Quaderni XV

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REDAZIONE

Direttore: Corrado Piroddi. Vicedirettore: Anna Maria Ricucci Redazione: Valeria Bizzari, Antonio Freddi, Giacomo Miranda, Teresa Paciariello, Lavinia Pesci, Corrado Piroddi, Anna Maria Ricucci, Timothy Tambassi. Collaboratori esterni: Marco Anzalone, Simona Bertolini, Mara Fornari, Donatella Gorreta, Federica Gregoratto, Francesco Mazzoli, Giovanna Maria Pileci, Marina Savi, Cristina Travanini. Direttore responsabile: Ferruccio Andolfi.


SOMMARIO

Introduzione..............................................................................................................................................................................................p. 4 Tra critica della cultura e critica sociale di Rino Genovese......................................................................................................................p. 6 Giustizia, relativismo, utopia di Timothy Tambassi.............................................................................................................................p. 11 Spunti insoliti dal Nietzsche “sociale”: “femminista” e democratico di Antonio Freddi.........................................................................p. 15 Leib e intersoggettività: una prospettiva socio-fenomenologica di Valeria Bizzari.......................................................................................p. 24 La stanza enorme: Descartes, tra vita ritirata e comunità di Fabrizio Baldassarri.................................................................................p. 33 Societas individuorum: individuo e moltitudine in Spinoza fra ontologia e politica di Giacomo Miranda................................................p. 46 Husserl e l’interculturalità di Daniela Bandiera....................................................................................................................................p. 54 Charles Taylor: dall’individuo atomo-in-una-società-di-atomi all’uomo nuovamente “soggetto relazionale” di Giovanna Maria Pileci.....p. 61



Introduzione

Giunta alla terza edizione, La Giornata di Studi per Dottorandi e Dottori di Ricerca svoltasi presso l'Università di Parma nel giugno del 2014 ha mantenuto immutata la struttura e i principi ispiratori delle precedenti. Il filo conduttore dei contributi qui raccolti è la "società degli individui", titolo della rivista cartacea cui fanno capo i "Quaderni della Ginestra" ed espressione quantomai efficace per evocare riflessioni sull'individualismo moderno e contemporaneo. Proprio in questa cornice si inseriscono i singoli interventi, eterogenei per ambito di ricerca e metodo ma accomunati dalla finalità di articolare un confronto proficuo e stimolante, in grado soprattutto di riscattare la filosofia dalle secche di un certo iperspecialismo e restituirla alla sua originaria vocazione dialogica. Come di consueto, gli Organizzatori vogliono esprimere la loro gratitudine al prof. Ferruccio Andolfi, direttore de "La società degli Individui" e presidente dell'associazione culturale "La Ginestra"; alla prof.ssa Beatrice Centi, direttrice dell'area filosofica del Dipartimento ALEF dell'Università di Parma; al dott. Corrado Piroddi, direttore dei "Quaderni della Ginestra"; ai Relatori e ai Referee coinvolti; infine a tutti i lettori che vorranno unirsi idealmente a questa comunità di saperi. I curatori Giacomo Miranda Timothy Tambassi



Quaderni della Ginestra

TRA CRITICA DELLA CULTURA E CRITICA SOCIALE

I

b) i prodotti culturali correnti, che possono essere opere vere e proprie o elementi immessi nel mercato con un effetto

l novantanove per cento di quello che facciamo, o tentiamo di fare,

d’intrattenimento, al fine di ottenerne un utile economico, da par-

è critica della cultura; l’uno per cento tutt’al più, se ci riusciamo, è

te delle agenzie dell’estetizzazione diffusa (televisioni, case cinemato-

critica sociale. Un’affermazione così netta richiede un certo numero di

grafiche, case di moda, gallerie d’arte, musei, etc.): nei confronti

chiarimenti e di definizioni: che cos’è la critica della cultura? Che cos’è la

sia delle prime sia dei secondi si esercita un’analisi critica intesa

critica sociale? In che rapporto stanno tra loro? In che senso si può dire

come controllo riflessivo sul mi piace / non mi piace, schema binario

che quando si profila l’una non ci sia più l’altra? E così via...

tipico della comunicazione intorno ai giudizi di gusto elementari;

Inizio allora con un breve elenco degli usi possibili del termine “cultura” come compare nell’espressione “critica della cultura”. Dentro di essa ricadono:

c) le culture al plurale, in un senso antropologico, nella loro varietà e diversità: facendone la critica, quando è il caso, si è sempre alle prese con il pericolo di una sorta di imperialismo culturale

a) la cosiddetta alta cultura associata alla nozione di umanesi-

involontario se non si tiene sotto controllo autocritico la tradizio-

mo (cioè più spesso umanistica che tecnico-scientifica, secondo la

ne culturale a partire dalla quale si interviene, per noi quella occi-

vecchia e sommaria distinzione tra le “due culture”), la quale fino

dentale moderna.

a un certo punto nel Novecento è stata fatta coincidere con la civiltà in generale, ma che in realtà, all’interno della modernità arti-

Ora, tutto ciò che ha a che fare con la critica della cultura avviene

stica e letteraria con le sue varie sperimentazioni, aveva già cono-

nel campo della disputa. Con questo termine bisogna intendere

sciuto la tendenza a una perdita di confini nei confronti della cul-

un’incessante comunicazione sociale, tenuta perennemente accesa dai

tura di derivazione popolare o proveniente dalla produzione in se-

mass media, oggi anche mediante la rete, che avrebbe le sue sedi

rie (la cultura cosiddetta bassa);

tradizionalmente deputate nelle istituzioni di disputa – come la critica 6


Individui e società

letteraria o la critica d’arte –, ma che di continuo ne deborda pulsando

un’organizzazione qualsiasi: decisivo diventa il fatto che, grazie alla non

quasi come la vita stessa. Non c’è nulla che possa veramente contenere

innocente pervasività della coppia mi piace / non mi piace, quasi nessuno

la disputa, che tuttavia, nella sua anarchia fondamentale, ha i propri

riesca più a raccapezzarsi nella ricezione, l’opera di qualità diventando

vincoli (non regole ma vincoli) raffigurabili come schemi binari. Uno

essa stessa un indiscernibile estetico, qualcosa che si perde nella nebbia. Se

l’ho già evocato sopra: è il mi piace / non mi piace, ineliminabile da

la teoria dell’industria della cultura poneva l’accento sulla forma merce

qualsiasi comunicazione in quanto esprime la forma più semplice del

assunta dall’opera letteraria o artistica, lo spostamento qui proposto

giudizio di gusto. All’uscita da un teatro o da un cinema è il primo

verte sul processo comunicativo entro cui l’opera si colloca, con lo

aspetto intorno a cui ci si interroga o si è interrogati: ti è piaciuto o non

sguardo mirato sul ricevente diventato semplice fruitore. Per la critica

ti è piaciuto? Soltanto a un grado maggiore di generalizzazione

della cultura è un mutamento di paradigma teorico.

riflessiva, in collegamento con la tradizione delle arti (anche soltanto per

Un’altra coppia fondamentale è data dall’alternativa vecchio / nuovo: si

escludere che il filmetto mal confezionato possa farne parte), si mobilita

tratta in gran parte di una riduzione di ciò che, più appropriatamente, si

la coppia bello / brutto, di cui quella mi piace / non mi piace appare una

esprimerebbe nei termini di pensato / impensato. Ciò che secondo

misera riduzione. Ciò che le agenzie dell’estetizzazione suggeriscono,

un’esigenza indotta di mutevolezza meccanica e ripetitiva appare

per non dire impongono, è sostanzialmente di attenersi nella ricezione a

vecchio, può in effetti essere originale e impensato; viceversa, il nuovo

un momento del tutto immediato, espresso dalla coppia mi piace / non mi

può consistere in una rifrittura piuttosto stantia del passato. Sotto le

piace, evitando di passare a un giudizio di gusto relativamente più

strategie di riduzione e irreggimentazione dello schema binario più

mediato come bello / brutto. Da notare qui la differenza rispetto al

sdrucciolevole e problematico che ci sia – appunto pensato / impensato –

classico concetto di industria culturale (meglio, di industria della

si cela un’operazione sottile compiuta dalle agenzie dell’estetizzazione,

cultura): in gioco non è tanto il momento della produzione quanto

che consiste nel cambiare di segno alla esperienza della moda teorizzata

quello della fruizione. In altre parole, è secondario che una determinata

a suo tempo in maniera dialettica da Walter Benjamin. Una vera e

opera sia qualcosa di fabbricato per il mercato culturale da

propria operazione di potere – un potere acefalo in un’accezione

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Quaderni della Ginestra

foucaultiana – che attraverso l’“obsolescenza programmata” tende non

scienza: vero / falso - pensato / impensato - bello / brutto;

soltanto a costituire delle incessanti novità in senso merceologico, ma a

filosofia: pensato / impensato - vero / falso - bello / brutto.

evitare l’uso politico di quella riattivazione del passato in cui, almeno in una certa misura, consiste il moderno. Si potrebbe addirittura sostenere

Solo utilizzando insieme, nei differenti ordini di priorità, gli schemi

che la moda oggi, nel suo significato radicale, sia riuscita a evitare di

della comunicazione è possibile far funzionare la comunicazione sociale

farsi strappare il pungiglione soltanto nell’islamismo – e però

di volta in volta come comunicazione artistica, scientifica o filosofica.

impastandosi con la religione e con l’orgoglio di una forte ripresa

Però una codificazione del genere è quella prevalente (non esclusiva)

dell’identità culturale per sopravvivere.

nella cultura occidentale moderna. Un intreccio che releghi all’ultimo

In una prospettiva evidentemente diversa, all’interno di quello che

posto, poniamo, la coppia vero / falso, in una sequenza pensato /

chiamo un illuminismo autocritico, la formula da opporre per una critica

impensato - bello / brutto - vero / falso, sarebbe quella della religione

della cultura a trecentossessanta gradi (cioè sia nei confronti della

che, nell’autorappresentazione iperilluministica moderna (si pensi al

propria, sia eventualmente, con la cautela sopra menzionata, nei

discorso di Max Weber sulla secolarizzazione e il disincantamento del

confronti di ogni cultura che voglia imporsi come totalizzante) è la

mondo), avrebbe dovuto pressoché sparire nel corso del ventesimo

seguente: disputa aperta e consapevole in un’ibridazione dei codici comunicativi

secolo. Ci ritroviamo, al contrario, nel ventunesimo con la ripresa delle

grazie all’intreccio costante degli schemi binari. Che cosa significa? In che

religioni a livello planetario.

modo la critica della cultura può giovarsi di una comunicazione ibridata?

Ecco allora i due significati dell’ibridazione degli schemi binari. Il

Un piccolo passo indietro può servire a chiarire la cosa. Nel Trattato

primo consiste nel mostrare come siano labili i confini e come, pur

dei vincoli1 ho cercato di distinguere così le principali aree disciplinari

ponendosi in se stesse come vincoli (nel senso che non se ne può

della cultura occidentale moderna:

prescindere), le forme della comunicazione sociale siano sfuggenti, facce differenti ma interscambiabili (una comunicazione scientifica può

arte: bello / brutto - pensato / impensato - vero / falso;

facilmente scivolare in una filosofica, e questa in una di tipo artistico). Il 8


Individui e società

secondo significato attiene più strettamente, invece, alla questione

ricorso a un intreccio di schemi comunicativi, che consentano di porre

dell’ibridazione culturale: si poteva ritenere che le religioni avessero

in discussione le riduzioni e le chiusure della comunicazione da qualsiasi

sempre meno voce in capitolo a causa di una razionalizzazione della vita

parte provengano – sia dall’antilluminismo oggettivo (come lo avrebbe

sociale dispiegata in tutti i suoi aspetti, ma ciò non è avvenuto e,

chiamato Adorno) promosso dalle agenzie dell’estetizzazione diffusa, sia

conseguentemente, nel mondo che sarebbe dovuto essere illuminato ci

da quei neotradizionalismi arcaicizzanti che, in falsa opposizione a

sono vasti ambiti di comunicazione sociale entro cui del vero (o

quelle, pretendono di regolare autoritariamente la vita degli esseri

rispettivamente del falso) non ne è più niente, mentre l’impensato viene

umani.

pericolosamente mescolato con il bello in un’ibridazione estetica

Di tanto in tanto, tuttavia, si apre la possibilità di qualcosa di diverso:

extrartistica. I fanatismi odierni cancellano tendenzialmente la coppia

si entra in quell’uno per cento in cui si profila una critica sociale vera e

vero / falso in tutte le sue forme, riproponendo una dedifferenziazione

propria. Mi riferisco ai numerosi, sebbene disparati, movimenti di

delle sfere sociali sotto il segno della religione. Le ricadute non sono

protesta contro l’esistente che possono nascere, e in effetti sono nati

prive di conseguenze all’interno della stessa cultura occidentale

negli ultimi anni, a Occidente come a Oriente. Per un critico, il referente

moderna, che si trova sospinta – dalla inevitabile ibridazione con ciò che

all’interno di un conflitto sociale può essere anche soltanto ipotetico (lo

per lei sarebbe soltanto un passato remoto che non passa – a prendere

è stato, per esempio, nel caso dell’impetuoso movimento egiziano del

atto della propria condizione di cultura particolare tra altre.

2011, sfociato nella successiva restaurazione di un regime militare quasi

Nella visione che propongo l’ibridazione è al tempo stesso un

come male minore). Oppure – per accennare a qualcosa in scala minore

destino in cui s’incappa e una chance da cogliere per la critica della

ma più vicino a noi – la contestazione di un uso privatistico dei

cultura (e delle culture). È questa la dimensione che, come dicevo

cosiddetti beni culturali e ambientali, ridefiniti come “beni comuni”, è

all’inizio, definisce la nostra attività al novantanove per cento. Siamo

un esempio di cosa possa significare il passaggio, con un punto di

critici della cultura se stiamo dentro questa ibridazione cercando in un

riferimento concreto, dalla critica della cultura a una critica sociale. Il

certo senso di approfondirla mediante un rimescolamento dei codici e il

che può esprimersi anche in un’analisi dei limiti in cui una determinata

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Quaderni della Ginestra

prospettiva di conflitto sociale eventualmente s’imbatte, o nella sottolineatura di come ciascuna lotta abbia da tenere presente il momento del consenso intorno a essa, di come siano indispensabili

1

Cfr. R. Genovese, Trattato dei vincoli. Conoscenza, comunicazione, potere, Cronopio, Napoli 2009, p. 244.

procedure democratiche nella costruzione di tale consenso, e così via. Tutto ciò ha come referente ultimo una linea di fuga utopica, che non intende, e neppure ovviamente potrebbe, mettere un cappello su ciò che avverrà in futuro, ma che vorrebbe indicare oggi come potrebbero andare le cose se un conflitto sociale, nella sua autonomia, intraprendesse una strada anziché un’altra. Sono i momenti magici della critica della cultura quelli in cui si stabilisce un’interazione tra il discorso critico e un movimento sociale: ciò che toccò in sorte a Marcuse nel Sessantotto. È però vero che a quel tempo erano presenti dei presupposti ideologici di massa – il marxismo, nelle sue varie versioni – che in larga parte del mondo riuscivano a tenere insieme movimenti tra loro eterogenei. Questa benedizione – lo dico con ironia – non esiste più. Ma ciò significa soltanto che è diventato molto più difficile il passaggio da una critica della cultura alla critica sociale, non che la sua possibilità sia del tutto scomparsa dall’orizzonte.

RINO GENOVESE

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Individui e società

GIUSTIZIA, RELATIVISMO, UTOPIA

A

omosessuali?». In tal caso la domanda in questione sarebbe relativa al sistema. Non potrebbe dunque trovare risposta in esso perché

fine 2011 la rivista La società degli individui ha ospitato un mio

metterebbe in discussione il sistema stesso e la sua validità, facendo

articolo intitolato Epistemologia e teoria sociale. Questioni interne ed

appello a qualcosa, in questo caso a una nozione di ‘giustizia’, esterna,

esterne , nel quale ho tentato di applicare ed estendere la distinzione di

almeno nell’accezione data, al sistema in questione. Possiamo dunque

Rudolf Carnap2 tra questioni interne ed esterne alla teoria sociale.

considerare questa domanda come esterna rispetto al sistema

Astraendo dalla specificità della proposta di Carnap, ho voluto sostenere

considerato.

1

come, dato un sistema (qualunque sistema, diversamente da Carnap

Dalla tale distinzione sono derivate tre considerazioni. La prima è

anche non linguistico), una questione è interna se valutata e risolta

che non sempre facile distinguere fra questioni interne ed esterne, che

all’interno del sistema in questione; è invece esterna se mette in

possono infatti mostrare una certa continuità. Ciò avviene anche a causa

discussione il sistema dato e lo stato di cose che presuppone.

dell’eterogeneità della nozione di sistema, che non esclude, di per sé, la

Un esempio può esserci d’aiuto. Prendiamo il sistema ‘la

possibilità di sistemi complessi, indeterminati, vaghi, contraddittori, e

Costituzione della Repubblica Italiana’ e la domanda: «è giusto che alle

così via. La seconda è che, dato un sistema e una questione (a esso)

coppie omosessuali non sia consentita l’adozione?». Tale domanda sarà

esterna, è sempre possibile individuare o formulare un sistema (più

interna se così formulata: «è giusto, secondo la Costituzione della

ampio o semplicemente diverso) che trasformi la questione esterna in

Repubblica

coppie

una questione interna. Allo stesso modo, dato un sistema e una

omosessuali?». In questo caso, cioè, la domanda non metterà in

questione (a esso) interna, è sempre possibile individuare o formulare

discussione

risposta,

un sistema che trasformi la questione da interna a esterna. La domanda

riconoscendone l’autorità in questa disputa. Diverso sarebbe il discorso

«è giusto che la Costituzione della Repubblica Italiana non consenta

se, dato lo stesso sistema, ci si chiedesse: «è giusto che la Costituzione

l’adozione alle coppie omosessuali?», e i sistemi ‘la Costituzione della

della Repubblica Italiana non consenta l’adozione alle coppie

Repubblica Italiana’ e la ‘Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo’

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Italiana, il

sistema

non

consentire

dato,

anzi,

l’adozione troverà in

alle esso


Quaderni della Ginestra

possono

fornire

un

valido

esempio.

Di

conseguenza,

terza

considerazione, nulla, di principio, impedisce di tentare di rispondere a

e viceversa. Da qui la possibile illegittimità della risposta a tale domanda esterna.

una domanda esterna. In che modo? Semplicemente, attraverso un

Nell’articolo non ho preso posizione a favore o meno della

sistema non messo in discussione dalla domanda stessa, ma che in esso

legittimità delle risposte alle questioni esterne. Entrambi i casi

possa trovare risposta – passando cioè da esterna a interna. Inoltre, dato

evidenziano infatti delle difficoltà nel determinare un sistema

il nuovo sistema, sarà sempre possibile porre nuovamente una questione

privilegiato: nel primo caso data dal poter sempre formulare una

esterna, che potrà a sua volta trovare risposta in un altro sistema (più

domanda esterna e tentare di rispondere a tale domanda attraverso

ampio o diverso) passando da esterna a interna, e così via.

sistemi di riferimento arbitrari, nel secondo data dall’impossibilità di un

Ma è legittimo tentare di rispondere a una questione esterna attraverso

confronto effettivo tra due (diversi) sistemi di riferimento. Non solo, le

un sistema diverso rispetto a quello messo in discussione? Prendiamo

difficoltà si estendono anche ai possibili criteri finalizzati a un confronto

per esempio due sistemi (sistema1, sistema2) che definiscano in modo

tra sistemi diversi. A qualsiasi criterio è infatti sempre possibile applicare

diverso il concetto di giustizia al loro interno (rispettivamente, giustizia 1

nuovamente una domanda esterna, la cui risposta, legittima o illegittima

e giustizia2), e che quindi possano considerarsi entrambi come giusti

che sia, non permette a sua volta di privilegiare un qualsiasi criterio a

(rispettivamente, giusto1 e giusto2) se coerenti ciascuno con la propria

discapito di un altro. Così come, dall’esterno, non c’è alcun criterio che

definizione di giustizia. Dati questi due sistemi e le rispettive definizioni

ci permetta di privilegiare una risposta interna rispetto a qualsiasi altra

di giustizia, è legittimo porre la domanda esterna: «è giusto2 il sistema1?».

risposta.

Una tale domanda, infatti, cerca di applicare a un sistema (sistema 1) un

A tali considerazioni seguiva un tacito e sostanziale immobilismo nel

concetto a esso esterno (giustizia2), più precisamente un concetto

proporre nuovi sistemi che definissero la giustizia al loro interno.

assente (almeno in questa accezione) nel sistema considerato. Ma se il

Rispetto ad allora alcune mie perplessità non sono significativamente

sistema1 non comprende il concetto giustizia2, il sistema1 non sembra

mutate. Ciò che è mutato, piuttosto, è una nuova consapevolezza della

allora valutabile attraverso tale concetto e dunque attraverso il sistema 2,

libertà di proporre teorie e sistemi alternativi. Di questo sono debitore 12


Individui e società

delle tesi esposte da Rino Genovese in Un illuminismo autocritico3 in cui

movimento complessivo della conoscenza si lascia descrivere in termini

l’autore, complessivamente, critica la paradossalità dell’Occidente

scettico-relativistici. Ciò significa che, nell’ambito della propria cerchia

contemporaneo – promotore di un universalismo di stampo

dei punti di vista, una teoria, dopo aver realizzato uno spostamento del

illuministico, ma consapevole, grazie all’insegnamento relativista, di

punto di vista, fissa sempre una qualche certezza, ossia passa in una

essere un particolarismo tra gli altri – e la sua incapacità di un processo autocritico radicale – che evidenzi il carattere fallimentare della pretesa di una proiezione universalistica sul mondo. Per i nostri scopi, la

credenza. Questa certezza può essere poi osservata da un’altra prospettiva, così da non apparire più tale ma solo un momento transitorio dentro un movimento più ampio» 4.

ricchezza della proposta di Genovese va individuata nel rilanciare gli strumenti concettuali di critica e nel ricostruirli su basi scettico-

In questo senso, secondo Genovese, ogni teoria (credenza o punto di

relativistiche. Ciò avviene attraverso l’introduzione di uno sguardo

vista), sottoposta a uno sguardo esterno, risulta parziale, avendo un

critico esterno rivolto, nel suo caso, dall’Occidente a se stesso e ai propri

significato contestuale e quindi un valore limitato. Ma da un punto di

presupposti, che sottoposti a tale sguardo risultano parziali e particolari.

vista interno assume, pur nella sua provvisorietà, un valore

Tale critica, o meglio autocritica, consiste inoltre in una moltiplicazione

incancellabile, trovando la sua funzione come momento del più generale

e in uno spostamento continuo dei punti di vista (di cui qualsiasi teoria e

movimento dei punti di vista, e realizzandone così una potenziale (e

processo di conoscenza si compongono), della loro individuazione, del

continua) ristrutturazione e spostamento. Si tratta dunque di costruire le

loro intrecciarsi, del ripetersi e bloccarsi. Alla base di tale autocritica, c’è

proprie teorie e nutrire le proprie credenze a partire dai punti di vista

l’idea che i processi di conoscenza siano passibili di una doppia

prescelti e, al contempo, sottolinearne la transitorietà. Tutto ciò implica

descrizione: interna al movimento dei punti di vista del processo

una nuova libertà nel fare teoria e nel prendere posizione, in cui la

cognitivo in questione ed esterna.

mancanza di definitività non ha un effetto paralizzante, ma va intesa come principio attivo del moltiplicarsi delle teorie, che fa della

«Solo da questo secondo punto di vista, riflessivo e metateorico, il

13

formulazione di una (nuova) teoria, di volta in volta determinata,


Quaderni della Ginestra

l’aspetto centrale del movimento dei punti di vista.

legittimità interna che si fonda la libertà nel fare, nel formulare e nel

Riassumendo, si considerino due differenti teorie sulla giustizia5,

moltiplicarsi delle teorie, nel proporre sistemi alternativi, nello spostare

giustizia1 e giustizia2, e una domanda che metta in discussione una teoria

continuamente il nostro punto di vista, a prescindere dalla possibilità di

della giustizia (giustizia1) facendo appello a una teoria della giustizia

un confronto effettivo tra due teorie differenti o dall’individuazione di

(giustizia2) diversa da quella messa in discussione, per esempio la

una teoria privilegiata.

domanda «è giusta2 giustizia1?». Ora, è legittimo rispondere a tale

TIMOTHY TAMBASSI

domanda facendo appello a una teoria della giustizia diversa dalla teoria di giustizia messa in questione? In altre parole, date due differenti teorie sulla giustizia, è possibile un confronto tra tali teorie? Se non è possibile, allora le due teorie sono incommensurabili. Se è possibile, allora è sempre possibile formulare una nuova teoria della giustizia (giustizia3) e porre le domande «è giusta3 giustizia1? » o «è giusta3 giustizia2? » e così via, per ogni nuova teoria della giustizia in una infinita moltiplicazione di confronti possibili. Entrambi i casi sembrano evidenziare delle difficoltà nell’individuare sia una teoria della giustizia privilegiata, sia un qualsiasi criterio volto a tal fine. Infatti, a ogni criterio è sempre possibile porre la

T. Tambassi, Epistemologia e teoria sociale. Questioni interne ed esterne, «La società degli individui», 42, 2011, pp. 46-52. 2 R. Carnap, Empiricism, Semantics, and Ontology, «Revue internationale de philosophie», 4, 1950, pp. 20-40; ristampato con modifiche in Id., Meaning and Necessity, University of Chicago Press, Chicago 19562, pp. 205-221 [trad. it. Empirismo, semantica e ontologia, in A.C. Varzi, a cura di, Metafisica. Classici contemporanei, Laterza, Roma-Bari 2008, pp. 4564]. Per una critica a tale distinzione cfr. W.V.O. Quine, Carnap sull’Ontologia, in Id., I modi del paradosso e altri saggi, il Saggiatore, Milano 1975, pp. 197-205; S. Haack, Some Preliminaries to Ontology, “Journal of Philosophical Logic”, 5, 1976, pp. 457-474. 3 Rino Genovese, Un illuminismo autocritico, Rosenberg & Sellier, Torino 2013. 4 Ibidem, p. 104. 5 Per semplicità non consideriamo giustizia e giustizia come contraddittore, antino1 2 miche e così via. 1

domanda è «giustoy il criteriox? », e le risposta, possibile o non possibile che sia, rientra in uno dei due casi elencati. Ma se da un lato, qualsiasi teoria, dall’esterno, sembra destinata a risultare parziale, dall’altro, è dall’interno che ogni teoria può trovare la propria legittimità, come parte di un processo più generale del movimento dei punti di vista. È su tale 14


Individui e società

SPUNTI INSOLITI DAL NIETZSCHE “SOCIALE ”: “FEMMINISTA” E DEMOCRATICO IL SOGGETTO E L’INDIVIDUO : NIETZSCHE IN Droit devant soi on ne peut pas aller bien loin… A MERICA A. de S. Exupery

«

sviluppo storico e tantomeno nella loro attuazione: in questo caso parità/specificità tra generi e democrazia. E’ quanto hanno tentato vari interpreti della recente filosofia americana, sui quali vorrei qui problematizzare. Talora essi hanno forzato e frainteso Nietzsche, ma non si può certo dire che Nietzsche non vi sia abituato! Inoltre ciò rientra perfettamente nella strategia

“Dammi, o donna, la tua piccola verità!” dissi. E la vecchia

appena descritta.

donnetta disse così: “Vai dalle donne? Non dimenticare la frusta!”.

Così parlò Zarathustra».1

1. Femminismo, tra epistemologia e politica

La democrazia è una tirannia della maggioranza, una degenerazione del genere umano, che rende l’uomo mediocre in quanto trasforma gli uomini in animali di uguali diritti e uguali pretese2.

Il nome di Nietzsche ricorre frequentemente nel contesto femminista americano e varie pensatrici hanno trovato in lui un

In effetti il pensiero sociale di Nietzsche non sembra esattamente

riferimento tanto epistemologico quanto politico per le loro teorie; per

femminista e democratico: una vasta letteratura ha messo in luce

esempio Heike Schotte 3 descrive Nietzsche addirittura come uno dei

tendenze maschiliste ed espressioni in linea con una sorta di radicalismo

precursori del femminismo e delle politiche del diverso4. Queste filosofe

aristocratico. Ma lo sguardo sul passato della filosofia non può nutrirsi

hanno sorvolato su certe esternazioni di Nietzsche riguardo alle donne e

solo di analisi che si avvolgono attorno a un’unica direzione, cioè

alla virilità per concentrarsi su altri aspetti del suo pensiero che

l’asintotica interpretazione “corretta” (ovviamente per uno specifico

indubbiamente offrono spunti preziosi.

contesto). Di tanto in tanto si può invece osare proporre interpretazioni

Una ragione per cui molte filosofe femministe hanno generalmente

alternative, per quanto solo in parte condivisibili, magari al fine di

apprezzato la decostruzione della filosofia occidentale attuata da

alimentare con nuova linfa questioni non ancora complete nel loro

Nietzsche può essere rinvenuta nel rifiuto dell’inclinazione logocentrica

15


Quaderni della Ginestra

e nel ritorno del corpo e degli affetti al centro della filosofia. Infatti uno

coscienza, del senso di colpa e di responsabilità mostrandone la non

dei nodi centrali del ben noto prospettivismo5 di Nietzsche è che la

naturalità, perché dovrebbe essere invece naturale la distinzione di

conoscenza sia possibile solo attraverso un impegno affettivo nel

genere o di sesso? Benché tutti questi concetti vengano naturalizzati

mondo, in particolare quindi anche attraverso un corpo: numerosi sono

attraverso l’esperienza del linguaggio, essi in realtà non sono più reali e

i passi in cui Nietzsche si sofferma sull’importanza per il pensiero e per

necessari del linguaggio che li costruisce; si tratta dello stesso sviluppo

la filosofia delle passioni del corpo (infermità, dolori, piaceri, emozioni)

dell’antiessenzialismo verso la contingenza del linguaggio attuato da un

e del suo rapporto fisico con il mondo (cibo, caldo, freddo, clima in

altro filosofo americano, spesso ispirato da Nietzsche, Richard Rorty7.

generale).

Diverso è l’approccio del femminismo postmoderno, che vuole

Più in particolare la linea femminista che ricerca il superamento della

andare oltre l’uguaglianza rivendicando la specificità del genere

distinzione tra i generi, e mira così a far cadere automaticamente anche

femminile e preferendo articolare un nuovo modo di pensare, una

la possibilità di fondare valori, potere o verità su di essi, si richiama

filosofia della differenza e dell’alterità. Di nuovo tali finalità

direttamente all’idea nietzschiana che non esista una natura delle cose;

troverebbero un sostegno specifico e forte nel prospettivismo di

quindi neppure di uomo e donna: tali “nature” sono in realtà create

Nietzsche, stavolta nel suo nucleo più centrale. Le femministe

dall’uomo stesso, anche attraverso il nietzscheano «divenire ciò che si è»

postmoderne (dette anche post-femministe) abbandonano il sogno

inteso come autocreazione.

moderno e illuminista di un linguaggio comune, evitano la presunzione

Un esempio di tale approccio antiessenzialista e antigenere si trova in

di una visione totalizzante che rischia di essere nuovamente imperialista

Judith Butler6. Questa filosofa considera le proprie analisi sulla

e di cadere in un capovolgimento della relazione tra forte e debole,

decostruzione della distinzione di genere e di sesso la naturale

simile a quello attuato, secondo Nietzsche, dal cristianesimo.

continuazione della critica di Nietzsche all’io, alla soggettività e al libero

Assimilando la critica del risentimento hanno osservato come il

arbitrio: in entrambi i casi si tratta di apparenti necessità grammaticali.

femminismo tradizionale sia stato animato dalla volontà dei più deboli,

Vista la critica alla morale cristiana, che smaschera lo sviluppo della

delle vittime, di diventare come l’oppressore; tale femminismo, nel 16


Individui e società

tentativo di raggiungere l’uguaglianza sessuale, non ha quindi tenuto

In ogni caso le femministe postmoderne vogliono soprattutto evitare

conto del valore della differenza. L’oggettività deve invece essere una

la fondazione della visione politica su un privilegio epistemico e quindi

funzione della parzialità: come osserva Donna Haraway, «la morale è

trovano nel prospettivismo un promettente modello: come riconosce

semplice: solo una prospettiva parziale promette una visione oggettiva

Debra Bergoffen, a Nietzsche va il merito di aver costruito una filosofia

[…]. L’oggettività femminista ha a che fare con ubicazioni circoscritte e

dove il concetto di centro interpretativo rimpiazza quello di centralità

conoscenze situate, non con la trascendenza e la scissione

assoluta10. Il punto di vista patriarcale tradizionale si è nel tempo

soggetto/oggetto» 8;

molto

mascherato da punto di vista oggettivo, si è arbitrariamente posto al di

decisamente

là di ogni prospettiva. Invece ciò che può essere al massimo raggiunta è

nietzscheano, sebbene sembri confondere oggettivo e obiettivo: tuttavia

l’obiettività, vista come assemblaggio di molteplici prospettive

tale apologia della differenza corre il rischio di essere trascinata

interessate e non certo come contemplazione disinteressata. E’ infatti

erroneamente nella solita distinzione limitativa tra uomo-mente-logos e

necessario un radicale posizionamento dei soggetti nel mondo perché il

donna-corpo-pathos a cui probabilmente cercava di sfuggire il

mondo che si vuole conoscere è quello in cui viviamo, a cui siamo

femminismo tradizionale della Butler.

interessati perché in esso ineluttabilmente calati.

semplicemente

saperi

«oggettività situati»9.

femminista È

un

significa

approccio

Mi preme qui sottolineare come sia problematica la distinzione tra

A questo secondo femminismo appartiene appunto la Haraway che,

obiettività e oggettività all’interno del prospettivismo di Nietzsche, che

coerentemente con la propria postmodernità, rifiuta la ricerca di punti di

ritiene entrambi impossibili o meglio in mala fede: non è possibile

vista epistemologicamente puri e fondati, e di un’identità politica

l’oggettività, in quanto non c’è una realtà dei fatti unica alla quale

“innocente”. Se per le femministe postmoderne sono preferibili i punti

aderire; non è possibile neppure l’obiettività, in quanto non si può

di vista delle donne escluse e soggiogate non è perché essi siano

prescindere dal proprio punto di vista, quello in cui si è calati, non si

epistemicamente puri o privilegiati ma perché «sembrano promettere

può essere imparziali. Probabilmente per Nietzsche si può cambiare

resoconti del mondo più plausibili, più validi, oggettivi, trasformativi»11.

punto di vista, ma difficilmente assumerne più di uno alla volta.

Ovviamente bisogna considerare che la Haraway ridefinisce, come ho

17


Quaderni della Ginestra

detto poco fa, il concetto di oggettività. Interessante notare come i

distinzione oppresso-oppressore: tale impostazione femminista rischia

confini tra politica ed epistemologia vengano eliminati perché, essendo

di fissare certi ruoli quando invece, come fa notare Bat-Ami Bar On12,

tutte le prospettive parziali, la scelta di un particolare punto di vista

gli agenti delle società capitalistiche moderne sono a turno in relazione

deriva dalla agenda politica alla quale è associato. La preferenza è

di padrone-schiavo gli uni per gli altri.

politica, non epistemica: constatata l’inevitabilità del prospettivismo, la

Questa linea della valorizzazione della differenza si è ulteriormente

politica assume priorità rispetto all’epistemologia, anziché trarre forza

estremizzata nel femminismo della “standpoint epistemology”, che

da essa come accade tradizionalmente.

appare però problematico ed ambiguo, in quanto mentre nega

Le motivazioni per preferire i punti di vista dei soggiogati devono

l’esistenza di versioni non interpretative della conoscenza, ritiene

allora essere contestuali e pragmatiche: per esempio, essendo stati a

paradossalmente che alcune versioni catturino meglio di altre la realtà.

lungo esclusi sono maggiormente rivelatori; inoltre possono essere utili

In tal modo si ritorna al realismo e all’idea di un punto di vista

nel capire i meccanismi politici e soprattutto psicologici della

epistemologicamente privilegiato. Queste pensatrici sostengono che «noi

sottomissione. E’ interessante notare che uno degli elementi di valore

possiamo distinguere le credenze tra più e meno parziali e distorte […]

della prospettiva degli oppressi è la sua novità, in linea con il pensiero di

senza doverci impegnare nei confronti della credenza che i risultati della

Nietzsche sulla positività delle nuove narrazioni.

ricerca femminista siano veri»13. Secondo Nancy Hirschmann, per

Esiste però il rischio di cadere in una prospettiva del risentimento da

esempio, il punto di vista dei gruppi oppressi, da solo, permette di

parte dell’oppresso, per esempio se si volesse legare la validità esplicativa

vedere un maggior numero di aspetti relativi alle relazioni sociali che

ad una maggiore desiderabilità morale. Non si deve infatti dimenticare

opprimono tali gruppi 14. Il rischio è però evidentemente quello di

che anche quello dell’oppresso non è un punto di vista “innocente”,

tornare alla pretesa di una qualche sorta di giudizio oggettivo, alla

sebbene porti “nuova luce”: fortunatamente la Haraway sostiene la

subordinazione della politica all’epistemologia. Come attenuanti si

necessità di esaminare anche il punto di vista dell’oppressore, cioè di

possono però addurre la volontà di un approccio pragmatico e

creare un concerto. Sorge subito un’ulteriore questione, legata alla

funzionale, che permette di progettare azioni pratiche, e la presenza di 18


Individui e società

una gradualità dell’oggettività (sebbene non certo della imparzialità), come se, scaricato il punto di vista assoluto, esistessero solo punti di vista relativi più o meno grandangolari. All’estremità di questo gruppo spicca Sandra Harding: per questa filosofa c’è un mondo reale, una versione giusta per la conoscenza, ed è la prospettiva dell’oppresso (in particolare della donna) ad avvicinarvisi maggiormente in quanto conterrebbe anche quella dell’oppressore 15. In realtà questo privilegio appare come frutto di una visione un po’ fideistica e romantica che non spiega perché non ci dovrebbero essere distorsioni da parte degli oppressi. In pratica la Harding si limita a rovesciare la versione patriarcale rendendola matriarcale e ipotizzando per quest’ultima la purezza e l’assolutezza che vuole negare alla prima. Questa filosofa fa esattamente ciò che Nietzsche ha scritto per lo schiavo: trasforma la schiavitù in virtù, senza ammettere, come la Haraway, che si tratta solo di un’altra visione “situata” a cui dare priorità eventualmente solo da un punto di vista politico, non epistemologico.

2. Rinnovare la democrazia tornando a Nietzsche? Assai articolati appaiono anche i tentativi di modifica e sviluppo della democrazia tramite il pensiero di Nietzsche da parte di filosofi 19

MIL, NON DIRE UNA PAROLA CHE NON SIA D’AMORE, DA IN STELI SILENTI (2014), CERA, COLORE, CHIODI SU POLISTIROLO


Quaderni della Ginestra

americani (di sinistra) gravitanti nell’area postmoderna o post-analitica. Innanzitutto il prospettivismo viene considerato un valido anticorpo

rapido mutamento; un mondo che si sta sempre più distaccando dagli ideali dei democratici

classici come Rosseuau, Tocqueville e Mill e

a posizioni totalitarie, conservatrici, xenofobe e dogmatiche. Esso può

contemporanei come Rawls e Habermas. Senza arrivare a sostenere la

infatti essere interpretato come una forma di contestualismo, aperto a

democraticità di Nietzsche, Connolly vorrebbe elaborarne le idee per

capire e accettare le posizioni e le prospettive degli altri in virtù della

metterle al servizio di una democrazia al passo con la vita

contingenza della propria: come osserva Alexander Nehamas, esso è il

contemporanea.

«rifiuto opposto alla misurazione di persone e concezioni secondo

Il punto di partenza è l’idea che l’economia e la vita culturale abbiano

un’unica scala» 16. A favore del prospettivismo va inoltre considerata la

ormai una velocità che le pratiche deliberative democratiche non

sua attualità: lo spostamento da chiusure dogmatiche verso società più

riescono più a sostenere. Il tempo moderno sembrerebbe inospitale per

aperte è oggi diffuso, raccomandabile e forse inevitabile; lo

la democrazia tradizionale, a causa del ritmo accelerato dei media, delle

sperimentalismo nella definizione dei ruoli sociali, negli stili di vita e

tipologie di comunicazione, dello sviluppo tecnologico, della mobilità

nella morale e può infatti essere visto come prospettivismo in azione.

dei popoli, degli scambi culturali. Nell’Ottocento Nietzsche osservava

Alcuni filosofi si sono concentrati positivamente sia su elementi più

che quando il ritmo della vita accelera, la natura e l’essere devono

ovviamente inclusivi del pensiero di Nietzsche, come il pluralismo e lo

lasciare spazio all’arte, cioè alla creatività: si fa largo la constatazione

sperimentalismo, sia su elementi non propriamente democratici come

della contingenza e diventa quindi più difficile per la politica ricorrere a

l’aristocraticità (non in riferimento ad elites o oligarchie ma piuttosto

leggi di natura o decreti naturali; la gente diviene più sperimentale, meno

all’aretè) o la conflittualità, per ridescriverli e sviluppare sistemi

gerarchica17. Di fronte a tale accelerazione sarebbero possibili due

democratici di mediazione.

atteggiamenti: il fondamentalismo democratico, che si illude di poter

Un primo esempio di questo nietzschianesimo finalizzato ad

ridurre il ritmo della vita e adattarlo a quello della democrazia, e lo

aggiornare la democrazia si trova in William Connolly. Nietzsche

sperimentalismo democratico, che pensa esattamente il contrario. Lo

offrirebbe risorse per ripensare concetti politici chiave in un mondo in

sperimentalismo democratico, verso cui Connolly ovviamente propende, 20


Individui e società

asseconda l’aumento del ritmo e il conseguente aumento della

vista politico, è implicitamente una critica del dominio; questa è un’idea

sperimentazione: si diventa più attori, più artisti.

fondamentale per le società pluralistiche che vogliono dare uguali diritti

L’aumento della sperimentazione va poi di pari passo con l’aumento

a tutte le prospettive. La proposta di Warren è interessante e richiama

del pluralismo e quindi anche con quello della competizione tra

quella di alcune femministe, sebbene Nietzsche probabilmente non

differenti

agonismo

pensasse ad uguali diritti per tutte le prospettive; essa deve però

nietzschiano che però deve rimanere rispettoso delle differenze: è la

confrontarsi con il rischio dell’indifferenza del relativismo. Inoltre si può

deriva dell’agonismo il principale rischio della proposta di Connolly. Per

osservare che le istituzioni democratiche danno luogo a parità funzionali

evitarlo la democrazia deve adottare un pluralismo multidimensionale,

e procedurali che non sono poi legate a uguaglianze sostanziali; la

rendere organico il divenire e fare propria un’etica intraculturale capace

devozione ad un sistema democratico è quindi forse compatibile con

di governance democratica tra gruppi interdipendenti che fanno a capo a

una visione etica non egualitaria.

differenti

sperimentazioni,

sorgenti

morali18.

rendendo

Una

tale

organico

un

democrazia

velocizzata

E’ in questa direzione che si muove, ancor più di Connolly, il

paradossalmente conterrebbe le tre virtù che Connolly riconosce alla

postmoderno Lawrence Hatab 20, il quale proprio dal valore della

nobiltà secondo Nietzsche: autosperimentazione, pluralità nonché grazia

distanza e della differenza in Nietzsche vuole far ripartire la democrazia.

(sulla quale non conviene qui soffermarsi).

Anche tra questi pensatori pare riproporsi, come per le filosofe

Il pluralismo è anche una delle variabili nietzschiane apprezzate da Mark Warren, che però vede in Nietzsche addirittura il fondamento dei

femministe, la seguente questione: ‘prospettivismo come egualitario o come differenziante?’

valori progressisti del moderno razionalismo. L’importanza di Nietzsche

Hatab distacca la democrazia dalle sue radici egualitarie sviluppando

per il pensiero politico attuale risiederebbe nella sua promozione di «una

una forma di giustizia che permette discriminazioni culturali e politiche:

19

società pluralistica nella quale l’egalitarismo garantisce l’individualità» .

«a e b possono essere trattati ugualmente (o diversamente) quando sono

Warren mette tra parentesi il pensiero reazionario di Nietzsche per

uguali (o diversi) relativamente a c in d, dove a e b sono persone, c è una

concentrarsi sul fatto che il suo prospettivismo, applicato ad un punto di

particolare condizione o abilità e d un particolare contesto per il quale c

21


Quaderni della Ginestra

sia adatta»21. Tale formula darebbe luogo ad una stratificazione

quello europeo continentale.

meritocratica perfettamente compatibile con la democrazia, perché non

Questo inevitabile agon elogiato da Hatab può senz’altro costituire

entra nel piano delle essenze attribuendo ad alcuni singoli valore

una delle forze agenti all’interno di una democrazia, ma può essere

superiore a quello di altri: «un tale riconoscimento meritocratico

unica e indisturbata? Infatti rischia di creare un effetto centrifugo e di

dovrebbe essere del tutto contestuale e mai riduttivo al punto da

lotta permanente nella quale si esauriscono tutte le forze vitali. Inoltre il

designare come migliori o peggiori le persone in virtù di una loro

richiamo a Nietzsche dovrebbe essere adeguatamente aggiornato con la

essenza superiore»22. In questo modo è possibile discriminare tra le

realtà attuale. Quest’ultimo considerava gli individui creativi, in

persone, come lo è tra le prospettive, in base ad evidenze legate al

particolari gli spiriti liberi, come spinta e fini della società. Nella società

contesto e non per motivazioni a priori; sempre nietzschiana è anche

contemporanea esistono invece persone sovra-individuali ma non statali,

l’idea di giudicare dai risultati, dalle performances.

per esempio di natura economica come le multinazionali o di natura

Alla presenza della differenza si associa poi quella dell’agonismo.

politica come i partiti, che alla grandezza del potere associano povertà di

Hatab descrive la democrazia come una competizione tra differenti

creatività e di valori nonché ristrettezza di vedute e di finalità. Che cosa

prospettive, interessi e visioni; come un’attività agonistica, di

penserebbe Nietzsche del fatto che le società attuali rischiano di vedere

competizione e lotta, in accordo con la visione nietzschiana della realtà:

queste nuove forme di individui sbaragliare ogni concorrente?

«disaccordo e differenze sono il sine qua non di una politica democratica» 23.

ANTONIO FREDDI

Per Hatab la democrazia non deve rifiutare il disordine e la frizione della disputa politica, perché l’armonia e l’unanimità possono essere invece sospetti per la democrazia; l’agonismo del dissenso è essenziale alla deliberazione e alla giustificazione democratica. Si tratta di un agon più facilmente rinvenibile nel sistema politico americano rispetto a

1

F. Nietzsche, Also sprach Zarathustra, ‘Delle donnicciole giovani e vecchie’, 1885. Cfr. per esempio F. Nietzsche, Jenseits von Gut und Böse, 1886, 203 e 242. 3 H. Schotten (2009), Nietzsche’s Revolution, Palgrave, New York 2009, pp. 191-206. 2

22


Individui e società

Queer politics. Non ci sono fatti ma interpretazioni; il mondo non ha un senso, ma innumerevoli sensi che corrispondono ad altrettante interpretazioni formulate da punti prospettici differenti. 6 Per esempio J. Butler, Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity, Routledge, New York 1990, p. 33. 7 Per un esempio pratico, emblematico nonché divertente di tale “responsabilità del linguaggio” cfr. Carol Cohn, Sex and Death in the Rational World of Defense Intellectuals, «Signs», 1987, no. 4 (Within and Without: Women, Gender and Theory). 8 D. Haraway, Simians, Cyborgs and Women, Free Association Books, Londra 1991, p. 190; tr. it. (a cura di L. Borghi) Manifesto Cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo, Milano, Feltrinelli, 1995, p. 113. 9 D. Haraway, Simians, Cyborgs and Women, cit., p. 188 (tr. it. cit., p. 111). 10 D. Bergoffen, Perspectivism without Nihilism, in C. Koelb (a cura di), Nietzsche as Postmodernist, State of New York University Press, Albany 1990, p. 68. 11 D. Haraway, Simians, Cyborgs and Women, cit. p. 191 (tr. it. cit., p. 114). 12 B. A. Bar On, Marginality and Epistemic Privilege, in L. Alcoff e E. Potter (a cura di), Feminist Epistemologies, Routledge, New York 1993, pp. 83-100. 13 S. Harding, Whose Science? Whose Knowledge?, Cornell University Press, Ithaca 1991, pp. 184-185. 14 Per esempio in N. J. Hirschmann, Freedom, Recognition, and Obligation: A Feminist Approach to Political Theory, «American Political Science Review», 83, December, 1989, pp. 1229-1230. 15 S. Harding, The Science Question in Feminism, Cornell University Press, Ithaca 1986, p. 91. 16 A. Nehamas, Nietzsche. Life as Literature, Harvard University Press, Cambridge 1985, p. 68; tr. it. (a cura di M. Pera) Nietzsche: la vita come letteratura, Armando, Roma 1989, p. 85. 17 F. Nietzsche, Die fröhliche Wissenschaft, 1882, 356. 18 W.E. Connolly, Nietzsche, Democracy, Time, in H. W. Siemens e V. Roodt (a cura di), Nietzsche. Power and Politics,, De Gruyter, Berlino 2008, p. 139. 19 M. Warren (1988), Nietzsche and Political Thought, Mit Press, Cambridge (Mass.)1988, p. 157. 20 L. Hatab, A Nietzschean Defense of Democracy. An Experiment in Postmodern Politics, Open Court, Chicago 1995. 4 5

23

21 Ibidem, 22

p. 112. Ibidem, p. 112. 23 Ibidem, p. 86.


Quaderni della Ginestra

LEIB E INTERSOGGETTIVITÀ: UNA PROSPETTIVA SOCIOFENOMENOLOGICA IL SOGGETTO E L’INDIVIDUO :

L

NIETZSCHE IN

AMERICA a rilevanza sociologica della fenomenologia non è un tema molto

comunque degno di nota: Alfred Schutz. Il suo pensiero si inserisce perfettamente all’interno del dibattito attuale sulla conoscenza intersoggettiva, che si trova di fronte a una disputa tra due concezioni principali: la teoria della teoria della mente (TT) e la teoria della

dibattuto. Nonostante, infatti, tale corrente abbia rappresentato

simulazione della mente (ST). Secondo la prima, la nostra comprensione

una risposta al Positivismo e alla cultura europea del XIX-XX secolo, è

dell’alterità si basa sull’adozione di un atteggiamento teorico (quindi

solo negli ultimi anni che le tesi fenomenologiche hanno iniziato ad

meramente inferenziale e deduttivo). Per la seconda, invece,

essere prese in considerazione anche da sociologi e filosofi politici.

comprendiamo l’altro auto- simulando le sue credenze, i suoi desideri o

La tendenza generale di questi autori è quella di superare l’ottimismo

emozioni, ricorrendo dunque a un processo di modellizzazione. La

positivista, secondo il quale tutto è spiegabile attraverso le categorie

scelta sembrerebbe dunque ricadere tra un’analisi che privilegia la

della scienza, e sostenere, piuttosto, il valore di quello che Husserl

prospettiva

definiva “mondo della vita”: è all’interno dell’ambito prescientifico e

rappresentazionalista, che utilizza la prospettiva in terza persona.

in

prima

persona,

e

un

approccio

altrettanto

precategoriale che si formano i nessi significativi, compresi quelli di

Tuttavia, avvalendosi di esperimenti sociali mutuati dalle scienze

natura sociale, i quali quindi non hanno bisogno di fondazione

cognitive e focalizzandosi su alcuni testi della fenomenologia classica, e

scientifica. 1

in particolare su alcune opere di Schutz, è possibile rendersi conto

La questione della cognizione sociale, in particolare, si ritrova oggi al centro di numerosissime indagini: filosofi, neuroscienziati e psicologi condividono infatti l’interesse nei confronti della natura del rapporto

dell’esistenza di un’alternativa ad entrambe le posizioni: l’analisi attraverso la prospettiva in seconda persona. Scopo del presente testo sarà dunque quello di descrivere tale

che il soggetto intrattiene con il mondo. Le tesi husserliane godono,

approccio,

avvalendosi

di

contributi

tratti

dalla

tradizione

dunque, di una rinnovata fortuna, insieme alla filosofia di un altro

fenomenologica e dalla contemporanea psichiatria, e enfatizzando il

fenomenologo, non noto quanto il padre fondatore del movimento, ma

sottile filo conduttore che lega questi ambiti, apparentemente molto 24


Individui e società

lontani, sia metodologicamente che tematicamente. Inoltre, verrà

simbolico di Mead e dalla sociologia americana 2, con cui si era dovuto

sottolineata l’importanza del ruolo che la corporeità svolge nella

confrontare

cognizione sociale: l’interazione intersoggettiva è, infatti, una pratica

indubbiamente un importante contributo. In particolare, in Phenomenology

incarnata. Il corpo, inteso come Leib, soggetto psicofisico, funge da

of the Social World (1967), egli si interroga a fondo sul rapporto Sé- Altro,

mediatore nel mio incontro con l’altro: è dunque necessaria una

riconoscendo l’esistenza di una molteplicità ed eterogeneità di incontri

descrizione che renda giustizia a una corporeità troppo spesso vittima

interpersonali: di contro alle visioni semplicistiche della Simulation Theory

della tradizione cartesiana, che tanto ha pesato sul panorama filosofico

e della Theory Theory, Schutz sostiene così la necessità di rendere conto

successivo alla celeberrima dicotomia res cogitans-res extensa.

della complessità della vita intersoggettiva.

dopo

aver

abbandonato

l’Austria,

costituisce

Da un punto di vista metodologico, il lavoro schutziano è importante

1. Fenomenologia e sociologia nel pensiero di Alfred Schutz

perché egli fu l’unico, all’interno della tradizione fenomenologica, ad applicare la fenomenologia a studi sociali empirici e scientifici. Già

La tradizione fenomenologica vanta una sconfinata letteratura a

Merleau- Ponty, specialmente in Fenomenologia della Percezione, aveva

proposito dell’intersoggettività: non solo Husserl e la Stein, che per

utilizzato un approccio interdisciplinare, avvalendosi di casi mutuati

primi- quest’ultima in particolare- si interrogarono sul problema

dalla letteratura scientifica, ma concentrandosi piuttosto su altre

dell’empatia e sulla possibilità di una comunicazione intersoggettiva, ma

tematiche. Con Schutz possiamo assistere, invece, al tentativo di fondare

anche autori come Scheler, Merleau- Ponty e Sartre contribuirono,

una vera e propria fenomenologia sociale, che abbia come punto di

seppur in modi differenti e talvolta contrastanti, allo studio del rapporto

partenza l’analisi del mondo vissuto, piuttosto che lo studio delle

che il soggetto, inteso come Leib, intrattiene con il mondo che lo

strutture trascendentali e assolute.

circonda.

In quest’ottica, il corpo vissuto funge da mediatore nell’esperienza

All’interno di questa vasta produzione, il lavoro di Alfred Schutz, indubbiamente 25

influenzato

dal

pragmatismo,

dall’interazionismo

intersoggettiva, e assume un’importanza centrale. In Structure of the Life World, (1974) Schutz scrive:


Quaderni della Ginestra

«I immediately perceive another men only when he shares a sector of

di studio a Friburgo- ma di adottare e modificare le tesi husserliane a

the life- world’s space and of world time in common with me. Only

proposito dell’esperienza dell’alterità.

under those conditions does the Other appear to me in his live

Come Husserl, anche Schutz sottolinea l’opacità dell’esperienza

corporeality: his body is for me a perceivable and explicable field of

intersoggettiva: i vissuti altrui mi rimarranno sempre inaccessibili,

expression which makes his conscious life accessible to me» 3.

perché non potrò mai esperirli direttamente, così come non potrò mai percepire direttamente le motivazioni del comportamento altrui. Per

La relazione Sè-Altro si configura così come primariamente

questo, egli sottolinea l’importanza dell’interpretazione dei movimenti,

corporea, sulla stregua dell’intercorporeitè merleau-pontiana. Il corpo altrui

molto

non è un mero oggetto fisico, ma un campo espressivo che ci rivela la

all’immaginazione, o alla memoria (quindi avvalersi di una Theory

vita esperienziale di un soggetto diverso da noi. Il comportamento viene

Theory, di un’analisi in terza persona), secondo l’autore potrebbe essere

infatti “codificato” attraverso le espressioni di cui il corpo si fa veicolo, e

utile, tuttavia si ricadrebbe inevitabilmente in un’istanza solipsistica, di

delle quali molto spesso lo stesso soggetto è consapevole: il nostro

mera proiezione.

più

utile

di

una

semplice

osservazione:

ricorrere

corpo diviene così oggetto di osservazione e strumento di

L’intersoggettività implica invece una comprensione complessa e

comunicazione, configurandosi centrale ai fini della comprensione

completa non solo delle azioni altrui, ma anche delle motivazioni ad

intersoggettiva.

esse sottostanti: le espressioni corporee offrono infatti significati che

Per questo motivo, Schutz distingue tra movimenti espressivi (che non hanno alcun intento comunicativo), e atti espressivi (che invece lo

sono rappresentativi di determinati contesti, rendendo possibile la comunicazione sociale.

posseggono). Tale distinzione è ripresa direttamente dalle Ricerche Logiche

Alla base del rapporto tra uomo e società vi è quello che Schutz

di Husserl, a testimonianza della volontà, da parte dell’autore austriaco,

chiama “incontro face-to-face”, vera e propria “matrice” della vita

di non porsi in netto contrasto con il pensiero del maestro -il quale,

intersoggettiva: in tale tipo di relazione, due soggetti entrano in contatto

piuttosto, lo ammirava a tal punto da offrirgli un posto nel suo gruppo

in modo concreto, condividendo un contesto motivazionale nel quale i 26


Individui e società

loro flussi di coscienza si intrecciano. I due agenti possono esperirsi

fenomenologica sarà dunque quello di analizzare la molteplice varietà

reciprocamente e contemporaneamente: tale contatto diretto permette

della vita intersoggettiva, mantenendo come punto di partenza il

una comprensione non riflessiva e intenzionale, nella quale il corpo

mondo-della-vita nel quale i soggetti si trovano inseriti. Schutz sostiene,

espressivo altrui è fondamentale, così come il contesto, che ci fornisce

inoltre, che il mondo quotidiano, trovandosi in un ambiente storico e

schemi interpretativi. Questo genere di incontro rappresenta il primo

culturale ben definito, è intriso di significati che condizionano la vita

caso di relazione sociale: ciò che ne emerge è un “noi”, un flusso di

sociale dei soggetti. Mentre, infatti, la relazione sociale dell’incontro

coscienza peculiare che unisce le prospettive di entrambi gli agenti

“faccia- a- faccia” permette un’interazione diretta con l’alterità,

coinvolti. E’ importante sottolineare come, per Schutz, tale relazione,

anch’essa condizionata dal contesto circostante, il vicino del co- mondo,

detta

e

ovvero un agente che non condivide il mio stesso segmento spazio-

contestualizzata: la nostra conoscenza dell’alterità non avviene, infatti, in

temporale e che, quindi, non posso esperire tramite la presenza

un “vuoto”, ma in un contesto storico, sociale e culturale, utile a capire

corporea, può essere colto solo tramite un’esperienza indiretta (detta

perché l’altro agisca in un determinato modo. La centralità attribuita al

“they-oriented”), attraverso il fenomeno della tipizzazione, ovvero

corpo e all’ambiente è un tema di grande attualità, che rende l’autore

considerandolo come un nucleo di proprietà poste in modo invariante.

decisamente all’avanguardia rispetto ai suoi contemporanei.

In tale contesto, Schutz distingue tra tipi ideali caratteriologici

“relazione

sociale

ambientale”,

sia

sempre

concreta

Risulta sempre più chiaro come, per Schutz, la cognizione sociale

(schematizzati in base al carattere e al temperamento) e tipi ideali

non sia affatto il risultato di teorizzazione (Theory Theory) o simulazione

abituali (individuati tramite le funzioni sociali che svolgono). La

(Simulation Theory), ma sia un processo dinamico e concreto, nel quale

comprensione dell’alterità si configura quindi come un tipo di

l’altro viene colto in modo immediato come presenza corporea e unità

conoscenza variegato e contestualizzato.

psicofisica (Leib). Tale processo non è affatto un fenomeno unitario: al

Il passaggio dalla prospettiva “face-to-face” a quella “they-oriented”

contrario, l’alterità si può presentare in diversi modi, e, in certi casi, non

non comporta, secondo il fenomenologo, eccessivi problemi e

appartenere alla nostra contemporaneità. Compito di una sociologia

incoerenze: secondo lui, infatti, anche nella relazione “faccia-a-faccia”

27


Quaderni della Ginestra

spesso si trascende il “qui e ora” e si utilizzano dati contestuali per

sovratemporali, ma individui situati in un contesto pragmatico che

interpretare l’alterità. Il tipo ideale viene dunque acquisito come parte

condiziona le loro intenzioni.

della nostra conoscenza, e influenza le nostre interazioni, dirette ed indirette che siano: come sostiene l’autore, i “contenuti di coscienza

2. Thomas Fuchs: fenomenologia e cognizione sociale

possono venire colti solo mediante una tipizzazione”4. L’importanza attribuita al contesto, all’ambiente e al “mondo-della-

Si è visto come l’incontro “face to face” descritto da Schutz

vita”, oltre che l’accento posto sul ruolo svolto dalla corporeità, pone il

presupponga una comprensione dell’alterità di tipo ante-predicativo,

pensiero schutziano in diretto contrasto con le odierne Simulation

mediata da una corporeità espressiva e condizionata dal contesto

Theories e Theory Theories. Entrambi questi approcci considerano,

circostante.

infatti, la mente come una realtà nettamente separata dalle altre, e

Recenti sviluppi in ambito neuroscientifico e psichiatrico sembrano

destinata a rimanere nascosta e incompresa, se non, appunto, attraverso

confermare la validità delle sue tesi, che si pongono decisamente in

processi simulativi o inferenziali. Queste teorie hanno inoltre il limite di

contrasto al celeberrimo dualismo tra Simulation Theory e Theory

non prendere in considerazione fattori importanti all’interno di una

Theory. In particolare, è stato introdotto nel lessico delle scienze

teoria cognitiva, specialmente se si parla di cognizione sociale, ovvero

cognitive il concetto di “second- person perspective”. Avvalendosi di

l’interazione fra i soggetti, il ruolo del corpo, inteso come corpo vivo, e

nozioni tratte direttamente dalla fenomenologia, e di scoperte sullo

lo sviluppo dei rapporti sociali, che esse spiegano ricorrendo

sviluppo della prospettiva sociale nell’infanzia, pensatori come

semplicemente a meccanismi neurali, certamente necessari, ma non

Gallagher e Zahavi, ma anche Thomas Fuchs, rappresentanti di un

sufficienti a una spiegazione completa del fenomeno.

nuovo tipo di fenomenologia che si può definire “analitica”, sostengono

Al contrario, la riflessione di Schutz sembra essere coerente a un

la validità di un’intersoggettività basata su una percezione immediata e

approccio enattivo e fenomenologico, per il quale risulta di primaria

su un’interazione incarnata con l’alterità, senza che si presenti la

importanza il fatto che gli agenti non siano entità sovraspaziali e

necessità di ricorrere a teorie o simulazioni. 28


Individui e società

E’ nel pensiero di Thomas Fuchs in particolare che si può

simulazione e deduzione. Solo in un secondo momento è possibile

individuare una descrizione accurata di tale tipo di approccio, il quale

“oggettivare” l’alterità, tramite un’analisi in terza persona, oltre ad avere

sembra condividere alcuni punti con la relazione “face-to-face” di

una conoscenza più approfondita di se stessi: grazie alla relazione

Schutz. Secondo Fuchs, infatti, un’interazione sociale incarnata in

“faccia- a- faccia” con l’altro, infatti, mi è possibile vedere me stesso con

seconda persona non solo è la base della cognizione intersoggettiva, ma

i suoi occhi ed ampliare la consapevolezza che ho della mia persona.

è anche condizione necessaria affinché si sviluppino le prospettive in

Tali affermazioni sono supportate da studi condotti sullo sviluppo

prima e terza persona. Come per Schutz, che considerava l’incontro

della prospettiva attraverso la cognizione incarnata. Sembrerebbe infatti

faccia a faccia una relazione ante- predicativa con l’alterità, i sostenitori

che, già intorno ai due- tre mesi di vita, si assista nei neonati a una

di tale approccio sostengono che, nella maggioranza dei casi, non si

forma di intercorporeità, una co- esperienza in cui sono immersi madre

usano simulazioni introspettive o inferenze, ma si percepiscono le

e figlio: questo dimostra la presenza di una forma primaria di

emozioni e intenzioni altrui in modo immediato, collegandole a un

prospettiva in seconda persona, per cui i neonati non inizierebbero a

contesto significativo.

percepire il mondo da una prospettiva centrata sul Sé, ma sarebbero da

In quest’ottica, la corporeità assume un ruolo fondamentale: non

subito un Sé-con-l’altro. Tale situazione sarebbe anche la condizione di

solo vediamo la rabbia nelle espressioni e nei movimenti altrui, ma è

possibilità per lo sviluppo della prospettiva in prima e in terza persona,

come se la sentissimo anche con il nostro corpo. Questa mutua

ovvero per l’autoconsapevolezza di Sé e per la comprensione della

risonanza corporea è una caratteristica delle interazioni in seconda

prospettiva altrui.

persona: comprendere l’alterità comporterebbe, infatti, una reazione

Il passaggio dalla condivisione alla comprensione della prospettiva

che, a sua volta, influenzerebbe il comportamento altrui, e così via,

altrui avverrebbe, secondo studi condotti da Melzoff e Moore, in modo

attraverso un processo denominato da Fuchs “mutua incorporazione”.

graduale, per poi stabilizzarsi intorno ai quattro -cinque anni di vita.

Tale processo non consiste in una sorta di contagio, ma è una

In quest’ottica, la condivisione delle prospettive si configura come il

comunicazione non verbale molto più intima di qualsiasi osservazione,

presupposto fondamentale per lo sviluppo intersoggettivo, che può

29


Quaderni della Ginestra

essere letteralmente “allenato” tramite quella che Fuchs definisce “memoria collettiva corporea”: un set di disposizioni grazie alle quali gruppi sociali condividono vissuti e pongono le basi per ulteriori esperienze collettive. Si tratta di una sorta di “operative weintentionality”, termine che lo studioso mutua dalla filosofia del francese Merleau- Ponty. Esempi pratici di questa “intenzionalità collettiva” sono i giochi di gruppo, come il calcio:

“A player who is involved and caught up in the game, and just not to what he sees but to what he foresees in advance in the directly perceived present: he passes the ball not to the spot where his teammate is but to the spot he will reach (…)a moment later, anticipating the anticipations of the others (…).The “feel” for the game is the sense for the imminent future of the game, the sense of the direction of the history of the game that gives the game its sense”5.

Anche i rituali possono essere annoverati tra gli esempi di questa prospettiva condivisa: tali atti sociali, caratterizzati da significato simbolico, implicano una sorta di radicamento corporeo e un’esperienza multisensoriale sedimentata negli individui coinvolti. Da un punto di vista fenomenologico, risulta quindi evidente quanto

MIL, RICORDO FRAGILE, DA ESSENZA D’ASSENZA (2008)

30


Individui e società

sia complessa la vita intersoggettiva, in costante oscillazione tra il senso

dal mondo, a fornire modelli di comprensione. Piuttosto, l’individuo si

di Sé e il senso intersoggettivo, mutualmente correlati: mentre, infatti,

trova fin dalla nascita incorporato e immerso in un determinato

l’individuo si trova immerso, quasi fin dalla nascita, in una prospettiva

ambiente. Impossibile non pensare anche a Merleau- Ponty, che, in

condivisa, è proprio grazie alla scoperta della prospettiva altrui che il

Fenomenologia della Percezione, descrive più volte il soggetto come

soggetto impara a conoscere se stesso. Attraverso gli altri, realizzo di

“incarnato in un corpo e immerso nel mondo-della- vita”.

essere una persona fra tante. Come sostiene Husserl, avviene un

Fenomenologia e scienze cognitive si trovano così a condividere una

decentramento dell’io: comprendo che il mio punto di vista non è

visione di soggetto ben lontana da ogni forma di assolutismo e

l’unico, ma uno fra tanti, e che esistono numerose datità il cui centro di

kantismo, e si può sostenere che, in quest’ottica, non solo è possibile

orientazione non è il mio corpo. L’altro è mitgegenwart: presente altro dal

considerare la mente stessa come qualcosa di incarnato, esteso e

mio, che non viene esperito in modo diretto e immediato come il mio,

dinamico, ma è anche lecito iniziare a considerare lo stesso cervello un

ma che a sua volta costituisce me.

organo essenzialmente relazionale, in quanto incorporato nei nessi

La comprensione sociale si configura così come un processo

significativi che i soggetti intrattengono con l’ambiente ad essi

dinamico di mutua incorporazione tra due soggetti psicofisici che si

circostante. La funzione del cervello, dunque, sembrerebbe quella di

influenzano a vicenda, e non semplicemente tra due menti: in altre

mediare e rendere possibili tali interazioni, mentre, a sua volta, viene

parole, avviene la formazione di uno stato diadico corporeo, di

continuamente strutturato da esse.

un’intercorporeità condivisa.

E’ bene sottolineare come Fuchs, nel descrivere tale soggetto agente,

Ulteriore caratteristica del rapporto intersoggettivo si può individuare

ricorra esplicitamente alla nozione di Leib, e avvalendosi di tesi

nel ruolo svolto dall’ambiente, dal contesto storico e culturale nel quale i

scientifiche e neurobiologiche, riesca a dimostrare l’esistenza effettiva di

soggetti si trovano ad agire. Ancora una volta l’eco della fenomenologia

interazioni tra organismo e ambiente, che costituiscono la base per lo

di Schutz si fa evidente: anche secondo Fuchs, infatti, non è affatto il

sviluppo della mente e del cervello. Processi fisici (tipici del Körper, del

cervello, inteso in senso assoluto, come organo rigorosamente isolato

corpo biologico) e organismo vivente (Leib) vanno così a formare un

31


Quaderni della Ginestra

tutt’uno, un individuo complesso originariamente connesso all’ambiente circostante, che lo plasma.

Anche Max Scheler aveva sostenuto una tesi simile: egli, infatti, aveva distinto tra “fattori reali”, ovvero elementi di carattere scientifico, biologico, e “fattori ideali”, che comprendevano il mondo della cultura. 2 Si pensi, ad esempio, alla sociologia critica di Robert Lynd, o David Riesman, ma anche all’approccio di Charles Mills, il quale sottolineava l’importanza del contesto, di contro alle teorizzazione empiriche e astratte. 3A. Schutz (1974), Structures of the Life World, Heinemann, London 1974, trad. italiana Schütz A. (1974), La fenomenologia del mondo sociale, Il Mulino, Bologna. 4 Ibidem, pag. 257. 5 P. Bourdieu, Le Sens Pratique, Minuit, 1980, trad. inglese The Logic of Practice, by R. Nice, Standford University Press 1992. 1

3. Conclusione L’immagine di soggetto che emerge dalle teorie prese in considerazione è quella di un Leib essenzialmente connesso all’alterità e all’ambiente, ovvero un individuo il cui corpo si fa matrice dell’identità sociale, in costante oscillazione tra distinzione e partecipazione. L’adeguatezza dell’utilizzo di una prospettiva in seconda persona risulta evidente, in quanto il rapporto intersoggettivo si configura come il frutto di un’interazione dialogica complessa, non di un’analisi meramente oggettiva, né tantomeno di una riflessione introspettiva. Non conosciamo l’altro tramite modelli precostituiti: piuttosto, la conoscenza è il frutto di una mutua incorporazione, di un rapporto gestaltico in cui sono coinvolti soggetto e mondo. L’individuo appare così come un agente corporeo, che determina ed è determinato sia dall’ambiente fisico, sia dall’ambiente sociale e culturale: compito della fenomenologia sarà dunque quello di analizzare l’esperienza vissuta contestualizzata.

VALERIA BIZZARI 32


Individui e società

LA STANZA ENORME. DESCARTES, TRA VITA RITIRATA E COMUNITÀ

nella tranquilla solitudine delle Province Unite, è tuttavia necessario comprendere meglio questa condizione di solitudine che sta alla base del pensiero filosofico e scientifico della modernità stessa. Oggetto di questo lavoro, pertanto, è una ricerca tra i testi cartesiani

Da un lato la necessità di isolarsi per dedicarsi

tesa a mostrare una variazione significativa di questa rappresentazione,

al proprio lavoro scientifico è la prima di tutte le necessità

sottolineando, attraverso le caratteristiche delle relazioni scientifiche e

[…] dall’altro è grandissimo anche il pericolo che questo

intellettuali che Descartes intraprende, le varietà del suo filosofare.

isolarsi […] finisca per avere un effetto non più di stimolo

Capire meglio il senso e il significato di questa solitudine, inscrivendola

[…] ma di freno, di annientamento di questo lavoro.

nell’esercizio filosofico proprio delle comunicazioni di Descartes,

(Th. Bernhard, Sì)

dunque, permette una migliore comprensione di quell’io che è vero motore della sua filosofia, e permette di stabilire la relazione tra i rami

N

del suo sapere filosofico, che uniscono le scienze teoriche alle scienze onostante l’interpretazione più diffusa di René Descartes (1596-

pratiche, la fisica alla medicina, alla meccanica e alla morale, di cui la

1650) lo raffiguri come filosofo solitario del poële, stanza

politica è parte. All’interno di questo incrocio relazionale emerge una

riscaldata in cui si ritira in isolamento per disvelare il fulcro del pensiero,

precisa costituzione della società degli uomini non come mere

liberando la mente dalle cose e dalle distrazioni del mondo, la biografia

individualità distinte tra loro, ma come una società di membri.

scientifica cartesiana ha mostrato una personalità più complessa, che non ne limita la biografia al deserto e all’isolamento, ma che ha fatto

1. Un solipsismo metafisico. Il deserto nederlandese

dell’incontro filosofico e della condivisione scientifica uno spazio di elezione intellettuale. Se l’immaginario ha sempre rappresentato

È nota l’immagine con cui Vopiscus Fortunatus Plemp (1601-1671)

Descartes come il filosofo solitario che fuggendo dalla Francia approda

ricorda in una lettera del 1652 un incontro avvenuto con Descartes:

33


Quaderni della Ginestra

«ignoré de tous, Descartes se cachait dans la maison d'un marchand de

campagna francese. Anzi, la sua solitudine nella capitale è in un qualche

drap [...]. Je l'y ai vu bien souvent et ai toujours trouvé un homme qui ne

modo più completa di quella che l’amico letterato può sperimentare in

lisait pas de livres et n'en possédait point, voué à ses méditations

campagna 4. Si tratta, infatti, di una solitudine sociale: nella capitale

solitaires et les confiant au papier, quelquefois disséquant des animaux,

olandese, l’attenzione è tutta rivolta al commercio e Descartes può

1

ainsi qu'Hippocrate trouva Démocrite près d'Abdère» . Spirito immerso

muoversi tra la folla, immerso nei propri pensieri, «senza essere visto da

in meditazioni solitarie, ma anche uomo di scienza simile a Democrito

nessuno» 5. Contro il caos parigino, nutrito di curiosità e distrazioni

che, isolato dalla città, e creduto pazzo, se ne stava circondato di

intellettuali, la concentrazione mercantile negli affari è quiete e

dissezioni anatomiche, immerso nei propri studi alla ricerca della bile

tranquillità per l’esercizio intellettuale del filosofo, che può muoversi

nera, così è rappresentato Descartes dall’amico. E come nell’esempio

liberamente 6. Parigi, quindi, assieme al rumore e al chiasso che

ippocratico, l’intrus del filosofo non corrisponde all’extra. Descartes è

accomuna Germania e Italia, è luogo di confusione e distrazione, luogo

chiuso e inospitale, ha un mondo al proprio interno che è diverso e

di dispersione della conoscenza, a cui la solitudine vissuta nelle strade

separato rispetto all’esterno.

nederlandesi è contrapposta. D’altra parte, è Descartes stesso ad

Inteso come distanza dagli uomini, isolamento e solitudine utile alla

ammettere di tenere ormai in grande considerazione cose che non

riflessione, il deserto in cui Descartes si rappresenta nelle lettere del suo

interessano i più, e cioè di preferire la tranquillità e una condizione di

secondo arrivo nelle Province Unite2, è contrapposto alla confusione e

isolamento, in quanto favorevoli alla propria occupazione intellettuale di

alla distrazione parigina. Lo spazio di isolamento delle Province è

ricerca della verità.

lontano dalle inquietudini cittadine. Il deserto è luogo di esercizio

La solitudine è, pertanto, modalità rilevante dell’esercizio della

dell’ingegno e della conoscenza vera. È sempre Descartes a descriversi

conoscenza. L’inizio della seconda parte del Discours de la Méthode, così,

come spirito solitario, mentre vaga per la caotica Amsterdam,

situa la geografia intellettuale del metodo in un luogo solitario, al riparo

paragonando la propria condizione a quella dell’amico Jean-Louis Guez

dalle conversazioni che distraggono, senza alcuna preoccupazione, né

de Balzac (1597-1654), che ha «lascia[to] il mondo»3 e si è ritirato nella

passioni, in un isolamento dal gran libro del mondo che alla fine della 34


Individui e società

prima parte aveva aperto speranzoso di trovarvi maggiore verità che

solitudine caotica degli «hommes de lettres nei propri cabinets»12, ma al

non nel mondo di carta della scuola. Solo, chiuso in una stanza

tempo stesso deluso dall’irriducibilità delle differenze del mondo. Le

riscaldata, solo col «piacere di meditare i propri pensieri»7, pertanto, il

speculazioni dei primi, infatti, immersi nella confusione dell’accumulo di

giovane Descartes elabora un metodo nuovo per ordinare la conoscenza

curiosità e rarità, si perdono senza produrre alcun effetto, alcuna

vera. Egli riconosce l’imperfezione delle opere compiute da più mani, e,

conoscenza vera, alcuna conseguenza se non una vanagloria ben lontana

attraverso una serie di paragoni presi da diversi ambiti (architettura,

dal senso comune. L’artificio e il motto d’ingegno ne caratterizzano

urbanistica, politica, scienza e filosofia), istituisce l’identità tra l’unità del

l’esercizio intellettuale. Contrapposti a essi, i ragionamenti degli artigiani,

sapere e l’unità del soggetto conoscente. La stanza riscaldata 8, infatti,

benché più concreti e più veritieri, sono parimenti soggetti alla diversità,

non è solo luogo di isolamento rispetto alle distrazioni, ma è

e pertanto instabili. Entrambi, dunque, sono esempi negativi utili per

espressione di una modalità individuale della conoscenza vera. Là dove

allenare l’ingegno alla ricerca della conoscenza, utili nella misura in cui

sono state costruite dall’accumularsi di opinioni di autori diversi, «le

mostrano errori da evitare. Attraverso di essi, l’io del filosofo si è

scienze dei libri […] non si sono per nulla avvicinate alla verità come i

allontanato dal proprio paese e dai propri libri13, avvicinandosi alla

semplici ragionamenti che un uomo di buon senso può fare» 9. Emerge

condizione migliore. La conoscenza vera si può completare solo nello

un ‘io’ solitario, a cui viene consegnato il compito di ricostruire la

studio dell’io. Questo esercizio si attua nella seconda parte,

scienza, aggiustando «au niveau de la raison»10 i principi della conoscenza.

accompagnato dalla solitudine intesa come tranquillità contro

L’io, infatti, connota le prime tre parti del Discous. Nella prima è un

l’inquietudine di certi spiriti14 e contro la pluralità delle voci15: l’io è solo

soggetto che giudica la propria formazione, un io contro gli Antichi. Un

nella ricerca della verità, la cui certezza è situata sull’ordine della ragione.

io che non si fa maestro e che non vuole allievi, ma che mostra come

Fondata la conoscenza sull’evidenza dell’intelletto, l’io definisce gli

11

abbia condotto la propria ragione , prendendo le distanze dai

errori da evitare, precipitazione e prevenzione, a cui contrappone un

suggerimenti moralistici di chi vuole imporre ai singoli la propria

lento esercizio di liberazione dalle opinioni errare inteso come

visione, riunendo tanti individui distinti. Si tratta di un io distante dalla

svuotamento dei dubbi, e un esercizio di accumulo di esperienze da

35


Quaderni della Ginestra

passare al vaglio della ragione vera. L’esercizio del metodo, che è

sogni, agli inganni, agli incanti e alle passioni a cui il soggetto è

esercizio individuale, permette all’io di affermarsi sempre di più 16. La

quotidianamente sottoposto. L’esercizio dell’io è solitario, isolato. Dalla

terza parte fornisce alcuni spunti morali per vivere nel mondo. Si tratta,

finestra il meditante non vede che mantelli e cappelli, invece che esseri

in ogni caso, di precetti per l’io, per un individuo solitario che viaggia da

umani suoi pari. La ricerca del fondamento della conoscenza si trova

17

solo nella foresta e nel labirinto del mondo , e che deve essere pronto a

nella rarefazione del sociale e dell’umano stesso. Persino credere

cambiare se stesso, i propri desideri, più che il mondo. È un io isolato,

nell’esistenza di Dio diventa, nella seconda meditazione, esito dell’io e di

che osserva gli altri, spettatore più che attore 18: ogni avvenimento è

un’immersione abissale dentro di sé, nel profondo della ragione. L’ego

sottoposto ai ragionamenti chiari e certi dell’io, al fine di trarne delle

cogito, ego sum, infatti, evidenza prima a sostegno della conoscenza,

conclusioni sicure. Nove anni dopo il poële, senza aver ancora «preso

caratterizza la conoscenza di un io isolato.

parte sulle difficoltà che sono disputate tra i dotti, né cominciato a

Tuttavia, si tratta di un soggetto complicato, il cui itinerario non

cercare i fondamenti di una filosofia più certa che quella volgare» 19,

abbandona il confronto con le cose del mondo. Al contrario, la ricerca

un’esigenza di solitudine (riassunta dalla somma di queste tre parti)

della solitudine non ha come unico confine entro cui individuare l’io il

guida l’io verso le Province Unite, in un luogo solitario e ritirato in cui

solipsismo del pensiero. La ragione fonda la conoscenza vera e

portare a compimento la propria filosofia 20.

caratterizza l’esistenza certa dell’individuo; in qualche modo ne è la base

La solitudine caratterizza l’itinerario filosofico nel suo complesso:

metafisica. La solitudine del poële, infatti, non è l’unico spazio della

dalla fondazione del metodo, alla morale, fino alla costruzione della

scienza, ma ne sta a fondamento. Il confronto con il reale, con le

filosofia prima e allo studio delle scienze naturali. Il percorso meditativo

esperienze e con gli incontri è necessario. Non vi è alcuna esaltazione

che caratterizza la quarta parte del Discours è un percorso individuale.

del deserto come assenza assoluta del mondo, ma l’esercizio della

Sono le Meditationes de prima philosophia a renderlo esplicito. Si tratta di un

ragione si definisce prima nella solitudine del sé, poi si esercita nel

itinerario solitario, un deserto di cose e oggetti: tutte le esperienze

confronto col mondo. Il deserto non «prefigura una programmatica

vengono eliminate, l’infanzia, l’inconscio, la sensazione, fino alla follia, ai

fuga dal mondo» 21, ma una necessità fondativa della conoscenza, 36


Individui e società

esercizio filosofico, non mero strumento retorico, né unico spazio del

l’esercizio della ragione a ricondurre la varietà del reale al proprio ordine

reale. Lo spazio deserto del solitario, infatti, ha una caratterizzazione

definendo l’azione conoscitiva. Così, infatti, la stanza riscaldata si

temporale: è epistemologicamente funzionale solo in un tempo primo e

contrappone al chiacchiericcio dei circoli e alla curiosità degli importuni,

assoluto della conoscenza. Lo spazio del mondo, che spinge dall’esterno

non ai confronti in quanto tali; parimenti, la chiusura del mondo di carta

della stanza riscaldata, entra nel tempo delle scienze.

non corrisponde alla chiusura di tutti i libri22. L’io atomico del meditante non si esaurisce a particella di pensiero puro, a esclusione assoluta

2. Lo spazio del mondo. I confronti della scienza e della politica

dell’esteriore e dell’esterno, a rifiuto dei confronti. Nell’itinerario meditativo, infatti, l’io giunge a riconoscersi come unione dell’anima e

Il tempo delle scienze si caratterizza come alternarsi di riflessione

del corpo e, attraverso la definizione di unione sostanziale, si riapre al

individuale e raccolta di esperienze, discussioni, collaborazioni. Il

confronto col reale.

soggetto, infatti, non è solo, ma esercita la conoscenza vera nello spazio

Il composto di anima e corpo è fondamentale sia per definire l’io

del mondo: l’esterno e gli altri non sono esclusi definitivamente. La

cartesiano nella sua totalità, sia per dare fondamento alle scienze:

solitudine del poële attiene al tempo della scienza inteso come definizione

mentre la scienza cartesiana si realizza nell’anima, in ciò che non è

della conoscenza vera come evidenza intellettuale, un momento atomico

esteso, le scienze si sviluppano nell’estensione, nel confronto con le

dell’io, un’esperienza unica e fondamentale; l’esercizio della ragione

cose. Le passioni sono necessarie, perché aprono alla varietà del reale,

spettatrice nel mondo costituisce un momento di confronto ancora

permettendo all’io di adattare le idee alle cose. Garantita dall’evidenza

acerbo, che richiede sempre un esercizio attento e individuale per non

intellettuale della scienza, le scienze non si ottengono attraverso una

ricadere nell’indecisione dovuta alle troppe opinioni discordanti;

chiusura autoreferenziale della mente al mondo esterno. L’io meditante,

l’esclusione dell’esterno da parte del meditante è un’operazione di

infatti, è posto in situazione e, piano piano, ricostruisce la sua interezza,

fondazione

avendo nella vigilanza della ragione il proprio fondamento: si scopre

della

possibilità

della

conoscenza.

Se

l’interiorità

dell’individuo cartesiano non corrisponde all’esteriorità, tuttavia, è 37

composto di corpo e anima, e scopre la realtà del mondo esterno.


Quaderni della Ginestra

Sensazioni, passioni, esperienze e incontri sono aspetti rilevanti della conoscenza e della vita. Nelle Meditationes, infatti, Descartes elimina il pericolo di considerare le idee «da sole in sé», poiché se non sono riferite a qualcos’altro, benché non possano «essere false», possono portare a immaginare qualsiasi cosa, anche oggetti irreali come la chimera. Il fatto che il pensare la chimera costituisca un’idea vera mette in guardia contro l’isolamento puro del pensiero, che nel momento in cui ricongiunge i propri pensieri con le cose al di fuori è costretto a forzarne la non-conformità e rischia di cadere nel gorgo del non-corrispondersi. Al contrario, il pensiero deve essere conforme al reale: pur mantenendo la primalità conoscitiva, «le idee che si trovano in me [sono] simili o conformi a certe cose che stanno fuori di me» 23. Le idee, infatti, posseggono una realtà obiettiva che indica l’entità della cosa rappresentata dall’idea: «tutto ciò che percepiamo come se fosse negli oggetti delle idee è obiettivamente nelle idee stesse» 24. Oggetto delle Meditationes diventa la definizione delle modalità di accesso dell’io pensante alla realtà, che quindi ritorna centrale nella relazione conoscitiva (la sostanza, infatti, è definita dal pensiero, e la conosciamo attraverso gli atti del pensiero 25). Nella sesta MIL, IMPURO DIALOGO (PART.),DA IN STELI SILENTI (2014), ACRI LICO E CARTA SU LEGNO

meditazione Descartes afferma che «le idee percepite col senso erano molto più vivide ed espresse e, a loro modo, anche più distinte di quelle 38


Individui e società

che ero io a fingere, meditando prudente e consapevole» 26, tanto da

Anche nei luoghi della corrispondenza in cui si sottolinea

trarne la convinzione, costruita sull’evidenza della terza meditazione

l’isolamento come momento necessario della conoscenza, Descartes

secondo cui le idee delle cose corporee provengono dall’io27, che le idee

ricorda l’importanza di incontri e confronti con uomini, cose e realtà

dei sensi siano simili a quelle della ragione pura. Questo è possibile

diverse. Nel 1629, invitava Jean Ferrier nel suo deserto, al fine di poter

28

perché le idee sono modi della sostanza pensante , la cui unità al corpo

costruire assieme a lui un macchinario per molare lenti convesse. Nel

permette di riceverne il contenuto dalle cose sensibili. L’esistenza delle

1631, se non andasse contro l’ispirazione divina dell’amico, Descartes

cose corporee e la definizione del mio corpo proprio rende possibile la

vorrebbe invitare anche Guez de Balzac a rientrare nel mondo e a

conoscenza del reale. Al contempo, rende necessaria la partecipazione

raggiungerlo nel suo deserto, che è luogo di confronti, come rivela

dell’io alla vita del mondo, alla condivisione. Lo spazio dell’io, allora,

l’elogio della città di Amsterdam, in cui la filosoficità insita nella vita

non è la sola mente, ma il corpo proprio con le relazioni che questo

civile e politica della capitale olandese31 è luogo di commerci e di

intraprende.

incontri32, anch’essi fondamentali alla conoscenza. Il deserto di

Aprendo alla socialità dell’io in un modo del tutto inatteso, le

Descartes, così, è differente dal deserto scettico di Michel de Montaigne

Meditationes danno spazio e legittimità al confronto con gli altri e con la

(1533-1592), secondo cui lo stare da soli consiste nello «spogliarsi della

realtà. Rispondendo ai quesiti della Principessa Elisabetta di Boemia

società poiché non possiamo apportarvi nulla»33, espressione di una

(1618-1680) sull’unione dell’anima e del corpo, Descartes indica

dissociazione tra uomo pubblico e privato. L’io degli Essais del

l’importanza del «vive[re] e conversa[re] [al fine di] concepire l’unione» 29.

perigordino è un individuo isolato e fuori dal mondo, ritirato nella

Fondata sulla filosofia prima, una socialità dell’io è possibile e necessaria

propria biblioteca34. Al contrario, l’incontro costante con gli altri, purché

alla conoscenza. Il saggio non deve essere insensibile30, scrive sempre a

non siano troppo curiosi né importuni, e non il semplice ricordo degli

Elisabetta nel 1645, riferendosi principalmente alla tristezza che colpisce

incontri, è importante nella vita filosofica cartesiana, così come nella

la principessa di Boemia, ma anche alla relazione tra passioni e

scienza e nella morale, e fonda la vita civile.

conoscenza. Il filosofo non è isolato dal mondo. 39

Gli incontri di Descartes sono fondamentali per le sue ricerche


Quaderni della Ginestra

scientifiche. L’amicizia con Henricus Reneri (1593-1639) è condivisione

corrispondenza testimonia sono teorizzati come confronti necessari per

di esperienze e idee 35, ma è anche fulcro di relazioni e scambi: Reneri

l’avanzamento della conoscenza vera. La vita ritirata è una vita di

mette il filosofo del metodo in contatto con il circolo di Hooft, in cui

incontri, anche se non è una vita mondana. Gli incontri, infatti, sono

egli poteva incontrare i naturalisti nederlandesi dell’epoca. Al tempo

aggiustati al livello della ragione: la stanza riscaldata diventa uno spazio

stesso, alcuni scambi intellettuali tra Descartes e Reneri sul vuoto e sulla

di condivisione, luogo di scienza, spazio di esperienze e non di

materia mostrano l’interazione tra i due amici in previsione di una

erudizione.

disputa promossa e supervisionata dal nederlandese a Leida 36. Reneri,

Al contempo, la filosofia cartesiana si apre a una definizione sociale.

inoltre, lo introduce anche a Constantjin Huygens (1596-1687),

Lo scopo della filosofia non è prettamente individuale, ma converge

segretario di Federico Enrico, stadtholder delle Repubbliche Olandesi.

verso l’interesse comune e pubblico 42. Benché continui a vivere ai

Huygens, con cui il francese resterà in contatto epistolare per tutta la

margini “fisici” della società, in una tranquilla vita di campagna,

vita, è certamente il tramite tra Descartes e diversi intellettuali

Descartes non vive ai margini intellettuali della società. La filosofia

nederlandesi, tra i quali emergono Jacob Golius37 (1596-1667) e

concerne la società e, in un qualche modo, la modula: è la stessa ragione

Adolphus Vorstius38 (1597-1663). L’autonomia della scienza, fondata

che opera nella scienza a stabilire le condizioni della società. Per

nell’evidenza del cogito, lontana dall’arbitrio parigino39, si realizza negli

esempio, attraverso la definizione di una politica della cultura nel

incontri delle Province Unite. La sesta parte del Discours, sorta di dialogo

Discours, nella richiesta di finanziamenti per gli esperimenti; oppure

segreto con alcuni degli uomini di scienza conosciuti da Descartes,

come impegno del sapiente per la giustizia e per la scienza 43; come

testimonia di questo confronto scientifico e della sua necessità. In essa,

ricostruzione storica del declino della politica 44; come scelta del bene

il filosofo del metodo presenta una teoria più o meno elaborata degli

contro l’indifferenza 45. La filosofia è strumento per costruire la società.

esperimenti e delle collaborazioni scientifiche40; infatti, «joignant les vies

Nella corrispondenza degli anni 1640, l’attenzione della ragione si

et les travaux de plusieurs – scrive – nous allassions beaucoup plus loins,

concentra sulla società e sulla politica. Interrogato da Elisabetta,

que chascun en particulier ne sçaroit faire»41. Quegli incontri che la

Descartes si occupa del ruolo del sovrano, giungendo, attraverso il 40


Individui e società

commento del Principe di Machiavelli (1513, ma pubblicato nel 1532), a

irrazionale contrapposta al cogito dell’io. Quello che più ci interessa, è

una vera e propria distruzione del potere assoluto e alla fondazione del

notare che non si assiste al primato dell’individuo rispetto alla

potere illuminato sulla ragione46. Di fronte alla consapevolezza di poter

compagine della società, poiché non c’è l’esclusione della politica

regolare difficilmente la politica sull’ordine della ragione47, perché

dall’ordine della ragione, né l’esclusione del soggetto dalla società,

l’incostanza della vita costringe a seguire vie diverse, infatti, Descartes

benché individuo e società operino su piani talvolta differenti e con

avverte di non abbandonarsi al caso e alla fortuna, ma suggerisce di

desideri confliggenti. Al contempo, anche l’imporsi dell’individuo sulla

continuare a regolare la propria vita sull’ingegno. Solo la ragione può

comunità è da escludersi, secondo Descartes, perché costituirebbe un

regolare la vita in comune e l’ordine del sovrano. La distanza con i

esercizio tirannico simile a quello di certi spiriti inquieti e turbolenti che

regnanti non annulla le possibilità della ragione; benché sia di

vogliono sostituirsi ai regnanti e proporre nuove riforme52 e un nuovo

competenza dei Sovrani l’occuparsi di regolare i costumi attraverso le

stato, confondendo il proprio io al noi della società. Anche il sovrano

leggi48, e voler insegnare a loro farebbe di Descartes niente meno che un

appartiene alla comunità, né può estraniarsi da essa. L’esclusione dalla

«insolente [come] quel filosofo che voleva insegnare i compiti di un

comunità corrisponde a una condizione di errore e di irrazionalità che

capitano in presenza di Annibale»49, è sempre la ragione a definire i

sono nocive sia per la scienza che per la politica. Descartes si guarda

compiti e i comportamenti dei sovrani. Attenzione, però, perché

bene dal porre l’esclusione come strumento di riforma di entrambe,

conoscere le ragioni intime della politica per chi ne sta al di fuori non è

rifiutando l’eroismo rinascimentale che faceva dell’io l’unico soggetto

ammissibile, scrive a Elisabetta contro Machiavelli50, ma ciò non

della politica, costituendolo come isolato dalla società. Invece che

impedisce alla ragione di imporsi anche nell’ambito della politica51,

riformare la società, l’individuo deve cambiare i propri pensieri, libertà

definendo le modalità del suo esercizio nella modulazione della politica

che l’io si prende confrontandosi con la realtà, non isolandosi in se

e della società. La ragione è vero e proprio trait d’union tra l’individuo e la

stesso 53. Nel confronto, infatti, Descartes intravede l’unica possibilità di

politica, ovvero tra l’individuo e la comunità.

non incappare nell’errore filosofico, ma di conoscere il vero e di vivere

Pertanto, l’ordine politico e sociale non partecipa di una natura 41

al meglio nella società.


Quaderni della Ginestra

Parimenti, l’individuo non è sottratto agli obblighi politici o civili,

l’estratto:

anzi, la maggior ragione o il maggior potere lo sottopone a un maggior impegno all’interno della società, ovvero come membro eguale agli altri.

«sebbene ognuno di noi sia una persona separata dalle altre, i cui

Se da un lato l’io non deve isolarsi dalla società, né porsi al di sopra di

interessi sono, di conseguenza, in qualche modo distinti da quelli

essa per governarla, dall’altro lato l’io non può che appartenere alla società stessa: la sua ragione è messa al servizio della comunità, così che il comportamento di Gijsbertus Voetius (1589-1676) non può che essere criticato come dannoso per la comunità, oltre che per la conoscenza vera54. È l’operatività della ragione a legalizzare l’azione politica e a eguagliare i cittadini di fronte alla legge e alla giustizia: i regnanti sono 55

del resto del mondo, dobbiamo tuttavia pensare che non sapremmo mai sussistere da soli e che siamo, infatti, una delle parti dell’universo, e più precisamente una delle parti di questa Terra, una delle parti di questo stato, di questa società, di questa famiglia, a cui siamo uniti per dimora, patto e nascita. E bisogna sempre preferire gli interessi del tutto di cui facciamo parte a quelli della propria persona; ma con misura e discrezione, perché

sottoposti alle stesse leggi che promanano , secondo Descartes, così

avremmo torto a esporci a un gran male per procurare solo un

come tutti gli altri membri della comunità. L’individuo non è al di sopra

piccolo bene ai nostri parenti o al nostro paese; e se un uomo da

della comunità; anche là dove il singolo sia migliore della comunità

solo vale più di tutto il resto della sua città, non avrebbe motivo

intera, infatti, non deve distruggerla, ma ricostruirla attraverso la

di volersi perdere per salvarla. Ma se riferissimo tutto a noi stessi,

ragione. La società di Descartes non è una società di individualità

non avremmo paura di nuocere molto agli altri se credessimo di

scollegate tra di loro, o tenute assieme da un flebile legame, bensì una

riceverne qualche piccolo vantaggio, e non ci sarebbe nessuna

società di membri, come suggerisce Remo Bodei 56, in cui tutti sono parificati ab origine, poiché tutti gli individui sono eguali per essenza, ma con diversità e particolarità messe al servizio o all’opera nella comunità.

vera amicizia, nessuna fedeltà e, in generale, nessuna virtù; mentre, considerandoci come una parte della collettività, proviamo piacere a fare del bene a tutti e non temiamo nemmeno di mettere a rischio la nostra vita per essere utili agli altri.»57

In una stupenda lettera a Elisabetta, Descartes evidenzia le caratteristiche della vita in comunità; vale la pena citarne per intero 42


Individui e società

Il singolo, l’individuo, infatti, è membro di una società, in cui gli

infatti, sono regolate dalla ragione (benché secondo modalità diverse e

interessi del singolo sono sempre commisurati all’utilità e al servizio

con una temporalità diversa, come visto). In tal senso, pertanto, il

degli altri. L’io è parte del tutto, a cui è legato per le varie ragioni

deserto cartesiano è meno desertico e la sua solitudine è spazio di

elencate. La morale lega gli individui, trasformando la società in una

incontri e di confronti: la stanza riscaldata non è l’unico spazio della

comunità fondata sull’esercizio della virtù e l’amicizia. È l’amicizia,

filosofia cartesiana, ma, come una stanza enorme, è luogo di incontri,

infatti, collegata alla possibilità di «morire più sapiente» resa possibile

confronti, ricerche, esperienze e scambi di idee. È una stanza che si fa

attraverso il colloquio e l’incontro con gli amici, a stabilire le

spazio comunitario, poiché l’ordine della vita degli individui in comunità

caratteristiche della società e della vita comunitaria. Una sorta di

(se non proprio la costituzione comunitaria stessa) è retto dalla ragione,

Repubblica delle Lettere quindi, come quella descritta nella stupenda

da quella stessa ragione che si scopre come spazio di fondazione della

lettera a Pierre Chanut (1601-1662) del 6 marzo 1646: «sebbene, infatti,

scienza. La ragione regola gli spazi dell’umano collegando la ricerca

rifugga la moltitudine per la quantità di insolenti e importuni che vi si

scientifica con la vita in società. Quest’ultima, quindi, non è una mera

incontra – scrive Descartes –, non smetto di pensare che il più gran

somma di individualità, ma si costituisce come comunità di membri

bene della vita è gioire della conversazione delle persone che si

diversi, ma eguali.

stimano» 58. L’io cartesiano non è davvero solitario, né individualista.

FABRIZIO BALDASSARRI 3. Conclusioni 1

Benché scienza e politica siano poste su piani differenti della filosofia cartesiana, e benché Descartes si sia allontanato dalla vita sociale e politica, disinteressandosene per concentrare le proprie forze sulla ricerca del vero, vi è una omogeneità tra scienza e politica. Entrambe, 43

Plempius, 21 dicembre 1652, in Id. Fundamenta medicinæ ad scholæ acribologiam aptata, Lovanii, 1654, p. 354; citata in G. Cohen, Écrivains français en Hollande, Saltkine, Genève 1956, p. 468. Per l'incontro tra Ippocrate e Democrito, si vedano le epistole oggi in A. Roselli, a cura di, Ippocrate. Lettere sulla follia di Democrito, Liguori, Milano 1998; in part. p. 57. 2 René Descartes a Ferrier, 18 giugno 1629. Si cita Descartes a partire dall’edizione delle Œuvres complètes de Descartes, publiées par C. Adam, P. Tannery, Paris, 1982-1996, abbreviato [AT], seguito dal numero del volume in cifra romana [I], e da quello della pa-


Quaderni della Ginestra

gina in cifra araba [14]. Cfr. S. Gaukroger, Descartes. An Intellectual Biography, Clarendon Press, Oxford 1995. G. Rodis-Lewis, Descartes: biographie, Calmann-Levy, Paris 1995. 3 Descartes a Balzac, 5 maggio 1631, AT I, p. 202. 4 Ibidem, p. 203: «la solitudine che ci aspettiamo non la incontriamo mai veramente». 5 Ibidem. 6 Th. Verbeek, Les Néerlandais et Descartes, Maison Descartes-Institut Néerlandais, Amsterdam-Paris 1996. M. Peters, ‘Mercator sapiens’ (de wijze koopman); het wereldwijde onderzock van Nicolaas Witsen (1641-1717), burgmeester en VOC-bewindhebber van Amsterdam, Groningen 2008, Ph.D. diss. 7 Discours de la Méthode, II, AT VI, p. 11. 8 Cfr. T.J. Reiss, Descartes, the Palatinate, and the Thirty Years War: Political Theory and Political Practice, “Yale French Studies”, 80, 1991, pp. 121-123. 9 Discours de la Méthode, II, AT VI, pp. 12-13. 10 Ibidem, p. 14. 11 Ibidem, I, AT VI, p. 4. 12 Ibidem, p. 10. 13 Ibidem, pp. 10-11. 14 Ibidem, II, p. 14. 15 Ibidem, p. 16. 16 Ibidem, p. 22. 17 Ibidem, III, AT VI, pp. 24-25. Cfr. Regulae ad directionem ingenii, V, AT X, pp. 379-380. 18 Discours de la Méthode, III, AT VI, p. 28. 19 Ibidem, p. 30. 20 Ibidem, p. 31. 21 R. Bodei, Geometria delle passioni. Paura, speranza, felicità: filosofia e uso politico, Feltrinelli, Milano 2003, p. 301. 22 Mi permetto di rimandare a F. Baldassarri, Libri inutili, compendi e libri ‘primarii’. Descartes tra lettura e scrittura della filosofia, “Giornale critico della filosofia italiana”, forthcoming. 23 Meditationes de prima philosophia, II, AT VII, p. 37, p. 40. 24 Secundae Responsiones, AT VII, p. 161. 25 Tertiae Objectiones & Responsiones, AT VII, pp. 175-176. 26 Meditationes de prima philosophia, VI, AT VII, p. 75. 27 Ibidem, III, AT VII, pp. 43-44. 28 Ibidem, VI, AT VII, p. 78.

Descartes a Elisabetta, 29 giugno 1643, AT III, p. 692. Cfr. Descartes a Elisabetta, 18 maggio 1645, AT IV, pp. 201-202. 31 Cfr. F. Baldassarri, Descartes e il ‘Principe’. Il declino della politica nell’ordine della ragione, “Intersezioni”, XXXIV, 3, 2014, pp. 361-380: p. 374. 32 Descartes a Balzac, 5 maggio 1631, AT I, pp. 202-204. 33 M. de Montaigne, Essais, I, Gallimard, Paris 2009, p. 447. 34 Cfr. G. Defaux, A propos ‘Des coches’ de Montaigne (III, 6): de l’écriture de l’histoire à la représentation du moi, “Montaigne studies”, VI, 1994, pp. 135-162. M. Spallanzani, Luoghi della filosofia. ‘La librairie’ di Montaigne, ‘le poesle’ di Descartes, “Rivista di storia della filosofia”, 1996. T. de Souza Birchal, Montaigne impénitent : la question du moi dans ‘Du repentir’, “Montaigne studies”, XXIII, 2011, pp. 205-224. Si vedano anche Z. Janowski, Montaigne, Descartes and the discovery of the self, in Augustinian-cartesian index. Texts and Commentary, St Augustine’s Press, South Bend Indiana 2004, pp. 267-275; J. Navarro-Reyes, Scepticism, Stoicism and Subjectivity. Reappraising Montaigne’s Influence on Descartes, “Contrastes. Revista Internacional de Filosofia”, XV, 2010, pp. 243-260. C. Santinelli, De l’opinion à l’hypothèse: Montaigne et Descartes face aux découvertes scientifiques, “Montaigne Studies”, XXV, 2013, pp. 61-70. 35 Reneri à Mersenne, mars 1638, in C. de Waard, éd. par, Correspondance Mersenne, Editions du Centre National de la Recherche Scientifique, Paris 1966, vol. VII, 115. Reneri to de Wilhem, 28 February 1638, UBL, BPL 293A, in P. Dibon, Bacon en Hollande, in M. Fattori, a cura di, Francis Bacon. Terminologia e fortuna nel XVII secolo, Ed. dell’Ateneo, Roma 1984, pp. 216-218. Si veda, inoltre, R. Buning, Henricus Reneri (1593-1639). Descartes’ Quartermaster in Aristetlian Territory, Utrecht, Zeno, 2013, Ph.D. Thesis. Mi permetto di rinviare anche a F. Baldassarri, Between Natural History and Experimental Method. Descartes and Botany, “Society and Politics”, 8, 2, 2014, pp. 43-60. 36 Si veda Disputatio Philosophica Miscellanea … publice ventilandam proponit Petrus Eremita, Hamburgensis. Ad diem 16. Iuly, Maire, Lugduni Batavorum 1631. Cfr. Descartes a Reneri, 2 giugno 1631, AT I, pp. 205-209. 37 Cfr. Briefwisseling van Constantijn Huygens, ed. by J.A. Worp, vol. I, 1608-1634, Nijhoff 1911; n. 677, J. Golius (A. B.), 16 aprile 1632, pp. 349-350. Descartes a Golius, gennaio 1632 e febbraio 1632, AT I, pp. 232-242. 38 Cfr. Descartes to Vorstius, 19 giugno 1643, AT III, pp. 686-689. 39 Si veda H. Frankfurt, Les désordres du rationalisme, in N. Grimaldi, J.-L. Marion, éd. par, Le Discours et sa méthode, PUF, Paris 1987, pp. 395-411: p. 403. 29 30

44


Individui e società

Si veda E.-J. Bos, Th. Verbeek, Conceiving the Invisible. The Role of Observation and Experiment in Descartes’s Correspondence, 1630-1650, in D. van Miert, ed. by, Communicating Observations in Early Modern Letters (1500-1675). Epistolography and Empistemology in the Age of the Scientific Revolution, The Warburg Institute-Nino Aragno Editore, London-Turin 2013, pp. 161-178. 41 Discours de la Méthode, VI, AT VI, p. 63. 42 Cfr. Discours de la Méthode, VI, AT VI, p. 63, «au public». Lettre-Préface, AT IX-2, p. 15. 43 Cfr. Descartes a Van Zurck, dicembre 1639, AT II, pp. 716-717; a Huygens, 3 gennaio 1640, AT III, pp. 736-742; a Wilhem, ottobre 1640, AT III, pp. 199-201; a Wiquefort, ottobre 1640, AT III, p. 735; a La Thuillerie, gennaio 1644, AT IV, pp. 85-95; all’Università di Groninga, 17 febbraio 1645, AT IV, pp. 177-179 ; a un Avvocato, aprile 1646, AT IV, pp. 389-390. 44 Cfr. Descartes a X, 1628, AT I, pp. 7-11. 45 Cfr. Descartes a Mesland, 9 febbraio 1645, AT IV, pp. 173-175. 46 Cfr. Descartes a Elisabetta, settembre 1646, AT IV, pp. 486-493. Mi permetto di rimandare a F. Baldassarri, Descartes e il ‘Principe’, cit., pp. 362-373. 47 Cfr. Descartes a Elisabetta, 3 novembre 1645, AT IV, p. 334; a Elisabetta, maggio 1646, AT IV, p. 412. 48 Cfr. Descartes a Chanut, 20 novembre 1647, AT V, p. 87. 49 Descartes a Elisabetta, maggio 1646, AT IV, pp. 411-412. 50 Cfr. Descartes a Elisabetta, settembre 1646, AT IV, p. 492. 51 Cfr. Descartes a Mersenne, 15 novembre 1638, AT II, p. 440; e a Mersenne, 9 gennaio 1639, AT II, p. 482. Descartes a Gibieuf, 19 gennaio 1642, AT III, pp. 476-477. Si veda ancora, F. Baldassarri, Descartes e il ‘Principe’, cit., p. 371. 52 Cfr. Discours de la Méthode, II, AT VI, pp. 14-15. 53 Ibidem, p. 15. 54 Cfr. Th. Verbeek, La querelle d’Utrecht, Les impressions nouvelles, Paris 1988. E.-J. Bos, Descartes’s Lettre Apologétique aux Magistrats d’Utrecht: New Facts and Materials, “Journal of the History of Philosophy”, XXXVII, 1999, pp. 415-433. 55 Cfr. P. Guenancia, Descartes et l’ordre politique. Critique cartésienne des fondements de la politique, PUF, Paris 1983, p. 225. 56 Cfr. R. Bodei, La geometria delle passioni, cit., p. 302. 57 Descartes a Elisabetta, 15 settembre 1645, AT IV, p. 293. 58 Descartes a Chanut, 6 marzo 1646, AT IV, p. 378. 40

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Quaderni della Ginestra

SOCIETAS INDIVIDUORUM : INDIVIDUO E MOLTITUDINE IN SPINOZA FRA ONTOLOGIA E POLITICA

co temporale che include anche gli scritti politici, il Tractatus TheologicoPoliticus e il Tractatus Politicus, sicché, accreditando e facendo nostra la tesi di Susan James in Spinoza on Philosophy, religion and politics (Oxford

1. L'accezione di "individuum" nell'ontologia dell'Ethica

2012), si può dire che metafisica e politica siano ambiti comunicanti, e che nella seconda siano riscontrabili le acquisizioni concettuali raggiunte

In un sistema rigidamente monista come quello spinoziano, sembra a

nella prima. Come vedremo, una concezione dell’individuo more spino-

prima vista assai improbabile che l’individualità trovi cittadinanza senza

ziano tenderà a privilegiare il governo della moltitudine quale contesto in

dissolversi in mera parvenza. Il percorso che s’intende tracciare su base

cui l’uomo meglio realizza se stesso e la propria essenza, e in questo si

terminologica mira, al contrario, a mettere in risalto il duplice status on-

evince una certa vicinanza di vedute con lo stesso De Vries e con altri

tologico e politico della nozione di individuum, mostrando come in essa

corrispondenti collegianti come Pieter Balling e Jarig Jelles, anch’essi

si realizzi specificamente l’appartenenza, da un lato, all’ordine naturale,

sensibili alle istanze democratiche. Naturalmente, il che giustifica in par-

dall’altro a quello civile.

te la scelta di partire dall’Ethica, presupposto e nodo problematico ine-

Ai fini di una rassegna delle occorrenze del termine in Spinoza, l’Ethica more geometrico demonstrata, apparsa nel 1677, occupa senza dubbio

ludibile sarà proprio il tema metafisico dell’uno, o del tutto, nella relazione con la pluralità, ovvero con le parti.

una posizione di spicco. Oltre un decennio prima della sua redazione

Si tratta di una tematica che emerge in coincidenza con la prima ri-

definitiva, in una lettera del 24 febbraio 1663, Simon De Vries accenna-

correnza di individuum, esattamente nel luogo segnalato a Spinoza, per il

va a dispute intorno a quella che sarebbe divenuta la prima parte

suo carattere aporetico, dal corrispondente. I membri del circolo di Am-

dell’opera maggiore spinoziana, ponendo soprattutto la questione della

sterdam, di cui De Vries fa parte, non comprendono come una sostanza

componibilità di un’unica sostanza a partire da più attributi, e quindi, in

unica ammetta più attributi, tanto che, se ciò rimarrà indimostrato, non

generale, del rapporto tra unità e molteplice. Le fasi di stesura

potrà che valere la relazione biunivoca tra due singole entità nella forma:

dell’Ethica, con le annesse problematiche interpretative, coprono un ar-

per una sostanza si dà un solo attributo. Spinoza, invece, nello Scolio II 46


Individui e società

della Proposizione VIII deplora la mancata distinzione tra sostanze e

venti rientrerebbe nella vera definizione di uomo in quanto individuo, il

modi, considerandola il risultato di un’errata attribuzione degli effetti

che è assurdo. Va notato che ‘uomo’ e ‘individuo’ non sono sinonimi,

delle cause seconde alle cause prime. Basterebbe rispettare questa de-

bensì individuum è il particolare che fa parte di un genere, come si trova

marcazione concettuale: sostanza è ciò che è in sé e si concepisce per sé,

annotato nei Nagelate Schriften (1677), e quindi un uomo è individuo - de-

mentre il modo è in altro e si concepisce per altro, ossia non è possibile

riva da qui la forza dell’argomento per cui ‘venti’ non appartiene alla de-

che se ne costituisca la nozione indipendentemente dal fondamento on-

finizione di uomo - ma individuo è predicabile di più soggetti: una pie-

tologico cui inerisce. Sono definizioni che dovrebbero fungere da rime-

tra, un albero, etc. La causa in forza della quale i venti uomini esistono

dio a qualunque pregiudizio: definizioni tanto più vere quanto più im-

non è, perciò, interna ad essi, va trasferita all’esterno, e poiché alla natu-

plicano ed esprimono l’essenza delle cose definite, attestandosi ad un

ra di una sostanza appartiene l’esistenza che, se posta per definizione

livello di astrazione che prenda le mosse dal particolare, o individuale, e

vera, è anche necessaria, allora esterna ai venti individui dovrà darsi

conformandosi ad una corretta gerarchia causale. Individuum fa la sua

un’unica sostanza.

comparsa a questo punto: «Ciò posto, segue che se in natura esiste un

Di contro, «l’essenza dell’uomo non implica l’esistenza necessaria» 2,

certo qual numero di individui, si deve necessariamente dare una causa

ed è significativo che questo Assioma, il primo della seconda parte

per cui quegli individui, e non di più né di meno, esistono. Se, per e-

dell’Ethica, segua alla settima Definizione in cui la mano di un redattore

sempio, in natura esistono venti uomini (che, per maggiore chiarezza,

dei Nagelate Schriften, verosimilmente amico di Spinoza, avverte nuova-

suppongo che esistano simultaneamente e che prima non ne siano esi-

mente l’opportunità di una chiosa a individua: ricorda, così, al lettore che

stiti altri in natura), non sarà sufficiente (per rendere cioè ragione del

il filosofo ebreo per individuum intende sì il particolare nella sua distin-

perché esistono venti uomini) indicare la causa della natura umana in

zione dall’universale, ma anche ciò che risulta singolare. Nel quadro del-

1

genere» , perché venti individui, intesi come particolari, non ammettono

la causalità, ogni individuo è agente, ma, precisa Spinoza, il concorso di

una causa secondo il genere, ma neppure una causa interna che li faccia

più azioni causali volte alla produzione del medesimo effetto autorizza a

essere nel numero esatto di venti. Se così fosse, la quantificazione di

trattare quegli individua come una ‘cosa singolare’, recita il testo, ovvero

47


Quaderni della Ginestra

come un’unica causa. In questa prospettiva, ogni individuo assunto come concorrente nella produzione di un solo effetto risulta, in ultima analisi, inconcepibile a prescindere da quell’effetto, e allora, se aggiungiamo a questo aspetto la singolarità e la particolarità, comprendiamo agevolmente che gli individui non sono altro che i modi in cui viene ad espressione l’essenza dell’unica sostanza, o Dio, in maniera certa e determinata. Come noto, la seconda parte dell’Ethica non ha per oggetto primario il corpo, quanto la mente. Interrogarsi sulla natura, o essenza, e origine della mente impone, tuttavia, il riferimento all’ente esteso di cui la mente è idea, cioè al corpo. Prima di esaminare il corpo umano, occorrerà approfondire lo status dei corpi in generale alla luce dell’equivalenza tra individuum e particolare o singolare. Raccordando fisica e metafisica spinoziana, i corpi in generale, non importa se semplici o composti, partecipano tutti dell’attributo ‘estensione’ - il solo, tra infiniti, ad essere accessibile alla conoscenza umana insieme al ‘pensiero’ - ma anche del modo immediato infinito della stessa, ovvero la relazione di motoquiete. Se tale partecipazione si risolvesse in un’identità, e quindi i corpi finiti partecipassero immediatamente dell’estensione e della relazione moto-quiete, si creerebbe una contraddizione insanabile con la definizione della loro finitezza. D’altro canto, tutti i corpi devono partecipare,

MIL, SOLO TE (PART.), DA COSÌ CHE CIÒ CHE FU È (2009)

48


Individui e società

ancorché in modo mediato e finito, dell’estensione, e il fatto che tra

II), al punto tale che non deve passare inosservato il fatto che Spinoza,

loro si distinguano per la diversa quantità di moto-quiete riconduce alla

nel terzo postulato, introduca prima le affezioni subìte dagli individui e,

necessità che partecipino anche della relazione moto-quiete ma in quan-

solo in un secondo tempo, accenni al corpo nella sua interezza: il quale, rige-

to finiti, e dunque mediatamente. Ecco allora che, non valendo una

nerandosi grazie ad altri corpi, è sì il soggetto derivante dal comporsi in

norma di autodeterminazione al movimento o alla quiete, i moti dei

unità di tanti individui, ma qualunque azione di trasformazione causale

corpi non potranno che essere causati da altri corpi ugualmente finiti e

del mondo esterno conserverà sempre l’impronta, mediata, della molte-

mossi, e ciò all’infinito.

plicità.

Ora, l’individuum non esula da questa dinamica. Spinoza, tuttavia, pre-

Passati in rassegna l’individuo come particolare e come parte organi-

cisa subito che esso è costituito da parti ed è un corpo composto, sicché

ca che aderisce funzionalmente ad una causalità comune, e per questo

non deroga alle caratteristiche di singolarità e particolarità, ma appren-

unitaria, è giunto il momento di indagare un terzo significato rintraccia-

diamo per la prima volta che riunisce in sé più partes estese, vale a dire

bile nello Scolio della Proposizione XVIII della quarta parte, dove alcu-

corpi minori e più semplici, meccanicamente aggregate così da produrre

ne analogie tematiche fungeranno da cerniera con gli scritti politici. Indi-

determinati effetti e suscettibili di essere sostituite. Il Lemma IV è espli-

viduum figura ora nel senso di ‘uomo’ o, potremmo dire con una lieve

cito al riguardo: «Se dal corpo, ossia dell’Individuo che è composto da

forzatura, di ‘cittadino’. In precedenza Spinoza ha identificato la cupiditas

più corpi, si separano alcuni corpi e, simultaneamente, altrettanti corpi

con l’essenza dell’uomo, con il suo conatus essendi, specificando che la

della stessa natura subentrano al loro posto, l’Individuo conserverà, co-

Gioia che la suscita sortisce l’effetto di aumentarla, mentre la Tristezza,

me prima, la sua natura, senza alcun mutamento della sua forma» 3. Si sta

da cui può parimenti nascere, costituisce un ostacolo fino a diminuirla.

gradualmente profilando la complessità della macchina umana. Il corpus

Gioia e Tristezza non hanno egual potere, la prima è più forte della se-

humanum, infatti, si compone in quanto tale di numerosi individui, o-

conda perché assomma in sé la potenza della causa esterna, foriera ap-

gnuno dei quali è tutt’altro che semplice. Se ne origina un meccanismo

punto di gioia, e il naturale incremento del conatus. Quindi l’autore si rial-

nel cui agire convergono individua fluidi, molli e duri (Eth. II, Postulato

laccia direttamente alla composizione ‘individuale’ del corpo umano de-

49


Quaderni della Ginestra

scritta nella seconda parte: «Molte cose infatti si danno al di fuori di noi

nanza, Spinoza introduce una precisa distinzione tra il diritto apparente,

che ci sono utili e che sono, pertanto, da ricercare. Tra queste non ne

quando esercitato a discrezione dell’individuo, e il diritto reale in quanto

possono essere escogitate più eccellenti di quelle che concordano del

condiviso dalla collettività. Essere judex sui, espressione che occorre al

tutto con la nostra natura. Infatti, se per esempio si uniscono due indi-

Paragrafo IV del Capitolo III, entra in conflitto con lo jus Civitatis al

vidui di natura del tutto identica, essi compongono un individuo che è

punto tale da stravolgerne la costituzione interna, esattamente come se

due volte più potente del singolo. Non vi è nulla dunque di più utile

nella produzione di un effetto a livello corporeo anche un solo indivi-

all’uomo che l’uomo stesso; nulla, dico, gli uomini possono desiderare

duum si dissociasse dalle connessioni causali prestabilite. Il cittadino, da

di più efficace per la conservazione del proprio essere quanto che tutti

un lato, è in condizione di subordine rispetto alla giurisdizione della cit-

concordino su tutte le cose in modo tale che le Menti e i Corpi di tutti

tadinanza, dall’altro è tenuto a rispettare le disposizioni comuni in quan-

compongano quasi una sola Mente e un solo Corpo» 4, nello sforzo co-

to suo imprescindibile dovere, astenendosi da ogni valutazione - leggiamo

mune di conservarsi nell’essere attraverso ciò che risulta razionalmente

al paragrafo V - di ciò che è giusto o ingiusto, pio o empio. Infatti, come

utile.

appare deducibile dal passo in questione, è nell’ordine delle cose che il corpo multiforme dello stato, esposto senza tregua ai rischi derivanti

2. Il carattere politico dell'individuum spinoziano

dalla logica dello judex sui, sia guidato come da una sola mente - e di nuovo torniamo all’Ethica - che non detenga sic et simpliciter, alla maniera

In parallelo con il carattere composito del corpo umano che delinea-

hobbesiana, un potere coercitivo, ma nella quale converga quasi natu-

no le pagine del De Mente, gli scritti politici, considerando dapprima il

ralmente la volontà di tutti, o comunque della maggioranza. Il singolo

Tractatus politicus, applicano il rapporto unità-molteplice alle dinamiche di

che dissenta dai dettami della voluntas Civitatis quanto al bonum e allo ju-

governo che si instaurano all’interno di una civitas. Poiché non si conce-

stum deve, tuttavia, conformarvisi, e l’obiezione che tra autorità sovrain-

de che il singolo cittadino interpreti arbitrariamente i decreti, ovvero le

dividuale e libertà razionale si apra un contrasto insanabile viene a cade-

leggi che garantiscono l’ordine e la coesione del ‘corpo civico’ o cittadi-

re solo se si mantiene l’implicazione reciproca tra ratio e libertas: la libertà 50


Individui e società

si esprime nella razionalità e viceversa, e se la prima è coltivata al mas-

tanto più umano quanto più libero e razionale, si configurasse come

simo grado in democrazia, là dove la dimensione comunitaria

un’espressione concreta e unitaria di potenza, così che quell’Imperium

dell’esercizio del potere si attesta ad un livello ottimale, la seconda è de-

emanasse, conseguentemente, non da più ma da una sola causa.

finita “vera virtù e vita della mente”. Pertanto, poiché per virtù e poten-

Se da questa premessa un interprete poco avveduto si affrettasse a

za si intende la stessa cosa (Eth. IV, Def. 8), l’affermazione della virtus

concludere che la moltitudine invocata da Spinoza è più apparente che

del singolo non potrà realmente determinarsi al di fuori di istituzioni

reale, e che l’accento posto sulla razionalità come virtus tipicamente u-

democratiche, in forza della corrispondenza tra organizzazione interna

mana porta al trascendimento dei singoli agenti razionali, verrebbe ine-

della civitas e struttura ontologica dei singoli che vi partecipano. «Attra-

vitabilmente pregiudicata l’immanenza della sovranità e la moltitudine

verso questa ontologia politica della potenza», ha scritto Laurent Bove,

perderebbe la sua caratteristica di soggetto plurimo. Che questa non sia

«Spinoza apre la strada alla figura effettiva (cioè più-che-teorica) di un

la direzione dei testi spinoziani appare con evidenza dal Capitolo XVI

soggetto politico del comune come desiderio consistente e resistente di

del Tractatus theologico-politicus, pubblicato anonimo nel 1670, sei anni

una rivendicazione democratica. Una rivendicazione che si esercita certo

prima del Tractatus Politicus e a sette dalla morte di Spinoza, nel 1677,

entro lo Stato, che può esercitarsi attraverso lo Stato, ma che è anche pre

quando videro la luce gli Opera posthuma in latino e la coeva versione ne-

e infra-istituzionale, in quanto rivendicazione che crea e distrugge lo Stato

derlandese sopra richiamata. Il Capitolo XVI è il solo, insieme al IV, a

stesso» 5. Un tale “soggetto politico”, locuzione estranea al testo spino-

far esplicita menzione del termine individuum. Alla trattazione dei fon-

ziano ma efficace nel rimandare alla consistenza ontologica (appunto

damenti dello Stato il filosofo anticipa il concetto di jus naturae, ovvero

“più-che-teorica”) dell’esito di quel “desiderio”, o “tensione”, rivolto

quell’insieme di regole per le quali un ente è concepito come esistente e

all’esercizio razionale della libertà, scaturisce dunque dal potere della

operante in maniera determinata secondo natura. Se, da un lato, è signi-

moltitudine, la cui sovranità si estrinseca al massimo grado nella demo-

ficativo che tale jus preceda e fondi lo jus Civitatis, dall’altro Spinoza mo-

crazia. «Hoc jus, quod multitudinis potentia definitur, Imperium appel-

stra di radicarlo direttamente nella necessità naturale, sicché i pesci, per

lari solet»6, conclude Spinoza, come se l’agire di molti, eterogeneo ma

esempio, in quanto necessitati naturaliter a nuotare e a mangiarsi a vicen-

51


Quaderni della Ginestra

da, detengono il massimo jus naturae di servirsi dell’acqua e di trarre nu-

volta a massimizzare il bene e a scegliere il male minore. Questo signifi-

trimento, i più grossi, dalla soppressione dei più piccoli. Considerata in

ca che il patto stretto dai singoli a favore della moltitudine tendeva, co-

assoluto, come ovvio, la natura detiene il potere supremo su tutto ciò

me già anticipato, ad un principio di utilità, la cui infrazione avrebbe

che per necessità pertiene alla sua potenza, al punto tale che jus e potentia

dovuto procurare più pene che vantaggi: deterrente, questo, motivato

realizzano una corrispondenza perfetta senza appiattirsi semanticamente

dal fatto che la maggioranza mancava della guida della ragione. «Se tutti

l’uno sull’altra. Tuttavia, prosegue Spinoza, se, abbandonato il piano

gli uomini potessero essere facilmente condotti dalla sola guida della ra-

dell’assolutezza, si considera la composizione della natura, appare che la

gione», aggiunge il Theologico-politicus, «e conoscere la suprema utilità e

sua potenza universale coincide con la somma dei poteri individuali che,

necessità dello Stato [Res publica], non ci sarebbe nessuno che non ter-

ancorché limitati, si estendono fin dove è loro possibile, ciascuno se-

rebbe lontano da sé l’inganno, ma tutti con fedeltà suprema, per il desi-

condo la propria determinazione naturale. In latino, così suona il passo:

derio di questo sommo bene, cioè di conservare lo Stato, starebbero

«Universalis potentia totius naturae nihil est praeter potentiam omnium

completamente ai patti e manterrebbero in tutto la promessa in quanto

individuorum simul»7, e da ciò segue che il diritto dell’individuo ‘uomo’,

suprema difesa dello Stato»8.

tenendo per ora in sospeso la questione se egli sia guidato dalla ragione o da cupiditas e istinto, si fonda, al pari di qualunque altro ius individuale,

3. Conclusioni

sulla conservazione di sé e sulla ricerca del proprio utile. è precisamente questa la lex summa naturae, che da sola, nella storia, si

Nella misura in cui l’individuo cede per la conservazione dello Stato

rivelò tuttavia insufficiente, sottolinea Spinoza, a porre al riparo l’uomo

parte del proprio diritto naturale all’autonconservazione, la Res publica

da inimicizie, odi, ira e inganni. La ragione, buona virtus e non potere

sopravvive nella forma di un’emanazione diretta della volontà generale

generico alla stregua dell’autoconservazione, indusse gli individui a ri-

che abbia operato secondo ragione, sicché appare chiaro come la molti-

nunciare alle proprie prerogative, esercitate in modo spesso arbitrario e

tudine spinoziana sia ben altro che una materia bruta occasionalmente

frammentario, per accedere ad una dimensione condivisa del potere,

informata da una razionalità sovraindividuale: i molti, al contrario, pos52


Individui e società

sono dar vita a un coetus in grado di amministrare collegialmente il diritto, e questa riunione di cittadini - non di sudditi - sotto l’egida della buona virtus, ossia della ragione, si chiama, per tornare alle parti tratte dal Tractatus Politicus, democrazia. In essa «nessuno trasferisce il proprio diritto naturale [e perciò anche il proprio potere] ad un altro in modo che in seguito non sia più consultato, ma lo trasferisce alla maggior parte di tutta la società [Societas] della quale è membro; e in questo modo tutti rimangono uguali»9. Inevitabile allora tornare con la mente all’Appendice della quarta parte dell’Ethica, in particolare al Capitolo VII, in cui si sostiene la teoria che ripugni alla natura dell’uomo non seguire l’ordine comune naturale, essendo l’individuum parte della natura. Quando vi è concordia tra individui, quando il conatus agendi di ognuno si incrementa in modo tale da ridurre il più possibile le occasioni di diminuzione di se medesimo e di quello altrui, l’ordine politico posto e consolidato dalla ragione riproduce solo in parte, volto com’è verso l’utilità, l’ordo Naturae, ma di esso ripropone, quanto più fedelmente, l’aspetto della realizzazione individuale.

GIACOMO MIRANDA

53

B. Spinoza, Etica dimostrata con metodo geometrico, a cura di E. Giancotti, Editori Riuniti, Roma 2004, p. 92. 2 Ivi, p. 124. 3 Ivi, p.137. 4 Ivi, pp. 245-246. 5 L. Bove, Diritto di guerra e soggetto politico dell’autonomia in Spinoza, in AA. VV., Storia politica della moltitudine. Spinoza e la modernità, a cura di F. Del Lucchese, DeriveApprodi, Roma 2009, p. 9. 6 B. Spinoza, Tractatus Politicus, II, 17. 7 B. Spinoza, Tractatus theologico-politicus, XVI, G. III, 189, 21-23. 8 B. Spinoza, Trattato teologico-politico, a cura di A. Dini, p. 527. 9 Ivi, p. 533. 1


Quaderni della Ginestra

HUSSERL E L’ INTERCULTURALITÀ

N

In particolare, nella famosa Appendice XI Heimwelt, Fremdwelt, und ‘die’ Welt di HUA XV Husserl si confronta direttamente con

ella sua ampia riflessione sulla fenomenologia dell’alterità,

l’intersoggettività intesa come incontro interculturale, ponendosi la

Bernhard Waldenfels ha posto in dubbio la reale capacità

fondamentale questione di come si possano comprendere mondi

husserliana di penetrare il problema dell’alterità di tipo culturale,

culturali differenti dal nostro e sottolineando come, in definitiva, io non

sottolineando la necessità di comprendere in quale senso la riflessione

possa comprendere l’altro senza entrare in qualche modo a far parte del

husserliana

suo mondo della vita, della sua cultura,

si

sia

interrogata

sulla

declinazione

interculturale

dell’intersoggettività e quanto, anche in questo caso, si possa parlare di

cioè, in definitiva, delle

formazioni di senso dalle quali esso è stato strutturato.

un effettivo superamento del problema generale del solipsismo o, all’inverso, di un permanere in una posizione di essenziale egocentricità. Che

Husserl

si

sia

ampiamente

occupato

del

«Für

mich

erweitert

sich

meine

Welt

(bzw.

für

meine

problema

Heimgenossenschaft) dadurch, dass es eine andere Heimgenossenschaft

dell’intersoggettività, declinata anche in senso interculturale, è

gibt, anders lebend, sich verhaltend, ‘die Welt’ anders auffassend, aber in

ampiamente dimostrato dai volumi di HUA XIII-XIV-XV, nei quali

der Tat auch eine andere Kulturwelt habend als ihnen geltende, nicht

appare con chiarezza come un soggetto non possa esser tale se non in

uns.»2

quanto parte di un mondo-ambiente culturalmente determinato, una Umwelt, la quale si caratterizza sempre anche come Heimwelt:

Ciò che appare immediatamente evidente analizzando questo fondamentale testo di HUA XV è come Husserl affronti il problema

«Ich als Erfahrender habe eine nächste Umwelt, eine Nahwelt, die wir etwa die Heimwelt nennen mögen, die Welt, in der ich schon heimisch bin aus eigener Erfahrung, als ursprünglich durch diese von mir erworbene wohlbekannte, alvertraute Umwelt.» 1

interculturale riprendendo le strutture caratteristiche delle analisi sull’esperienza dell’altro, delineando l’incontro tra differenti culture come una vera e propria ‘esperienza dell’estraneo di secondo livello’. Infatti Husserl sottolinea prima di tutto come anche nell’incontro 54


Individui e società

bbbbb

interculturale non possa che permanere una sorta di ‘elemento indiretto’, attraverso il quale l’incontro con l’altro non si dà mai nel senso di una fusione, ma solo come una particolare forma di appresentazione o compresentazione 3, nella quale alcuni elementi permangono strutturalmente non conducibili a presentazione originaria; l’incontro tra diverse culture conduce sì ad un effettivo ampliamento del nostro mondo, conduce sì alla costituzione di un mondo ‘allargato’ nel quale sono comprese nuove forme di umanità e culture, ma tale ampliamento non potrà mai trasformarsi in una totale fusione tra differenti culture, poiché nel processo del beheimaten, del ‘prender patria’ permane sempre un elemento di resistenza, di mediazione, per il quale risulta impossibile trasformare del tutto un mondo circostante estraneo in Heimat. «Ihr Seinshorizont ist nur bekannt in der For m der Fremdheit und der Verständlichkeit ihrer Umwelt, die aber nur indizierte ist und nur indirekt aus den nur <aus> der allgemeinsten Kulturfor m her geschöpften Verständlichkeiten ausgelegt werden kann, durch indirekte Mittel.»4

MIL, TUTTO FUORI E IL VENTO DENTRO, DA IN STELI SILENTI (2014), INCHIOSTRO SU CARTA E ELEMENTI NATURALI

55

Un essenziale ‘elemento di mediazione’ non può quindi che rimanere


Quaderni della Ginestra

come costitutivo per l’esperienza dell’estraneo sia di primo che di

anche del fatto che possono darsi differenti ‘riempimenti’, differenti

secondo livello. Espressione di tale elemento è il discusso concetto di

interpretazioni del mondo. La nostra Heimwelt non appare allora, nelle

riduzione primordiale o riduzione al proprio, riproposto da Husserl

intenzioni husserliane, come una sfera chiusa che pone l’alterità in un

anche nell’incontro interculturale; infatti solo una sorta di riduzione

angolo buio, come lascia intendere Wandenfels 6, bensì una struttura

primordiale al nostro mondo culturale può permettere di delineare uno

costitutivamente esposta e aperta all’alterità. Ciò risulta evidente, ad

‘spazio del proprio culturale’ dal quale partire per un confronto

esempio, sempre dall’Appendice XI di HUA XV, dove Husserl chiarisce

interculturale che sia davvero dialettico e non fusionale. Attraverso

anche come l’ampliamento del nostro mondo a differenti forme di

questo tipo di riduzione primordiale viene infatti posta in atto una

umanità e cultura proceda attraverso un ‘gioco di orizzonti’ che

riduzione astrattiva all’interno della stessa epochè, la quale permette di

possono, da una parte, confermare lo stile costante precedente,

ridurre la validità della Welt alla propria Umwelt, a ciò che è più

dall’altro, invece, presentarci elementi nuovi, inattesi, i quali ci

propriamente mio al di là di ogni ‘contributo intersoggettivo’; come ha

stupiscono e disattendono le nostre aspettative, ponendoci di fronte

sottolineato Klaus Held 5, lo scopo della riduzione al proprio è, a

all’evidenza dell’esistenza del diverso. Questo gioco di confini o di

qualsiasi livello di Fremderfahrung, proprio la definizione dialettica del

orizzonti sembra allora essere un elemento caratteristico non solo della

proprio, perché solo attraverso l’incontro e la conoscenza di mondi

filosofia dell’estraneo di Waldenfels, il quale accenna 7 ad un vero e

circostanti differenti io posso davvero arrivare a riconoscere gli elementi

proprio Grenzspiel interculturale, ma, ben prima, della fenomenologia

caratteristici della mia sfera di proprietà (Eigene), in questo caso

husserliana dell’interculturalità, nella quale sia i confini interni alla nostra

rappresentata dal mio specifico mondo culturale. Questa particolare

stessa cultura, che quelli esterni, i quali ci pongono in riferimento con

riduzione al proprio culturale viene quindi a rappresentare uno

altre culture, sono sempre caratterizzati dall’apertura e dal confronto

strumento per riconoscere allo stesso tempo ciò che accomuna e ciò che

con la diversità. Husserl evidenzia quest’ultimo punto ad esempio

differenzia le diverse culture, una modalità di comprensione non solo

all’Appendice XII Sprache, Urteilswahrheit, Umwelt (Heimwelt). Die Funktion

del mio particolare modo di rivolgermi al mondo e di interpretarlo, ma

der sprachlichen Mitteilung für die Konstitution der Umwelt di XUA XV, dove il 56


Individui e società

nostro stesso mondo culturale non appare affatto come un ‘blocco

molteplici mondi circostanti, i quali però non vengono sintetizzati e fusi

compatto’, ma bensì come una formazione in continua evoluzione

nel nostro mondo d’appartenenza, crea le basi per la distinzione tra

proprio grazie alle differenze interne:

mondo e mondo circostante; se avvenisse una sintesi delle validità estranee, il senso di questa stessa distinzione verrebbe invece a cadere e,

«Freilich hat jeder sein Heim als das seiner wirklich ursprünglich

con essa, in definitiva, le basi per la possibilità dei rapporti interculturali.

es

D’altra parte il fatto che le esperienze intersoggettive debbano essere

Unterschiede. Alle Heimdinge als bekannt und für die Heimgenossen

riconosciute come esperienze ‘mediate’ non significa però neanche,

identifiziert im direkten Verkehr als zum selben eigenen Heim gehörig

anche nel caso delle esperienze interculturali, che esse si riducano a

<sind dies> nicht ohne Unterschiede. Der eine kennt sie genauer, der

semplici fantasie slegate dalla realtà, a mere ipotesi. Nella fenomenologia

andere weniger genau, und auch das ‘weiss’ jeder aus dem

husserliana le esperienze intersoggettive sono vere e proprie validità

ursprünglichen

d’essere in grado di apportare un effettivo ‘guadagno’ al nostro bagaglio

eigenen

Erfahrung,

und

Verkehr.

in

Das

der

Vergemeinschaftung

gehört

also

für

gibt

jeden

zum

Innenhorizont.» 8

di conoscenze sull’altro e sul mondo; infatti ciò che non sembra essere direttamente raggiungibile, lo può divenire in parte attraverso la

L’evidenza di un elemento di mediazione nel rapporto tra diverse

mediazione di un particolare tipo di immaginazione che fa la sua

culture, il considerare adeguatamente la portata e il valore di questo

comparsa nelle dinamiche intersoggettive: si tratta di una modificazione

elemento di ‘asimmetria’, non significa però per Husserl considerare le

immaginativa di un senso d’essere, di un’immaginazione strettamente

altre culture solo in senso negativo, come non-proprio, ma, al contrario,

legata ad un in sé di riferimento, ad elementi di presentazione effettiva

prendere atto del fatto che ciascuno di noi nasce sempre inserito in una

in base ai quali gli elementi di com-presentazione possono via via trarre

tradizione di senso, in un punto di vista sul mondo che non può che

possibilità di riempimento 10.

rappresentare il punto di partenza per qualsiasi relazione interculturale.

Inoltre è necessario ricordare un altro presupposto essenziale del

Come sottolinea De Palma 9, proprio la scoperta dell’esistenza di

discorso husserliano sulle relazioni interculturali, presupposto attraverso

57


Quaderni della Ginestra

il quale si comprende ancor più su quali basi Husserl possa sostenere

in modo più o meno esteso ai significati culturali12, ma, in accordo con

che le esperienze interculturali non sono semplici ipotesi: ogni possibile

interpretazioni come quella ad esempio di Vincenzo Costa13, ci sembra

forma di relazione con l’altro si basa sulla condivisione di un mondo

appropriato interpretare questo mondo in modo ‘ristretto’, come nucleo

comune, una comune natura di riferimento per ciascuno, che è

comune limitato alle condizioni di possibilità dell’esperienza sensibile,

condizione per l’intesa reciproca e dalla quale nessuna possibile

quindi in primis alle condizioni di manifestatività delle cose (spazio,

Fremdwelt potrà mai prescindere. È proprio questa comune natura che

tempo, causalità); ciò non significa affatto separare nettamente i

conferisce, nel discorso husserliano sull’interculturalità, ad ogni altra

significati culturali dal mondo della natura, ma sottolineare come vivere

cultura un basilare elemento di accessibilità e, quindi, di conoscibilità; si

in differenti culture significhi poter esperire contesti di senso anche

tratta di un ‘comune orizzonte cosale’, potremmo dire, che viene poi

molto diversi nonostante la relazione ad un mondo che si offre a

diversamente riempito e determinato da ogni comunità storico-culturale,

ciascuno con lo stesso stile percettivo.

un nucleo di Gemeinwelt sempre riconoscibile al di là di ogni possibile variazione culturale. De Palma ricorda infatti che «l’unico mondo

«Aber die tatsächliche Welt ist für jeden die verschiedenen Volksreise

dell’esperienza è quello della percezione sensibile, che funge da strato

eine andere, und doch so, dass jeder sich mit jedem einig weiss darin,

fondante di ogni mondo circostante. Esso non è relativo a un paradigma

dass die eine und selbe Welt erfahren sei, aber dass jede

scientifico, linguistico o culturale, ma è il presupposto strutturale di tutti

Sondermenschheit sie, dieselbe, ‘anders auffasse’.»14

i possibili paradigmi e della loro intertraducibilità.»11 Il mondo della vita è strutturalmente plurale e varia in base alla società e al periodo storico,

L’esistenza di questo mondo comune al quale ciascun soggetto, al di

ma ciò non toglie che esso abbia anche una struttura generale non

là della propria appartenenza culturale, è sempre in riferimento, si pone

relativa, la quale rende possibile comprendere formazioni appartenenti a

allora come la condizione di possibilità stessa dell’empatia husserliana;

culture diverse.

infatti per Husserl «porre un altro soggetto significa eo ipso porre

Questo mondo comune di partenza è stato interpretato dalla critica

l’orizzonte di una possibile intesa, che può essere più o meno ampia, ma 58


Individui e società

non del tutto assente. Più soggetti non hanno ognuno il suo mondo,

‘superamento’ della diversità tra le molteplici culture. D’altra parte,

diverso e separato da quello di ogni altro, ma nel momento stesso in cui

sempre ad esempio nell’Appendice XII di HUA XV, Husserl lascia

esperisco un altro soggetto si costituisce un mondo comune.» 15

intendere anche l’esistenza di un mondo comune nel senso di un ‘punto

Sempre in relazione al concetto di Gemeinwelt, è necessario anche

d’arrivo’, ma quest’ultimo non è affatto da confondere con l’orizzonte

richiamare l’attenzione sulla necessaria differenziazione tra due

di senso che accomuna ogni cultura; il mondo comune d’arrivo è per

differenti tipologie di mondo comune che sembrano emergere nella

Husserl un telos, un obiettivo mai del tutto raggiungibile, tanto che il

riflessione husserliana sull’intersoggettività: il ‘die Welt’ del titolo del

padre della fenomenologia sottolinea come sia addirittura più corretto

testo husserliano Heimwelt, Fremdwelt, und ‘die’ Welt deve infatti

parlare di un ‘Prozess des Werdens’ 17 nel quale le differenti culture si

necessariamente essere interpretato secondo un doppio significato. Da

intrecciano costantemente e in modi sempre diversi, che di un mondo

una parte esiste infatti il mondo comune come comune nucleo di senso

comune d’arrivo vero e proprio. Anche l’europeizzazione del mondo

alla base di ogni possibile mondo culturale, ma tale mondo comune

come telos che ritroviamo ad esempio nella Crisi deve allora essere

deve essere interpretato come ‘mondo comune di partenza’ e non come

interpretata non nel senso dell’esportazione della cultura europea di

‘mondo comune di arrivo’, come sembra invece fare Wandenfels 16.

fatto esistente, ma come un processo in costante divenire, nel quale le

Questo mondo comune di partenza non deve essere inteso come un

differenti culture si confrontano in una continua tensione verso il telos

superamento delle differenze tra mondo proprio ed estraneo in

europeo, che, come ha sottolineato Vincenzo Costa, non rappresenta

direzione di una Geimeinwelt che risulterebbe, in definitiva, una semplice

affatto la particolarità di una cultura, bensì un universale presente in

estensione della propria Eigenwelt a discapito degli altri mondi culturali, i

ogni cultura particolare, e cioè l’apertura della ragione in tutta la sua

quali si troverebbero ad essere semplicemente ‘appiatiti’; il mondo

ampiezza.

comune di partenza è l’irrelativo che può emergere solo attraverso le possibili variazioni, è strumento per riconoscere la somiglianza così come le variazioni e il suo scopo non è di certo quello di un 59

DANIELA BANDIERA


Quaderni della Ginestra

E. Husserl, Zur Phänomenologie der Intersubjektivität, Texte aus dem Nachlass, Dritter Teil: 1929-1935, HUA XV, hrsg. von I. Kern, Martinus Nijhoff, Den Haag 1973, p. 221. 2 HUA XV, cit., p. 214. 3 Il concetto di appresentazione o compresentazione è essenziale sia per le analisi fenomenologiche riguardanti la Fremderfahrung, che per quelle relative alla Dingwahrnehmung, poiché entrambe vengono infatti a fondarsi su una compenetrazione di elementi originariamente percepiti ed elementi non propriamente percepiti, ma, appunto, appresentati, compresentati. In relazione alla Fremderfahrung, tale concetto appare in forme diversamente rimodulate sia nei Testi di HUA XIII-XIV-XV, sia in opere come la Quinta Meditazione cartesiana o il secondo volume di Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, al fine di mostrare come l’alter si offra sempre secondo una doppia modalità: egli è originariamente percepibile per quanto riguarda la sua corporeità (Körperlichkeit), ma solo indirettamente percepibile attraverso appresentazione per quanto riguarda lo strato della sua psichicità. Proprio quest’argomento era stato al centro delle mie analisi nella Giornata di studi per dottoranti e dottori di ricerca Pensare la realtà, tenutasi presso l’Università degli Studi di Parma nel 2012, raccolte nell’articolo La struttura della compresentazione nella fenomenologia husserliana, Quaderni della ginestra, 2014. 4 HUA XV, cit., p. 217. 5 Vedi K. Held, Heimwelt, Fremdwelt, die eine Welt, “Phaenomenologische Forschungen”, XXIV-XXV, 1991, p. 308. 6 Vedi B. Wandenfels, Topographie des Fremden: Studien zur Phänomenologie des Fremden I, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1997, p. 29. 7 Vedi B. Wandenfels, Das Stachel des Fremden, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1990, p. 68. 8 HUA XV, cit., p. 221. 9 V. De Palma, L’approccio fenomenologico al problema dell’interculturalità, “Africa e Mediterraneo”, LVI-LVII, 2006, p. 55. 10 Una prima formulazione di questo particolare tipo di immaginazione, sulla quale bisognerebbe dilungarsi a lungo, si trova ad esempio nel saggio di J.-F. Courtine, L’Être et l’autre. Analogie et intersubjectivité chez Husserl, “Les Études Philosophiques”, III-IV, 1989. 11 De Palma, L’approccio fenomenologico al problema dell’interculturalità, cit., p. 56. 1

Su questa questione ha condotto l’attenzione un recente saggio di Andrea Staiti dal titolo Das Eigene, das Fremde und das Husserlsche Einstimmigkeitstheorem (in Subjektivität und Intersubjektivität, Ergon, Würzburg 2011), il quale ha sottolineato come il nucleo di concordanza husserliano tra i differenti mondi culturali possa essere interpretato come più o meno esteso ai significati culturali: da una parte troveremmo interpreti come Vincenzo Costa e Hans-Helmut Gander che limiterebbero il nucleo di concordanza comune alla natura, alla quale si aggiungerebbe lo strato generativo dei significati culturali; dall’altra parte Staiti sosterrebbe invece, riallacciandosi alle interpretazioni di Klaus Held e Dan Zahavi, che il nucleo di concordanza comune potrebbe estendersi anche in direzione dei significati culturali stessi. 13 Vedi ad esempio V. Costa, Il cerchio e l’ellisse. Husserl e il darsi delle cose, Rubettino, Soveria Mannelli 2007, p. 175. 14 HUA XV, cit., p. 217. 15 De Palma, L’approccio fenomenologico al problema dell’interculturalità, cit., p. 53. 16 Vedi B. Wandenfels, Topographie des Fremden: Studien zur Phänomenologie des Fremden I, cit., p. 150. 17 HUA XV, cit., p. 220. 12

60


Individui e società

CHARLES TAYLOR: DALL’INDIVIDUO ATOMO-IN UNA-SOCIETÀ-DI-ATOMI ALL’UOMO NUOVAMENTE ‘SOGGETTO RELAZIONALE’

I

In Il disagio della modernità (1994) e in Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento (1998)2, considerati ormai dei classici dai sociologi e dagli studiosi che si occupano a vario titolo di filosofia morale e politica, Taylor

ndividuo e società rappresentano i due estremi intorno ai quali sono

approfondisce e sviluppa i temi trattati in Radici dell’io (il tema

stati sviluppati approcci teorici differenti. Nelle pagine che seguono

dell’identità, dell’autenticità e del riconoscimento), e ribadisce che essi

prenderò in esame, nelle linee essenziali, due modelli di identità indivi-

non possono mai essere di tipo autoreferenziale.

duale, fra loro contrapposti e alternativi. Il primo, orientato secondo

Dal momento che l’individuo libero può preservare la sua identità

un’impostazione fortemente competitiva e auto-affermativa, è figlio

soltanto all’interno di una società-cultura di un certo tipo, questi deve

dell’individualismo atomistico di John Locke. Il secondo, propugnato da

interessarsi allo stato complessivo di questa società-cultura, e non sol-

Charles Taylor, fonda se stesso sul carattere costitutivamente dialogico

tanto alle proprie scelte individuali e alle associazioni generate da tali

della natura umana. Mi soffermerò su quest’ultimo, esponendo le argo-

scelte.

mentazioni del filosofo canadese a sostegno della sua tesi.

Libertà e diversità individuale possono fiorire soltanto in una società nella quale esiste un generale riconoscimento del loro valore.

1. Introduzione

Nell’analisi dell’agire umano formulata dal filosofo canadese, il singolo (‘The Self’) definisce se stesso in una comunità e all’interno di un

La fama internazionale di Charles Taylor è legata a Sources of the Self:

processo storico. Le questioni sul bene e sulla scelta devono essere

The Making of Modern Identity (1989)1, tradotto in Italia nel 1993 con il ti-

proiettate in un ambito dinamico e problematico per rispondere alla ve-

tolo Radici dell’io. La costruzione dell’identità moderna. Il filosofo canadese vi

rità dei fatti.

ricostruisce la genesi dell’identità moderna, arrivando alla conclusione

La visione tayloreana della soggettività si appella al legame tra

che essa si costituisce dialogicamente rispetto agli altri individui, sia a li-

identità personale e orientamento morale, tra autonomia morale e

vello sociale sia a livello linguistico.

strutturale apertura all’alterità comunitaria, intesa come spazio di

61


Quaderni della Ginestra

interazione entro cui l’individuo giunge all’autointerpretazione del suo

dell’individuo e dei suoi diritti rispetto alla società, o che presentano una

essere nel mondo, ovvero come un progettarsi a partire dalle possibilità

visione puramente strumentale della società». 4

che sono offerte al soggetto dal vivere nella collettività. I rapporti che

L’atomismo classico democriteo (V sec. a. C.), inteso come corrente

l’identità intrattiene con la comunità, cioè l’insieme dei co-agenti uniti da

filosofica di carattere ontologico, postulava l’esistenza di particelle

una comprensione condivisa di se stessi e del proprio rapporto con il

indivisibili e impercettibili, gli atomi, isolate nello spazio e nel tempo, il

mondo, sono fonte di coesione della vita collettiva a cui l’individualità

cui moto incessante è regolato dal principio di necessità. Secondo questa

agente non può non riferire ogni suo movimento. L’immaginario sociale

concezione, tutti gli elementi della realtà circostante traggono origine

è per il filosofo canadese «quel sapere comune, che rende possibili le

dall’aggregazione degli atomi, così come la loro disgregazione ne

pratiche comuni e un senso di legittimità ampiamente condiviso» 3

sancisce la fine. Nel XVII secolo, Locke applica la teoria atomistica agli individui.

2. La critica dell’atomismo politico

Questi ultimi rappresenterebbero le unità di base della società, che non può essere considerata un corpo unico, in quanto i diritti e le esigenze

Taylor definisce l’atomismo politico come «ciò che caratterizza le

degli individui hanno la priorità sulle istanze collettive.

dottrine della teoria del contratto sociale, che ebbero origine nel XVII

Taylor imputa a questa visione, che col tempo si è tradotta in una

secolo; e anche le dottrine successive che potrebbero non aver fatto uso

affermazione della centralità orgogliosa ed egolatrica dell’io, la deriva

del concetto di contratto sociale ma che hanno ereditato una visione

edonistica ed egoistica dell’uomo moderno.

della società, in un certo senso costituita da individui per il

Alla visione di Locke, fondata, secondo il filosofo canadese, più o

perseguimento di fini che erano principalmente individuali. Certe forme

meno esplicitamente su una condizione atomistica della natura umana, e

di utilitarismo ne sono in tal senso il risultato. Il termine viene applicato

che in quanto tale implica l’autosufficienza morale per la quale è

anche a dottrine contemporanee che si rifanno alla teoria del contratto

concepibile che l’uomo raggiunga il bene da solo, Taylor contrappone

sociale, o che tentano in qualche modo di difendere la priorità

l’idea aristotelica di uomo come ‘animale sociale’. Egli rivendica la 62


Individui e società

dipendenza dell’individuo dal contesto di appartenenza e l’esistenza di

tà, non di meno la capacità di usare i concetti e di comunicare trova de-

precondizioni socio-culturali per lo sviluppo dell’autonomia individuale.

finizione all’interno di un gruppo sociale nel quale l’individuo è stato

L’ambito sociale e storico è la ‘cornice’, o meglio, ‘l’orizzonte irri-

educato ad utilizzare concetti e parole. E un gruppo, a sua volta, è tale

nunciabile’ (inescapable framework) all’interno della quale si determina il

solo nella misura in cui esistono tanti ‘io’ in grado di concepire se stessi

proprio agire: siamo sempre immersi in una ‘rete di interlocutori’ (web of

in relazione ad altri ‘io’.

interlocutions).

3. La natura dialogica del sé

Taylor contesta la tematizzazione liberale della soggettività che ha incoraggiato un’accezione puramente personale dell’autorealizzazione, riducendo le diverse associazioni e comunità di cui il singolo è partecipe

Secondo Taylor, diventiamo agenti umani maturi e consapevoli, in

al rango di semplici strumenti. Su un piano pubblico, il paradigma libe-

grado di capire noi stessi e quindi di definire la nostra identità, attraver-

rale lockeano rende sempre più marginale la cittadinanza politica, con il

so l’acquisizione di un complesso ‘linguaggio espressivo’, che non si li-

suo senso del dovere e un obbligo di fedeltà nei confronti della pólis. A

mita soltanto alle parole che pronunciamo ma anche agli altri modi di

livello più intimo, alimenta una concezione dei rapporti interpersonali in

espressione coi quali definiamo noi stessi, ad esempio, il ‘linguaggio’

cui questi sono messi al servizio dell’appagamento individuale.

dell’arte, della gestualità, dell’amore, e così via.

In un quadro simile, tutte le opzioni hanno autentico valore perché sono scelte liberamente (in base al principio soggettivistico che presuppone il relativismo morbido)5: è la scelta che conferisce valore. Ma ciò nega implicitamente l’esistenza, anteriormente alla scelta, di un orizzonte di significati in virtù del quale alcune cose sono più importanti, altre lo sono meno, e altre ancora non lo sono affatto. Se la ricerca del bene è legata imprescindibilmente all’essere in socie63

Apprendiamo questi modi di espressione attraverso uno scambio, un “dialogo” continuo con gli altri. «Un aspetto cruciale della condizione umana […] è il suo carattere fondamentalmente dialogico» 6, dichiara. Il soggetto isolato che comunica solo con se stesso e tiene conto unicamente dei propri scopi e dei propri desideri è pura finzione e astrazione.

L’autosufficienza di cui teorizzano i liberali è solo


Quaderni della Ginestra

un’illusione.

Nel primo caso, l’Io entra in una relazione dialogica col mondo, ca-

Acquisiamo i linguaggi di cui abbiamo bisogno per autodefinirci at-

ratterizzata dalla reciprocità (l’altro non è ridotto ad oggetto né al pro-

traverso l’interazione con altre persone che per noi sono importanti (‘sé

prio io), dall’immediatezza (perché il Tu si coglie intuitivamente), dalla

significativi’). In questo senso la genesi della mente umana non è mono-

responsabilità (perché manifestandosi come Tu, l’altro mi rivolge un ap-

logica, non è qualcosa che ciascuno realizza per conto proprio, ma è dia-

pello, cui sono tenuto a rispondere). La comunità è il luogo in cui si in-

logica. Naturalmente sviluppiamo opinioni e atteggiamenti personali e,

contrano l’Io e il Tu; è il gruppo nel quale le persone stabiliscono una re-

in gran parte, attraverso una “riflessione solitaria”, ma per quanto con-

lazione dialogica autentica, e si aprono alla responsabilità, all’ascolto. La

cerne la nostra identità, la costruiamo dialogando e qualche volta lottan-

comunità vera è ‘un divenire’ caratterizzato da una costante tensione di-

do con le cose che gli altri ‘sé significativi’ vogliono vedere in noi. E an-

namica fra Io e Tu.

che dopo che ci emancipiamo (dai genitori, ad esempio), questi non

Nel rapporto Io-Esso, invece, l’Io fonda il mondo dell’esperienza, de-

scompaiono dalla nostra vita: una conversazione ideale tra noi e loro

gli oggetti, rispetto al quale l’io si pone come soggetto di conoscenza

continua dentro di noi per tutta la vita.

(‘Percepisco qualcosa’. ‘Mi rappresento qualcosa’. ‘Sento qualcosa’.

Taylor sembra seguire le orme di Martin Buber (1878-1965) e di Emmanuel Mounier (1905-1950): Buber muove dall’idea secondo cui l’essenza dell’uomo consiste nella possibilità e nella volontà di aprirsi al mondo.

‘Penso qualcosa’). Tuttavia, secondo Buber, la realtà soggettiva dell’Io-Tu si radica nel dialogo e si costituisce come una esperienza interiore significativa, mentre il rapporto strumentale Io-Esso si realizza nel monologo, che trasforma il mondo e l’essere umano stesso in oggetto. Nella dimen-

Studioso e interprete del socialismo utopistico, e anche seguace di un

sione del monologo l’altro è reificato (è percepito e utilizzato), nella di-

tipo di socialismo di matrice comunitaria, incentrato su associazioni e

mensione del dialogo, invece, esso è incontrato, riconosciuto e nomina-

cooperative, distingueva due atteggiamenti essenziali dell’‘io’ nei con-

to come essere singolare7.

fronti del mondo: quello dell’Io che si rivolge a un Tu e quello dell’Io che si rapporta a un Esso: la relazione Io-Tu e la relazione Io-esso.

Anche per Emmanuel Mounier, come già per Buber, la persona non è l’individuo isolato ed egoista di un certo liberalismo, bensì l’‘io’ con64


Individui e società

creto e ‘situato’, costitutivamente aperto al mondo, alle altre persone e a

membri della comunità, nell’ottica di un’associazione di liberi ed eguali

Dio. Sebbene rifiuti l’idea di individuo utilizzato come mezzo per servi-

consociati.

re fini di enti collettivi, dimostrando di non discostarsi troppo dalla visione liberale, Mounier critica il liberalismo inteso come «metafisica del-

GIOVANNA MARIA PILECI

la solitudine integrale [che si rifugia] nel narcisismo, nel disimpegno, nell’egoismo; ideologia dell’individuo leggero, autosufficiente, privo di 8

legami, la cui unica morale è la volontà di potenza» . Pur partendo da premesse analoghe, tuttavia, rispetto agli esiti personalistici di Buber e Mounier, Taylor sviluppa la tesi della costituzione dialogica dell’Io individuando sostanzialmente nel gruppo, etnico o nazionale, piuttosto che nella relazione concreta Io/Tu, la dimensione più propria nella quale si esprime e si realizza il bisogno umano di riconoscimento. A differenza di Alasdair MacIntyre, che esprime un comunitarismo cristiano ordinabile intorno a una comunità etica, unificata da valori condivisi, le tesi dell’autore di Radici dell’Io rientrano nel quadro di un comunitarismo multiculturalista, incentrato sul gruppo etnico e culturale, unito da una storia, una cultura, una lingua, o su collettivi ancora più piccoli, come famiglie, chiese, associazioni 9. Nell’analisi tayloreana, la politica si configura come l’orizzonte di un destino comune che può essere perseguito con volontà e coscienza dai 65

1

Cfr. C. Taylor, Sources of the Self: The Making of Modern Identity, Harvard University Press, Cambridge 1989; trad. it.: Radici dell’io. La costruzione dell’identità moderna, Feltrinelli, Milano 1993. 2 Cfr. C. Taylor, The Malaise of Modernity, Anansi, Concord, Ontario (Republished as The Ethics of Authenticity, Harvard University Press, Cambridge 1991); trad. it.: Il disagio della modernità, Laterza, Roma-Bari 1999, e C. Taylor, J. Habermas, Multiculturalism: Examining The Politics of Recognition, Princeton University Press, Princeton 1992; trad. it.: Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento, Feltrinelli, Milano 1998. 3 Cfr. C. Taylor, Modern Social Imaginaries; trad. it.: Gli immaginari sociali moderni, Meltemi, Roma 2004 cit., p. 16. 4 Cfr.: “Atomism”, in C. Taylor, Philosophy and the Human Sciences, Philosophical Papers 2, Cambridge University Press, Cambridge (Mass.) 1985, cit., p. 187: «which arose in the seventeenth century and also successor doctrines which may not have made use of the notion of social contract but which inherited a vision of society as in some sense constituted by individuals for the fulfilment of ends which were primarily individual. Certain forms of utilitarianism are successor doctrines in this sense, the term is also applied to contemporary doctrines which hark back to social contract theory, or which try to defend in some sense the priority of the individual and his rights over society, or which present a purely instrumental view of society»[traduz. mia]. 5 Secondo questo principio, nessuno ha il diritto di criticare i valori altrui. 6 Cfr. C. TAYLOR (1998); trad. it., cit., p. 17. 7 Cfr. M. Buber, Il principio dialogico e altri saggi, a cura di Poma A., Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1993. 8 Cfr. E. Mounier (1949), Le personnalisme, Les Presses universitaires de France, Paris; trad. it.: Che cos’è il personalismo?, Einaudi, Torino 1975, cit., p. 94. 9 In questo caso le comunità sono contrapposte allo stato centralizzato e burocratico, sulla scia della tradizione federalismo nord-americano.




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