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EDITORIALE
Alcune riflessioni sul Decreto Sostegni e sul “Patrimonio Destinato”
ANGELO ARTALE, Direttore Generale Finco
Il Decreto – anche se amministrativamente semplice – riguarderà solo una minoranza; sarebbe stato opportuno un intervento più diffuso
La consistenza dei “sostegni” del Decreto Legge 22 marzo 2021, n. 41 meglio noto proprio come “Decreto Sostegni”, nonostante alcuni aggiustamenti migliorativi in sede di dibattito all’interno dell’Esecutivo, è piuttosto limitata. Sarebbe stato dunque bene potenziarli attingendo da strumenti più selettivi e parziali, quali ad esempio il cosiddetto “Patrimonio Destinato” di cui all’articolo 27 del Decreto Legge 19 Maggio 2020, n. 34, convertito in legge il 17 Luglio 2020 n. 77 (cd. “Rilancio”), che prevede, tra l’altro e per brevità, prestiti ed eventuale ingresso della Cassa Depositi e Prestiti nel capitale aziendale con quote di minoranza per massimo 12 anni o, ancora, un aumento del Capitale Sociale (in questo caso non si possono acquistare quote di imprese concorrenti, né distribuire dividendi).
La relativa dotazione di 44 miliardi – appunto il “Patrimonio destinato” – è infatti gestita dalla Cassa solo a favore di imprese con fatturato superiore ai 50 milioni di euro, con più di 250 dipendenti, in condizioni di difficoltà rispetto al 2019, ma che tuttavia mantengano prospettive di ripresa. Parliamo di un massimo di 3.500 imprese (ma proprio al massimo), aventi le caratteristiche richieste in termini di bilancio, etc. Al di là della parzialità dell’intervento e della sua subordinazione a diversi requisiti, sarebbe più opportuno un intervento “erga omnes”, o almeno su una platea che comprendesse anche le imprese – in particolare, per quanto riguarda il sistema FINCO – specialistiche e superspecialistiche. In questo senso continua a farsi sentire la mancanza di quel Ministero per la Pmi più volte giustamente sollecitato dal presidente di Confimi Industria Paolo Agnelli. Senza citare i sei miliardi che in sette anni sono stati dilapidati in quel pozzo senza fondo di Alitalia, anch’essi più utilmente destinabili al “sostegno”.
Sotto il profilo delle principali novità in materia di lavoro e ammortizzatori sociali, esse riguardano in particolare l’integrazione salariale e il blocco dei licenziamenti, dove, all’articolo 8, viene delineato un “doppio binario” per l’uscita graduale dalla normativa di emergenza che dura ormai da oltre un anno. Per quanto riguarda nello specifico gli ammortizzatori sociali, il citato art. 8 prevede che i datori di lavoro privati possano accedere al trattamento di CIG ordinaria Covid per una durata di 13 settimane tra il primo aprile 2021 e il 30 giugno 2021 per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del decreto.
Viene prorogato il blocco dei licenziamenti al 30 giugno, salvo cessazione definitiva dell’attività d’impresa. Non mi soffermo oltre sul punto che, a presentare delle criticità, contiene aspetti non molto chiari che si spera possano essere perfezionati entro la data di conversione del decreto in questione, cioè il 20 maggio. Non ritengo comunque positiva questa enfasi sul blocco dei licenziamenti: le imprese con prospettive stabili o di crescita (e debbo dire che nel sistema FINCO sono la maggioranza) non licenzieranno e anzi, in taluni casi, faticano a trovare manodopera
qualificata. Per quelle imprese invece non in salute e con prospettive al ribasso, tale misura rischia di provocare effetti peggiori del rimedio, rimandando il momento di ricerca di nuova occupazione da parte delle risorse in esubero. E certamente non saranno i navigator che risolveranno tale problema, poiché al momento l’unica occupazione che hanno creato è la loro medesima e anzi sono già in agitazione per il rinnovo degli incarichi. È inutile fare giri di parole su questa misura, rivelatasi un fallimento completo a carico, come al solito, del contribuente. In proposito sarà bene, ancora una volta, ricordare che non esistono quelli che, comodamente e genericamente, vengono definiti “soldi pubblici”, ma esistono i soldi del contribuente.
Bene l’attenuazione delle rigidità – controproducenti soprattutto per gli stessi prestatori d’opera che sanno che l’alternativa alla proroga non è, in molti casi e in questa situazione, l’assunzione, ma la perdita del lavoro – relative alla proroga o al rinnovo dei contratti a termine, le cosiddette “causali”, di cui all’art. 17, poiché ai fini di tali proroghe o rinnovi non si tiene conto di quelle precedentemente intervenute. Vi sono poi alcune opportune norme di attenzione riguardanti i lavoratori fragili. Oltre che sulla leva dei “Sostegni”, è basilare agire anche su quella delle misure volte al rilancio e all’iniziativa economica
Al di là di quanto sopra, è basilare agire, oltre che sulla leva dei “Sostegni”, anche su quella delle misure volte al
rilancio e all’iniziativa economica quali ad esempio le detrazioni fiscali per l’emergenza energetica e
sismica come il Superbonus 110%.
In questo ambito le vere criticità riguardano gli oneri burocratici abnormi da parte della Pubblica Amministrazione e le “strettoie” finanziare da parte degli istituti di credito che improntano al solito la loro azione alla modalità “piove sul bagnato”. Senza voler minimamente sottovalutare l’analisi del merito creditizio, stiamo comunque parlando di una misura garantita dallo Stato al 110%, sia pure con un periodo “ponte”.