Quaderni della Ginestra

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REDAZIONE Direttore: Anna Maria Ricucci. Vicedirettore: Corrado Piroddi. Figure dell’individualismo: Ferruccio Andolfi, Elisa Bertolini, Simona Bertolini, Simona Del Bono, Antonio Freddi, Donatella Gorreta, Nausicaa Milani, Giacomo Miranda. Meditazioni filosofiche:Marco Anzalone, Elisa Bertolini, Valeria Bizzari (coordinatrice), Anna Pagliarini, Lavinia Pesci, Martino Pesenti Gritti, Alberto Siclari, Timothy Tambassi, Roberto Venturini. Cinema e filosofia: Marco Bigatti, Roberto Escobar, Pietro Parmeggiani, Corrado Piroddi (coordinatore). Libri in discussione: Mara Fornari, Mirella Lucchini, Timothy Tambassi (coordinatore). Esperienze didattiche: Teresa Paciariello (coordinatrice), Marina Savi, Chiara Tortora. Letteratura e filosofia: Margherita Aiassa (coordinatrice), Alessandro Bonanini, Carlo Guareschi, Italo Testa. Promozione: Marco Anzalone, Carlo Guareschi, Mirella Lucchini, Martino Pesenti Gritti, Anna Maria Ricucci. Ricerca immagini, composizione, grafica e web: Margherita Aiassa, Marco Anzalone, Elisa Bertolini, Valeria Bizzari, Alessandro Bonanini, Pietro Parmeggiani, Corrado Piroddi, Anna Maria Ricucci, Roberto Venturini. Direttore responsabile: Ferruccio Andolfi.


SOMMARIO

Figure dell’individualismo................................................................................................................................................p. 4 Responsabilità personale e sovra personale. L’etica e l’umano a cura di Donatella Gorreta.....................................................................p. 5

Meditazioni filosofiche...................................................................................................................................................p. 12 Friedrich Schleiermacher: il compito di essere immortali di Ferruccio Andolfi.......................................................................................p. 13 Il diritto alla malinconia di Lavinia Pesci…………............................................................................................................................p. 17

Cinema e filosofia............................................................................................................................................................p. 20 “Melancholia” di Lars von Trier di Federica Gregoratto.....................................................................................................................p.21 “Another Earth” di Mike Cahill di Francesco Mazzoli....................................................................................................................p. 25


Letteratura e filosofia..................................................................................................................................................p. 28 Esperienza estetica e costituzione individuale in Henry David Thoreau di Carlo Guareschi..................................................................p. 29 Il dialogo tra Zanzotto e il paesaggio di Flavio Regazzoli………………..........................................................................................p. 38

Didattica e filosofia......................................................................................................................................................p. 44 Essere o esistere? Perché studiare filosofia di Alberto Meschiari............................................................................................................p. 45

Libri in discussione....................................................................................................................................................p. 58 L’Italia e l’Italietta di Lucia Mancini………………………………………...............................................................................p. 59 “Il libro degli sguardi”: Facebook fra scelta e identità di Carla Soldat.....................................................................................................p. 62 Democrazia. Istruzioni per l’uso di Mirella Lucchini.............................................................................................................................p. 65



Figure dell’individualismo

RESPONSABILITÀ PERSONALE E SOVRAPERSONALE. L’ETICA E L’UMANO DI ALBERT S CHWEITZER

N

interpretarlo come una Weltanschauung complessivamente fallimentare perché, nell’apparente molteplicità delle sue versioni, non ha saputo rispondere in modo persuasivo alla domanda fondamentale: «La mia volontà di vita, una volta divenuta

el 1923 il filosofo, teologo, medico, musicista e musicologo alsaziano

pensante, come si pone rispetto a se stessa e al mondo?». La preoccupazione costante

Albert Schweitzer (1875-1965) pubblicava dopo lunghissima gestazione

(tipica di un malinteso ottimismo che sarebbe la cifra dell’Occidente nella sua

il testo cui affidava le prime tracce del suo progetto di rinascita della civiltà occidentale

distinzione-contrapposizione rispetto all’Oriente) di afferrare e spiegare il ‘senso’

per mezzo della rinascita del pensiero: Kulturphilosophie I e II. Che si trattasse

della vita e del mondo in conformità a un astratto e presunto disegno teleologico

di opera appena iniziata lo testimoniano le parole conclusive della Prefazione: «Le

universale, ha impedito alla filosofia europea di tener fede al suo compito, che è della

due parti già composte della filosofia della civiltà – Declino e ricostruzione della

filosofia tout court: aiutare gli uomini a orientarsi nel pensare e nell’agire. Il

civiltà e Civiltà ed etica – avranno un seguito in altre due. Nella prima di queste,

primum da cui Schweitzer decide di muovere, un Wille zum Leben di ascendenza

La Weltanschauung della reverenza per la vita, completerò la visione del

schopenhaueriana, presenta rispetto al passato una peculiarità che, egli ritiene,

mondo che finora ho soltanto abbozzata come conclusione del confronto con la pre ce-

permette di imboccare una via nuova e promettente. Nel momento in cui, infatti, ‘la’

dente ricerca di Weltanschauung. La seconda tratterà dello Stato civile». Pur

volontà di vita, enigmatica e inarrestabile radice di tutte le cose, diviene ‘la mia’

lavorando ad esse incessantemente nelle pause tra la preparazione di altri scritti meno

volontà di vita che – insieme sollevandosi al disopra di sé e aderendo pienamente alla

imponenti e la sua attività di medico nel villaggio-ospedale a Lambaréné nel Gabon,

propria natura – apprende a pensare, le si dischiude la risposta all’interrogativo

da lui fondato nel 1913, Schweitzer non sarebbe giunto a dare forma definitiva alla

cruciale: «Per l’intimo bisogno di rimanere fedele e coerente a sé, essa stabilisce con il

terza e quarta parte annunciate (apparse nel 2000 presso il suo editore di sempre,

mio essere e con tutte le manifestazioni della volontà di vita che lo circondano un

Beck di Monaco, come parte del cospicuo Nachlaß). Ciò che conta qui, tuttavia, è

rapporto plasmato dalla reverenza per la vita». Il voler vivere insito in ogni

soffermarsi sull’ampiezza e sulla radicalità della sua idea della filosofia a venire. Il

‘manifestazione’ (la Erscheinung kantiana e, ancora, schopenhaueriana) stabilisce

dibattito primonovecentesco sulla crisi culturale e politica dell’Europa offre a

una rete incalcolabile di connessioni e relazioni tra ogni forma esistente. Al

Schweitzer l’occasione per ripercorrere l’intero cammino del pensiero occidentale e

tradizionale cattivo finalismo, intriso di ‘metafisica’, si sostituisce così una teleologia

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Quaderni della Ginestra

immanente nella concretezza delle singole vite e di tutte le vite, che si intrecciano per

religiosi, di cui si sostanzia l’esistenza umana, ciascuno vale e conta in quanto singo-

forza propria in una trama inesauribile tendente alla pienezza con un movimento

lo, non in quanto membro di una società o di una massa o di uno Stato o di una

infinito di costruzione-distruzione-ricostruzione. È di fronte a questo scenario che

Chiesa (Schweitzer è un critico deciso sia dell’utilitarismo sia del marxismo sia della

scaturisce la reverenza per la vita: un rispetto che assume la tonalità mistica della ve-

‘Chiesa visibile’, e negli anni dal 1933 in poi esprime un fermo dissenso nei confronti

nerazione, con la quale si attua «il più immediato e il più profondo adempimento

del nazionalsocialismo). Nelle pagine che seguono, tratte dal penultimo capitolo di

della mia volontà di vita». Ontologia ed etica vanno dunque di pari passo in questo

Kultur und Ethik1 (seconda parte della Kulturphilosophie), la parola chiave è

che Schweitzer definisce «pensiero elementare», «razionalismo spregiudicato» e «mi-

appunto Humanität, ‘l’umano’ come criterio e termine ultimo della vita associata

stica etica», non rinunciataria ma «attiva, affermatrice del mondo» e (ri)fondatrice

degli uomini.

della civiltà. Ed è l’individualità di ciascun vivente, di volta in volta, il centro prospettico del principio assoluto della nuova etica: «il bene consiste nel sostentare, promuovere, accrescere la vita, mentre è male annientare, danneggiare, frenare la vita». L’assolutezza del principio, va rimarcato, si traduce nella relatività della sua attuazione, ovvero in una responsabilità illimitata e non codificabile che ciascun agente morale sperimenta in ogni precisa situazione della propria vita, avendo come interlocutori tutti i viventi, sia o non sia umano il loro volto, e dovendo decidere quale e quanta vita sacrificare o ferire, negli inevitabili conflitti che la volontà di vita, per sua natura, impone. L’etica improntata alla reverenza per la vita, decisamente non antropocentrica, è, per supremo paradosso, l’etica che afferma senza mezzi termini che il principio di umanità (Humanität) è inviolabile, poiché nessun uomo può essere subordinato a idee o ad autorità sovrapersonali; che nei rapporti, interindividuali, sociali, politici,

A. Schweitzer, Kultur und Ethik (Kulturphilosophie I e II), C. H. Beck, München 1990, cap. XXI (Die Ethik der Ehrfurcht vor dem Leben), pp. 346-353 (Persönliche und überpersönliche Verantwortung. Ethik und Humanität). 1

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Figure dell’individualismo

I conflitti morali tra la società e il singolo traggono origine dal fatto che questi è tenuto a una responsabilità non solo personale, ma anche

modo universalmente valido i confini dell’eventuale diritto di replica della moralità personale.

sovrapersonale. Quando si tratta di me soltanto, posso ben essere, in

All’etica ordinaria non resta allora che sottoscrivere la resa: è priva di

ogni circostanza, paziente, pronto al perdono, indulgente, misericor-

mezzi per difendere la roccaforte della moralità personale poiché non

dioso. Ciascuno di noi, tuttavia, si trova a rispondere non solo di se

dispone, rispetto al bene e al male, di concetti assoluti. Questa sorte non

stesso ma anche di una situazione e costretto, perciò, a prendere deci-

tocca invece all’etica della reverenza per la vita, che possiede, essa sì, ciò

sioni contrastanti con la sua privata integrità.

di cui l’altra manca. In nessun caso, dunque, consegna la roccaforte, ne-

Così, accade all’artigiano a capo di una piccola impresa o al musicista divenuto direttore d’orchestra di non poter essere gli uomini che vor-

anche quando sia cinta d’assedio; si sente all’altezza di conservarla durevolmente e di tenere in pugno gli assedianti con continue sortite.

rebbero. Il primo deve licenziare un operaio incapace o alcolizzato, a di-

Soltanto la convenienza assoluta e massimamente universale impli-

spetto della compassione che prova per lui e per la sua famiglia; al se-

cita nella conservazione e nell’incremento della vita, sulla quale si mo-

condo non è concesso di lasciare ancora esibirsi una cantante della quale

della la reverenza per la vita, ha carattere etico. Ogni altra necessità o

ha apprezzato la voce, benché sappia di procurarle un dolore con il suo

convenienza non è etica, bensì mera necessità più o meno inevitabile,

divieto.

mera convenienza più o meno opportuna. Quando si accende il con-

Quanto più ampio è il raggio d’azione di un uomo, tanto più egli si

flitto tra la conservazione della mia esistenza e la distruzione o il dan-

troverà a dover sacrificare un poco della propria umanità alla respon-

neggiamento di un’altra, non ho alcuna possibilità di armonizzare l’etico

sabilità sovrapersonale. Da questo conflitto il pensiero comune ricava la

e il necessario in una forma di relatività etica: devo decidermi nel senso

conclusione che, in linea di principio, la responsabilità generale prevalga

dell’etica o in quello della necessità e, qualora scelga la seconda, prende-

su quella individuale. Tale è l’intendimento che la società inculca al sin-

rò su di me la colpa di aver arrecato danno alla vita. Allo stesso modo,

golo e, per tranquillizzare le coscienze alle quali la sua prescrizione ri-

quando mi trovo nel conflitto tra responsabilità personale e sovraper-

sulta troppo inflessibile, s’ingegna di addurre norme volte a stabilire in

sonale, non posso credere di riuscire a equilibrare l’etico e il conveniente

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in un principio etico relativo, o addirittura di far sì che il conveniente metta fuori questione l’etico: devo decidermi per l’uno o per l’altro. E se, pressato dalla responsabilità sovrapersonale mi piego al principio di convenienza, in qualche misura violo colpevolmente la reverenza per la vita. La tentazione di riunire l’etico e la convenienza comandata dalla responsabilità sovrapersonale in un principio etico relativo è oltremodo forte perché, se l’impresa riesce, si avvalora l’idea che chiunque obbedisca alla responsabilità sovrapersonale agisce in modo non egoistico. Costui non sacrifica la propria singola esistenza o il proprio privato benessere a un’altra esistenza o al benessere di qualcun altro, bensì li offre in nome di ciò che s’impone come conveniente considerando l’esistenza o il benessere di una maggioranza. Ma dire “etico” è dire più che “non egoistico”! Etica è soltanto la reverenza della mia volontà di vita per ciascun’altra volontà di vita, e ogni volta che sacrifico o danneggio la vita io non dimoro nell’etica, ma mi rendo invece colpevole, sia che lo faccia egoisticamente, per conservare la mia esistenza o il mio benessere, sia che agisca con una motivazione non egoistica, per conservare una pluralità di altre esistenze o il loro benessere. Questo errore lampante di spacciare per etico l’oltraggio alla reverenza per la vita che risulta da pensieri non egoistici, è il ponte attraverso il

FOTO DI MARTINA TAMBASSI

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Figure dell’individualismo

quale l’etica sconfina inaspettatamente nel territorio dell’antietica. Oc-

ritirandoci quanto più è possibile in noi stessi. Questa, però, sarebbe

corre demolire questo ponte.

una innocenza fraudolenta, poiché l’etica dice apertamente “sì” al mon-

Il solo confine dell’etica è l’umano, vale a dire l’attenzione all’esisten-

do e alla vita, e non ci permette di evadere nella negazione del mondo.

za e alla felicità del singolo uomo. Dove l’umano termina, ha inizio la

Ci proibisce di essere come la padrona di casa che lascia alla cuoca il

falsa etica. Il giorno in cui, finalmente, tutti riconosceranno questa fron-

compito di uccidere l’anguilla, e ci obbliga ad accettare tutti i doveri

tiera, segnata in modo che tutti la vedano, sarà uno dei più importanti

connessi alla responsabilità sovrapersonale che si presentano al nostro

nella storia dell’umanità. Da allora in poi, non potrà più accadere che

sguardo, anche quando avremmo ragioni più o meno buone per ri fiu-

passi per vera etica quella che ha cessato di essere etica e seduce uomini

tarli.

e popoli portandoli alla rovina.

Ciascuno di noi, dunque, è tenuto a dare concreta attuazione alla re-

Poiché ci ha ingannati riguardo ai molti modi in cui ciascuno di noi

sponsabilità sovrapersonale, nella misura richiesta dalle sue condizioni

continuamente si rende colpevole sia perseguendo l’affermazione per so-

di vita. Tuttavia, dobbiamo agire non secondo il modo di pensare della

nale sia attenendosi alla responsabilità sovrapersonale, l’etica del passato

collettività, bensì da uomini che mirano alla vera etica. In ogni singolo

ci ha impedito di acquisire la consapevolezza che ci è necessaria. Il vero

caso, dobbiamo lottare affinché sia il più possibile preservato il senso di

sapere, infatti, consiste nell’essere toccati dalla misteriosa certezza che

umanità. Quando la situazione è dubbia, arrischiamoci a sbagliare a van-

attorno a noi tutto è volontà di vita e nel comprendere con quanta fre-

taggio di questo, anziché in favore dello scopo da raggiungere. Divenuti

quenza offendiamo la vita.

sapienti e consapevoli, avremo cura di qualcosa cui di solito non si bada:

Finché lo seduce la falsa etica, l’uomo si trascina a stento nella colpa,

che qualunque forma di azione pubblica ha da occuparsi non solo di re-

simile a un ubriaco. Una volta ottenute sapienza e serietà, va in cerca del

alizzare fatti nell’interesse della collettività, ma anche di far nascere un

cammino che più di ogni altro lo allontani dalla colpa.

modo di pensare che giovi ad essa. Questo è più importante delle imme-

Noi tutti siamo esposti alla tentazione di arginare la disumanità della

diate attuazioni concrete, mentre un agire pubblico che non si adoperi

quale ci macchiamo agendo in nome della responsabilità sovrapersonale,

fino all’impossibile per tutelare l’umano determina la morte delle idee.

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Quaderni della Ginestra

Chi, in ossequio alla responsabilità sovrapersonale semplicemente sacri-

diverrà docile alle forze che operano in vista di ciò che davvero è op-

fichi, quando sembri necessario, uomini e felicità umana, ottiene qual-

portuno e conforme a ragione. L’uomo che agisce secondo la responsa-

cosa, ma non raggiunge il massimo: la sua potenza è tutta esteriore e

bilità sovrapersonale, allora, è chiamato a dar conto non solo dei risultati

nient’affatto spirituale. Soltanto se gli altri si accorgono che non pren-

che deve produrre, ma anche delle idee che deve generare.

diamo decisioni freddamente, secondo principi stabiliti una volta per

Serviamo dunque la società senza smarrirci in essa, non per mettia-

tutte, ma che in ogni singolo caso combattiamo per il nostro senso di

mole di avere l’ultima parola sull’etica. Come potrebbe il primo violino

umanità, possiamo credere di possedere forza spirituale. Fra noi invece

lasciarsi imporre il colpo d’arco dal contrabbasso? Nemmeno per un

è ben scarsa la presenza di questa lotta; troppo spesso ci comportiamo

momento dobbiamo accantonare la diffidenza verso gli ideali enunciati

tutti, dal più piccolo impiegato in una minuscola azienda al potente che

dalla società e le verso certezze cui questa dà credito. Dobbiamo essere

decide le sorti della guerra e della pace, da uomini che in certi casi smet-

sempre consapevoli che la società trasuda stoltezza e vuole defraudarci

tono senza difficoltà di essere uomini, per divenire meri esecutori di in-

della nostra umanità. La società è simile a un cavallo infido e, per di più,

teressi generali. Ecco perché abbiamo perso la fiducia in una giustizia ri-

cieco. Guai se il vetturino si addormenta!

schiarata dal senso di umanità, e non abbiamo più una reale considera-

Le mie parole appariranno eccessivamente severe quando si conside-

zione gli uni degli altri. Tutti noi ci sentiamo in balia di una mentalità

ri che la società rende un servizio all’etica, poiché ne sancisce legalmente

basata sulla convenienza, insensibile, rigoristica, impersonale e di solito

il nucleo più elementare e poiché tramanda pensieri etici attraverso le

anche ottusa; una mentalità capace, pur di dare soddisfazione a interessi

generazioni. Per questo, ed è molto, ha diritto alla nostra riconoscenza.

minimi, della massima disumanità e follia. Ecco perché assistiamo a un

Tuttavia, la società è anche colei che continuamente ostacola l’etica ar-

continuo scontro di opportunismi impersonali. Dal momento che non

rogandosi il titolo di maestro morale, che non le si addice: maestro mo-

disponiamo di soluzioni morali, affrontiamo tutti i problemi nell’ottica

rale è soltanto l’uomo che pensa eticamente e lotta in nome del l’etica. I

di una sproporzionata lotta per il potere.

concetti di bene e male che la società mette in circolazione sono carta-

Soltanto se lottiamo a favore dell’umano il nostro modo di pensare

moneta il cui valore si ricava non dalle cifre che vi sono stampate, ma

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Figure dell’individualismo

dal suo rapporto con il corso aureo dell’etica della reverenza per la vita.

mo, allora, ad avere riguardo per la vita e la prosperità dei singoli. Ri-

In questa prospettiva, possiamo quotare tali concetti quanto le banco-

prendiamo a onorare i sacri diritti degli uomini, non quelli che i potenti

note emesse da uno Stato in semibancarotta.

celebrano ai banchetti e calpestano con le loro opere, ma i diritti veri.

La civiltà è in sfacelo perché l’etica è stata abbandonata all’iniziativa

Ricominciamo a pretendere giustizia, non quella elaborata da istupidite

della società. La sola condizione alla quale la civiltà può rinnovarsi, dun-

autorità della scolastica giuridica, né quella che i demagoghi di ogni co-

que, è che l’etica torni a essere affare di uomini pensanti e che i singoli

lore si sfiatano a strillare, ma la giustizia ricolma del valore di ciascuna

cerchino di affermarsi nella società in quanto personalità etiche. Per quel

esistenza umana. Poiché nell’umano risiede il fondamento del diritto.

tanto che riusciremo nell’impresa, la società, da mera grandezza naturale

Ci occorre dunque mettere a contrasto l’umano e i principi, le opi-

qual è originariamente, si trasformerà in grandezza etica. Se le genera-

nioni e gli ideali della collettività. Così facendo, renderemo questi con-

zioni precedenti hanno commesso il terribile errore di idealizzare la so-

formi a ragione, poiché soltanto ciò che è autenticamente etico è anche

cietà in senso etico, noi abbiamo il dovere di esaminarla criticamente e

autenticamente ragionevole; solo in quanto la permeano convinzioni e

di conferirle, per quanto è possibile, qualità etica. Ormai in possesso di

ideali etici, la mentalità dominante riesce a generare la convenienza vera.

un criterio etico assoluto, non siamo più disposti a lasciarci allettare da

L’etica della reverenza per la vita ci provvede delle armi per combat-

principi di convenienza, o per meglio dire di volgarissimo opportuni-

tere l’etica illusoria e gli ideali truffaldini, ma troveremo la forza di ado-

smo. Né vogliamo persistere nella meschinità di attribuire ancora, in fu-

perarle soltanto se – ciascuno quanto alla propria vita – avremo caro il

turo, un valore etico agli insensati ideali di potenza, passione patriottica

senso di umanità. E quando sarà grande il numero degli uomini che, nel

e nazionalismo proclamati da miseri uomini politici e tenuti in gran con-

pensiero e nell’azione, tengono vivo il contrasto fra il reale e l’umano,

to a causa di una propaganda assordante. Se li misuriamo con il metro

quest’ultimo cesserà di passare per una chimera da sentimentali e diver-

tarato sull’etica assoluta della reverenza per la vita, tutti i principi, le opi-

rà, come deve essere, lievito per le idee dei singoli e della società.

nioni e gli ideali che ci vengono propinati sono magniloquente pedanteria. Per noi deve valere soltanto ciò che si accorda all’umano: tornia-

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INTRODUZIONE E TRADUZIONE DI DONATELLA GORRETA


Meditazioni filosofiche


Meditazioni filosofiche

FRIEDRICH SCHLEIERMACHER: IL COMPITO DI ESSERE IMMORTALI

«Per quanto riguarda l’immortalità, non posso nascondere che il modo in cui la maggior parte degli uomini l’intende e ne ha nostalgia (Sehnsucht) è del tutto irreligioso, direttamente contrario allo spirito della religione, e che il desiderio di essa non ha altro fondamento che l’avversione nei confronti di ciò che costituisce il fine della religione. Ricordatevi che in questa tutto aspira a far sì che i contorni, rigorosamente delineati, della nostra personalità si dilatino fino a scomparire gradualmente nell’Infinito, e che, mediante l’intuizione dell’Universo, noi dobbiamo diventare, per quanto possibile, una cosa sola con esso; quelli, invece, si oppongono all’Infinito, non vogliono uscire da sé; non vogliono essere altro che se stessi e sono ansiosamente preoccupati della propria individualità. Ricordatevi che l’obiettivo supremo della religione era quello di scoprire un Universo al di là e al di sopra dell’umanità, e che il suo unico lamento era che in questo modo ciò non può riuscire bene in questo mondo; quelli, invece, non vogliono nemmeno cogliere l’unica occasione, offerta loro dalla morte, di elevarsi al di sopra dell’umanità; sono preoccupati del modo in cui se la porteranno dietro al di là di questo mondo e aspirano tutt’al più ad avere occhi più vasti e membra migliori. Ma l’Universo dice ad essi, come sta scritto: «Chi perde la sua vita per causa mia, la conserverà, e chi vuole conservarla, la perderà». La vita, che essi vogliono conservare, è una vita miserevole; se, infatti, ad essi sta a cuore l’immortalità della loro persona, perché non si preoccupano di ciò che sono stati altrettanto ansiosamente quanto di ciò che saranno e di quale aiuto può essere loro l’avanti se comunque non pensano nulla all’indietro? Nella ricerca di un’immortalità, che non è tale, e della quale non sono padroni, essi perdono quella che potrebbero 13

avere e, insieme, perdono anche la vita mortale con pensieri che li angosciano e tormentano inutilmente. Cercate nondimeno di rinunciare alla vostra vita per amore dell’Universo. Sforzatevi di annientare già in questo mondo la vostra individualità e di vivere nell’Uno e Tutto; sforzatevi di essere più che voi stessi affinché perdiate poco se perdete voi stessi; e se quindi vi siete fusi con l’Universo, per quel tanto che di esso avete trovato in questo mondo, e in voi è sorta una più grande e santa nostalgia, allora vogliamo parlare più ampiamente delle speranze dateci dalla morte e dell’infinitezza che mediante essa infallibilmente raggiungiamo. Questo è il mio modo di sentire in merito a questi argomenti. Dio non è tutto nella religione, ma soltanto un aspetto, e l’Universo è più che Dio; in lui, inoltre, voi non potete credere arbitrariamente o perché volete usarlo come consolazione e aiuto, ma perché dovete. L’immortalità non può essere un desiderio se non è stata prima un compito che avete assolto. Diventare una cosa sola con l’Infinito in mezzo alla finitezza ed essere eterni in un istante, questa è l’immortalità della religione.»

Friedrich E. D. Schleiermacher, Sulla religione. Discorsi alle persone colte che la diprezzano, 1799, in Scritti filosofici, Utel, Torino 1998, pp. 156-15


Quaderni della Ginestra

Q

ueste riflessioni si situano all’interno di un testo scritto nel 1799 da

dell’Universo – due termini che in questo saggio appaiono a Schleier-

un pastore luterano che intende difendere la religione dagli attac-

macher più appropriati dello stesso termine Dio, che richiama l’idea di

chi di quegli uomini colti che nel periodo illuministico avevano opposto

un Essere (o, di nuovo, di una personalità) esistente per sé. L’intuizione

ad essa una prospettiva interamente mondana. Per questo suo intento

(Anschauung), che in questo stesso discorso viene indicata, insieme al

essa rientra in un genere che vanta una lunga tradizione: l’apologetica. Il

sentimento, come organo della religione, è il tramite mediante cui

primo di questi Discorsi è intitolato appunto «Apologia».

l’uomo religioso diventa una cosa sola con l’Universo. Il fatto che que-

La difesa viene intrapresa però da un fronte molto avanzato, quello

sto processo venga messo in opera da un’attività conoscitiva, che genera

di una teologia «liberale» di cui Schleiermacher è forse l’esponente più

un’immagine, e l’aggiunta «per quanto è possibile» allontanano il sospet-

rappresentativo. Cioè egli non difende, come spesso gli apologeti hanno

to che si tratti di una vera e propria fusione mistica, che cancelli

fatto, una versione tradizionale della fede contro qualche empia innova-

l’individualità. Ciò è chiarito poco oltre, dove Schleiermacher trova nel

zione che possa minacciarla, ma propone un’immagine della religione

messaggio evangelico «Chi perde la sua vita per causa mia, la conserverà,

che agli occhi della generalità dei credenti può apparire, ed è effettiva-

e chi vuole conservarla, la perderà» (Matteo16, 25; Marco 8, 35; Luca 9,

mente apparsa, a sua volta empia, in quanto sembra compromettere la

24) l’espressione più adeguata dello stesso rapporto dell’individuo

trascendenza del divino.

all’Universo. L’ammonimento di Cristo coincide con una legge

Con la sua forte personalità Schleiermacher non esita a definire «irre-

dell’Universo: è singolare anzi che nel testo le parole della Scrittura sia-

ligiosa», contraria allo spirito o al fine della religione, l’aspirazione (Sehn-

no pronunciate, per così dire, dall’Universo. Il senso che promana dal

sucht) che porta la maggior parte degli uomini a non voler uscire da sé e

vangelo o dalla saggezza dell’Universo è comunque lo stesso: chi fa get-

a restare attaccati alla propria individualità. Ora l’essenza della religione -

to del proprio sé, conserva se stesso, o afferma la propria identità, me-

– il secondo discorso da cui è tratto il brano che stiamo commentando è

glio di chi vi resta attaccato in maniera esclusiva.

dedicato proprio a chiarire che cosa sia una tale essenza – sta in una di-

La scoperta dell’Universo conduce l’uomo religioso al di là della pro-

latazione dei confini della personalità, destinati a svanire nell’Infinito o

spettiva antropologica, che non si spinge oltre i confini dell’umanità e di 14


Meditazioni filosofiche

decennio più tardi, Feuerbach mostrerà anch’egli la debolezza e la contraddittorietà di un simile modello, riassunte nell’idea di un «corpo incorporeo». Ma, diversamente da Schleiermacher, attribuirà questo modello all’uomo religioso, che in Dio non cerca altro che la perpetuazione della propria vita mortale. Il carattere limitato e «miserevole» (erbärmliches) della vita immortale che viene ricercata risulta dal fatto che lo sguardo è rivolto solo in avanti (vorwärts), mentre se essi, gli uomini mondani, fossero davvero interessati all’eternità della loro persona, dovrebbero preoccuparsi altrettanto ansiosamente di ciò che sono stati, cioè della loro esistenza anteriore a questo mondo. Sembrerebbe che qui Schleiermacher alluda alla dottrina platonica, che proietta l’esistenza «eterna» delle anime all’indietro non meno che in avanti. Potremmo aggiungere, benché qui l’autore non lo dica, che lo sguardo teso ansiosamente solo in avanti è quello, assai poCLAUDIA BIANCHI, LA VIA LATTEA, OLIO SU TE LA

co spirituale, di chi non contempla serenamente tutto l’arco della pro-

questa vita. L’uscita dalla vita sembra dunque un passaggio necessario

pria vita ma obbedisce unicamente all’impulso del proprio interesse. E-

per questo congiungimento con l’Universo. È l’uomo irreligioso che

gli rimarca invece la perdita che segue a questo cieco perseguimento del

non sa cogliere l’occasione della morte per andare oltre i limiti

proprio interesse: l’immortalità ricercata, di cui non si è affatto padroni,

dell’umanità, e pretende di portarsela dietro l’umanità, immaginando un

non è affatto tale e fa perdere un’altra possibile immortalità, l’unica di

aldilà che si raffigura come il semplice potenziamento delle capacità di

cui davvero si può disporre. Inoltre la stessa vita di quaggiù viene gua-

cui dispone ora. Ragionando sulle rappresentazioni dell’aldilà, qualche

stata da pensieri inutili e tormentosi. Si direbbe che qui Schleiermacher

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Quaderni della Ginestra

preannunci a suo modo quelle analisi dell’alienazione religiosa, che

bolezze, avrebbe detto Bonhöffer (Resistenza e resa). Non c’è nulla di ar-

Feuerbach e Nietzsche avrebbero sviluppato più tardi.

bitrario in questa fede, che invece si impone («voi dovete»). L’im-

La rinuncia e persino l’annientamento di se stessi, l’unione con la vita

mortalità parimenti non è un desiderio, o almeno lo è solo se prima è

del Tutto vengono raccomandati «per amore dell’Universo», ma anche

stata assunta come un «compito» da assolvere nel presente. L’eternità si

come una mossa preventiva per evitare, quando sarà il momento di ab-

attinge nell’istante, congiungendosi all’Infinito all’interno stesso della fi-

bandonare la propria vita di provare un dolore eccessivo per questa

nitezza.

perdita. L’eroe – Schleiermacher non introduce questo termine ma l’idea

Questo brano mi riesce congeniale, e anzi mi attira, perché, al di là

è indubbiamente presente – capace di «essere più di se stesso» trova la

delle stesse intenzioni di chi l’ha scritto, indica la possibilità di mantene-

propria grandezza in questo trascendimento di sé, e, aggiungiamo, senza

re un orizzonte religioso anche dopo il tramonto delle fedi confessiona-

pregiudizio per la propria individualità. Quest’idea che l’eroismo o la

li. Persino il tratto più tipico delle credenze tradizionali, la fede nell’im-

dedizione a cause sovrapersonali sia una fonte di individuazione è stata

mortalità, può trovare una traduzione in un certo modo di vivere le e-

declinata in chiave psicologica da Heinz Kohut, che vede nello sviluppo

sperienze mondane ad ogni istante. Il confine tra chi professa una reli-

di un Sé grandioso uno dei possibili esiti del narcisismo originario.

gione e chi vive religiosamente le proprie esperienze diviene labile, e una

Se questa fusione o «confluenza» nel Tutto sarà avvenuta in questa

comunicazione tra loro diviene possibile – forse più intensamente tra

vita, nella misura in cui in essa è dato trovare traccia dell’Universo, allo-

loro che con gli «spregiatori» della religione, che si dedicano rumoro-

ra, conclude Schleiermacher, allora possiamo cominciare a parlare delle

samente alla sua demolizione. L’altra cosa che mi colpisce è la coesi-

speranze offerte dalla morte, che apre le porte dell’Infinità.

stenza di un’alta coscienza di sé – che in Schleiermacher a volte, nei Mo-

Dio, in questa visione, non è l’elemento essenziale della religione, ma solo uno dei suoi elementi. L’Universo è di più. La fede in Dio cioè non

nologhi ad esempio, raggiunge punte narcisistiche quasi imbarazzanti – con l’aspirazione a una forte unione comunitaria e cosmica.

può basarsi sulla funzione di consolazione e di aiuto che ci aspettiamo da lui – come se egli fosse un «tappabuchi» che compensa le nostre de-

FERRUCCIO ANDOLFI 16


Meditazioni filosofiche

IL DIRITTO ALLA MALINCONIA «Nella società competitiva del capitalismo maturo, esasperata da un’etica individualistica, se non ce l’hai fatta (nella corsa alla felicità), significa che non ti sei impegnato abbastanza, che non ce l’hai messa tutta, che sei inadempiente. L’infelicità, vissuta con vergogna, è allora indotta a nascondersi, a negarsi, a mascherarsi. In proposito sono significativi i suggerimenti attualmente offerti dalle agenzie di selezione del personale ai candidati all’assunzione - sorriso a trentadue denti, occhi strizzati, spalle erette atteggiamento di chi sta salendo sul podio per ricevere il Premio del successo, frettolosamente equiparato alla felicità. […] Ciò che risulta insopportabile è l’infelicità esistenziale, quella senza causa specifica e per ciò stesso senza rimedio ma che, in varie misure, accompagna la vita di tutti. Poiché nell’attuale società non ci può essere un problema che non comprenda in sé la propria soluzione e ogni narrazione deve necessariamente prevedere un lieto fine, la soluzione dell’infelicità dovrebbe necessariamente risiedere nella volontà di essere felici: volontà individuale, competitiva, appropriativa, vera e propria ingordigia di soddisfazioni dal cui cumulo dovrebbe sgorgare l’oro puro della felicità». Silvia Vegetti Finzi, I problemi fondamentali della filosofia, Aliberti editore, Roma 2012, p. 92

17

CLAUDIA BIANCHI, NEL GUSCIO, OLIO SU TE LA


Quaderni della Ginestra

L

“Tutte le cose nobili hanno un’ombra di malinconia”

La tradizione iconografica ha raffigurato spesso la malinconia

H. Melville, Moby Dick

attraverso figure con il capo reclinato, spesso circondate da paesaggi lugubri, rovine, oggetti che rimandano alla vanità della vita come teschi

e parole di Silvia Vegetti Finzi tratteggiano in maniera chiara un

e candele consumate. Letteratura e filosofia oscillano: gli antichi la

nodo cruciale dei nostri tempi: la riduzione della felicità a

descrivevano come un pericoloso squilibrio di ‘umori’ - da questa

possesso di beni materiali. La felicità, infatti, è sempre più spesso

visione negativa si discosta il testo pseudo-aristotelico Problemata 30, 1 -,

associata all’acquisto di merci: agli oggetti, alle cose, al loro utilizzo si

mentre nel Rinascimento essa diventa il tratto distintivo del genio, basti

rivolgono i nostri desideri, i nostri sforzi, il nostro tempo. E questa

ricordare gli elogi della malinconia di Marsilio Ficino. Anche i poeti

ricerca tutta ‘esteriore’ richiede il continuo affannarsi di personalità

romantici e decadenti ne parlano: essa è lo stigma della loro ‘diversità’, il

desiderose di affermare energicamente se stesse.

pesante perimetro che segna la distanza da una società sempre più

All’infelice, dunque, viene imputata l’accusa di inadempienza al

plasmata dagli effetti della crescente industrializzazione. Baudelaire, il

modello predefinito di benessere; l’infelicità, etichettata come frutto di

poeta che ha fatto della malinconia la cifra dei suoi versi, scrive:

un insufficiente impegno, diventa una colpa.

«n’importe où hors du monde», e ancora «Paris change! mais rien dans ma

Eppure…

mélancolie n’a bougé». Con l’avvento del capitalismo, insomma, la

Personalmente ritengo che non si debba pensare all’infelicità come a

malinconia viene associata a una condizione di improduttività: al

una dimensione totalmente negativa, dalla quale fuggire a tutti i costi.

malinconico si attribuiscono la stanchezza, l’indolenza, l’immobilità

Espungendo ovviamente da essa gli aspetti patologici, quelli per

sterile di pensieri tristi, inutilmente proiettati verso un impossibile

intenderci che rimandano alla depressione e che s’inoltrano nei labirinti

altrove.

terribili dell’afflizione fisica e mentale, l’infelicità, declinata nella sua

In parte questa è ancora la visione dominante; in parte, poiché,

forma ‘morbida’ di malinconia, è quasi sempre la compagna delle

considerato il fosco tramonto del capitalismo nella sua fase avanzata,

esistenze più autentiche.

con i suoi dogmi di efficientismo e aggressività, non sono in pochi a

18


Meditazioni filosofiche

tessere di nuovo l’elogio della malinconia. Psicologi, sociologi, letterati

condizione di ‘mancanza’ senza disperazione. Lo sguardo rivolto alla

hanno scritto recentemente testi relativi a questo stato d’animo; ad essi

transitorietà, sa cogliere - e amare - la perenne antinomia che anima le

unisco queste mie righe con l’intento di affermare, contro i detrattori di

nostre esperienze: la vita e la morte, la fermezza e la fugacità. Allo

tutti i tempi, il diritto alla malinconia.

scorrere del tempo non oppone un presente continuamente protratto,

La malinconia non è una debolezza da combattere, un

‘individuale’, affannoso e stracolmo. Presente falsamente immobile,

atteggiamento da perdigiorno; essa è la predisposizione a soffermarsi

questa dimensione appiattita dell’esistenza, lontana dalla comprensione

sulle cose del mondo con sguardo profondo, è uno stato proficuo di

del passato e dall’impegno verso il futuro, si fa palude di desideri

non contentezza, un turbamento che porta a ri-considerare, nella calma

impossibili, veicolo di frustrazioni e imbecillità varie e pericolose.

di una penombra, lo stato delle cose. Il malinconico esamina con

Oggi confessare una predisposizione crepuscolare è più che mai

pazienza se stesso e ciò che lo circonda, non si accontenta delle

sconveniente; l’atteggiamento meditabondo del malinconico non si

soddisfazioni standardizzate - oggi legate soprattutto alla dimensioni di

presta a puntellare il modello attuale di società. L’organizzazione

bravi consumatori -, e avverte i pericoli del conformismo, ai quali

capitalistica del pianeta, infatti, necessita dello sviluppo di personalità

oppone la sua calma inquietudine. Il malinconico predilige, e dunque

competitive, «appropriative» - come scrive Silvia Vegetti Finzi -, votate a

ricerca, momenti di isolamento, luoghi tranquilli che aiutano la

un ottimismo piatto che sconfina nell’ottusità. Che sia, dunque, la

concentrazione; nulla è infatti meno consono alla malinconia degli

malinconia una forma di ‘resistenza’? Un atto sovversivo?

ambienti affollati nei quali è facile stordirsi, confondersi, dare il peggio

Condizione necessaria all’indagine introspettiva, la malinconia è

di sé. La solitudine del malinconico contemporaneo non è però

preludio, una volta riemersi da sé, all’analisi di ciò che ci circonda. E nel

‘elegante’ distacco, presuntuoso isolamento: malinconia e superbia si

chiaroscuro della riflessione, lontano dal meriggio accecante dello status

oppongono. La superbia afferma - o nega -, avanza con passo deciso e

quo, le nostre capacità critiche e creative si rinsaldano e fioriscono.

pesante, pienamente soddisfatta di sé. La malinconia non dice, resta generalmente seduta tranquilla o procede con lentezza in una

19

LAVINIA PESCI



Cinema e filosofia

MELANCHOLIA DI LARS VON T RIER

C

determinazione esterna (il pianeta non è qui più Saturno, ma, appunto, il suo effetto, Melancholia). Alla collisione del pianeta blu con la terra si può dare allora anche una lettura diversa da quella escatologica, una

on il suo ultimo lavoro, Melancholia (2011), Lars von Trier ci ha

lettura la cui chiave risiede nel concetto di seconda natura, che è il comune

indubbiamente sorpresi. Per una volta sembra essere disposto a

denominatore di natura interna e natura esterna. La seconda natura è,

tendere una mano compiacente al suo pubblico, quasi a vezzeggiarlo:

secondo la Scuola di Francoforte, la società, quell’insieme di abitudini,

con personaggi femminili a testa alta, un tema che si confà a un

convenzioni, rituali, norme, che s’impongono con l’ineluttabilità della

momento storico di crisi profonda, e una fotografia così seducente da

legislazione naturale. D’altra parte, la stessa “natura” è una categoria

sfiorare, a volte, la patinatura da riviste di moda. Addirittura, il regista

sociale (Lukács), è ciò che viene stabilito dai discorsi (nella modernità,

danese concede allo spettatore il punto di vista dell’assoluto, issandosi

quelli scientifici) su di essa.

sul quale la macchina da presa si arroga il diritto di rappresentare

Dopo un’ouverture visionaria in slow motion, il film si divide in due

l’esperienza del sublime più radicale, il non rappresentabile per

capitoli: il primo è dedicato al progressivo deterioramento della sfarzosa

eccellenza, la fine del mondo.

festa di matrimonio di una delle due protagoniste, la depressa Justine. Il

Perdonandogli una tale pretesa ultra-metafisica – ma ci si potrebbe

secondo è dedicato alla nevrotica sorella Claire, che teme che

chiedere se il cinema non stia aprendo oggi le porte di un’era post-post-

Melancholia possa distruggere la terra con la stessa ansia con cui temeva

metafisica, si pensi ovviamente anche a The Tree of Life –, bisogna

che l’affiorare della malinconia di Justine potesse distruggere il suo

ammettere che l’operazione del regista danese è di una geniale

matrimonio perfetto. Che la seconda natura/società possa essere

semplicità. Nel recuperare la vecchia teoria secondo cui la melancholia, o

considerata il tema portante, ce lo suggeriscono soprattutto le molte

depressione, consisterebbe in una bile nera provocata dall’influsso dei

citazioni da Festen (Thomas Vinterberg, 1998, il primo dei Dogma 95):

pianeti sull’animo (cfr. Marsilio Ficino, Libri de vita triplici), ne scardina

l’occhio impietoso della hand-held camera, la location pomposa e sperduta

però la relazione causale, facendo collidere lo stato psichico con la sua

nel nulla, l’impossibilità di abbandonarla (reminiscenza bunuelliana), la

21


Quaderni della Ginestra

vasca da bagno, il depresso come colui che sa la verità e la dice. Tra i

generato dall’incorporazione dell’oggetto amato e perduto si estrinseca

due film, è vero, ci sono soprattutto delle differenze nella

qui, dunque, mettendo sottosopra il proprio contesto di appartenenza,

caratterizzazione della classe sociale sotto accusa. Quella di von Trier è

la propria casa d’infanzia, una vera e propria unheimliches Haus. In Festen,

una classe universale, capitalista, scientista, inumana: si pensi a come

il movimento critico della malinconia rimane immanente e si fa, come

Jack, testimone dello sposo, consideri la festa come un prolungamento

dice Benjamin nel Trauerspiel, dialettico: non c’è via d’uscita dalla casa, né

della sua agenzia di marketing; oppure all’intimazione di John, marito di

intervento salvifico esterno. In fondo, non c’è nemmeno un

Claire, a Justine: “You should be happy!”, ma solo come compenso per

personaggio che sia meno borghese e malato degli altri (lo stesso

tutti i soldi spesi nella festa. Felicità come merce di scambio. La

Christian è solo uno snob sessista). La verità filtra e s’intravede nelle

borghesia di Vinterberg – aristocratica, patriarcale e razzista – appare

crepe generate sulla superficie reificata delle cose stesse, che ci appaiono

invece molto più legata al contesto nazionale danese. Il modo di

nude e crude grazie anche alla “rozzezza” dell’estetica dei Dogma. Nella

presentazione/critica delle patologie sociali di un mondo che, con le sue

malinconia la verità s’intravede dentro il falso. Ed è questo che

leggi naturalizzate, infonde sofferenze profonde si dimostra però più

permette, alla fine – una fine un po’ troppo conciliante, a dire la verità –

riuscito nel lavoro dell’allievo di von Trier. Cerchiamo di capire perché.

un qualche progresso nell’autocoscienza.

In una rappresentazione alla lettera della teoria freudiana (Trauer und

La dialettica immanente di Festen, ripresa inizialmente nel film di Lars

Melancholie), il protagonista del film vinterberghiano, Christian, non

von Trier, è però abbandonata del tutto nella sua seconda parte. Qui,

riesce a liberarsi del fantasma dell’amata gemella Linda, morta suicida,

come detto sopra, interno ed esterno si confondono. L’impulso auto-

che lo spinge a mostrare a tutti i “gioielli di famiglia” (per usare

distruttivo malinconico è grandiosamente esteriorizzato nell’immagine

l’indimenticabile metafora della scena del burro in Ultimo tango a Parigi):

cosmologica, aprendo già così una “via di fuga” dalla depressione: in

si scopre così che il padre, rispettabile capo famiglia e uomo d’affari,

effetti, Justine sta sempre meglio a mano a mano che la catastrofe si

aveva abusato sessualmente dei figli, e che la madre, perfetta icona

avvicina. Così bene che, in una delle scene esteticamente più suggestive

femminile dell’alta società, sapeva e taceva. L’impulso auto-distruttivo

del film, giace nella notte sotto la luce blu del pianeta mortale e fa

22


Cinema e filosofia

l’amore con lui.

a salvarsi. Un margine di positività è infatti rappresentato dal tenero

Von Trier sembra soprattutto intrigato dalle concezioni “classiche”

Leo, il bambino di Claire: questi è l’unico personaggio che si sottrae

della malinconia, quelle secondo cui, da una parte, “le persone in buona

all’ipocrisia imperante, nonché l’unico con cui Justine riesca davvero a

salute” si fanno “beffa della pusillanimità dovuta all’abbattimento e degli

comunicare, e che le permette di mostrare alla fine un po’ di umanità.

altri sindromi della malinconia” (Robert Burton, The Anatomy of

Per von Trier, merita di essere salvata proprio questa “umanità”, che

Melancholy, 1621); dall’altra, vengono attribuite al depresso capacità

non parla il linguaggio della ragione economicista e scientista ma quello

artistiche e arti divinatorie (v. in primis Aristotele, Problemata XXX, 1).

magico di una natura infantile, non ancora intaccata dalle patologie

Questa ambivalenza non mette capo però a una dialettica immanente,

sociali.

ma si limita a elevare la figura del malinconico al di sopra della società

Si tratta, come si vede, di soluzioni anti-moderne, in linea con la

da cui non si sente compreso – si veda lo sprezzo con cui Justine

consueta ideologia vontrieriana che non crede all’emancipazione e

accoglie la proposta molto borghese di Claire di aspettare la fine

separa nettamente natura da non-natura. Ma sono soluzioni

bevendo un bicchiere di vino bianco e ascoltando Beethoven.

insoddisfacenti: come ammoniva già Adorno, non si può fare un “salto

La superiorità “morale” del malinconico non è però ancora

fuori dal cerchio magico dell’esistente” senza riprodurre la barbarie da

sufficiente per una critica della seconda natura. Ma nel film sono

cui si vuole fuggire. Melancholia sembrava stagliarsi solitario nella

presenti, in effetti, altre due risorse che permettano di far saltare la

costellazione von trieriana, ma eccoci qui ricadere tra le grinfie de The

legalità pietrificata della società. Una è il saltare in aria vero e proprio:

Antichrist.

fuori di metafora, lo schianto di Melancholia rappresenta la distruzione di quel mondo rappresentato nel primo capitolo, patinato ed elegante, fatto di chiacchere inutili su un campo da golf. Nessun lavoro del concetto, nessuna rivoluzione, solo puro annientamento. Nel nichilismo vontrieriano c’è però qualcosa, questa volta, che riesce

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FEDERICA GREGORATTO


Quaderni della Ginestra

SCHEDA Regia: Lars von Trier Soggetto, sceneggiatura: Lars Von Trier Fotografia: Manuel Alberto Claro Effetti speciali: Dansk Speciel Effekt Service, Filmgate Montaggio: Morten Højbjerg, Molly Marlene Stensgaard Scenografia: Jette Lehmann Interpreti: Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Alexander Skarsgard, Charlotte Rampling, John Hurt, Stellan Skarsgard Produzione: Zentropa Film Origine: Danimarca, Germania, Francia, Svezia, Italia; 130’

24


Cinema e filosofia

ANOTHER EARTH DI MIKE CAHILL

Rhoda è una sognatrice, una brillante studentessa che festeggia l’ammissione al programma di astrofisica del MIT, mentre John Burroughs è un compositore all’apice del successo. Terra 2 entra in

C

osa faresti se avessi la possibilità di incontrare un altro te stesso?

scena e Rhoda, distratta dalla contemplazione della sua immagine, causa

Come lo giudicheresti? Cosa penserebbe lui di te?

un incidente stradale in cui perdono la vita la moglie incinta e la figlia

Sono queste alcune delle domande che Mike Cahill intende suggerire

del compositore. Scontati 4 anni di carcere Rhoda, lacerata dalla

attraverso la pellicola Another Earth, riuscendo nella difficile alchimia di

consapevolezza delle proprie colpe, tenta di avvicinare il compositore

miscelare due generi tra loro distanti, ovvero esplorando attraverso la

alla ricerca di una possibile espiazione. Burroghs conduce ormai una

fantascienza temi esistenziali.

vita di clausura, è un’anima morta: rinchiuso nella sua casa-mausoleo,

In effetti la chiave fantastica funziona da pretesto per innescare lo sviluppo drammatico di una vicenda che vedrà i due protagonisti

trascorre le giornate perso nel disperato ricordo della famiglia e di un’esistenza congelata nel passato che non ha più possibilità di essere.

esplorare le profondità del proprio spirito. L’apparizione di un pianeta

Terra 2 è sempre più vicina e la sua immagine, ormai per vasiva

gemello al nostro, Terra 2, non solleva questioni di fisica celeste, né

del cielo, costringe Rhoda al continuo confronto con i sogni infranti,

tanto meno sinistre xenofobie da invasione aliena; diversamente

suoi e di Burroghs, con il proprio fardello morale e con l‘illusione di una

funziona come un generatore perpetuo di dubbi filosofici ed esistenziali.

seconda possibilità. Rhoda prestandosi come donna delle pulizie,

Analogamente al pianeta Solaris, raccontato da Tarkovsky, Terra 2 è uno

trascorre l’anno successivo vicino a John, i due costruiscono un

specchio in cui i personaggi riflettono i propri desideri e le proprie

rapporto articolato sul non detto (Rhoda non confessa al compositore

ossessioni ed in cui, attraverso l’immagine dell’altro, incontrano sè stessi.

di essere proprio lei la causa della morte della famiglia) e sulla semplicità

La scoperta dell’altro da sé è quindi metaforizzata come un viaggio

di gesti quotidiani che si fanno ogni giorno più affettuosi e fiduciosi.

nell’ignoto, verso un altro pianeta, in cui le rappresentazioni individuali

Rhoda che sognava di esplorare le sconfinate profondità dell’universo si

vengono infrante per lasciare posto ad un nuovo orizzonte degli eventi.

trova a ora a compiere un viaggio interiore, in cui emergono tutte le

25


Quaderni della Ginestra

conflittualità conseguenti al rispecchiamento con Burroghs. Rhoda è

sceneggiatura a risultare artificioso, Rhoda troverà la chiave di volta per

consapevole della rinascita che lei stessa ha innescato in John, ma

trasformare una possibile fuga dalle proprie colpe in un’occasione di

continua ad interrogarsi sul fine ultimo delle proprie azioni: “alcuni giorni

riscatto sia per lei che per John.

pensa sia per lui, in altri teme sia per se stessa... che sia l'unico modo per sopravvivere a ciò che aveva fatto”.

Scorrono i titoli di coda ma l’immagine di Terra 2 galleggia ancora sopra la linea dell’orizzonte, quasi a ricordare che tra le infinite

Terra 2 genera costantemente possibilità e gli interrogativi che

possibilità che la mente riesce ad astrarre, solo quelle che emergono,

ne conseguono più che essere articolati o risolti dal regista, vengono

anche dolorosamente, dal confronto con l’altro, diventano possibilità

tratteggiati in tutta la loro terrena umanità. La costante presenza del

reali; parafrasando John Donne “Nessun uomo è un isola, completo in se stesso;

pianeta diviene quasi un’immagine assordante che costringe la coscienza

ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto...”.

di Rhoda a vivere il presente, negando ogni possibilità di fuga nel passato o in un prevedibile e rassicurante futuro.

FRANCESCO MAZZOLI

Proprio quando i due protagonisti sembrano aver trovato, grazie all’amore reciproco, una nuova prospettiva di esistenza, Terra2 offre un’ultima, lacerante, possibilità a Rhoda che, selezionata per la prima missione sul pianeta specchio, si trova così a dover scegliere tra continuare la sua relazione terrena con John o cercare il proprio doppio su Terra 2. Anche questa possibilità richiede un sacrificio ed è tutt’altro che scontata. Se rifugiarsi in una altro mondo sembra l’unica via per affrancarsi dagli sbagli commessi, ciò richiede però il doloroso distacco dalle persone amate e dalla vita che faticosamente è stata ricostruita fino a quel momento. Solo grazie ad un lieto fine, unico aspetto della

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Cinema e filosofia

SCHEDA Regia: Mike Cahill Soggetto, sceneggiatura: Mike Cahill e Britt Marling Fotografia: Mike Cahill Musiche: Fall on your sword Montaggio: Mike Cahill Scenografia: Darsi Monaco Interpreti: Britt Marling (Rhoda Williams), William Mapother (John Burroghs) Produzione: Artists public domain Origine: Usa, 2011; 90’.

27



Letteratura e filosofia

rappresentazione pittorica di una porzione di territorio. Il paesaggio

LA VALENZA METAMORFICA DELLA WILDERNESS: ESPERIENZA ESTETICA E COSTITUZIONE INDIVIDUALE IN HENRY DAVID THOREAU

I

viene quindi fruito alla stregua di un’immagine, essendo il prodotto della rappresentazione di un artista che, in un secondo momento, viene fruito da uno spettatore. L’ipervalutazione della funzione visiva conferma lo

l concetto di paesaggio e, conseguentemente, tutte le problematiche

statuto ontologico di immagine a scapito di un’esperienza plurisensoriale

che esso implica ricoprono un ruolo centrale – per non dire cruciale

del paesaggio, esclusa totalmente dall’evoluzione storica del termine ma

– nel dibattito estetico contemporaneo per due ragioni: innanzitutto

fondante nella sua origine etimologica.

perché dispiegano una tipologia di approccio caratterizzata dalla

Due osservazioni: in prima battuta si può constatare come a questo

multidisciplinarità (architettura, filosofia, geografia, letteratura, ecc); in

livello il paesaggio sia irrimediabilmente ricondotto allo statuto

secondo luogo poiché rimandano direttamente al concetto di Natura.

ontologico dell’immagine artistica e, di conseguenza, come l’impegno

Da una parte si ha quindi una vasta gamma di discipline che si

ontologico sia il medesimo di quello richiesto a uno spettatore che

interrogano su che cosa sia il paesaggio; e dall’altra parte l’analisi di

osservi un’opera d’arte in una galleria. In tale situazione non ci si

questo concetto rimanda alla cogenza di un ripensamento della natura e

interroga sul rapporto diretto fra il paesaggio e la sfera del corpo

delle problematiche ambientali.

proprio, dell’abitare con esso una parte della natura, ma si dirige

Tutte le indagini filologiche convengono sul fatto che la parola

piuttosto l’attenzione all’analisi e all’interrogazione di un oggetto

“paesaggio” mantenga una certa ambivalenza: nelle lingue latine essa si

estetico-artistico: qual è la composizione del quadro? Qual è il soggetto

riferiva alla rappresentazione pittorica di una parte di territorio

centrale? Questo paesaggio astratto è arte? In seconda battuta, il

riconosciuta come connotata da valori estetici, mentre nelle lingue

paesaggio – esclusivamente appiattito sul funzionamento dell’immagine

germaniche indicava il territorio nella sua concreta realtà fisica (struttura

– rischia di confondersi con il termine “panorama”: se si esclude la

morfologica). Nonostante ciò il termine si è maggiormente specializzato

percezione del paesaggio attraverso la completa sfera corporea per

nella

intenderla nella sua unica struttura visiva, non si capisce in che cosa esso

29

prima

direzione,

venendo

quasi

sempre

inteso

come


Quaderni della Ginestra

differisca dal classico panorama. Infatti, anche in una cartolina ciò che

che costituisce appunto uno scorcio visivo di un determinato tratto

chiaramente possiamo riconoscere è quella sola ed esclusiva visuale che

naturale o territoriale – il paesaggio risulta essere un segmento

costituisce l’elemento saliente del nostro guardare. È tuttavia indubbio

significativo dell’ambiente circostante, il quale possiede una struttura

che il concetto di “paesaggio” designi qualcosa di differente rispetto a

materiale che viene investita – in virtù della sua relazione a più soggetti

ciò che si indica comunemente con il termine “panorama”. In prima

– di una identità estetica e di un valore culturale. Inoltre, possedendo la

istanza è adeguato affermare che il “panorama” sia una particolare

proprietà di scaturire una precisa atmosfera, esso consente ai soggetti di

veduta, favorita per lo più da un mezzo tecnico (si pensi appunto alle

esercitare su questa particolare tipologia di entità le facoltà immaginative

classiche cartoline): in questa situazione fruiamo un’immagine con

ed ermeneutiche. Reale e virtuale si intersecano rendendo il paesaggio

l’esclusiva funzione visiva. Tuttavia, si può sostenere di osservare un bel

un oggetto complesso, chiamando in causa, nel momento della sua

panorama anche durante un’escursione, a patto che in questa

salvaguardia, un’adeguata azione etica. Il paesaggio si configura quindi

circostanza avvenga esattamente ciò che accade con l’immagine. Il “bel

come

panorama” è esattamente questo scorcio che si staglia su questa

culturalmente significante. Senza avere la pretesa di esaurire la ricchezza

particolare montagna contornata da questi alberi, definita ocularmente

della tematica del paesaggio, in questa sede ci si intende soffermare sulla

con l’esclusione di qualsiasi altro senso. Insomma, il “panorama dal

concezione estetica di Henry David Thoreau il quale, alternando pratica

vero” sarebbe quel frammento preciso, non intercambiabile, costituito

artistico-letteraria e meditazione filosofica, ha sviluppato un’analisi

esclusivamente attraverso la funzione visiva, il quale – in presenza di una

dell’esperienza naturale estremamente feconda per tentare di analizzare

macchina fotografica – potrebbe costituire il soggetto di una fotografia

il paesaggio e la natura da un punto di vista fenomenologico. La

panoramica facilmente piazzabile sul mercato turistico. Si badi però che,

riflessione

cambiando anche di poco la prospettiva, la foto perderebbe la propria

dell’elemento naturale, considerato come vera e propria condizione di

bellezza vedutistica: il panorama infatti esige una precisa individuazione

possibilità dell’esistenza umana, individuale e sociale. La pratica estetica

di confini rispetto al territorio circostante. A differenza del panorama –

di Thoreau – da intendere sia come riflessione sull’esperienza sensibile,

morfologicamente connotato, percettivamente esperito e

thoreauviana

è

basata

sull’idea

dell’imprescindibilità

30


Letteratura e filosofia

sia come elaborazione di un proprio linguaggio poetico – è fortemente

dell’individuo all’interno di una concezione organicistica, secondo la

influenzata dalla teoria della forma di Goethe e da una concezione del

quale il processo di individuazione si può attuare solo all’interno della

trascendentalismo

del

costante generatività della sfera naturale. La pratica estetica del

trascendentalismo più tradizionale di cui Emerson fu celebre portavoce.

camminare si delinea in Thoreau sia come pratica fisica iscriventesi

particolarissima,

critica

nei

confronti

Il paesaggio ricopre un ruolo descrittivo centrale nella produzione

nell’ordine fattuale del mondo naturale, sia come attività orientata – in

thoreauviana: a partire da esso il pensatore articola la propria

particolare se praticata nelle aree selvagge – alla costituzione del sé. È la

concezione filosofica dell’individuo, del corpo proprio e del sostrato

portata formativa di tale pratica a condurre Thoreau a considerare la

naturale. Il paesaggio si definisce a partire dall’attività percettiva del

libertà come condizione di possibilità del cominciamento del cammino:

soggetto: non a caso Thoreau dedicò al camminare il suo celeberrimo

per poter far pratica del camminare dobbiamo porci in una situazione di

saggio Walking. In quest’opera la descrizione della pratica deambulatoria

assoluta libertà e di ascolto. La difficoltà consiste nella scelta della

viene considerata nella sua stretta interrelazione con la formazione della

direzione giusta, costituita dal disvelarsi del sentiero stesso, in quanto è

individualità. Il camminare, per Thoreau, non è semplice atto fisico:

questo a doversi tracciare lungo il nostro cammino: «la natura possiede,

esso piuttosto «è l’impresa stessa. […] Se volete fare esercizio, andate in

io ritengo, un magnetismo sottile in grado di guidarci nella giusta

cerca delle sorgenti della vita. Come è possibile far roteare dei manubri

direzione, se ad esso ci abbandoniamo» 2.

per tenersi in salute, mentre quelle sorgenti sgorgano, inesplorate, in

La natura indica la direzione ma, per poterla cogliere, occorre che

pascoli lontani!» 1. Ovviamente l’aspetto fisico del camminare è

essa sia già tracciata in noi. Anche qui come in Goethe si sottolinea il

imprescindibile e Thoreau non vuole dissolvere l’azione riducendola ad

momento genetico di con-costituzione di soggetto e oggetto. Il

atto mentale o immaginativo. Vuole piuttosto far emergere la

percorso si traccia con il definirsi del soggetto stesso poiché fra i due

complessità dei livelli di questa pratica abitudinaria cercando di mostrare

termini vi è un rapporto di coimplicazione. Ciò che Thoreau propone in

come essa apra a significati profondi e spesso poco considerati.

Walking è una vera e propria epochè, un’autentica sospensione di ogni

L’intento del maestro americano è di inserire la trama carnale

sapere positivo che occluderebbe un’esperienza diretta di questa pratica.

31


Quaderni della Ginestra

Scrive infatti Thoreau: «penso che non riuscirei a mantenermi in buona

continuamente nuovi livelli percettivi e personali. Se la soggettività è

salute, sia nel corpo che nello spirito, se non trascorressi almeno quattro

under costruction così è anche per la natura: «è come se colui che si è

ore al giorno vagabondando per i boschi, per le colline e per i campi,

spinto avanti incessantemente, senza mai cercare riposo delle proprie

totalmente libero da ogni preoccupazione terrena» 3.

fatiche, crescendo saldo e chiedendo molto alla vita, si fosse trovato

Riuscendo a sospendere l’assenso circa pensieri, idee e credenze ci si potrebbe mettere in cammino seguendo una nuova prospettiva: permettendo al “magnetismo” della natura di guidarci ruisciremmo ad

sempre in paesi sconosciuti, in luoghi selvaggi, circondato dal materiale grezzo della vita»4. È importante soffermarsi

sull’espressione “materiale grezzo”, la

acquisire nuove prospettive sul mondo stesso, rendendo la banalità del

quale sembra avvalorare quanto proposto nelle righe precedenti.

camminare un momento altamente formativo per l’individuo.

Difficile stabilire se questo “materiale grezzo” sia perfettamente

Diventare consapevoli della propria formatività personale comporta

identificabile con la Forma di Goethe; d’altro canto non si può non

il rispetto e la salvaguardia delle ricchezze naturali, non viste più come

udire in questo termine una profonda eco goethiana. Questo materiale

meri fenomeni fruibili per diletto e piacere, ma intese come luoghi

non ancora definito sembrerebbe costitutivo della natura stessa prima

necessari al nostro diventare persone autentiche. Ovviamente, per il

che di una soggettività: la natura sarebbe quindi inesauribile proprio per

nostro, il camminare si inscrive in questa dimensione di senso della sfera

il suo essere continua possibilità di definizione.

selvaggia: solo camminando possiamo fruire quotidianamente della

Il camminatore, passeggiando attraverso la natura, creerebbe sempre

Wilderness, a condizione però che la consapevolezza riguardi anche

nuove possibilità di accrescimento; affinando le capacità percettive

questa pratica estetica.

(vista, gusto, udito, tatto, olfatto) egli si iscriverebbe nell’ordine naturale

Occorre essere consapevoli della propria natura metamorfica per

stesso. Le pagine del Diario, ma anche di Walden5 sono costellate di

chiarire il rapporto di consonanza con la sfera naturale, permettendole

descrizioni di esperienze sensoriali e “paesaggistiche”. Esse sembrano

di definirsi nelle sue strutture fondamentali. Successivamente sarà

marcare la volontà da parte di Thoreau di mostrare, come Goethe in La

possibile praticare consapevolmente il vagabondare per esperire

metamorfosi delle piante, l’appartenenza del singolo a un ordine organico in 32


Letteratura e filosofia

cui egli potrebbe riscoprire capacità assopite dalla vita sociale.

sensazione di estraniamento rispetto a una condizione assodata o

Riscoprirsi soggetto percipiente permetterebbe di aprirsi a nuove

quantomeno data per scontata. Si instaura una importante dialettica fra

prospettive capaci di arricchire la situazione soggettiva. Inteso in

presente e futuro: la qualità del presente implica la salvaguardia della

maniera particolare, il “materiale grezzo” indicherebbe i fenomeni

ricchezza delle possibilità future. A tal proposito Thoreau è chiarissimo:

naturali, come per esempio l’alba e il tramonto, ma anche oggetti, esseri

«non tutti gli uomini, né ogni parte dell’uomo, andrebbero coltivati,

vegetali e animali. Inteso in senso generale, esso indicherebbe la gamma

come non si dovrebbe coltivare ogni acro di terra: una parte sarà

di possibilità disvelabili dal rapporto genetico fra soggetto e mondo. Il

dissodata, ma la maggior parte resterà ricoperta di foreste e campi,

selvaggio è il nutrimento necessario al processo formativo della

destinati non solo a un utilizzo immediato, ma a preparare terreno

soggettività: solo mettendo fra parentesi una presunta unità personale

fertile per l’avvenire, attraverso l’annuale decomposizione delle sue

diviene possibile mettersi in cammino verso se stessi, rigenerandosi nel

componenti vegetali6».

rapporto con il selvaggio.

Se

l’uomo

vuole

realmente

diventare

tale

deve

acquisire

Pur essendo concretamente fruibile nella vita quotidiana la Wilderness

consapevolezza della dialettica fra l’è e il non ancora. La decomposizione

rappresenta anche simbolicamente il futuro che l’individuo deve

delle parti vegetali indica metaforicamente la necessità di abbandonare

interpellare vivendolo: solo con uno slancio verso il non ancora diventa

parti di noi in favore di esperienze capaci di rivestirci di nuovi strati. Se

possibile riconquistare una dimensione personale ormai viziata dai

il soggetto si reputasse totalmente già costituito perderebbe un ventaglio

vincoli sociali. Non bisogna dimenticare che Thoreau sottolinea la

di possibilità profondamente proficue. In questo senso, il nostro

necessità di smarrirsi per ritrovarsi: non si deve sempre seguire la strada

radicamento nell’ordine naturale non deve essere visto con l’intenzione

maestra, essa condurrebbe direttamente a risposte attese. Solo il lasciare

di sottomettere il secondo termine a una piena soggettività conoscente.

questa strada per abbandonarsi a luoghi e sentieri sconosciuti

Entrambi i termini si costituiscono in un rapporto intimo,

permettere le condizioni per la conquista di nuove prospettive sul

riconoscendosi reciprocamente il diritto all’esistenza. Affinché tale

mondo e noi stessi. Al pari del futuro i nuovi sentieri provocano una

istanza genetica non si esaurisca a questo primo stadio occorre

33


Quaderni della Ginestra

mantenere per entrambi la possibilità di una continua crescita. Alla natura va garantita quindi la Wilderness, lo strato selvaggio, ciò che Thoreau definisce la “quintessenza”7 della natura. All’uomo va riconosciuta, non solo teoricamente, la possibilità di giungere all’intima consapevolezza della natura metamorfica del sé. È di fondamentale importanza sottolineare come per Thoreau alla posizione teorica corrisponda sempre un atteggiamento pratico: la concezione di un sé metamorfico corrisponde alla delineazione di una pratica estetica, il camminare appunto. Questo passaggio del pensiero thoreauviano è fortemente esplicativo della profonda connessione che esiste fra tutte le tematiche del suo pensiero: Etica, Estetica (intesa sia come pratica artistica, sia che come sfera dell’esperienza sensibile) e Politica. La concezione metamorfica della soggettività mette in risalto la dimensione etica dell’uomo e garantisce la possibilità di esercitare la propria libertà, anche di fronte alle istituzioni politiche. La costituzione del sé diviene un compito etico proprio perché l’uomo deve diventare consapevole della situazione non assoluta della sua individualità, inaugurando una modalità di condotta responsabile e consona a questa nuova dimensione. Tale responsabilità è rivolta a due livelli differenti ma non separati: il Sé e la Natura. Una concezione dell’individualità basata sul concetto di metamorfosi presuppone la

FOTO DI ELEONORA VASCELLI

34


Letteratura e filosofia

presa di coscienza da parte della persona del proprio compito,

dischiudersi dell’istante presuppone una situazione fluida di una

eticamente connotato, di formazione; a ciò occorre aggiungere la

soggettività predisposta a ridefinirsi in relazione alla nuova prospettiva

responsabilità verso l’elemento vitale per la costituzione di un sé

aperta nell’ordine fisico dal divenire spazio-temporale.

autentico, ovvero la Natura selvaggia. L’uomo deve essere in una

Thoreau, lettore del Goethe influenzato dalla terza critica kantiana,

situazione di ascolto verso l’attimo celebrato dall’inesauribile richezza

fornisce una prospettiva teorica della natura che si può definire

del mondo: «non possiamo non vivere nel presente. Beato tra i mortali

organicista, sulla quale si innestano profondamente la visione della

colui che non spreca un istante della propria vita fuggevole rievocando il

morale, della politica, dell’arte e della individualità. Afferma infatti

passato. La nostra filosofia giunge in ritardo se non porge l’orecchio al

Oelschlaeger: «who or what is humankind? […] What is the good life?

canto del gallo che si leva da ogni cortile dentro il nostro orizzonte.[…]

The good economy? The good government? The good society? And,

Ci suggerisce

qualcosa come un nuovo testamento: il vangelo

finally, what are knowledgde, beauty, justice, and Truth? Central to

dell’attimo presente. […] È un’espressione della salute e della forza della

Thoreau’s thought is his idea of wilderness and the natural life9». Il

natura, un messaggio di orgoglio al resto del mondo, benessere che

selvaggio, la sfera naturale, consta di più parti. Queste risultano

zampilla dalla sorgente: una nuova fonte delle Muse, per celebrare

intimamente interconnesse, tant’è che lo stesso uomo non può essere

l’istante che fugge 8».

pensato come atomo inserito nell’organismo ma come parte costituente

L’istante che fugge pare essere proprio “l’attimo bello” di Faust,

dell’organismo stesso. La Wilderness non è un’idea, un’astrazione, bensì la

quell’istante che lo spingerà, tentato da Mefistofele, su molteplici strade

dimensione concreta di vita, di cui l’opera e la vita di Thoreau stesso

del mondo, ma che non si farà mai cogliere. Thoreau sembra carpire

sono

l’insegnamento goethiano: l’istante, più che catturato, va sentito. La

caratterizzata dalla considerazione della natura come organismo, di

consapevolezza di sé deve poter permettere al singolo di porsi in

contro a una impostazione di stampo meccanicista che considera invece

situazione di ascolto attraverso i cinque sensi, facendo sì che l’istante si

la natura come una macchina. Mentre per l’impostazione meccanicistica

dischiuda guidandoci in nuove tappe della nostra formazione. Il

il mondo può essere ridotto a elementi basici (atomi, quark, ecc.), la

35

testimonianza.

L’impostazione

teorica

thoreauviana

è


Quaderni della Ginestra

prospettiva organicistica considera il tutto superiore alle parti. Per la

epistemico in prima persona alla Natura e alla individualità stessa.

prima concezione ogni organismo risulta essere una collezione di parti

Praticando una metodologia morfologica, egli riesce a rileggere la

risolvibile negli elementi di base che costituirebbero quindi patterns

relazione uomo-natura in termini non dicotomici, riconsiderando

imprescindibili; la seconda implica l’emergere 10 di novità irriducibili alle

l’accezione stessa di soggettività. La pratica estetica thoreauviana si

parti basiche garantendo così un’infinità qualitativa della natura.

snoda sia descrittivamente, sviluppando una poetica che esercita la

Finché fornisce materiali grezzi, privi di una precisa obbiettivazione,

teoria della forma sul piano linguistico, sia teoricamente elaborando una

capaci – come si è appena visto – di mostrare sempre l’inadeguatezza

concezione continuista di uomo e natura che recupera anche una certa

della conoscenza e aprendo il campo alla meraviglia, la terra può

tradizione europea del teleologismo (Goethe e Kant) per applicarla

permettere un accrescimento personale soprattutto all’artista, in quanto

esplicitamente al problematico campo della tutela ambientale. Alla luce

è colui che dovrebbe essere perfettamente conscio della sua relazione

di quanto detto, la prospettiva di Thoreau risulta essere estremamente

profonda con la fatticità del selvaggio. Afferma chiaramente Thoreau a

proficua per un'indagine estetica che intenda affrontare la tematica del

proposito della sua pratica estetica: «anch’io vorrei annotare qualcosa di

paesaggio a partire dalla sua interconnessione con l’elemento naturale.

diverso dai meri fatti. I fatti dovrebbero solo costruire la cornice del

Egli gettò le basi per sviluppare una filosofia naturale volta sia all’analisi

mio quadro, dovrebbero essere la materia della mitologia che sto

della complessità del livello corporeo e naturale, sia alla salvaguardia del

scrivendo; […] fatti che dicano chi sono e dove sono stato e cosa ho

patrimonio vitale e culturale che il paesaggio continua tuttora a veicolare

pensato. […] I miei fatti saranno la falsità in termini di senso comune.

stagliandosi e definendosi a partire dalla struttura morfologica e

Io vorrò stabilire i fatti in modo tale da renderli significativi, da renderli

spaziale. Il pensiero thoreauviano pone al centro il valore della natura

miti o mitologici. Fatti percepiti un giorno dalla mente, pensieri pensati

nel suo essere primariamente in sé e per sé, a partire dalla quale si

11

dal corpo – di questi mi occupo ».

delinea la centralità del paesaggio in quanto luogo imprescindibile per la

Thoreau vuole che venga rivalutata la conoscenza sensibile e

costituzione soggettiva e comunitaria. Conseguentemente, la tutela

corporea rendendo così possibile una nuova forma di approccio

ambientale e paesaggistica divengono la pratica etica consona a un 36


Letteratura e filosofia

soggetto e a una società che intendono considerarsi come autentici. La riflessione di Thoreau fornisce strumenti utili per l’impostazione di un’estetica ambientale di impronta fenomenologica, in grado di affrontare la questione del paesaggio nei suoi gradi di complessità, partendo dal livello caratterizzato dalla relazione percettiva fra soggetto e natura, e giungendo via via sino alla delineazione del paesaggio nella sua struttura spaziale ed ermeneutica. CARLO GUARESCHI

37

1

H.D.Thoreau, Walking, (1862) , trad.it. a cura di Franco Meli, Camminare, Milano, SE, 1989, p. 16. 2 Ibidem, p. 25. 3 Ibidem, p. 14. 4 Ibidem, p. 37. 5 Esempio fondamentale sono i rimbombi del lago durante il disgelo. 6 H.D.Thoreau, Walking, (1862) , trad.it.cit., p. 51. 7 Ibidem, p. 39. 8 Ibidem, p. 60. 9 Max Oelschlaeger, The Idea of Wilderness, New Haven and London, Yale University Press, 1991, pp. 133-34. «chi o che cosa è il genere umano? […] Che cosa è la vita buona? La buona economia? Un buon governo? Una buona società? E, infine, cosa sono la conoscenza, la bellezza, la giustizia, e la Verità? Centrale per il pensiero di Thoreau è la sua idea di wilderness e vita naturale». 10 Si pensi a concetti fondamentali per la riflessione circa la complessità della soggettività elaborati da neuroscienziati di impostazione fenomenologica (Varela, Maturana, ecc…) che sono utilissimi per l’analisi della con-costituzione dei due poli, soggetto e mondo: emergenza, enazione, vincoli reciproci e passagi generativi. 11 H.D.Thoreau, The Journal of Henry D.Thoreau,trad.it.cit., pp. 110-111.


Quaderni della Ginestra

IL DIALOGO TRA ZANZOTTO E

IL PAESAGGIO

Esso può restituire talvolta la serenità e il nutrimento della contemplazione, ma può talaltra farsi sfogo di una soffocante e enorme

I

Natura che, con Leopardi, potremmo dire «di volto mezzo tra bello e

l paesaggio letterario nasce da un’intenzione dello scrittore di

terribile». È a mio avviso rilevante come questa sensibilità paesaggistica,

circoscrivere un ritaglio visuale, proiettandovi la propria esperienza e

svolta nella doppia casistica, scorra lungo l’intera opera del poeta,

rappresentazione. Il poeta Andrea Zanzotto è stato uno dei maggiori

assumendo varie e progressive intonazioni.

interpreti, nel secolo scorso, della potenzialità dell’arte di ob-servare e di

In questo spazio mi preme far riferimento a un’opera in particolare:

pre-servare il paesaggio, assorbendo da esso tutta la linfa vitale che

IX Ecloghe del 1962, non trascurando alcuni accenni al prima e al dopo

promana. Pur ammirando la sapienza coloristica e descrittiva delle

dell’iter autoriale. Come il titolo lascia presagire, il rapporto con Virgilio

immagini nelle sue opere, si può infatti presto intuire come il poeta

fa da sfondo letterario e ideologico della raccolta. Come Virgilio, il quale

spinga le sue parole al di là del mero pittoricismo. Nella sua poesia il

denunciò nelle sue Bucoliche l’esproprio delle terre ai danni dei contadini,

rapporto con la natura raggiunge la dimensione estetica di uno scambio

anche Zanzotto rinfaccia al proprio tempo un criminoso tentativo di

tra osservatore e paesaggio. Si sviluppa perciò un modello interpretativo

sottrazione. Come Virgilio, anche Zanzotto si immedesima nei pastori

della natura ben distante dall’ut pictura poësis oraziano – concetto basato

che dialogano, nelle loro preoccupazioni. Questo sofferto scambio con

sulla subordinazione della letteratura alla pittura nella descrizione.

un cangiante paesaggio agreste si innesta su due ordini di senso, di volta

Va detto, a guisa di premessa, che il rapporto tra Zanzotto e il

in volta intersecati: uno di tipo linguistico-esistenziale, l’altro di matrice

paesaggio rientra in un’esperienza del sublime, all’interno della quale al

storica. Prima di tutto il poeta fa appello alle possibilità della lingua di

soffio consolatorio e rigenerante fa sempre da contraltare un aspetto

ordinare e costruire armonia in un orizzonte di angoscia e

drammatico, leopardiano, della natura. Entrambi i volti trasudano un

indeterminatezza,

significato assai stratificato: il paesaggio si modula in varie sfumature,

rappresentazione poetica delle colline trevigiane nelle quali visse.

rendendosi proiezione dell’anima combattuta e problematica del poeta.

L’infinitezza della Natura – «forma smisurata di donna seduta a terra»,

nutrendo

segni

e

simboli

attraverso

la

38


Letteratura e filosofia

scriveva Leopardi - viene calmata tramite la fissazione di un ritaglio

poeta tra simbiosi e ipnosi, diventando il grembo nel quale trovare

visuale, il quale, come ci dice lo studioso del paesaggio Michael Jakob,

rifugio, il «letto / di cruda indivia e di vischio»4 nel quale adagiarsi.

«garantisce un punto d’appoggio, crea un nuovo ordine» 1. È da questa

Ma già nella raccolta precedente alle Ecloghe (Vocativo, 1957) si

prospettiva – la quale raccoglie e coinvolge il tutto – che il dialogo del

percepiva il tramonto di questa speranza, laddove l’estasi sinestetica

Poeta-pastore lirico con la natura può infittirsi, prorompendo in

lasciava il posto a un nascente sconforto, foraggiato dal pessimismo

invocazioni, affinché il paesaggio lo coadiuvi nella ricerca di un senso:

verso un futuro post-atomico, del quale il paesaggio disfatto si faceva

«mite selva un lamento / mite bisbigliate un accorato / ostinato non

segno evidente: «Come i cavi s’ingranano a crinali / i crinali a tranelli a

utile dire. / Significati allungano le dita, / sensi le antenne filiformi».2

gru ad antenne / e ottuso mostro / in un prima eterno capovolto / il

Ma le parole rischiano subito di vanificarsi, sicché il poeta fatica

futuro diviene». 5

ad accordare lo strumento, la lingua, con il quale rivolgersi alla natura;

Si va innescando una conflittualità nell’anima del soggetto lirico, che

incorre in un imbarazzo di tipo linguistico-esperienziale, causato dalla

scaturisce dall’attenta osservazione dei mutamenti del paesaggio. Esso

difficoltà di trovare una parola che «squadri da ogni lato» quel paesaggio.

perde perciò l’intimità e la familiarità, chiudendosi in un mutismo

Egli cerca di (re)suscitare orficamente la natura salvifica che dominava la

ossessivo che le parole non possono più raggiungere, diventando un

prima raccolta (Dietro il paesaggio, 1951), scelta ai tempi come unica

sordo riverbero: «O grumi verdi, ostile / spessore d’erompenti pieghe, /

risorsa adatta per lasciarsi alle spalle gli orridi e sanguinosi processi

terra – passato di tomba - / donde la mia / lingua disperando si districa

storici trascinatisi nel dopoguerra: «qui non resta che cingersi intorno il

/ e vacilla».6

paesaggio / qui volgere le spalle».3 È bene rammentare che Zanzotto

In IX Ecloghe il rischio che Zanzotto deponga gli strumenti della sua

aveva partecipato in prima persona alla Seconda Guerra Mondiale nelle

ars poetica si fa manifesto. Ma il rapporto con il paesaggio non si incrina

file partigiane, per cui la contemplazione del paesaggio era divenuta

per il semplice cedimento del referente linguistico, per l’impossibilità di

l’antidoto, forse il solo, per lenire il ricordo di quei momenti dolorosi.

restituire anche un solo frammento della Natura, che la rappresenti

Contrapposta alla Storia ingrata, la Natura catturava lo sguardo del

nell’impalpabile totalità. C’è una causa di origine storica che si frappone,

39


Quaderni della Ginestra

contaminando lo scambio di sguardi estatici e verginali tra il poeta e

come una nuova faccia dell’articolato rapporto tra Urbs e Rus – città e

l’oggetto. I grandi mutamenti storici e scientifici vengono infatti vissuti

campagna –, risoltosi sotto gli occhi del poeta, in modo sempre più

da Zanzotto con un misto di curiosità e angosciante sospetto: egli non

pericoloso e drammatico, con un arrogante prevalere della prima. E il

disdegna certo la scienza in sé e per sé, ma diffida da quella volontà di

titolo virgiliano della raccolta che stiamo esaminando dimostra tutto il

potenza che diventa la protesi dell’incontrollata virilità dell’uomo. Così il

suo indignato turbamento.

ritaglio visuale che tanto lo allietava viene falciato dall’irruzione dei

Ma la fiducia nell’osservazione e nella sensibilità artistica e filosofica

missili sparati a deflorare lo spazio: «Verde del grano che alzi il capo e

non si spegne definitivamente. La «fede, la calma d’uno sguardo / come

irridi / tra l’incerto oro e il vuoto: / tu, mia finestra, e tu, cielo, che porti

un nimbo» non scompare sotto le brutali pieghe del mutamento. Viene

/ a me tra placidi astri gli squillanti satelliti / che il gioco umano ha

anzi nuovamente aizzata, come in questo susseguirsi di sollecitazioni che

lanciati, con lampi / di fantascienza, a vagheggiare in orbite / leg giere i

Zanzotto rivolge a se stesso, e a noi: «vedi: il canale di linfe beato, /

colli, e li vede a piè fermo / il bue sul campo arato e la vite e la luna». 7

curvo ai tramonti, azzurro; / vedi: gli arbusti, il sole, il greto, / vedi: gli

Nel componimento La quercia sradicata dal vento Zanzotto utilizza un

operai, le api, i fumi, / tutto il mosaico onde ci componiamo, / tessere

simbolo macroscopico, la quercia appunto, per nutrire la sua riflessione

inerti noi stessi ma impegno / che il crudelmente segregato unisce, /

sul corroso legame tra gli esseri umani e il mondo. La quercia sradicata

ecco la lieve vita / che ti soffia nella mente, / ecco la fola / che tuo

diventa la metafora del cambiamento scriteriato e sconvolgente in atto:

intimo seno fa del mondo / e ti soffolce fulva, fedele, calda». 9

«Ti rinvenimmo / attraverso la squallida bocca del giorno, / rovesciata.

L’importanza dell’attenzione sensoriale a ciò che ci circonda,

Nel basso, / empito umbrifero, plurimo, / di calme e aromi che ti

rendendoci un spiraglio che può illuminare tutto il resto, trova nel

spiegavi fin là, / sino alla fonte mai vista del fiume / sino all’infanzia

vedere (vedersi) la sua metonimia in questi bellissimi versi del

fantastica balbettante degli avi».

8

Il poeta preconizza un paesaggio – al contempo intimo e portatore di memoria storica – in costante deturpamento. Ciò si può considerare

componimento, dal titolo emblematico, Palpebra alzata: «Essere un puro raggio (unicamente un) raggio / dunque è il destino / cui ci ridusse il volere divino? / Essere ciò che si posa / tocca arde insegue fruga / la 40


Letteratura e filosofia

realtà ruga a ruga […] Ma già cede s’eclissa questa pena / se, mio raggio, a me riapri il viso / lieto del mondo, il viaggio / lento e azzurro di novembre […] Del tuo latte mi sazi, mai sazio, / e mi riarmi di tutto il tuo spazio».10 Notiamo allora che il reciproco concedersi di nutrimento e senso tra il soggetto e il paesaggio non si è esaurito, può continuare a rinfrescare gli occhi con immagini deliziose: «oggi colline fitte come petali / nella rosa, onde di maggio, / soli impigliati in frange e lappole, / vendicante sapere / che tutto insegna riflette stabilisce». Quella «Gemma delle colline» viene nuovamente ridestata come un’estrema protezione contro la drammaticità di una Storia sempre in agguato: «così che non la miseria non l’odio / mi distraeva, né i maligni messeri / i siri i golem i tarocchi / non il Baffetto non il Baffone non il Crapone / non il Re dei Petroli o dei Rosoli / non il Re dei Turiboli […] minimi, in te Lorna, si spettralizzavano, minime / erano le loro frasi, le loro stragi, / minima la strage di me che essi facevano». 11 Nondimeno una avvilita, ma vigile, risposta può ancora nascere da quei «colli in sì gran parte specchi a me conformi» così interrogati, affinché ritorni un equilibrio della psiche ondulato dall’armonia dei colli, in modo che «in armonie pur io possa compormi». Si genera così una FOTO DI MARTINA TAMBASSI

41

sensazione di conforto che ricorda quella delle Rêverie di Jean Jacques


Quaderni della Ginestra

Rousseau, a proposito della forza rigenerante che le rive del lago di

italiano) che diventa assai deleterio per il poeta e la sua cultura.

Bienne assumevano nelle parole dell’autore svizzero: «Siccome su queste

Il contrasto tra un paesaggio beatificante e la serpe dello scriteriato e

rive felici non esistono grandi e comode strade per le vetture, il paese è

mortificante consumismo si sviscera in tutta la sua tensione nella IX

poco frequentato dai viaggiatori; ma presenta grande interesse per i

Ecloga. La selva diviene infatti il momento per un possibile dialogo con i

contemplatori solitari che amano inebriarsi delle bellezze naturali e

bambini, con il futuro quindi: «Ma che dirai a quelle anime di brina, / di

raccogliersi in un silenzio non turbato da altro rumore che dal grido

arnia, a quel festante grappolo / che intorno al tuo cuore si ingloba, e

delle aquile, dal gorgheggio intermittente di qualche uccello e dallo

stordisce / di curiose energie la pur schiusa / aula che dà sul mai stabile

scrosciar dei torrenti che scendono dalla montagna». 12

greto? Sorgono i bimbi da lane e stupori / d’autunno […] Tutto / gioca

Ma, a differenza di Rousseau, non è mai solo l’inebriamento del

con loro, o pioggia o sole / o ramo o nano o vetro, / e per loro il gran

momento che interessa a Zanzotto. La sensazione di piacere che

fiume d’azzurro si ravviva i capelli leggiadri. / Vengono i bimbi, ma

pervade l’animo, e l’attimo, può mutarsi repentinamente nel timore

nessuna parola / troveranno, nessun segno del vero. […] Necessità e

dellla vorticosa vanità delle cose terrene. Zanzotto è conscio che la

finzione: / ché nulla, nulla dal profondo autunno, / dall’alto cielo verrà,

sensibilità personale è determinante per venire a capo di un’idea di

nessun maestro; / nessun giusto rito / comincerà domani sulla terra». 13

paesaggio, ma non bisogna scordare la pulsione collettiva storica che la

La ricerca di risposte sparse qua e là, allo scopo di orientare i moderni

genera; per dirla con Michael Jakob: «il paesaggio è il risultato di un

Pollicini, sembra infrangersi contro un rischio di antropocentrismo

lungo e faticoso lavorìo culturale, di uno sforzo collettivo; esso si

delirante. Questo aspetto pericoloso imprime una svolta poetica sin

manifesta però soltanto nell’atto della ricezione momentanea della

dalle Ecloghe, e sarà approfondito nelle raccolte successive di Zanzotto

Natura da parte dell’individuo». Se la Storia traspariva in filigrana nelle

(da La beltà, del 1968, in poi). L’ingordigia della società dei consumi

prime raccolte, ora sembra ingrandirsi, diventando un referente con il

verrà sentita con crescente repulsione e smarrimento, attraverso un

quale non ci si può non confrontare. Prende qui la forma di un

linguaggio poetico che dovrà dissestarsi e sezionarsi per decifrare

«progresso scorsoio» (siamo negli anni del cosiddetto boom economico

quell’atmosfera. 42


Letteratura e filosofia

Abbiamo visto quindi come si declina il paesaggio nelle liriche di Zanzotto, soprattutto l’intrico di sviluppi storici ed individuali. Si può

1

Cfr. M. JAKOB, Paesaggio e letteratura, Olshki, Firenze, 2005.

2

capire come lo sguardo del poeta sia inscindibile da quell’oggetto, reso dalla sua polivalenza semantica tanto angosciante quanto necessario e

A. ZANZOTTO, IX Ecloghe, in Le poesie e le prose scelte, Milano, Mondadori, 1999, p.

202. 3

Ib., Dietro il paesaggio, in op. cit., p. 46.

4

Ivi, p. 108.

5

Ib., Vocativo, in op. cit., p. 145.

6

cristallizza per seguire il corso di tutte le trasformazioni, elevandosi a

Ivi, p. 146.

7

Ib., IX Ecloghe, in op. cit., p. 212.

vigile coscienza dell’osservatore.

8

Ivi, p. 219.

9

Ivi, p. 246.

vitale. Ciò che rende moderna e innovativa l’opera del poeta è il ruolo attribuito alla lingua, la quale, come una malleabile sostanza, si modella e

FLAVIO REGAZZOLI

10

Ivi, pp. 238-239.

11

Ivi, p. 236.

12

J.J. ROUSSEAU, Le fantasticherie del passeggiatore solitario, Milano, Rizzoli, 2009, p.

255. 13

43

A. ZANZOTTO, IX Ecloghe, in op. cit., pp. 255-256



Didattica e Filosofia

Conversazioni con i ragazzi del Liceo Scientifico “Attilio ESSERCI O ESISTERE ? Bertolucci” di Parma

PERCHÈ STUDIARE FILOSOFIA Conversazioni con i ragazzi del Liceo Scientifico “Attilio Bertolucci” di Parma

perché siamo eredi di questa grande tradizione. Il presente non è dunque lo stato necessario e naturale delle cose, ma il risultato sempre provvisorio e sempre minacciato di forze in conflitto, dove le conquiste vanno continuamente difese, promosse

1. Come guardare alla storia della filosofia?

P

e

possibilmente ampliate. Da parte di tutti e di ciascuno. E vanno difese anche in primo luogo studiando, cioè attrezzandosi di strumenti critici

artiamo da una questione di orientamento. Non molto

per la comprensione di noi stessi e di ciò che accade intorno a noi nel

diversamente dall’uomo del racconto Le strade della vita, che Karen

mondo. Perché non c’è nulla come l’ignoranza che supporti ogni forma

ixen narra nel suo libro di memorie La mia Africa, vi trovate voi quando

di credulità, di ottusità, di arroganza, di violenza. I diritti che si sono

iniziate a studiare la filosofia: non siete in grado di vedere il disegno a

affermati in Occidente con costi altissimi di vite umane non vigono

cui state lavorando mentre ci siete dentro. Il disegno che mi auguro

ovunque sul nostro pianeta. In molti paesi – e perfino da noi, nelle

possa apparirvi alla fine dei vostri studi potrebbe essere il seguente. Le

pieghe della società – le donne non sono ancora rispettate come esseri

conquiste di civiltà di cui godiamo oggi, pur con tutti i loro limiti e

umani, i più deboli sono vittime di soprusi e di abusi lesivi della loro

imperfezioni, sono costate secoli di lotte, anche durissime, per affermare

dignità. Il mondo ha dunque bisogno di noi, del contributo grande o

contro ogni forma di oscurantismo idee filosofiche fondamentali:

piccolo di ciascuno, del nostro impegno quotidiano. Anche oggi che la

libertà, diritto, tolleranza, rispetto, responsabilità, dialogo. Attraverso la

nostra società occidentale opulenta e scialacquatrice sembra non

storia della filosofia occidentale, lunga 2500 anni, si può cogliere la

chiedere nulla ai giovani, perché le domande sono soffocate dallo

grande avventura di questa tradizione di pensiero per promuovere una

schiamazzo della pubblicità e dalle luci abbaglianti del consumismo.

evoluzione culturale degli esseri umani, un progetto di umanizzazione,

Quando leggiamo i dialoghi socratici di Platone o la sua Repubblica,

direbbe Enzo Bianchi. E se noi oggi siamo in grado di pensare in un

quando leggiamo l’Etica di Spinoza o le opere di Galilei e di Francesco

certo modo e di esigere per tutti il rispetto di determinati diritti, è

Bacone, la Lettera sull’entusiasmo di Shaftesbury, le pagine di Jean Jacques

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Quaderni della Ginestra

Rousseau o di David Hume, di Locke, di Kant, degli Illuministi, o

debellare le ingiustizie e le diseguaglianze e affermare una convivenza

ancora, per venire più vicini a noi, di Kierkegaard, di Marx, di

più dignitosa per tutti, dà senso alla vita, fa percepire che non si è soli, che

Nietzsche, di Freud, e così via, allora cominciamo a renderci conto del

si è insieme a tanti che in ogni angolo della Terra come noi studiano e

grande lavoro compiuto nei secoli dal pensiero occidentale per liberare

osservano per capire e aspirano a un mondo migliore, che la nostra

l’uomo dalle superstizioni, dal fanatismo, dai pregiudizi, dalla

patria non è la nazione in cui casualmente siamo nati, ma il mondo

presunzione, dai fantasmi della mente, dalle paure prive di oggetto.

intero, e che insieme a tutti gli altri compiamo un tratto di strada

Premesse fondamentali per combattere oppressione, sopraffazione,

comune. Insieme ai contemporanei, ma insieme anche ai grandi del

dispotismo, tirannide. E allora, guardata da questa prospettiva, la storia

passato, ai filosofi che leggiamo, agli scrittori, ai poeti. Perché il senso

della filosofia occidentale si identifica in gran parte con la storia della

della vita, individuale e collettivo, non sta da qualche parte bello e

conquista e dell’articolazione delle libertà di cui godiamo. E il presente è

pronto, magari sopra di noi, nella trascendenza. Il senso della vita lo

un punto avanzato su questo lungo cammino. Come vedete, c’è una

costruiamo noi, giorno per giorno, con le nostre scelte e le nostre azioni, con il nostro

fatica necessaria, senza la quale non si ottengono grandi risultati.

stile di vita.

Ovviamente qualcuno può obiettare: e io, cosa me ne faccio di sapere

Ma ci sono poi motivi che ci riguardano più da vicino, perché la

questa cosa? Come mi riguarda? Beh, intanto un aspetto a mio avviso

filosofia debba interessarci. Molti filosofi si sono posti nel loro tempo le

entusiasmante è che, invece di abbandonarsi alla noia esistenziale, come se

domande che anche noi ci poniamo nel nostro, anche quando non

non ci fosse nulla da fare nella vita, ci si può inserire attivamente in

possediamo le parole appropriate per formularle. Le domande che mi

questa storia e dare il proprio contributo a rendere migliore il mondo in

sono posto io alla vostra età e che suppongo vi poniate anche voi, più o

cui viviamo. Era questo lo sprone che spinse molti della mia

meno consapevolmente. Magari esprimendole sotto forma di un disagio

generazione ad abbracciare a vent’anni la filosofia. Sentirsi non

che non siete in grado di decifrare. Vediamo alcune di queste domande.

casualmente gettati dalla nascita in un mondo estraneo, le cui vicende non ci riguardano, ma parte di una grande umanità che ancora lotta per

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Didattica e Filosofia

2. Come si entra nella vita?

luoghi comuni. E questo gesto, che ci colloca sulla nostra propria strada, dà forma alla nostra vita. Una vita standardizzata è una vita informe. Noi

Come si entra nella vita? Cosa vuol dire vivere? Come devo condurre

ci sentiamo profondamente a disagio quando percepiamo che la nostra

la mia vita? E come si fa a trovare la felicità nella vita? «How can we

vita manca di una forma che tenga assieme le nostre variegate

find happiness in life?», lessi qualche tempo fa scritto su un muro, assai

esperienze, che ci caratterizzi, che esprima la nostra identità peculiare, in

probabilmente dalla mano di un ragazzo come voi. A domande del

modo che noi si possa dire: ecco, questo sono io. Il gesto rivela in chi lo

genere alcuni filosofi hanno fornito delle risposte che mi sembrano di

compie la decisione di prendere in mano il timone e la responsabilità

grande interesse.

della sua vita. La risoluzione di non accontentarsi più di essere

Partiamo da questa considerazione: tra la vita come stato, come

semplicemente vivo, di sottrarsi all’abitudine all’esser vivo, per vivere la sua

semplice fatto di essere al mondo, e il vivere come azione, corre una

vita da protagonista. La scelta, ad esempio, di dare valore alla propria

differenza fondamentale, che molti non colgono, nemmeno fra gli

formazione piuttosto che agli oggetti, all’essere piuttosto che all’avere. Chi

adulti. Nel breve racconto Il messaggio dell’imperatore, Franz Kafka

compie questo passo, si accorge che la felicità è uno stato che

descrive con una metafora l’inerzia di chi sta alla finestra ad aspettare

accompagna la coerenza delle sue azioni, il suo stile di vita, la fedeltà al

che la vita venga a cercarlo. L’esserci, sosteneva il filosofo tedesco Martin

processo della sua individuazione o costruzione di se stesso.

Heidegger, è l’immediatezza, il semplice fatto, appunto, di essere al

Generalmente, divenire ciò che si è, individualizzarsi, è un compito

mondo perché si è nati, o “gettati” nel mondo, come diceva lui. Il

quotidiano, fatto di piccole correzioni successive, ma talvolta richiede

trovarsi confusi nella massa indistinta senza mai conquistare se stessi.

invece appunto quel gesto inequivocabile che ci sottragga ai piccoli e

Per esistere veramente è necessario insorgere dal mondo, staccarsi dallo

grandi ricatti dei genitori, dei maestri, del branco, del modello sociale,

sfondo anonimo e andare alla ricerca di se stessi. L’insorgere dal mondo

delle convenzioni, quando sentiamo con crescente disagio che ci

a volte richiede un gesto risoluto e consapevole di rottura con le

vogliono a modo loro, secondo una loro idea astratta. Quel gesto, in

convenzioni, con i comportamenti standardizzati, con le frasi fatte, con i

virtù del quale sfuggiamo al pericolo di rinunciare a poco a poco a noi stessi. Ma

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Quaderni della Ginestra

questa cosa sono davvero io che la penso? E questo sentimento è

trovare?». «È tragico», osservava dal canto suo Oscar Wilde, «quanto

davvero il mio? E sono davvero appagato dalle chiacchiere che scambio

pochi giungano al “possesso della propria anima” prima di morire.

con i miei compagni, dai rapporti vuoti e formali, da un modello di vita

“Nulla è più raro in un uomo” dice Emerson “di un’azione veramente

predisposto da altri, dal possesso di questo o di quell’oggetto? Oppure

sua”. Verissimo. La maggior parte delle persone sono altre persone. I

sento che al fondo rimane una insoddisfazione, come la sensazione di

loro pensieri sono opinioni di qualcun altro, le loro vite parodia, le loro

qualcosa di falso, di stonato, di inconsistente? Io, chi sono? dove stanno la mia

passioni citazioni».

verità e la mia identità personale, quelle che mi distinguono e fanno sì che io

La felicità è con noi quando incontriamo noi stessi e ci riconosciamo,

sia proprio io e non indifferentemente qualunque altro? Cercare se stessi,

e sentiamo che in una certa decisione, in una certa scelta o rinuncia, in

imparare a rimanere in silenzio con se stessi, ad ascoltarsi, a conoscersi.

un determinato impegno, comportamento o azione siamo proprio noi.

Mettersi alla prova, insorgere dall’anonimato della massa, dallo sfondo,

Faccio un esempio. I miei compagni parlano solo di calcio. Io amo la

incominciare a pensare con la propria testa, a sentire con i propri

poesia. Loro mi deridono per questo. Ma io sento che la poesia dilata la

sentimenti, a parlare con la propria bocca e il proprio linguaggio. E

mia anima, espande il mio orizzonte, mi fa vedere là dove il loro

finalmente incominciare a trovarsi. E trovarsi ogni giorno un poco di

sguardo non arriva. Non ci rinuncerò per appiattirmi sulle loro

più. E scoprire dove risiede la propria anima: ecco, questo sono davvero io!

posizioni, per fare come loro, per nascondermi nel branco, ma rimarrò

Perché la vita non è un dato, non è un abito preconfezionato, prêt-à-

fedele a questa mia passione autentica che mi contraddistingue. Diceva il

porter, solo da indossare, ma un compito e un insieme di opportunità da giocare.

filosofo spagnolo Ortega y Gasset: noi incontriamo la vita ogniqualvolta

Un compito entusiasmante. Su ciò che io sono oggi posso costruire

incontriamo noi stessi. Se al contrario ci spogliamo dei nostri caratteri

qualcosa, realizzare qualcosa. Posso fare qualcosa di me. Posso assumere

individuali e ci affrettiamo a mimetizzarci nella indistinzione della massa

la mia vita come un progetto a cui lavorare. Diceva Friedrich Nietzsche

anonima, finiremo poi per accontentarci dei rapporti e dei

nella prefazione alla Genealogia della morale: «Non abbiamo mai cercato

comportamenti standardizzati che sono propri dell’uomo massificato,

noi stessi – come potrebbe mai accadere che ci si possa, un bel giorno,

senza riuscire a vedervi la causa delle nostre profonde insoddisfazioni,

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Didattica e Filosofia

perché la nostra anima non vi trova la sua verità e il suo appagamento.

tendenziale, ovviamente, che non si raggiunge mai in maniera definitiva,

Sentimenti inautentici, linguaggio massificato, valori inconsistenti non

perché non sta in fondo a qualcosa, ma è sempre lì davanti a noi come

porteranno mai alla felicità. Pensate quanto deve essere triste passare

un compito e una sfida. Perché noi non siamo autentici, non siamo noi

l’intera esistenza e arrivare alla sua fine, come accade a Ivan Ilíč, il

stessi per natura, fin dall’inizio della nostra vita, ma possiamo diventarlo

protagonista dell’omonimo romanzo breve di Tolstoj, senza aver mai

un poco di più ogni giorno se ci incamminiamo su questa strada. Ed è

incontrato se stessi, senza sapere chi siamo veramente, senza aver mai

solo lavorando alla nostra autenticità che noi diamo un senso alla nostra

fatto emergere ciò che ci avrebbe contraddistinto come questo

vita. Se lavoriamo a questo progetto, l’attenzione si concentra sul come

individuo determinato, unico e irripetibile. Ma io, sono mai stato veramente

del nostro essere al mondo e nel mondo, sulla qualità delle esperienze

me stesso almeno una volta nella vita? È in questo che io individuo la causa

che ci chiamano in causa, delle nostre relazioni con noi stessi e con gli

fondamentale del disagio giovanile: nel fatto cioè di essere deragliati dai

altri, sul privilegiamento di valori consistenti e non effimeri. Il valore di

comportamenti di massa, portati fuori strada rispetto al processo della

un uomo, avverte Claudio Magris in Danubio, è in stretta relazione con il

propria individuazione. Con la conseguenza di sentirsi vuoti dentro, di

valore delle cose alle quali ha dato importanza. Non dovremmo mai

non arrivare mai ad esistere veramente.

dimenticare che il nostro preteso destino lo scriviamo in gran parte ogni giorno noi stessi con i piccoli o grandi passi che compiamo o che

3. Farsi progetto a se stessi

evitiamo di fare; dando la preferenza a una strategia d’azione o di inazione, a un comportamento piuttosto che a un altro. Mi capitò anni

Nell’atmosfera culturale del secondo dopoguerra l’esistenzialismo del

fa di sentire qualcuno che diceva ai ragazzi: «dovete portare alla luce il

filosofo francese Jean-Paul Sartre pose l’accento sulla possibilità di farsi

tesoro che c’è in voi». Questa sollecitazione destò in me qualche

progetto a se stessi. Si tratta di un grande progetto, a mio modo di vedere,

perplessità, ci riflettei un poco e mi resi conto che si trattava di una frase

anzi del più grande dei progetti, soggettivamente parlando. E questo

fatta, che non coglieva nessuna verità. Per portare alla luce ciò che si è occorre

progetto va nella direzione giusta: diventare se stessi. Un obbiettivo

crearsi. Perché non c’è nessun tesoro sepolto dentro di noi, che si tratti

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Quaderni della Ginestra

superficiale, sbadato, esiste per molti il problema di un rapporto insoddisfacente con la propria famiglia, con i propri genitori. Che fare? Lo psicoanalista sa che è possibile costruirsi una sorta di famiglia adottiva, di sostituzione, o complementare, i cui componenti saranno gli autori che leggiamo e studiamo, i poeti, i filosofi, gli scrittori che raccontandoci di sé ci parlano di noi, con i quali condivideremo dubbi, domande, la ricerca della nostra strada. Che ci saranno sempre accanto come compagni fedeli sul nostro cammino e ci regaleranno emozioni, parole, concetti e immagini per decifrare ed esprimere ciò che sentiamo. Hermann Hesse li chiamava “gli ospiti giusti”, che invitiamo nel salotto FOTO DI MARTINA TAMBASSI

soltanto di portare alla luce o di aspettare che venga alla luce. Il tesoro

buono della nostra anima, che chiamiamo in soccorso nella ricerca di un orientamento nella vita, nella costruzione della nostra individuazione.

dobbiamo mettercelo noi nel corso dell’intera esistenza, giorno dopo giorno, sotto forma di qualità delle nostre relazioni e delle nostre

4. Teoria degli angeli

esperienze, se vogliamo trovarcelo al momento di fare un bilancio. Mi affascina quest’idea della vita intesa come un compito e una serie di

Fatta questa lunga premessa, vorrei ora cercare di sviluppare i miei

possibilità da giocare. Mi affascina perché mi chiama in causa, mi offre la

argomenti. E lo farò, se me lo permettete, esponendovi una mia idea

possibilità di fare qualcosa, di essere protagonista della mia vita. Diceva

curiosa, che mi piace chiamare la mia teoria degli angeli. Ángelos in greco

ancora il filosofo francese: più importante di ciò che gli altri hanno fatto

significa messaggero. I miei non sono angeli celesti, nulla a che vedere

di noi è ciò che noi riusciamo a fare di ciò che gli altri hanno fatto di

con l’immaginario religioso. Però sono messaggeri, e vi dirò di cosa. Ne

noi. Vi porto un esempio concreto. Oggi, in questo mondo frenetico,

parlo spesso, ma finora non ho incontrato nessuno che abbia condiviso

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Didattica e Filosofia

questa mia esperienza. E tuttavia sono sicuro che tutti abbiamo i nostri

conoscere la felicità e il dolore fino in fondo. Mi aveva costretto a

angeli. Dobbiamo solo imparare a riconoscerli. Ben tre vennero a farmi

insorgere dallo sfondo opaco e indistinto dell’esserci anonimo per

visita nella mia adolescenza, verso la fine delle scuole superiori. E subito

entrare nell’esistenza con i miei sentimenti. Da un punto di vista

ovviamente non sapevo che fossero angeli messaggeri, è stato solo molti

psicologico, mi aveva messo al mondo la seconda volta, dopo la nascita

anni dopo, riflettendoci su, che mi è piaciuto interpretarli in questo

biologica. E allora mi chiesi: ma è possibile vivere questa autenticità di

modo. E mi piace interpretarli in questo modo, perché mi dà la

relazione solo in quell’esperienza particolare che è l’amore, oppure

possibilità di enucleare delle considerazioni che mi paiono di non poca

posso cercare di estenderla anche ad altre relazioni? Ad esempio

importanza nella risposta alla domanda: come devo condurre la mia vita?

imparando a stare con me stesso, ad ascoltarmi. E poi ad ascoltare gli altri nella disponibilità di un dialogo che sia veramente tale, anziché

4.a. L’angelo dell’amore

restare impaludato nella gora delle chiacchiere vuote e formali. Quell’angelo, insomma, mi aveva indicato una via che io potevo seguire.

Il primo a farmi visita fu l’angelo dell’amore. Qualcuno, scarsamente

E non m’importava nulla se i miei compagni andavano per la loro

dotato di immaginazione, direbbe Stevenson (I portatori di lanterne),

strada, se perseveravano nelle loro relazioni di basso profilo. Io ora

potrebbe obiettare: ma era soltanto una compagna di classe di cui ti eri

sapevo che potevo aspettarmi molto di più dalla vita, e che, per

innamorato. È vero, in un certo senso era solo questo. Ma quando ci

appagare queste mie aspettative, dovevo anch’io, come il Martin Eden di

ripensai, molto tempo dopo, mi resi conto che avevo vissuto

Jack London, chiedere di più alla vita. La vita può e sa dare

un’esperienza straordinaria, che rompeva con la piattezza della mia

infinitamente di più, quando si è decisi a chiederle di più, quando non ci

quotidianità: un’esperienza di autenticità. Mi accorsi che in quella

si accontenta delle sue manifestazioni più effimere. Sa offrire sentimenti

relazione io mi ero sentito proprio me stesso, che quei sentimenti erano

autentici, passioni autentiche, relazioni autentiche, una espansione

proprio i miei, e non erano sentimenti tiepidi, ma forti, travolgenti.

dell’anima che nemmeno sospettiamo.

Quell’esperienza, a cui mi ero dato senza riserve, mi aveva fatto

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In secondo luogo quell’angelo era venuto a mostrarmi che nella vita


Quaderni della Ginestra

ci sono dei momenti di incanto che bisogna imparare a riconoscere e a

Quell’angelo mi fece ancora un terzo dono. Ai miei tempi l’amore era

cogliere: la bellezza della ragazza, non necessariamente esaurita nel suo

un’esperienza

trasgressiva.

Gl’incontri

avvenivano

segretamente,

aspetto esteriore; la bellezza del suo esserci per me, la bellezza dei nostri

all’insaputa dei genitori. Ci si appartava dalla società per restare in due: il

sentimenti, la bellezza che la vita e il mondo acquistavano

resto del mondo in quel momento non esisteva più. Perfino il segreto

improvvisamente attorno a me, da quando quell’incanto-incantesimo

che avevo saputo mantenere nei confronti dei miei compagni era una

me li faceva guardare con occhi nuovi e più attenti. La bellezza dell’aver

forma di trasgressione. E anche qui mi accorsi con gli anni che c’era un

saputo, io, conservare per me quell’esperienza amorosa come un segreto

insegnamento da trarre. Imparare a trasgredire è importante. L’adolescenza è

inalienabile, anziché considerarla una “conquista” di cui vantarmi con i

l’età per eccellenza della trasgressione. Perché si è alla ricerca di una

miei compagni. Era il mio segreto, e lo difesi come il valore più

propria autonomia dalla famiglia, dall’autorità costituita. Si deve mettere

prezioso. Sapersi incantare è fondamentale. Non imbrattare ogni

alla prova la propria crescita. Ma spesso non si sa che cosa è importante

esperienza con la superficialità o la volgarità. Un mondo totalmente

trasgredire e si finisce per realizzare proprio l’opposto di ciò che si

disincantato è un mondo senz’anima, come quello descritto da Orwell

cerca. Fondamentale è imparare a trasgredire tutto ciò che ci porta fuori rotta

nel romanzo 1984. La devastazione dell’ambiente e della morale, la

rispetto al processo della nostra individuazione, tutto ciò che opera a favore di una

degradazione delle relazioni umane, la noia esistenziale sono anche figlie

nostra omologazione. La più grande trasgressione, si diceva un tempo, è

del disincanto ad oltranza che molti oggi ostentano come un segno di

pensare con la propria testa. – Ma certo non è facile riconoscere

virilità, ed è invece solo la manifestazione di una grande povertà

preventivamente quel che ci porterà fuori rotta. – E qui la biografia

spirituale. Non sapere o non voler vedere più nessuna bellezza intorno a

personale si intreccia con la vita sociale. Perché imparare a trasgredire il

noi e dentro di noi: questo è il disincanto. Ma l’uomo non può vivere

conformismo, la deresponsabilizzazione, la rinuncia, la delega ad altri

senza bellezza. Senza immagini e sensazioni di bellezza la nostra anima

del compito di pensare, di organizzare e guidare la propria vita,

appassisce, diventa grigia e spenta. E a questa situazione incompresa

costituisce un lievito della democrazia, un contributo sostanziale al

qualcuno si ribella con la violenza.

confronto tra posizioni diverse, una irrinunciabile azione di contrasto

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Didattica e Filosofia

dell’appiattimento sui valori di massa. Per di più oggigiorno andare

vuole la vita, con le sue luci e le sue ombre, perché sente la propria

contro corrente, trasgredire l’inconsistenza dei comportamenti e delle

sublime inconsistenza. Ora, come l’angelo di Wenders, un ragazzo ha

relazioni è un atto etico, di affermazione della vita.

bisogno di mettersi alla prova in tutto il ventaglio delle sue possibilità, e non può accontentarsi di una vita piatta, tutta schiacciata sul denaro, il

4.b. L’angelo dell’epica

successo, l’automobile, il mito dell’operosità spinto ben oltre il limite dell’equilibrio necessario a un’esistenza armonica. Ha bisogno di

Sempre intorno a quell’età un giorno capitò in classe un

mettersi alla prova diversamente per scoprire quanto vale. In cosa

paracadutista della “Folgore”, che promuoveva la sua specialità. Non

consisto io? Cosa so fare? Cosa so dare? Quanto coraggio avrò? Quanta

rimase probabilmente più di mezz’ora. Eppure lasciò un messaggio che

dignità? Che cosa ha veramente valore nella vita? Quanto più

lievitò dentro di me. Anche lui mi indicò una strada. E anche in questo

passivamente ci allineiamo al così fan tutti, quanto più ci disimpegniamo

caso me ne resi conto soltanto molti anni dopo, riflettendo sul fatto che

nel cercare la nostra strada nella vita, tanto più proviamo un senso di

avevo poi effettivamente seguito la sua indicazione. Un film molto

nauseante inconsistenza, e da qui alla noia esistenziale il passo è breve.

poetico di Wim Wenders, ormai di parecchi anni fa, Il cielo sopra Berlino,

Se si scansa la vita, non resta che la noia. E allora si vanno a cercare

ha per protagonista un angelo che a un certo punto è stanco della sua

emozioni forti nelle esperienze sbagliate, che non costruiscono niente

immortalità anestetizzata, in cui non si prova nulla, in cui non si

ma distruggono, nei viaggi catartici del sesso e della droga, come dice

conoscono né la passione, né l’amore, né il dolore. E decide di fare

Bruce Chatwin in Anatomia dell’irrequietezza. D’altra parte, quando dei

esperienza della temporalità per sentire il sapore del proprio sangue in

ragazzi vanno in cerca della morte, è perché sono già stati uccisi dentro

una piccola ferita, per conoscere le piccole gioie di cui gli uomini

dagli adulti e dal loro modello di vita.

nemmeno si accorgono, come sfregarsi le mani quando fa freddo, bersi

Mettersi alla prova produce entusiasmo. Elimina il rischio della noia

una tazza di caffè caldo, scambiare il saluto con un passante, assistere a

esistenziale. E poi, chi ha consistenza ha anche argomenti di

uno spettacolo circense, osservare la gente che passeggia. Insomma:

conversazione, motivi di interesse per gli altri, non si nasconderà nel

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Quaderni della Ginestra

rumore, nella promiscuità, dietro al cellulare o alla sigaretta. Un giovane

poesia è il messaggio di Sepúlveda nella Storia di una gabbianella e del gatto

ha bisogno di una dimensione epica della vita. Che non significa

che le insegnò a volare, che mentre ci racconta quanto sia entusiasmante

necessariamente avventura estrema, ma curiosità, esperienza, impegno,

fare qualcosa insieme per gli altri e per tutti, ci ammonisce anche che

sacrificio, fatica, assunzione di responsabilità, progetto. È di questo che

vola solo chi osa farlo.

parlano La linea d’ombra e Gioventù di Joseph Conrad. È stato proprio La linea d’ombra a portarmi a considerare come ci sia un’esperienza

4.c. L’angelo della filosofia

fondamentale in cui entusiasmo e responsabilità vanno a braccetto, come l’entusiasmo acquisti uno statuto speciale quando si tratta della

E arrivo così al terzo ed ultimo angelo messaggero. Accompagnava il

responsabilità nella conduzione della propria vita. In questo caso esso

professore di diritto, non vedente, sedeva in silenzio di fianco alla

implica infatti atteggiamento critico e capacità di selezione, ma

cattedra e si immergeva per tutta l’ora in un libro che teneva aperto sulle

comporta al tempo stesso sensazione di pienezza di vita, potenziamento

ginocchia. Noi eravamo costretti a stare sui libri, perché era ora di

della capacità di vivere. L’opposto, insomma, dell’abitudine all’esser vivi.

lezione, ma lui no. Cosa trovava dunque nel suo di tanto interessante?

La gioia di vivere si realizza nello scoprire le proprie capacità mettendole

Era uno studente universitario di filosofia, ci spiegò un giorno il

alla prova, perfezionandole ed ampliandole attraverso lo studio e

professore. Ma che cos’era la filosofia? Certo doveva essere una cosa

l’esercizio, si realizza nel far emergere la propria personalità. Questo

avvincente, se quel ragazzo era tutto rapito nella lettura. Più avanti negli

significa crescere. Nell’Antologia di Spoon river di Edgar Lee Masters

anni riconobbi che anche lui era un angelo messaggero, venuto a

colpisce la confessione di uno dei defunti, George Gray, che nel corso

indicarmi una strada che io potevo seguire. La seguii, infatti, e oggi ho

della sua esistenza ha avuto paura di alzare le vele e prendere i venti del

qualcosa da rispondere alla domanda di allora: che cos’è la filosofia?

“destino”, e ha sprecato ogni occasione di amare, scansato ogni dolore,

Potremmo pensare la filosofia come un’espressione dell’innata

rifuggita ogni ambizione. E solo ora, da morto, si rende conto dalla sua

curiosità dell’uomo, del suo bisogno di ricreare il mondo a partire da sé,

tomba di non aver mai vissuto. In sintonia con la morale di questa

dalla propria esperienza dell’interrogare. Ricreare il mondo a partire da

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Didattica e Filosofia

sé è ciò che fanno il bambino nei suoi giochi e l’artista nella sua opera. E

impedisce di vedere. Leggere i filosofi è un modo di coltivare la

che cos’è questo, se non dare un senso al mondo? L’uomo ha sempre

spiritualità, vale a dire l’espansione della nostra anima. Perché noi non

bisogno di un senso delle cose. Forse per sapere dove si trova. La

siamo solo corpo e mente, ma anche fondamentalmente spiritualità. Ma,

filosofia è uno dei modi che abbiamo di attribuire un senso al mondo

presi nel vortice di una vita frenetica e promiscua, ce ne dimentichiamo

quando non crediamo che questo senso sia già dato dal di fuori o dal di

facilmente, finendo così per non vedere più l’origine della nostra

sopra, come sostengono le religioni, né che si possa guadagnarne uno

insoddisfazione. E pensare che potremmo dilatare la nostra anima senza

valido per tutti i tempi e tutte le latitudini. È lo sforzo di tenerlo assieme

timore di incontrarne i confini, come sosteneva il filosofo greco

il mondo, il passato, il presente e il futuro, il qui e l’altrove, il noi e gli

Eraclito. Conoscerete sicuramente la favola Il gabbiano Jonathan Livingston

altri. Di vedere tutto questo in un contesto di coerenza e significato, di

di Richard Bach. A differenza dei suoi compagni, che volano soltanto

darci ragione degli accadimenti. La filosofia è uno dei modi che hanno

per procacciarsi il cibo, Jonathan lo fa per amore del volo, e per amore

gli uomini di interrogarsi. Ma, a differenza della religione, la filosofia

del volo talvolta dimentica perfino di mangiare. Lui sente che la vita non

non dispone di risposte rivelate. E a differenza delle scienze non

si esaurisce nel mangiare, nell’appagamento dei bisogni fisiologici, ma si

conosce le medesime certezze. La filosofia è forse il modo migliore che abbiamo

protende al di là, in una regione di spiritualità e bellezza. E che nella

di orientarci nel mondo.

perfezione del volo lui può elevarsi a quella regione. Nella perfezione

Appassionarsi oggi alla filosofia io lo considero un atto etico di ribellione al conformismo galoppante. Uno scatto d’orgoglio, di vitalità,

del volo, per dirla con Heidegger, Jonathan trascende il puro esserci per fondare se stesso, per diventare esistenza.

un desiderio di indipendenza e di libertà dalle troppe seduzioni mentali.

Poesia, filosofia, letteratura sono orizzonti immensi che ci

La volontà di esplorare una dimensione più densa, più profonda e

trasportano al di là dell’immediato, nella dimensione dell’oltre. Sono

autentica dell’esistenza. Perché la vita autentica non la troviamo nella

sistemi dello spirito, hanno a che fare con la nostra formazione, mentre

massificazione. La massificazione è una prigione che ci rinchiude, una

oggi tutta l’attenzione è rivolta alla moltiplicazione esponenziale di

palla al piede che ci impedisce di andare, una benda sugli occhi che ci

informazioni spesso del tutto inutili e ingombranti, che fanno ostacolo

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Quaderni della Ginestra

alla questione fondamentale dello sviluppo della nostra personalità. Il modello di vita consumistico, sbadato e frettoloso, irrispettoso, opacizza la trasparenza dei nostri occhi, ci svuota lo sguardo sulle cose, sui differenti codici in cui il mondo e la natura ci parlano, istruendolo a indirizzarsi unicamente sulle merci, trasformando tutto, esseri umani compresi, in oggetti

indifferentemente

equivalenti,

da

usare

e

gettare

negligentemente, il cui unico valore è l’utile temporaneo. Il pericolo che FOTO DI MARTINA TAMBASSI

ci attanaglia, dice il filosofo spagnolo Fernando Savater, è l’«aver perduto il senso profondo del non-calcolabile», il non riconoscere più

massificarsi, a sciogliersi dai troppi condizionamenti dei comportamenti

un «sacro immanente all’esistenza umana», insomma la «desacralizzazione

di massa, per avviare la costruzione della nostra propria individualità.

radicale del mondo in cui viviamo».

Perché, quanto più si è massificati, tanto più facilmente si è seducibili.

Frequentare la filosofia aiuta ad aprire delle crepe nella realtà

Ed essere sedotti significa essere deviati dal processo della propria

compatta che ci circonda e ci imprigiona come una gabbia d’oro, in

individuazione, non incontrare mai se stessi, esaurire la propria vita

modo da poterci guardare attraverso. E poterci guardare con i nostri

senza sapere chi si è.

occhi, non con quelli della pubblicità o del modello sociale dominante. Aiuta a liberarci almeno un poco dalle determinazioni che ci legano.

ALBERTO MESCHIARI

Perché, come avviene nel mito della caverna narrato da Platone nel Libro VII della Repubblica, i nostri condizionamenti rischiano di farci prendere delle ombre, o, nel caso odierno, delle luci troppo abbaglianti, per realtà. Per la sola realtà possibile. Frequentare la filosofia aiuta a non

(Riferimento bibliografico: A. MESCHIARI, Riprendersi la vita. Per un’etica del

lasciarsi sedurre dagli specchi per allodole del consumismo, aiuta a de-

reincanto, Tassinari, Firenze 2010).

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IN LIBRERIA REALISMO POLITICO E IDEALI

Stefano Petrucciani: L’immaginario del realismo e l’inatteso della politica Roberta De Monticelli: Lo spauracchio dei valori. Riflessioni su alcuni fraintendimenti Maria Zanichelli: Il valore dell’ugualianza nella prospettiva del diritto Timothy Tambassi: Epistemologia e teoria sociale. Questioni interne ed esterne LA RIVOLTA Pierandrea Amato: Esistenza ed esperienza. Note per un'ontologia della rivolta; Lorenzo Bosi: Movimenti e cambiamento sociale. L'interrelazione delle conseguenze; Vincenza Pellegrino: Conflitti ambientali e nuovi soggetti politici. Le rivolte 'ecoepidemiologiche' Albert Camus: Nota sulla rivolta (a cura di Maurice Weyembergh) DONNE E INDIVIDUALITÀ Raffaela Pozzi: Uomo e donna: polarità metafisiche in Edith Stein MARXISMO AMERICANO Marco Gatto: Il Capitale come totalizzazione. Jameson erede di Sartre PROFILI FILOSOFICI Franco Toscani: Luoghi del pensiero. Heidegger a Todtnauberg A DUE VOCI L’Uomo, animale mangiante. Interventi di Paolo Costa e Donatella Gorreta su Se niente importa di Jonathan Safran Foer NOTE DI LETTURA Luciano Gallino, Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi (a cura di Davide Gallo Lassere); Alberto Casadei, Poetiche della creatività. Letteratura e scienze della mente (a cura di Italo Testa); Valentina Pazè, In nome del popolo. Il problema democratico (a cura di Corrado Piroddi); Massimo Recalcati, L’uomo senza inconscio (a cura di Gian Luca Barbieri)



Libri in discussione

L’ITALIA E L’ITALIETTA

I

Il punto di riferimento costante di questa ricostruzione è l’attenzione rivolta all’opinione pubblica, ai criteri e ai meccanismi della sua

l libro di Angelo d’Orsi, L’Italia delle idee, ci offre un repertorio delle

formazione e organizzazione (e plagio): come, attraverso la loro

dottrine e delle esperienze politiche che si sono sviluppate nel corso

militanza, il loro esempio, i loro giornali, politici, intellettuali, scrittori

dei 150 anni dello Stato italiano. Sebbene pubblicato in coincidenza

siano riusciti (o non siano riusciti) a costruire attorno alle proprie

dell’anniversario dell’unità nazionale, il testo non è uno scritto

posizioni una situazione di consenso.

d’occasione, come l’autore stesso specifica nella prefazione, ha una

Dalle intersezioni e dai rimandi continui tra la storia della politica e la

genesi più complessa, più meditata. È una riflessione lucida, pur

storia della cultura emerge il rapporto dialettico che intercorre tra

appassionata, sui personaggi e sulle vicende che hanno contribuito alla

politica e intelligencija nella formazione dell’opinione pubblica; una

costruzione dell’identità dell’Italia e dell’Italietta.

dialettica costante, ineliminabile, spesso implicita, non completamente

La panoramica che d’Orsi ci restituisce è complessa e ricca di spunti

consapevole, talvolta abilmente viziata. Protagonista di questo studio

di riflessione: la ricostruzione storica stricto sensu risulta infatti corredata

diventa così la contrapposizione tra Italia e Italietta. Polarità, questa, che

dall’analisi della genesi e dello sviluppo delle ideologie politiche,

si evince già dalle coppie antinomiche che costituiscono i titoli di alcuni

dall’attenzione rivolta alla letteratura e dalla lunga serie di profili

capitoli: Rivoluzione e controrivoluzione, Disarmate idee e armi senza idee, I

biografici e teorici dei maggiori attori della storia italiana (si spazia dai

sommersi e i salvati.

tre protagonisti indiscussi del Risorgimento, Mazzini, Garibaldi, Cavour,

L’Italia dei grandi ideali, delle utopie, così diverse per ispirazione e

sino alle figure della Seconda Repubblica). Le vicende personali e

ambizioni, viene contrapposta alla sua caricatura: l’Italietta del

politiche degli eroi (da Mazzini a Gramsci, da Gobetti a don Milani) e

compromesso e dell’illegalità che da Giolitti estende i suoi tentacoli sino

degli antieroi della storia italiana si intrecciano con lo studio

al presente. Una divisione, questa, che non si giustifica in base alla veste

dell’evoluzione (e della recezione sociale) del loro pensiero politico, con

politica dei personaggi che la incarnano, ma che trova fondamento sulla

la storia dei partiti, dei giornali, delle riviste e dei movimenti culturali.

base di due diversi modi di intendere la cosa pubblica e che sembra

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Quaderni della Ginestra

ricalcare la polarità greca tra polites, cittadino, e idiotes, privato. Da una

tragicamente reale) dell’avversario politico con il nemico di guerra, ai

parte l’attenzione per il bene collettivo, dall’altro la tutela del proprio

dibattiti tra giuristi e scienziati, con pretesa di serietà scientifica, su «La

particulare; l’impegno a trasformare la realtà in nome di un ideale contro

difesa della razza», per stabilire se la superiorità della razza ariana (o

la pratica a piegare (o costruire a tavolino) un ideale per giustificare (e

italica) fosse garantita da basi giuridico-culturali o meramente biologiche.

legittimare) uno stato di cose esistente; l’etica del sacrificio (e della

Tali esempi risultano funzionali a mostrare come le posizioni

coerenza) versus, per citare Gramsci, il «machiavellismo degli Stenterelli».

intellettuali non possano essere considerate prive di ripercussioni

In questa prospettiva a essere trascinato al centro della riflessione è

politiche e sociali, come l’intelligencija

non sia una «classe»

l’intellettuale, inteso gramscianamente (l’insegnamento di Gramsci

autoreferenziale, priva di relazioni all’interno della struttura sociale, ma,

pervade ogni singola pagina del libro) non come figura eterea,

al contrario, si trovi in rapporto dialettico (anche quando non si schiera) sia

disincarnata, avulsa dalla realtà e chiusa nella sua torre d’avorio, ma

con la dirigenza politica, sia, per usare un termine molto in voga nel

come organizzatore e produttore di consenso politico in una prospettiva

dibattito politico attuale, con la “base” popolare.

che prevede la continua traduzione tra concezione del mondo e agire politico.

E così l’opera di d’Orsi, inseguendo il fil rouge della traduzione continua e reciproca tra cultura, politica e senso comune, risulta

Come è facile prevedere, questa problematica non può che aprire la

completamente permeata, per citare ancora Gramsci, dal sarcasmo

strada alla riflessione sul tema della responsabilità dell’intellettuale, ossia la

appassionato «dell’uomo di parte» che, senza trascurare il rigore della

consapevolezza della coesistenza di un «ufficio civile» accanto a quello

ricostruzione storica, «ha saldi convincimenti morali e politici e non li

intellettuale dell’uomo di cultura.

nasconde e non tenta neanche di nasconderli». Infatti, il percorso

Sono molti gli esempi, in negativo, che d’Orsi adduce: da un Papini,

delineato da d’Orsi snodandosi attraverso i meandri del pensiero

prima fervente anticlericale poi cattolico intransigente, che inneggiava

liberale, del socialismo, delle utopie anarchiche, dei miti nazionalisti,

alla guerra quale sola igiene del mondo, a un D’Annunzio, che, dalle

delle velleità imperialiste, approfondendo il retroterra ideologico-sociale

pagine del «Corriere della sera», instaurava l’identificazione (divenuta poi

del comunismo, del fascismo, del qualunquismo e del cristianesimo

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Libri in discussione

sociale ha un fine preciso: costringerci a riflettere e a prendere posizione sulla «post-democrazia» attuale, sulla sua «politica videoplasmata», sul sondaggismo, sul populismo mediatico esercitato su una cittadinanza ridotta a pubblico, sulla divisione manichea nelle categorie fisse (ma vuote di contenuto effettivo, riempite ad hoc secondo l’urgenza del momento) del noi/loro. Non è un caso, infatti, che il libro si chiuda, quasi trovando nell’exhortatio conclusiva del Principe di Machiavelli il proprio modello, con la domanda, più volte sentita nel corso del 2011: «se non ora, quando?». LUCIA MANCINI

Angelo d’Orsi, L’Italia delle idee. Il pensiero politico in un secolo e mezzo di storia, Bruno Mondadori Editore, Milano 2011, pp. X + 419, € 23.

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FOTO DI MARTINA TAMBASSI


Quaderni della Ginestra

IL “ LIBRO DEGLI SGUARDI ”: FACEBOOK FRA SCELTA E IDENTITÀ

L

A partire da queste premesse, viene esaminato lo sviluppo di Internet, la diffusione dei social network e in particolare il fenomeno di Facebook. L’interesse per Internet non è però tanto volto al problema

a rinnovata collaborazione tra Maura Franchi e Augusto Schianchi

del

progresso

tecnologico

letto

alla

luce

del

binomio

ha portato alla stesura di Scegliere nel tempo di Facebook. Come i social

accettazione/rifiuto, ma è piuttosto teso a considerare in che modo il

network influenzano le nostre preferenze, testo che si propone di «rivisitare il

linguaggio della Rete modifichi il nostro modo di pensare. In Internet,

tema della scelta mettendolo a confronto con il nuovo scenario

infatti, il linguaggio proprio è associativo e immediato ma acritico, la

introdotto da Internet e dai social network».

memoria verbale lascia lo spazio a quella visiva: siamo cioè sommersi da

L’opera si propone innanzitutto di riconsiderare e approfondire il

una vastità e varietà d’informazioni ma non siamo in grado di domarla

problema della scelta da un punto di vista economico e, soprattutto,

se non a livello superficiale, “scegliamo di più, ma in modo meno

sociale, con la consapevolezza che il tema presenta molteplici aspetti di

definitivo”. In quest’ottica si deve tener presente che, se il nostro

complessità. Parlare di scelta, di fatto, non significa fare riferimento a un

linguaggio cambia, con esso mutano anche le categorie con cui

evento in cui si esprime una preferenza nel tentativo di ottenere una

rappresentiamo la realtà. Si può dunque avanzare l’ipotesi che “il Web,

gratificazione, ma vuol dire, piuttosto, considerare la situazione sociale e

proponendo un linguaggio peculiare, spinga a utilizzare differenti

culturale in cui ci muoviamo. Infatti, se da un lato l’ambiente in cui

modalità di elaborazione delle informazioni che ci provengono

siamo inseriti ci aiuta a creare rappresentazioni, che si trovano a essere il

dall’ambiente”.

sostrato delle nostre scelte, dall’altro, anche il linguaggio riveste un ruolo

In questo panorama digitale, il fenomeno dei social network si

di primo piano, poiché ci troviamo da sempre immersi in un contesto

presenta così come un caso emblematico in cui è possibile osservare in

linguistico determinato. Tale contesto linguistico condiziona i nostri

che modo il tema della scelta assuma nuove e diverse sfumature. I social

pensieri e le nostre categorie interpretative orientando, più o meno

network offrono la possibilità di estendere la propria rete di relazioni,

consapevolmente, le nostre scelte.

rendendo le comunicazioni “semplici e immediate”, il loro linguaggio

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Libri in discussione

emerge in tutta la sua forza. Proprio allora si comprende che “nella società degli individui la socialità è una condizione per rafforzare la propria individualità”. Tenendo conto di questo aspetto, i social network diventano allora “una sorta di rifugio, di comunità tiepida che consente di confortare l’individuo in un mondo che ha visto la degenerazione delle prevalenti forme di legame e di protezione. In primo luogo quelle costituite dalla famiglia e dalla comunità”. Ma i social network non sono solo quel luogo accogliente per monadi solitarie che cercano un’apertura e tentano una relazionalità. Essi diventano anche il luogo del narcisismo in cui tutto gira attorno ad un “io” e “gli altri sono prima di tutto la condizione e lo strumento della costruzione di me stesso, uno specchio per la mia narrazione”: con gli altri “dobbiamo comunicare, se non comunichiamo, gli altri non ci CLAUDIA BIANCHI, IL RICICLAGGIO DEL VETRO, OLI O SU TE LA

guardano, si allontanano e vanno altrove, ci lasciano soli”. In questo modo la Rete diventa “prima di tutto uno strumento che supporta la

“avanza con la velocità della battuta, scambi veloci di interazioni.

nostra identità attraverso lo spettacolo che di essa riusciamo a creare per

L’obiettivo è esserci. Raccontare se stessi attraverso le cose che si fanno,

gli altri”.

le passioni, le opinioni sul mondo. La narrazione naviga sulla superficie;

Abbiamo così bisogno innanzitutto di essere visti, ma guardare gli

sembra tenersi lontana dagli eccessi di interiorità del secolo

altri è opzionale; vogliamo essere ascoltati, ma non siamo disposti a

dell’inconscio”. Ma quando l’importante diventa esserci, la solitudine

fermarci ad ascoltare; cerchiamo il nostro riflesso negli altri, ma non

dell’individuo e il bisogno di raccontarsi per costruire la propria identità

siamo in grado di farci specchio per gli altri. Siamo solo attori alla

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Quaderni della Ginestra

ricerca di un applauso del nostro pubblico, unico gesto all’apparenza

Identità

capace di restituirci un’identità che da soli non siamo in grado di

ricomposizione tanto che “il linguaggio di Facebook porta le tracce del

ricostruire. Abbiamo bisogno del contatto con gli altri perché solo nella

pendolarismo tra i luoghi in cui l’identità prende forma. […] Il

relazione e nel confronto costante riusciamo a costruire la nostra

linguaggio di Facebook è un linguaggio dei sentimenti depurato

identità, “siamo costantemente alla ricerca di scoprire le ragioni della

dall’interiorità. Lo sguardo ritorna in superficie. Dopo la decostruzione

nostra esistenza e le storie ci servono a scegliere la nostra vita”. Ma

dell’animo umano sedimentata nel secolo della psicoanalisi, Facebook

siamo anche nel tempo del disimpegno, non vogliamo cesure nette, solo

indica una via di ricomposizione individuale in forma di auto

scegliere senza vincolarci, e la nostra vita scorre “in un tempo di scelte

narrazione”. “Scegliere nel tempo di Facebook” offre così uno studio

sospese” in cui “ci piace compiere piccole scelte, che non richiedono

puntuale della realtà letta alla luce della Rete e dei social network in cui

tagli netti, in attesa di altre decisioni. Al bisogno di scegliere si

però le ragioni profonde di un disagio individuale e collettivo restano

sostituisce il piacere di assaggiare”. Il valore della scelta si deteriora a

insondate. E allora, se ciò che ci troviamo a scegliere nel Web è

mano a mano, si svuota, si alleggerisce e “nei social network la scelta è

aleatorio, è solo assaggiato, allora forse anche le identità che provano a

nulla più che l’espressione di un lieve moto di spirito, un’adesione

fondarsi nell’era digitale a partire dalla Rete diventano friabili e

momentanea

sollecita

Facebook diviene “l’interprete di una tensione verso una definizione

un’emozione”. E Facebook sembra essere destinato a diventare il luogo

relazionale di noi stessi, una significativa, ulteriore espressione di questo

per eccellenza d’incontro tra individui alla ricerca di un’identità.

tempo stravagante della postmodernità”.

a

qualcosa

che

suscita

condivisione,

che,

anche

nel

linguaggio,

esprime

un’urgenza

di

La ricerca dell’identità diviene così un problema fondamentale e lo sguardo, proprio e soprattutto altrui, il mezzo per cercare di ricomporre

CARLA SOLDAT

i frammenti di un’individualità. E, allora, “in Facebook lo sguardo altrui non produce né lacerazione né spaesamento, ma contribuisce a tenere

Maura Franchi e Augusto Schianchi, Scegliere nel tempo di Facebook. Come i

insieme i pezzi che compongono il mosaico dell’identità individuale”.

social network influenzano le nostre preferenze, Carocci, Roma 2011, € 27

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Libri in discussione

comprensione. La scuola, di qualsiasi ordine e grado, dovrebbe attuare

DEMOCRAZIA: ISTRUZIONI PER L’USO

progetti finalizzati alla preparazione di giovani in grado di vivere in

A

un’organizzazione governativa come membri liberi e partecipanti. Ciò partire dalla definizione del termine democrazia dovrebbe sorgere

che spesso ritorna è l’importanza di tale tipo di educazione per

spontaneo l’interrogativo sulla competenza del popolo sovrano ad

mantenere in salute una democrazia ma anche per permetterle di essere

attuare i principi fondamentali di tale forma di governo, nonché a mantenerlo in salute.

fiorente. Tre sono le capacità che secondo Nussbaum devono essere coltivate:

Nel suo ultimo lavoro, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno

auto-esaminarsi e auto-chiarirsi, essere cittadini del mondo e possedere

della cultura umanistica, Martha C. Nussbaum indaga tale tematica. Il

un’immaginazione di tipo empatico. Le capacità di auto-esaminarsi e

punto di partenza è la necessità primaria di mantenere sana una

auto-chiarirsi risultano essenziali in un mondo in cui i mass-media

democrazia, attraverso la formazione di una popolazione che faccia

diffondono il pensiero e la posizione di personaggi dotati di grande

fruttare, in seguito a un’educazione adeguata, le proprie innate capacità

potere e quindi in grado di influenzare consistenti porzioni di

di cittadinanza responsabile e interazione politica corretta.

Se la

popolazione, magari sprovvista proprio di quella facoltà di interrogarsi e

democrazia si costruisce sul rispetto e la cura, i cittadini non possono

di rimanere liberi. La capacità di essere cittadini del mondo è richiesta

essere esentati dall’essere formati su questi principi.

dal processo di globalizzazione, che ha reso l’intero pianeta il paese in

Detto ciò, come si crescono individui democratici? Inizia da qui la

cui viviamo, non solo per i collegamenti e la rapidità di diffusione

ricerca di Nussbaum sul metodo educativo più adatto per quei paesi che

dell’informazione, ma anche per le migrazioni (i processi di

abbiano posto come fondamenta principi democratici. La risposta è

immigrazione), che portano tutte le società nella direzione della

immediata e, secondo l’autrice, non lascia spazio a dubbi. Solo la

multietnicità. Infine, l’immaginazione empatica risulta indispensabile per

formazione umanistica, nelle materie ma soprattutto nel metodo,

mettersi nei panni dell’altro, al fine di evitare la generazione di un

persegue la strada dello sviluppo delle capacità di pensiero, critica e

sistema di enclave di uguali le une fortemente separate dalle altre.

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Quaderni della Ginestra

Dipende dagli stati che organizzano i sistemi scolastici, e dai singoli

allo sviluppo delle capacità innate e risulta quindi applicabile a

insegnanti che preparano le classi, mettere in atto quel metodo che

qualunque materia. «L’esame socratico non assicura circa la qualità degli

permette lo sviluppo di ciò che per natura si riscontra in ogni individuo.

obiettivi, però fa sì che ciò che si persegue sia visto con la massima

La differenza tra questo tipo di istruzione, chiamata nuovo paradigma, e

chiarezza nei suoi rapporti interni, e che le svolte cruciali in direzione di

quella vigente, vecchio paradigma, è il profitto. Il vecchio paradigma, che

tali obiettivi non siano mancate per fretta o inavvertenza». Le stesse

riscontriamo in tutto i paesi occidentali, ha come scopo l’indicatore di

materie tecnico-scientifiche traggono un beneficio da un approccio

sviluppo economico, ovvero il Pnl. Centrale risulta quindi l’incremento

critico rispetto a uno mnemonico. Tale inciso, su cui Nussbaum ritorna

della ricchezza, e di conseguenza nell’istruzione saranno privilegiate

più volte, ha lo scopo di chiarire la valenza del metodo socratico anche

quelle materie che possono dare crescita economica nell’immediato. Il

rispetto alla crescita economica, dato imprescindibile per i governi.

nuovo paradigma ha invece come obiettivo lo sviluppo umano. Si tratta di

Il punto centrale del modello proposto dall’autrice, mutuato da

un indicatore più esteso, rispetto al Pnl, che prende in considerazione

filosofi della pedagogia come Dewey e Tagore, non solo si rifà agli

tutti gli aspetti della vita (crescita economica, sanità, istruzione…). Le

impegni costituzionali di molti paesi occidentali e alla stessa

tipologie di istruzione derivanti da questi due paradigmi sono tra loro

Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ma soprattutto parte

alquanto distanti, tanto nella scelta delle materie quanto nel metodo di

dall’analisi della realtà scolastica che viviamo. La crisi degli ultimi anni ha

insegnamento utilizzato. Da una parte prevalgono le materie tecnico-

portato con sé la necessità per i governi di ridurre di molto le spese.

scientifiche e una modalità d’insegnamento tradizionale, ovvero lezioni

L’istruzione ne ha risentito, e tutt’ora ne risente, notevolmente. Nello

frontali a cui lo studente assiste passivamente (come fosse un

specifico le materie umanistiche hanno subito i tagli maggiori, proprio

contenitore da riempire). Dall’altra vi sono sia materie scientifiche che

nell’ottica di puntare su quegli insegnamenti che possono portare una

umanistiche, ma la differenza più grande sta nella metodologia con cui

crescita economica nel breve periodo. A fronte di tale scelta si è

vengono presentate, che è per entrambe la stessa, ovvero il modello

accantonato ciò che viene considerato come un investimento a lungo

socratico. Questo metodo permette un approccio allo studio finalizzato

termine, se non addirittura a fondo perduto. Ma proprio a questo punto

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Libri in discussione

ci si chiede come saranno i cittadini di domani, quei cittadini che

l’India coloniale, che aspirava alla libertà e all’uguaglianza.

dovranno dare delle risposte, che dovranno risolvere i problemi e

Il nuovo paradigma dovrebbe preparare i cittadini ad assolvere il loro

governare un mondo che cambia in continuazione. Riusciranno a fare

dovere di partecipazione attiva e di governo di ciò che per diritto gli

ciò con le loro competenze portatrici di ricchezza ma altamente

appartiene. «L’educazione alla cittadinanza è molto carente in qualsiasi

specializzate ed esclusivamente tecniche? Saranno in grado di porsi in

paese proprio negli anni cruciali della vita dei giovani […] perché le

maniera critica davanti a ciò che vedono e sentono? Si metteranno nei

esigenze del mercato globale inducono tutti a considerare le conoscenze

panni di chi diverso da loro arriva da un altro paese?

tecniche e scientifiche come le competenze chiave, mentre le lettere, la

I dubbi di Nussbaum non sono nuovi, lei stessa ripercorre il pensiero e l’esperienza di chi in questi anni, a partire dal Novecento, si è

filosofia e l’arte sono sempre più percepite come inutili fronzoli da tagliare per garantire al paese […] l’auspicabile competitività. Oggi, a

interrogato sullo stato della scuola. Ritroviamo così l’analisi del pensiero di Dewey, «…in una buona scuola gli allievi apprendono il senso della cittadinanza condividendo progetti e risolvendo insieme problemi, in uno spirito rispettoso ma critico», e di Tagore che nella scuola da lui fondata in India diede molto posto alle arti. In questa seconda esperienza citata, al metodo socratico si affiancano appunto le arti, viste come via d’uscita dalle mortificanti e chiuse tradizioni dell’India del primo Novecento. Nell’analizzare queste due esperienze, distanti geograficamente ma contemporanee e portatrici aventi una base comune, Nussbaum mostra come un certo tipo d’educazione risulti necessario per una democrazia storicamente basata su libertà e uguaglianza, come quella americana, ma anche per un paese, come

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FOTO DI E LEONORA VASCELLI


Quaderni della Ginestra

livello nazionale, si tende a considerare le materie umanistiche e artistiche alla stregua di conoscenze tecniche da valutare sulla base di test a risposta multipla, mentre le competenze critiche e inventive che ne costituiscono il nucleo sono messe da parte». La forte provocazione lanciata da Nussbaum in questo testo vuole spingere a riflettere sulla tipologia di educazione che si offre e si riceve, nonché a interrogarsi sulla tipologia di cittadinanza che ogni paese va formando. Che individui democratici siamo se manchiamo delle capacità di porci in maniera critica di fronte a ciò che accade nel nostro paese, a ciò che sentiamo e a ciò che viviamo nella quotidianità? Nessun giudizio di valore dunque, semplicemente un concreto invito alla riflessione. MIRELLA LUCCHINI

Martha C. Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, il Mulino, Bologna 2011, pp. 160, € 14.

Errata corrige: la foto pubblicata a pagina 41 nel n°4, anno 2011/3 dei Quaderni della Ginestra è di Giacomo Banchini, non di Giacomo Bianchini come erroneamente riportato

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