REDAZIONE
Direttore: Corrado Piroddi. Vicedirettore: Anna Maria Ricucci Redazione: Valeria Bizzari, Antonio Freddi, Giacomo Miranda, Teresa Paciariello, Lavinia Pesci, Corrado Piroddi, Anna Maria Ricucci, Timothy Tambassi. Collaboratori esterni: Marco Anzalone, Simona Bertolini, Mara Fornari, Donatella Gorreta, Federica Gregoratto, Francesco Mazzoli, Giovanna Maria Pileci, Marina Savi, Cristina Travanini. Direttore responsabile: Ferruccio Andolfi.
SOMMARIO
Introduzione..............................................................................................................................................................................................p. 4 Tra critica della cultura e critica sociale di Rino Genovese......................................................................................................................p. 6 Giustizia, relativismo, utopia di Timothy Tambassi.............................................................................................................................p. 11 Spunti insoliti dal Nietzsche “sociale”: “femminista” e democratico di Antonio Freddi.........................................................................p. 15 Leib e intersoggettività: una prospettiva socio-fenomenologica di Valeria Bizzari.......................................................................................p. 24 La stanza enorme: Descartes, tra vita ritirata e comunità di Fabrizio Baldassarri.................................................................................p. 33 Societas individuorum: individuo e moltitudine in Spinoza fra ontologia e politica di Giacomo Miranda................................................p. 46 Husserl e l’interculturalità di Daniela Bandiera....................................................................................................................................p. 54 Charles Taylor: dall’individuo atomo-in-una-società-di-atomi all’uomo nuovamente “soggetto relazionale” di Giovanna Maria Pileci.....p. 61
Introduzione
Giunta alla terza edizione, La Giornata di Studi per Dottorandi e Dottori di Ricerca svoltasi presso l'Università di Parma nel giugno del 2014 ha mantenuto immutata la struttura e i principi ispiratori delle precedenti. Il filo conduttore dei contributi qui raccolti è la "società degli individui", titolo della rivista cartacea cui fanno capo i "Quaderni della Ginestra" ed espressione quantomai efficace per evocare riflessioni sull'individualismo moderno e contemporaneo. Proprio in questa cornice si inseriscono i singoli interventi, eterogenei per ambito di ricerca e metodo ma accomunati dalla finalità di articolare un confronto proficuo e stimolante, in grado soprattutto di riscattare la filosofia dalle secche di un certo iperspecialismo e restituirla alla sua originaria vocazione dialogica. Come di consueto, gli Organizzatori vogliono esprimere la loro gratitudine al prof. Ferruccio Andolfi, direttore de "La società degli Individui" e presidente dell'associazione culturale "La Ginestra"; alla prof.ssa Beatrice Centi, direttrice dell'area filosofica del Dipartimento ALEF dell'Università di Parma; al dott. Corrado Piroddi, direttore dei "Quaderni della Ginestra"; ai Relatori e ai Referee coinvolti; infine a tutti i lettori che vorranno unirsi idealmente a questa comunità di saperi. I curatori Giacomo Miranda Timothy Tambassi
Quaderni della Ginestra
TRA CRITICA DELLA CULTURA E CRITICA SOCIALE
I
b) i prodotti culturali correnti, che possono essere opere vere e proprie o elementi immessi nel mercato con un effetto
l novantanove per cento di quello che facciamo, o tentiamo di fare,
d’intrattenimento, al fine di ottenerne un utile economico, da par-
è critica della cultura; l’uno per cento tutt’al più, se ci riusciamo, è
te delle agenzie dell’estetizzazione diffusa (televisioni, case cinemato-
critica sociale. Un’affermazione così netta richiede un certo numero di
grafiche, case di moda, gallerie d’arte, musei, etc.): nei confronti
chiarimenti e di definizioni: che cos’è la critica della cultura? Che cos’è la
sia delle prime sia dei secondi si esercita un’analisi critica intesa
critica sociale? In che rapporto stanno tra loro? In che senso si può dire
come controllo riflessivo sul mi piace / non mi piace, schema binario
che quando si profila l’una non ci sia più l’altra? E così via...
tipico della comunicazione intorno ai giudizi di gusto elementari;
Inizio allora con un breve elenco degli usi possibili del termine “cultura” come compare nell’espressione “critica della cultura”. Dentro di essa ricadono:
c) le culture al plurale, in un senso antropologico, nella loro varietà e diversità: facendone la critica, quando è il caso, si è sempre alle prese con il pericolo di una sorta di imperialismo culturale
a) la cosiddetta alta cultura associata alla nozione di umanesi-
involontario se non si tiene sotto controllo autocritico la tradizio-
mo (cioè più spesso umanistica che tecnico-scientifica, secondo la
ne culturale a partire dalla quale si interviene, per noi quella occi-
vecchia e sommaria distinzione tra le “due culture”), la quale fino
dentale moderna.
a un certo punto nel Novecento è stata fatta coincidere con la civiltà in generale, ma che in realtà, all’interno della modernità arti-
Ora, tutto ciò che ha a che fare con la critica della cultura avviene
stica e letteraria con le sue varie sperimentazioni, aveva già cono-
nel campo della disputa. Con questo termine bisogna intendere
sciuto la tendenza a una perdita di confini nei confronti della cul-
un’incessante comunicazione sociale, tenuta perennemente accesa dai
tura di derivazione popolare o proveniente dalla produzione in se-
mass media, oggi anche mediante la rete, che avrebbe le sue sedi
rie (la cultura cosiddetta bassa);
tradizionalmente deputate nelle istituzioni di disputa – come la critica 6
Individui e società
letteraria o la critica d’arte –, ma che di continuo ne deborda pulsando
un’organizzazione qualsiasi: decisivo diventa il fatto che, grazie alla non
quasi come la vita stessa. Non c’è nulla che possa veramente contenere
innocente pervasività della coppia mi piace / non mi piace, quasi nessuno
la disputa, che tuttavia, nella sua anarchia fondamentale, ha i propri
riesca più a raccapezzarsi nella ricezione, l’opera di qualità diventando
vincoli (non regole ma vincoli) raffigurabili come schemi binari. Uno
essa stessa un indiscernibile estetico, qualcosa che si perde nella nebbia. Se
l’ho già evocato sopra: è il mi piace / non mi piace, ineliminabile da
la teoria dell’industria della cultura poneva l’accento sulla forma merce
qualsiasi comunicazione in quanto esprime la forma più semplice del
assunta dall’opera letteraria o artistica, lo spostamento qui proposto
giudizio di gusto. All’uscita da un teatro o da un cinema è il primo
verte sul processo comunicativo entro cui l’opera si colloca, con lo
aspetto intorno a cui ci si interroga o si è interrogati: ti è piaciuto o non
sguardo mirato sul ricevente diventato semplice fruitore. Per la critica
ti è piaciuto? Soltanto a un grado maggiore di generalizzazione
della cultura è un mutamento di paradigma teorico.
riflessiva, in collegamento con la tradizione delle arti (anche soltanto per
Un’altra coppia fondamentale è data dall’alternativa vecchio / nuovo: si
escludere che il filmetto mal confezionato possa farne parte), si mobilita
tratta in gran parte di una riduzione di ciò che, più appropriatamente, si
la coppia bello / brutto, di cui quella mi piace / non mi piace appare una
esprimerebbe nei termini di pensato / impensato. Ciò che secondo
misera riduzione. Ciò che le agenzie dell’estetizzazione suggeriscono,
un’esigenza indotta di mutevolezza meccanica e ripetitiva appare
per non dire impongono, è sostanzialmente di attenersi nella ricezione a
vecchio, può in effetti essere originale e impensato; viceversa, il nuovo
un momento del tutto immediato, espresso dalla coppia mi piace / non mi
può consistere in una rifrittura piuttosto stantia del passato. Sotto le
piace, evitando di passare a un giudizio di gusto relativamente più
strategie di riduzione e irreggimentazione dello schema binario più
mediato come bello / brutto. Da notare qui la differenza rispetto al
sdrucciolevole e problematico che ci sia – appunto pensato / impensato –
classico concetto di industria culturale (meglio, di industria della
si cela un’operazione sottile compiuta dalle agenzie dell’estetizzazione,
cultura): in gioco non è tanto il momento della produzione quanto
che consiste nel cambiare di segno alla esperienza della moda teorizzata
quello della fruizione. In altre parole, è secondario che una determinata
a suo tempo in maniera dialettica da Walter Benjamin. Una vera e
opera sia qualcosa di fabbricato per il mercato culturale da
propria operazione di potere – un potere acefalo in un’accezione
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Quaderni della Ginestra
foucaultiana – che attraverso l’“obsolescenza programmata” tende non
scienza: vero / falso - pensato / impensato - bello / brutto;
soltanto a costituire delle incessanti novità in senso merceologico, ma a
filosofia: pensato / impensato - vero / falso - bello / brutto.
evitare l’uso politico di quella riattivazione del passato in cui, almeno in una certa misura, consiste il moderno. Si potrebbe addirittura sostenere
Solo utilizzando insieme, nei differenti ordini di priorità, gli schemi
che la moda oggi, nel suo significato radicale, sia riuscita a evitare di
della comunicazione è possibile far funzionare la comunicazione sociale
farsi strappare il pungiglione soltanto nell’islamismo – e però
di volta in volta come comunicazione artistica, scientifica o filosofica.
impastandosi con la religione e con l’orgoglio di una forte ripresa
Però una codificazione del genere è quella prevalente (non esclusiva)
dell’identità culturale per sopravvivere.
nella cultura occidentale moderna. Un intreccio che releghi all’ultimo
In una prospettiva evidentemente diversa, all’interno di quello che
posto, poniamo, la coppia vero / falso, in una sequenza pensato /
chiamo un illuminismo autocritico, la formula da opporre per una critica
impensato - bello / brutto - vero / falso, sarebbe quella della religione
della cultura a trecentossessanta gradi (cioè sia nei confronti della
che, nell’autorappresentazione iperilluministica moderna (si pensi al
propria, sia eventualmente, con la cautela sopra menzionata, nei
discorso di Max Weber sulla secolarizzazione e il disincantamento del
confronti di ogni cultura che voglia imporsi come totalizzante) è la
mondo), avrebbe dovuto pressoché sparire nel corso del ventesimo
seguente: disputa aperta e consapevole in un’ibridazione dei codici comunicativi
secolo. Ci ritroviamo, al contrario, nel ventunesimo con la ripresa delle
grazie all’intreccio costante degli schemi binari. Che cosa significa? In che
religioni a livello planetario.
modo la critica della cultura può giovarsi di una comunicazione ibridata?
Ecco allora i due significati dell’ibridazione degli schemi binari. Il
Un piccolo passo indietro può servire a chiarire la cosa. Nel Trattato
primo consiste nel mostrare come siano labili i confini e come, pur
dei vincoli1 ho cercato di distinguere così le principali aree disciplinari
ponendosi in se stesse come vincoli (nel senso che non se ne può
della cultura occidentale moderna:
prescindere), le forme della comunicazione sociale siano sfuggenti, facce differenti ma interscambiabili (una comunicazione scientifica può
arte: bello / brutto - pensato / impensato - vero / falso;
facilmente scivolare in una filosofica, e questa in una di tipo artistico). Il 8
Individui e società
secondo significato attiene più strettamente, invece, alla questione
ricorso a un intreccio di schemi comunicativi, che consentano di porre
dell’ibridazione culturale: si poteva ritenere che le religioni avessero
in discussione le riduzioni e le chiusure della comunicazione da qualsiasi
sempre meno voce in capitolo a causa di una razionalizzazione della vita
parte provengano – sia dall’antilluminismo oggettivo (come lo avrebbe
sociale dispiegata in tutti i suoi aspetti, ma ciò non è avvenuto e,
chiamato Adorno) promosso dalle agenzie dell’estetizzazione diffusa, sia
conseguentemente, nel mondo che sarebbe dovuto essere illuminato ci
da quei neotradizionalismi arcaicizzanti che, in falsa opposizione a
sono vasti ambiti di comunicazione sociale entro cui del vero (o
quelle, pretendono di regolare autoritariamente la vita degli esseri
rispettivamente del falso) non ne è più niente, mentre l’impensato viene
umani.
pericolosamente mescolato con il bello in un’ibridazione estetica
Di tanto in tanto, tuttavia, si apre la possibilità di qualcosa di diverso:
extrartistica. I fanatismi odierni cancellano tendenzialmente la coppia
si entra in quell’uno per cento in cui si profila una critica sociale vera e
vero / falso in tutte le sue forme, riproponendo una dedifferenziazione
propria. Mi riferisco ai numerosi, sebbene disparati, movimenti di
delle sfere sociali sotto il segno della religione. Le ricadute non sono
protesta contro l’esistente che possono nascere, e in effetti sono nati
prive di conseguenze all’interno della stessa cultura occidentale
negli ultimi anni, a Occidente come a Oriente. Per un critico, il referente
moderna, che si trova sospinta – dalla inevitabile ibridazione con ciò che
all’interno di un conflitto sociale può essere anche soltanto ipotetico (lo
per lei sarebbe soltanto un passato remoto che non passa – a prendere
è stato, per esempio, nel caso dell’impetuoso movimento egiziano del
atto della propria condizione di cultura particolare tra altre.
2011, sfociato nella successiva restaurazione di un regime militare quasi
Nella visione che propongo l’ibridazione è al tempo stesso un
come male minore). Oppure – per accennare a qualcosa in scala minore
destino in cui s’incappa e una chance da cogliere per la critica della
ma più vicino a noi – la contestazione di un uso privatistico dei
cultura (e delle culture). È questa la dimensione che, come dicevo
cosiddetti beni culturali e ambientali, ridefiniti come “beni comuni”, è
all’inizio, definisce la nostra attività al novantanove per cento. Siamo
un esempio di cosa possa significare il passaggio, con un punto di
critici della cultura se stiamo dentro questa ibridazione cercando in un
riferimento concreto, dalla critica della cultura a una critica sociale. Il
certo senso di approfondirla mediante un rimescolamento dei codici e il
che può esprimersi anche in un’analisi dei limiti in cui una determinata
9
Quaderni della Ginestra
prospettiva di conflitto sociale eventualmente s’imbatte, o nella sottolineatura di come ciascuna lotta abbia da tenere presente il momento del consenso intorno a essa, di come siano indispensabili
1
Cfr. R. Genovese, Trattato dei vincoli. Conoscenza, comunicazione, potere, Cronopio, Napoli 2009, p. 244.
procedure democratiche nella costruzione di tale consenso, e così via. Tutto ciò ha come referente ultimo una linea di fuga utopica, che non intende, e neppure ovviamente potrebbe, mettere un cappello su ciò che avverrà in futuro, ma che vorrebbe indicare oggi come potrebbero andare le cose se un conflitto sociale, nella sua autonomia, intraprendesse una strada anziché un’altra. Sono i momenti magici della critica della cultura quelli in cui si stabilisce un’interazione tra il discorso critico e un movimento sociale: ciò che toccò in sorte a Marcuse nel Sessantotto. È però vero che a quel tempo erano presenti dei presupposti ideologici di massa – il marxismo, nelle sue varie versioni – che in larga parte del mondo riuscivano a tenere insieme movimenti tra loro eterogenei. Questa benedizione – lo dico con ironia – non esiste più. Ma ciò significa soltanto che è diventato molto più difficile il passaggio da una critica della cultura alla critica sociale, non che la sua possibilità sia del tutto scomparsa dall’orizzonte.
RINO GENOVESE
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Individui e società
GIUSTIZIA, RELATIVISMO, UTOPIA
A
omosessuali?». In tal caso la domanda in questione sarebbe relativa al sistema. Non potrebbe dunque trovare risposta in esso perché
fine 2011 la rivista La società degli individui ha ospitato un mio
metterebbe in discussione il sistema stesso e la sua validità, facendo
articolo intitolato Epistemologia e teoria sociale. Questioni interne ed
appello a qualcosa, in questo caso a una nozione di ‘giustizia’, esterna,
esterne , nel quale ho tentato di applicare ed estendere la distinzione di
almeno nell’accezione data, al sistema in questione. Possiamo dunque
Rudolf Carnap2 tra questioni interne ed esterne alla teoria sociale.
considerare questa domanda come esterna rispetto al sistema
Astraendo dalla specificità della proposta di Carnap, ho voluto sostenere
considerato.
1
come, dato un sistema (qualunque sistema, diversamente da Carnap
Dalla tale distinzione sono derivate tre considerazioni. La prima è
anche non linguistico), una questione è interna se valutata e risolta
che non sempre facile distinguere fra questioni interne ed esterne, che
all’interno del sistema in questione; è invece esterna se mette in
possono infatti mostrare una certa continuità. Ciò avviene anche a causa
discussione il sistema dato e lo stato di cose che presuppone.
dell’eterogeneità della nozione di sistema, che non esclude, di per sé, la
Un esempio può esserci d’aiuto. Prendiamo il sistema ‘la
possibilità di sistemi complessi, indeterminati, vaghi, contraddittori, e
Costituzione della Repubblica Italiana’ e la domanda: «è giusto che alle
così via. La seconda è che, dato un sistema e una questione (a esso)
coppie omosessuali non sia consentita l’adozione?». Tale domanda sarà
esterna, è sempre possibile individuare o formulare un sistema (più
interna se così formulata: «è giusto, secondo la Costituzione della
ampio o semplicemente diverso) che trasformi la questione esterna in
Repubblica
coppie
una questione interna. Allo stesso modo, dato un sistema e una
omosessuali?». In questo caso, cioè, la domanda non metterà in
questione (a esso) interna, è sempre possibile individuare o formulare
discussione
risposta,
un sistema che trasformi la questione da interna a esterna. La domanda
riconoscendone l’autorità in questa disputa. Diverso sarebbe il discorso
«è giusto che la Costituzione della Repubblica Italiana non consenta
se, dato lo stesso sistema, ci si chiedesse: «è giusto che la Costituzione
l’adozione alle coppie omosessuali?», e i sistemi ‘la Costituzione della
della Repubblica Italiana non consenta l’adozione alle coppie
Repubblica Italiana’ e la ‘Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo’
11
Italiana, il
sistema
non
consentire
dato,
anzi,
l’adozione troverà in
alle esso
Quaderni della Ginestra
possono
fornire
un
valido
esempio.
Di
conseguenza,
terza
considerazione, nulla, di principio, impedisce di tentare di rispondere a
e viceversa. Da qui la possibile illegittimità della risposta a tale domanda esterna.
una domanda esterna. In che modo? Semplicemente, attraverso un
Nell’articolo non ho preso posizione a favore o meno della
sistema non messo in discussione dalla domanda stessa, ma che in esso
legittimità delle risposte alle questioni esterne. Entrambi i casi
possa trovare risposta – passando cioè da esterna a interna. Inoltre, dato
evidenziano infatti delle difficoltà nel determinare un sistema
il nuovo sistema, sarà sempre possibile porre nuovamente una questione
privilegiato: nel primo caso data dal poter sempre formulare una
esterna, che potrà a sua volta trovare risposta in un altro sistema (più
domanda esterna e tentare di rispondere a tale domanda attraverso
ampio o diverso) passando da esterna a interna, e così via.
sistemi di riferimento arbitrari, nel secondo data dall’impossibilità di un
Ma è legittimo tentare di rispondere a una questione esterna attraverso
confronto effettivo tra due (diversi) sistemi di riferimento. Non solo, le
un sistema diverso rispetto a quello messo in discussione? Prendiamo
difficoltà si estendono anche ai possibili criteri finalizzati a un confronto
per esempio due sistemi (sistema1, sistema2) che definiscano in modo
tra sistemi diversi. A qualsiasi criterio è infatti sempre possibile applicare
diverso il concetto di giustizia al loro interno (rispettivamente, giustizia 1
nuovamente una domanda esterna, la cui risposta, legittima o illegittima
e giustizia2), e che quindi possano considerarsi entrambi come giusti
che sia, non permette a sua volta di privilegiare un qualsiasi criterio a
(rispettivamente, giusto1 e giusto2) se coerenti ciascuno con la propria
discapito di un altro. Così come, dall’esterno, non c’è alcun criterio che
definizione di giustizia. Dati questi due sistemi e le rispettive definizioni
ci permetta di privilegiare una risposta interna rispetto a qualsiasi altra
di giustizia, è legittimo porre la domanda esterna: «è giusto2 il sistema1?».
risposta.
Una tale domanda, infatti, cerca di applicare a un sistema (sistema 1) un
A tali considerazioni seguiva un tacito e sostanziale immobilismo nel
concetto a esso esterno (giustizia2), più precisamente un concetto
proporre nuovi sistemi che definissero la giustizia al loro interno.
assente (almeno in questa accezione) nel sistema considerato. Ma se il
Rispetto ad allora alcune mie perplessità non sono significativamente
sistema1 non comprende il concetto giustizia2, il sistema1 non sembra
mutate. Ciò che è mutato, piuttosto, è una nuova consapevolezza della
allora valutabile attraverso tale concetto e dunque attraverso il sistema 2,
libertà di proporre teorie e sistemi alternativi. Di questo sono debitore 12
Individui e società
delle tesi esposte da Rino Genovese in Un illuminismo autocritico3 in cui
movimento complessivo della conoscenza si lascia descrivere in termini
l’autore, complessivamente, critica la paradossalità dell’Occidente
scettico-relativistici. Ciò significa che, nell’ambito della propria cerchia
contemporaneo – promotore di un universalismo di stampo
dei punti di vista, una teoria, dopo aver realizzato uno spostamento del
illuministico, ma consapevole, grazie all’insegnamento relativista, di
punto di vista, fissa sempre una qualche certezza, ossia passa in una
essere un particolarismo tra gli altri – e la sua incapacità di un processo autocritico radicale – che evidenzi il carattere fallimentare della pretesa di una proiezione universalistica sul mondo. Per i nostri scopi, la
credenza. Questa certezza può essere poi osservata da un’altra prospettiva, così da non apparire più tale ma solo un momento transitorio dentro un movimento più ampio» 4.
ricchezza della proposta di Genovese va individuata nel rilanciare gli strumenti concettuali di critica e nel ricostruirli su basi scettico-
In questo senso, secondo Genovese, ogni teoria (credenza o punto di
relativistiche. Ciò avviene attraverso l’introduzione di uno sguardo
vista), sottoposta a uno sguardo esterno, risulta parziale, avendo un
critico esterno rivolto, nel suo caso, dall’Occidente a se stesso e ai propri
significato contestuale e quindi un valore limitato. Ma da un punto di
presupposti, che sottoposti a tale sguardo risultano parziali e particolari.
vista interno assume, pur nella sua provvisorietà, un valore
Tale critica, o meglio autocritica, consiste inoltre in una moltiplicazione
incancellabile, trovando la sua funzione come momento del più generale
e in uno spostamento continuo dei punti di vista (di cui qualsiasi teoria e
movimento dei punti di vista, e realizzandone così una potenziale (e
processo di conoscenza si compongono), della loro individuazione, del
continua) ristrutturazione e spostamento. Si tratta dunque di costruire le
loro intrecciarsi, del ripetersi e bloccarsi. Alla base di tale autocritica, c’è
proprie teorie e nutrire le proprie credenze a partire dai punti di vista
l’idea che i processi di conoscenza siano passibili di una doppia
prescelti e, al contempo, sottolinearne la transitorietà. Tutto ciò implica
descrizione: interna al movimento dei punti di vista del processo
una nuova libertà nel fare teoria e nel prendere posizione, in cui la
cognitivo in questione ed esterna.
mancanza di definitività non ha un effetto paralizzante, ma va intesa come principio attivo del moltiplicarsi delle teorie, che fa della
«Solo da questo secondo punto di vista, riflessivo e metateorico, il
13
formulazione di una (nuova) teoria, di volta in volta determinata,
Quaderni della Ginestra
l’aspetto centrale del movimento dei punti di vista.
legittimità interna che si fonda la libertà nel fare, nel formulare e nel
Riassumendo, si considerino due differenti teorie sulla giustizia5,
moltiplicarsi delle teorie, nel proporre sistemi alternativi, nello spostare
giustizia1 e giustizia2, e una domanda che metta in discussione una teoria
continuamente il nostro punto di vista, a prescindere dalla possibilità di
della giustizia (giustizia1) facendo appello a una teoria della giustizia
un confronto effettivo tra due teorie differenti o dall’individuazione di
(giustizia2) diversa da quella messa in discussione, per esempio la
una teoria privilegiata.
domanda «è giusta2 giustizia1?». Ora, è legittimo rispondere a tale
TIMOTHY TAMBASSI
domanda facendo appello a una teoria della giustizia diversa dalla teoria di giustizia messa in questione? In altre parole, date due differenti teorie sulla giustizia, è possibile un confronto tra tali teorie? Se non è possibile, allora le due teorie sono incommensurabili. Se è possibile, allora è sempre possibile formulare una nuova teoria della giustizia (giustizia3) e porre le domande «è giusta3 giustizia1? » o «è giusta3 giustizia2? » e così via, per ogni nuova teoria della giustizia in una infinita moltiplicazione di confronti possibili. Entrambi i casi sembrano evidenziare delle difficoltà nell’individuare sia una teoria della giustizia privilegiata, sia un qualsiasi criterio volto a tal fine. Infatti, a ogni criterio è sempre possibile porre la
T. Tambassi, Epistemologia e teoria sociale. Questioni interne ed esterne, «La società degli individui», 42, 2011, pp. 46-52. 2 R. Carnap, Empiricism, Semantics, and Ontology, «Revue internationale de philosophie», 4, 1950, pp. 20-40; ristampato con modifiche in Id., Meaning and Necessity, University of Chicago Press, Chicago 19562, pp. 205-221 [trad. it. Empirismo, semantica e ontologia, in A.C. Varzi, a cura di, Metafisica. Classici contemporanei, Laterza, Roma-Bari 2008, pp. 4564]. Per una critica a tale distinzione cfr. W.V.O. Quine, Carnap sull’Ontologia, in Id., I modi del paradosso e altri saggi, il Saggiatore, Milano 1975, pp. 197-205; S. Haack, Some Preliminaries to Ontology, “Journal of Philosophical Logic”, 5, 1976, pp. 457-474. 3 Rino Genovese, Un illuminismo autocritico, Rosenberg & Sellier, Torino 2013. 4 Ibidem, p. 104. 5 Per semplicità non consideriamo giustizia e giustizia come contraddittore, antino1 2 miche e così via. 1
domanda è «giustoy il criteriox? », e le risposta, possibile o non possibile che sia, rientra in uno dei due casi elencati. Ma se da un lato, qualsiasi teoria, dall’esterno, sembra destinata a risultare parziale, dall’altro, è dall’interno che ogni teoria può trovare la propria legittimità, come parte di un processo più generale del movimento dei punti di vista. È su tale 14
Individui e società
SPUNTI INSOLITI DAL NIETZSCHE “SOCIALE ”: “FEMMINISTA” E DEMOCRATICO IL SOGGETTO E L’INDIVIDUO : NIETZSCHE IN Droit devant soi on ne peut pas aller bien loin… A MERICA A. de S. Exupery
«
sviluppo storico e tantomeno nella loro attuazione: in questo caso parità/specificità tra generi e democrazia. E’ quanto hanno tentato vari interpreti della recente filosofia americana, sui quali vorrei qui problematizzare. Talora essi hanno forzato e frainteso Nietzsche, ma non si può certo dire che Nietzsche non vi sia abituato! Inoltre ciò rientra perfettamente nella strategia
“Dammi, o donna, la tua piccola verità!” dissi. E la vecchia
appena descritta.
donnetta disse così: “Vai dalle donne? Non dimenticare la frusta!”.
Così parlò Zarathustra».1
1. Femminismo, tra epistemologia e politica
La democrazia è una tirannia della maggioranza, una degenerazione del genere umano, che rende l’uomo mediocre in quanto trasforma gli uomini in animali di uguali diritti e uguali pretese2.
Il nome di Nietzsche ricorre frequentemente nel contesto femminista americano e varie pensatrici hanno trovato in lui un
In effetti il pensiero sociale di Nietzsche non sembra esattamente
riferimento tanto epistemologico quanto politico per le loro teorie; per
femminista e democratico: una vasta letteratura ha messo in luce
esempio Heike Schotte 3 descrive Nietzsche addirittura come uno dei
tendenze maschiliste ed espressioni in linea con una sorta di radicalismo
precursori del femminismo e delle politiche del diverso4. Queste filosofe
aristocratico. Ma lo sguardo sul passato della filosofia non può nutrirsi
hanno sorvolato su certe esternazioni di Nietzsche riguardo alle donne e
solo di analisi che si avvolgono attorno a un’unica direzione, cioè
alla virilità per concentrarsi su altri aspetti del suo pensiero che
l’asintotica interpretazione “corretta” (ovviamente per uno specifico
indubbiamente offrono spunti preziosi.
contesto). Di tanto in tanto si può invece osare proporre interpretazioni
Una ragione per cui molte filosofe femministe hanno generalmente
alternative, per quanto solo in parte condivisibili, magari al fine di
apprezzato la decostruzione della filosofia occidentale attuata da
alimentare con nuova linfa questioni non ancora complete nel loro
Nietzsche può essere rinvenuta nel rifiuto dell’inclinazione logocentrica
15
Quaderni della Ginestra
e nel ritorno del corpo e degli affetti al centro della filosofia. Infatti uno
coscienza, del senso di colpa e di responsabilità mostrandone la non
dei nodi centrali del ben noto prospettivismo5 di Nietzsche è che la
naturalità, perché dovrebbe essere invece naturale la distinzione di
conoscenza sia possibile solo attraverso un impegno affettivo nel
genere o di sesso? Benché tutti questi concetti vengano naturalizzati
mondo, in particolare quindi anche attraverso un corpo: numerosi sono
attraverso l’esperienza del linguaggio, essi in realtà non sono più reali e
i passi in cui Nietzsche si sofferma sull’importanza per il pensiero e per
necessari del linguaggio che li costruisce; si tratta dello stesso sviluppo
la filosofia delle passioni del corpo (infermità, dolori, piaceri, emozioni)
dell’antiessenzialismo verso la contingenza del linguaggio attuato da un
e del suo rapporto fisico con il mondo (cibo, caldo, freddo, clima in
altro filosofo americano, spesso ispirato da Nietzsche, Richard Rorty7.
generale).
Diverso è l’approccio del femminismo postmoderno, che vuole
Più in particolare la linea femminista che ricerca il superamento della
andare oltre l’uguaglianza rivendicando la specificità del genere
distinzione tra i generi, e mira così a far cadere automaticamente anche
femminile e preferendo articolare un nuovo modo di pensare, una
la possibilità di fondare valori, potere o verità su di essi, si richiama
filosofia della differenza e dell’alterità. Di nuovo tali finalità
direttamente all’idea nietzschiana che non esista una natura delle cose;
troverebbero un sostegno specifico e forte nel prospettivismo di
quindi neppure di uomo e donna: tali “nature” sono in realtà create
Nietzsche, stavolta nel suo nucleo più centrale. Le femministe
dall’uomo stesso, anche attraverso il nietzscheano «divenire ciò che si è»
postmoderne (dette anche post-femministe) abbandonano il sogno
inteso come autocreazione.
moderno e illuminista di un linguaggio comune, evitano la presunzione
Un esempio di tale approccio antiessenzialista e antigenere si trova in
di una visione totalizzante che rischia di essere nuovamente imperialista
Judith Butler6. Questa filosofa considera le proprie analisi sulla
e di cadere in un capovolgimento della relazione tra forte e debole,
decostruzione della distinzione di genere e di sesso la naturale
simile a quello attuato, secondo Nietzsche, dal cristianesimo.
continuazione della critica di Nietzsche all’io, alla soggettività e al libero
Assimilando la critica del risentimento hanno osservato come il
arbitrio: in entrambi i casi si tratta di apparenti necessità grammaticali.
femminismo tradizionale sia stato animato dalla volontà dei più deboli,
Vista la critica alla morale cristiana, che smaschera lo sviluppo della
delle vittime, di diventare come l’oppressore; tale femminismo, nel 16
Individui e società
tentativo di raggiungere l’uguaglianza sessuale, non ha quindi tenuto
In ogni caso le femministe postmoderne vogliono soprattutto evitare
conto del valore della differenza. L’oggettività deve invece essere una
la fondazione della visione politica su un privilegio epistemico e quindi
funzione della parzialità: come osserva Donna Haraway, «la morale è
trovano nel prospettivismo un promettente modello: come riconosce
semplice: solo una prospettiva parziale promette una visione oggettiva
Debra Bergoffen, a Nietzsche va il merito di aver costruito una filosofia
[…]. L’oggettività femminista ha a che fare con ubicazioni circoscritte e
dove il concetto di centro interpretativo rimpiazza quello di centralità
conoscenze situate, non con la trascendenza e la scissione
assoluta10. Il punto di vista patriarcale tradizionale si è nel tempo
soggetto/oggetto» 8;
molto
mascherato da punto di vista oggettivo, si è arbitrariamente posto al di
decisamente
là di ogni prospettiva. Invece ciò che può essere al massimo raggiunta è
nietzscheano, sebbene sembri confondere oggettivo e obiettivo: tuttavia
l’obiettività, vista come assemblaggio di molteplici prospettive
tale apologia della differenza corre il rischio di essere trascinata
interessate e non certo come contemplazione disinteressata. E’ infatti
erroneamente nella solita distinzione limitativa tra uomo-mente-logos e
necessario un radicale posizionamento dei soggetti nel mondo perché il
donna-corpo-pathos a cui probabilmente cercava di sfuggire il
mondo che si vuole conoscere è quello in cui viviamo, a cui siamo
femminismo tradizionale della Butler.
interessati perché in esso ineluttabilmente calati.
semplicemente
saperi
«oggettività situati»9.
femminista È
un
significa
approccio
Mi preme qui sottolineare come sia problematica la distinzione tra
A questo secondo femminismo appartiene appunto la Haraway che,
obiettività e oggettività all’interno del prospettivismo di Nietzsche, che
coerentemente con la propria postmodernità, rifiuta la ricerca di punti di
ritiene entrambi impossibili o meglio in mala fede: non è possibile
vista epistemologicamente puri e fondati, e di un’identità politica
l’oggettività, in quanto non c’è una realtà dei fatti unica alla quale
“innocente”. Se per le femministe postmoderne sono preferibili i punti
aderire; non è possibile neppure l’obiettività, in quanto non si può
di vista delle donne escluse e soggiogate non è perché essi siano
prescindere dal proprio punto di vista, quello in cui si è calati, non si
epistemicamente puri o privilegiati ma perché «sembrano promettere
può essere imparziali. Probabilmente per Nietzsche si può cambiare
resoconti del mondo più plausibili, più validi, oggettivi, trasformativi»11.
punto di vista, ma difficilmente assumerne più di uno alla volta.
Ovviamente bisogna considerare che la Haraway ridefinisce, come ho
17
Quaderni della Ginestra
detto poco fa, il concetto di oggettività. Interessante notare come i
distinzione oppresso-oppressore: tale impostazione femminista rischia
confini tra politica ed epistemologia vengano eliminati perché, essendo
di fissare certi ruoli quando invece, come fa notare Bat-Ami Bar On12,
tutte le prospettive parziali, la scelta di un particolare punto di vista
gli agenti delle società capitalistiche moderne sono a turno in relazione
deriva dalla agenda politica alla quale è associato. La preferenza è
di padrone-schiavo gli uni per gli altri.
politica, non epistemica: constatata l’inevitabilità del prospettivismo, la
Questa linea della valorizzazione della differenza si è ulteriormente
politica assume priorità rispetto all’epistemologia, anziché trarre forza
estremizzata nel femminismo della “standpoint epistemology”, che
da essa come accade tradizionalmente.
appare però problematico ed ambiguo, in quanto mentre nega
Le motivazioni per preferire i punti di vista dei soggiogati devono
l’esistenza di versioni non interpretative della conoscenza, ritiene
allora essere contestuali e pragmatiche: per esempio, essendo stati a
paradossalmente che alcune versioni catturino meglio di altre la realtà.
lungo esclusi sono maggiormente rivelatori; inoltre possono essere utili
In tal modo si ritorna al realismo e all’idea di un punto di vista
nel capire i meccanismi politici e soprattutto psicologici della
epistemologicamente privilegiato. Queste pensatrici sostengono che «noi
sottomissione. E’ interessante notare che uno degli elementi di valore
possiamo distinguere le credenze tra più e meno parziali e distorte […]
della prospettiva degli oppressi è la sua novità, in linea con il pensiero di
senza doverci impegnare nei confronti della credenza che i risultati della
Nietzsche sulla positività delle nuove narrazioni.
ricerca femminista siano veri»13. Secondo Nancy Hirschmann, per
Esiste però il rischio di cadere in una prospettiva del risentimento da
esempio, il punto di vista dei gruppi oppressi, da solo, permette di
parte dell’oppresso, per esempio se si volesse legare la validità esplicativa
vedere un maggior numero di aspetti relativi alle relazioni sociali che
ad una maggiore desiderabilità morale. Non si deve infatti dimenticare
opprimono tali gruppi 14. Il rischio è però evidentemente quello di
che anche quello dell’oppresso non è un punto di vista “innocente”,
tornare alla pretesa di una qualche sorta di giudizio oggettivo, alla
sebbene porti “nuova luce”: fortunatamente la Haraway sostiene la
subordinazione della politica all’epistemologia. Come attenuanti si
necessità di esaminare anche il punto di vista dell’oppressore, cioè di
possono però addurre la volontà di un approccio pragmatico e
creare un concerto. Sorge subito un’ulteriore questione, legata alla
funzionale, che permette di progettare azioni pratiche, e la presenza di 18
Individui e società
una gradualità dell’oggettività (sebbene non certo della imparzialità), come se, scaricato il punto di vista assoluto, esistessero solo punti di vista relativi più o meno grandangolari. All’estremità di questo gruppo spicca Sandra Harding: per questa filosofa c’è un mondo reale, una versione giusta per la conoscenza, ed è la prospettiva dell’oppresso (in particolare della donna) ad avvicinarvisi maggiormente in quanto conterrebbe anche quella dell’oppressore 15. In realtà questo privilegio appare come frutto di una visione un po’ fideistica e romantica che non spiega perché non ci dovrebbero essere distorsioni da parte degli oppressi. In pratica la Harding si limita a rovesciare la versione patriarcale rendendola matriarcale e ipotizzando per quest’ultima la purezza e l’assolutezza che vuole negare alla prima. Questa filosofa fa esattamente ciò che Nietzsche ha scritto per lo schiavo: trasforma la schiavitù in virtù, senza ammettere, come la Haraway, che si tratta solo di un’altra visione “situata” a cui dare priorità eventualmente solo da un punto di vista politico, non epistemologico.
2. Rinnovare la democrazia tornando a Nietzsche? Assai articolati appaiono anche i tentativi di modifica e sviluppo della democrazia tramite il pensiero di Nietzsche da parte di filosofi 19
MIL, NON DIRE UNA PAROLA CHE NON SIA D’AMORE, DA IN STELI SILENTI (2014), CERA, COLORE, CHIODI SU POLISTIROLO
Quaderni della Ginestra
americani (di sinistra) gravitanti nell’area postmoderna o post-analitica. Innanzitutto il prospettivismo viene considerato un valido anticorpo
rapido mutamento; un mondo che si sta sempre più distaccando dagli ideali dei democratici
classici come Rosseuau, Tocqueville e Mill e
a posizioni totalitarie, conservatrici, xenofobe e dogmatiche. Esso può
contemporanei come Rawls e Habermas. Senza arrivare a sostenere la
infatti essere interpretato come una forma di contestualismo, aperto a
democraticità di Nietzsche, Connolly vorrebbe elaborarne le idee per
capire e accettare le posizioni e le prospettive degli altri in virtù della
metterle al servizio di una democrazia al passo con la vita
contingenza della propria: come osserva Alexander Nehamas, esso è il
contemporanea.
«rifiuto opposto alla misurazione di persone e concezioni secondo
Il punto di partenza è l’idea che l’economia e la vita culturale abbiano
un’unica scala» 16. A favore del prospettivismo va inoltre considerata la
ormai una velocità che le pratiche deliberative democratiche non
sua attualità: lo spostamento da chiusure dogmatiche verso società più
riescono più a sostenere. Il tempo moderno sembrerebbe inospitale per
aperte è oggi diffuso, raccomandabile e forse inevitabile; lo
la democrazia tradizionale, a causa del ritmo accelerato dei media, delle
sperimentalismo nella definizione dei ruoli sociali, negli stili di vita e
tipologie di comunicazione, dello sviluppo tecnologico, della mobilità
nella morale e può infatti essere visto come prospettivismo in azione.
dei popoli, degli scambi culturali. Nell’Ottocento Nietzsche osservava
Alcuni filosofi si sono concentrati positivamente sia su elementi più
che quando il ritmo della vita accelera, la natura e l’essere devono
ovviamente inclusivi del pensiero di Nietzsche, come il pluralismo e lo
lasciare spazio all’arte, cioè alla creatività: si fa largo la constatazione
sperimentalismo, sia su elementi non propriamente democratici come
della contingenza e diventa quindi più difficile per la politica ricorrere a
l’aristocraticità (non in riferimento ad elites o oligarchie ma piuttosto
leggi di natura o decreti naturali; la gente diviene più sperimentale, meno
all’aretè) o la conflittualità, per ridescriverli e sviluppare sistemi
gerarchica17. Di fronte a tale accelerazione sarebbero possibili due
democratici di mediazione.
atteggiamenti: il fondamentalismo democratico, che si illude di poter
Un primo esempio di questo nietzschianesimo finalizzato ad
ridurre il ritmo della vita e adattarlo a quello della democrazia, e lo
aggiornare la democrazia si trova in William Connolly. Nietzsche
sperimentalismo democratico, che pensa esattamente il contrario. Lo
offrirebbe risorse per ripensare concetti politici chiave in un mondo in
sperimentalismo democratico, verso cui Connolly ovviamente propende, 20
Individui e società
asseconda l’aumento del ritmo e il conseguente aumento della
vista politico, è implicitamente una critica del dominio; questa è un’idea
sperimentazione: si diventa più attori, più artisti.
fondamentale per le società pluralistiche che vogliono dare uguali diritti
L’aumento della sperimentazione va poi di pari passo con l’aumento
a tutte le prospettive. La proposta di Warren è interessante e richiama
del pluralismo e quindi anche con quello della competizione tra
quella di alcune femministe, sebbene Nietzsche probabilmente non
differenti
agonismo
pensasse ad uguali diritti per tutte le prospettive; essa deve però
nietzschiano che però deve rimanere rispettoso delle differenze: è la
confrontarsi con il rischio dell’indifferenza del relativismo. Inoltre si può
deriva dell’agonismo il principale rischio della proposta di Connolly. Per
osservare che le istituzioni democratiche danno luogo a parità funzionali
evitarlo la democrazia deve adottare un pluralismo multidimensionale,
e procedurali che non sono poi legate a uguaglianze sostanziali; la
rendere organico il divenire e fare propria un’etica intraculturale capace
devozione ad un sistema democratico è quindi forse compatibile con
di governance democratica tra gruppi interdipendenti che fanno a capo a
una visione etica non egualitaria.
differenti
sperimentazioni,
sorgenti
morali18.
rendendo
Una
tale
organico
un
democrazia
velocizzata
E’ in questa direzione che si muove, ancor più di Connolly, il
paradossalmente conterrebbe le tre virtù che Connolly riconosce alla
postmoderno Lawrence Hatab 20, il quale proprio dal valore della
nobiltà secondo Nietzsche: autosperimentazione, pluralità nonché grazia
distanza e della differenza in Nietzsche vuole far ripartire la democrazia.
(sulla quale non conviene qui soffermarsi).
Anche tra questi pensatori pare riproporsi, come per le filosofe
Il pluralismo è anche una delle variabili nietzschiane apprezzate da Mark Warren, che però vede in Nietzsche addirittura il fondamento dei
femministe, la seguente questione: ‘prospettivismo come egualitario o come differenziante?’
valori progressisti del moderno razionalismo. L’importanza di Nietzsche
Hatab distacca la democrazia dalle sue radici egualitarie sviluppando
per il pensiero politico attuale risiederebbe nella sua promozione di «una
una forma di giustizia che permette discriminazioni culturali e politiche:
19
società pluralistica nella quale l’egalitarismo garantisce l’individualità» .
«a e b possono essere trattati ugualmente (o diversamente) quando sono
Warren mette tra parentesi il pensiero reazionario di Nietzsche per
uguali (o diversi) relativamente a c in d, dove a e b sono persone, c è una
concentrarsi sul fatto che il suo prospettivismo, applicato ad un punto di
particolare condizione o abilità e d un particolare contesto per il quale c
21
Quaderni della Ginestra
sia adatta»21. Tale formula darebbe luogo ad una stratificazione
quello europeo continentale.
meritocratica perfettamente compatibile con la democrazia, perché non
Questo inevitabile agon elogiato da Hatab può senz’altro costituire
entra nel piano delle essenze attribuendo ad alcuni singoli valore
una delle forze agenti all’interno di una democrazia, ma può essere
superiore a quello di altri: «un tale riconoscimento meritocratico
unica e indisturbata? Infatti rischia di creare un effetto centrifugo e di
dovrebbe essere del tutto contestuale e mai riduttivo al punto da
lotta permanente nella quale si esauriscono tutte le forze vitali. Inoltre il
designare come migliori o peggiori le persone in virtù di una loro
richiamo a Nietzsche dovrebbe essere adeguatamente aggiornato con la
essenza superiore»22. In questo modo è possibile discriminare tra le
realtà attuale. Quest’ultimo considerava gli individui creativi, in
persone, come lo è tra le prospettive, in base ad evidenze legate al
particolari gli spiriti liberi, come spinta e fini della società. Nella società
contesto e non per motivazioni a priori; sempre nietzschiana è anche
contemporanea esistono invece persone sovra-individuali ma non statali,
l’idea di giudicare dai risultati, dalle performances.
per esempio di natura economica come le multinazionali o di natura
Alla presenza della differenza si associa poi quella dell’agonismo.
politica come i partiti, che alla grandezza del potere associano povertà di
Hatab descrive la democrazia come una competizione tra differenti
creatività e di valori nonché ristrettezza di vedute e di finalità. Che cosa
prospettive, interessi e visioni; come un’attività agonistica, di
penserebbe Nietzsche del fatto che le società attuali rischiano di vedere
competizione e lotta, in accordo con la visione nietzschiana della realtà:
queste nuove forme di individui sbaragliare ogni concorrente?
«disaccordo e differenze sono il sine qua non di una politica democratica» 23.
ANTONIO FREDDI
Per Hatab la democrazia non deve rifiutare il disordine e la frizione della disputa politica, perché l’armonia e l’unanimità possono essere invece sospetti per la democrazia; l’agonismo del dissenso è essenziale alla deliberazione e alla giustificazione democratica. Si tratta di un agon più facilmente rinvenibile nel sistema politico americano rispetto a
1
F. Nietzsche, Also sprach Zarathustra, ‘Delle donnicciole giovani e vecchie’, 1885. Cfr. per esempio F. Nietzsche, Jenseits von Gut und Böse, 1886, 203 e 242. 3 H. Schotten (2009), Nietzsche’s Revolution, Palgrave, New York 2009, pp. 191-206. 2
22
Individui e società
Queer politics. Non ci sono fatti ma interpretazioni; il mondo non ha un senso, ma innumerevoli sensi che corrispondono ad altrettante interpretazioni formulate da punti prospettici differenti. 6 Per esempio J. Butler, Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity, Routledge, New York 1990, p. 33. 7 Per un esempio pratico, emblematico nonché divertente di tale “responsabilità del linguaggio” cfr. Carol Cohn, Sex and Death in the Rational World of Defense Intellectuals, «Signs», 1987, no. 4 (Within and Without: Women, Gender and Theory). 8 D. Haraway, Simians, Cyborgs and Women, Free Association Books, Londra 1991, p. 190; tr. it. (a cura di L. Borghi) Manifesto Cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo, Milano, Feltrinelli, 1995, p. 113. 9 D. Haraway, Simians, Cyborgs and Women, cit., p. 188 (tr. it. cit., p. 111). 10 D. Bergoffen, Perspectivism without Nihilism, in C. Koelb (a cura di), Nietzsche as Postmodernist, State of New York University Press, Albany 1990, p. 68. 11 D. Haraway, Simians, Cyborgs and Women, cit. p. 191 (tr. it. cit., p. 114). 12 B. A. Bar On, Marginality and Epistemic Privilege, in L. Alcoff e E. Potter (a cura di), Feminist Epistemologies, Routledge, New York 1993, pp. 83-100. 13 S. Harding, Whose Science? Whose Knowledge?, Cornell University Press, Ithaca 1991, pp. 184-185. 14 Per esempio in N. J. Hirschmann, Freedom, Recognition, and Obligation: A Feminist Approach to Political Theory, «American Political Science Review», 83, December, 1989, pp. 1229-1230. 15 S. Harding, The Science Question in Feminism, Cornell University Press, Ithaca 1986, p. 91. 16 A. Nehamas, Nietzsche. Life as Literature, Harvard University Press, Cambridge 1985, p. 68; tr. it. (a cura di M. Pera) Nietzsche: la vita come letteratura, Armando, Roma 1989, p. 85. 17 F. Nietzsche, Die fröhliche Wissenschaft, 1882, 356. 18 W.E. Connolly, Nietzsche, Democracy, Time, in H. W. Siemens e V. Roodt (a cura di), Nietzsche. Power and Politics,, De Gruyter, Berlino 2008, p. 139. 19 M. Warren (1988), Nietzsche and Political Thought, Mit Press, Cambridge (Mass.)1988, p. 157. 20 L. Hatab, A Nietzschean Defense of Democracy. An Experiment in Postmodern Politics, Open Court, Chicago 1995. 4 5
23
21 Ibidem, 22
p. 112. Ibidem, p. 112. 23 Ibidem, p. 86.
Quaderni della Ginestra
LEIB E INTERSOGGETTIVITÀ: UNA PROSPETTIVA SOCIOFENOMENOLOGICA IL SOGGETTO E L’INDIVIDUO :
L
NIETZSCHE IN
AMERICA a rilevanza sociologica della fenomenologia non è un tema molto
comunque degno di nota: Alfred Schutz. Il suo pensiero si inserisce perfettamente all’interno del dibattito attuale sulla conoscenza intersoggettiva, che si trova di fronte a una disputa tra due concezioni principali: la teoria della teoria della mente (TT) e la teoria della
dibattuto. Nonostante, infatti, tale corrente abbia rappresentato
simulazione della mente (ST). Secondo la prima, la nostra comprensione
una risposta al Positivismo e alla cultura europea del XIX-XX secolo, è
dell’alterità si basa sull’adozione di un atteggiamento teorico (quindi
solo negli ultimi anni che le tesi fenomenologiche hanno iniziato ad
meramente inferenziale e deduttivo). Per la seconda, invece,
essere prese in considerazione anche da sociologi e filosofi politici.
comprendiamo l’altro auto- simulando le sue credenze, i suoi desideri o
La tendenza generale di questi autori è quella di superare l’ottimismo
emozioni, ricorrendo dunque a un processo di modellizzazione. La
positivista, secondo il quale tutto è spiegabile attraverso le categorie
scelta sembrerebbe dunque ricadere tra un’analisi che privilegia la
della scienza, e sostenere, piuttosto, il valore di quello che Husserl
prospettiva
definiva “mondo della vita”: è all’interno dell’ambito prescientifico e
rappresentazionalista, che utilizza la prospettiva in terza persona.
in
prima
persona,
e
un
approccio
altrettanto
precategoriale che si formano i nessi significativi, compresi quelli di
Tuttavia, avvalendosi di esperimenti sociali mutuati dalle scienze
natura sociale, i quali quindi non hanno bisogno di fondazione
cognitive e focalizzandosi su alcuni testi della fenomenologia classica, e
scientifica. 1
in particolare su alcune opere di Schutz, è possibile rendersi conto
La questione della cognizione sociale, in particolare, si ritrova oggi al centro di numerosissime indagini: filosofi, neuroscienziati e psicologi condividono infatti l’interesse nei confronti della natura del rapporto
dell’esistenza di un’alternativa ad entrambe le posizioni: l’analisi attraverso la prospettiva in seconda persona. Scopo del presente testo sarà dunque quello di descrivere tale
che il soggetto intrattiene con il mondo. Le tesi husserliane godono,
approccio,
avvalendosi
di
contributi
tratti
dalla
tradizione
dunque, di una rinnovata fortuna, insieme alla filosofia di un altro
fenomenologica e dalla contemporanea psichiatria, e enfatizzando il
fenomenologo, non noto quanto il padre fondatore del movimento, ma
sottile filo conduttore che lega questi ambiti, apparentemente molto 24
Individui e società
lontani, sia metodologicamente che tematicamente. Inoltre, verrà
simbolico di Mead e dalla sociologia americana 2, con cui si era dovuto
sottolineata l’importanza del ruolo che la corporeità svolge nella
confrontare
cognizione sociale: l’interazione intersoggettiva è, infatti, una pratica
indubbiamente un importante contributo. In particolare, in Phenomenology
incarnata. Il corpo, inteso come Leib, soggetto psicofisico, funge da
of the Social World (1967), egli si interroga a fondo sul rapporto Sé- Altro,
mediatore nel mio incontro con l’altro: è dunque necessaria una
riconoscendo l’esistenza di una molteplicità ed eterogeneità di incontri
descrizione che renda giustizia a una corporeità troppo spesso vittima
interpersonali: di contro alle visioni semplicistiche della Simulation Theory
della tradizione cartesiana, che tanto ha pesato sul panorama filosofico
e della Theory Theory, Schutz sostiene così la necessità di rendere conto
successivo alla celeberrima dicotomia res cogitans-res extensa.
della complessità della vita intersoggettiva.
dopo
aver
abbandonato
l’Austria,
costituisce
Da un punto di vista metodologico, il lavoro schutziano è importante
1. Fenomenologia e sociologia nel pensiero di Alfred Schutz
perché egli fu l’unico, all’interno della tradizione fenomenologica, ad applicare la fenomenologia a studi sociali empirici e scientifici. Già
La tradizione fenomenologica vanta una sconfinata letteratura a
Merleau- Ponty, specialmente in Fenomenologia della Percezione, aveva
proposito dell’intersoggettività: non solo Husserl e la Stein, che per
utilizzato un approccio interdisciplinare, avvalendosi di casi mutuati
primi- quest’ultima in particolare- si interrogarono sul problema
dalla letteratura scientifica, ma concentrandosi piuttosto su altre
dell’empatia e sulla possibilità di una comunicazione intersoggettiva, ma
tematiche. Con Schutz possiamo assistere, invece, al tentativo di fondare
anche autori come Scheler, Merleau- Ponty e Sartre contribuirono,
una vera e propria fenomenologia sociale, che abbia come punto di
seppur in modi differenti e talvolta contrastanti, allo studio del rapporto
partenza l’analisi del mondo vissuto, piuttosto che lo studio delle
che il soggetto, inteso come Leib, intrattiene con il mondo che lo
strutture trascendentali e assolute.
circonda.
In quest’ottica, il corpo vissuto funge da mediatore nell’esperienza
All’interno di questa vasta produzione, il lavoro di Alfred Schutz, indubbiamente 25
influenzato
dal
pragmatismo,
dall’interazionismo
intersoggettiva, e assume un’importanza centrale. In Structure of the Life World, (1974) Schutz scrive:
Quaderni della Ginestra
«I immediately perceive another men only when he shares a sector of
di studio a Friburgo- ma di adottare e modificare le tesi husserliane a
the life- world’s space and of world time in common with me. Only
proposito dell’esperienza dell’alterità.
under those conditions does the Other appear to me in his live
Come Husserl, anche Schutz sottolinea l’opacità dell’esperienza
corporeality: his body is for me a perceivable and explicable field of
intersoggettiva: i vissuti altrui mi rimarranno sempre inaccessibili,
expression which makes his conscious life accessible to me» 3.
perché non potrò mai esperirli direttamente, così come non potrò mai percepire direttamente le motivazioni del comportamento altrui. Per
La relazione Sè-Altro si configura così come primariamente
questo, egli sottolinea l’importanza dell’interpretazione dei movimenti,
corporea, sulla stregua dell’intercorporeitè merleau-pontiana. Il corpo altrui
molto
non è un mero oggetto fisico, ma un campo espressivo che ci rivela la
all’immaginazione, o alla memoria (quindi avvalersi di una Theory
vita esperienziale di un soggetto diverso da noi. Il comportamento viene
Theory, di un’analisi in terza persona), secondo l’autore potrebbe essere
infatti “codificato” attraverso le espressioni di cui il corpo si fa veicolo, e
utile, tuttavia si ricadrebbe inevitabilmente in un’istanza solipsistica, di
delle quali molto spesso lo stesso soggetto è consapevole: il nostro
mera proiezione.
più
utile
di
una
semplice
osservazione:
ricorrere
corpo diviene così oggetto di osservazione e strumento di
L’intersoggettività implica invece una comprensione complessa e
comunicazione, configurandosi centrale ai fini della comprensione
completa non solo delle azioni altrui, ma anche delle motivazioni ad
intersoggettiva.
esse sottostanti: le espressioni corporee offrono infatti significati che
Per questo motivo, Schutz distingue tra movimenti espressivi (che non hanno alcun intento comunicativo), e atti espressivi (che invece lo
sono rappresentativi di determinati contesti, rendendo possibile la comunicazione sociale.
posseggono). Tale distinzione è ripresa direttamente dalle Ricerche Logiche
Alla base del rapporto tra uomo e società vi è quello che Schutz
di Husserl, a testimonianza della volontà, da parte dell’autore austriaco,
chiama “incontro face-to-face”, vera e propria “matrice” della vita
di non porsi in netto contrasto con il pensiero del maestro -il quale,
intersoggettiva: in tale tipo di relazione, due soggetti entrano in contatto
piuttosto, lo ammirava a tal punto da offrirgli un posto nel suo gruppo
in modo concreto, condividendo un contesto motivazionale nel quale i 26
Individui e società
loro flussi di coscienza si intrecciano. I due agenti possono esperirsi
fenomenologica sarà dunque quello di analizzare la molteplice varietà
reciprocamente e contemporaneamente: tale contatto diretto permette
della vita intersoggettiva, mantenendo come punto di partenza il
una comprensione non riflessiva e intenzionale, nella quale il corpo
mondo-della-vita nel quale i soggetti si trovano inseriti. Schutz sostiene,
espressivo altrui è fondamentale, così come il contesto, che ci fornisce
inoltre, che il mondo quotidiano, trovandosi in un ambiente storico e
schemi interpretativi. Questo genere di incontro rappresenta il primo
culturale ben definito, è intriso di significati che condizionano la vita
caso di relazione sociale: ciò che ne emerge è un “noi”, un flusso di
sociale dei soggetti. Mentre, infatti, la relazione sociale dell’incontro
coscienza peculiare che unisce le prospettive di entrambi gli agenti
“faccia- a- faccia” permette un’interazione diretta con l’alterità,
coinvolti. E’ importante sottolineare come, per Schutz, tale relazione,
anch’essa condizionata dal contesto circostante, il vicino del co- mondo,
detta
e
ovvero un agente che non condivide il mio stesso segmento spazio-
contestualizzata: la nostra conoscenza dell’alterità non avviene, infatti, in
temporale e che, quindi, non posso esperire tramite la presenza
un “vuoto”, ma in un contesto storico, sociale e culturale, utile a capire
corporea, può essere colto solo tramite un’esperienza indiretta (detta
perché l’altro agisca in un determinato modo. La centralità attribuita al
“they-oriented”), attraverso il fenomeno della tipizzazione, ovvero
corpo e all’ambiente è un tema di grande attualità, che rende l’autore
considerandolo come un nucleo di proprietà poste in modo invariante.
decisamente all’avanguardia rispetto ai suoi contemporanei.
In tale contesto, Schutz distingue tra tipi ideali caratteriologici
“relazione
sociale
ambientale”,
sia
sempre
concreta
Risulta sempre più chiaro come, per Schutz, la cognizione sociale
(schematizzati in base al carattere e al temperamento) e tipi ideali
non sia affatto il risultato di teorizzazione (Theory Theory) o simulazione
abituali (individuati tramite le funzioni sociali che svolgono). La
(Simulation Theory), ma sia un processo dinamico e concreto, nel quale
comprensione dell’alterità si configura quindi come un tipo di
l’altro viene colto in modo immediato come presenza corporea e unità
conoscenza variegato e contestualizzato.
psicofisica (Leib). Tale processo non è affatto un fenomeno unitario: al
Il passaggio dalla prospettiva “face-to-face” a quella “they-oriented”
contrario, l’alterità si può presentare in diversi modi, e, in certi casi, non
non comporta, secondo il fenomenologo, eccessivi problemi e
appartenere alla nostra contemporaneità. Compito di una sociologia
incoerenze: secondo lui, infatti, anche nella relazione “faccia-a-faccia”
27
Quaderni della Ginestra
spesso si trascende il “qui e ora” e si utilizzano dati contestuali per
sovratemporali, ma individui situati in un contesto pragmatico che
interpretare l’alterità. Il tipo ideale viene dunque acquisito come parte
condiziona le loro intenzioni.
della nostra conoscenza, e influenza le nostre interazioni, dirette ed indirette che siano: come sostiene l’autore, i “contenuti di coscienza
2. Thomas Fuchs: fenomenologia e cognizione sociale
possono venire colti solo mediante una tipizzazione”4. L’importanza attribuita al contesto, all’ambiente e al “mondo-della-
Si è visto come l’incontro “face to face” descritto da Schutz
vita”, oltre che l’accento posto sul ruolo svolto dalla corporeità, pone il
presupponga una comprensione dell’alterità di tipo ante-predicativo,
pensiero schutziano in diretto contrasto con le odierne Simulation
mediata da una corporeità espressiva e condizionata dal contesto
Theories e Theory Theories. Entrambi questi approcci considerano,
circostante.
infatti, la mente come una realtà nettamente separata dalle altre, e
Recenti sviluppi in ambito neuroscientifico e psichiatrico sembrano
destinata a rimanere nascosta e incompresa, se non, appunto, attraverso
confermare la validità delle sue tesi, che si pongono decisamente in
processi simulativi o inferenziali. Queste teorie hanno inoltre il limite di
contrasto al celeberrimo dualismo tra Simulation Theory e Theory
non prendere in considerazione fattori importanti all’interno di una
Theory. In particolare, è stato introdotto nel lessico delle scienze
teoria cognitiva, specialmente se si parla di cognizione sociale, ovvero
cognitive il concetto di “second- person perspective”. Avvalendosi di
l’interazione fra i soggetti, il ruolo del corpo, inteso come corpo vivo, e
nozioni tratte direttamente dalla fenomenologia, e di scoperte sullo
lo sviluppo dei rapporti sociali, che esse spiegano ricorrendo
sviluppo della prospettiva sociale nell’infanzia, pensatori come
semplicemente a meccanismi neurali, certamente necessari, ma non
Gallagher e Zahavi, ma anche Thomas Fuchs, rappresentanti di un
sufficienti a una spiegazione completa del fenomeno.
nuovo tipo di fenomenologia che si può definire “analitica”, sostengono
Al contrario, la riflessione di Schutz sembra essere coerente a un
la validità di un’intersoggettività basata su una percezione immediata e
approccio enattivo e fenomenologico, per il quale risulta di primaria
su un’interazione incarnata con l’alterità, senza che si presenti la
importanza il fatto che gli agenti non siano entità sovraspaziali e
necessità di ricorrere a teorie o simulazioni. 28
Individui e società
E’ nel pensiero di Thomas Fuchs in particolare che si può
simulazione e deduzione. Solo in un secondo momento è possibile
individuare una descrizione accurata di tale tipo di approccio, il quale
“oggettivare” l’alterità, tramite un’analisi in terza persona, oltre ad avere
sembra condividere alcuni punti con la relazione “face-to-face” di
una conoscenza più approfondita di se stessi: grazie alla relazione
Schutz. Secondo Fuchs, infatti, un’interazione sociale incarnata in
“faccia- a- faccia” con l’altro, infatti, mi è possibile vedere me stesso con
seconda persona non solo è la base della cognizione intersoggettiva, ma
i suoi occhi ed ampliare la consapevolezza che ho della mia persona.
è anche condizione necessaria affinché si sviluppino le prospettive in
Tali affermazioni sono supportate da studi condotti sullo sviluppo
prima e terza persona. Come per Schutz, che considerava l’incontro
della prospettiva attraverso la cognizione incarnata. Sembrerebbe infatti
faccia a faccia una relazione ante- predicativa con l’alterità, i sostenitori
che, già intorno ai due- tre mesi di vita, si assista nei neonati a una
di tale approccio sostengono che, nella maggioranza dei casi, non si
forma di intercorporeità, una co- esperienza in cui sono immersi madre
usano simulazioni introspettive o inferenze, ma si percepiscono le
e figlio: questo dimostra la presenza di una forma primaria di
emozioni e intenzioni altrui in modo immediato, collegandole a un
prospettiva in seconda persona, per cui i neonati non inizierebbero a
contesto significativo.
percepire il mondo da una prospettiva centrata sul Sé, ma sarebbero da
In quest’ottica, la corporeità assume un ruolo fondamentale: non
subito un Sé-con-l’altro. Tale situazione sarebbe anche la condizione di
solo vediamo la rabbia nelle espressioni e nei movimenti altrui, ma è
possibilità per lo sviluppo della prospettiva in prima e in terza persona,
come se la sentissimo anche con il nostro corpo. Questa mutua
ovvero per l’autoconsapevolezza di Sé e per la comprensione della
risonanza corporea è una caratteristica delle interazioni in seconda
prospettiva altrui.
persona: comprendere l’alterità comporterebbe, infatti, una reazione
Il passaggio dalla condivisione alla comprensione della prospettiva
che, a sua volta, influenzerebbe il comportamento altrui, e così via,
altrui avverrebbe, secondo studi condotti da Melzoff e Moore, in modo
attraverso un processo denominato da Fuchs “mutua incorporazione”.
graduale, per poi stabilizzarsi intorno ai quattro -cinque anni di vita.
Tale processo non consiste in una sorta di contagio, ma è una
In quest’ottica, la condivisione delle prospettive si configura come il
comunicazione non verbale molto più intima di qualsiasi osservazione,
presupposto fondamentale per lo sviluppo intersoggettivo, che può
29
Quaderni della Ginestra
essere letteralmente “allenato” tramite quella che Fuchs definisce “memoria collettiva corporea”: un set di disposizioni grazie alle quali gruppi sociali condividono vissuti e pongono le basi per ulteriori esperienze collettive. Si tratta di una sorta di “operative weintentionality”, termine che lo studioso mutua dalla filosofia del francese Merleau- Ponty. Esempi pratici di questa “intenzionalità collettiva” sono i giochi di gruppo, come il calcio:
“A player who is involved and caught up in the game, and just not to what he sees but to what he foresees in advance in the directly perceived present: he passes the ball not to the spot where his teammate is but to the spot he will reach (…)a moment later, anticipating the anticipations of the others (…).The “feel” for the game is the sense for the imminent future of the game, the sense of the direction of the history of the game that gives the game its sense”5.
Anche i rituali possono essere annoverati tra gli esempi di questa prospettiva condivisa: tali atti sociali, caratterizzati da significato simbolico, implicano una sorta di radicamento corporeo e un’esperienza multisensoriale sedimentata negli individui coinvolti. Da un punto di vista fenomenologico, risulta quindi evidente quanto
MIL, RICORDO FRAGILE, DA ESSENZA D’ASSENZA (2008)
30
Individui e società
sia complessa la vita intersoggettiva, in costante oscillazione tra il senso
dal mondo, a fornire modelli di comprensione. Piuttosto, l’individuo si
di Sé e il senso intersoggettivo, mutualmente correlati: mentre, infatti,
trova fin dalla nascita incorporato e immerso in un determinato
l’individuo si trova immerso, quasi fin dalla nascita, in una prospettiva
ambiente. Impossibile non pensare anche a Merleau- Ponty, che, in
condivisa, è proprio grazie alla scoperta della prospettiva altrui che il
Fenomenologia della Percezione, descrive più volte il soggetto come
soggetto impara a conoscere se stesso. Attraverso gli altri, realizzo di
“incarnato in un corpo e immerso nel mondo-della- vita”.
essere una persona fra tante. Come sostiene Husserl, avviene un
Fenomenologia e scienze cognitive si trovano così a condividere una
decentramento dell’io: comprendo che il mio punto di vista non è
visione di soggetto ben lontana da ogni forma di assolutismo e
l’unico, ma uno fra tanti, e che esistono numerose datità il cui centro di
kantismo, e si può sostenere che, in quest’ottica, non solo è possibile
orientazione non è il mio corpo. L’altro è mitgegenwart: presente altro dal
considerare la mente stessa come qualcosa di incarnato, esteso e
mio, che non viene esperito in modo diretto e immediato come il mio,
dinamico, ma è anche lecito iniziare a considerare lo stesso cervello un
ma che a sua volta costituisce me.
organo essenzialmente relazionale, in quanto incorporato nei nessi
La comprensione sociale si configura così come un processo
significativi che i soggetti intrattengono con l’ambiente ad essi
dinamico di mutua incorporazione tra due soggetti psicofisici che si
circostante. La funzione del cervello, dunque, sembrerebbe quella di
influenzano a vicenda, e non semplicemente tra due menti: in altre
mediare e rendere possibili tali interazioni, mentre, a sua volta, viene
parole, avviene la formazione di uno stato diadico corporeo, di
continuamente strutturato da esse.
un’intercorporeità condivisa.
E’ bene sottolineare come Fuchs, nel descrivere tale soggetto agente,
Ulteriore caratteristica del rapporto intersoggettivo si può individuare
ricorra esplicitamente alla nozione di Leib, e avvalendosi di tesi
nel ruolo svolto dall’ambiente, dal contesto storico e culturale nel quale i
scientifiche e neurobiologiche, riesca a dimostrare l’esistenza effettiva di
soggetti si trovano ad agire. Ancora una volta l’eco della fenomenologia
interazioni tra organismo e ambiente, che costituiscono la base per lo
di Schutz si fa evidente: anche secondo Fuchs, infatti, non è affatto il
sviluppo della mente e del cervello. Processi fisici (tipici del Körper, del
cervello, inteso in senso assoluto, come organo rigorosamente isolato
corpo biologico) e organismo vivente (Leib) vanno così a formare un
31
Quaderni della Ginestra
tutt’uno, un individuo complesso originariamente connesso all’ambiente circostante, che lo plasma.
Anche Max Scheler aveva sostenuto una tesi simile: egli, infatti, aveva distinto tra “fattori reali”, ovvero elementi di carattere scientifico, biologico, e “fattori ideali”, che comprendevano il mondo della cultura. 2 Si pensi, ad esempio, alla sociologia critica di Robert Lynd, o David Riesman, ma anche all’approccio di Charles Mills, il quale sottolineava l’importanza del contesto, di contro alle teorizzazione empiriche e astratte. 3A. Schutz (1974), Structures of the Life World, Heinemann, London 1974, trad. italiana Schütz A. (1974), La fenomenologia del mondo sociale, Il Mulino, Bologna. 4 Ibidem, pag. 257. 5 P. Bourdieu, Le Sens Pratique, Minuit, 1980, trad. inglese The Logic of Practice, by R. Nice, Standford University Press 1992. 1
3. Conclusione L’immagine di soggetto che emerge dalle teorie prese in considerazione è quella di un Leib essenzialmente connesso all’alterità e all’ambiente, ovvero un individuo il cui corpo si fa matrice dell’identità sociale, in costante oscillazione tra distinzione e partecipazione. L’adeguatezza dell’utilizzo di una prospettiva in seconda persona risulta evidente, in quanto il rapporto intersoggettivo si configura come il frutto di un’interazione dialogica complessa, non di un’analisi meramente oggettiva, né tantomeno di una riflessione introspettiva. Non conosciamo l’altro tramite modelli precostituiti: piuttosto, la conoscenza è il frutto di una mutua incorporazione, di un rapporto gestaltico in cui sono coinvolti soggetto e mondo. L’individuo appare così come un agente corporeo, che determina ed è determinato sia dall’ambiente fisico, sia dall’ambiente sociale e culturale: compito della fenomenologia sarà dunque quello di analizzare l’esperienza vissuta contestualizzata.
VALERIA BIZZARI 32
Individui e società
LA STANZA ENORME. DESCARTES, TRA VITA RITIRATA E COMUNITÀ
nella tranquilla solitudine delle Province Unite, è tuttavia necessario comprendere meglio questa condizione di solitudine che sta alla base del pensiero filosofico e scientifico della modernità stessa. Oggetto di questo lavoro, pertanto, è una ricerca tra i testi cartesiani
Da un lato la necessità di isolarsi per dedicarsi
tesa a mostrare una variazione significativa di questa rappresentazione,
al proprio lavoro scientifico è la prima di tutte le necessità
sottolineando, attraverso le caratteristiche delle relazioni scientifiche e
[…] dall’altro è grandissimo anche il pericolo che questo
intellettuali che Descartes intraprende, le varietà del suo filosofare.
isolarsi […] finisca per avere un effetto non più di stimolo
Capire meglio il senso e il significato di questa solitudine, inscrivendola
[…] ma di freno, di annientamento di questo lavoro.
nell’esercizio filosofico proprio delle comunicazioni di Descartes,
(Th. Bernhard, Sì)
dunque, permette una migliore comprensione di quell’io che è vero motore della sua filosofia, e permette di stabilire la relazione tra i rami
N
del suo sapere filosofico, che uniscono le scienze teoriche alle scienze onostante l’interpretazione più diffusa di René Descartes (1596-
pratiche, la fisica alla medicina, alla meccanica e alla morale, di cui la
1650) lo raffiguri come filosofo solitario del poële, stanza
politica è parte. All’interno di questo incrocio relazionale emerge una
riscaldata in cui si ritira in isolamento per disvelare il fulcro del pensiero,
precisa costituzione della società degli uomini non come mere
liberando la mente dalle cose e dalle distrazioni del mondo, la biografia
individualità distinte tra loro, ma come una società di membri.
scientifica cartesiana ha mostrato una personalità più complessa, che non ne limita la biografia al deserto e all’isolamento, ma che ha fatto
1. Un solipsismo metafisico. Il deserto nederlandese
dell’incontro filosofico e della condivisione scientifica uno spazio di elezione intellettuale. Se l’immaginario ha sempre rappresentato
È nota l’immagine con cui Vopiscus Fortunatus Plemp (1601-1671)
Descartes come il filosofo solitario che fuggendo dalla Francia approda
ricorda in una lettera del 1652 un incontro avvenuto con Descartes:
33
Quaderni della Ginestra
«ignoré de tous, Descartes se cachait dans la maison d'un marchand de
campagna francese. Anzi, la sua solitudine nella capitale è in un qualche
drap [...]. Je l'y ai vu bien souvent et ai toujours trouvé un homme qui ne
modo più completa di quella che l’amico letterato può sperimentare in
lisait pas de livres et n'en possédait point, voué à ses méditations
campagna 4. Si tratta, infatti, di una solitudine sociale: nella capitale
solitaires et les confiant au papier, quelquefois disséquant des animaux,
olandese, l’attenzione è tutta rivolta al commercio e Descartes può
1
ainsi qu'Hippocrate trouva Démocrite près d'Abdère» . Spirito immerso
muoversi tra la folla, immerso nei propri pensieri, «senza essere visto da
in meditazioni solitarie, ma anche uomo di scienza simile a Democrito
nessuno» 5. Contro il caos parigino, nutrito di curiosità e distrazioni
che, isolato dalla città, e creduto pazzo, se ne stava circondato di
intellettuali, la concentrazione mercantile negli affari è quiete e
dissezioni anatomiche, immerso nei propri studi alla ricerca della bile
tranquillità per l’esercizio intellettuale del filosofo, che può muoversi
nera, così è rappresentato Descartes dall’amico. E come nell’esempio
liberamente 6. Parigi, quindi, assieme al rumore e al chiasso che
ippocratico, l’intrus del filosofo non corrisponde all’extra. Descartes è
accomuna Germania e Italia, è luogo di confusione e distrazione, luogo
chiuso e inospitale, ha un mondo al proprio interno che è diverso e
di dispersione della conoscenza, a cui la solitudine vissuta nelle strade
separato rispetto all’esterno.
nederlandesi è contrapposta. D’altra parte, è Descartes stesso ad
Inteso come distanza dagli uomini, isolamento e solitudine utile alla
ammettere di tenere ormai in grande considerazione cose che non
riflessione, il deserto in cui Descartes si rappresenta nelle lettere del suo
interessano i più, e cioè di preferire la tranquillità e una condizione di
secondo arrivo nelle Province Unite2, è contrapposto alla confusione e
isolamento, in quanto favorevoli alla propria occupazione intellettuale di
alla distrazione parigina. Lo spazio di isolamento delle Province è
ricerca della verità.
lontano dalle inquietudini cittadine. Il deserto è luogo di esercizio
La solitudine è, pertanto, modalità rilevante dell’esercizio della
dell’ingegno e della conoscenza vera. È sempre Descartes a descriversi
conoscenza. L’inizio della seconda parte del Discours de la Méthode, così,
come spirito solitario, mentre vaga per la caotica Amsterdam,
situa la geografia intellettuale del metodo in un luogo solitario, al riparo
paragonando la propria condizione a quella dell’amico Jean-Louis Guez
dalle conversazioni che distraggono, senza alcuna preoccupazione, né
de Balzac (1597-1654), che ha «lascia[to] il mondo»3 e si è ritirato nella
passioni, in un isolamento dal gran libro del mondo che alla fine della 34
Individui e società
prima parte aveva aperto speranzoso di trovarvi maggiore verità che
solitudine caotica degli «hommes de lettres nei propri cabinets»12, ma al
non nel mondo di carta della scuola. Solo, chiuso in una stanza
tempo stesso deluso dall’irriducibilità delle differenze del mondo. Le
riscaldata, solo col «piacere di meditare i propri pensieri»7, pertanto, il
speculazioni dei primi, infatti, immersi nella confusione dell’accumulo di
giovane Descartes elabora un metodo nuovo per ordinare la conoscenza
curiosità e rarità, si perdono senza produrre alcun effetto, alcuna
vera. Egli riconosce l’imperfezione delle opere compiute da più mani, e,
conoscenza vera, alcuna conseguenza se non una vanagloria ben lontana
attraverso una serie di paragoni presi da diversi ambiti (architettura,
dal senso comune. L’artificio e il motto d’ingegno ne caratterizzano
urbanistica, politica, scienza e filosofia), istituisce l’identità tra l’unità del
l’esercizio intellettuale. Contrapposti a essi, i ragionamenti degli artigiani,
sapere e l’unità del soggetto conoscente. La stanza riscaldata 8, infatti,
benché più concreti e più veritieri, sono parimenti soggetti alla diversità,
non è solo luogo di isolamento rispetto alle distrazioni, ma è
e pertanto instabili. Entrambi, dunque, sono esempi negativi utili per
espressione di una modalità individuale della conoscenza vera. Là dove
allenare l’ingegno alla ricerca della conoscenza, utili nella misura in cui
sono state costruite dall’accumularsi di opinioni di autori diversi, «le
mostrano errori da evitare. Attraverso di essi, l’io del filosofo si è
scienze dei libri […] non si sono per nulla avvicinate alla verità come i
allontanato dal proprio paese e dai propri libri13, avvicinandosi alla
semplici ragionamenti che un uomo di buon senso può fare» 9. Emerge
condizione migliore. La conoscenza vera si può completare solo nello
un ‘io’ solitario, a cui viene consegnato il compito di ricostruire la
studio dell’io. Questo esercizio si attua nella seconda parte,
scienza, aggiustando «au niveau de la raison»10 i principi della conoscenza.
accompagnato dalla solitudine intesa come tranquillità contro
L’io, infatti, connota le prime tre parti del Discous. Nella prima è un
l’inquietudine di certi spiriti14 e contro la pluralità delle voci15: l’io è solo
soggetto che giudica la propria formazione, un io contro gli Antichi. Un
nella ricerca della verità, la cui certezza è situata sull’ordine della ragione.
io che non si fa maestro e che non vuole allievi, ma che mostra come
Fondata la conoscenza sull’evidenza dell’intelletto, l’io definisce gli
11
abbia condotto la propria ragione , prendendo le distanze dai
errori da evitare, precipitazione e prevenzione, a cui contrappone un
suggerimenti moralistici di chi vuole imporre ai singoli la propria
lento esercizio di liberazione dalle opinioni errare inteso come
visione, riunendo tanti individui distinti. Si tratta di un io distante dalla
svuotamento dei dubbi, e un esercizio di accumulo di esperienze da
35
Quaderni della Ginestra
passare al vaglio della ragione vera. L’esercizio del metodo, che è
sogni, agli inganni, agli incanti e alle passioni a cui il soggetto è
esercizio individuale, permette all’io di affermarsi sempre di più 16. La
quotidianamente sottoposto. L’esercizio dell’io è solitario, isolato. Dalla
terza parte fornisce alcuni spunti morali per vivere nel mondo. Si tratta,
finestra il meditante non vede che mantelli e cappelli, invece che esseri
in ogni caso, di precetti per l’io, per un individuo solitario che viaggia da
umani suoi pari. La ricerca del fondamento della conoscenza si trova
17
solo nella foresta e nel labirinto del mondo , e che deve essere pronto a
nella rarefazione del sociale e dell’umano stesso. Persino credere
cambiare se stesso, i propri desideri, più che il mondo. È un io isolato,
nell’esistenza di Dio diventa, nella seconda meditazione, esito dell’io e di
che osserva gli altri, spettatore più che attore 18: ogni avvenimento è
un’immersione abissale dentro di sé, nel profondo della ragione. L’ego
sottoposto ai ragionamenti chiari e certi dell’io, al fine di trarne delle
cogito, ego sum, infatti, evidenza prima a sostegno della conoscenza,
conclusioni sicure. Nove anni dopo il poële, senza aver ancora «preso
caratterizza la conoscenza di un io isolato.
parte sulle difficoltà che sono disputate tra i dotti, né cominciato a
Tuttavia, si tratta di un soggetto complicato, il cui itinerario non
cercare i fondamenti di una filosofia più certa che quella volgare» 19,
abbandona il confronto con le cose del mondo. Al contrario, la ricerca
un’esigenza di solitudine (riassunta dalla somma di queste tre parti)
della solitudine non ha come unico confine entro cui individuare l’io il
guida l’io verso le Province Unite, in un luogo solitario e ritirato in cui
solipsismo del pensiero. La ragione fonda la conoscenza vera e
portare a compimento la propria filosofia 20.
caratterizza l’esistenza certa dell’individuo; in qualche modo ne è la base
La solitudine caratterizza l’itinerario filosofico nel suo complesso:
metafisica. La solitudine del poële, infatti, non è l’unico spazio della
dalla fondazione del metodo, alla morale, fino alla costruzione della
scienza, ma ne sta a fondamento. Il confronto con il reale, con le
filosofia prima e allo studio delle scienze naturali. Il percorso meditativo
esperienze e con gli incontri è necessario. Non vi è alcuna esaltazione
che caratterizza la quarta parte del Discours è un percorso individuale.
del deserto come assenza assoluta del mondo, ma l’esercizio della
Sono le Meditationes de prima philosophia a renderlo esplicito. Si tratta di un
ragione si definisce prima nella solitudine del sé, poi si esercita nel
itinerario solitario, un deserto di cose e oggetti: tutte le esperienze
confronto col mondo. Il deserto non «prefigura una programmatica
vengono eliminate, l’infanzia, l’inconscio, la sensazione, fino alla follia, ai
fuga dal mondo» 21, ma una necessità fondativa della conoscenza, 36
Individui e società
esercizio filosofico, non mero strumento retorico, né unico spazio del
l’esercizio della ragione a ricondurre la varietà del reale al proprio ordine
reale. Lo spazio deserto del solitario, infatti, ha una caratterizzazione
definendo l’azione conoscitiva. Così, infatti, la stanza riscaldata si
temporale: è epistemologicamente funzionale solo in un tempo primo e
contrappone al chiacchiericcio dei circoli e alla curiosità degli importuni,
assoluto della conoscenza. Lo spazio del mondo, che spinge dall’esterno
non ai confronti in quanto tali; parimenti, la chiusura del mondo di carta
della stanza riscaldata, entra nel tempo delle scienze.
non corrisponde alla chiusura di tutti i libri22. L’io atomico del meditante non si esaurisce a particella di pensiero puro, a esclusione assoluta
2. Lo spazio del mondo. I confronti della scienza e della politica
dell’esteriore e dell’esterno, a rifiuto dei confronti. Nell’itinerario meditativo, infatti, l’io giunge a riconoscersi come unione dell’anima e
Il tempo delle scienze si caratterizza come alternarsi di riflessione
del corpo e, attraverso la definizione di unione sostanziale, si riapre al
individuale e raccolta di esperienze, discussioni, collaborazioni. Il
confronto col reale.
soggetto, infatti, non è solo, ma esercita la conoscenza vera nello spazio
Il composto di anima e corpo è fondamentale sia per definire l’io
del mondo: l’esterno e gli altri non sono esclusi definitivamente. La
cartesiano nella sua totalità, sia per dare fondamento alle scienze:
solitudine del poële attiene al tempo della scienza inteso come definizione
mentre la scienza cartesiana si realizza nell’anima, in ciò che non è
della conoscenza vera come evidenza intellettuale, un momento atomico
esteso, le scienze si sviluppano nell’estensione, nel confronto con le
dell’io, un’esperienza unica e fondamentale; l’esercizio della ragione
cose. Le passioni sono necessarie, perché aprono alla varietà del reale,
spettatrice nel mondo costituisce un momento di confronto ancora
permettendo all’io di adattare le idee alle cose. Garantita dall’evidenza
acerbo, che richiede sempre un esercizio attento e individuale per non
intellettuale della scienza, le scienze non si ottengono attraverso una
ricadere nell’indecisione dovuta alle troppe opinioni discordanti;
chiusura autoreferenziale della mente al mondo esterno. L’io meditante,
l’esclusione dell’esterno da parte del meditante è un’operazione di
infatti, è posto in situazione e, piano piano, ricostruisce la sua interezza,
fondazione
avendo nella vigilanza della ragione il proprio fondamento: si scopre
della
possibilità
della
conoscenza.
Se
l’interiorità
dell’individuo cartesiano non corrisponde all’esteriorità, tuttavia, è 37
composto di corpo e anima, e scopre la realtà del mondo esterno.
Quaderni della Ginestra
Sensazioni, passioni, esperienze e incontri sono aspetti rilevanti della conoscenza e della vita. Nelle Meditationes, infatti, Descartes elimina il pericolo di considerare le idee «da sole in sé», poiché se non sono riferite a qualcos’altro, benché non possano «essere false», possono portare a immaginare qualsiasi cosa, anche oggetti irreali come la chimera. Il fatto che il pensare la chimera costituisca un’idea vera mette in guardia contro l’isolamento puro del pensiero, che nel momento in cui ricongiunge i propri pensieri con le cose al di fuori è costretto a forzarne la non-conformità e rischia di cadere nel gorgo del non-corrispondersi. Al contrario, il pensiero deve essere conforme al reale: pur mantenendo la primalità conoscitiva, «le idee che si trovano in me [sono] simili o conformi a certe cose che stanno fuori di me» 23. Le idee, infatti, posseggono una realtà obiettiva che indica l’entità della cosa rappresentata dall’idea: «tutto ciò che percepiamo come se fosse negli oggetti delle idee è obiettivamente nelle idee stesse» 24. Oggetto delle Meditationes diventa la definizione delle modalità di accesso dell’io pensante alla realtà, che quindi ritorna centrale nella relazione conoscitiva (la sostanza, infatti, è definita dal pensiero, e la conosciamo attraverso gli atti del pensiero 25). Nella sesta MIL, IMPURO DIALOGO (PART.),DA IN STELI SILENTI (2014), ACRI LICO E CARTA SU LEGNO
meditazione Descartes afferma che «le idee percepite col senso erano molto più vivide ed espresse e, a loro modo, anche più distinte di quelle 38
Individui e società
che ero io a fingere, meditando prudente e consapevole» 26, tanto da
Anche nei luoghi della corrispondenza in cui si sottolinea
trarne la convinzione, costruita sull’evidenza della terza meditazione
l’isolamento come momento necessario della conoscenza, Descartes
secondo cui le idee delle cose corporee provengono dall’io27, che le idee
ricorda l’importanza di incontri e confronti con uomini, cose e realtà
dei sensi siano simili a quelle della ragione pura. Questo è possibile
diverse. Nel 1629, invitava Jean Ferrier nel suo deserto, al fine di poter
28
perché le idee sono modi della sostanza pensante , la cui unità al corpo
costruire assieme a lui un macchinario per molare lenti convesse. Nel
permette di riceverne il contenuto dalle cose sensibili. L’esistenza delle
1631, se non andasse contro l’ispirazione divina dell’amico, Descartes
cose corporee e la definizione del mio corpo proprio rende possibile la
vorrebbe invitare anche Guez de Balzac a rientrare nel mondo e a
conoscenza del reale. Al contempo, rende necessaria la partecipazione
raggiungerlo nel suo deserto, che è luogo di confronti, come rivela
dell’io alla vita del mondo, alla condivisione. Lo spazio dell’io, allora,
l’elogio della città di Amsterdam, in cui la filosoficità insita nella vita
non è la sola mente, ma il corpo proprio con le relazioni che questo
civile e politica della capitale olandese31 è luogo di commerci e di
intraprende.
incontri32, anch’essi fondamentali alla conoscenza. Il deserto di
Aprendo alla socialità dell’io in un modo del tutto inatteso, le
Descartes, così, è differente dal deserto scettico di Michel de Montaigne
Meditationes danno spazio e legittimità al confronto con gli altri e con la
(1533-1592), secondo cui lo stare da soli consiste nello «spogliarsi della
realtà. Rispondendo ai quesiti della Principessa Elisabetta di Boemia
società poiché non possiamo apportarvi nulla»33, espressione di una
(1618-1680) sull’unione dell’anima e del corpo, Descartes indica
dissociazione tra uomo pubblico e privato. L’io degli Essais del
l’importanza del «vive[re] e conversa[re] [al fine di] concepire l’unione» 29.
perigordino è un individuo isolato e fuori dal mondo, ritirato nella
Fondata sulla filosofia prima, una socialità dell’io è possibile e necessaria
propria biblioteca34. Al contrario, l’incontro costante con gli altri, purché
alla conoscenza. Il saggio non deve essere insensibile30, scrive sempre a
non siano troppo curiosi né importuni, e non il semplice ricordo degli
Elisabetta nel 1645, riferendosi principalmente alla tristezza che colpisce
incontri, è importante nella vita filosofica cartesiana, così come nella
la principessa di Boemia, ma anche alla relazione tra passioni e
scienza e nella morale, e fonda la vita civile.
conoscenza. Il filosofo non è isolato dal mondo. 39
Gli incontri di Descartes sono fondamentali per le sue ricerche
Quaderni della Ginestra
scientifiche. L’amicizia con Henricus Reneri (1593-1639) è condivisione
corrispondenza testimonia sono teorizzati come confronti necessari per
di esperienze e idee 35, ma è anche fulcro di relazioni e scambi: Reneri
l’avanzamento della conoscenza vera. La vita ritirata è una vita di
mette il filosofo del metodo in contatto con il circolo di Hooft, in cui
incontri, anche se non è una vita mondana. Gli incontri, infatti, sono
egli poteva incontrare i naturalisti nederlandesi dell’epoca. Al tempo
aggiustati al livello della ragione: la stanza riscaldata diventa uno spazio
stesso, alcuni scambi intellettuali tra Descartes e Reneri sul vuoto e sulla
di condivisione, luogo di scienza, spazio di esperienze e non di
materia mostrano l’interazione tra i due amici in previsione di una
erudizione.
disputa promossa e supervisionata dal nederlandese a Leida 36. Reneri,
Al contempo, la filosofia cartesiana si apre a una definizione sociale.
inoltre, lo introduce anche a Constantjin Huygens (1596-1687),
Lo scopo della filosofia non è prettamente individuale, ma converge
segretario di Federico Enrico, stadtholder delle Repubbliche Olandesi.
verso l’interesse comune e pubblico 42. Benché continui a vivere ai
Huygens, con cui il francese resterà in contatto epistolare per tutta la
margini “fisici” della società, in una tranquilla vita di campagna,
vita, è certamente il tramite tra Descartes e diversi intellettuali
Descartes non vive ai margini intellettuali della società. La filosofia
nederlandesi, tra i quali emergono Jacob Golius37 (1596-1667) e
concerne la società e, in un qualche modo, la modula: è la stessa ragione
Adolphus Vorstius38 (1597-1663). L’autonomia della scienza, fondata
che opera nella scienza a stabilire le condizioni della società. Per
nell’evidenza del cogito, lontana dall’arbitrio parigino39, si realizza negli
esempio, attraverso la definizione di una politica della cultura nel
incontri delle Province Unite. La sesta parte del Discours, sorta di dialogo
Discours, nella richiesta di finanziamenti per gli esperimenti; oppure
segreto con alcuni degli uomini di scienza conosciuti da Descartes,
come impegno del sapiente per la giustizia e per la scienza 43; come
testimonia di questo confronto scientifico e della sua necessità. In essa,
ricostruzione storica del declino della politica 44; come scelta del bene
il filosofo del metodo presenta una teoria più o meno elaborata degli
contro l’indifferenza 45. La filosofia è strumento per costruire la società.
esperimenti e delle collaborazioni scientifiche40; infatti, «joignant les vies
Nella corrispondenza degli anni 1640, l’attenzione della ragione si
et les travaux de plusieurs – scrive – nous allassions beaucoup plus loins,
concentra sulla società e sulla politica. Interrogato da Elisabetta,
que chascun en particulier ne sçaroit faire»41. Quegli incontri che la
Descartes si occupa del ruolo del sovrano, giungendo, attraverso il 40
Individui e società
commento del Principe di Machiavelli (1513, ma pubblicato nel 1532), a
irrazionale contrapposta al cogito dell’io. Quello che più ci interessa, è
una vera e propria distruzione del potere assoluto e alla fondazione del
notare che non si assiste al primato dell’individuo rispetto alla
potere illuminato sulla ragione46. Di fronte alla consapevolezza di poter
compagine della società, poiché non c’è l’esclusione della politica
regolare difficilmente la politica sull’ordine della ragione47, perché
dall’ordine della ragione, né l’esclusione del soggetto dalla società,
l’incostanza della vita costringe a seguire vie diverse, infatti, Descartes
benché individuo e società operino su piani talvolta differenti e con
avverte di non abbandonarsi al caso e alla fortuna, ma suggerisce di
desideri confliggenti. Al contempo, anche l’imporsi dell’individuo sulla
continuare a regolare la propria vita sull’ingegno. Solo la ragione può
comunità è da escludersi, secondo Descartes, perché costituirebbe un
regolare la vita in comune e l’ordine del sovrano. La distanza con i
esercizio tirannico simile a quello di certi spiriti inquieti e turbolenti che
regnanti non annulla le possibilità della ragione; benché sia di
vogliono sostituirsi ai regnanti e proporre nuove riforme52 e un nuovo
competenza dei Sovrani l’occuparsi di regolare i costumi attraverso le
stato, confondendo il proprio io al noi della società. Anche il sovrano
leggi48, e voler insegnare a loro farebbe di Descartes niente meno che un
appartiene alla comunità, né può estraniarsi da essa. L’esclusione dalla
«insolente [come] quel filosofo che voleva insegnare i compiti di un
comunità corrisponde a una condizione di errore e di irrazionalità che
capitano in presenza di Annibale»49, è sempre la ragione a definire i
sono nocive sia per la scienza che per la politica. Descartes si guarda
compiti e i comportamenti dei sovrani. Attenzione, però, perché
bene dal porre l’esclusione come strumento di riforma di entrambe,
conoscere le ragioni intime della politica per chi ne sta al di fuori non è
rifiutando l’eroismo rinascimentale che faceva dell’io l’unico soggetto
ammissibile, scrive a Elisabetta contro Machiavelli50, ma ciò non
della politica, costituendolo come isolato dalla società. Invece che
impedisce alla ragione di imporsi anche nell’ambito della politica51,
riformare la società, l’individuo deve cambiare i propri pensieri, libertà
definendo le modalità del suo esercizio nella modulazione della politica
che l’io si prende confrontandosi con la realtà, non isolandosi in se
e della società. La ragione è vero e proprio trait d’union tra l’individuo e la
stesso 53. Nel confronto, infatti, Descartes intravede l’unica possibilità di
politica, ovvero tra l’individuo e la comunità.
non incappare nell’errore filosofico, ma di conoscere il vero e di vivere
Pertanto, l’ordine politico e sociale non partecipa di una natura 41
al meglio nella società.
Quaderni della Ginestra
Parimenti, l’individuo non è sottratto agli obblighi politici o civili,
l’estratto:
anzi, la maggior ragione o il maggior potere lo sottopone a un maggior impegno all’interno della società, ovvero come membro eguale agli altri.
«sebbene ognuno di noi sia una persona separata dalle altre, i cui
Se da un lato l’io non deve isolarsi dalla società, né porsi al di sopra di
interessi sono, di conseguenza, in qualche modo distinti da quelli
essa per governarla, dall’altro lato l’io non può che appartenere alla società stessa: la sua ragione è messa al servizio della comunità, così che il comportamento di Gijsbertus Voetius (1589-1676) non può che essere criticato come dannoso per la comunità, oltre che per la conoscenza vera54. È l’operatività della ragione a legalizzare l’azione politica e a eguagliare i cittadini di fronte alla legge e alla giustizia: i regnanti sono 55
del resto del mondo, dobbiamo tuttavia pensare che non sapremmo mai sussistere da soli e che siamo, infatti, una delle parti dell’universo, e più precisamente una delle parti di questa Terra, una delle parti di questo stato, di questa società, di questa famiglia, a cui siamo uniti per dimora, patto e nascita. E bisogna sempre preferire gli interessi del tutto di cui facciamo parte a quelli della propria persona; ma con misura e discrezione, perché
sottoposti alle stesse leggi che promanano , secondo Descartes, così
avremmo torto a esporci a un gran male per procurare solo un
come tutti gli altri membri della comunità. L’individuo non è al di sopra
piccolo bene ai nostri parenti o al nostro paese; e se un uomo da
della comunità; anche là dove il singolo sia migliore della comunità
solo vale più di tutto il resto della sua città, non avrebbe motivo
intera, infatti, non deve distruggerla, ma ricostruirla attraverso la
di volersi perdere per salvarla. Ma se riferissimo tutto a noi stessi,
ragione. La società di Descartes non è una società di individualità
non avremmo paura di nuocere molto agli altri se credessimo di
scollegate tra di loro, o tenute assieme da un flebile legame, bensì una
riceverne qualche piccolo vantaggio, e non ci sarebbe nessuna
società di membri, come suggerisce Remo Bodei 56, in cui tutti sono parificati ab origine, poiché tutti gli individui sono eguali per essenza, ma con diversità e particolarità messe al servizio o all’opera nella comunità.
vera amicizia, nessuna fedeltà e, in generale, nessuna virtù; mentre, considerandoci come una parte della collettività, proviamo piacere a fare del bene a tutti e non temiamo nemmeno di mettere a rischio la nostra vita per essere utili agli altri.»57
In una stupenda lettera a Elisabetta, Descartes evidenzia le caratteristiche della vita in comunità; vale la pena citarne per intero 42
Individui e società
Il singolo, l’individuo, infatti, è membro di una società, in cui gli
infatti, sono regolate dalla ragione (benché secondo modalità diverse e
interessi del singolo sono sempre commisurati all’utilità e al servizio
con una temporalità diversa, come visto). In tal senso, pertanto, il
degli altri. L’io è parte del tutto, a cui è legato per le varie ragioni
deserto cartesiano è meno desertico e la sua solitudine è spazio di
elencate. La morale lega gli individui, trasformando la società in una
incontri e di confronti: la stanza riscaldata non è l’unico spazio della
comunità fondata sull’esercizio della virtù e l’amicizia. È l’amicizia,
filosofia cartesiana, ma, come una stanza enorme, è luogo di incontri,
infatti, collegata alla possibilità di «morire più sapiente» resa possibile
confronti, ricerche, esperienze e scambi di idee. È una stanza che si fa
attraverso il colloquio e l’incontro con gli amici, a stabilire le
spazio comunitario, poiché l’ordine della vita degli individui in comunità
caratteristiche della società e della vita comunitaria. Una sorta di
(se non proprio la costituzione comunitaria stessa) è retto dalla ragione,
Repubblica delle Lettere quindi, come quella descritta nella stupenda
da quella stessa ragione che si scopre come spazio di fondazione della
lettera a Pierre Chanut (1601-1662) del 6 marzo 1646: «sebbene, infatti,
scienza. La ragione regola gli spazi dell’umano collegando la ricerca
rifugga la moltitudine per la quantità di insolenti e importuni che vi si
scientifica con la vita in società. Quest’ultima, quindi, non è una mera
incontra – scrive Descartes –, non smetto di pensare che il più gran
somma di individualità, ma si costituisce come comunità di membri
bene della vita è gioire della conversazione delle persone che si
diversi, ma eguali.
stimano» 58. L’io cartesiano non è davvero solitario, né individualista.
FABRIZIO BALDASSARRI 3. Conclusioni 1
Benché scienza e politica siano poste su piani differenti della filosofia cartesiana, e benché Descartes si sia allontanato dalla vita sociale e politica, disinteressandosene per concentrare le proprie forze sulla ricerca del vero, vi è una omogeneità tra scienza e politica. Entrambe, 43
Plempius, 21 dicembre 1652, in Id. Fundamenta medicinæ ad scholæ acribologiam aptata, Lovanii, 1654, p. 354; citata in G. Cohen, Écrivains français en Hollande, Saltkine, Genève 1956, p. 468. Per l'incontro tra Ippocrate e Democrito, si vedano le epistole oggi in A. Roselli, a cura di, Ippocrate. Lettere sulla follia di Democrito, Liguori, Milano 1998; in part. p. 57. 2 René Descartes a Ferrier, 18 giugno 1629. Si cita Descartes a partire dall’edizione delle Œuvres complètes de Descartes, publiées par C. Adam, P. Tannery, Paris, 1982-1996, abbreviato [AT], seguito dal numero del volume in cifra romana [I], e da quello della pa-
Quaderni della Ginestra
gina in cifra araba [14]. Cfr. S. Gaukroger, Descartes. An Intellectual Biography, Clarendon Press, Oxford 1995. G. Rodis-Lewis, Descartes: biographie, Calmann-Levy, Paris 1995. 3 Descartes a Balzac, 5 maggio 1631, AT I, p. 202. 4 Ibidem, p. 203: «la solitudine che ci aspettiamo non la incontriamo mai veramente». 5 Ibidem. 6 Th. Verbeek, Les Néerlandais et Descartes, Maison Descartes-Institut Néerlandais, Amsterdam-Paris 1996. M. Peters, ‘Mercator sapiens’ (de wijze koopman); het wereldwijde onderzock van Nicolaas Witsen (1641-1717), burgmeester en VOC-bewindhebber van Amsterdam, Groningen 2008, Ph.D. diss. 7 Discours de la Méthode, II, AT VI, p. 11. 8 Cfr. T.J. Reiss, Descartes, the Palatinate, and the Thirty Years War: Political Theory and Political Practice, “Yale French Studies”, 80, 1991, pp. 121-123. 9 Discours de la Méthode, II, AT VI, pp. 12-13. 10 Ibidem, p. 14. 11 Ibidem, I, AT VI, p. 4. 12 Ibidem, p. 10. 13 Ibidem, pp. 10-11. 14 Ibidem, II, p. 14. 15 Ibidem, p. 16. 16 Ibidem, p. 22. 17 Ibidem, III, AT VI, pp. 24-25. Cfr. Regulae ad directionem ingenii, V, AT X, pp. 379-380. 18 Discours de la Méthode, III, AT VI, p. 28. 19 Ibidem, p. 30. 20 Ibidem, p. 31. 21 R. Bodei, Geometria delle passioni. Paura, speranza, felicità: filosofia e uso politico, Feltrinelli, Milano 2003, p. 301. 22 Mi permetto di rimandare a F. Baldassarri, Libri inutili, compendi e libri ‘primarii’. Descartes tra lettura e scrittura della filosofia, “Giornale critico della filosofia italiana”, forthcoming. 23 Meditationes de prima philosophia, II, AT VII, p. 37, p. 40. 24 Secundae Responsiones, AT VII, p. 161. 25 Tertiae Objectiones & Responsiones, AT VII, pp. 175-176. 26 Meditationes de prima philosophia, VI, AT VII, p. 75. 27 Ibidem, III, AT VII, pp. 43-44. 28 Ibidem, VI, AT VII, p. 78.
Descartes a Elisabetta, 29 giugno 1643, AT III, p. 692. Cfr. Descartes a Elisabetta, 18 maggio 1645, AT IV, pp. 201-202. 31 Cfr. F. Baldassarri, Descartes e il ‘Principe’. Il declino della politica nell’ordine della ragione, “Intersezioni”, XXXIV, 3, 2014, pp. 361-380: p. 374. 32 Descartes a Balzac, 5 maggio 1631, AT I, pp. 202-204. 33 M. de Montaigne, Essais, I, Gallimard, Paris 2009, p. 447. 34 Cfr. G. Defaux, A propos ‘Des coches’ de Montaigne (III, 6): de l’écriture de l’histoire à la représentation du moi, “Montaigne studies”, VI, 1994, pp. 135-162. M. Spallanzani, Luoghi della filosofia. ‘La librairie’ di Montaigne, ‘le poesle’ di Descartes, “Rivista di storia della filosofia”, 1996. T. de Souza Birchal, Montaigne impénitent : la question du moi dans ‘Du repentir’, “Montaigne studies”, XXIII, 2011, pp. 205-224. Si vedano anche Z. Janowski, Montaigne, Descartes and the discovery of the self, in Augustinian-cartesian index. Texts and Commentary, St Augustine’s Press, South Bend Indiana 2004, pp. 267-275; J. Navarro-Reyes, Scepticism, Stoicism and Subjectivity. Reappraising Montaigne’s Influence on Descartes, “Contrastes. Revista Internacional de Filosofia”, XV, 2010, pp. 243-260. C. Santinelli, De l’opinion à l’hypothèse: Montaigne et Descartes face aux découvertes scientifiques, “Montaigne Studies”, XXV, 2013, pp. 61-70. 35 Reneri à Mersenne, mars 1638, in C. de Waard, éd. par, Correspondance Mersenne, Editions du Centre National de la Recherche Scientifique, Paris 1966, vol. VII, 115. Reneri to de Wilhem, 28 February 1638, UBL, BPL 293A, in P. Dibon, Bacon en Hollande, in M. Fattori, a cura di, Francis Bacon. Terminologia e fortuna nel XVII secolo, Ed. dell’Ateneo, Roma 1984, pp. 216-218. Si veda, inoltre, R. Buning, Henricus Reneri (1593-1639). Descartes’ Quartermaster in Aristetlian Territory, Utrecht, Zeno, 2013, Ph.D. Thesis. Mi permetto di rinviare anche a F. Baldassarri, Between Natural History and Experimental Method. Descartes and Botany, “Society and Politics”, 8, 2, 2014, pp. 43-60. 36 Si veda Disputatio Philosophica Miscellanea … publice ventilandam proponit Petrus Eremita, Hamburgensis. Ad diem 16. Iuly, Maire, Lugduni Batavorum 1631. Cfr. Descartes a Reneri, 2 giugno 1631, AT I, pp. 205-209. 37 Cfr. Briefwisseling van Constantijn Huygens, ed. by J.A. Worp, vol. I, 1608-1634, Nijhoff 1911; n. 677, J. Golius (A. B.), 16 aprile 1632, pp. 349-350. Descartes a Golius, gennaio 1632 e febbraio 1632, AT I, pp. 232-242. 38 Cfr. Descartes to Vorstius, 19 giugno 1643, AT III, pp. 686-689. 39 Si veda H. Frankfurt, Les désordres du rationalisme, in N. Grimaldi, J.-L. Marion, éd. par, Le Discours et sa méthode, PUF, Paris 1987, pp. 395-411: p. 403. 29 30
44
Individui e società
Si veda E.-J. Bos, Th. Verbeek, Conceiving the Invisible. The Role of Observation and Experiment in Descartes’s Correspondence, 1630-1650, in D. van Miert, ed. by, Communicating Observations in Early Modern Letters (1500-1675). Epistolography and Empistemology in the Age of the Scientific Revolution, The Warburg Institute-Nino Aragno Editore, London-Turin 2013, pp. 161-178. 41 Discours de la Méthode, VI, AT VI, p. 63. 42 Cfr. Discours de la Méthode, VI, AT VI, p. 63, «au public». Lettre-Préface, AT IX-2, p. 15. 43 Cfr. Descartes a Van Zurck, dicembre 1639, AT II, pp. 716-717; a Huygens, 3 gennaio 1640, AT III, pp. 736-742; a Wilhem, ottobre 1640, AT III, pp. 199-201; a Wiquefort, ottobre 1640, AT III, p. 735; a La Thuillerie, gennaio 1644, AT IV, pp. 85-95; all’Università di Groninga, 17 febbraio 1645, AT IV, pp. 177-179 ; a un Avvocato, aprile 1646, AT IV, pp. 389-390. 44 Cfr. Descartes a X, 1628, AT I, pp. 7-11. 45 Cfr. Descartes a Mesland, 9 febbraio 1645, AT IV, pp. 173-175. 46 Cfr. Descartes a Elisabetta, settembre 1646, AT IV, pp. 486-493. Mi permetto di rimandare a F. Baldassarri, Descartes e il ‘Principe’, cit., pp. 362-373. 47 Cfr. Descartes a Elisabetta, 3 novembre 1645, AT IV, p. 334; a Elisabetta, maggio 1646, AT IV, p. 412. 48 Cfr. Descartes a Chanut, 20 novembre 1647, AT V, p. 87. 49 Descartes a Elisabetta, maggio 1646, AT IV, pp. 411-412. 50 Cfr. Descartes a Elisabetta, settembre 1646, AT IV, p. 492. 51 Cfr. Descartes a Mersenne, 15 novembre 1638, AT II, p. 440; e a Mersenne, 9 gennaio 1639, AT II, p. 482. Descartes a Gibieuf, 19 gennaio 1642, AT III, pp. 476-477. Si veda ancora, F. Baldassarri, Descartes e il ‘Principe’, cit., p. 371. 52 Cfr. Discours de la Méthode, II, AT VI, pp. 14-15. 53 Ibidem, p. 15. 54 Cfr. Th. Verbeek, La querelle d’Utrecht, Les impressions nouvelles, Paris 1988. E.-J. Bos, Descartes’s Lettre Apologétique aux Magistrats d’Utrecht: New Facts and Materials, “Journal of the History of Philosophy”, XXXVII, 1999, pp. 415-433. 55 Cfr. P. Guenancia, Descartes et l’ordre politique. Critique cartésienne des fondements de la politique, PUF, Paris 1983, p. 225. 56 Cfr. R. Bodei, La geometria delle passioni, cit., p. 302. 57 Descartes a Elisabetta, 15 settembre 1645, AT IV, p. 293. 58 Descartes a Chanut, 6 marzo 1646, AT IV, p. 378. 40
45
Quaderni della Ginestra
SOCIETAS INDIVIDUORUM : INDIVIDUO E MOLTITUDINE IN SPINOZA FRA ONTOLOGIA E POLITICA
co temporale che include anche gli scritti politici, il Tractatus TheologicoPoliticus e il Tractatus Politicus, sicché, accreditando e facendo nostra la tesi di Susan James in Spinoza on Philosophy, religion and politics (Oxford
1. L'accezione di "individuum" nell'ontologia dell'Ethica
2012), si può dire che metafisica e politica siano ambiti comunicanti, e che nella seconda siano riscontrabili le acquisizioni concettuali raggiunte
In un sistema rigidamente monista come quello spinoziano, sembra a
nella prima. Come vedremo, una concezione dell’individuo more spino-
prima vista assai improbabile che l’individualità trovi cittadinanza senza
ziano tenderà a privilegiare il governo della moltitudine quale contesto in
dissolversi in mera parvenza. Il percorso che s’intende tracciare su base
cui l’uomo meglio realizza se stesso e la propria essenza, e in questo si
terminologica mira, al contrario, a mettere in risalto il duplice status on-
evince una certa vicinanza di vedute con lo stesso De Vries e con altri
tologico e politico della nozione di individuum, mostrando come in essa
corrispondenti collegianti come Pieter Balling e Jarig Jelles, anch’essi
si realizzi specificamente l’appartenenza, da un lato, all’ordine naturale,
sensibili alle istanze democratiche. Naturalmente, il che giustifica in par-
dall’altro a quello civile.
te la scelta di partire dall’Ethica, presupposto e nodo problematico ine-
Ai fini di una rassegna delle occorrenze del termine in Spinoza, l’Ethica more geometrico demonstrata, apparsa nel 1677, occupa senza dubbio
ludibile sarà proprio il tema metafisico dell’uno, o del tutto, nella relazione con la pluralità, ovvero con le parti.
una posizione di spicco. Oltre un decennio prima della sua redazione
Si tratta di una tematica che emerge in coincidenza con la prima ri-
definitiva, in una lettera del 24 febbraio 1663, Simon De Vries accenna-
correnza di individuum, esattamente nel luogo segnalato a Spinoza, per il
va a dispute intorno a quella che sarebbe divenuta la prima parte
suo carattere aporetico, dal corrispondente. I membri del circolo di Am-
dell’opera maggiore spinoziana, ponendo soprattutto la questione della
sterdam, di cui De Vries fa parte, non comprendono come una sostanza
componibilità di un’unica sostanza a partire da più attributi, e quindi, in
unica ammetta più attributi, tanto che, se ciò rimarrà indimostrato, non
generale, del rapporto tra unità e molteplice. Le fasi di stesura
potrà che valere la relazione biunivoca tra due singole entità nella forma:
dell’Ethica, con le annesse problematiche interpretative, coprono un ar-
per una sostanza si dà un solo attributo. Spinoza, invece, nello Scolio II 46
Individui e società
della Proposizione VIII deplora la mancata distinzione tra sostanze e
venti rientrerebbe nella vera definizione di uomo in quanto individuo, il
modi, considerandola il risultato di un’errata attribuzione degli effetti
che è assurdo. Va notato che ‘uomo’ e ‘individuo’ non sono sinonimi,
delle cause seconde alle cause prime. Basterebbe rispettare questa de-
bensì individuum è il particolare che fa parte di un genere, come si trova
marcazione concettuale: sostanza è ciò che è in sé e si concepisce per sé,
annotato nei Nagelate Schriften (1677), e quindi un uomo è individuo - de-
mentre il modo è in altro e si concepisce per altro, ossia non è possibile
riva da qui la forza dell’argomento per cui ‘venti’ non appartiene alla de-
che se ne costituisca la nozione indipendentemente dal fondamento on-
finizione di uomo - ma individuo è predicabile di più soggetti: una pie-
tologico cui inerisce. Sono definizioni che dovrebbero fungere da rime-
tra, un albero, etc. La causa in forza della quale i venti uomini esistono
dio a qualunque pregiudizio: definizioni tanto più vere quanto più im-
non è, perciò, interna ad essi, va trasferita all’esterno, e poiché alla natu-
plicano ed esprimono l’essenza delle cose definite, attestandosi ad un
ra di una sostanza appartiene l’esistenza che, se posta per definizione
livello di astrazione che prenda le mosse dal particolare, o individuale, e
vera, è anche necessaria, allora esterna ai venti individui dovrà darsi
conformandosi ad una corretta gerarchia causale. Individuum fa la sua
un’unica sostanza.
comparsa a questo punto: «Ciò posto, segue che se in natura esiste un
Di contro, «l’essenza dell’uomo non implica l’esistenza necessaria» 2,
certo qual numero di individui, si deve necessariamente dare una causa
ed è significativo che questo Assioma, il primo della seconda parte
per cui quegli individui, e non di più né di meno, esistono. Se, per e-
dell’Ethica, segua alla settima Definizione in cui la mano di un redattore
sempio, in natura esistono venti uomini (che, per maggiore chiarezza,
dei Nagelate Schriften, verosimilmente amico di Spinoza, avverte nuova-
suppongo che esistano simultaneamente e che prima non ne siano esi-
mente l’opportunità di una chiosa a individua: ricorda, così, al lettore che
stiti altri in natura), non sarà sufficiente (per rendere cioè ragione del
il filosofo ebreo per individuum intende sì il particolare nella sua distin-
perché esistono venti uomini) indicare la causa della natura umana in
zione dall’universale, ma anche ciò che risulta singolare. Nel quadro del-
1
genere» , perché venti individui, intesi come particolari, non ammettono
la causalità, ogni individuo è agente, ma, precisa Spinoza, il concorso di
una causa secondo il genere, ma neppure una causa interna che li faccia
più azioni causali volte alla produzione del medesimo effetto autorizza a
essere nel numero esatto di venti. Se così fosse, la quantificazione di
trattare quegli individua come una ‘cosa singolare’, recita il testo, ovvero
47
Quaderni della Ginestra
come un’unica causa. In questa prospettiva, ogni individuo assunto come concorrente nella produzione di un solo effetto risulta, in ultima analisi, inconcepibile a prescindere da quell’effetto, e allora, se aggiungiamo a questo aspetto la singolarità e la particolarità, comprendiamo agevolmente che gli individui non sono altro che i modi in cui viene ad espressione l’essenza dell’unica sostanza, o Dio, in maniera certa e determinata. Come noto, la seconda parte dell’Ethica non ha per oggetto primario il corpo, quanto la mente. Interrogarsi sulla natura, o essenza, e origine della mente impone, tuttavia, il riferimento all’ente esteso di cui la mente è idea, cioè al corpo. Prima di esaminare il corpo umano, occorrerà approfondire lo status dei corpi in generale alla luce dell’equivalenza tra individuum e particolare o singolare. Raccordando fisica e metafisica spinoziana, i corpi in generale, non importa se semplici o composti, partecipano tutti dell’attributo ‘estensione’ - il solo, tra infiniti, ad essere accessibile alla conoscenza umana insieme al ‘pensiero’ - ma anche del modo immediato infinito della stessa, ovvero la relazione di motoquiete. Se tale partecipazione si risolvesse in un’identità, e quindi i corpi finiti partecipassero immediatamente dell’estensione e della relazione moto-quiete, si creerebbe una contraddizione insanabile con la definizione della loro finitezza. D’altro canto, tutti i corpi devono partecipare,
MIL, SOLO TE (PART.), DA COSÌ CHE CIÒ CHE FU È (2009)
48
Individui e società
ancorché in modo mediato e finito, dell’estensione, e il fatto che tra
II), al punto tale che non deve passare inosservato il fatto che Spinoza,
loro si distinguano per la diversa quantità di moto-quiete riconduce alla
nel terzo postulato, introduca prima le affezioni subìte dagli individui e,
necessità che partecipino anche della relazione moto-quiete ma in quan-
solo in un secondo tempo, accenni al corpo nella sua interezza: il quale, rige-
to finiti, e dunque mediatamente. Ecco allora che, non valendo una
nerandosi grazie ad altri corpi, è sì il soggetto derivante dal comporsi in
norma di autodeterminazione al movimento o alla quiete, i moti dei
unità di tanti individui, ma qualunque azione di trasformazione causale
corpi non potranno che essere causati da altri corpi ugualmente finiti e
del mondo esterno conserverà sempre l’impronta, mediata, della molte-
mossi, e ciò all’infinito.
plicità.
Ora, l’individuum non esula da questa dinamica. Spinoza, tuttavia, pre-
Passati in rassegna l’individuo come particolare e come parte organi-
cisa subito che esso è costituito da parti ed è un corpo composto, sicché
ca che aderisce funzionalmente ad una causalità comune, e per questo
non deroga alle caratteristiche di singolarità e particolarità, ma appren-
unitaria, è giunto il momento di indagare un terzo significato rintraccia-
diamo per la prima volta che riunisce in sé più partes estese, vale a dire
bile nello Scolio della Proposizione XVIII della quarta parte, dove alcu-
corpi minori e più semplici, meccanicamente aggregate così da produrre
ne analogie tematiche fungeranno da cerniera con gli scritti politici. Indi-
determinati effetti e suscettibili di essere sostituite. Il Lemma IV è espli-
viduum figura ora nel senso di ‘uomo’ o, potremmo dire con una lieve
cito al riguardo: «Se dal corpo, ossia dell’Individuo che è composto da
forzatura, di ‘cittadino’. In precedenza Spinoza ha identificato la cupiditas
più corpi, si separano alcuni corpi e, simultaneamente, altrettanti corpi
con l’essenza dell’uomo, con il suo conatus essendi, specificando che la
della stessa natura subentrano al loro posto, l’Individuo conserverà, co-
Gioia che la suscita sortisce l’effetto di aumentarla, mentre la Tristezza,
me prima, la sua natura, senza alcun mutamento della sua forma» 3. Si sta
da cui può parimenti nascere, costituisce un ostacolo fino a diminuirla.
gradualmente profilando la complessità della macchina umana. Il corpus
Gioia e Tristezza non hanno egual potere, la prima è più forte della se-
humanum, infatti, si compone in quanto tale di numerosi individui, o-
conda perché assomma in sé la potenza della causa esterna, foriera ap-
gnuno dei quali è tutt’altro che semplice. Se ne origina un meccanismo
punto di gioia, e il naturale incremento del conatus. Quindi l’autore si rial-
nel cui agire convergono individua fluidi, molli e duri (Eth. II, Postulato
laccia direttamente alla composizione ‘individuale’ del corpo umano de-
49
Quaderni della Ginestra
scritta nella seconda parte: «Molte cose infatti si danno al di fuori di noi
nanza, Spinoza introduce una precisa distinzione tra il diritto apparente,
che ci sono utili e che sono, pertanto, da ricercare. Tra queste non ne
quando esercitato a discrezione dell’individuo, e il diritto reale in quanto
possono essere escogitate più eccellenti di quelle che concordano del
condiviso dalla collettività. Essere judex sui, espressione che occorre al
tutto con la nostra natura. Infatti, se per esempio si uniscono due indi-
Paragrafo IV del Capitolo III, entra in conflitto con lo jus Civitatis al
vidui di natura del tutto identica, essi compongono un individuo che è
punto tale da stravolgerne la costituzione interna, esattamente come se
due volte più potente del singolo. Non vi è nulla dunque di più utile
nella produzione di un effetto a livello corporeo anche un solo indivi-
all’uomo che l’uomo stesso; nulla, dico, gli uomini possono desiderare
duum si dissociasse dalle connessioni causali prestabilite. Il cittadino, da
di più efficace per la conservazione del proprio essere quanto che tutti
un lato, è in condizione di subordine rispetto alla giurisdizione della cit-
concordino su tutte le cose in modo tale che le Menti e i Corpi di tutti
tadinanza, dall’altro è tenuto a rispettare le disposizioni comuni in quan-
compongano quasi una sola Mente e un solo Corpo» 4, nello sforzo co-
to suo imprescindibile dovere, astenendosi da ogni valutazione - leggiamo
mune di conservarsi nell’essere attraverso ciò che risulta razionalmente
al paragrafo V - di ciò che è giusto o ingiusto, pio o empio. Infatti, come
utile.
appare deducibile dal passo in questione, è nell’ordine delle cose che il corpo multiforme dello stato, esposto senza tregua ai rischi derivanti
2. Il carattere politico dell'individuum spinoziano
dalla logica dello judex sui, sia guidato come da una sola mente - e di nuovo torniamo all’Ethica - che non detenga sic et simpliciter, alla maniera
In parallelo con il carattere composito del corpo umano che delinea-
hobbesiana, un potere coercitivo, ma nella quale converga quasi natu-
no le pagine del De Mente, gli scritti politici, considerando dapprima il
ralmente la volontà di tutti, o comunque della maggioranza. Il singolo
Tractatus politicus, applicano il rapporto unità-molteplice alle dinamiche di
che dissenta dai dettami della voluntas Civitatis quanto al bonum e allo ju-
governo che si instaurano all’interno di una civitas. Poiché non si conce-
stum deve, tuttavia, conformarvisi, e l’obiezione che tra autorità sovrain-
de che il singolo cittadino interpreti arbitrariamente i decreti, ovvero le
dividuale e libertà razionale si apra un contrasto insanabile viene a cade-
leggi che garantiscono l’ordine e la coesione del ‘corpo civico’ o cittadi-
re solo se si mantiene l’implicazione reciproca tra ratio e libertas: la libertà 50
Individui e società
si esprime nella razionalità e viceversa, e se la prima è coltivata al mas-
tanto più umano quanto più libero e razionale, si configurasse come
simo grado in democrazia, là dove la dimensione comunitaria
un’espressione concreta e unitaria di potenza, così che quell’Imperium
dell’esercizio del potere si attesta ad un livello ottimale, la seconda è de-
emanasse, conseguentemente, non da più ma da una sola causa.
finita “vera virtù e vita della mente”. Pertanto, poiché per virtù e poten-
Se da questa premessa un interprete poco avveduto si affrettasse a
za si intende la stessa cosa (Eth. IV, Def. 8), l’affermazione della virtus
concludere che la moltitudine invocata da Spinoza è più apparente che
del singolo non potrà realmente determinarsi al di fuori di istituzioni
reale, e che l’accento posto sulla razionalità come virtus tipicamente u-
democratiche, in forza della corrispondenza tra organizzazione interna
mana porta al trascendimento dei singoli agenti razionali, verrebbe ine-
della civitas e struttura ontologica dei singoli che vi partecipano. «Attra-
vitabilmente pregiudicata l’immanenza della sovranità e la moltitudine
verso questa ontologia politica della potenza», ha scritto Laurent Bove,
perderebbe la sua caratteristica di soggetto plurimo. Che questa non sia
«Spinoza apre la strada alla figura effettiva (cioè più-che-teorica) di un
la direzione dei testi spinoziani appare con evidenza dal Capitolo XVI
soggetto politico del comune come desiderio consistente e resistente di
del Tractatus theologico-politicus, pubblicato anonimo nel 1670, sei anni
una rivendicazione democratica. Una rivendicazione che si esercita certo
prima del Tractatus Politicus e a sette dalla morte di Spinoza, nel 1677,
entro lo Stato, che può esercitarsi attraverso lo Stato, ma che è anche pre
quando videro la luce gli Opera posthuma in latino e la coeva versione ne-
e infra-istituzionale, in quanto rivendicazione che crea e distrugge lo Stato
derlandese sopra richiamata. Il Capitolo XVI è il solo, insieme al IV, a
stesso» 5. Un tale “soggetto politico”, locuzione estranea al testo spino-
far esplicita menzione del termine individuum. Alla trattazione dei fon-
ziano ma efficace nel rimandare alla consistenza ontologica (appunto
damenti dello Stato il filosofo anticipa il concetto di jus naturae, ovvero
“più-che-teorica”) dell’esito di quel “desiderio”, o “tensione”, rivolto
quell’insieme di regole per le quali un ente è concepito come esistente e
all’esercizio razionale della libertà, scaturisce dunque dal potere della
operante in maniera determinata secondo natura. Se, da un lato, è signi-
moltitudine, la cui sovranità si estrinseca al massimo grado nella demo-
ficativo che tale jus preceda e fondi lo jus Civitatis, dall’altro Spinoza mo-
crazia. «Hoc jus, quod multitudinis potentia definitur, Imperium appel-
stra di radicarlo direttamente nella necessità naturale, sicché i pesci, per
lari solet»6, conclude Spinoza, come se l’agire di molti, eterogeneo ma
esempio, in quanto necessitati naturaliter a nuotare e a mangiarsi a vicen-
51
Quaderni della Ginestra
da, detengono il massimo jus naturae di servirsi dell’acqua e di trarre nu-
volta a massimizzare il bene e a scegliere il male minore. Questo signifi-
trimento, i più grossi, dalla soppressione dei più piccoli. Considerata in
ca che il patto stretto dai singoli a favore della moltitudine tendeva, co-
assoluto, come ovvio, la natura detiene il potere supremo su tutto ciò
me già anticipato, ad un principio di utilità, la cui infrazione avrebbe
che per necessità pertiene alla sua potenza, al punto tale che jus e potentia
dovuto procurare più pene che vantaggi: deterrente, questo, motivato
realizzano una corrispondenza perfetta senza appiattirsi semanticamente
dal fatto che la maggioranza mancava della guida della ragione. «Se tutti
l’uno sull’altra. Tuttavia, prosegue Spinoza, se, abbandonato il piano
gli uomini potessero essere facilmente condotti dalla sola guida della ra-
dell’assolutezza, si considera la composizione della natura, appare che la
gione», aggiunge il Theologico-politicus, «e conoscere la suprema utilità e
sua potenza universale coincide con la somma dei poteri individuali che,
necessità dello Stato [Res publica], non ci sarebbe nessuno che non ter-
ancorché limitati, si estendono fin dove è loro possibile, ciascuno se-
rebbe lontano da sé l’inganno, ma tutti con fedeltà suprema, per il desi-
condo la propria determinazione naturale. In latino, così suona il passo:
derio di questo sommo bene, cioè di conservare lo Stato, starebbero
«Universalis potentia totius naturae nihil est praeter potentiam omnium
completamente ai patti e manterrebbero in tutto la promessa in quanto
individuorum simul»7, e da ciò segue che il diritto dell’individuo ‘uomo’,
suprema difesa dello Stato»8.
tenendo per ora in sospeso la questione se egli sia guidato dalla ragione o da cupiditas e istinto, si fonda, al pari di qualunque altro ius individuale,
3. Conclusioni
sulla conservazione di sé e sulla ricerca del proprio utile. è precisamente questa la lex summa naturae, che da sola, nella storia, si
Nella misura in cui l’individuo cede per la conservazione dello Stato
rivelò tuttavia insufficiente, sottolinea Spinoza, a porre al riparo l’uomo
parte del proprio diritto naturale all’autonconservazione, la Res publica
da inimicizie, odi, ira e inganni. La ragione, buona virtus e non potere
sopravvive nella forma di un’emanazione diretta della volontà generale
generico alla stregua dell’autoconservazione, indusse gli individui a ri-
che abbia operato secondo ragione, sicché appare chiaro come la molti-
nunciare alle proprie prerogative, esercitate in modo spesso arbitrario e
tudine spinoziana sia ben altro che una materia bruta occasionalmente
frammentario, per accedere ad una dimensione condivisa del potere,
informata da una razionalità sovraindividuale: i molti, al contrario, pos52
Individui e società
sono dar vita a un coetus in grado di amministrare collegialmente il diritto, e questa riunione di cittadini - non di sudditi - sotto l’egida della buona virtus, ossia della ragione, si chiama, per tornare alle parti tratte dal Tractatus Politicus, democrazia. In essa «nessuno trasferisce il proprio diritto naturale [e perciò anche il proprio potere] ad un altro in modo che in seguito non sia più consultato, ma lo trasferisce alla maggior parte di tutta la società [Societas] della quale è membro; e in questo modo tutti rimangono uguali»9. Inevitabile allora tornare con la mente all’Appendice della quarta parte dell’Ethica, in particolare al Capitolo VII, in cui si sostiene la teoria che ripugni alla natura dell’uomo non seguire l’ordine comune naturale, essendo l’individuum parte della natura. Quando vi è concordia tra individui, quando il conatus agendi di ognuno si incrementa in modo tale da ridurre il più possibile le occasioni di diminuzione di se medesimo e di quello altrui, l’ordine politico posto e consolidato dalla ragione riproduce solo in parte, volto com’è verso l’utilità, l’ordo Naturae, ma di esso ripropone, quanto più fedelmente, l’aspetto della realizzazione individuale.
GIACOMO MIRANDA
53
B. Spinoza, Etica dimostrata con metodo geometrico, a cura di E. Giancotti, Editori Riuniti, Roma 2004, p. 92. 2 Ivi, p. 124. 3 Ivi, p.137. 4 Ivi, pp. 245-246. 5 L. Bove, Diritto di guerra e soggetto politico dell’autonomia in Spinoza, in AA. VV., Storia politica della moltitudine. Spinoza e la modernità, a cura di F. Del Lucchese, DeriveApprodi, Roma 2009, p. 9. 6 B. Spinoza, Tractatus Politicus, II, 17. 7 B. Spinoza, Tractatus theologico-politicus, XVI, G. III, 189, 21-23. 8 B. Spinoza, Trattato teologico-politico, a cura di A. Dini, p. 527. 9 Ivi, p. 533. 1
Quaderni della Ginestra
HUSSERL E L’ INTERCULTURALITÀ
N
In particolare, nella famosa Appendice XI Heimwelt, Fremdwelt, und ‘die’ Welt di HUA XV Husserl si confronta direttamente con
ella sua ampia riflessione sulla fenomenologia dell’alterità,
l’intersoggettività intesa come incontro interculturale, ponendosi la
Bernhard Waldenfels ha posto in dubbio la reale capacità
fondamentale questione di come si possano comprendere mondi
husserliana di penetrare il problema dell’alterità di tipo culturale,
culturali differenti dal nostro e sottolineando come, in definitiva, io non
sottolineando la necessità di comprendere in quale senso la riflessione
possa comprendere l’altro senza entrare in qualche modo a far parte del
husserliana
suo mondo della vita, della sua cultura,
si
sia
interrogata
sulla
declinazione
interculturale
dell’intersoggettività e quanto, anche in questo caso, si possa parlare di
cioè, in definitiva, delle
formazioni di senso dalle quali esso è stato strutturato.
un effettivo superamento del problema generale del solipsismo o, all’inverso, di un permanere in una posizione di essenziale egocentricità. Che
Husserl
si
sia
ampiamente
occupato
del
«Für
mich
erweitert
sich
meine
Welt
(bzw.
für
meine
problema
Heimgenossenschaft) dadurch, dass es eine andere Heimgenossenschaft
dell’intersoggettività, declinata anche in senso interculturale, è
gibt, anders lebend, sich verhaltend, ‘die Welt’ anders auffassend, aber in
ampiamente dimostrato dai volumi di HUA XIII-XIV-XV, nei quali
der Tat auch eine andere Kulturwelt habend als ihnen geltende, nicht
appare con chiarezza come un soggetto non possa esser tale se non in
uns.»2
quanto parte di un mondo-ambiente culturalmente determinato, una Umwelt, la quale si caratterizza sempre anche come Heimwelt:
Ciò che appare immediatamente evidente analizzando questo fondamentale testo di HUA XV è come Husserl affronti il problema
«Ich als Erfahrender habe eine nächste Umwelt, eine Nahwelt, die wir etwa die Heimwelt nennen mögen, die Welt, in der ich schon heimisch bin aus eigener Erfahrung, als ursprünglich durch diese von mir erworbene wohlbekannte, alvertraute Umwelt.» 1
interculturale riprendendo le strutture caratteristiche delle analisi sull’esperienza dell’altro, delineando l’incontro tra differenti culture come una vera e propria ‘esperienza dell’estraneo di secondo livello’. Infatti Husserl sottolinea prima di tutto come anche nell’incontro 54
Individui e società
bbbbb
interculturale non possa che permanere una sorta di ‘elemento indiretto’, attraverso il quale l’incontro con l’altro non si dà mai nel senso di una fusione, ma solo come una particolare forma di appresentazione o compresentazione 3, nella quale alcuni elementi permangono strutturalmente non conducibili a presentazione originaria; l’incontro tra diverse culture conduce sì ad un effettivo ampliamento del nostro mondo, conduce sì alla costituzione di un mondo ‘allargato’ nel quale sono comprese nuove forme di umanità e culture, ma tale ampliamento non potrà mai trasformarsi in una totale fusione tra differenti culture, poiché nel processo del beheimaten, del ‘prender patria’ permane sempre un elemento di resistenza, di mediazione, per il quale risulta impossibile trasformare del tutto un mondo circostante estraneo in Heimat. «Ihr Seinshorizont ist nur bekannt in der For m der Fremdheit und der Verständlichkeit ihrer Umwelt, die aber nur indizierte ist und nur indirekt aus den nur <aus> der allgemeinsten Kulturfor m her geschöpften Verständlichkeiten ausgelegt werden kann, durch indirekte Mittel.»4
MIL, TUTTO FUORI E IL VENTO DENTRO, DA IN STELI SILENTI (2014), INCHIOSTRO SU CARTA E ELEMENTI NATURALI
55
Un essenziale ‘elemento di mediazione’ non può quindi che rimanere
Quaderni della Ginestra
come costitutivo per l’esperienza dell’estraneo sia di primo che di
anche del fatto che possono darsi differenti ‘riempimenti’, differenti
secondo livello. Espressione di tale elemento è il discusso concetto di
interpretazioni del mondo. La nostra Heimwelt non appare allora, nelle
riduzione primordiale o riduzione al proprio, riproposto da Husserl
intenzioni husserliane, come una sfera chiusa che pone l’alterità in un
anche nell’incontro interculturale; infatti solo una sorta di riduzione
angolo buio, come lascia intendere Wandenfels 6, bensì una struttura
primordiale al nostro mondo culturale può permettere di delineare uno
costitutivamente esposta e aperta all’alterità. Ciò risulta evidente, ad
‘spazio del proprio culturale’ dal quale partire per un confronto
esempio, sempre dall’Appendice XI di HUA XV, dove Husserl chiarisce
interculturale che sia davvero dialettico e non fusionale. Attraverso
anche come l’ampliamento del nostro mondo a differenti forme di
questo tipo di riduzione primordiale viene infatti posta in atto una
umanità e cultura proceda attraverso un ‘gioco di orizzonti’ che
riduzione astrattiva all’interno della stessa epochè, la quale permette di
possono, da una parte, confermare lo stile costante precedente,
ridurre la validità della Welt alla propria Umwelt, a ciò che è più
dall’altro, invece, presentarci elementi nuovi, inattesi, i quali ci
propriamente mio al di là di ogni ‘contributo intersoggettivo’; come ha
stupiscono e disattendono le nostre aspettative, ponendoci di fronte
sottolineato Klaus Held 5, lo scopo della riduzione al proprio è, a
all’evidenza dell’esistenza del diverso. Questo gioco di confini o di
qualsiasi livello di Fremderfahrung, proprio la definizione dialettica del
orizzonti sembra allora essere un elemento caratteristico non solo della
proprio, perché solo attraverso l’incontro e la conoscenza di mondi
filosofia dell’estraneo di Waldenfels, il quale accenna 7 ad un vero e
circostanti differenti io posso davvero arrivare a riconoscere gli elementi
proprio Grenzspiel interculturale, ma, ben prima, della fenomenologia
caratteristici della mia sfera di proprietà (Eigene), in questo caso
husserliana dell’interculturalità, nella quale sia i confini interni alla nostra
rappresentata dal mio specifico mondo culturale. Questa particolare
stessa cultura, che quelli esterni, i quali ci pongono in riferimento con
riduzione al proprio culturale viene quindi a rappresentare uno
altre culture, sono sempre caratterizzati dall’apertura e dal confronto
strumento per riconoscere allo stesso tempo ciò che accomuna e ciò che
con la diversità. Husserl evidenzia quest’ultimo punto ad esempio
differenzia le diverse culture, una modalità di comprensione non solo
all’Appendice XII Sprache, Urteilswahrheit, Umwelt (Heimwelt). Die Funktion
del mio particolare modo di rivolgermi al mondo e di interpretarlo, ma
der sprachlichen Mitteilung für die Konstitution der Umwelt di XUA XV, dove il 56
Individui e società
nostro stesso mondo culturale non appare affatto come un ‘blocco
molteplici mondi circostanti, i quali però non vengono sintetizzati e fusi
compatto’, ma bensì come una formazione in continua evoluzione
nel nostro mondo d’appartenenza, crea le basi per la distinzione tra
proprio grazie alle differenze interne:
mondo e mondo circostante; se avvenisse una sintesi delle validità estranee, il senso di questa stessa distinzione verrebbe invece a cadere e,
«Freilich hat jeder sein Heim als das seiner wirklich ursprünglich
con essa, in definitiva, le basi per la possibilità dei rapporti interculturali.
es
D’altra parte il fatto che le esperienze intersoggettive debbano essere
Unterschiede. Alle Heimdinge als bekannt und für die Heimgenossen
riconosciute come esperienze ‘mediate’ non significa però neanche,
identifiziert im direkten Verkehr als zum selben eigenen Heim gehörig
anche nel caso delle esperienze interculturali, che esse si riducano a
<sind dies> nicht ohne Unterschiede. Der eine kennt sie genauer, der
semplici fantasie slegate dalla realtà, a mere ipotesi. Nella fenomenologia
andere weniger genau, und auch das ‘weiss’ jeder aus dem
husserliana le esperienze intersoggettive sono vere e proprie validità
ursprünglichen
d’essere in grado di apportare un effettivo ‘guadagno’ al nostro bagaglio
eigenen
Erfahrung,
und
Verkehr.
in
Das
der
Vergemeinschaftung
gehört
also
für
gibt
jeden
zum
Innenhorizont.» 8
di conoscenze sull’altro e sul mondo; infatti ciò che non sembra essere direttamente raggiungibile, lo può divenire in parte attraverso la
L’evidenza di un elemento di mediazione nel rapporto tra diverse
mediazione di un particolare tipo di immaginazione che fa la sua
culture, il considerare adeguatamente la portata e il valore di questo
comparsa nelle dinamiche intersoggettive: si tratta di una modificazione
elemento di ‘asimmetria’, non significa però per Husserl considerare le
immaginativa di un senso d’essere, di un’immaginazione strettamente
altre culture solo in senso negativo, come non-proprio, ma, al contrario,
legata ad un in sé di riferimento, ad elementi di presentazione effettiva
prendere atto del fatto che ciascuno di noi nasce sempre inserito in una
in base ai quali gli elementi di com-presentazione possono via via trarre
tradizione di senso, in un punto di vista sul mondo che non può che
possibilità di riempimento 10.
rappresentare il punto di partenza per qualsiasi relazione interculturale.
Inoltre è necessario ricordare un altro presupposto essenziale del
Come sottolinea De Palma 9, proprio la scoperta dell’esistenza di
discorso husserliano sulle relazioni interculturali, presupposto attraverso
57
Quaderni della Ginestra
il quale si comprende ancor più su quali basi Husserl possa sostenere
in modo più o meno esteso ai significati culturali12, ma, in accordo con
che le esperienze interculturali non sono semplici ipotesi: ogni possibile
interpretazioni come quella ad esempio di Vincenzo Costa13, ci sembra
forma di relazione con l’altro si basa sulla condivisione di un mondo
appropriato interpretare questo mondo in modo ‘ristretto’, come nucleo
comune, una comune natura di riferimento per ciascuno, che è
comune limitato alle condizioni di possibilità dell’esperienza sensibile,
condizione per l’intesa reciproca e dalla quale nessuna possibile
quindi in primis alle condizioni di manifestatività delle cose (spazio,
Fremdwelt potrà mai prescindere. È proprio questa comune natura che
tempo, causalità); ciò non significa affatto separare nettamente i
conferisce, nel discorso husserliano sull’interculturalità, ad ogni altra
significati culturali dal mondo della natura, ma sottolineare come vivere
cultura un basilare elemento di accessibilità e, quindi, di conoscibilità; si
in differenti culture significhi poter esperire contesti di senso anche
tratta di un ‘comune orizzonte cosale’, potremmo dire, che viene poi
molto diversi nonostante la relazione ad un mondo che si offre a
diversamente riempito e determinato da ogni comunità storico-culturale,
ciascuno con lo stesso stile percettivo.
un nucleo di Gemeinwelt sempre riconoscibile al di là di ogni possibile variazione culturale. De Palma ricorda infatti che «l’unico mondo
«Aber die tatsächliche Welt ist für jeden die verschiedenen Volksreise
dell’esperienza è quello della percezione sensibile, che funge da strato
eine andere, und doch so, dass jeder sich mit jedem einig weiss darin,
fondante di ogni mondo circostante. Esso non è relativo a un paradigma
dass die eine und selbe Welt erfahren sei, aber dass jede
scientifico, linguistico o culturale, ma è il presupposto strutturale di tutti
Sondermenschheit sie, dieselbe, ‘anders auffasse’.»14
i possibili paradigmi e della loro intertraducibilità.»11 Il mondo della vita è strutturalmente plurale e varia in base alla società e al periodo storico,
L’esistenza di questo mondo comune al quale ciascun soggetto, al di
ma ciò non toglie che esso abbia anche una struttura generale non
là della propria appartenenza culturale, è sempre in riferimento, si pone
relativa, la quale rende possibile comprendere formazioni appartenenti a
allora come la condizione di possibilità stessa dell’empatia husserliana;
culture diverse.
infatti per Husserl «porre un altro soggetto significa eo ipso porre
Questo mondo comune di partenza è stato interpretato dalla critica
l’orizzonte di una possibile intesa, che può essere più o meno ampia, ma 58
Individui e società
non del tutto assente. Più soggetti non hanno ognuno il suo mondo,
‘superamento’ della diversità tra le molteplici culture. D’altra parte,
diverso e separato da quello di ogni altro, ma nel momento stesso in cui
sempre ad esempio nell’Appendice XII di HUA XV, Husserl lascia
esperisco un altro soggetto si costituisce un mondo comune.» 15
intendere anche l’esistenza di un mondo comune nel senso di un ‘punto
Sempre in relazione al concetto di Gemeinwelt, è necessario anche
d’arrivo’, ma quest’ultimo non è affatto da confondere con l’orizzonte
richiamare l’attenzione sulla necessaria differenziazione tra due
di senso che accomuna ogni cultura; il mondo comune d’arrivo è per
differenti tipologie di mondo comune che sembrano emergere nella
Husserl un telos, un obiettivo mai del tutto raggiungibile, tanto che il
riflessione husserliana sull’intersoggettività: il ‘die Welt’ del titolo del
padre della fenomenologia sottolinea come sia addirittura più corretto
testo husserliano Heimwelt, Fremdwelt, und ‘die’ Welt deve infatti
parlare di un ‘Prozess des Werdens’ 17 nel quale le differenti culture si
necessariamente essere interpretato secondo un doppio significato. Da
intrecciano costantemente e in modi sempre diversi, che di un mondo
una parte esiste infatti il mondo comune come comune nucleo di senso
comune d’arrivo vero e proprio. Anche l’europeizzazione del mondo
alla base di ogni possibile mondo culturale, ma tale mondo comune
come telos che ritroviamo ad esempio nella Crisi deve allora essere
deve essere interpretato come ‘mondo comune di partenza’ e non come
interpretata non nel senso dell’esportazione della cultura europea di
‘mondo comune di arrivo’, come sembra invece fare Wandenfels 16.
fatto esistente, ma come un processo in costante divenire, nel quale le
Questo mondo comune di partenza non deve essere inteso come un
differenti culture si confrontano in una continua tensione verso il telos
superamento delle differenze tra mondo proprio ed estraneo in
europeo, che, come ha sottolineato Vincenzo Costa, non rappresenta
direzione di una Geimeinwelt che risulterebbe, in definitiva, una semplice
affatto la particolarità di una cultura, bensì un universale presente in
estensione della propria Eigenwelt a discapito degli altri mondi culturali, i
ogni cultura particolare, e cioè l’apertura della ragione in tutta la sua
quali si troverebbero ad essere semplicemente ‘appiatiti’; il mondo
ampiezza.
comune di partenza è l’irrelativo che può emergere solo attraverso le possibili variazioni, è strumento per riconoscere la somiglianza così come le variazioni e il suo scopo non è di certo quello di un 59
DANIELA BANDIERA
Quaderni della Ginestra
E. Husserl, Zur Phänomenologie der Intersubjektivität, Texte aus dem Nachlass, Dritter Teil: 1929-1935, HUA XV, hrsg. von I. Kern, Martinus Nijhoff, Den Haag 1973, p. 221. 2 HUA XV, cit., p. 214. 3 Il concetto di appresentazione o compresentazione è essenziale sia per le analisi fenomenologiche riguardanti la Fremderfahrung, che per quelle relative alla Dingwahrnehmung, poiché entrambe vengono infatti a fondarsi su una compenetrazione di elementi originariamente percepiti ed elementi non propriamente percepiti, ma, appunto, appresentati, compresentati. In relazione alla Fremderfahrung, tale concetto appare in forme diversamente rimodulate sia nei Testi di HUA XIII-XIV-XV, sia in opere come la Quinta Meditazione cartesiana o il secondo volume di Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, al fine di mostrare come l’alter si offra sempre secondo una doppia modalità: egli è originariamente percepibile per quanto riguarda la sua corporeità (Körperlichkeit), ma solo indirettamente percepibile attraverso appresentazione per quanto riguarda lo strato della sua psichicità. Proprio quest’argomento era stato al centro delle mie analisi nella Giornata di studi per dottoranti e dottori di ricerca Pensare la realtà, tenutasi presso l’Università degli Studi di Parma nel 2012, raccolte nell’articolo La struttura della compresentazione nella fenomenologia husserliana, Quaderni della ginestra, 2014. 4 HUA XV, cit., p. 217. 5 Vedi K. Held, Heimwelt, Fremdwelt, die eine Welt, “Phaenomenologische Forschungen”, XXIV-XXV, 1991, p. 308. 6 Vedi B. Wandenfels, Topographie des Fremden: Studien zur Phänomenologie des Fremden I, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1997, p. 29. 7 Vedi B. Wandenfels, Das Stachel des Fremden, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1990, p. 68. 8 HUA XV, cit., p. 221. 9 V. De Palma, L’approccio fenomenologico al problema dell’interculturalità, “Africa e Mediterraneo”, LVI-LVII, 2006, p. 55. 10 Una prima formulazione di questo particolare tipo di immaginazione, sulla quale bisognerebbe dilungarsi a lungo, si trova ad esempio nel saggio di J.-F. Courtine, L’Être et l’autre. Analogie et intersubjectivité chez Husserl, “Les Études Philosophiques”, III-IV, 1989. 11 De Palma, L’approccio fenomenologico al problema dell’interculturalità, cit., p. 56. 1
Su questa questione ha condotto l’attenzione un recente saggio di Andrea Staiti dal titolo Das Eigene, das Fremde und das Husserlsche Einstimmigkeitstheorem (in Subjektivität und Intersubjektivität, Ergon, Würzburg 2011), il quale ha sottolineato come il nucleo di concordanza husserliano tra i differenti mondi culturali possa essere interpretato come più o meno esteso ai significati culturali: da una parte troveremmo interpreti come Vincenzo Costa e Hans-Helmut Gander che limiterebbero il nucleo di concordanza comune alla natura, alla quale si aggiungerebbe lo strato generativo dei significati culturali; dall’altra parte Staiti sosterrebbe invece, riallacciandosi alle interpretazioni di Klaus Held e Dan Zahavi, che il nucleo di concordanza comune potrebbe estendersi anche in direzione dei significati culturali stessi. 13 Vedi ad esempio V. Costa, Il cerchio e l’ellisse. Husserl e il darsi delle cose, Rubettino, Soveria Mannelli 2007, p. 175. 14 HUA XV, cit., p. 217. 15 De Palma, L’approccio fenomenologico al problema dell’interculturalità, cit., p. 53. 16 Vedi B. Wandenfels, Topographie des Fremden: Studien zur Phänomenologie des Fremden I, cit., p. 150. 17 HUA XV, cit., p. 220. 12
60
Individui e società
CHARLES TAYLOR: DALL’INDIVIDUO ATOMO-IN UNA-SOCIETÀ-DI-ATOMI ALL’UOMO NUOVAMENTE ‘SOGGETTO RELAZIONALE’
I
In Il disagio della modernità (1994) e in Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento (1998)2, considerati ormai dei classici dai sociologi e dagli studiosi che si occupano a vario titolo di filosofia morale e politica, Taylor
ndividuo e società rappresentano i due estremi intorno ai quali sono
approfondisce e sviluppa i temi trattati in Radici dell’io (il tema
stati sviluppati approcci teorici differenti. Nelle pagine che seguono
dell’identità, dell’autenticità e del riconoscimento), e ribadisce che essi
prenderò in esame, nelle linee essenziali, due modelli di identità indivi-
non possono mai essere di tipo autoreferenziale.
duale, fra loro contrapposti e alternativi. Il primo, orientato secondo
Dal momento che l’individuo libero può preservare la sua identità
un’impostazione fortemente competitiva e auto-affermativa, è figlio
soltanto all’interno di una società-cultura di un certo tipo, questi deve
dell’individualismo atomistico di John Locke. Il secondo, propugnato da
interessarsi allo stato complessivo di questa società-cultura, e non sol-
Charles Taylor, fonda se stesso sul carattere costitutivamente dialogico
tanto alle proprie scelte individuali e alle associazioni generate da tali
della natura umana. Mi soffermerò su quest’ultimo, esponendo le argo-
scelte.
mentazioni del filosofo canadese a sostegno della sua tesi.
Libertà e diversità individuale possono fiorire soltanto in una società nella quale esiste un generale riconoscimento del loro valore.
1. Introduzione
Nell’analisi dell’agire umano formulata dal filosofo canadese, il singolo (‘The Self’) definisce se stesso in una comunità e all’interno di un
La fama internazionale di Charles Taylor è legata a Sources of the Self:
processo storico. Le questioni sul bene e sulla scelta devono essere
The Making of Modern Identity (1989)1, tradotto in Italia nel 1993 con il ti-
proiettate in un ambito dinamico e problematico per rispondere alla ve-
tolo Radici dell’io. La costruzione dell’identità moderna. Il filosofo canadese vi
rità dei fatti.
ricostruisce la genesi dell’identità moderna, arrivando alla conclusione
La visione tayloreana della soggettività si appella al legame tra
che essa si costituisce dialogicamente rispetto agli altri individui, sia a li-
identità personale e orientamento morale, tra autonomia morale e
vello sociale sia a livello linguistico.
strutturale apertura all’alterità comunitaria, intesa come spazio di
61
Quaderni della Ginestra
interazione entro cui l’individuo giunge all’autointerpretazione del suo
dell’individuo e dei suoi diritti rispetto alla società, o che presentano una
essere nel mondo, ovvero come un progettarsi a partire dalle possibilità
visione puramente strumentale della società». 4
che sono offerte al soggetto dal vivere nella collettività. I rapporti che
L’atomismo classico democriteo (V sec. a. C.), inteso come corrente
l’identità intrattiene con la comunità, cioè l’insieme dei co-agenti uniti da
filosofica di carattere ontologico, postulava l’esistenza di particelle
una comprensione condivisa di se stessi e del proprio rapporto con il
indivisibili e impercettibili, gli atomi, isolate nello spazio e nel tempo, il
mondo, sono fonte di coesione della vita collettiva a cui l’individualità
cui moto incessante è regolato dal principio di necessità. Secondo questa
agente non può non riferire ogni suo movimento. L’immaginario sociale
concezione, tutti gli elementi della realtà circostante traggono origine
è per il filosofo canadese «quel sapere comune, che rende possibili le
dall’aggregazione degli atomi, così come la loro disgregazione ne
pratiche comuni e un senso di legittimità ampiamente condiviso» 3
sancisce la fine. Nel XVII secolo, Locke applica la teoria atomistica agli individui.
2. La critica dell’atomismo politico
Questi ultimi rappresenterebbero le unità di base della società, che non può essere considerata un corpo unico, in quanto i diritti e le esigenze
Taylor definisce l’atomismo politico come «ciò che caratterizza le
degli individui hanno la priorità sulle istanze collettive.
dottrine della teoria del contratto sociale, che ebbero origine nel XVII
Taylor imputa a questa visione, che col tempo si è tradotta in una
secolo; e anche le dottrine successive che potrebbero non aver fatto uso
affermazione della centralità orgogliosa ed egolatrica dell’io, la deriva
del concetto di contratto sociale ma che hanno ereditato una visione
edonistica ed egoistica dell’uomo moderno.
della società, in un certo senso costituita da individui per il
Alla visione di Locke, fondata, secondo il filosofo canadese, più o
perseguimento di fini che erano principalmente individuali. Certe forme
meno esplicitamente su una condizione atomistica della natura umana, e
di utilitarismo ne sono in tal senso il risultato. Il termine viene applicato
che in quanto tale implica l’autosufficienza morale per la quale è
anche a dottrine contemporanee che si rifanno alla teoria del contratto
concepibile che l’uomo raggiunga il bene da solo, Taylor contrappone
sociale, o che tentano in qualche modo di difendere la priorità
l’idea aristotelica di uomo come ‘animale sociale’. Egli rivendica la 62
Individui e società
dipendenza dell’individuo dal contesto di appartenenza e l’esistenza di
tà, non di meno la capacità di usare i concetti e di comunicare trova de-
precondizioni socio-culturali per lo sviluppo dell’autonomia individuale.
finizione all’interno di un gruppo sociale nel quale l’individuo è stato
L’ambito sociale e storico è la ‘cornice’, o meglio, ‘l’orizzonte irri-
educato ad utilizzare concetti e parole. E un gruppo, a sua volta, è tale
nunciabile’ (inescapable framework) all’interno della quale si determina il
solo nella misura in cui esistono tanti ‘io’ in grado di concepire se stessi
proprio agire: siamo sempre immersi in una ‘rete di interlocutori’ (web of
in relazione ad altri ‘io’.
interlocutions).
3. La natura dialogica del sé
Taylor contesta la tematizzazione liberale della soggettività che ha incoraggiato un’accezione puramente personale dell’autorealizzazione, riducendo le diverse associazioni e comunità di cui il singolo è partecipe
Secondo Taylor, diventiamo agenti umani maturi e consapevoli, in
al rango di semplici strumenti. Su un piano pubblico, il paradigma libe-
grado di capire noi stessi e quindi di definire la nostra identità, attraver-
rale lockeano rende sempre più marginale la cittadinanza politica, con il
so l’acquisizione di un complesso ‘linguaggio espressivo’, che non si li-
suo senso del dovere e un obbligo di fedeltà nei confronti della pólis. A
mita soltanto alle parole che pronunciamo ma anche agli altri modi di
livello più intimo, alimenta una concezione dei rapporti interpersonali in
espressione coi quali definiamo noi stessi, ad esempio, il ‘linguaggio’
cui questi sono messi al servizio dell’appagamento individuale.
dell’arte, della gestualità, dell’amore, e così via.
In un quadro simile, tutte le opzioni hanno autentico valore perché sono scelte liberamente (in base al principio soggettivistico che presuppone il relativismo morbido)5: è la scelta che conferisce valore. Ma ciò nega implicitamente l’esistenza, anteriormente alla scelta, di un orizzonte di significati in virtù del quale alcune cose sono più importanti, altre lo sono meno, e altre ancora non lo sono affatto. Se la ricerca del bene è legata imprescindibilmente all’essere in socie63
Apprendiamo questi modi di espressione attraverso uno scambio, un “dialogo” continuo con gli altri. «Un aspetto cruciale della condizione umana […] è il suo carattere fondamentalmente dialogico» 6, dichiara. Il soggetto isolato che comunica solo con se stesso e tiene conto unicamente dei propri scopi e dei propri desideri è pura finzione e astrazione.
L’autosufficienza di cui teorizzano i liberali è solo
Quaderni della Ginestra
un’illusione.
Nel primo caso, l’Io entra in una relazione dialogica col mondo, ca-
Acquisiamo i linguaggi di cui abbiamo bisogno per autodefinirci at-
ratterizzata dalla reciprocità (l’altro non è ridotto ad oggetto né al pro-
traverso l’interazione con altre persone che per noi sono importanti (‘sé
prio io), dall’immediatezza (perché il Tu si coglie intuitivamente), dalla
significativi’). In questo senso la genesi della mente umana non è mono-
responsabilità (perché manifestandosi come Tu, l’altro mi rivolge un ap-
logica, non è qualcosa che ciascuno realizza per conto proprio, ma è dia-
pello, cui sono tenuto a rispondere). La comunità è il luogo in cui si in-
logica. Naturalmente sviluppiamo opinioni e atteggiamenti personali e,
contrano l’Io e il Tu; è il gruppo nel quale le persone stabiliscono una re-
in gran parte, attraverso una “riflessione solitaria”, ma per quanto con-
lazione dialogica autentica, e si aprono alla responsabilità, all’ascolto. La
cerne la nostra identità, la costruiamo dialogando e qualche volta lottan-
comunità vera è ‘un divenire’ caratterizzato da una costante tensione di-
do con le cose che gli altri ‘sé significativi’ vogliono vedere in noi. E an-
namica fra Io e Tu.
che dopo che ci emancipiamo (dai genitori, ad esempio), questi non
Nel rapporto Io-Esso, invece, l’Io fonda il mondo dell’esperienza, de-
scompaiono dalla nostra vita: una conversazione ideale tra noi e loro
gli oggetti, rispetto al quale l’io si pone come soggetto di conoscenza
continua dentro di noi per tutta la vita.
(‘Percepisco qualcosa’. ‘Mi rappresento qualcosa’. ‘Sento qualcosa’.
Taylor sembra seguire le orme di Martin Buber (1878-1965) e di Emmanuel Mounier (1905-1950): Buber muove dall’idea secondo cui l’essenza dell’uomo consiste nella possibilità e nella volontà di aprirsi al mondo.
‘Penso qualcosa’). Tuttavia, secondo Buber, la realtà soggettiva dell’Io-Tu si radica nel dialogo e si costituisce come una esperienza interiore significativa, mentre il rapporto strumentale Io-Esso si realizza nel monologo, che trasforma il mondo e l’essere umano stesso in oggetto. Nella dimen-
Studioso e interprete del socialismo utopistico, e anche seguace di un
sione del monologo l’altro è reificato (è percepito e utilizzato), nella di-
tipo di socialismo di matrice comunitaria, incentrato su associazioni e
mensione del dialogo, invece, esso è incontrato, riconosciuto e nomina-
cooperative, distingueva due atteggiamenti essenziali dell’‘io’ nei con-
to come essere singolare7.
fronti del mondo: quello dell’Io che si rivolge a un Tu e quello dell’Io che si rapporta a un Esso: la relazione Io-Tu e la relazione Io-esso.
Anche per Emmanuel Mounier, come già per Buber, la persona non è l’individuo isolato ed egoista di un certo liberalismo, bensì l’‘io’ con64
Individui e società
creto e ‘situato’, costitutivamente aperto al mondo, alle altre persone e a
membri della comunità, nell’ottica di un’associazione di liberi ed eguali
Dio. Sebbene rifiuti l’idea di individuo utilizzato come mezzo per servi-
consociati.
re fini di enti collettivi, dimostrando di non discostarsi troppo dalla visione liberale, Mounier critica il liberalismo inteso come «metafisica del-
GIOVANNA MARIA PILECI
la solitudine integrale [che si rifugia] nel narcisismo, nel disimpegno, nell’egoismo; ideologia dell’individuo leggero, autosufficiente, privo di 8
legami, la cui unica morale è la volontà di potenza» . Pur partendo da premesse analoghe, tuttavia, rispetto agli esiti personalistici di Buber e Mounier, Taylor sviluppa la tesi della costituzione dialogica dell’Io individuando sostanzialmente nel gruppo, etnico o nazionale, piuttosto che nella relazione concreta Io/Tu, la dimensione più propria nella quale si esprime e si realizza il bisogno umano di riconoscimento. A differenza di Alasdair MacIntyre, che esprime un comunitarismo cristiano ordinabile intorno a una comunità etica, unificata da valori condivisi, le tesi dell’autore di Radici dell’Io rientrano nel quadro di un comunitarismo multiculturalista, incentrato sul gruppo etnico e culturale, unito da una storia, una cultura, una lingua, o su collettivi ancora più piccoli, come famiglie, chiese, associazioni 9. Nell’analisi tayloreana, la politica si configura come l’orizzonte di un destino comune che può essere perseguito con volontà e coscienza dai 65
1
Cfr. C. Taylor, Sources of the Self: The Making of Modern Identity, Harvard University Press, Cambridge 1989; trad. it.: Radici dell’io. La costruzione dell’identità moderna, Feltrinelli, Milano 1993. 2 Cfr. C. Taylor, The Malaise of Modernity, Anansi, Concord, Ontario (Republished as The Ethics of Authenticity, Harvard University Press, Cambridge 1991); trad. it.: Il disagio della modernità, Laterza, Roma-Bari 1999, e C. Taylor, J. Habermas, Multiculturalism: Examining The Politics of Recognition, Princeton University Press, Princeton 1992; trad. it.: Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento, Feltrinelli, Milano 1998. 3 Cfr. C. Taylor, Modern Social Imaginaries; trad. it.: Gli immaginari sociali moderni, Meltemi, Roma 2004 cit., p. 16. 4 Cfr.: “Atomism”, in C. Taylor, Philosophy and the Human Sciences, Philosophical Papers 2, Cambridge University Press, Cambridge (Mass.) 1985, cit., p. 187: «which arose in the seventeenth century and also successor doctrines which may not have made use of the notion of social contract but which inherited a vision of society as in some sense constituted by individuals for the fulfilment of ends which were primarily individual. Certain forms of utilitarianism are successor doctrines in this sense, the term is also applied to contemporary doctrines which hark back to social contract theory, or which try to defend in some sense the priority of the individual and his rights over society, or which present a purely instrumental view of society»[traduz. mia]. 5 Secondo questo principio, nessuno ha il diritto di criticare i valori altrui. 6 Cfr. C. TAYLOR (1998); trad. it., cit., p. 17. 7 Cfr. M. Buber, Il principio dialogico e altri saggi, a cura di Poma A., Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1993. 8 Cfr. E. Mounier (1949), Le personnalisme, Les Presses universitaires de France, Paris; trad. it.: Che cos’è il personalismo?, Einaudi, Torino 1975, cit., p. 94. 9 In questo caso le comunità sono contrapposte allo stato centralizzato e burocratico, sulla scia della tradizione federalismo nord-americano.