REDAZIONE Direttore: Anna Maria Ricucci. Vicedirettore: Corrado Piroddi. Figure dell’individualismo: Ferruccio Andolfi, Elisa Bertolini, Simona Bertolini, Simona Del Bono, Antonio Freddi, Donatella Gorreta, Nausicaa Milani, Giacomo Miranda. Meditazioni filosofiche:Marco Anzalone, Elisa Bertolini, Valeria Bizzari (coordinatrice), Anna Pagliarini, Lavinia Pesci, Martino Pesenti Gritti, Alberto Siclari, Timothy Tambassi, Roberto Venturini. Cinema e filosofia: Marco Bigatti, Roberto Escobar, Pietro Parmeggiani, Corrado Piroddi (coordinatore). Libri in discussione: Mara Fornari, Mirella Lucchini, Timothy Tambassi (coordinatore). Esperienze didattiche: Teresa Paciariello (coordinatrice), Marina Savi, Chiara Tortora. Letteratura e filosofia: Margherita Aiassa (coordinatrice), Alessandro Bonanini, Carlo Guareschi, Italo Testa. Promozione: Marco Anzalone, Carlo Guareschi, Mirella Lucchini, Martino Pesenti Gritti, Anna Maria Ricucci. Ricerca immagini, composizione, grafica e web: Margherita Aiassa, Marco Anzalone, Elisa Bertolini, Valeria Bizzari, Alessandro Bonanini, Pietro Parmeggiani, Corrado Piroddi, Anna Maria Ricucci, Roberto Venturini. Direttore responsabile: Ferruccio Andolfi.
SOMMARIO
Figure dell’individualismo................................................................................................................................................p. 4 I recensori di Stirner: Feuerbach traduzione di Giacomo Miranda e Elena D’Angelo ....................................................................p. 5
Meditazioni filosofiche...................................................................................................................................................p. 12 Socrate: l’umanità come professione di Alberto Siclari............................................................................................................................p. 13 È possibile il progresso in filosofia? di Timothy Tambassi....................................................................................................................p. 17
Cinema e filosofia............................................................................................................................................................p. 22 “Wittgenstein” di Derek Jarman di Francesco Mazzoli......................................................................................................................p. 23 Dogtooth” di Yorgos Lanthimos di Corrado Piroddi.............................................................................................................................p.26
Letteratura e filosofia...................................................................................................................................................p. 30 L’Egitto in un palazzo. “Palazzo Yacoubian” di Ala Al-Aswani di Mirella Lucchini................................................................................p. 31 “L’acquedotto di New York” di Edgar L. Doctorow di Alessandro Bonanini..............................................................................................p. 34
Didattica e filosofia.......................................................................................................................................................p.36 L’attualità della filosofia: un’esperienza didattica di Mara Fornari.................................................................................................................p. 37
Libri in discussione......................................................................................................................................................p. 42 Il potere del simulacro di Pedro Sargento........................................................................................................................................................p. 43 Marx: il soggetto e la sofferenza di Corrado Piroddi.........................................................................................................................................p. 46 Rivoluzione, vita quotidiana, bisogni umani di Timothy Tambassi...................................................................................................................p. 50
Figure dell‟individualismo
I RECENSORI DI STIRNER: FEUERBACH DI MAX S TIRNER
polemica contro l’antropologia, ossia contro di me, si basa su pura incomprensione, superficialità e vanità, al fine di farsi un nome a spese del mio nome». La reazione di Feuerbach all’Unico di Stirner, argomentata minuziosamente,
INTRODUZIONE
L
*
appare nell’estate del 1845 nel vol. II del Wigands Vierteljahrsschrift. Qui egli sottolinea il significato dell’uomo sociale, dell’uomo come essere generico, della
udwig Feuerbach ha letto L‟Unico di Stirner subito dopo la sua pubblicazione, nel novembre 1844. In una lettera al fratello Fritz di questo
mese egli parla dell’impressione prevalentemente positiva che questa lettura gli ha provocato: si tratta di un’«opera assai ricca di spirito e geniale», Stirner, egli dice, «è lo scrittore più geniale e libero che ho conosciuto». Egli è colpito anche dalla capacità che Stirner mostra nel dare espressione alle sue idee. «Questo determinato individuo, che non può essere confrontato con nessun altro, com’egli dice egregiamente, è genere,
definizione dell’uomo come «uomo comune» o, e per lui è la stessa cosa, ‘comunista’. Sono quattro i punti principali che Feuerbach attacca nell’Unico e nella critica che gli era stata rivolta: 1. Egli (Feuerbach) supera il soggetto ma lascia sussistere i predicati. 2. Religione ed etica sarebbero scambiabili l’una con l’altra e dunque identiche. 3. Egli ha distrutto la potenza della fede e instaurato così la potenza dell’amore. 4. Il suo uomo è qualcosa di astratto e un essere generico, non il singolo di volta in volta concreto, di carne e di sangue.
legge, norma a se stesso». In una seconda lettera a suo fratello poco tempo dopo Feuerbach introduce, insieme a ulteriori lodi, anche le prime riflessioni critiche: «Lo
La replica di Stirner qui riprodotta, apparsa nel numero 3, 1845 della
scritto […] è assai ricco di spirito e ha fissato la verità dell’egoismo, ma in modo
medesima rivista, si riferisce appunto alle questioni sollevate da Feuerbach nello
falso ed estremamente unilaterale. È un egoismo geniale, ma niente di più. E la sua
scritto ora ricordato.
*
Dal commento di Bernd Kast alla sua recente edizione di Rezensenten Stirners (in M. STIRNER, Der Einzige und sein Eigentum, Karl Aber Verlag, München 2009, p. 398 s.) riportiamo un passo che getta luce sulle vicende che precedono la risposta di Stirner ai suoi critici. La traduzione verrà effettuata sul testo della medesima edizione.
5
Quaderni della Ginestra
Se Stirner abbia letto e compreso L’essenza del cristianesimo di
oggetto» 6, dunque il mio „qualcosa‟.
Feuerbach, lo si potrebbe dimostrare con una critica specifica, che qui
Feuerbach trasforma lo stirneriano „Io ho fondato la mia causa su
non è il caso di produrre, dello scritto in questione. Ci limitiamo,
nulla‟ ne „il nulla‟, e ne deduce che l‟egoista è un ateo devoto. Il nulla,
pertanto, a poche osservazioni sparse.
certamente, è una definizione di Dio. Qui Feuerbach gioca con una
Feuerbach crede di parlare nel linguaggio di Stirner, quando dice:
parola con cui Szeliga7 feuerbacchianamente si tormenta. Del resto, ne
«Un segno della religiosità di F., della sua “condizionatezza” è appunto il
L’essenza del cristianesimo, è scritto: «Ateo nel vero senso del termine sarà
fatto che egli è ancora infatuato di un “oggetto”, che egli vuole, che egli
quindi soltanto colui che non crede all‟esistenza di quei predicati divini
ama ancora qualche cosa, – un segno, questo, che egli non è ancora
che sono l‟amore, la sapienza, la giustizia, e non colui che non crede
giunto alle altezze dell‟idealismo assoluto dell‟ “egoismo”» 1. Ma
all‟esistenza del soggetto di questi predicati»8. Non accade forse questo
Feuerbach si è premurato almeno di considerare i seguenti passi? Per
in Stirner, se gli si attribuisce „il nulla‟ invece che „nulla‟?
esempio: «Il senso di questa legge [dell‟amore] può venir formulato in
Domanda Feuerbach: «In che modo Feuerbach fa sussistere i
questo modo: ogni uomo deve aver qualcosa da porre al di sopra di se
predicati di Dio?» 9, e risponde: «Non certo nel modo in cui essi sono
stesso» 2. Questo „qualcosa‟ dell‟amor sacro è uno spettro. «Ma chi è
predicati di Dio. No, bensì nel modo in cui essi sono predicati della
pieno di amor sacro (religioso, morale, umano), ama solo lo spettro
natura e dell‟umanità – proprietà naturali, umane. Nell‟essere trasferiti
[…]» 3. E ancora: «L‟amore è possessione non in quanto mio sentimento
da Dio nell‟uomo essi perdono appunto il carattere della divinità»10.
(come tale lo ritengo invece il mio possesso: è la mia proprietà), ma per
Ribatte Stirner: Feuerbach fa sussistere i predicati come ideali, come
estraneità all‟oggetto. […]; per l‟amore disinteressato ci sono oggetti
determinazioni essenziali del genere che nei singoli individui sono solo
assolutamente degni di amore»4; «Il mio amore è veramente mio proprio solo
„imperfette‟, mentre divengono „perfette‟ soltanto „in misura del genere‟,
se consiste totalmente in un interesse personale ed egoistico, nel qual
quali „perfezioni essenziali dell‟uomo perfetto‟, e quindi come ideali per
caso l‟oggetto del mio amore è veramente il mio oggetto o la mia
gli uomini individui. Egli non li fa sussistere come caratteristiche divine
proprietà»5; «Continuo perciò ad esprimermi come so: io “amo” il mio
poiché toglie il loro soggetto, Dio; li fa altresì sussistere come
6
Figure dell‟individualismo
caratteristiche umane in quanto ne attua il trasferimento „da Dio
«Il tema, il nocciolo» dello scritto di Feuerbach, prosegue, «è il
all’uomo‟. È proprio contro l‟uomo che Stirner si rivolge; e qui Feuerbach
superamento della divisione dell‟io in un io essenziale e un io
ritorna con disinvoltura insieme all’uomo, convinto che se i predicati
inessenziale – la divinizzazione, cioè la posizione, il riconoscimento di
fossero solo „umani‟ o riposti nell‟uomo, diventerebbero del tutto
tutto l‟uomo, dalla testa fino al calcagno. Alla conclusione del libro non
„profani, comuni‟. Ma i predicati umani non risultano affatto più comuni
si parla espressamente della divinità dell‟individuo come del disvelato
o profani di quelli divini, e Feuerbach resta ben lontano dall‟essere un
mistero della religione?»13. «L‟unico scritto nel quale la gran parola
„vero ateo‟ secondo l‟affermazione sopra riportata; e neppure vuole
dell‟età moderna, personalità, individualità, ha cessato di essere un
esserlo.
effetto stilistico privo di significato è proprio l‟Essenza del cristianesimo»14.
«L‟illusione di fondo», dice Feuerbach, «è Dio come soggetto» 11.
Ma che cosa sia l‟„uomo nella sua interezza‟, cosa siano l‟„individuo‟, la
Stirner ha però mostrato che l‟illusione di fondo è piuttosto il pensiero
„personalità‟, l‟„individualità‟, appare da quanto segue: «Per F. l‟individuo
delle „perfezioni essenziali‟, e che Feuerbach, che mette in rilievo con
è l‟ente assoluto, cioè vero, reale. Ma perché egli non dice “e-
tutta evidenza questo „pregiudizio fondamentale‟, proprio per questo è
sclusivamente questo individuo”? Perché allora egli non saprebbe ciò
un vero cristiano.
che vuole, e ricadrebbe nelle posizioni che egli nega, cioè nelle posizioni
«Feuerbach dimostra», si dice in seguito, «che il divino non è divino,
della religione»15. – Quindi è l‟„uomo nella sua interezza‟, non „questo
che Dio non è Dio, ma soltanto, sia pure nel più alto grado possibile,
uomo‟, non l‟uomo comune, criminale, egoista. Senza dubbio,
l‟essenza umana dell‟uomo, che ama, afferma e riconosce se stessa» 12.
Feuerbach ricadrebbe nel punto di vista della religione da lui negato, se
Ma chi è questo „essere umano‟? Stirner ha dimostrato che l‟essere
di questo esclusivo individuo egli affermasse che è l‟„Ente assoluto‟; e non
umano è appunto quello spettro, chiamato anche „l‟uomo‟, e che tu,
perché asserisca qualcosa intorno a questo individuo, bensì in quanto di
essere unico, nell‟idea distorta dell‟essere umano, sei deviato
lui sostiene qualcosa di religioso („Ente assoluto‟) oppure si serve del
dall‟„autoaffermazione‟, per dirla alla Feuerbach. Il punto controverso,
suo predicato religioso a questo fine, e perché, in secondo luogo,
che Stirner ha assunto, nuovamente viene del tutto eluso.
contrappone agli altri un „individuo‟ considerandolo come «sacro e
7
Quaderni della Ginestra
inviolabile»16. Dunque con le parole citate sopra non si dice proprio niente contro Stirner, poiché egli non parla di un „individuo sacro e inviolabile‟,
né
„individuo
di
un
sacro
inviolabile‟,
né
di
„individuo
esclusivo
frugavo nei visceri del diritto»17. Quando poi Feuerbach, contro lo stirneriano „io sono più di un uomo‟,
oppone
la
e
domanda: „Ma sei anche
un
più di un maschio?‟, è
e
davvero
necessario
incomparabile che sia Dio
trascrivere
o possa diventarlo‟; non gli
„maschio‟ passaggio. Ag-
sovviene di rimproverare
giunge infatti: «La tua
all‟„individuo‟
di
essere
essenza, o piuttosto – dato
„comunista‟.
Di
certo
che l‟„egoista‟ ha a spregio
Stirner ha mantenuto il
la parola „essenza‟, benché
valore
parole
dica proprio la stessa cosa
„singolare‟
– il tuo io non è maschile?
però,
([Aggiunta
„individuo‟
delle e
dissolvendole,
al
tutto
di
questo
Stirner]
contempo nell‟espressione
Stirner forse purifica la
„unico‟; e tuttavia, in questo
parola
modo, ha fatto solo ciò che
duplicità che, per esempio,
„essenza‟
dalla
apertamente riconosce nella parte del suo libro intitolata „La mia
assume in Feuerbach, che sembra parlare realmente di Me e di Te
potenza‟, quando scrive: «Per concludere mi rimane soltanto da ritirare
quando parla della nostra essenza, mentre, al contrario, parla di
quella dubbia espressione di cui ho voluto far uso soltanto finché
un‟essenza completamente su-bordinata, ossia di quella umana, che con
8
Figure dell‟individualismo
ciò è da lui innalzata e resa superiore. Invece di tenere davanti agli occhi
martirizzato te stesso con simili questioni pretenziose: le stesse con cui
Te – essere, Te, che sei un essere –, egli fa dell‟uomo „il tuo essere‟ e
ancora oggi le persone sacre pensano di irretirti. Feuerbach non è
perciò agisce di continuo come se avesse Te dinnanzi allo sguardo.
affatto un „omino bestiale‟, ma non è forse più che un maschio umano?
Stirner, per esempio, usa la parola „essenza‟ quando dice: «Tu stesso, col
Come maschio ha scritto la sua Essenza del cristianesimo, e non ebbe allora
tuo modo d‟essere, hai per me valore, infatti il tuo essere non è un essere
bisogno di essere più di un maschio per scrivere questo libro? Di contro,
superiore, non è superiore a te, né più generale di te, è unico come te
non fu l‟unico Feuerbach necessario a questo scopo, e avrebbe potuto
stesso, perché è te stesso» 18). Sei in grado di separare le maschilità anche
sbrigare la faccenda un altro Feuerbach, per esempio Friedrich (essendo
da ciò che viene detto spirito? Forse che il tuo cervello, l‟organo interno
anche lui maschio)? In quanto egli è questo unico Feuerbach, è inoltre e allo
più sacro e più elevato del corpo, non ha l‟impronta della tua natura
stesso tempo un maschio, un uomo, un essere vivente, un nativo della
maschile? I tuoi sentimenti e i tuoi pensieri sono forse non maschili? O
Franconia, e così via; ma egli è anche più di tutto questo, avendo questi
sei invece un maschio di una specie animale, un cane, una scimmia, uno
predicati realtà solo mediante la sua unicità; è un maschio unico, un uomo
stallone? Ma il tuo io “unico, incomparabile”, e per conseguenza
unico, e così via; anzi, è un maschio incomparabile, un uomo incomparabile.
asessuato che cos‟è se non un avanzo non digerito del vecchio soprannaturalismo cristiano?» 19.
Che cosa vuol dire quindi Feuerbach con il suo „Io conseguentemente asessuato‟? Feuerbach, essendo più che un maschio, è conseguentemente
Se Stirner avesse detto: tu sei più di un essere vivente o animale,
asessuato? Le parti organiche più sacre e nobili di Feuerbach, senza
questo significherebbe che tu sei realmente animale, ma l‟animalità non ti
dubbio, sono maschili, maschilmente determinate, come del resto
esaurisce. Allo stesso modo egli ora dice: tu sei più che uomo, ma sei
sono caucasiche, tedesche, e così via; ma lo sono solo in quanto
anche uomo; sei più che un maschio, ma anche un maschio: tuttavia
uniche, deter minate dall‟unicità, sono viscere o un cervello, quali in
l‟umanità e la mascolinità non ti esprimono in maniera esauriente, sicché
tutto il mondo non capita di incontrare una seconda volta, benché il
puoi trovare indifferente tutto ciò che ti viene presentato come „vera
mondo possa essere interamente rappresentato anche da „viscere‟,
umanità‟ o „vera mascolinità‟. Tu però ti sei lasciato martirizzare e hai
viscere in quanto tali o viscere assolute.
9
Quaderni della Ginestra
E questo unico Feuerbach dovrebbe essere „un avanzo non digerito del vecchio soprannaturalismo cristiano‟?
e spregevole ciò che è in contraddizione con lui. Per F. i rapporti etici non sono affatto sacri „per se stessi‟», come ad esempio il matrimonio, «sono
Da questo risulta ben chiaro che Stirner non „scinde‟, come
sacri soltanto a cagione dell‟uomo, sacri soltanto perché, e in quanto, essi
intende Feuerbach, „il suo Io nel pensiero dal suo essere sensibile e
sono rapporti tra uomo e uomo – e quindi autoaffermazioni, soddisfazioni
maschile‟, così come perderebbe di valore la confutazione addotta a
che l‟essenza umana ha di se stessa»21. E se un tale fosse a tal punto non-
pagina 200 del Wigands Vierteljahrsschrift, se Feuerbach non si
uomo da non ritenere conformi a lui tali rapporti etici? Feuerbach gli
rappresentasse
privo
dimostrerà che sono conformi all‟uomo, alla „reale, sensibile, individuale
d‟individualità: operazione che egli ef-fettuò descrivendolo come
essenza umana‟, e, pertanto, devono essere conformi anche a lui. Questa
„asessuato‟.
dimostrazione è talmente fondamentale e pratica che già da millenni ha
l‟Unico,
ribaltandone
il
senso,
come
«Che vuol dire “realizzare il genere”? Mettere in atto una disposizione, una capacità, una destinazione in generale della natura umana»20. Piuttosto,
popolato i carceri di „non-uomini‟, di gente cioè che si rifiutò di conformarsi a ciò che pure è tanto conforme alla „natura umana‟.
il genere è già realizzato in questa disposizione; di contro, ciò che tu fai di
Feuerbach, però, non è materialista (Stirner non lo dice, ma parla solo
questa disposizione è una realizzazione di te stesso. La tua mano è
del suo materialismo rivestito delle proprietà dell‟idealismo); egli non è
compiutamente realizzata nel senso del genere, altrimenti non sarebbe
materialista, poiché immagina proprio di parlare di uomini reali ma non ne
mano ma, per così dire, zampa; ma se addestri la tua mano, tu la perfezioni
parla. Non è neppure idealista, poiché parla sempre dell‟essenza dell‟uomo,
non nel senso del genere, non realizzi il genere che risulta già reale e
di un‟idea, pur immaginando di parlare „dell‟essenza dell‟uomo nella sua
compiuto per il fatto che la tua mano è ciò che il genere o il concetto
sensibilità‟. Avanza la pretesa di non essere né materialista né idealista, e
generico di „mano‟ esprime, cosicché è perfettamente mano. Tuttavia tu fai
glielo concediamo, ma gli concederemo pure ciò che egli stesso vuole
della mano quello che vuoi e puoi a tuo piacimento, imprimi in essa il tuo
essere, e, in definitiva, ciò per cui vuole spacciarsi: è un „uomo comune, un
volere e la tua forza, rendi unica, tua propria e peculiare la mano generica.
comunista‟. Anche Stirner lo ha preso per tale, ad esempio a pagina 324.
«È bene ciò che è conforme all‟uomo, ciò che gli corrisponde; è cattivo
Sul punto intorno al quale intendevamo focalizzare l‟attenzione, ossia
10
Figure dell‟individualismo
l‟affermazione di Stirner che l‟essenza dell‟uomo è tanto poco Feuerbach, Stirner o qualsiasi uomo, quanto poco le carte sono l‟essenza di un castello di carte; su questo punto, Feuerbach passa oltre, anzi, nemmeno lo contempla. Egli rimane immobile nelle sue categorie di genere e individuo, io e tu, uomo ed essenza umana, in assoluta imperturbabilità.
TRADUZIONE DI ELENA D‟ANGELO E GIACOMO MIRANDA
FEUERBACH L., Su «L’essenza del cristianesimo» a proposito di «L’unico e la sua proprietà», in Opere, a cura di C. Cesa, Laterza, Bari 1965, p. 249. 2 STIRNER M., L’unico e la sua proprietà, a cura di L. Amoroso, Adelphi, Milano 1979, p. 300. 3 Ivi, p. 302. 4 Ivi, p. 306. 5 Ivi, p. 307. 6 Ivi, p. 308. 7 Norddeutsche Blätter, p. 33. 8 F EUERBACH L., L’essenza del cristianesimo, in Opere, cit., p. 202. 9 F EUERBACH L., Su «L’essenza del cristianesimo» a proposito di «L’unico e la sua proprietà», cit., p. 249. 10 Ivi, p. 249 s. 11 Ivi, p. 250. 12 Ivi, p. 251. 13 Ivi, p. 252. 14 Ivi. 15 Ivi, p. 254. 16 Ivi. 17 STIRNER M., L’unico e la sua proprietà, cit., p. 220. 18 STIRNER M., Ivi, pp. 51-52. 19 F EUERBACH L., Su «L’essenza del cristianesimo» a proposito di «L’unico e la sua proprietà», cit., pp. 255-56. 20 Ivi, p. 259. 21 Ivi, p. 263. 1
OPERA RIPRODOTTA DI STEFANO ZAI
11
Meditazioni filosofiche
Meditazioni filosofiche
SOCRATE: L’UMANITÀ COME PROFESSIONE
«VI [21b] […] Io infatti, udito il responso dell‟oracolo, feci questa riflessione: “Che cosa vuol dire il dio? Che cosa nasconde il suo parlare enigmatico? Sono consapevole di non essere affatto sapiente: che cosa intende, allora, dichiarando che sono il più sapiente? Egli certo non mente, perché non può.” Rimasi per molto tempo in dubbio su quanto detto dal dio. Poi, con riluttanza, mi volsi a una ricerca di questo genere: mi recai da qualcuno di quelli ritenuti sapienti, per [21c] confutare l‟oracolo e dimostrargli proprio lì “Questo è più sapiente di me, mentre tu dicevi che il più sapiente ero io.” Esaminandolo con cura e discutendo con lui – non occorre far nomi, ma colui dal quale ebbi questa impressione, cittadini ateniesi, era un uomo politico – mi sembrò che quest‟uomo apparisse sapiente a molti altri e soprattutto a se stesso, ma non lo fosse. Perciò cercai di dimostrargli che si riteneva sapiente, ma non lo era. [21d] E così diventai odioso a lui e a molti dei presenti. Ma, andandomene, pensai fra me e me: “Sono più sapiente di questa persona: forse nessuno dei due sa nulla di buono, ma lui pensa di sapere qualcosa senza sapere nulla, mentre io non credo di sapere anche se non so. Almeno per questo piccolo particolare, comunque sia, sembro più sapiente di lui: non credo di sapere quello che non so.” Mi recai poi da un altro di quelli che passavano per sapienti e [21e] ne ebbi la stessa impressione, e divenni odioso a lui e a molti altri. VII. E continuai ad andare dall‟uno all‟altro: mi rendevo conto, con amarezza e timore, di essere odioso, ma mi sembrava necessario trattare ciò che concerne il dio come cosa della massima importanza. Per questo era doveroso recarsi, per esaminare il senso dell‟oracolo, proprio da tutti [22a] quelli che sembravano sapienti. E per il cane, Ateniesi, – bisogna
13
che vi dica la verità – la mia esperienza fu davvero questa: a me, che indagavo per il dio, coloro che godevano di una migliore reputazione sembrarono quasi i più carenti, mentre quelli che passavano per inferiori risultarono uomini più dotati di discernimento. Occorre, allora, che vi esponga la mia peregrinazione, cioè la storia delle fatiche che ho affrontato per corroborare l‟oracolo. Dopo essere stato dai politici, mi rivolsi ai poeti, ai compositori di tragedie, [22b] di ditirambi e di altri generi, per cogliermi sul fatto come più ignorante di loro. E prendendo in mano i lavori che mi sembravano meglio composti, andavo chiedendo ai loro autori che cosa volessero dire, anche per imparare qualcosa. Cittadini, mi vergogno a dirvi la verità, ma lo si deve pur fare: sulle loro composizioni quasi tutti i presenti ragionavano meglio di loro. Così, di nuovo, mi resi subito conto che i poeti non fanno ciò che fanno per sapienza, [22c] ma per una qualche disposizione naturale (physei) e come divinamente ispirati (enthousiazontes), alla maniera dei profeti e dei veggenti: anch‟essi, infatti, dicono molte cose belle, ma non sanno nulla di ciò che dicono. Anche i poeti – mi divenne chiaro – sono soggetti a una esperienza simile; nello stesso tempo mi accorsi che essi pensavano, per la loro poesia, di essere i più sapienti degli uomini anche sul resto, ove non lo erano. Così me ne andai anche da là ritenendomi superiore a loro proprio come lo ero nei confronti degli uomini politici. VIII. Per finire, andai dagli artigiani (cheirotechnes): (19) [22d] io stesso, infatti, ero consapevole di non sapere quasi nulla, ma avevo avuto modo di apprendere che li avrei trovati esperti in molte cose belle. E in questo non mi ero ingannato, perché essi sapevano cose che io non sapevo e così erano più sapienti di me. Tuttavia, cittadini ateniesi, mi sembrò che anche gli artigiani bravi incorressero nello stesso errore dei poeti: ciascuno di loro, dal momento che lavorava bene nell‟ambito della sua arte (téchne), si stimava molto esperto anche in altre importantissime questioni e questa stonatura (plemméleia) tendeva a nascondere la loro sapienza. [22e] Allora interrogai me stesso, per conto dell‟oracolo, chie-
Quaderni della Ginestra
dendomi se preferissi essere come sono io, né sapiente alla loro maniera, né ignorante al loro modo, oppure come sono loro. E risposi a me stesso e all‟oracolo che mi andava bene essere come sono». i
Platone, Apologia, traduzione di Maria Chiara Pievatolo .
R
i veggenti e i profeti, strumenti, veicoli di una sapienza che a loro risulta oscura più che agli altri; ma il guaio è che pensano, «per la loro poesia, di essere i più sapienti degli uomini anche sul resto», mentre non lo sono affatto. Quanto ai tecnici, competenti in particolari settori (fra essi vanno annoverati anche gli scienziati: la téchne è la capacità, manuale o
acconta Platone che Socrate, dall‟oracolo indicato come il più
intellettuale, di operare secondo regole, e l‟epistéme ne è un componente
sapiente fra gli uomini, conscio della propria ignoranza e
teorico), Socrate riconosce che posseggono un effettivo sapere, ma fa
fedele alla sua abitudine di non prendere per buona nessuna „verità‟ di
rilevare che questo possesso li porta non di rado a credere di essere
cui non fosse convinto, volle di-mostrare che l‟oracolo si sbagliava (o,
competenti in tutto e a parlare con presunzione anche di ciò che non
meglio, volle capire che cosa propriamente significasse-ro le parole della
sanno. Questa plemméleia (questa stonatura, questo debordare) finisce
Pitia). Decise dunque di recarsi «da qualcuno di quelli ritenuti sapienti,
così con l‟oscurare anche la loro sapienza, che di fatto è relativa, limitata,
per con-futare l‟oracolo e dimo-strargli proprio lì „Questo è più sapiente
e viene presa invece per assoluta.
di me, mentre tu dicevi che il più sapiente ero io‟» (Apologia, 21c–d); o,
Trascurando la funzione specifica che è loro assegnata nell‟Apologia,
altrimenti, per capire che cosa volesse dire la Pitia affermando che
queste considerazioni sono un richiamo alla consapevolezza dei limiti
nessuno era più sapiente di lui.
del sapere umano in genere e del proprio in particolare. In ogni campo e
In Atene passavano per sapienti anzitutto i politici, ma anche i poeti
per più versi le conoscenze dell‟uomo sono limitate, e quanto minore è
e i tecnici, e Socrate li interpella in successione. Come va a finire è cosa
la consapevolezza di ciò tanto più gravi sono gli errori in cui si può
nota. Liquida seccamente i primi: credono e fanno credere di sapere ma
incorrere e più pesanti le conseguenze: la presunzione è il primo
non sanno; in realtà hanno meno discernimento dell‟uomo comune. Dei
pericolo dal quale ci si deve guardare. Le considerazioni socratiche sono,
secondi riconosce che «dicono molte cose belle» ma senza averne
dunque, un colpo d‟occhio rapido e penetrante su alcune forme tipiche,
effettiva consapevolezza: in sostanza sono degli ‹‹entusiasti››, sono, come
fra le più comuni e pericolose, di tale presunzione: quella del politico,
14
Meditazioni filosofiche
quella del poeta e quella del tecnico/scienziato. L‟esito ultimo è la chiarificazione del significato della formula socratica ‹‹sapere di non sapere››, che non sta certamente a indicare la consapevolezza autocontraddittoria di una totale ignoranza ma il dovere di non superare i limiti di „competenza‟. In particolare, potremmo dire oggi, sta a indicare il dovere dei ‹‹tecnici›› di non trarre conclusioni avventate dalle loro conoscenze, in quanto tali affatto rispettabili, ricordando che l‟autorevolezza dell‟uomo di scienza può conferire un alone di verità anche a opinabili tesi di natura extrascientifica. E poi il dovere del poeta, e dell‟artista in genere, di non incorrere in un analogo falso, riverberando la „luce‟ dell‟arte su considerazioni attinenti ad ambiti affatto diversi. E, infine, il dovere del politico di non risolversi nell‟ideologo arruffapopoli, troppo sicuro di tutto, e di cercare invece di valorizzare il comune patrimonio umano della capacità discriminante e del senso della giustizia, che è probabilmente, per Socrate e per Platone, il punto archimedico su cui dovrebbe poggiare l‟esistenza. Come nella „classe‟ dei tecnici sono inclusi gli scienziati, così, va precisato, in quella di poeti rientrano gli spiriti religiosi (nell‟Apologia i poeti sono espressamente avvicinati ai veggenti e ai profeti), e in quella dei politici gli etici: a differenza del demagogo, che è un cattivo politico, il buon politico è animato da fondamentali istanze etiche. Nel Gorgia
15
Quaderni della Ginestra
(504 ss.) Socrate, l‟etico per eccellenza, sostiene che fare buona politica
l‟imbonimento ma attraverso il ben fondato argomentare dialogico, è la
significa rendere migliori gli uomini, e che per renderli migliori bisogna
„professione‟ specifica dell‟uomo. Ad essa Socrate si è dedicato con lucida
prendersi cura delle loro anime; sempre nel Gorgia (521d) Platone gli fa
passione e, senza farsi intimidire dalle conseguenze che questa „arrogante‟
dire: «Credo di essere uno dei pochi ateniesi, per non dire l‟unico, che
verità gli avrebbe procurato, davanti ai suoi giudici si è detto convinto di
pone mano alla vera arte politica, e l‟unico fra i contemporanei che la
meritare, per il suo impegno, di essere mantenuto a vita nel Pritaneo a spese
esercita››.
dello stato (Apologia, 36c–37a).
È infatti a questo livello etico-politico che si situa la proposta socratica.
ALBERTO SICLARI
La ragione umana, come risulta anche dal procedimento seguito nell‟Apologia, è una ragione dialogica assieme demistificante e costruttiva. La critica della presunzione, nelle sue varie forme, è per altro verso un riconoscimento dei valori specifici, se correttamente intesi, dei diversi ambiti, ed è quindi anche effettivo impegno per edificare assieme una polis ben ordinata (fortunatamente l‟uomo comune, come si dice nell‟Apologia, 22a, spesso dimostra di aver più discernimento di chi va per la maggiore). Lo smascheramento dell‟ignoranza arrogante dei cattivi politici non significa il rifiuto della politica ma, al contrario, il riconoscimento che essa è il livello più comprensivo e delicato dell‟esistenza umana, dove devono farsi valere, al di là delle competenze professionali (‹‹tecniche››) e delle doti ‹‹poetiche››, che non sono affatto negate ma soltanto restituite e „ristrette‟ ai loro ambiti specifici, le „competenze‟ dell‟uomo in quanto tale. L‟esercizio della «vera arte politica», che ha carattere etico e si sviluppa non attraverso
OPERA RIPRODOTTA DI MASSIMO VIOLI i
www.swif.uniba.it/lei/personali/pievatolo/platone/apologia1.htm
16
Meditazioni filosofiche
È POSSIBILE IL PROGRESSO IN FILOSOFIA?
N
el testo in esame Jonathan Lowe, ontologo analitico contemporaneo, si pone un duplice obiettivo: evidenziare le
ragioni di chi pensa che non si possano fare progressi in filosofia e, per «C’è un’ipotesi diffusa tra i non filosofi, condivisa anche da molti filosofi praticanti, secondo la quale non sono mai stati realmente fatti ‘progressi’ in filosofia, e soprattutto in metafisica. Sotto questo aspetto la filosofia è spesso paragonata, la maggior parte delle volte negativamente, alle scienze empiriche e in particolare alle scienze naturali, come la fisica, la chimica e la biologia. A volte, la filosofia è difesa nella misura in cui lamentare la sua mancanza di ‘progressi’ è giudicar male il suo obiettivo centrale, che è quello di sfidare e criticare le idee e le ipotesi ricevute, piuttosto che avanzare tesi positive. Ma questa stessa difesa è soggetta ad attacchi dai professionisti di altre discipline, come un’ingiustificata tutela dei filosofi, la cui comparabile mancanza di competenza in tali discipline, mal li prepara a svolgere il ruolo di critici intellettuali multidisciplinari. Talvolta si insiste persino sul fatto che la filosofia sia ora ‘morta’, che sia cioè la reliquia di un’età prescientifica le cui funzioni utili sono state adottate dalle scienze autentiche. Quelle che una volta erano domande ‘filosofiche’ sono ora mutate, presumibilmente, in domande di una modalità più specializzata di indagine scientifica, con propri principi metodologici e fondamenti teoretici. Questo modo sbrigativo di vedere la filosofia è al contempo superficiale e dannoso. È vero che la filosofia non è, propriamente parlando, una scienza empirica, ma ci sono altre discipline di carattere non-empirico in cui progressi, certamente, possono essere e sono stati compiuti, come la matematica e logica. Non c'è dunque alcuna ragione, in linea di principio, per cui non dovrebbero essere stati fatti progressi in filosofia».
contro, mostrare come il progresso in filosofia sia in linea di principio
E.J. Lowe, The Four-Category Ontology: A Metaphysical Foundation for
Il secondo obiettivo invece è raggiunto attraverso il riconoscimento
Natural Science, Clarendon Press, Oxford 2006, pag.3.
17
possibile. Il primo obiettivo è assolto da Lowe individuando tre critiche alla possibilità di progresso in filosofia. La prima critica è basata sulla assunzione che solo le scienze empiriche siano possibili di progresso, e vede dunque l’assenza di progresso in filosofia come diretta conseguenza del suo carattere non empirico. La seconda considera la filosofia come la disciplina che ha l’obiettivo di criticare le varie ipotesi e idee derivate dalle diverse discipline scientifiche, e individua l’assenza di progresso in essa tanto nel suo non proporre tesi positive, quanto nel fatto che i filosofi non hanno le competenze per fungere da critici multidisciplinari. La terza critica infine considera la filosofia come una disciplina ‘morta’, le cui domande e funzioni utili sono cambiate, anche dal punto di vista metodologico, da filosofiche a scientifiche. Secondo questo punto di vista dunque, il progresso, se prima poteva coinvolgere anche la filosofia, riguarda ora le sole scienze. del carattere non empirico della filosofia, carattere che l’accomuna a
Quaderni della Ginestra
discipline come la matematica e la logica, ma che non impedisce, di
tribuire a un progresso in filosofia. Con ciò ovviamente non voglio
fatto, il progresso in tali discipline. Non saremmo infatti mai disposti ad
sostenere né che il progresso in filosofia possa essere relativo ai soli
ammettere che in matematica e in logica, nonostante la loro natura non
rapporti con le discipline scientifiche, né che il rapporto tra scienza e
empirica, non siano mai stati fatti progressi. Dunque, in linea di prin-
filosofia sia soltanto unilaterale.
cipio, nulla impedisce che possano essere fatti progressi anche in filosofia.
Partiamo dal progresso scientifico. Può forse stupirci come da un lato non si incontrino particolari difficoltà nell’uso del termine ‘pro-
Non intendo soffermarmi ulteriormente sulle tesi di Lowe. Tenterò
gresso’ in ambito scientifico, mentre dall’altro una sua definizione può
piuttosto di rispondere all’interrogativo che è alla base di questa sua
apparire quantomeno problematica. Non abbiamo infatti difficoltà
riflessione: è possibile il progresso in filosofia? E più precisamente: il
nell’indicare la fisica newtoniana come un progresso rispetto alla fisica
progresso scientifico può contribuire al progresso in filosofia? A mio
aristotelica o la fisica attuale come un progresso rispetto alla fisica
avviso, il progresso in filosofia è possibile. Non solo, nel corso del
dell’Ottocento. Lo stesso discorso può essere esteso, per esempio, alla
tempo la filosofia stessa è progredita. Dunque, il progresso in filosofia
medicina. Ci sembra abbastanza evidente che la medicina attuale sia
oltre che possibile è fattuale. Ma cosa riguarda? E soprattutto, come si
progredita rispetto alla medicina di cent’anni fa, e che questa, a sua volta,
pone rispetto al progresso scientifico?
costituisca un progresso rispetto alla medicina di Ippocrate. Ma come
Nella riflessione che segue mi concentrerò sul contributo che il
definire questo progresso scientifico? Sbirciando tra i manuali di filo-
progresso scientifico può dare alla riflessione filosofica, cercando di
sofia della scienza, il dibattito su questo tema risulta alquanto contro-
capire se tale contributo possa costituire un’occasione di progresso
verso. Senza la pretesa di essere esaustivi e semplificando notevolmente
anche per la filosofia. Una tale riflessione avrà un carattere es-
la portata di questo dibattito, si possono individuare, nella riflessione
senzialmente introduttivo: non intendo in alcun modo esaurire la por-
contemporanea, almeno quattro correnti fondamentali che cercano di
tata del dibattito in questione, ma solo indicare una possibile strategia
definire il progresso scientifico. La prima considera il progresso come
che ci permetta di mostrare come il progresso scientifico possa con-
un aumento cumulativo della conoscenza. La seconda lo intende come
18
Meditazioni filosofiche
un avvicinamento alla verità, attraverso un processo di selezione delle
quantistica, teo-
conoscenza. La terza valuta il progresso in termini di efficacia delle
rie che hanno
teorie. La quarta infine subordina il progresso scientifico a una rete
avuto un note-
complessa di fattori culturali che lo valutano tale (si veda in particolare
vole impatto filo-
la voce ‘Progresso scientifico’ in N. Abbagnano, Dizionario di filosofia,
sofico soprattut-
terza edizione). Ora, a prescindere dalla definizione che si intende
to per tematiche
sostenere, va innanzitutto evidenziato come questo dibattito non metta
come il tempo, e
in questione l’effettività del progresso: si discute su come spiegare o
l’identità e l’iden-
definire un concetto, nello specifico il progresso scientifico, di cui però
tificabilità
si dà per scontata l’esistenza.
oggetti. Lo stes-
degli
Lasciamo dunque da parte i vari tentativi di definire il ‘progresso
so può dirsi, per
scientifico’. Concentriamoci piuttosto sulla nostra intuizione iniziale (e a
esempio, per le
questo punto non solo nostra), secondo cui la fisica, così come la medi-
scienze cognitive
cina e altre discipline scientifiche, sono di fatto progredite rispetto al
o per le neuro-
passato, cosicché non abbiamo particolari difficoltà nell’ammettere il
scienze, discipli-
‘progresso scientifico’. Ora, questo progresso scientifico fattuale può
ne di cui non ab-
contribuire a un progresso in filosofia?
biamo difficoltà
Riprendiamo l’esempio della fisica. Come abbiamo detto non ab-
ad ammettere il progresso, e che hanno dato un forte apporto alla di-
biamo difficoltà nel considerare la fisica attuale come un progresso
scussione filosofica su temi come l’intersoggettività, la percezione e il
rispetto alla fisica dell’Ottocento. Di questo progresso fattuale fanno
rapporto tra azione e percezione, oltre a contribuire allo sviluppo di veri
parte, tra le altre, anche teorie come la relatività o la meccanica
e propri nuovi ambiti di ricerca filosofica.
19
Quaderni della Ginestra
Questa evidente connessione tra i risultati della ricerca scientifica e la
nella scienza e in filosofia può essere ricondotta proprio alla diversità dei
riflessione filosofica non significa che le nuove scoperte scientifiche
loro metodi d’indagine. Ma anche come progresso indiretto mi sembra
possano porsi come arbitri della ricerca filosofica: ammettere questo
sufficiente per mostrare che il progresso in filosofia non solo sia
vorrebbe dire annullare la ricerca filosofica, lasciandola alla mercé delle
possibile, ma anche fattuale.
scoperte della scienza. Significa solo che i risultati della ricerca scientifica possono contribuire allo sviluppo della riflessione filosofica,
TIMOTHY TAMBASSI
fornendole nuove evidenze empiriche e nuove teorie con cui confrontarsi. Al contempo però, una volta dati questi contributi scientifici, difficilmente la riflessione filosofica può prescindere da essi, soprattutto quando la scienza e la filosofia affrontano tematiche comuni. Difficilmente, per esempio, accetteremo una discussione filosofica sul tempo che ignori o contraddica la teoria della relatività, anche se questo non significa accettare la relatività in senso acritico. E in questo senso, a mio avviso, il progresso scientifico contribuisce al dibattito filosofico: dando cioè nuovi impulsi a questo dibattito, attraverso nuove teorie e nuove evidenze empiriche con cui la filosofia deve necessariamente confrontarsi, e che portano, di fatto, a un progresso anche nel dibattito filosofico. È vero che così concepito il progresso in filosofia risulterebbe un progresso indiretto rispetto al progresso scientifico, visto che questo nasce esternamente alla riflessione filosofica. E forse la differenza tra le possibilità di progresso
FOTOGRAFIA DI ELE ONORA CAPRA
20
IN LIBRERIA I Monologhi (1800) contengono il nucleo del pensiero etico di Schleiermacher nella forma lirica di meditazioni interiori, scandite in cinque parti («riflessione», «sondaggi», «mondo», «prospettiva», «gioventù e vecchiaia»). Insieme ai Discorsi sulla religione offrono un documento significativo dell’individualismo nella cultura romantica. L’individualismo viene temperato dal presupposto che le singole manifestazioni dell’animo religioso o morale possano comporsi in un tutto ar monico. L’orizzonte entro cui Schleiermacher si muove è “idealistico”: e tuttavia egli pone l’esigenza, in tacita polemica con Fichte, di una ricongiunzione di filosofia e vita. L’altro grande interlocutore dei Monologhi è Kant. In polemica con lui ogni elemento imperativo e giuridico viene bandito dall’etica, come ogni soggezione a una legge, fino alla stupefacente dichiarazione: «non conosco più quel che gli uomini chiamano coscienza». Nelle pagine dell’opera si trovano anticipate molte figure che sarebbero state svolte nel secolo XIX dagli esponenti del cosiddetto «individualismo della differenza»: dalla «peculiarità» di Stirner allo «spirito libero» di Nietzsche fino al concetto di «legge individuale» formulato da Simmel. Friedrich D. E. Schleiermacher (Breslau 1768-Berlino 1834) fu educato nella Comunità pietista dei Fratelli moravi, dove si aprì però a più vasti interessi umanistici. Pastore luterano, inaugurò la tradizione della teologia liberale. Nel 1808 divenne predicatore assai apprezzato nella Chiesa della Trinità di Berlino e nel 1810 professore di teologia nella stessa Università. I Discorsi sulla religione (1799) sono la sua opera più importante e radicale di filosofia della religione. I Monologhi (1800) e le Linee fondamentali di una critica delle teorie morali (1803) costituiscono un contributo decisivo per un’etica non imperativa e individualizzata. Ferruccio Andolfi, docente di Filosofia della storia all’Università di Parma, si occupa dei rapporti fra umanesimo e individualismo, con particolare riguardo alla storia del secolo XIX. Dirige «La società degli individui», quadrimestrale di teoria sociale e storia delle idee. Con Edizioni Diabasis ha pubblicato Lavoro e libertà. Marx Marcuse Arendt (2004) e curato i volumi: Friedrich Nietzsche filosofo morale, di Georg Simmel (2008), La rivoluzione di Gustav Landauer (2009) e Abbozzo di una morale senza obbligo nè sanzione di Jean-Marie Guyau (2009).
Cinema e filosofia
WITTGENSTEIN DI DEREK JARMAN
Su questa linea le enunciazioni relative alle teorie di Wittgenstein svolgono principalmente la funzione di evidenziare gli snodi di un percorso individuale martoriato e solitario.
M
arziano: “Quante dita ha un filosofo?”
La distanza ed il senso di alterità nei confronti del consorzio umano sono
Wittgenstein: “10”
evidenti fin dal primo episodio in cui, grazie ad una surreale monologo
Marziano: “come tutti gli esseri umani”
portato direttamente al pubblico dal giovane Wittgenstein, lo spettatore
Wittgenstein: “ma un filosofo è un essere umano”
viene subito informato sui fatti: Ludwig Wittgenstein è un bambino
Questo beffardo scambio di battute riassume alla perfezione l’indole e
prodigio, la sua famiglia è smodatamente ricca ed al confronto con i pari
lo stile del ritratto visivamente lussureggiante dipinto da Derek Jarman
preferisce lunghe disquisizioni con Mr. Green, un pittoresco alieno verde,
per raccontare la vita del filosofo viennese Ludwig Wittgenstein.
felice metafora visiva del tarlo conoscitivo che lo accompagnerà fino al
Il biopic tessuto da Jarman si sviluppa attraverso una concatenazione di
letto di morte.
episodi teatrali che toccano i punti di svolta della vita, ancora prima che
Cambio di scena e troviamo Wittgenstein, ormai maturo, a Cambridge, al
del pensiero, dell’eccentrico filosofo viennese, quasi a suggerire come
cospetto del mentore Bertrand Russell, figura paterna con cui condivide
l’esperienza dell’uomo preceda sempre e comunque l’opera del filosofo.
l’ossessione della conoscenza e col quale intesse una rapporto tanto fertile
La sensibilità del regista, infatti, pone l’accento principalmente sulla sto-
dal punto di vista teorico quanto conflittuale sotto l’aspetto umano.
ria personale di Wittgenstein e sul relativo, tormentato rapporto con
È proprio dal confronto-scontro con Berty (così la moglie apostrofa af-
l’altro da sé. L’utopistica missione intrapresa dal filoso, mettere ordine
fettuosamente Russell) che emergono, per contrasto, quelle intuizioni che
in un mondo schiavo dei fraintendimenti linguistici, è scandita
un
troveranno una compiuta sistematizzazione nel Tractatus logico-philosophicus,
perenne senso di alterità nei confronti del genere umano, nonché dalla
non a caso completato nel periodo di auto-esilio da Cambridge e dalla filo-
conseguente ed estenuante ricerca di una solitudine catartica e salvifica.
sofia.
23
Quaderni della Ginestra
Cambridge è chiassosa, teatro di un indeci-
Wittgenstein non misconosce la rilevanza delle istanze valoriali,
frabile intrecciarsi di voci che violentano la
emotive o estetiche, semplicemente ne evidenza la non riferibili-
mente del giovane filosofo, Cambridge è
tà a meri fatti e di conseguenza l’inesprimibilità tramite proposi-
l’incarnazione di quell’avversata filosofia
zioni articolate aventi senso. Date queste premesse, le emozioni,
che, a causa della propria inadeguatezza lin-
i sentimenti, e le istanze etiche, cadono fuori dal dominio cogni-
guistica, ha imposto un’artificiale comples-
tivo e sono relegate nella dimensione di ciò che si può mostrare
sificazione del mondo che ora appare opa-
ma di cui non si può sensatamente dire nulla.
co ed impregnato di pseudo-problemi.
La pellicola scorre e Wittgenstein, dopo aver assistito alla pub-
Grazie alla solitudine derivata dalla prigio-
blicazione del Tractatus, si congeda nuovamente da Cambridge e
nia di Cassino (Wittgenstein prese parte
dalla filosofia, dedicandosi prima all’insegnamento nelle scuole
come volontario al primo conflitto mondia-
elementari e successivamente all’attività di giardiniere. Solo la
le e, dopo essere stato fatto prigioniero dal-
chiamata dell’economista John Maynard Keynes, divenuto retto-
le truppe italiane, trascorrerà un periodo di
re di Cambridge, e l’autoconvincimento che il Tractatus non ab-
prigionia in Italia) arriverà a formalizzare la
bia in fin dei conti sanato le questioni filosofiche che intendeva
necessità di un simbolismo appropriato in
risolvere, riportano Ludwig all’attività accademica.
grado di rispecchiare esattamente gli enti mondani.
Nemmeno questa volta, però, il filosofo viennese trova la pace sperata,
Solo una rigorosa applicazione del principio di isomorfismo tra linguag-
e intervalla la docenza universitaria ad un inquieto vagabondaggio che lo
gio e mondo, inteso come una proiezione formalmente proporzionata
porterà in Norvegia, Unione Sovietica e Irlanda.
degli oggetti, permetterà alla filosofia di salvarsi da se stessa, abbando-
L’avversione personale per la filosofia rasenta il paradosso e Wittgen-
nando qualsivoglia deriva metafisica o morale.
stein scoraggia in ogni modo i propri studenti/discepoli dal proseguire
24
Cinema e filosofia
gli studi filosofici, suggerendo loro di trovare un riparo in mestieri utili e
ynes e Mr. Green compongono per lui sotto forma di favola. Il racconto
manuali. La rappresentazione di questo periodo è di fatto il preambolo
parla di un filosofo che, dopo aver creato un mondo perfetto e senza
allo slittamento paradigmatico che troverà espressione postuma nelle
attriti, si rende conto che tale mondo, proprio per la sua perfezione, è
Ricerche filosofiche, in cui il linguaggio non è più concepito come una rap-
inabitabile dagli esseri umani, lasciando così il filosofo sospeso tra una
presentazione “pittorica”, ma come un insieme di espressioni che svol-
dimensione terrena ormai inaccettabile ed una dimensione ideale ed i-
gono funzioni diverse, nell'ambito di pratiche e regole discorsive diffe-
nattingibile per gli esseri umani.
renti. Il secondo Wittgenstein, pur postulando che le parole hanno sen-
Dopotutto un filosofo è un uomo come tutti gli altri.
so solo nel dominio linguistico in cui vengono esperite, si sottrae alla
FRANCESCO MAZZOLI
critica ed al confronto, ovvero proprio a quel gioco linguistico che conferisce una prospettiva umana ed intersoggettiva agli enti mondani.
SCHEDA
Cambiano le idee ma non l’atteggiamento del filosofo che, alle lezioni
Regia: Derek Jarman
accademiche, condotte selvaggiamente a braccio e senza possibilità di
Soggetto, sceneggiatura: Ken Butler, Derek Jarman, Terry Eagleton
contraddittorio, preferisce la dialettica di Mr. Green o la visione di qual-
Fotografia: James Welland
che film.
Musiche: Jan Latham-Koening
Aspetto, quest’ultimo, quantomeno curioso se si considera che proprio
Montaggio: Budge Tremlett
il cinema rappresenta quella forma d’arte che, trovando il proprio fon-
Scenografia: Annie La Paz
damento nell’espressione sensibile di azioni ed emozioni, sembra bef-
Interpreti: Clancy Chassay (Giovane Wittgenstein), Karl Johnson (Ludwig
fardamente confutare la distinzione originaria postulata da Wittgenstein
Wittgenstein), Michael Gough (Bertrand Russel), John Quentin
tra ciò che si può mostrare e ciò di cui si può sensatamente dire.
(Maynard Kanes) Nabil Shaban (mr. Green)
Il film, come la vita di Ludwig sono ormai al crepuscolo e Wittgenstein,
Produzione: Channel Four Films
steso sul letto di morte, accoglie il requiem che il materno Maynard Ke-
Origine: UK, 1993; 75’.
25
Quaderni della Ginestra
DOGTOOTH DI YORGOS LANTHIMOS
sicuro – era imminente.
D
ogtooth è la storia di una coppia di mezza età appesantita e benestante – lui piccolo imprenditore con Mercedes 200
C’era una volta una famiglia che viveva in un mondo oscuro e malvagio, non timorato
d’ordinanza, lei placida casalinga dedita alla cura del focolare domestico
del Buon Dio. In questa terra non tanto lontana le città erano contorte e aspre, nere di
– che abita in una villa solitaria: due piani di pareti che trasfigurano il
pece, attraversate da tumulti di povera gente, affamate dall’ingordigia di pochi. I
sole mediterraneo in un biancore accecante, stanze arredate secondo i
mercanti invadevano i templi con le loro merci e le loro monete, si parlavano più lingue
dettami del Feng Shui, porte in vetro scorrevoli che si aprono su un
di quanti fossero i colori della pelle dell’uomo. Chi venerava Mammona non disdegnava
florido giardino punteggiato di palme e alberi da frutto. Un vero e
di offrire sacrifici alle fauci di Moloch, chi si ubriacava con Bacco faceva i suoi affari
proprio Eden, degno delle pagine migliori di Architectural Digest.
con Lucifero in persona. Tale era il caos che né la Cattedrale né il Palazzo riuscivano
Dogtooth è la storia di una coppia di mezza età appesantita e
a ordinare il creato, a illuminare il cammino col Vero Credo e la Giusta Legge.
benestante e dei suoi tre figli: la figlia maggiore, quella minore, il figlio
Ormai anche le loro colonne di granito cominciavano a essere avvolte da ragnatele di
maschio nel mezzo. Viaggiano tutti e tre sulla ventina. Quando li
crepe. Vedendo i peccati degli uomini, il padre vi scorse nubi di tempesta e decise che
vediamo per la prima volta sono chiusi seminudi in un bagno, hanno
avrebbe salvato ciò che di più caro il Signore gli aveva donato.
sguardi opachi, vagamente inebetiti. Ricordano i bambini nella fase dei
Armato solo del sudore della fronte, costruì una casa come mai se ne videro in
«perché?», quando vedono qualcosa di sconosciuto per la prima volta, e
quelle lande, immersa in una piccola fetta di Eden che l’Eterno aveva a lui offerto – ne
lo fissano con gli occhi umidi e la bocca aperta. Ascoltano una voce che
era certo – in virtù della sua rettitudine. Ma questo ancora non bastava. E così
esce composta da un vecchio mangianastri Panasonic: «Il mare è una
cominciò a innalzare solide palizzate tutt’intorno, e a raccontare alla sua progenie dei
poltrona con braccioli in legno... l’escursione un materiale molto
mali del mondo che accerchiavano famelici quel fazzoletto di terra benedetto. E insegnò
resistente... l’autostrada un vento molto forte.»
loro a non desiderare di uscire perché il giorno del giudizio – e anche di questo era
Dogtooth è la storia di una coppia di mezza età appesantita e
26
Cinema e filosofia
benestante, dei suoi tre figli, del modo sistematico e ossessivo con cui i
dall’essere umano, ha infatti la capacità di rimandare a ciò che è altro, a
primi impediscono ai secondi ogni contatto col mondo esterno.
ciò che non è immediatamente presente, a ciò che aspetta di essere
Fin dall’inizio è chiaro che solo al padre è concesso il diritto di
conosciuto. Il lessico defor-mato che i coniugi insegnano ai loro figli è
varcare il confine tracciato dalla cinta che circonda la casa. Che quegli
un atto di guerra preventiva all’essenza euri-stica e critica del discorso:
esseri alienati mai hanno visto il mare, viaggiato su un’autostrada, fatto
un rito di castrazione che impe-disce agli uni di accedere a ciò che è
un’escursione. Che la situazione è tragica non meno che grottesca.
nuovo e lontano, un esercizio di dominio che con-sente agli altri di
L’isolamento in cui vivono gli anonimi protagonisti del film non è
selezionare accuratamente gli oggetti e i fatti cui è lecito parlare,
semplicemente fisico. Travi e cemento sono barriere aggirabili, per loro
riducendoli a quelli presenti nell’universo domestico: «Il mare è una
natura corruttibili e transitorie. Se il tuo fine è quello di non far
poltrona con braccioli in legno... l’escursione un materiale molto
conoscere ai tuoi «bambini» i venefici influssi della società, sono
resistente... l’autostrada un vento molto forte.»
indispensabili sbarre impalpabili, una percezione deviata, un’educazione
Alla coppia non rimane che dare ordine al suolo sacro così
capace di scolpire fra le tempie una sola legge: il mondo inizia e finisce
delimitato. Come? Creando consuetudini. Mentre sono seduti a tavola, il
fra le mura di casa.
padre dice che è possibile uscire di casa solo in auto.
Qual è il primo passo da compiere in tal senso? Monopolizzare il
Stabilendo il diritto. Finito di sorseggiare il caffè, il padre sentenzia
linguaggio e lo spazio delle ragioni. Le parole stabiliscono l’estensione di
che si è maturi per andare là fuori solo quando cade uno dei canini. E
ciò che esiste, fissano i criteri di validità dell’esperienza, piegano il reale alle
che l’auto si impara a guidare solo quando il canino ricresce.
descrizioni che compongono. «Il mare è una poltrona con braccioli in
Narrando miti. Passeggiando lungo il bordo della piscina, il padre
legno... l’escursione un materiale molto resistente... l’autostrada un vento
racconta loro che il gatto è una creatura del mondo esterno assai
molto forte.»
pericolosa. E che il suo pasto preferito sono gli esseri umani.
Avere il potere di affermare ciò che c’è, e di dire cos’è quello che c’è,
Producendo scienza. Rilassato sul divano, il padre spiega loro che la
non è però sufficiente. Il linguaggio, la più grande tecnologia mai creata
donna ha la facoltà di partorire il cane. E che il cane è irriducibile
27
Quaderni della Ginestra
nemico del gatto.
solo la sua rappresentazione. Di fronte a questo pubblico, l’epica
Facendo propaganda. I «bambini» hanno una tv. Che ovviamente
reaganiana di Rocky, lo squalo di cartapesta di Spielberg, le coreografie
non ha la connessione satellitare né quella via cavo. Serve solo per
ammiccanti di Flashdance non valgono come stereotipi dell’appiattimento
godere di un ambito premio: la visione di alcuni filmati «stile Istituto
culturale, agenti dell’imperialismo occidentale, cantori dell’edonismo
Luce» in cui vengono mostrate non roboanti adunate popolari, non
yuppie. Né la tv svolge il suo usuale ruolo di mezzo di addo-
gloriose marce militari, non patrie vittorie su un distante fronte nemico,
mesticamento di massa. In questo contesto monodimensionale, le teste
ma ripetitive scene di vita famigliare riprese da una videocamera digitale.
d’ariete della società dell’intrattenimento diffuso svelano la natura
Trasformando un set della Mulino Bianco nella casa di Hansel e
dell’inganno, in quanto portano in superficie le regole della finzione e la
Gretel, Lanthymos da così vita ad un’algida distopia formato famiglia,
finzione delle regole. Se quanto mostrano quelle cassette è vero, allora è
dove un campione statistico di middle class europea tenta disperatamente
falso quello che mi hanno sempre insegnato? Se invece quanto ho visto
di far divenire eterno un utopico, consolatorio, fantomatico stato di
è falso, come posso esser certo che sia reale la famiglia che tante volte
innocenza infantile.
ho visto comparire su quello stesso schermo? Che siano veri e i giusti i
Ma l’edificio ideologico è destinato a crollare. Sottoterra, il lavoro
suoi valori, i suoi imperativi, i suoi tabù? Il mare è davvero una
carsico degli impulsi e della carne ne sgretolerà inesorabilmente le
poltrona? L’autostrada un vento molto forte? L’escursione un materiale
fondamenta. Disciplinare gli istinti dei ragazzi esige infatti un sacrificio:
resistente?
l’introduzione di anestetici, prostituzione, incesto nel santuario della
Dogtooth è un saggio di novanta minuti sui meccanismi del dominio,
purezza primigenia. In superficie, sarà invece la non prevista irruzione
sul potere politico del linguaggio, sul rapporto sempre attuale tra falsa
del cinema americano anni ‘80 a disintegrare il culto della sacra famiglia.
coscienza e realtà. E’ un ospite scomodo e indesiderato, soprattutto nel
I governanti hanno messo in mano ai sudditi le chiavi dell’emanci-
paese che più di tutti predica la sacralità della famiglia tradizionale. E’ un
pazione. I ragazzi sanno che quello che vedono sullo schermo del video
opera che, guarda caso, ha fatto scalpore a Cannes in anno davvero
è una riproduzione fedele del reale. Sanno cioè che non è il reale, ma
singolare: quello in cui i Mercati iniziarono ad essere scettici, gli Stati
28
Cinema e filosofia
divennero debitori, la Grecia e tutti i popoli della terra cominciarono a tremare al solo sentir nominare le fredde, taglianti lame di una forbice invisibile chiamata Spread.
CORRADO PIRODDI
SCHEDA Regia: Yorgos Lanthimos Soggetto, sceneggiatura: Yorgos Lanthimos, Efthymis Filippou Fotografia: Thimios Bakatakis Musiche: Leandros Ntounis Montaggio: Giorgos Mavropsaridis Interpreti: Christos Stergioglou (Padre), Michele Valley (Madre), Aggeliki Papoulia (Sorella Maggiore), Mary Tsoni (Sorella Minore), Christos Passalis (Figlio), Anna Kalaitzidou (Christina) Produzione: Yorgos Tsourgiannis, Boo Productions Origine: Grecia, 2009; 96’.
29
Letteratura e filosofia
L’EGITTO IN UN PALAZZO PALAZZO YACOUBIAN DI ALA AL-ASWANI
Insieme ai personaggi sentiamo le grida e le risa, vediamo i colori e percepiamo la vita. Questa raffinata descrizione permette di cogliere la profondità di un romanzo che è stato definito come la Comédie Humaine
C
dell’Egitto di oggi, ma che va oltre tale interpretazione. ome presentare l’Egitto degli ultimi novant’anni mantenendo la
Ci troviamo infatti di fronte a un microcosmo che racchiude in sé
leggerezza e la freschezza di un romanzo? Con un espediente che
l’intera società egiziana con tutta la sua complessità e stratificazione.
ponga come protagonista principale un palazzo. At-traverso le vicende
Proprio nei piani e negli appartamenti di Palazzo Yacoubian rin-
di questo palazzo e dei suoi inquilini Ala Al–Aswani dipinge la storia del
tracciamo tale stratificazione: i piani si trasformano in quartieri, gli ap-
suo paese dagli anni trenta, quando è costruito Pa-lazzo Yacoubian, fino
partamenti in vie e in luoghi della socialità, gli abitanti in cittadini più
ai giorni nostri, al 2002, anno di pubblicazione del libro. Questo palazzo,
che inquilini.
realmente esistente seppur leggermente diverso nella struttura, presta il
Palazzo Yacoubian viene fatto costruire da un facoltoso armeno che
suo nome per il titolo di quello che è il secondo romanzo dell’autore
vuole mostrare le proprie ricchezze attraverso questa edificazione. Lo
egiziano, Palazzo Yacoubian (‘Imarat Ya’qubyan), opera nata dal desiderio di
stile architettonico scelto è europeo, secondo la convinzione allora dif-
raccontare un paese segnato da avvicendamenti politici di grande
fusa che gli architetti del Vecchio Continente fossero i migliori. L’in-
rilevanza.
tento del committente di questo palazzo è ospitare ricche famiglie del
La lettura ci conduce attraverso le storie dei numerosi personaggi che
Cairo ma ciò non rimarrà invariato nel tempo. Con la rivoluzione del
abitano e che frequentano il palazzo, offrendoci l’opportunità di vivere
1952 gli appartamenti sono destinati ai generali e alle loro famiglie per
la loro vita a pieno per mezzo della sapiente descrizione dei luoghi e di
finire poi con l’ospitare una variegata popolazione. Proprio qui ritro-
ciò che vi accade. La sensazione è quella di essere esattamente dove
viamo lo spirito della città che cambia, coi suoi luoghi che mutano di
avvengono i fatti, nello studio di Zaky bey, nel negozio in cui lavora la
destinazione e di senso, di pari passo con una società che nel declinare
giovane Buthayana, nella stanza di Taha e ovunque ci porti l’autore.
se medesima influenza i luoghi che le sono propri.
31
Quaderni della Ginestra
Tale rappresentazione è resa possibile dalle trasformazioni messe in
che diventa esemplificativo di un processo più grande. Gli spazi di
atto dal processo di globalizzazione che ha portato con sé un’espansione
Palazzo Yacoubian, come gli spazi di una città, subiscono le modifiche
esponenziale, ben visibile in una metropoli come Il Cairo. Così quello
che li adattano progressivamente ai cambiamenti, in questo caso ai
che rintracciamo non è solo la trasformazione dei luoghi della città,
cambiamenti di inquilini. Emerge la possibilità di esprimere la propria
spostati in questo caso all’interno di un palazzo, ma anche un
individualità, non necessariamente in maniera positiva, ma quantomeno
cambiamento della società. Proprio in virtù di tali trasformazioni, Palaz-
indipendente da vincoli di qualsiasi genere. E ciò anche in un contesto
zo Yacoubian assurge al ruolo di luogo generico che permette a ognuno
come quello Egiziano caratterizzato da una dittatura, come viene de-
di esprimere la propria individualità. Ed è in tale contesto di genericità
finita la presidenza Mubarak dallo stesso autore.
che di conseguenza emergono le figure descritte da Al–Aswani: il figlio
Le vite degli inquilini scorrono parallele, si intersecano, a volte si
del portiere che vuole abbattere i vincoli sociali ed entrare alla scuola di
uniscono per poi separarsi e abbandonarsi a percorsi diversi. Ognuno di
polizia, il giornalista gay che vive senza troppe inibizioni la propria ses-
loro porterà avanti il proprio cammino, seguendo la propria rappre-
sualità, la giovane commessa che accetta le avances del padrone in cam-
sentazione della realtà dell’Egitto, facendo scelte anche estreme e dalle
bio della sicurezza del posto di lavoro, l’uomo d’affari senza scrupoli,
conseguenze più disparate, ma pur sempre espressione di una indivi-
ma anche i poveri che abitano il tetto dando a questo un uso che non
dualità. Tutti sono rappresentati con una grande umanità che com-
era previsto al momento della costruzione dell’edificio. Questi pers-
prende e inquadra ogni cosa nella storia culturale, economica e politica
onaggi sono una parziale rappresentazione dei nuovi volti dell’Egitto,
del paese.
sono i figli della storia del paese e del tentativo di dare un senso privato
L’idea che emerge dal romanzo è la possibilità che, attraverso una
a un contesto che va perdendo una declinazione pubblicamente rico-
progressiva decontestualizzazione del luogo in cui si vive, si apra la strada
nosciuta.
alla costruzione di una più profonda e sincera individualità. Seguendo la
Tale trasformazione dell’intera città – e insieme a questa dell’intero
riflessione dell’architetto Koolhaas (sinteticamente espressa nella celebre
Egitto e della sua società – la rintracciamo nella storia di questo palazzo
frase “fuck the context”) ciò avverrebbe anche nella vita di Palazzo Ya-
32
Letteratura e filosofia
coubian; costruito per ospitare ricche personalità ha poi accolto i generali della rivoluzione, fino a perdere qualunque declinazione per lasciare spazio a una grande varietà di inquilini. In uno spazio privo di connotazione non vi sono principi in cui riconoscersi o a cui attenersi; se ciò da un lato può sembrare disorientante o spersonalizzante, dall’altro permette a ognuno di portare i propri principi e le proprie connotazioni. Alla luce dei più recenti avvenimenti dell’Egitto, non è forse rintracciabile in questa progressiva perdita di senso dei luoghi, e a monte della società, quella libertà che può lasciar emergere una riflessione individuale portatrice in sé di un radicale cambiamento? Ci troviamo così a osservare un processo senza fine, in cui ciò che ci circonda muta di aspetto, e di pari passo cambiano i parametri interpretativi. Palazzo Yacoubian porta in sé gli ultimi settant’anni dell’Egitto, ne diventa lo specchio. Tutte le città mutano col mutare delle società che le abitano, in virtù del principio secondo cui un ambiente caratterizza chi lo abita ma allo stesso tempo, in un rapporto di circolare dipendenza, ne è caratterizzato. È così che Palazzo Yacoubian diventa per noi espressione non solo di un paese e della sua società, ma anche di un cambiamento che possiamo ravvisare in tutte le città, ognuna evidentemente col proprio specifico percorso.
MIRELLA LUCCHINI 33
FOTOGRAFIA DI ELE NA D’A NGELO
Quaderni della Ginestra
L’ACQUEDOTTO DI NEW YORK DI EDGAR L. DOCTOROW
New York (il titolo originale è The Waterworks), un libro di E. L. Doctorow del 1994 edito in Italia per Mondadori. Al signor McIlvaine, caporedattore della sezione cronaca del Telegram, è affidato dall’autore
L
l’incarico di raccontare una vicenda accadutagli molti anni prima, proprio a metropoli e il suo spazio sono alcuni dei temi centrali
durante il boom demografico-urbano di New York di fine ‘800. La guerra
dell’analisi filosofica e sociologica, perlomeno a partire dagli
di secessione è finita da alcuni anni e la città si trova ‹‹tre quarti di secolo
inizi del ‘900. In un saggio intitolato Nascita della metropoli e storia della
dentro la Rivoluzione Industriale››. Le descrizioni di Doctorow ne danno
percezione: Georg Simmel, Andrea Pinotti esordisce ricordando qualcosa di
un’idea precisa: ‹‹piroscafi, postali e mercantili salpavano e attraccavano a
ormai assodato: la metropoli rappresenta il paesaggio peculiare dell’uomo
tutte le ore del giorno e della notte. La città intera pulsava di pistoni a
moderno all’alba del XX secolo. Lo stesso Simmel nel 1903, in La
vapore, ingranaggi e cinghie di trasmissione per milioni di scopi
metropoli e la vita dello spirito, descrive la metropoli come l’ambiente in cui
industriali, spingendo per espandersi in ogni direzione. Una tale
convergono le due tendenze macroculturali che hanno caratterizzato i due
accelerazione di energie non esisteva in nessun’altra parte del mondo. Si
secoli precedenti: quella liberale-illuminista, con le sue rivendicazioni di
poteva sentire la telegrafia cantare attraverso i cavi››.
uguaglianza e libertà; e quella romantica che, insieme alla divisione
La città è governata da Boss Tweed, politico corrotto, e dalla sua
economica del lavoro, poneva l’accento sull’unicità e sulla conseguente
cerchia di altrettanto corrotti collaboratori: il cosiddetto ‹‹Anello››.
insostituibilità dell’individuo. Insomma, la metropoli è il luogo in cui si
L’innesco della narrazione è la misteriosa scomparsa di Martin
tirano le fila dei due secoli di storia precedente, il luogo in cui il soggetto
Pemberton, giovane e promettente freelance che occasionalmente lavora
può trovare, sempre secondo Simmel, una nuova collocazione all’interno
per McIlvaine. Martin è figlio di Augustus Pemberton, uno degli
della totalità.
imprenditori più noti della città arricchitosi illegalmente trattando schiavi
Questo spazio metropolitano emerge in tutta la sua violenza e
e da poco deceduto, almeno ufficialmente. Prima di scomparire, Martin si
problematicità man mano che si prosegue nella lettura de L’acquedotto di
reca nell’ufficio di McIlvaine per la consegna di un pezzo e confessa, in
34
Letteratura e filosofia
apparente stato confusionale, di avere appena visto il padre viaggiare a
personaggi, uno ad uno: giallo, all’intraprendente redattore McIlvaine;
bordo di un Omnibus bianco. Ad indagare sul caso finiscono lo stesso
poliziesco dai tratti noir, all’ispettore Donne e allo stridente contrasto che
McIlvaine, animato più dall’idea di recuperare materiale per un buon
si crea tra la sua figura, onesta e protettiva, e il degrado ambientale e
pezzo da pubblicare piuttosto che dal legame affettivo per il freelance, e
morale del contesto metropolitano circostante; fantascientifico, al
Edmund Donne, uno dei pochi ispettori di polizia non corrotti della città.
luminare Sartorius e ai suoi esperimenti; cyberpunk – anche se dai
Dopo un’indagine serrata e ricca di colpi di scena, durante la quale il
connotati anomali: ambientato centoventi anni prima del consueto e con
lettore scoprirà la natura complessa del legame di Martin col padre e
L’Anello al posto degli zaibatsu –, a Boss Tweed e alla sua rete di
l’autore avrà la possibilità di caratterizzare una miriade di personaggi
imprenditori e politici corrotti che dominano la città.
collaterali, i due rintracciano il freelance, imprigionato in una clinica
Semplice romanzo d’intrattenimento (a questo punto scelga il lettore
segreta nascosta nell’edificio del vecchio acquedotto. L’amministratore
di che tipo tra quelli appena citati)? Oppure profonda riflessione sul lato
della clinica, come si viene a scoprire, è il Dott. Sartorius, luminare della
oscuro dell’innovazione tecnologica, impersonificato dal Dott. Sartorius,
medicina, nonché personaggio chiave del libro, cui si devono i primi
sul prezzo che gli individui sono chiamati a pagare per vivere nella civiltà
esperimenti
operatorie
della tecnica, in termini di emarginazione, prevaricazione e individualismo
d’avanguardia e l’elaborazione di una procedura che garantisce, mediante
sfrenato, su quello che Fredric Jameson ha chiamato sublime post-moderno?
vari trapianti da bambini orfani, un surplus di vita a imprenditori facoltosi
Sono certamente alcuni tra i temi più sentiti da Doctorow che rimane
in punto di morte, tra cui Augustus Pemberton, disposti a donare tutto il
fedele al suo modo di concepire il romanzo, proponendo un libro i cui
loro patrimonio alla clinica per finanziarne le ricerche.
piani di lettura sono sicuramente molteplici e complessi.
di
trasfusione, l’invenzione
di
tecniche
Doctorow realizza un romanzo particolare e ancora molto attuale,
Per quanto ci riguarda, confermiamo appieno il giudizio dello stesso
amalgamando intelligentemente e creativamente generi letterari diversi.
Jameson in Postmodernism: ‹‹Doctorow è uno dei pochi romanzieri seri ed
Indicarne uno che caratterizzi esaustivamente il testo sembra impossibile,
innovativi››.
riesce meglio attribuire le diverse peculiarità di genere direttamente ai
35
ALESSANDRO BONANINI
Didattica e filosofia
L’ATTUALITÀ DELLA FILOSOFIA: UN ’ESPERIENZA DIDATTICA
giuntami lo scorso maggio di svolgere una lezione di approfondimento in forma seminariale a due classi quarte del Liceo Classico Europeo Maria Luigia, in una delle quali ero stata insegnante di storia l‟anno prece-
I
dente, su un tema a me particolarmente congeniale, ovvero l‟evoluzione nsegnando filosofia nelle scuole si ha sovente la percezione – non di
del pensiero politico dopo la Caduta del Muro di Berlino.
rado esplicitata dagli studenti – che questa materia sia considerata
Si trattava in effetti di un‟ottima opportunità per poter mostrare come la
come distante dalla realtà, un qualcosa di lontano e di oramai superato.
filosofia non fosse soltanto un insieme di idee astruse e scarsamente „u-
Ciò avviene già dal primo „approccio filosofico‟, quando la trattazione di
tili‟, ma come essa possa essere ripresa ed utilizzata in contesti contem-
Parmenide o di Platone sull‟epistemologia rende gli studenti notevol-
poranei e particolarmente difficili, quale quello in cui si trovò il mondo
mente scettici e sempre più convinti di stare studiando qualcosa di supe-
al termine della Guerra Fredda.
rato. Compito dell‟insegnante è anche mostrar loro che la filosofia non è
Avendo ben chiaro tale obiettivo, ho optato per la costruzione di un
„morta‟, ma è bensì una sorta di base su cui si sono edificate le scienze
percorso che prevedeva un‟introduzione storica sugli avvenimenti del
esatte e le altre scienze umane, o meglio, per dirla con Descartes, la me-
1989, per poi dirigersi nettamente verso il campo della filosofia, o me-
tafisica rappresenta le radici di un albero, il cui tronco è la fisica e i rami
glio della filosofia politica. Considerando però che avrei avuto a disposi-
le altre scienze.
zione due ore circa, era necessario settorializzare l‟intervento e lasciare
Ma tale intento è tutt‟altro che semplice da realizzare: è ben difficile cer-
inevitabilmente inesplorati alcuni spunti di riflessione.
care di scardinare negli studenti alcuni preconcetti che essi stessi non
Il fulcro del percorso ha riguardato il paradigma della “fine della storia”
sono affatto disponibili a mettere in discussione. Questo nella maggio-
elaborato dal politologo nippo-americano Francis Fukuyama agli inizi
ranza dei casi.
degli anni Novanta. Le ragioni di questa scelta – oltre a tener presente il
Ed è riflettendo su questa problematica – con la quale mi incon-
successo che ebbe tale teoria, sollevando un dibattito “globale” che ri-
tro/scontro quotidianamente – che ho accettato con piacere la richiesta
prese vigore all‟indomani dell‟attacco alle Twin Towers – furono legate
37
Quaderni della Ginestra
a come Fukuyama elaborò la propria riflessione, ovvero partendo da
rebbe a sopravvivere. Occorre precisare che la filosofia hegeliana ripresa
una ri-attualizzazione della filosofia di Platone, Hegel e Nietzsche. E‟
da Fukuyama è quella che ha subito l‟interpretazione di Alexandre Ko-
infatti di estremo interesse notare che, all‟interno del suo saggio The End
jève, filosofo contemporaneo francese di origine russa.
of the History and the Last Man (un bestseller tradotto in quasi tutte le lin-
Ecco dunque che, assieme agli studenti ed utilizzando il supporto della
gue esistenti) amplissima parte sia dedicata alla riflessione di tali filosofi.
LIM (lavagna interattiva multimediale) per la proiezione di un Webquest
E già questo elemento sarebbe stato sufficiente per argomentare agli
da me preparato su tale percorso, si è individuata la connessione tra la
studenti “vedete? La filosofia ha generato pensatori che non sono affat-
filosofia hegeliana e l‟evoluzione storica contemporanea indicata da Fu-
to superati”. In realtà è necessaria una contestualizzazione molto più
kuyama: la caduta del Muro di Berlino avrebbe segnato la Fine della Sto-
precisa per comprendere questa tematica.
ria. Perché?
Fukuyama riprende infatti la tripartizione dell‟anima platonica per an-
La risposta a questo interrogativo non è semplice, le ragioni sono mol-
darsi a focalizzare sul thymòs, ovvero il desiderio insito negli esseri umani
teplici e di ordine politologico. Quella principale è l‟identificazione di
di essere riconosciuti superiori agli altri. Da qui prende le mosse Hegel
tale crollo con la vittoria della democrazia liberale che, ritiene Fukuya-
per giustificare la nascita della Storia (intesa ovviamente non come sto-
ma, è la forma di governo in cui l‟uomo si trova più appagato nel suo
ria evenemenziale, ma come storia dello Spirito) con la dialettica servo-
platonico thymòs, ovvero è riconosciuto uguale agli altri, e dove si affer-
padrone. Si tratta di un movimento triadico nel quale la tesi vede due
ma quello che già per Hegel è l‟obiettivo della storia umana: la realizza-
autocoscienze uguali; l‟antitesi mostra l‟affermarsi di una delle due (pa-
zione della libertà. E non è pensabile – egli ritiene – ipotizzare una for-
drone) come superiore rispetto all‟altra (servo) grazie ad una lotta
ma di governo migliore.
all‟ultimo sangue in cui quest‟ultima si arrende per salvaguardare la pro-
A tal proposito ci si è soffermati, seppur brevemente, su quelli che il po-
pria vita; infine la sintesi realizza il “ribaltamento dialettico” mediante il
litologo nippo-americano indicò come i principali competitori della de-
quale il servo scopre di essere la vera autocoscienza poiché senza di lui,
mocrazia liberale occidentale, ovvero fascismo, comunismo e islamismo.
e senza il suo lavoro, il padrone non sarebbe nulla e nemmeno riusci-
I primi due si sono contrapposti storicamente e ideologicamente agli i38
Didattica e filosofia
deali “occidentali”, l‟islamismo invece presenta una particolare forza i-
La prosecuzione della lezione – in verità estremamente interattiva es-
dentitaria, è portatore di valori che potrebbero – ritiene Fukuyama –
sendo stati gli studenti, a parer mio, particolarmente colpiti da questa
opporsi e tentare di sostituirsi a quelli oramai codificati nell‟ “universo
inaspettata attualizzazione soprattutto di un Hegel che ne La Fenomenolo-
euro-statunitense”.
gia dello Spirito pare essere esaminabile solo in chiave marcatamente a-
Mentre la sconfitta di fascismo e comunismo sarebbe oramai un dato
stratta – è stata focalizzata sulla concezione della storia, introducendo la
storico inconfutabile, l‟islamismo sarebbe in ultima analisi considerato
distinzione tra la Storia teleologica del cristianesimo, di Hegel, ma anche
dal politologo nippo-americano come privo di attrattiva per chi non è
di Marx e la Storia ciclica nietzschiana. Quest‟ultima, col suo riferimento
musulmano, quindi una sorta di universo chiuso, da non temere. Ed è
a Nietzsche, ha portato gli studenti stessi a riflettere sull‟Übermensch,
proprio su questo punto che ci si è focalizzati, cercando inoltre di far
l‟“Oltreuomo” nietzschiano che i nazisti identificarono col “Superuo-
comprendere agli studenti come Islam e Islamismo – espressione politi-
mo”. Nazificazione e Denazificazione del filosofo tedesco, quale altra
cizzata e sovente estremizzata della religione islamica - siano tutt‟altro
tematica poteva rafforzare in modo migliore l‟idea che la riflessione filo-
che la medesima cosa. Non è stato difficile invece cogliere il legame con
sofica sia quanto mai viva nel „mondo reale‟?
le Twin Towers: davvero l‟islamismo non era un pericolo e non si sa-
Ed è proprio la filosofia nietzschiana l‟ultima ad essere reintrodotta da
rebbe diffuso? Lo stesso Fukuyama nel 2001 affermerà di essersi sba-
Fukuyama: se l‟uomo è la ‹‹bestia dalle guance rosse›› sarà davvero sod-
gliato: la Storia non è affatto terminata.
disfatto nel vedersi riconosciuto uguale agli altri e non più superiore? Oppure cercherà nuove forme di lotta per potersi affermare? Inoltre, occorreva davvero attendere l‟11 settembre 2001 per capire che la storia non era finita? Fukuyama sosteneva che il mondo sarebbe stato diviso tra un mondo post-storico (dove la democrazia liberale aveva trionfato) ed uno ancora invischiato nelle lotte della storia: come portare il secondo verso il primo? Esportando la democrazia? Inutile oggi non
39
Quaderni della Ginestra
considerare come la cosiddetta “Primavera araba” abbia mostrato al mondo in modo inequivocabile la non esportabilità tout court di una forma di governo. Questi ed altri interrogativi sono sorti al termine di una lezione che, seppur breve, ha permesso agli studenti di cogliere una dimensione diversa della filosofia – la sua attualità – ma anche di entrare in contatto con alcune riflessioni di filosofia politica rese „vive e vivaci‟ da coloro che le hanno elaborate. Ritengo quindi che sarebbe utile proseguire su questo tipo di differente contestualizzazione della filosofia – a mio parere eccessivamente storicizzata nella scuola italiana – dimodoché essa venga recepita e percepita dagli studenti come uno strumento, una modalità per affinare e costruire il proprio spirito critico non solo di individui, ma anche di cittadini appartenenti ad una società complessa e globale.
MARA FORNARI
40
FOTOGRAFIA DI GIACOMO BIANCHINI
Libri in discussione
IL POTERE DEL SIMULACRO
copia. Il simulacro smantella la nozione stessa di originale, annullando quindi qualsiasi gerarchia di valori assoluti e dissimulandosi come «veri-
P
tà». La nostra cultura, dice Perniola, si è appiattita in un’unica irriducibiroprio ora, più che mai, la nozione di simulacro si pone come una
le dimensione, la dimensione dell’immagine indistinguibile dal reale,
delle chiavi interpretative più valide per la comprensione dei fe-
l’immagine che «dissolve l’originale».
nomeni culturali del nostro tempo. Lo sostiene Mario Perniola nel suo
Sono tre i capitoli in cui è diviso questo volume: politica, filosofia ed
saggio La società dei simulacri, pubblicato per la prima volta nel 1980, e
estetica. In ciascuno di questi campi il simulacro ha attuato, in modi di-
ora aggiornato e riproposto come numero monografico della rivista «A-
versi, una derealizzazione che, a causa del suo potere dissimulatorio,
galma», che dirige dal 2000.
non è mai stata sentita come tale, ma semmai come un aumento di real-
In un tempo in cui si scambia cultura per spettacolo, pubblico per
tà, un «iperrealismo» non lontano dalla definizione data da Baudrillard a
privato e utilità per inutilità, si assiste a un regime culturale e politico
questo stesso termine. Dal punto di vista del rapporto tra individuo e
che stabilisce una «oclocrazia», ossia un «governo dei peggiori». Siamo
società, ne consegue una radicale trasformazione dei criteri per l’azione
giunti, dice Perniola, all’apice del declino sofferto dalla civilizzazione
all’interno dell’intero campo sociale. Se una volta il nichilismo segnalava
occidentale. Non è però il caso di rassegnarci, ma di riprendere coscien-
l’assenza dei valori e una mancanza, per la quale chi sperimentasse
za dell’«eredità civile, culturale, morale ed estetica dell’Occidente e dei
l’assenza di significato o l’insignificanza della realtà veniva a trovarsi al
criteri di legittimazione elaborati attravero più di due millenni», sfidando
di fuori di essa, oggi invece sembrerebbe che esso sia un dono: «la con-
questo «potere dei peggiori», basato sull’ignoranza e la segregazione si-
dizione per essere nella società è condividerne la derealizzazione e la de-
stematica di chi non ne condivide i metodi.
significazione».
Muovendo da un’analisi storica, quanto mai rigorosa e imprescindibi-
Rintracciando la nascita delle grandi ideologie politiche durante
le, Perniola traccia le ragioni attraverso le quali il simulacro sostituisce il
l’Illuminismo e la Rivoluzione Francese, Perniola osserva come in quel
modello della metafisica classica basato sulla distinzione tra originale e
periodo fosse la figura dell’intellettuale a imporsi sulla scena politica, av-
43
Quaderni della Ginestra
viando un sistema basato sulle «idee» e sui fini assoluti, orientati a fondare
sato senza che ci sia stata alcuna rivoluzione. Un fatto storico «di impor-
la polis. L’ideologia è quindi il risultato della politica culturale, un’attività
tanza primaria che non può essere definito come “reale”, nel vecchio sen-
tesa a trasformare la cultura da ambito autonomo a strumento fondamen-
so della parola». Si verifica, insomma, la transizione da un sistema di «si-
tale per l’acquisizione e il mantenimento del potere politico. L’evoluzione
mulacri del potere» a uno in cui regna il «potere dei simulacri».
del regime ideologico nella politica legittima e giustifica la teoria su fini e
La questione del simulacro si insinua anche nella filosofia
valori assoluti, offrendo un’effettività alla teoria stessa, allo scam-bio ar-
dell’esistenza, in quanto cambia le rappresentazioni sull’autenticità, la
gomentativo, all’opinione pubblica che non era presente nel modello
memoria e la morte. I punti di riferimenti moderni sono Heidegger e
pragmatico dell’Ancien Régime.
Klossowski, che consentono di pensare il tema della morte all’interno di
La sostituzione di una praxis politica immediata e autocratica con una
due grandi correnti opposte. Infatti, se per Heidegger il punto di arrivo di
politica delle idee ristruttura l’intera sfera istituzionale e ridefinisce la po-
una «vera» esistenza è la memoria, in quanto essa riscatta la vita
sizione degli agenti culturali, diventati protagonisti della storia. Il regime
all’inautenticità attraverso l’identificazione del manifestarsi con il fonda-
ideologico si basa su un rapporto dialettico tra la conoscenza e l’azione,
mento, per Klossowski è l’oblio che permette di vivere un’esistenza non
tra il sapere e il potere. L’ideologia illuminista e rivoluzionaria si innesta e
sentita come simulacro, benché lo sia. In altre parole, l’eterno ritorno non
promuove la distinzione tra idea e realtà e tra modello e copia. L’illusione
è più la folgorante rivelazione di una verità, ma l’impossibilità di andare
e la sublimazione fanno parte del gioco dell’ideologia rivoluzionaria, in
oltre la reiterazione della copia. Dunque, se per Heidegger l’abolizione
quanto il modello, al di là della realtà fattuale, giustifica la dissimulazione
dell’ opposizione tra copia e modello si basa ancora sulla ricerca di quello
delle reali intenzioni rivoluzionarie e promuove questo occultamento sot-
che è «più proprio», la riflessione klossowskiana si confronta con quello
to l’entusiasmo e l’emotività che pretendono di mobilitare tutti verso il
che è «più estraneo», una sorta di mondo fuori di sé dove dimenticare re-
raggiungimento di un ideale. Il punto di riferimento moderno della transi-
sta l’unica possibilità di sopravvivenza.
zione dall’ideologia al simulacro post-ideologico sono le contestazioni del
Un aspetto interessante del libro di Perniola consiste nell’affrontare
’68, un momento in cui ritornano tutte le ideologie rivoluzionarie del pas-
la filosofia come riflessione sul «proprio», sull’individualità, sul «saper
44
Libri in discussione
vivere e il saper morire». Sembrerebbe dunque che l’età dei simulacri ri-
dal mercato, dai bisogni dell’uomo e della società. Ora l’arte si è mercan-
chieda innanzitutto un’attività filosofica rivolta alla riscoperta del valore
tilizzata e così si è ammessa implicitamente la sua inutilità, cioè, il fatto
della vita e della morte, dalla vita davanti alla morte. Per questa ragione
che essa non ha nessun valore intrinseco, mentre il design si è impegna-
l’indagine storica spazia tra le diverse concezioni etico-esistenziali dal
to a mostrare che è «psicologicamente necessario l’acquisto e il possesso
medioevo al barocco, passando attraverso il giansenismo, la riforma lu-
di merci, indipendentemente dall’uso che se ne farà». Valore artistico e
terana e i gesuiti. Quando i gesuiti teorizzano la morte, il modello che ne
valore d’uso spariscono nel debordare della loro stessa identità, diven-
esce è quello di una simulazione della morte in ogni attimo della vita.
tando indeterminabili. Insomma, se tutto può essere arte e tutto può es-
Rapportare la morte alla vita significa essere preparato alla sofferenza,
sere utile, le distinzioni arte/non-arte e utilità/inutilità diventano assur-
addiritura all’indifferenza davanti a qualsiasi avvenimento, il che, para-
de così come diventa indeterminabile anche il soggetto-consumatore,
dossalmente, non fa «cadere nell’angoscia, bensì trasforma [l’esistenza]
che muta a seconda dalle immagini dell’io propostegli dalla pubblicità.
in premessa di felicità». L’arte del barocco spinge questa simulazione fi-
L’unico modo rimasto per classificare questa estrema indistinzione
no a renderla simulacro. Vita e morte si scambiano nel grande teatro del
che regna nell’età dei simulacri è giocare il suo stesso gioco. L’operatore
mondo dove, secondo Perniola, «il meraviglioso dell’apparato sociale si
culturale dell’attualità deve quindi accettare quell’estrema effimerità degli
fonda sul nulla». L’estremo simulacro sarebbe dunque l’accettazione di
oggetti, degli avvenimenti e perfino delle identità personali. La
una vita come morte che fa vivere.
(ri)costruzione della cultura «richiede una completa umiltà, un pieno ab-
Luoghi dell’immagine par excellence, anche l’arte, il design e la pubbli-
bandono al dato emergente».
cità soffrono una svolta simulacrale, in quanto le categorie estetiche su
PEDRO SARGENTO
cui hanno visto crearsi la propria identità si sovvertono nel mondo attuale. In una partizione ormai classica, l’arte della modernità si caratterizza
Mario Perniola, La società dei simulacri, Mimesis, Milano 2011, numero
per il suo richiamo a una autonomia rispetto alla realtà, mentre il design
speciale monografico di «Agalma. Rivista di Studi Culturali e di
è sin dai suoi inizi il tentativo di creare oggetti utili, poiché rivendicati
Estetica», no 20-21, pp. 128, € 14
45
Quaderni della Ginestra
MARX: IL SOGGETTO E LA SOFFERENZA
ma teorico dei cosiddetti “ultimi filosofi” (Feuerbach, Bauer, Stirner) alla filosofia della prassi che sancisce la fine dell’idealismo tedesco.
O
Come esplicitato nell’introduzione da Henry, il peccato originale degli pera tanto complessa per costruzione, quanto ambiziosa per
epigoni del filosofo di Treviri è stato però quello di suffragare tale
i fini che si prefigge, Marx-Una filosofia della realtà di Michel
lettura attraverso la riduzione dell’intero pensiero di Marx a quanto
Henry è un’audace ma rigorosa rilettura in chiave fenomenologica del
espresso nei suoi scritti politici, lasciando cadere il più ampio sfondo
pensiero del filosofo tedesco. Obiettivo dichiarato: liberare Marx dalle
filosofico in cui Marx stesso aveva tematizzato l’abbandono dei concetti
pesanti ipoteche dei teorici marxisti a lui successivi, riscoprendo così
cardine dell’idealismo tedesco. Così facendo, i fautori del marxismo
l’originario afflato umanista che sta alla base della sua summa filosofica.
politico e rivoluzionario hanno inteso l’essere della storia come storia
In tal senso il terzo e il quarto capitolo del libro, che affrontano i
della lotta di classe, dando alle condizioni sociali la valenza sia di forza
problemi riguardanti le determinazioni sociali e il ruolo delle classi nel
propulsiva reale della vita sociale, sia di principio esplicativo della storia
processo storico, costituiscono probabilmente il nucleo centrale del
stessa. Detto altrimenti, il marxismo dogmatico, ma anche diversi
lavoro di Henry, in quanto è su questo terreno che, a parere del
indirizzi sociologici e filosofici di matrice strutturalista, hanno concepito
pensatore francese, il marxismo filosofico e quello politico-militante
da un lato la dimensione sociale come autonoma, capace di porsi di
hanno snaturato e modificato in maniera più profonda la proposta
fronte all’individuo alla stregua di una realtà oggettiva fondata sulle
originaria di Marx, tutta tesa a prendere le distanze dalle posizioni
classi; dall’altro l’individuo come un soggetto in grado di intervenire nel
dell’idealismo tedesco hegeliano e post-hegeliano.
processo storico e nella vita sociale nella misura in cui è definito dalla
Le varie declinazioni della tradizione marxista hanno da sempre
classe cui appartiene. Ma, si chiede Henry, che senso ha attribuire a
considerato le classi come quei soggetti reali in grado di fungere da vero
Marx la paternità del concetto di classe come totalità reale, capace di
motore della storia, poiché sarebbe proprio questo peculiare aspetto
conferire all’individuo i suoi caratteri peculiari, quando Marx rifiuta in
della riflessione marxiana a segnare il passaggio dal criticismo radicale
più momenti il «Genere» feuerbachiano, o lo «Stato», la «Storia», lo
46
Libri in discussione
«Spirito» di hegeliana memoria, in quanto totalità trascendenti la realtà
rappresentate come tali. Scrive infatti Marx nell’Ideologia Tedesca: «Nella
dell’individuo? Affermare che la realtà delle classi è il dato ultimo e
classe borghese come in ogni altra classe, le condizioni personali sono
oggettivo che per Marx sta alla base della prassi sociale è, secondo
semplicemente diventate delle condizioni comuni e generali.» Secondo
Henry, una mistificazione: infatti, se così fosse, non si spiegherebbe il
Henry, quando prende in considerazione le vicissitudini della classe
suo incessante lavorio contro l’ipostatizzazione di unità ideali avanzata
contadina francese del XIX secolo o la formazione di quella borghese in
dall’idealismo che l’aveva preceduto. Quello che il marxismo non ha
Europa, Marx non afferma che la comunanza fra gli individui di uno
colto (o ha nascosto) di Marx è che, nel chiedersi cosa sia la realtà, egli
specifico orizzonte valoriale, culturale o politico determina la loro
ha voluto negare i presupposti oggettivanti e universalistici che stanno
appartenenza alle rispettive classi. Ciò che Marx vuole altresì dimostrare
alla base del pensiero dei suoi predecessori. Ciò che emergerebbe da un
è che la divisione della società in classi presuppone una condizione
attento riesame de L’ideologia tedesca, La sacra famiglia, i Manoscritti del '44, è
trascendentale: la presenza di circostanze di vita individuali che, nel loro
proprio il tentativo di Marx di riaffermare la soggettività monadica
concretizzarsi, sono diventate lentamente comuni per la necessità di
dell’individuo contro l’universale dell’oggettività, l’inconsistenza di
ciascuno di questi soggetti di lottare contro forze avverse. Tramite
rappresentazioni ideali come «Genere» o «Idea» rispetto all’effettività
questa teoria della genealogia, si giunge, sostiene Henry, a un primo
plurale degli individui viventi: in ultima istanza, l’assurdità di ogni
punto fermo, e cioè che la realtà ontologica originale delle classi è l'insieme delle
determinazione del reale da parte dell’ideale. Sotto questo rispetto, il
determinazioni soggettive. Le classi sociali, proletariato compreso, non sono
concetto di classe non fa eccezione, in quanto mero prodotto del
concetti a priori sotto cui sussumere individui reali, né totalità oggettive,
pensiero, principio epistemologico funzionale alla sola riflessione
perché esse nascono dal vissuto fenomenologico ed esperienziale della
economica, storica, politica. Infatti, da un punto di vista filosofico, se si
soggettività concreta. La coscienza di classe, così cara al marxismo
ricerca l’origine ontologica delle classi nella loro genesi storica, appare
rivoluzionario, non è quindi che una rappresentazione ideologica,
chiaro che le determinazioni sociali che si colgono negli individui sono
un’idealità politica, la cui unità poggia ed è determinata dalla molteplicità
percepite come generali e realmente determinanti solo in quanto sono
delle vite soggettive. Parimenti l’azione politica non dipende dalla
47
Quaderni della Ginestra
coscienza di classe, ma da quell’affettività, da quel vissuto di dolore e
che, nella concorrenza e nella lotta del loro vivere, hanno prodotto tali
sofferenza della corporeità
relazioni sociali e le loro mo-
individuale, che comporta un
dalità di rappresentazione: l’o-
movimento di soppressione
rigine della concezione clas-
e rifiuto di quel vissuto stes-
sista della società è sempre ri-
so.
conducibile al vivere concreto Si potrebbe obiettare, a
e al vissuto fenomenologico
questo punto, che una simile
delle singole monadi. Una sif-
spiegazione non ci dice per-
fatta ricostruzione della genesi
ché le condizioni sociali, per quanto affondino nella soggettività, siano
delle classi è, in primo luogo, compatibile con una teoria del mutamento
vissute dall’individuo come imposte dall’esterno: in fondo, non è lui a
sociale: poiché la distinzione classista fra forze produttive è generata e
scegliere di viverle. Inoltre è Marx stesso a parlare sia di determinazioni
rappresentata dagli individui medesimi, questi possono progettare di
essenziali che di determinazioni sociali, designando con la prima espressione
sopprimerla nel momento in cui essa si riveli contraria alle necessità
le determinazioni spontanee della vita soggettiva, e con la seconda le
della vita. In secondo luogo, la teoria della genealogia consente di
attività professionali occasionali esercitate dagli individui. Perché siamo
spiegare cosa intenda dire Marx quando afferma che le circostanze
portati a considerare fondata questa distinzione? Per una questione di
fanno gli uomini tanto quanto gli uomini fanno le circostanze. Le
contingenza storica, non ontologica, dice Henry. L’uomo della società
condizioni sociali che si trasmettono da una generazione all’altra non
capitalista si rappresenta questa distinzione perché l’attività degli individui
possono mai essere viste come create e oggettivate da una generazione,
e la lotta fra di loro ha generato le condizioni di una tale
e semplicemente subite come determinazioni esterne da quella
rappresentazione. Ciò è accaduto non in virtù di una dialettica reale fra
successiva. Infatti, nella misura in cui la vita del singolo individuo non
classi ipostatizzate, ma per via della vita dei singoli individui concreti
vuole quelle determinazioni che riceve da coloro che l’hanno preceduto,
48
Libri in discussione
il soggetto, attraverso la sua prassi, è in grado di modificare tale eredità a seconda delle necessità imposte dalle sue determinazioni individuali, che coincidono con i bisogni vitali immanenti alla vita stessa. La figura dell’uomo disalienato, che vive alla fine della storia nella società liberata dal modo di produzione capitalista, che lavora secondo le proprie capacità e riceve secondo il proprio bisogno, non è che l’individuo concreto che esperisce il suo esser-vivente e agisce in relazione all’esperienza della propria affettività. In quanto tale, egli non fa che ribadire che la vita è condizione antecedente ad ogni realtà storica e sociale, possibilità di ogni sistema concettuale senza essere a sua volta Storia, Società, Idea. Un’opera affascinante e ricca di spunti, quella di Henry, ma che, come lascia implicitamente intendere il curatore Giuseppe Padovani nella sua prefazione, andrebbe letta e riletta in maniera certosina, con le pagine vergate da Marx da una parte e l’immagine del suo severo sguardo indagatore in testa.
CORRADO PIRODDI M. Henry, Marx. Una filosofia della realtà, Marietti 1820, Genova 2010, pp.632, € 35 FOTOGRAFIA DI MARGHE RITA AIASSA 49
Quaderni della Ginestra
RIVOLUZIONE, VITA QUOTIDIANA, BISOGNI UMANI
correttivo del comunismo reale, e richiamando, attraverso nozioni come ‘Individuo’ e ‘vita quotidiana’, «l’ultimo Foucault e i suoi tentativi di ridisegnare nuovi spazi di soggettivazione». Nel saggio La teoria, la prassi e i bisogni umani, Heller discute
P
ubblicati per la prima volta in italiano sulla rivista AUT-AUT a
essenzialmente tre punti: i rapporti tra teoria e prassi sociali, i modi in
inizio anni settanta, i saggi La teoria, la prassi e i bisogni umani e La
cui queste interagiscono e la funzione che la teoria svolge nelle diverse
teoria marxista della rivoluzione e la rivoluzione della vita quotidiana della
società, declinando la separazione tra teoria e prassi come conseguenza
filosofa ungherese Ágnes Heller sono riproposti, a circa quarant’anni di
della struttura e della divisione del lavoro della società borghese.
distanza, nella raccolta Ágnes Heller tra Marx e Foucault, curata da
L’autrice si sofferma principalmente su una tipologia specifica di prassi:
Emiliano Bazzanella.
la rivoluzione sociale totale, rivoluzione che, seguendo le tesi di Marx,
I contenuti dei due scritti si articolano attorno a due nuclei tematici:
non si limita alla politica, ma coinvolge più in generale il modo di vivere
il rapporto tra teoria e prassi sociali, e l’analisi di concetti quali la
degli uomini in tutti i suoi aspetti. Secondo Heller la rivoluzione sociale
rivoluzione (marxista), la vita quotidiana e i bisogni umani. Gli obiettivi,
totale presuppone e implica «il superamento della struttura borghese dei
come sottolinea il curatore nel saggio introduttivo, sono da un lato
bisogni nel suo complesso», ossia il superamento di una società «la cui
quello «di rivisitare la prassi rivoluzionaria, cioè [...] di valutare le
struttura è fondata sulla produzione di merci e sulla divisione del lavoro,
potenzialità performative di una determinata teoria», dall’altro discutere
nella quale, di conseguenza, il rapporto tra teoria e prassi è stato posto
quel concetto di vita quotidiana «che sembrerebbe voler coniugare
come problema generale ed è stato realizzato [...] attraverso la
l’unicità stirneriana con l’infatuazione (e il timore) per il generale e
mediazione del mercato». Così concepita la rivoluzione sociale totale
l’astratto da parte di Marx». Lo stesso Bazzanella evidenzia inoltre come
comporterebbe una trasformazione della struttura dei bisogni e dei
l’analisi della Heller sfoci in una decostruzione della figura del bisogno e
valori degli uomini coinvolti: la teoria non si conformerebbe cioè ai
della soggettività, tratteggiando i contorni della communitas come
bisogni delle masse, «già formati o in processo di formazione», ma si
50
Libri in discussione
svilupperebbe e si formerebbe negli stessi movimenti di massa, organizzati
e
strutturati.
E,
secondo
l’autrice,
soltanto
in
un’organizzazione comunitaria gli uomini possono portare a termine la formazione di questa nuova struttura dei bisogni, eliminando così il dualismo tra teoria e prassi. Al movimento socialista spetta dunque il compito di sviluppare comunità che abbraccino masse sempre più ampie, nelle quali i bisogni vengano ristrutturati sotto il dominio di quelli qualitativi. Saranno poi le comunità stesse a produrre la teoria, esprimendo e formulando aspirazioni e bisogni, e correggendo la teoria mediante la propria attività. In questo senso «la teoria sorgerà organicamente dalla prassi quotidiana, il che non significa [...] che la teoria non debba correggere o controllare la prassi che la produce. Ma non si tratterà semplicemente della teoria che ‘esercita la sua influenza’ sulla prassi, bensì della prassi di una certa comunità e delle sue formulazioni teoriche che influenzeranno la prassi di altre comunità e la teoria che emerge ed esprime la loro prassi». In La teoria marxista della rivoluzione e la rivoluzione della vita quotidiana, l’analisi della Heller si concentra invece sul rapporto tra vita quotidiana e prassi rivoluzionaria, partendo da due presupposti concettuali. Il primo è che i singoli membri di una società possono riprodurre la società stessa solo se riproducono anche se stessi in quanto individui. Il
51
Quaderni della Ginestra
secondo presupposto è che la vita quotidiana «rappresenta la somma
eguaglianza. Nelle società capitalistiche i movimenti marxisti possono
complessiva di quelle attività che esprimono la continua possibilità di
essere rivoluzionari soltanto se offrono, insieme al loro programma
riprodurre una società tramite atti individuali di auto-riproduzione». In
politico, una nuova moralità e un nuovo modo di vivere. Nelle società
ogni società esiste dunque una vita individuale, senza la quale non è
socialiste il punto centrale riguarda invece la creazione effettiva di una
possibile alcuna società. La realizzazione di una società non alienata,
democrazia socialista. Spetta ai rivoluzionari marxisti, che operano in
secondo l’autrice, può avvenire soltanto attraverso la creazione di una
queste
vita quotidiana non alienata, e al contemporaneo cambiamento delle
salvaguardino il diritto di libertà individuale, creando al contempo le
istituzioni sociali in senso comunitario. Compito del movimento
condizioni per cui «l’intera attività sociale si fondi sull’attività di
comunista in senso marxiano è di trasformare le nostre insoddisfazioni
comunità basate a loro volta su rapporti umani diretti».
società,
programmare
la
creazione
di
istituzioni
che
per le forme tradizionali della vita quotidiana, nella creazione di una
TIMOTHY TAMBASSI
società più umana, in cui sia possibile sviluppare una condotta di vita individuale che abbia un carattere comunitario e che sia direzionata verso l’abolizione positiva della proprietà privata. Da un punto di vista
Emiliano Bazzanella (a cura di), Ágnes Heller tra Marx e Foucault, Abiblio,
etico, è dunque fondamentale la stesura di un programma comunitario
Trieste 2011, pp. 72, € 9
basato su una visione del mondo unificata, e nel quale l’impiego politico, diretto contro lo stile di vita e la psicologia della proprietà, abbia un ruolo centrale. Da un punto di vista politico invece, una comunità permanente, capace di dare forma a nuovi modi di vita, non può esistere senza un’attività politica concreta e quotidiana, finalizzata a una determinazione della condotta di vita e a un’analisi dei modi e dei mezzi possibili con i quali raggiungere gli ideali politici di libertà ed
OPERA RIPRODOTTA DI LUCA MAZZIERI
52