difetti, riprendendo e rispondendo ad alcune

Riconoscere la validità autoritativa delle decisioni collettive prese

obiezioni classiche, per porne poi di sue. La più interessante concerne la

democraticamente non significa precludersi il diritto e la possibilità di

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Libri in discussione

metterne in discussione gli esiti, la cui giustizia sostanziale può essere

riconoscono l'autonomia individuale e collettiva che le procedure

valutata da un punto di vista indipendente dalle procedure. Allo stesso

democratiche sono legittime.

tempo, un giudizio di merito circa i risultati non ne inficia l'autorità, che

Si pone, tuttavia un problema riguardo l'effettiva competenza morale,

dipende dalla modalità con cui sono stati prodotti. Insomma, non ogni

epistemica e politica dei cittadini: è possibile considerarla eguale? Dal

decisione democratica produrrà esiti giusti, ma cionondimeno rimarrà

punto di vista empirico, sembrerebbe di no. Per giustificare l'eguaglianza

legittima in virtù del modo in cui è stata presa. In questo modo

democratica nel pieno esercizio dei diritti politici, Ottonelli fa dunque

Ottonelli prende posizione in uno dei dibattiti più accesi degli ultimi

ricorso al meccanismo del “come se”. Gli individui debbono essere

tempi: quello relativo alla concezione epistemica della democrazia,

trattati “come se” fossero egualmente validi decisori politici e così

ovvero il tentativo di accordare preoccupazioni epistemiche per la

devono essere rappresentati pubblicamente. Tuttavia, il funzionamento

qualità degli esiti e rispetto dei principi procedurali di eguaglianza

del “come se” non è affatto intuitivo, dal momento che si fonda sulla

democratica.

separazione tra contenuto e ragioni delle procedure e istituzioni

Tale rispetto è incarnato nelle modalità della presa di decisione: la

democratiche. Secondo Ottonelli, se il contenuto degli eguali diritti

democrazia ha valore perché esprime ideali di agency individuale e

politici «deve essere spiegato e giustificato dall'idea che essi

collettiva, ovverosia riconosce e rappresenta pubblicamente i cittadini,

costituiscono il riconoscimento e le condizioni di esercizio della capacità

presi singolarmente e nel loro insieme, come «capaci di prendere

di agency politica più piena ed eguale da parte dei cittadini», la ragione per

decisioni razionali o corrette» e dunque come aventi eguale diritto e

la garanzia di tali diritti non è «che le persone siano effettivamente dotate di

competenza per

prendere decisioni di rilevanza collettiva. Il

eguali capacità di agency politica». Al contrario, sono gli ideali dell'eguale

proceduralismo degli ideali si propone dunque come concezione politica

rispetto, della non-tirannia e dell'autonomia pubblica le ragioni che ci

ricca, non meramente formale o neutrale o morale, dei diritti politici

portano a riconoscere la democrazia come legittima.

democratici. È perché conferiscono ai singoli eguale rispetto come

La difesa di questa concezione puramente procedurale della

decisori politici, perché danno loro eguale visibilità politica e perché ne

democrazia è accorata. E la rilevanza di data concezione per il tipo di

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Quaderni della Ginestra

istituzioni democratiche da preferire è fondamentale: come rammenta Ottonelli, «a diverse concezioni della democrazia corrispondono diversi sistemi di voto, diversi modi di attuare il principio di eguale partecipazione, e legislazioni diverse sui finanziamenti ai partiti, sullo svolgimento delle campagne elettorali e sul significato e le modalità della rappresentanza politica». Tuttavia, benché rispetti i requisiti posti dalla stessa autrice per delineare una buona giustificazione della democrazia, tale teoria risulta vulnerabile alla stessa critica che molti hanno fatto al Rawls di Liberalismo politico: può essere riconosciuta come valida solo all'interno di una cultura politica già democratica. In questo modo riesce a rendere conto del fatto che esistano, nella nostra cultura politica, alcuni valori e ideali democratici, ma non del perché; esalta la portata dell'“avvento

democratico”

come

ribaltamento

delle

società

gerarchizzate dell'ancien régime, ma non arriva a giustificarne una riproposizione oggi. Questo scopo non rientra dichiaratamente negli intenti di Ottonelli, ma non è scontato che una giustificazione normativa della democrazia se ne possa esimere.

CHIARA DESTRI Valeria Ottonelli, I principi procedurali della democrazia, il Mulino, Bologna 2012, pp. 296, € 27.

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Libri in discussione

SULL’ATTUALIZZAZIONE DELLO STOICISMO

N

libera ed errante, estranea ai culti esteriori, e, soprattutto, Epitteto per la sopportazione di povertà e schiavitù.

ell’ottobre del 2012 viene pubblicato per la prima volta in

Nell’analisi del rapporto tra individualismo e morale (in particolare

italiano, curato da Federico Maria Roccavento e con in

dei doveri del singolo) la proposta dell’autore presenta la sua originalità.

appendice il Manuale di Epitteto, il Piccolo manuale dell’individualista di Han

Cardine è la tesi «amerai il tuo prossimo come te stesso e amerai il tuo

Ryner, traduzione di Petit manuel de l’individualiste (1914, Edition Eugène

Dio sopra ogni cosa», in cui per prossimo si intendono gli altri uomini

Figuière & Cie).

(esseri dotati di ragione e volontà), e per Dio la propria perfezione

Scritto sotto forma di dialogo interiore, il libro rappresenta una

morale, ragione, libertà, armonia interiore e serenità. In questo senso, la

sintesi del pensiero dell’autore, di cui emergono i tratti essenziali:

riforma morale che Ryner propone non ha tanto di mira la società,

stoicismo, individualismo, anticlericalismo, antimilitarismo, antirazzismo

intesa come (inevitabile) riunione di individui per un’opera comune, ma

e pacifismo, associati alla promozione di idee libertarie, disobbedienza

l’individuo stesso che deve armonizzare i suoi atti al suo pensiero,

civile, amore libero, lavoro manuale, e alla contemporanea astensione da

rispettando la propria coscienza e la vita degli altri uomini, mirando a un

qualsiasi lavoro (amministrativo, giudiziaro, militare) o attività (furto,

benessere interiore e individuale, liberandosi dalle dipendenze esteriori

banca, sfruttamento) che possa nuocere agli altri. L’individualismo, in

della mondanità, delle ricchezze inutili e di ogni cosa che non sia in suo

particolare, ne rappresenta un presupposto imprescindibile ed è inteso

potere. Il saggio, infatti, «è indifferente alla forma politica e sociale

come una dottrina morale e pratica che non poggia su alcun dogma,

dell’ambiente in cui vive così come è indifferente al genere di morte che

tradizione e volontà esterna, facendo appello alla sola coscienza

lo aspetta. Il saggio sa che non si distrugge l’ingiustizia sociale, ma si

individuale che indicherà, a ciascuno, i propri doveri personali (di

sforza di salvare un oppresso da una ingiustizia particolare».

azione) e universali (di astensione). Evidente è il debito con almeno

Ed è proprio da queste premesse che deriva un radicale disprezzo per

quattro autori: Socrate, per il suo cercare la libertà in se stessi, Epicuro,

la legge (soprattutto per la condanna), intesa come un’ingiustizia

per la sua distizione tra bisogni naturali e fittizzi, Gesù, per la sua vita

organizzata di cui il saggio non può rendersi complice (nessuno,

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Quaderni della Ginestra

nemmeno la società, ha il diritto di infliggere la morte a un altro uomo o di rinchiuderlo in prigione) e per l’organizzazione sociale, intesa come il focolaio di tutti i mali: la proprietà, la forza coercitiva dello Stato, la polizia, i giudici, le forze armate, l’assenza di libertà. L’individualista non dovrà dunque né appellarsi ai tribunali, il che equivarrebbe a sacrificare se stessi alla società e riconoscerne la tirannia, e né adorare i suoi idoli (l’ordine, la patria, il partito, la razza). Piuttosto, di fronte alla costrizione sociale, difenderà la propria ragione e volontà rispettando la libertà altrui, e agirà, anche a costo di sacrificare i propri interessi, senza esercitare quell’azione sociale che al saggio appare come una tirannia, che opera contro la propria volontà con mezzi diversi da una ragionevole persuasione.

TIMOTHY TAMBASSI Han Ryner, Piccolo manuale dell’individualista, Endemunde, Milano 2012, pp. 96, € 9.90

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Libri in discussione

CITTADINI DEL PARADOSSO

C

culturale, riproduzione sociale obbediscono a dinamiche che trascendono la dimensione dello Stato-nazione a base territoriale?

ittadinanza di Etienne Balibar è stato dato alle stampe da

Per rispondere a tale quesito, Balibar

Bollati e Boringhieri ormai due anni or sono. Dedicato

mostrare come il lemma “cittadinanza” sia stato sempre indicativo di

all’analisi della complessa relazione teorica e storica fra istituto della

un’antinomia originaria fra potere costituito e potere costituente, fra

cittadinanza e democrazia, il saggio non smette di essere attuale, visti

funzione istituzionale e funzione insurrezionale.

si propone innanzitutto di

i dibattiti intorno al tramonto e al rilancio dei sistemi politici

Balibar nota che già Aristotele, usando la parola “politeìa”,

democratico-rappresentativi a base territoriale. L'opera si presta a una

intendeva non solo il dispositivo attraverso cui una comunità politica

lettura non sempre agevole: l’autore fa infatti uso di una cassetta

distribuiva il potere fra i suoi membri e organizzava le funzioni di

degli attrezzi ampia ed eterodossa, che attinge dalla tradizione

governo al suo interno. Per lo Stagirita essa stava a indicare anche la

marxista e post-marxista, dalle prospettive repubblicane e neo-

magistratura indeterminata con cui ogni cittadino contribuiva a

machiavelliane, da Carl Schmitt, dall’approccio genealogico e

fondare

biopolitico di Foucault.

questo rispetto, la creazione del tribunato della plebe nella Roma

la legittimità dell’ordine politico cui partecipava. Sotto

Le asperità argomentative di Balibar, nonché l'uso forse troppo

repubblicana, la rivoluzione liberal-borghese in Europa, la nascita del

disinvolto che questi fa delle fonti citate, non inficiano tuttavia

welfare state sono fenomeni storici che ben evidenziano come lo

l’interesse che sono in grado di suscitare le sue tesi, formulate e

status di cittadino non implichi solo la dimensione passiva della

discusse per rendere più comprensibile questo mondo multipolare,

titolarità dei diritti.

divenuto impermeabile al potere esplicativo delle grandi narrazioni

Se essere cittadini significa anche partecipare alla vita politica di

politiche del secolo scorso. Cosa significa esser cittadini in una

una comunità, è inevitabile che l’attivismo possa arrivare a mettere in

società globalizzata, i cui processi di sviluppo economico, ibridazione

discussione i criteri che regolano la redistribuzione di tale status, ad

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Quaderni della Ginestra

ampliare il set dei diritti ad esso connessi, a contestare radicalmente

Balibar, è invece una forma politica che fa del conflitto,

le strutture politiche che sovrintendono alla vita collettiva di un

dell’inventiva e della capacità di riformare le proprie istituzioni

popolo. Detto altrimenti, la cittadinanza si è rivelata foriera di un

pubbliche, il proprio cuore pulsante.

potenziale conflittuale che mal si accorda alla funzione poliziesca e

Viviamo tempi in cui la crisi delle democrazie rappresentative

ordinatrice delle strutture istituzionali statali, economiche, culturali in

vestfaliane è evidente, perlomeno in Occidente. In questo contesto,

senso ampio. E questo perché, pur veicolando ideali di uguaglianza,

risulta innegabile la progressiva, seppur non omogenea, affermazione

pur aspirando all’universalità, essa ha mostrato di non poter non fare

di modalità di governance neoliberale che depotenziano la

a meno, per essere effettiva sul piano storico e socio-politico, di

partecipazione politica degli individui alle grandi questioni della cosa

meccanismi di inclusione ed esclusione destinati a rinvigorire i

pubblica. Questa mutazione della dimensione politica è, a parere di

conflitti sociali e politici, fossero essi basati su censo, classe, genere,

Balibar, espressione di un processo di de-democratizzazione favorito

nazionalità.

da due precise circostanze. Da un lato, esso fa perno sulla pervasiva

Proprio questi aspetti paradossali, per Balibar, giustificano lo

promozione ideologica del criterio di massima utilità e produttività, a

stretto legame che egli individua fra cittadinanza e democrazia. Per il

cui i soggetti sono ormai chiamati a conformarsi in ogni ambito della

filosofo francese, infatti, “democrazia” non

designa una forma

vita sociale. Dall’altro, è agevolato da una virulenta e ingiustificata

politica costituzionalmente definita, né può essere appiattita su quella

delegittimazione del principio di rappresentanza, la cui inutilità viene

particolare intensione del termine che pertiene al pensiero liberale.

erroneamente

Quest’ultimo ha infatti mitigato le conseguenze agonistiche del

parlamentarismo, che del primo è solo una delle tante espressioni

proprio pluralismo morale attraverso un’idea di democrazia politica

storiche possibili.

proclamata

sulla

base

degli

insuccessi

del

fondata sulla centralità delle nozioni di uguaglianza giuridico-

Alla luce di questa diagnosi Balibar afferma che la cittadinanza,

formale, consenso, razionalità discorsiva. La democrazia, sostiene

lungi dall’essere un dispositivo giuridico obsoleto, è strumento

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Libri in discussione

adeguato per rinnovare i nostri sistemi politici in senso democratico.

araba o le lotte di piazza Majdan.

E ciò a patto di ricordarsi che, se delle istituzioni non si può fare a meno, la cittadinanza è un’istituzione che ha in sé il germe

CORRADO PIRODDI

dell’insurrezione, la capacità di reinventarsi e ridefinirsi al fine di introdurre nuovi diritti nella sfera delle istituzioni stesse. In tal senso i protagonisti del conflitto, i senza-parte dello scenario globale, non devono solo opporre resistenza al potere costituito quand’esso diventi insostenibile. Hanno l’obbligo di cercare di proporre vere e proprie alternative di trasformazione rispetto ad esso, con il vantaggio di poter far

tesoro degli errori e

dei fallimenti delle teleologie

rivoluzionarie del Novecento. Di fronte a tale prospettiva, viene spontaneo pensare che molto di quanto sostenuto da Balibar sia una risposta all’attuale condizione di stallo dell’Europa, dotata di un mercato unico e organi economici transnazionali consolidati, ma priva di una costituzione politica riconosciuta in grado di dar voce ai suoi nuovi cittadini. Se le cose stanno così, è lecito chiedersi quanto questa proposta filosofica sia davvero efficace, sul piano normativo, per comprendere il potenziale emancipativo di lotte socio-politiche lontane dal nostro sentire e dalle nostre rivendicazioni circostanziali, come la Primavera

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Etienne Balibar, Cittadinanza, Bollati Boringhieri, Torino 2012, pp.178, € 9




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