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Riqualificazione e risanamento di un edificio anni ’50: prassi di cantiere, o quasi

Riqualificazione e risanamento di un edificio anni ’50:

prassi di cantiere, o quasi...

Oltre che una riqualificazione estetica e funzionale, l’obiettivo generale è il recupero in termini di efficienza energetica di un edificio costruito negli anni ’50. Ottava parte: il cantiere entra nel vivo

DAVIDE GIGLI

Le demolizioni scoprono sempre la verità, che purtroppo rimane celata in fase di preventivo e in fase di progetto. Risanare è un’arte, difficile e rischiosa a volte: è purtroppo facile non prevedere quello che è stato realizzato 50 anni prima, quando normative, tecnica e controllo erano sicuramente diversi rispetto ad oggi. Così a volte si scopre che il solaio in latero-cemento in realtà è solo quasi latero… E il poco cemento presente lega il tutto attraverso l’utilizzo di ferri lisci (Figura 1). Tale contingenza rende necessario dunque legare in maniera tridimensionale anche i tramezzi che corrono paralleli all’andamento delle pignatte, attraverso ferri trasversali che distribuiscono il carico in maniera allargata. Al tempo stesso abbiamo deciso di non utilizzare mattoni troppo leggeri o aerei per i tramezzi, per non penalizzare la separazione acustica tra le stanze. Ogni tramezzo, realizzato in poroton spessore 8 e 11 cm, è separato dal solaio da una striscia acustica in gomma, spessore circa 9 mm, e verrà separato con strisce perimetrali dal getto del sottofondo alleggerito, sotto il quale verrà inserito un materassino anticalpestio (Figura 2).

SOTTOFONDO E PAVIMENTAZIONE

Il sottofondo esistente era suddiviso in zone: nella parte del soggiorno era composto da un impasto di malta ben costipata e omogenea, la cui rimozione ha richiesto diverso tempo per effettuare la

frantumazione del manto con delicatezza, per non stressare il solaio sottostante. Nelle camere, invece, sotto il parquet precedentemente rimosso, è stato trovato un sottofondo in granuli di argilla (tipo leca) mescolati a uno strato finale di colla – scelta probabilmente dovuta al tentativo di isolare termo-acusticamente gli ambienti. Nella zona di corridoio centrale invece il sottofondo era in sabbia. Poiché sia corridoio che zona giorno presentavano lo stesso rivestimento in piastrelle, non riusciamo a comprendere il motivo di questo cambio di materiale. Oltretutto la pavimentazione in piastrelle esistente era incollata su quella originale in seminato. Ciò però non aiuterà a recuperare centimetri per l’altezza interna. La volontà di inserire un riscaldamento radiante causerà la perdita di almeno 7-8 cm rispetto alla quota di calpestio attuale, ma fortunatamente non pregiudicherà il rispetto delle altezze interne minime: a fine lavori si avranno ancora 276 cm circa di altezza interna netta.

CAPPOTTO INTERNO

Il muro perimetrale esterno è stato realizzato con mattoni forati monoblocco da 35 cm; da un lato questo consente di sfruttare la massa muraria in estate, e rinunciare per ora al cappotto esterno, realizzando un cappotto interno in fibra di legno, di spessore finale 4 cm, integrato con lastre di calcio-silicato per le strisce perimetrali di contatto con i solai e negli imbotti delle finestre. Dall’altro lato, però, la mancanza di un’intercapedine non consente di recuperare spazio eliminando il mattone interno. Si tratta comunque di un’operazione particolarmente delicata, da realizzarsi solo dopo accurate indagini termoigrometriche: questo tipo di operazione può essere considerata come il livello di difficoltà estremo di isolamento interno. Non si può improvvisare. Uno dei temi che dovranno poi essere affrontati in fase di completamento sarà la gestione delle tante altezze interne nella zona centrale, dovute al passaggio a vista delle travi portanti. L’utilizzo di un semplice cartongesso non è così banale, in quanto la trave è piuttosto alta e porterebbe l’altezza interna (se inglobata da un ribassamento) al di sotto dei 2,60 metri, altezza minima consentita dalle norme di igiene (Figura 3).

PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE

A livello idraulico, abbiamo scoperto finalmente le zone di passaggio dei tubi (di rame) che portavano il riscaldamento dalla caldaia (seminterrato) al piano, nascosti in un passaggio laterale, di dimensioni equivalenti a quelle di un camino. Tale passaggio verrà ancora sfruttato per le nuove tubazioni e i nuovi collegamenti. Non è stato mai realizzato invece (concetto troppo contemporaneo per l’età della casa) un cavedio ispezionabile in zona neutra. I tubi di rame esistenti, solidali nel passaggio probabilmente a causa di detriti o di un getto di malta per bloccarne il movimento, sono stati ripuliti e giuntati a moderni tubi in geberit; questa operazione ha consentito di evitare di creare (nel vano scale) una nuova traccia per portare i FIGURA 1. Il solaio con ferri lisci

FIGURA 3. Le diverse altezze

nuovi tubi al piano primo. Come detto nel numero scorso, i camini esistenti rispecchiano concetti molto vecchi e assolutamente fuori norma. È lecito domandarsi come la casa (il tetto) non siano mai andati a fuoco. In fase di progetto è prevista una verifica dei parametri antincendio di tutti i passaggi attraverso il tetto e un’eventuale sistemazione. Abbiamo scoperto che anche altri camini presentavano situazioni di degrado avanzate, dovute a decenni di mancata manutenzione, che saranno via via sanati. In Figura 4 si può osservare una specie di camino, o meglio sfiato, che collega le cucine dei due piani; finalmente svelato il motivo di certi odori di provenienza finora sconosciuta. A lato di questo sfiato comune, sono presenti due camini. Il primo, centrale, collega la caldaia del piano sottostante al tetto, il secondo, più a destra, potrebbe aver collegato in passato una stufa a legna, dal piano primo al tetto. Infatti era completamente chiuso da uno spesso tappo di fuliggine. Tutto ciò mi porta a una considerazione personale: ritengo sempre migliore anche se più costoso, riportare un immobile, un appartamento a uno stato di “nudità” prima di partire con il nuovo intervento; ciò consente di mettere appunto a nudo queste situazioni ed eliminarle. A lungo termine, prevenire è meglio che curare: si vive il disagio una volta sola e la prossima manutenzione così pesante apparterrà ad un’altra generazione. Sovrapporre tacca a tacca alla fine non si rivela scelta né intelligente né economica. Prossimi passi: attualmente sono in corso di realizzazione impianto termoidraulico ed elettrico, di cui vi daremo conto prossimamente.

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