Produzione & Igiene Alimenti n. 3/2022

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Produzione & Igiene

RINNOVABILI E AMBIENTE REFRIGERAZIONE Sostenibilità e risparmio energetico: le opportunità per le aziende alimentari che decidono di ridurre le emissioni investendo in sistemi più efficienti

BIMESTRALE – EDITORE QUINE Srl – 20141 MILANO – VIA G. SPADOLINI, 7 ISSN 1721-5366

ATTUALITÀ DIRITTO ALIMENTARE Etichettatura ambientale degli imballaggi: finalmente le linee guida

SOSTENIBILITÀ PROFESSIONE La Transizione Ecologica: ruolo e funzione del Tecnologo Alimentare

INCHIESTA NORMATIVA Surgelati e asterisco: è ora di abolirlo?

EFFICIENZA ENERGETICA Fonti rinnovabili per gli impianti alimentari www.alimentinews.it

N°3 GIUGNO 2022


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PROFESSIONE

Nuove ricette per il Made in Italy

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l giallo e il blu della bandiera ucraina, i colori delle spighe e del cielo, ben rappresentano il Paese che viene definito “il granaio di Europa”. Al primo posto al mondo nelle esportazioni di semi di girasole e olio di girasole, medaglia d’argento nella produzione di orzo e al quarto posto per il suo export, l’Ucraina da sola può soddisfare i bisogni alimentari di 600 milioni di persone. Con l’inizio dell’invasione russa la produzione di olio è stata fortemente compromessa, così come lo sono ancora oggi le

luzioni, come, ad esempio, in Africa che importa il 40% del grano dall’area. La prima azione da sollecitare è dunque l’accelerazione della ricerca della pace in modo negoziale e al più presto possibile, ma l’industria alimentare non può rinunciare a ipotizzare anche un piano B. Secondo dati Assitol, in Italia il consumo annuo di olio di girasole si aggira sulle 700mila tonnellate, di cui in gran parte è impiegato dall’industria alimentare nella produzione di conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili.

importazioni, per gran parte bloccate. Lo scenario innescato dalla guerra rischia di avere una ricaduta fino alla crisi alimentare globale in alcune zone del mondo particolarmente fragili. Molti Paesi stanno bloccando le esportazioni delle loro materie prime per proteggere i propri cittadini. È evidente che l’ONU e di conseguenza la FAO si stiano attivando alla ricerca di so-

La ricaduta sul settore food è già stata importante e rischia di aggravarsi: l’industria alimentare si è da subito mossa per trovare, in poco tempo una soluzione alla carenza di un ingrediente che negli ultimi anni era stato inserito in molte ricette come sostituito dell’olio di palma. Di fronte a questa crisi di approvvigionamento, una prima soluzione è cercare fornitori alternativi, come possono essere Argentina o Brasile, ma anche Bulgaria e Romania. In questo scena-

LORENZO MARIA ASPESI Presidente Consiglio Nazionale Ordine Tecnologi Alimentari

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rio, posto che si riescano a recuperare i quantitativi necessari, rimane la difficoltà nelle procedure di import delle derrate e la necessità di non scendere a compromessi in tema di sicurezza alimentare, che deve includere anche i concetti di qualità e sostenibilità. Per questo il sistema di controllo ufficiale delle materie prime in arrivo necessità di essere rinforzato e anche i piani di autocontrollo rivisti in relazione al mutato scenario. Operazione altrettanto complessa è la riformulazione del prodotto, con l’utilizzo di altri cereali o ingredienti alternativi, attraverso la revisione delle ricette e dei processi produttivi, che richiedono grandi sforzi di adattamento – e costi – per le nostre aziende. Forse, la difficile situazione geopolitica attuale avrà la conseguenza positiva di rafforzare gli impegni di tutti gli stakeholder – da Efsa, alle istituzioni politiche UE e italiane, al mondo produttivo – verso una politica di approvvigionamenti molto più attenta ai mercati di produzione e che possa garantire la sostenibilità sociale, ambientale del cibo, la qualità e gli standard produttivi. Qualsiasi strada venga intrapresa, la reazione dell’industria deve essere rapida ed efficace, ed è in questo contesto che il ruolo del Tecnologo Alimentare, con le sue competenze e la sua visione d’insieme, ancora una volta, può fare la differenza.

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Giugno 2022


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IN QUESTO NUMERO... PROFESSIONE Nuove ricette per il Made in Italy Lorenzo Maria Aspesi

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INSIGHT La nuova mappa concettuale della geografia del cibo Massimo Artorige Giubilesi

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INGRANDIMENTI Una “piccola” alternativa Benedetta Bottari

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RISTORAZIONE Ruolo professionale del Tecnologo Alimentare nella ristorazione Laura Mongiello

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SOSTENIBILITÀ La Transizione Ecologica: ruolo e funzione 14 del Tecnologo Alimentare Salvatore Velotto, Rosa Cinzia Borrelli e Daniele Romano

DIRITTO ALIMENTARE Etichettatura ambientale degli imballaggi: finalmente le linee guida Avv. Chiara Marinuzzi

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SHELF LIFE

PESTMED 2022

Influenza del trattamento con alte pressioni idrostatiche sulle proprietà salutistiche e nutrizionali dell’amarena brusca di Modena Maria Concetta Tenuta, Elisa Artoni, Patrizia Fava, Fabio Licciardello

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SICUREZZA ALIMENTARE

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E171: la nuova classificazione e il suo impatto sul mondo produttivo Giuseppe Brugali

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Il Pest Management strizza l’occhio al futuro green Fabio Chiavieri

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PRODOTTI E SOLUZIONI

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CONTROVENTO Casuali o causali?

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Vincenzo Bozzetti

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SPECIALE REFRIGERAZIONE ED EFFICIENZA ENERGETICA

Direttore Scientifico Massimo Artorige Giubilesi

INCHIESTA Surgelati e asterisco: è ora di abolirlo? Francesca De Vecchi

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ASSOCIAZIONE DI SETTORE Il ruolo della refrigerazione commerciale nella transizione ecologica Francesca De Vecchi

Pubblicità Luigi Mingacci l.mingacci@lswr.it Cel. 3204093415

Direttore Responsabile Giorgio Albonetti

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Comitato tecnico scientifico Giancarlo Belluzzi, Vincenzo Bozzetti, Francesco Fiorente, Gaetano Forte, Luciano Negri, Erasmo Neviani, Serena Pironi, Daniele Roseghini

Traffico Ornella Foletti ornella.foletti@quine.it Cel. 3427968897

Coordinamento editoriale Chiara Scelsi c.scelsi@lswr.it Cel. 3490099322

ABBONAMENTI www.quine.it abbonamenti.quine@lswr.it Tel. 02 864105 www.alimentinews.it

Redazione Diletta Gaggia d.gaggia@lswr.it redazione.food@quine.it

IMPIANTI Principi di sostenibilità ambientale e risparmio energetico. Le opportunità per le aziende alimentari dall’impiego di fonti di energia rinnovabile 34 Giuseppe L. Pastori

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BEST PRACTICE L’efficienza energetica come non si era mai vista: a lezione di risparmio virtuoso Paolo Bersighelli

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SHELF LIFE La Catena del Freddo e la Sicurezza alimentare

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Produzione & Igiene Alimenti - Bimestrale Rivista ufficiale del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 510 del 29-10-1983 Iscrizione al ROC n. 23531 dal 6 Maggio 2013

a cura della Redazione

SOLUZIONI

Tutti gli articoli pubblicati su Produzione & Igiene Alimenti sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La pubblica-

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zione o la ristampa degli articoli deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Ai sensi dell’art. 13 del Regolamento Europeo per la Protezione dei Dati Personali 679/2016 di seguito GDPR, i dati di tutti i lettori saranno trattati sia manualmente, sia con strumenti informatici e saranno utilizzati per l’invio di questa e di altre pubblicazioni e di materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dal GDPR. I dati potranno

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essere comunicati a soggetti con i quali Quine Srl intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio delle copie della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Quine Srl, Via Spadolini 7 - 20141, Milano, al quale il lettore si potrà rivolge-

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re per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione di cui all’art. 7 D.Lgs. 196/03.

Testata Associata

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Produzione & Igiene

pag. 67 III Copertina pag. 52-53 pag. 65 pag. 3 IV Copertina

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INSIGHT

La nuova mappa concettuale della geografia del cibo

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a lunga attesa della fine della pandemia sembra sia finalmente arrivata e tutti speriamo di non ritornare più alle restrizioni con le quali abbiamo combattuto la battaglia contro il nemico invisibile. E se contro il virus eravamo tutti alla pari, nessun colpevole ma tutti responsabili, la vera guerra – quella delle bombe, della distruzione e delle vittime di un conflitto militare – a mio avviso ribalta l’equazione o quanto meno ci costringe a prendere atto definitivamente della necessità di una svolta, ovvero di un cambiamento radicale. Le ultime generazioni hanno assistito e contribuito a una vertiginosa crescita economica accompagnata dall’espansione industriale in tutti i settori, fatto che ha portato a un miglioramento significativo delle condizioni e della qualità della vita. Questo avanzamento del progresso, però, non è avvenuto contemporaneamente e in ugual misura in tutto il mondo, che rimane ancora oggi diviso in zone prospere e altre svantaggiate e affamate. Allo stesso tempo, merita una profonda riflessione il “curioso” fenomeno che vede alcuni Paesi o parte di alcuni continenti poco prosperi o in via di sviluppo, proprio quelli che dispongono delle maggiori risorse naturali del pianeta. Gli economisti e gli esperti chiamano questo fenomeno “la trappola della povertà”, spiegandola con fattori sociali, culturali, geografici e politici, ma alla luce degli avvenimenti odierni e le prospettive a livello globale, non dare la dovuta im-

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portanza e continuare a non applicare azioni correttive per colmare la disuguaglianza, rischia di porre fine anche alla prosperità del resto del mondo. Siamo arrivati così oggi, reduci della pandemia che ci ha costretto ad aprire gli occhi su una serie di problematiche da un lato e dall’altro, e la guerra geograficamente vicina, a parlare addirittura della fine della globalizzazione. Appare evidente che non possiamo più permetterci di intendere e promuovere una sostenibilità ambientale che si tra-

MASSIMO ARTORIGE GIUBILESI Presidente Ordine dei Tecnologi Alimentari Lombardia e Liguria

La crisi alimentare ed economica emersa con la pandemia, e aggravata dal recente conflitto in Ucraina, si sta già riversando anche nei Paesi meno deboli, ma condizionati dalle forniture estere di materie prime

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duce in termini operativi nello spostamento delle produzioni inquinanti altrove e/o dove la manodopera ha dei costi bassi, anche a causa dello sfruttamento dei lavoratori e della mancanza di un minimo livello di welfare sociale e sanitario. Per non sconfinare in pessimismo o in eccessiva semplificazione dei fatti che possono indurre a pensare che proprio tutto ciò che è stato fatto sino a oggi sia sbagliato, sarebbe meglio concentrarsi sulla necessità dell’evoluzione dei concetti di globalizzazione e sostenibilità

mercato deve prendere forma concreta nell’individuare delle azioni di intervento pubblico e di politiche strategiche per sostenere la competitività delle imprese agroalimentari italiane. Il principale elemento che deve emergere delle future politiche e strategie per uscire dalla crisi, ma soprattutto per evitare gli errori del passato, è la collaborazione coesa tra imprese, specialisti e istituzioni che puntano alla costruzione di solido tessuto produttivo locale integrato, rispetto a politiche competitive basate sul

di governance” per un’etica ambientale e alimentare, che dovranno coinvolgere le imprese, le organizzazioni del terzo settore e le istituzioni governative, insieme a tutta la società civile. A questo proposito, il Green Deal europeo e la PAC 2021-2027 prevedono lo sviluppo di un sistema agroalimentare basato su paradigmi energetici, ambientali ed economici adatti a rispondere alle richieste di sostenibilità dei consumatori, delle imprese e in generale di tutta la società, ma nell’attuale congiuntura europea e

dei sistemi agroalimentari, certamente correlati con quelli energetici. La crisi alimentare ed economica emersa con la pandemia, e aggravata dal recente conflitto in Ucraina, si sta già riversando anche nei Paesi meno deboli, ma condizionati dalle forniture estere di materie prime. Non è quindi possibile isolarsi all’interno delle nostre economie per le quali la globalizzazione dei mercati significa accesso alle risorse necessarie per produrre, ma anche grandi opportunità commerciali. Anziché puntare il dito gli uni verso gli altri, alla ricerca di colpevoli nelle politiche e nelle azioni passate responsabili della situazione attuale, dobbiamo interrogarci con urgenza, alla luce delle nuove realtà internazionali e geopolitiche, su quali siano le capacità di adattamento del settore agroalimentare italiano rispetto ai mutamenti in atto. Il nostro compito specifico di Tecnologi Alimentari conoscitori delle dinamiche di

disequilibrio tra costo e beneficio, ovvero sulla riduzione illogica dei costi a vantaggio dei profitti. L’altra importante caratteristica delle azioni urgenti da intraprendere e che devono essere poste alla base della cultura alimentare, così fortemente voluta anche dal Reg. UE 382/2021, sono i nuovi interrogativi di natura etica nella produzione di cibo. Diventa indispensabile valutare in modo trasparente i rischi connessi alle bio e nano tecnologie impiegabili per sconfiggere la fame nelle zone svantaggiate del pianeta e nella prospettiva di crescita della popolazione, ma anche e soprattutto implementare la responsabilità sociale delle grandi imprese multinazionali con riferimento alla sicurezza alimentare, ai rischi alimentari, al benessere degli animali, alla salvaguardia dell’ambiente e all’equità sociale. Tali interrogativi dovranno trovare risposta nell’implementazione di “meccanismi

mondiale gli obiettivi green, sembrano allontanarsi o quanto meno necessitano di una rivisitazione importante. Secondo Ismea, la filiera corta italiana genera 6 miliardi di fatturato all’interno della filiera agroalimentare nazionale che vale 550 miliardi di euro, il 25% del PIL. Per questo motivo penso che focalizzarsi solo sullo sviluppo della “filiera corta” per ridurre i costi energetici e l’impatto ambientale legato alla produzione, trasformazione, trasporto e distribuzione dei prodotti, non possa rappresentare l’unica via per risolvere le problematiche del sistema. Evidentemente, le strade da percorrere per contrastare una possibile crisi alimentare globale non si possono individuare focalizzando l’attenzione in un’unica direzione: la parola chiave è riterritorializzare i rapporti e le produzioni, ri-disegnando una nuova mappa concettuale della geografia del cibo a beneficio dei popoli e dell’intero pianeta.

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INGRANDIMENTI

Una “piccola” alternativa Mentre gli scaffali dei supermercati si svuotano, a causa della nostra ormai nota maggior inclinazione all’isteria che alla resilienza (ma è pur vero che dopo due anni di pandemia, la resilienza suona un tantino ossimorica rispetto a un conflitto armato dietro l’angolo), le aziende alimentari devono iniziare a fare i conti con la scarsità di alcune materie prime. Dopo esserci a lungo scervellati per trovare alternative al tanto demonizzato olio di palma, adesso ci troviamo nella necessità di sostituire un altro olio vegetale, l’olio di girasole, per il cui approvvigionamento le nostre industrie dipendono fortemente dai paesi in guerra. Non sarà certamente una soluzione nell’immediato, ma forse sarebbe il caso di iniziare a considerare alternative che a medio e lungo termine possano affrancarci dalle questioni di sostenibilità ambientale economica e di autonomia produttiva. Una di queste alternative è rappresentata dai cosiddetti oli unicellulari o oli microbici. Si tratta di oli alimentari prodotti da microalghe, lieviti, funghi o muffe, in grado di accumulare lipidi a livello intracellulare. Tali microrganismi possono produrre oli analoghi a quelli generati da oli vegetali terrestri, composti prevalentemente da acido palmitico, stearico, oleico e linoleico. Tuttavia, i profili lipidici degli oli prodotti da microrganismi possono facilmente essere guidati, regolando le condizioni di coltura in modo da ottenere una composizione in acidi grassi perfettamente identica a quella desiderata, senza la necessità di riformulare, idrogenare o utilizzare costose miscele di oli esotici o ingegneria genetica. Se la produzione di oli da alghe fototrofe (tra i primi microrganismi oleosi studiati, in particolare grazie alla capacità di produrre una quantità di olio 30 volte superiore, per unità di superficie, rispetto alle piante oleaginose) è stata congedata in quanto tecnicamente irrealizzabile, a causa delle basse rese, degli elevati costi di essiccazione e dei rischi di contaminazione microbica dovuti alla coltivazione in vasche aperte, un’alternativa ritenuta ancora valida è quella di altre microalghe, questa volta eterotrofe (che usano la sostanza organica anziché luminosa per ricavare energia), già utilizzate per la produzione di acido docosaesaenoico (DHA), della serie degli omega-3, impiegato in particolare per gli alimenti in formula per lattanti, che non può essere sintetizzato da piante terrestri. Altre specie oleaginose eterotrofe includono alcuni lieviti, la cui produzione di oli unicellulari per uso alimentare, a partire da un’ampia varietà di materie prime e sottoprodotti, è ben documentata. In tal caso lo sviluppo cellulare è molto maggiore che per le alghe fototrofe, ma per produrre oli il lievito, diversamente da quanto accade nella produzione di vino e birra, necessità di areazione, perciò di grandi superfici per lo sviluppo di bioreattori, e quindi di un costo di investimento iniziale non trascurabile. Oltre a questo, i costi variabili a valle, necessari per estrarre e omogeneizzare i lipidi dalla cellula e l’incertezza delle prestazioni del sistema su larga scala, hanno per ora limitato la possibilità di rendere tali oli alternativi economicamente competitivi. Ma è difficile parlare di economia di scala se la scala traballa. Allora, nella speranza di tornare presto a pensare a girasoli e palme, valutiamo intanto una “piccola” alternativa.

Microrganismi che producono oli analoghi a quelli generati da oli vegetali terrestri

BENEDETTA BOTTARI Professore Associato Microbiologia degli Alimenti Università degli Studi di Parma

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NEWS DAL MONDO

LE SFIDE DEL FOOD&BEVERAGE TRICOLORE L’export agroalimentare italiano è uno dei più rappresentativi del Made in Italy, con oltre 200 miliardi di euro di fatturato aggregato nel 2021 e 65 miliardi di euro di valore aggiunto. Ora però si temono le ripercussioni del conflitto russo-ucraino, due importanti partner commerciali per la filiera agroalimentare italiana, anche a causa dell’ulteriore innalzamento del costo di alcune materie prime agricole. A ciò si deve aggiungere un’inflazione che non arresta la sua crescita.

La filiera agroalimentare è uno degli asset chiave del Made in Italy La filiera agroalimentare italiana è un asset strategico chiave per la competitività del Paese e in crescita nonostante i recenti numerosi shock. L’aggregato ha raggiunto un fatturato nel 2021 di 204,5 miliardi di euro (cresciuto del +3,8% dal 2015) e occupa 1,4 milioni di persone (di cui 483.000 nell’industria del Food&Beverage e 925.000 nel comparto agricolo), con un Valore Aggiunto (inteso come contributo diretto al Pil) di 65 miliardi di euro. La filiera agroalimentare è prima in Italia per Valore Aggiunto generato tra i principali settori del Made in Italy e la seconda economia europea per incidenza del Valore Aggiunto agrifood sul Pil (3,9%, seconda solo alla Spagna che raggiunge il 4,7%).

La guerra minaccia export e import

Il mio ERP. Così ho tutto sotto controllo. Efficienza, trasparenza, flessibilità – questo è ciò che conta ora. L’IT è la chiave per ottenerlo. Che si

Il conflitto tra Russia e Ucraina si è immediatamente fatto sentire sul costo delle materie prime alimentari. L’impennata dell’inflazione è stata avvertita già una settimana dopo l’inizio delle ostilità militari. Particolarmente colpito il grano tenero, il cui prezzo ha subìto un rincaro del 13%. Gli impatti del conflitto sulla filiera agroalimentare italiana sono molto rilevanti: i due Paesi valgono per 932,7 milioni di Euro di esportazioni agrifood (con la Russia come 18° partner commerciale) e 901,2 milioni di importazioni (con l’Ucraina come 18° partner commerciale). È proprio dal lato importazioni che le minacce del conflitto sfociano in nuovi rischi per alcune filiere agroalimentari chiave del Paese: infatti, l’Ucraina è 1° fornitore di olio di girasole per l’Italia, 1° fornitore di semi e 2° fornitore di mais e elementi nutritivi per le coltivazioni, con pesi sul totale dell’import che vanno dal 15% fino al 63% (è il caso dell’olio di girasole, elemento chiave anche per alcune filiere di trasformazione).

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PROFESSIONE / RISTORAZIONE

Ruolo professionale del Tecnologo Alimentare nella ristorazione

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a ristorazione collettiva rappresenta circa il 50% dell’intero comparto alimentare. Svolge un ruolo fondamentale nel contesto sociale; è in stretta relazione con la salute degli utenti del servizio e assume un significato differente a seconda dell’ambito di intervento: scolastico, sanitario, aziendale, carcerario e delle comunità in generale. Una corretta alimentazione consente di facilitare fin dall’infanzia, l’adozione di abitudini alimentari in grado di promuovere la salute e di prevenire le patologie cronico degenerative delle quali l’alimentazione scorretta è uno dei principali fattori di rischio. Come impiegare le competenze del Tecnologo Alimentare Le trasformazioni sociali condizionano sempre più fortemente e spesso negativamente le abitudini alimentari. Il dato della prevalenza di sovrappeso e obesità in Italia, in particolare nelle regioni del mezzogiorno, è un indicatore di questo andamento negativo. I pasti erogati dal servizio di ristorazione collettiva possono invece costituire una grande opportunità, potendo assumere un ruolo educativo importante per incidere sulle scelte alimentari individuali e col-

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Una corretta alimentazione consente di facilitare l’adozione di sane abitudini alimentari, prevenendo le patologie croniche

lettive, con effetti positivi nei confronti degli orientamenti, delle pratiche e della sostenibilità dei sistemi eco-agroalimentari. Di qui la necessità di impiegare le competenze del Tecnologo Alimentare (TA) nel comparto della ristorazione a tutela della salute pubblica, garantendo un’organizzazione efficiente del servizio di ristorazione che miri al raggiungimento dei seguenti obiettivi: § Sicurezza alimentare: qualità igienico-sanitaria del pasto, sia nella preparazione che nella conservazione e somministrazione, come prevenzione delle malattie a trasmissione alimentare e garanzia di un accesso al cibo sufficiente per tutti.

§ Qualità nutrizionale: quantità e qualità di nutrienti adeguati ai fabbisogni degli utenti. § Qualità sensoriale: il pasto somministrato deve essere di gradimento in primis per il raggiungimento della finalità nutritiva del pasto, scopo principale del mangiare. Altro aspetto importante sono le conseguenze economiche, sociali e ambientali correlate allo spreco alimentare che si genera se il pasto non viene accettato dall’utente. La qualità sensoriale diventa pertanto uno degli aspetti della qualità del servizio che deve essere misurato attraverso la rilevazione del grado di soddisfazione dell’utente.

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Laura Mongiello Presidente Ordine Tecnologi Alimentari Basilicata e Calabria Membro della Commissione Comunicazione OTA

§ Ruolo educativo del pasto: a scuola, così come rimarcano le “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica” del Ministero della Salute, è fondamentale, ai fini della prevenzione, che il servizio di ristorazione sia indirizzato non solo a fornire energia e nutrienti nelle giuste quantità e nelle giuste proporzioni, ma anche a una corretta educazione alimentare indirizzata alla socialità, all’uguaglianza, all’integrazione e al consumo consapevole e sostenibile. Educazione alimentare che non abbia come unico obiettivo la sola conoscenza degli alimenti da un punto di vista nutrizionale ma anche di: § Conoscere i processi (percorso dal campo alla tavola) per invogliare un consumo critico e consapevole; § Riconoscere la qualità degli alimenti con strumenti e competenze quotidiane, per favorire il consumo di prodotti locali e certificati (DOP, IGP, Biologico, Lotta integrata, Prodotti alimentari per la lotta alla Mafia, etc.); § Mettere in pratica, a casa, a scuola e in ogni situazione collettiva, i principi della dieta mediterranea per raggiungere le autonomie per una sana alimentazione, ridurre il livello di obesità contrastando il sovrappeso giovanile. La ristorazione fuori casa, infatti, può e deve diventare strumento di informazione e stimolo per: § un consumatore attivo; § la promozione dei territori e delle loro produzioni; § l’attenzione alle fragilità nutrizionali di soggetti deboli, di messaggio culturale delle varie appartenenze. Costante collaborazione con le Amministrazioni Il Consiglio dell’Ordine Nazionale, con il supporto della commissione comunicazio-

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ne, dal confronto con i propri differenti territori regionali, ha potuto rilevare la mancanza di una figura professionale riconosciuta nel settore della Pubblica Amministrazione: Responsabile del Servizio di Ristorazione. In molti casi, prevalentemente nelle Amministrazioni Comunali, viene affidato l’incarico professionale ai TA che svolgono il controllo qualità del servizio di ristorazione scolastica. Si agisce però solo sulla base del buonsenso della singola amministrazione e non di una procedura consolidata e regolamentata. Restano esclusi dal controllo da parte di figure specializzate comparti quali la ristorazione sanitaria e la ristorazione nelle carceri. Si ravvede dunque una disparità di trattamento sul territorio nazionale e una garanzia di qualità per gli utenti del tutto discontinua. Il controllo è effettuato dall’Autorità competente che ha come oggetto della propria attività esclusivamente gli aspetti igienico-sanitari. C’è inoltre da sottolineare che il Controllo Ufficiale interviene secondo una pianificazione, quindi a campione; la responsabilità per la sicurezza alimentare è dell’Operatore del settore alimentare, ovvero di chi gestisce il servizio di ristorazione e dell’Amministrazione che deve sorvegliare sull’andamento del servizio a garanzia degli utenti per i diversi aspetti contrattuali. L’Amministrazione Pubblica ha la responsabilità di garantire la qualità del servizio di ristorazione, sia esso gestito direttamente o affidato a terzi. Il TA è il professionista che può essere di supporto alle Amministrazioni al fine di raggiungere tale scopo; ha infatti le competenze per definire gli aspetti organizzativi del servizio avendo come finalità principale proprio la qualità. L’intervento del TA è dunque focalizzato a una adeguata progettazione, conduzione e sorveglianza del servizio di ristorazione intervenendo nei seguenti ambiti: § Definizione dei pre-requisiti strutturali e igienico funzionali;

§ Definizione del legame con cui si intende produrre e distribuire il pasto; § Scelta dei requisiti merceologici delle materie prime da utilizzare nella produzione del pasto; § Stesura e verifica dei Capitolati Tecnici; § Definizione dei menu in collaborazione con i SIAN della ASL; § Progettazione di percorsi di educazione al consumo consapevole e sostenibile; § Progettazione di percorsi di contrasto allo spreco alimentare; § Definizione di ruoli e modalità di effettuazione del Controllo di Qualità; § Valutazione della qualità percepita; § Sorveglianza sulle diete speciali e prevenzione della contaminazione in fase di allestimento di diete per allergie alimentari; § Gestione dei rapporti con l’utenza. Le competenze tecniche, proprie del TA, sono inoltre necessarie anche in fase di aggiudicazione della gara per la valutazione della proposta tecnica. In conclusione Alle luce della carenze indicate precedentemente e della estrema urgenza derivante dalla necessità di dover gestire tutte le tematiche dal campo alla tavola anche come richiamato recentemente dalla Comunità Europea, riteniamo che solo la figura professionale del Tecnologo Alimentare, così come definita dalla Legge Istituiva n°59 del 1994, riesca a raccogliere tutte le competenze necessarie per essere inserita a pieno titolo nella Sorveglianza del Servizio di Ristorazione Pubblica affidata a terzi. Per questo auspichiamo che i Ministeri competenti vogliano approfittare di questa opportunità ad assoluto vantaggio dei cittadini e della loro sicurezza, istituzionalizzando la figura del Tecnologo Alimentare all’interno delle Amministrazioni Pubbliche che erogano servizi di ristorazione.

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PROFESSIONE / SOSTENIBILITÀ

La Transizione Ecologica: ruolo e funzione del Tecnologo Alimentare

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er garantire una continua integrazione tra il mondo agricolo e quello sociale, nasce nel 1962 la Politica Agricola Comune (PAC). La sua evoluzione è legata a esigenze sempre diverse avute negli anni per mutazioni politiche e sociali, cambiamenti climatici, adeguamenti normativi, avanzamento scientifico di ricerca e sviluppo, innovazione e progresso, inquinamento, depauperamento ambientale, oppure, come avvenuto recentemente, a eventi pandemici e bellici. Oggi si parla però di Transizione Ecologica, un concetto più ampio, globale, ovvero un processo strutturale per il cambiamento del modello socioeconomico e delle fonti energetiche green, a cui la PAC deve adeguarsi, poiché la gestione dell’ambiente, delle risorse e l’utilizzo di esse per generare energia e beni, deve essere visto con un’ottica di miglioramento continuo e flessibile, con strategie solide applicabili nel breve periodo su cui investire, atte a garantire la preservazione dell’ambiente e delle risorse per le generazioni future.

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Gli operatori delle aziende alimentari devono conoscere nel dettaglio i criteri di progettazione igienica ed essere consapevoli del ruolo che essi hanno rispetto all’efficienza dei processi produttivi validati


Salvatore Velotto1, Rosa Cinzia Borrelli2 e Daniele Romano3 1 Presidente Ordine dei Tecnologi Alimentari di Campania e Lazio 2 Consigliere dell’Ordine dei Tecnologi Alimentari di Campania e Lazio 3 Presidente Ordine dei Tecnologi Alimentari di Sicilia e Sardegna Gestioni lente, poco intuitive e, soprattutto, poco sensibili alla preservazione degli ecosistemi, della società o dell’economia nel lungo periodo, cozzano con le strategie di sviluppo oramai consolidate e adottate nell’economia circolare. È pressante oggi sul settore agroalimentare la necessità di operare in modo diverso rispetto al passato: cresce l’urgenza di essere “ubiquitariamente” sostenibili. Sono 5 i punti chiave della Transizione Ecologica: fonti energetiche rinnovabili, agricoltura sostenibile ed economia circolare, mobilità green a zero emissioni, stop alle trivelle per l’esplorazione dei combustibili fossili, tutela dell’ambiente e della biodiversità. I Sistemi Alimentari comprendono l’intera gamma di attori e le loro attività a valore aggiunto, interconnesse e coinvolte nella produzione, aggregazione, trasformazione, distribuzione, consumo e smaltimento di prodotti alimentari che provengono dall’agricoltura, dalla silvicoltura o pesca e parti dei più ampi ambienti economici, sociali e naturali in cui sono radicati. Un Sistema Alimentare Sostenibile, invece, è un sistema che offre sicurezza alimentare e nutrizione per tutti, e garantendo che per le generazioni future non siano compromesse. Sistema Alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente è espressamente compreso tra gli otto obiettivi tematici del Programma Nazionale per la Ricerca (PNR) 2021-2027 del Comitato Interministeriale per la programmazione economica. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 gennaio 2021, costituisce uno degli strumenti di attuazione del Green Deal europeo in funzione della transizione ecologica, nonché oggi nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). A riguardo la Commissione Europea ha fissato obiettivi specifici, per ottenere

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Figura 1. Rappresentazione schematica della Rivoluzione del Sistema Alimentare 5.0 per la Transizione Ecologica e ambiti strategici di applicazione delle competenze del Tecnologo Alimentare per l’ottimizzazione del Sistema

un paese più ecologico, digitale e resiliente. Gli obiettivi sono 17 e tra di loro interconnessi, conosciuti anche come Agenda 2030, e riconoscono lo stretto legame tra il benessere umano, la salute dei sistemi naturali e la presenza di sfide comuni per tutti i paesi. Anche il Sistema Alimentare si sta adeguando alla Transizione Ecologica, infatti a dimostrazione dell’impegno che il settore sta riversando nel raggiungimento degli obiettivi ambientali ed economico-sociali, diverse sono le certificazioni volontarie che si stanno ottenendo. La nuova Prassi di Riferimento UNI 107:2021 “Ambiente Protetto - Linee guida per la prevenzione dei danni all’ambiente” nasce proprio con l’intento di fornire alle imprese uno strumento concreto per la gestione puntuale dei rischi ambientali. Oltre a essere utili alle aziende, le certificazioni sono sicuramente il modo più efficace per far comprendere al consumatore quanto le imprese stiano investendo per garantire beni e valori e, di conseguenza, anche il modo più im-

pattante per sensibilizzare il cittadino. Negli ultimi anni, infatti, la sensibilizzazione dei consumatori a una spesa alimentare più sostenibile è aumentata, grazie alla consapevolezza degli effetti collaterali del sistema di produzionedistribuzione intensivo e globalizzato. Si tratta, però, di cultura ecologica finalizzata al raggiungimento degli obiettivi ambientali per la prevenzione dei danni o solo di greenwashing, ovvero ecologia di facciata?

Ruolo del Tecnologo Alimentare nella Transizione Ecologica Il Tecnologo Alimentare, con le sue esclusive competenze e funzioni olistiche del sistema alimentare, gioca un ruolo essenziale nello sviluppo e nella garanzia della Transizione Ecologica, riuscendo a strutturare, innovare, riprogrammare sistemi, processi e imprese per il raggiungimento degli obiettivi ambientali e di economia circolare fissati lungo tutta la filiera produttiva. La Transizione Ecologica, pertanto, rappre-

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PROFESSIONE / SOSTENIBILITÀ

ecologica di successo e una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Seguendo gli obiettivi della Transizione Ecologica sono stati individuati i settori di intervento per i Tecnologi Alimentari, discutendo sulle possibili soluzioni. La figura 1 è appunto la rappresentazione schematica degli ambiti di intervento dei Tecnologi Alimentari nel Sistema Alimentare 5.0 per supportare la Transizione Ecologica e quindi rivoluzionare l’approccio al Sistema.

Dettaglio strategie La funzione dei Tecnologi Alimentari è quella di rivoluzionare l’approccio e consentire una reale transizione del Sistema Alimentare. Per fare ciò il Tecnologo Alimentare dovrà lavorare sui seguenti ambiti strategici rendendoli efficienti: § Approccio innovativo

al disegno igienico e tecnico

Figura 2. Tecnologie alimentari tradizionali ed emergenti utilizzate lungo la catena alimentare3

senta un ulteriore impegno a cui i Tecnologi Alimentari devono dare il proprio, fondamentale, contributo per tutelare la salute di tutti, il benessere di lavoratori e della comunità, per creare prezzi equi volti al risparmio, riprogettando i prodotti del nostro sistema agroalimentare, coniugando i valori di gusto, territorio e tradizione con quelli di innovazione, sostenibilità sociale e ambientale, nonché garantire che tutte le strategie implementate siano realmente efficaci, flessibili e applicabili nel lungo periodo.

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Oggi è risaputo come il sistema alimentare abbia un forte impatto sull’ambiente e per questo rappresenta una sfida europea e internazionale: oltre a essere uno dei settori più esigenti in termini di acqua, gran parte della produzione alimentare viene persa e diventa rifiuto. Mentre la popolazione mondiale continua a crescere, la crisi economica e sociale ha gravemente ridotto il potere d’acquisto di molti cittadini, una criticità che, sommata al contesto di urgenza climatica, richiede una transizione

La progettazione e costruzione igienica delle apparecchiature e delle aziende alimentari è uno dei principali requisiti che le imprese alimentari devono implementare per garantire prodotti sicuri, conformi e sostenibili. Gli operatori delle aziende alimentari devono conoscere nel dettaglio i criteri di progettazione igienica ed essere consapevoli del ruolo che essi hanno rispetto all’efficienza dei processi produttivi validati. Ciò permette di garantire che tutte le operazioni, inerenti alla manipolazione di prodotti alimentari a qualsiasi livello della filiera, siano effettuate nel rispetto delle leggi vigenti, allo scopo di contenere il rischio che eventi di natura chimica, fisica e microbiologica, possano minare la salubrità dei prodotti alimentari e salvaguardare in tal modo la salute dei consumatori. Nella Transizione Ecologica la scelta di macchinari innovativi che fanno uso di energie rinnovabili, di

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operazioni unitarie tali da ridurre sprechi energetici e ingenti scarti produttivi, nonché l’organizzazione degli spazi e dei flussi, i layout, sono tra le soluzioni più efficaci per contrastare non solo l’impatto ambientale ma anche l’emergenza energetica. § Strutturazione di impresa verde

ed economia circolare con riutilizzo scarti e sottoprodotti di produzione

Le materie prime, gli ingredienti, gli scarti, i sottoprodotti e prodotti finiti sono protagonisti di questo ambito. Tra i costi maggiormente sostenuti dalle aziende al primo posto si collocano i costi legati alla cattiva gestione delle materie prime, intese sia come alimenti sia come coadiuvanti sia come imballaggi. Gli sprechi conseguenti a una cattiva gestione degli approvvigionamenti delle risorse e del loro utilizzo creano un enorme impatto non solo economico ma anche di depauperamento e inquinamento ambientale. Il Tecnologo Alimentare attraverso la programmazione degli approvvigionamenti, il corretto stoccaggio degli stessi e la gestione dei flussi, permette la riduzione dei rifiuti e delle perdite economiche, rendendo il sistema più efficiente. Allo stesso tempo, attraverso i bilanci di massa, ha la possibilità di stabilire le quantità realmente rispondenti alla domanda di produzione con conseguente ottimizzazione dei costi e dei consumi. All’economia di scala industriale oggi viene incontro la digitalizzazione (Big-data, IoT, Analytics, etc.): un’azienda “smart” è un’impresa capace di avvalersi di software gestionali per il controllo dei flussi aziendali e dei processi al fine di rendere le fasi di produzione più rapide, precise e affidabili. Purtroppo, questa è una scelta ancora poco diffusa nelle imprese, soprattutto PMI; infatti, secondo un

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censimento permanente delle Imprese condotto da ISTAT, nel 2018 il 10% delle imprese dell’industria alimentare con più di dieci addetti utilizza l’Intelligenza Artificiale nei propri processi, il 6% l’IoT e solamente il 3% utilizza i Big Data Analytics. La valorizzazione, invece, dei sottoprodotti dell’industria alimentare sta registrando oggi un’attenzione straordinaria. Numerosi progetti di ricerca di Tecnologi Alimentari, in collaborazione con altri professionisti, con supporto economico nazionale ed europeo, si stanno realizzando con lo scopo di ricollocare sul mercato i sottoprodotti: non solo si prevede che essi vengano riutilizzati per produrre altri alimenti o nutraceutici ma anche per essere utilizzati nell’edilizia e oggettistica, riducendo inquinamento e impatto ambientale. § Approccio alla transizione

energetica

La riduzione del consumo di energia e il passaggio a green energies sono alcuni degli aspetti della sostenibilità ambientale relativa ai processi di trasformazione dell’industria alimentare. La razionalizzazione delle fasi produttive e il riutilizzo dei materiali a fini energetici sono due aspetti strettamente legati all’economia circolare, in una ottica di espansione economica. Anche per la movimentazione delle merci si sta rivalutando il trasporto pubblico o su rotaie, per ridurre le emissioni e il danno ambientale. Negli ultimi decenni le industrie italiane stanno investendo in grossi cambiamenti aziendali, scegliendo macchinari alimentati da energie pulite-alternative. Pannelli fotovoltaici, biogas da scarti alimentari, produzione di energia attraverso la combustione di parti non edibili quali gusci o materiale organico ad alto potere calorifico, solo alcuni esempi delle

soluzioni che si stanno implementando per ridurre i consumi energetici e il depauperamento ambientale. Secondo il fisico Roberto Cingolani, ministro del MiTE, ancora oggi l’85% dell’energia usata nel mondo proviene da fonti di origine fossile come petrolio e derivati. Per il nuovo PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), entro il 2030 l’Italia dovrà arrivare al 55% di fonti rinnovabili e per tale motivo, una buona parte dei fondi previsti con il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) saranno destinati allo sviluppo delle energie sostenibili. Inoltre, come recentemente osservato a seguito degli eventi bellici, la dipendenza dalle fonti energetiche esauribili, e da altre risorse non rinnovabili a basso costo, espone le imprese a rischi di prezzo: una maggiore volatilità dei prezzi delle risorse può frenare la crescita economica aumentando l’incertezza, scoraggiando le imprese dagli investimenti e aumentando il costo della copertura contro i rischi correlati alle risorse. Esistono poi anche rischi di approvvigionamento: molte aree del mondo possiedono pochi depositi naturali di risorse non rinnovabili, quindi, le imprese devono fare affidamento sulle importazioni e sul degrado ambientale. Oltre ai rischi per la fornitura delle materie prime, possono aumentare i rischi di fornire sicurezza e protezione dovuti dall’esigenza di lunghe catene di approvvigionamento globali, compromettendo in tal modo le produzioni non solo perché diventa antieconomico realizzarle ma anche per la mancanza di fonti energetiche per poterle realizzare. § Efficienza Energetica:

la riqualificazione degli opifici

Le aziende devono necessariamente riprogrammare le proprie operazioni

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PROFESSIONE / SOSTENIBILITÀ

Gli sprechi, derivanti da una cattiva gestione degli approvvigionamenti delle risorse e del loro utilizzo, creano un enorme impatto economico e sull’inquinamento ambientale

unitarie per adeguarsi agli obiettivi della Transizione Ecologica. La figura 2 definisce la transizione dai principali processi e tecnologie convenzionali a processi emergenti che devono essere implementati per lo sviluppo di nuovi prodotti, nell’ottica di una trasformazione e riqualificazione della filiera agroalimentare, in linea con gli obiettivi Agenda 2030 e Transizione Ecologica. Oltre ai cambiamenti delle fonti energetiche, al miglioramento di impianti per il riciclaggio delle acque e la riduzione dei fanghi di lavaggio, nuove soluzioni si stanno studiando attraverso lo sviluppo di mild technologies per il miglioramento della qualità degli ali-

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menti e della sostenibilità ambientale (anche attraverso utilizzo di marcatori di processo e di prodotto), attraverso la progettazione e realizzazione di processi di produzione e trasformazione basati su trattamenti termici e non termici innovativi, più efficienti e più sostenibili, per tutelare la qualità dei prodotti alimentari e ottimizzarne la conservabilità, con un espresso riferimento allo sviluppo di innovazioni ad hoc per le produzioni tipiche, su piccola scala e biologiche. La shelf-life dei prodotti, infatti, può giocare un ruolo chiave nella Transizione Ecologica. Aumentare la vita di scaffale di un prodotto significa ridurre attività produttive e quindi risorse e

inquinamento: significa dare cibo e ridurre sprechi, creare innovazione sia in termini di imballaggi sia di attrezzature produttive e di conservazione. Il Tecnologo Alimentare, pertanto, potrà gestire le operazioni unitarie di una produzione, regolando quantità, qualità e attività di processo, al fine di ridurre gli elementi impattanti sull’ambiente, quali: CO2, gas di scarico, acque reflue, fanghi da lavorazione, imballaggi, plastiche, sostanze agrochimiche e così via. L’utilizzo di materiali non inquinanti o da riutilizzo, infine, nelle fasi di produzione o commercializzazione, permette di proiettare le aziende italiane nel pieno della Transizione Ecologica riducendo l’inquinamento e favorendo il benessere ambientale. Tutto questo si traduce in cooperazione: il Tecnologo Alimentare, coadiuvato da diverse figure professionali, può perseguire e assicurare questi obiettivi, importanti per aziende non solo smart ma soprattutto sostenibili, anche socialmente. La Transizione Ecologica delle aziende prevederà pertanto la riorganizzazione aziendale e l’assunzione di personale competente per il trasferimento delle conoscenze e per l’ottimizzazione dei processi. Inoltre, ciò che sarà risparmiato in costi e sprechi sarà investito in nuova forza lavoro. § Tutela e valorizzazione

del territorio e della risorsa idrica

La tutela del Made in Italy e la sicurezza alimentare sono altri elementi peculiari della Transizione Ecologica, sfruttando la riduzione dei food miles e la valorizzazione delle eccellenze del nostro Paese. Il territorio italiano è ricco di tipicità riconosciute e di tante altre appartenenti ai nostri usi e costumi. Oltre alla parte edonistica, nel nostro Paese flora e fauna sono elementi da preser-

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vare e valorizzare, caratterizzanti del nostro territorio e della nostra storia. Rappresentano anche il nostro futuro, la possibilità di sviluppo e di sostegno per molte realtà, soprattutto rurali, rientranti nei gruppi di nicchia regionali. Tante sono le evidenze in letteratura sulla bontà e la valenza merceologica ed economica di questi prodotti. Il Tecnologo Alimentare ha le capacità, con il suo know-how, di valorizzare produzioni locali attraverso analisi sensoriali, chimico-fisiche e tanto altro, al fine di favorire la produzione e il commercio di prodotti tipici e conseguentemente lo sviluppo di realtà marginali. Attraverso sistemi smart, quali la Blockchain, può garantire la rintracciabilità come sistema di verifica e controllo. La sostenibilità potrà essere assicurata sui territori anche trasmettendo la cultura di smaltimento intelligente (raccolta “on demand”, cassonetti intelligenti, comunicazione bidirezionale) o attraverso l’uso di etichette ambientali per la corretta gestione del rifiuto. § Progettazione di prodotti

innovativi e salutistici

Il miglioramento delle aziende, inteso come miglioramento strutturale, di processo e/o di prodotto, porta a un aumento della qualità del prodotto finito. La conseguenza è un miglioramento della salute e dello stato di benessere di ciascun individuo e quindi diminuire la spesa sanitaria. Il Tecnologo Alimentare è sicuramente una figura professionale strategica per creare prodotti volti al benessere umano, a questo proposito sono da ricordare i probiotici, i prebiotici, nonché gli alimenti funzionali. I prodotti agricoli, ad esempio, sono ricchi di opportunità per aumentare il benessere psico-fisico dei consumatori e il Tecnologo Alimentare può valorizzarli e indirizzare le aziende nelle scelte strut-

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turali e di processo per ottenerli. Per quanto riguarda l’innovazione, la Transizione Ecologica sarà possibile perseguirla promuovendo imballi a garanzia della sicurezza degli alimenti (sistemi di assorbimento/pulizia, sistemi di somministrazione di sostanze alimentari, smart Packaging, indicatori della qualità del prodotto, dispositivi di tracciabilità e rintracciabilità); utilizzando imballi innovativi per la comunicazione del prodotto e relative app (es. Qr-code), promuovendo imballi sostenibili e riciclabili (più leggeri, da fonti rinnovabili o riutilizzabili, di nuove mescole plastiche di derivazione vegetale), valorizzando la dieta mediterranea e i prodotti del territorio per ridurre trasporti, consumi energetici e di risorse, rivisitando prodotti e ricette locali con target nutrizionali adeguati e contemporanei (ridotto tenore in grassi, valore energetico equilibrato), utilizzando materie prime prossime alla scadenza o scarti di lavorazione, aumentando il benessere animale e della sicurezza alimentare. A tal proposito è oramai risaputo, attraverso i numerosi studi scientifici, come la cura e l’allevamento sostenibile degli animali induce a un aumento della sicurezza alimentare, a un aumento della qualità e della conservabilità delle carni, oltre che la tutela sociale in termini di zoonosi e pandemie.

Per aumentare la resilienza di un sistema alimentare complesso e dinamico, rischi, minacce e vulnerabilità in tutta la supply-chain devono essere compresi e analizzati. Il Tecnologo Alimentare è il professionista sostenibile, in grado di rilanciare l’economia nella filiera alimentare, mettendo al centro la tutela e il rispetto dell’ambiente nel lungo periodo. Con le sue molteplici competenze nel settore alimentare, è la chiave del sistema alimentare per il passaggio da un sistema produttivo impattante dal punto di vista dell’impiego delle risorse, a un modello a tre dimensioni dello sviluppo sostenibile che tiene conto in egual misura di sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale, sostenibilità economica, contribuendo in tal modo a garantire l’economia circolare fondamentale per il benessere di tutti i sistemi per le generazioni future. Per la bibliografia scrivere a redazione. food@quine.it

Conclusioni A oggi le risorse consumate dalla popolazione mondiale sono più di quelle che gli ecosistemi sono in grado di fornire e, affinché lo sviluppo sociale ed economico possa avvenire in un quadro di sostenibilità, la nostra società dovrà modificare in modo radicale il proprio modo di produrre e consumare beni. Secondo la FAO approcci efficaci per la creazione di Sistemi Alimentari Sostenibili prevedono la combinazione di conoscenze e buone pratiche.

La Transizione ecologica sarà uno dei temi di cui parleremo ad AlimentiPiù, guarda il programma e iscriviti alle sessioni di tuo interesse

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DIRITTO ALIMENTARE

Etichettatura ambientale degli imballaggi: finalmente le linee guida La normativa È ormai più di un anno che gli operatori hanno a che fare con l’etichettatura ambientale degli imballaggi introdotta con il decreto legislativo n. 116 del 3 settembre 2020 che, come ormai è noto a tutti, dispone che tutti gli imballaggi siano “opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite dalle norme tecniche UNI applicabili e in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell’Unione Europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi. I produttori hanno, altresì, l’obbligo di indicare, ai fini della identificazione e classificazione dell’imballaggio, la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione 97/129/CE della Commissione.” La disposizione, con tutte le sue implicazioni pratiche in termini di applicazione, ha fatto irruzione nella vita degli operatori senza tempi di adeguamento e senza supporti interpretativi creando molte difficoltà, tanto è vero che immediatamente si correva ai ripari con ripetute proroghe. L’ultima è contenuta nella Legge 15/2022, di conversione con modificazioni del D.L. 228/2021: gli oneri di etichettatura ambientale degli imballaggi sono stati sospesi sino al 1° gennaio 2023.

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I prodotti privi dei nuovi requisiti di etichettatura ambientale già immessi in commercio o già provvisti di etichetta al 1° gennaio 2023 possono essere commercializzati fino a esaurimento scorte.

Le Linee Guida: aspetti generali L’esigenza degli operatori di disporre di una chiave ermeneutica della laconica norma sull’etichettatura ambientale ha portato il Ministero della Transizione ecologica, contestualmente al provvedimento sopra richiamato di proponga, a emettere apposite linee guida tecniche per l’etichettatura degli imballaggi per

la redazione delle quali ha tenuto conto di quelle adottate da CONAI che, sino ad oggi, sono state prese come modello dagli operatori del settore. Le Linee Guida sono strutturale in sette parti, rispettivamente dedicate a: 1. Introduzione 2. Approccio all’etichettatura 3. Contenuti dell’etichettatura: le casistiche 4. Come costruire l’etichettatura?

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Avv. Chiara Marinuzzi Studio Legale Gaetano Forte Diritto penale agroalimentare e sicurezza alimentare 5. Entrata in vigore dell’obbligo ed esaurimento scorte 6. Etichettatura in sintesi 7. Glossario e recano svariati esempi pratici e focus (riquadri intitolati “facciamo chiarezza”), anch’essi mutuati dalle Linee Guida elaborate dal CONAI. Partendo dall’esame della norma, il MITE chiarisce innanzitutto che: § Il richiamo alle norme UNI è generico, considerando inoltre la loro caratteristica di volontarietà. Pertanto, la norma sottintende che, qualora si voglia comunicare determinati contenuti in etichettatura ambientale, si debbano adottare le norme UNI di riferimento. Le norme UNI di riferimento sono: § UNI EN ISO 1043-1 per l’identificazione di materie plastiche non incluse nella Decisione 129/1997, e la UNI 10667-1 per identificare e riconoscere i polimeri provenienti da riciclo. § UNI EN ISO 11469 per la comunicazione della composizione di strutture costituite da più polimeri. § UNI EN ISO 14021 per le Autodichiarazioni ambientali, qualora si voglia comunicare informazioni aggiuntive di carattere volontario relative alle qualità ambientali dell’imballaggio (diciture, simboli/pittogrammi o altri messaggi analoghi, claim ambientali). § tra le “determinazioni” adottate dalla Commissione dell’Unione al momento esiste solo la Decisione 129/1997/CE che istituisce un sistema, basato su codici alfa numerici, di identificazione dei materiali di imballaggio. § Le informazioni relative alle destinazioni finali degli imballaggi, sono quelle che comunicano il corretto conferimento dell’imballaggio a fine vita (es. Raccolta differenziata. Verifica le disposizioni del tuo Comune). Tali informazioni riguardano gli imballaggi che tal quali sono offerti al consumatore finale in vendita

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o anche a titolo gratuito; o gli imballaggi che sotto forma di prodotto preconfezionato sono offerti al consumatore finale in vendita o anche a titolo gratuito, mentre risultano esclusi gli imballaggi destinati al canale commerciale/industriale, cosiddetto B2B. § Viceversa, per quel che concerne l’identificazione del materiale sulla base della Decisione 129/1997, il legislatore non ha previsto la discriminante della destinazione al “consumatore”, pertanto non ci sono elementi per escludere gli imballaggi destinati anche a canali professionali.

Le Linee Guida: aspetti particolari Dalla lettura del testo di legge si evincono due situazioni differenti per la strutturazione dei contenuti minimi dell’etichetta a seconda del circuito di destinazione finale degli imballaggi: B2B (commerciale/ industriale) o B2C (consumatore).

A) ETICHETTATURA AMBIENTALE DEGLI IMBALLAGGI MONOCOMPONENTE DESTINATI AL B2C Per gli imballaggi monocomponente destinati al consumatore finale, va inserito: a) La codifica identificativa del materiale di imballaggio secondo la Dec.129/97/CE a) Le indicazioni sulla raccolta. Si suggerisce di indicare: la formula “Raccolta (famiglia di materiale prevalente in peso)” o la famiglia di materiale prevalente in peso, accompagnata dalla formula “Raccolta differenziata”, e di invitare il consumatore a verificare le disposizioni del proprio Comune.

B) ETICHETTATURA DEGLI IMBALLAGGI MULTICOMPONENTE DESTINATI AL B2C

Per la resa grafica di diciture e simboli, il MITE suggerisce elementi di identificazione visiva per i contenitori per la raccolta dei rifiuti urbani

Per gli imballaggi costituiti da più componenti, è necessario distinguere le componenti non separabili manualmente (ad esempio una etichetta in carta adesa a una bottiglia in vetro), dalle componenti separabili manualmente (ad esempio, una confezione multipack di merendine). Ciò perché l’identificazione e la classificazione ai sensi della dec. 129/97/CE va prevista per tutte le componenti separabili manualmente del sistema di imballo. Il che significa che per ciascuna componente separabile manualmente del sistema di imballo si deve riportare almeno: a) La codifica identificativa del materiale di imballaggio secondo la Dec. 129/97/CE b) Le indicazioni sulla raccolta quando non indicate sull’imballaggio di presentazione esterno. Si suggerisce di indicare: “Raccolta (famiglia di materiale prevalente in peso)” oppure la famiglia di materiale prevalente in peso, accompagnata dalla formula “Raccolta differenziata”, e di invitare il consumatore a verificare le disposizioni del proprio Comune. Quando non è possibile indicare le informazioni obbligatorie su ogni singola componente, ad esempio per motivi di spazio, o per altri limiti tecnologicamente significativi, è possibile riportarle sul corpo principale, o sull’imballaggio di presentazione.

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DIRITTO ALIMENTARE

§ Riferita a ciascuna tipologia di imballaggio, riportare le indicazioni sulla raccolta, specificando in modo chiaro la famiglia di materiale/i di ciascuna componente.

C) ETICHETTATURA DEGLI IMBALLAGGI DESTINATI AL B2B

Gli imballaggi da trasporto o legati alle attività logistiche o di esposizione possono non presentare le informazioni relative alla destinazione finale degli imballaggi

In questo caso, il format consigliato è il seguente: § Tipologia di imballaggio (descrizione scritta per esteso o rappresentazione grafica) delle diverse componenti separabili manualmente;

§ Riferita a ciascuna tipologia di imballaggio, indicare la codifica identificativa del materiale di imballaggio di ciascuna componente separabile manualmente secondo la Dec.129/97/CE;

Gli imballaggi destinati al B2B, ad esempio gli imballaggi destinati ai professionisti, o gli imballaggi da trasporto o legati alle attività logistiche o di esposizione possono non presentare le informazioni relative alla destinazione finale degli imballaggi, ma devono obbligatoriamente riportare la codifica dei materiali di composizione in conformità alla Decisione 129/97/CE.

L’etichettatura Per la resa grafica di diciture e simboli, il MITE suggerisce, per gli imballaggi destinati al mercato italiano, il ricorso ai colori codificati dalla norma UNI 11686 - Gestione dei rifiuti - Waste visual elements – Elementi di identificazione visiva per i contenitori per la raccolta dei rifiuti urbani.

Il digitale

Per adempiere all’obbligo di etichettatura ambientale degli imballaggi, il ricorso a canali digitali è sempre consentito (es. App, QR code, siti web), in coerenza con il processo di innovazione tecnologica previsto all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

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Come già chiarito dallo stesso MITE con Nota del 17.05.2021, al fine di adempiere all’obbligo di etichettatura ambientale degli imballaggi, il ricorso a canali digitali è sempre consentito (es. App, QR code, siti web), in coerenza con il processo di innovazione tecnologica e semplificazione, aspetto oltretutto fondamentale previsto all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Tali canali digitali possono sostituire completamente o integrare le informazioni riportate direttamente sull’imballaggio. Questi strumenti possono essere utilizzati sia per facilitare la trasmissione delle informazioni obbligatorie lungo la filiera nei circuiti commerciali

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e industriali, sia per veicolare al consumatore finale la natura dei materiali di imballaggio e le indicazioni sul corretto conferimento. Qualora l’imballaggio sia destinato al consumatore finale, il soggetto obbligato è tenuto a riportare sull’imballaggio o sul punto di vendita, sia esso fisico o virtuale a cui il consumatore abbia accesso, le istruzioni per consentirgli di intercettare le informazioni ambientali obbligatorie tramite i canali digitali previsti (App, QR code, siti web, ecc). Per rendere disponibili le informazioni di etichettatura ambientale è quindi possibile utilizzare uno strumento digitale che rimanda ad una pagina appositamente dedicata a veicolare i contenuti sull’etichettatura ambientale che riguardano lo specifico imballaggio, a patto che l’accesso all’informazione specifica per l’imballaggio in questione risulti facile e diretta, e che detta informazione sia puntuale e non di difficile interpretazione. Si consiglia quindi di segnalare su tali canali, in modo evidente, l’imballaggio

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Entrata in vigore e smaltimento scorte L’obbligo di etichettatura ambientale degli imballaggi, come detto, è sospeso fino al 31 dicembre 2022. Gli operatori del settore possono commercializzare i prodotti privi dei nuovi requisiti di etichettatura ambientale già immessi in commercio o già provvisti di etichetta al 1° gennaio 2023 fino a esaurimento scorte. Il termine “prodotti” è da intendersi riferibile agli imballaggi, e non ai prodotti imballati. Ne deriva che le aziende potranno utilizzare, fino a loro esaurimento, le scorte di imballaggi finiti anche se vuoti, che non siano conformi all’obbligo di etichettatura alla data del 31/12/2022. Dopo il 31/12/2022 potranno pertanto essere commercializzati gli imballaggi – anche se vuoti – che siano stati etichettati (che quindi già siano stampati, o per i quali sia già stata prodotta/apposta l’etichetta) prima del 31/12/2022; oppure gli imballaggi che siano stati acquistati da parte degli utilizzatori di imballaggio dai propri fornitori prima del 31/12/2022.

Considerando che la data di “immissione in commercio” dell’imballaggio può essere tracciata mediante i documenti di acquisto della merce, qualora un utilizzatore acquisti gli imballaggi già etichettati (che quindi già siano stampati, o per i quali sia già stata prodotta/ apposta l’etichetta) da un fornitore, fa fede la data di tali documenti (l’effettivo trasferimento fisico della merce presso l’acquirente potrebbe avvenire anche in data successiva; l’importante è riuscire a provare che la merce sia stata acquistata prima del 31/12/2022). Qualora un autoproduttore di imballaggi – sono definiti “autoproduttori” i soggetti che acquistano materie prime e materiali di imballaggio al fine di fabbricare/ riparare gli imballaggi per confezionare i propri prodotti (diversi dall’imballaggio). L’autoproduttore è considerato a tutti gli effetti utilizzatore anche con riferimento alla materia prima impiegata per la riparazione dei propri imballaggi – abbia in giacenza scorte di imballaggi già etichettati (che quindi già siano stampati, o per i quali sia già stata prodotta/apposta l’etichetta) prima del 31/12/2022, può fare riferimento alla data del lotto di produzione (in tal caso si dovrebbe fare riferimento al lotto di produzione dell’imballaggio o dell’etichetta, qualora si preveda di inserire sull’etichetta le informazioni obbligatorie). Con riferimento ai produttori di imballaggi (in base all’art. 218, comma 1, lettera r), del D.Lgs. 152/06, i produttori di imballaggi sono “i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio”) che abbiano scorte di imballaggi privi dei requisiti, si suppone che possano: - commercializzare gli imballaggi acquistati dal cliente in data antecedente al 31/12/2022. In questo caso fa fede la data del documento di acquisto della merce da parte del suo cliente.

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SHELF LIFE / TRATTAMENTO HPP IN COLLABORAZIONE CON GSICA Gruppo Scientifico Italiano di Confezionamento Alimentare

Influenza del trattamento con alte pressioni idrostatiche sulle proprietà salutistiche e nutrizionali dell’amarena brusca di Modena

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e tecnologie convenzionali quali pastorizzazione e sterilizzazione, se da un lato garantiscono la sicurezza alimentare e una lunga shelf-life, dall’altra parte modificano le caratteristiche organolettiche e nutrizionali degli alimenti, determinando in particolare la perdita di costituenti termolabili, l’alterazione di colore, sapore e aroma. Il trattamento con alte pressioni idrostatiche (HPP, high pressure processing) è una tecnologia innovativa di stabilizzazione a freddo, che si sta affermando come valida alternativa ai convenzionali processi termici in quanto consente di inattivare i microrganismi senza l’utilizzo del calore, preservando così le caratteristiche sensoriali e nutrizionali del prodotto. Il processo HPP prevede che gli alimenti, già confezionati nel loro packaging finale, vengano sottoposti a elevate pressioni idrostatiche (300-600 MPa), per un tempo che varia da pochi secondi fino a qualche minuto, mantenendo caratteristiche organolettiche molto simili al prodotto fresco (Briones-Labarca et al., 2011; Oey et al.,

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Il trattamento con alte pressioni idrostatiche è una valida alternativa ai convenzionali processi termici, perché consente di inattivare i microrganismi senza l’utilizzo del calore, preservando così le caratteristiche sensoriali e nutrizionali del prodotto

2008; Vázquez-Gutiérrez et al., 2011). L’efficacia dei trattamenti HPP dipende da vari fattori, quali acidità del prodotto, pressione applicata, tempo di mantenimento, temperatura, caratteristiche della matrice alimentare e microrganismo target. Pressioni comprese tra 300 e 600 MPa inattivano muffe, lieviti e cellule

vegetative, ma non le spore batteriche altamente baro-resistenti (Huang et al., 2014, Oliveira et al., 2015). Le amarene brusche di Modena, a causa dei tempi rapidissimi di deperimento, hanno una brevissima shelf-life e un ridotto periodo di disponibilità sul mercato come prodotto fresco. Al fine di

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Maria Concetta Tenuta, Elisa Artoni, Patrizia Fava, Fabio Licciardello Dipartimento di Scienze della Vita, Università di Modena e Reggio Emilia, Reggio Emilia

Figura 1. Amarene stabilizzate con trattamento HPP

prolungarne la shelf-life, preservando le indubbie qualità nutrizionali e sensoriali del prodotto, presso i laboratori del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia è stata condotta una ricerca con l’obiettivo di valutare l’efficacia di un trattamento HPP, attraverso lo studio della stabilità microbica, il monitoraggio del colore, del pH, dell’attività antiossidante e del contenuto fitochimico (polifenoli, flavonoidi e antociani) durante la conservazione refrigerata (5 mesi). A tale scopo, sono stati valutati i parametri sopra citati e dopo il trattamento, e durante la conservazione refrigerata. I campioni, confezionati in bustine di film flessibile con proprietà barriera, sono stati sottoposti a un ciclo HPP a 600 MPa per 3 minuti (HPP Italia, Traversetolo, PR) (Figura 1). I risultati ottenuti hanno confermato l’efficacia del trattamento HPP nel ridurre, al di sotto della soglia di rilevabilità del metodo di conta su piastra, la carica aerobia totale e quella di lieviti e muffe. I valori rimangono tali anche durante il periodo di conservazione. Dalla valutazione colorimetrica, tramite i valori di a* e b* con anche la valutazione della tinta e della saturazione, si evidenzia una sostanziale stabilità del colore fino a 3 mesi di frigoconservazione (Figura 2), dopodiché è stato osservato un viraggio del colore verso tonalità gialle, con variazione dell’intensità

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del colore. Non è stata registrata nessu- almeno 3 mesi in condizioni refrigerate. na modificazione del valore di pH (3.2) Trascorso questo periodo il prodotto può che, oltre ad agire in sinergia con le alte presentare delle variazioni dei parametri pressioni idrostatiche nell’inattivazione strumentali del colore e una diminuziomicrobica, determina un ambiente sfa- ne del contenuto in antociani, senza però vorevole alla crescita delle cellule even- che risulti compromessa la sicurezza tualmente sopravvissute al trattamento. igienica del prodotto. Il contenuto di fitochimici non è risultato Il trattamento HPP si conferma, duninfluenzato dal trattamento, ma variazio- que, una valida alternativa ai processi ni durante la conservazione sono state convenzionali per lo sviluppo di prodotti osservate in particolare per gli antociani fresh-like pronti al consumo e di semitotali: tale variazione è probabilmente lavorati (per settori come pasticceria, correlabile ai cambiamenti nei parametri gelateria etc.) in grado di competere sui del colore registrati. Una tendenza simile mercati per superiori qualità organoletè stata riscontrata per l’attività antios- tiche e salutistiche. sidante totale: infatti, il trattamento HPP non ha influenzato significativamente l’attività antiossidante, che si è conservata a livelli elevati durante il periodo di conservazione. Nel complesso, i risultati permettono di affermare che il trattamento HPP è in grado di preservare Figura 2. Andamento dei parametri colorimetrici a* e le caratteristiche quab* di amarene denocciolate trattate con HPP, durante litative di amarene freconservazione refrigerata sche denocciolate per

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 1. Briones-Labarca V, VenegasCubillos G, Ortiz-Portilla S, Chacana-Ojeda M, Maureira H. (2011). Effects of high hydrostatic pressure (HHP) on bioaccessibility, as well as antioxidant activity, mineral and starch contents in Granny Smith apple. Food Chem, 128, 520-529. 2. Huang HW, Lung HM, Yang BB, Wang CY. (2014). Responses of microorganisms to high hydrostatic pressure processing. Food Control, 40, 250-259.

3. De Oliveira TLC, Ramos ALS, Ramos EM, Piccoli RH, Cristianini M. (2015). Natural antimicrobials as additional hurdles to preservation of foods by high pressure processing. Trends Food Sci Technol, 45, 60-85. 4. Vázquez-Gutiérrez JL, Quiles A, Hernando I, Pérez-Munuera I. (2011). Changes in the microstructure and location of some bioactive compounds in persimmons treated by high hydrostatic pressure. Postharvest Bio. Technol, 61, 137-144.

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SPECIALE REFRIGERAZIONE ED EFFICIENZA ENERGETICA / INCHIESTA

Surgelati e asterisco: è ora di abolirlo?

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casa e fuori casa i surgelati fanno parte delle abitudini alimentari degli italiani. Un mercato con un valore che, all’ultima rilevazione, oscillava fra i 4,4 e 4,7 miliardi di euro, buona parte proveniente dalle vendite nel Retail (68,5%). Ben 9 italiani su 10 dichiarano di utilizzare in cucina prodotti e ingredienti surgelati (dati IIAS/Istituto Italiano Alimenti Surgelati con BVA-DOXA, 2020, presentati a luglio e novembre 2021. Vedi box I numeri dei surgelati). Si vedrà, dai dati della prossima survey, se questi numeri saranno confermati, ma non c’è dubbio che pur trattandosi di un bilancio relativo a un anno che ha inciso profondamente sui comportamenti degli italiani, sia stata una conferma di un trend che dura da un po’.

I prodotti freschi sono più nutrienti di quelli surgelati? “Nel 2020, in fase di pandemia, gli italiani hanno fatto ricorso massiccio ai surgelati. La maggiore consuetudine domestica con i frozen food”, spiega Giorgio Donegani, Presidente IIAS, “ha rafforzato la già positiva relazione di fiducia verso questi prodotti, legata in primis al riconoscimento della loro alta qualità”. Da un punto di vista nutrizionale, anche grazie alle tecnologie di produzione, per i prodotti surgelati sono sempre più consistenti i dati positivi. “Pensare che i

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La normativa amministrativa europea non impone di indicare con un asterisco ogni piatto trattato con prodotti sottozero, ma il settore è obbligato dalla giurisprudenza penale italiana

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Francesca De Vecchi Tecnologa alimentare OTALL e divulgatrice scientifica

prodotti vegetali freschi siano più sani e nutrienti di quelli surgelati è errato. Un recente studio ha dimostrato che frutta e ortaggi surgelati sono, in molti casi, più nutrienti dei freschi”, spiega Elisabetta Bernardi, docente di Dietetica e nutrizione all’Università di Bari. Lo dimostrerebbero i risultati di uno studio[1] in cui è stato misurato per oltre due anni, il contenuto nutrizionale di tre tipi di prodotti: “freschi”, “surgelati” e “freschi ma a cinque giorni dalla raccolta”; broccoli, cavolfiori, fagiolini, piselli, spinaci, mirtilli e fragole surgelate avevano un contenuto di vitamina C, beta carotene e folati maggiore rispetto ai freschi conservati per qualche giorno. “Pertanto, mentre i prodotti freschi ‘appena colti’ contengono sicuramente le più alte quantità di sostanze nutritive in assoluto, una volta a casa vincono invece i surgelati”, riferisce Bernardi, sulla base dell’esito dello studio. Sembrano diversi quindi i punti di forza che vengono riconosciuti ai surgelati: consentono di superare la stagionalità/disponibilità dei prodotti freschi (37%); aiutano a combattere gli sprechi alimentari (36%); sono sicuri e tracciabili (21%); hanno la stessa qualità dei prodotti freschi (19%) e

Nel 2020, in fase di pandemia, gli italiani hanno fatto ricorso massiccio ai surgelati

L’asterisco crea diffidenza, ma i prodotti surgelati sono sicuri, mantengono tutte le proprietà nutrizionali e concorrono a evitare lo spreco alimentare Giugno 2022

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sono sempre disponibili a casa (43%), permettendo di risparmiare tempo (37%). Con l’evoluzione dei consumi i surgelati hanno guadagnato e consolidato una buona reputazione “per le caratteristiche di versatilità, bontà e praticità che offrono ai millennials, e non solo a loro, sia in tempi normali e quotidiani sia in tempi di crisi”, riassume Mauro Ferraresi, sociologo e studioso di consumi e comunicazione.

I surgelati nella ristorazione È favorevole anche la predisposizione dei consumatori verso l’uso di prodotti surgelati al ristorante, una scelta che trova d’accordo anche gli operatori. Sono usati infatti nelle cucine degli chef e nella ristorazione in generale e circa 7 italiani su 10 non sembrano avere problemi nel scegliere al ristorante piatti contenenti surgelati.

Superato l’ostacolo della diffidenza, il settore si è intestato una battaglia che vuole, anche formalmente, scardinare gli ultimi pregiudizi che hanno accompagnato i prodotti industriali surgelati per tanti anni. Il dito è puntato sul segno grafico, l’asterisco, che viene apposto sui menu per segnalare la presenza di questi prodotti. IIAS ha presentato lo scorso novembre i dati di una survey BVA-DOXA in cui “quell’‘asterisco’ riportato nei menu della ristorazione per contraddistinguere gli alimenti surgelati dai prodotti freschi, appare al consumatore come niente più che un simbolo”. Così lo considera il 64% degli intervistati, a cui si aggiunge un 5% che lo ritiene inutile. Le voci a sostegno sono diverse. “Alimentarsi correttamente significa curarsi e la battaglia dell’asterisco portata avanti

da Federcuochi si inserisce benissimo in questo contesto”, afferma Alessandro Circiello, portavoce della Federazione Italiana Cuochi (FIC).

L’asterisco è un obbligo di legge? L’asterisco, introdotto oltre quarant’anni fa su orientamento giurisprudenziale, non è previsto un obbligo di legge. Dice Roberto Calugi, Direttore Generale FIPE, La Federazione Italiana Pubblici Esercizi: “se per la normativa amministrativa (per altro di derivazione europea) non è necessario indicare con un asterisco ogni piatto trattato con prodotti sottozero, per la giurisprudenza penale italiana è obbligatorio farlo per ogni singolo piatto, pena una condanna che prevede una reclusione fino a due anni o la multa fino a duemila e

Asterisco e frode in commercio (quando manca): il perché di un orientamento consolidato Abbiamo chiesto a Cinzia Catrini, avvocato cassazionista esperta in diritto alimentare, un chiarimento rispetto all’obbligo di apporre l’asterisco sui menu della ristorazione in corrispondenza di alimenti decongelati. Esiste un obbligo di legge di indicazione di prodotto surgelato/congelato, in particolare rispetto alla dichiarazione sui menu della ristorazione? L’asterisco non è previsto come un obbligo da nessuna disposizione di legge UE o nazionale. Il solo asterisco peraltro fornisce delle informazioni parziali e in qualche modo fuorvianti al consumatore considerato che non consente di distinguere tra gli alimenti congelati, surgelati e abbattuti. Per rispondere a questa domanda è necessario considerare quanto richiamato sia nel Reg. UE n. 1169/2011 sia nel D.Lgs. n. 231/2017; quest’ultimo, oltre a riportare la disciplina sanzionatoria per la viola-

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zione di detto regolamento, introduce le disposizioni nazionali di adeguamento proprio per il settore della ristorazione. Un consolidato orientamento della giurisprudenza penale, tuttavia, ha più volte ribadito che l’omessa indicazione di prodotto congelato è suscettibile di rientrare nel reato di frode in commercio o tentata frode in commercio. Sulla base di quali norme? Il D.Lgs. n. 231/2017 (art. 19, comma 9) dispone che, “con riferimento agli alimenti di cui al comma 8, trova applicazione (…) l’obbligo di cui al comma 2, lettera g), fatti salvi i casi di deroga previsti”, laddove il comma 2 lett. g) richiede che venga indicata “la designazione «decongelato» di cui all’Allegato VI, punto 2, del regolamento, fatti salvi i casi di deroga previsti”. Viene, dunque, richiamato espressamente il Reg. UE n. 1169/2011 nell’ All. VI parte

Cinzia Catrini, avvocato cassazionista

A, al punto 1 che prevede che la denominazione dell’alimento sia accompagnata “da un’indicazione dello stato fisico nel quale si trova il prodotto o dello specifico trattamento che esso ha subito nel caso in cui l’omissione di tale informazione potrebbe indurre in errore l’acquirente”, e al punto 2) – richiamato dal D.Lgs. n. 231/2017 – specifica che “nel caso di alimenti che sono stati congelati prima della vendita e sono venduti decongelati, la denominazione dell’alimento è accompagnata dalla designazione «decongelato»”.

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sessantacinque euro. Una confusione che complica la vita agli operatori del mercato e che, è bene sottolinearlo, è decisamente più dannosa delle regole stesse, aprendo il fronte a diverse possibili interpretazioni senza poter avere la certezza di aver operato nel rispetto delle norme”. “Un consolidato orientamento della giurisprudenza penale”, spiega Cinzia Catrini, avvocato cassazionista esperta in diritto alimentare, “ha più volte ribadito che l’omessa indicazione di prodotto congelato è suscettibile di rientrare nel reato di frode in commercio o tentata frode in commercio”. Sono numerose le sentenze che si possono citare a riprova.” Da dove nasce allora la consuetudine dell’asterisco apposto accanto al piatto, con un rimando alla fine del menù a una legenda per spiegarne il significato? La po-

Un tale obbligo non si applica però in 3 circostanze, ovvero: a) agli ingredienti presenti nel prodotto finale; b) agli alimenti per i quali il congelamento costituisce una fase tecnologicamente necessaria del processo di produzione; c) agli alimenti sui quali lo scongelamento non produce effetti negativi in termini di sicurezza o qualità” Tra i casi di esenzione dovrebbero, quindi, rientrare anche gli alimenti serviti da bar e/o ristoranti, poiché molto spesso i prodotti decongelati sono ingredienti di un prodotto finale (es. vongole negli spaghetti) e i cibi serviti al ristorante non sono suscettibili di successive utilizzazioni da parte del consumatore; le altre ipotesi, invece, riguardano il congelamento imposto da norme sanitarie, tra cui anche il caso del pesce servito crudo che potrebbe essere stato acquistato fresco e poi abbattuto e, che, pertanto, non dovrebbe essere tanto indicato con un asterisco tale da considerarsi decongelato quanto, piuttosto, attraverso un’opportuna informazione

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Il consumatore si dimostra favorevole all’uso di prodotti surgelati anche al ristorante

al consumatore in modo che sappia a quale trattamento è stato sottoposto il prodotto. Ci sono state ultimamente sentenze che hanno rilevato la frode? Quali conclusioni permettono di trarre? Tra le tante una ha riguardato il prodotto che viene trovato ancora congelato o surgelato senza che sia avvenuta la somministrazione all’avventore (sentenza n. 34783 del 17.7.2017, sez. III penale): si configura in questo caso il reato di tentata frode in commercio di cui all’art. 515 c.p. anche nel caso in cui nel freezer siano rinvenuti alimenti surgelati, non indicati nel menu, indipendentemente dal fatto che questi siano effettivamente offerti alla clientela La sentenza n. 38793, del 22.8.2018, sez. III penale, condanna la mancanza di un’informativa chiara sui prodotti inseriti nel menu affinché i clienti siano pienamente consapevoli della propria scelta, come ci fosse la volontà del ristoratore di voler consegnare un alimento diverso da quello “pattuito”. In

particolare, osserva la Cassazione, tra l’altro con riferimento a un caso di pesce abbattuto, che l’utilizzo di prodotti surgelati avrebbe dovuto essere portato a conoscenza del cliente con la dovuta evidenza, ad esempio apponendo proprio asterischi al fianco dei prodotti. Così anche la pronuncia n. 13726, del 31.3.2019, sez. III penale: il non avere comunicato alla clientela, mediante indicazione sul menù, la somministrazione di pesce decongelato e surgelato è catalogabile come azione finalizzata a “vendere” agli avventori “quel cibo come pesce fresco”. Allo stato, dunque, sussiste una differente valutazione della medesima fattispecie sul piano della sanzione penale e di quella amministrativa. Infatti, nonostante le già menzionate deroghe recepite dal D.Lgs n. 231/2017, non si può nascondere che l’omessa indicazione di prodotto congelato può ancora andare incontro a sanzioni penali.

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mantengono tutte le proprietà nutrizionali e soprattutto concorrono in modo fondamentale a evitare lo spreco alimentare”. E anche il consumatore sembra saperlo perché “ha conoscenze, esperienze e un accesso alle informazioni talmente rafforzate, che non ha bisogno di un asterisco protettivo per garantirlo nei suoi consumi”, conclude Calugi, “sui quali ha altri parametri più affidabili per valutare qualità e sicurezza alimentare nelle sue scelte”. L’abbattimento è un procedimento sanitario imposto dal Reg. (CE) 852/2004 per il pesce da consumarsi crudo ai fini della prevenzione

sizione della giurisprudenza italiana parte dal principio della corretta informazione che il consumatore vuole avere nel momento di un acquisto alimentare e del fatto che deve poter essere messo in condizione di ottenerla. “Su questo”, commenta in un report presentato lo scorso anno da IIAS, “si innesta da un lato il ragionamento secondo cui il consumatore medio avrebbe una aspettativa presunta per la quale le pietanze somministrate in un ristorante sarebbero il risultato di ingredienti esclusivamente freschi; dall’altro (e di conseguenza) che un prodotto congelato/surgelato presenterebbe caratteristiche nutrizionali e organolettiche non solo diverse, ma inferiori rispetto al prodotto fresco. Assunto che più voci si sono levate per confutare”. “Va detto”, fa notare IIAS, “che le argomentazioni della Corte di Cassazione non si riferiscono alla sicurezza igienico-sanitaria dell’alimento, in quanto l’eventuale omissione di un’informazione sulla sua surgelazione non può rappresentare una potenziale compromissione della salute”.

Le nuove tecnologie impongono un cambiamento Resta il fatto che vige ancora un’applicazione normativa frutto di un’interpretazione anacronistica alla luce della tecnologia produttiva attuale. Un problema che non riguarda solo i prodotti surgelati ma tutti

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quelli in qualche modo sottoposti a temperature bassissime per diversi motivi. L’asterisco infatti “viene utilizzato per indicare i prodotti surgelati, quelli congelati e il pesce ‘abbattuto’ per ottemperare agli obblighi della legislazione sanitaria”, riassume Agostino Macrì, responsabile sicurezza alimentare UNC – Unione Nazionale Consumatori. L’abbattimento (-20° C, per almeno 24 ore; oppure -35°C, per almeno 15 ore) è un procedimento sanitario imposto dal Reg. (CE) 852/2004 per il pesce da consumarsi crudo ai fini della prevenzione delle patologie dovute alla presenza dell’anisakis e sebbene il legislatore ne riconosca l’efficacia non lo distingue dalla surgelazione industriale, generando ulteriore confusione fra i concetti di congelato e surgelato. Di fronte a questi dati IAAS propone un cambio di prospettiva, ragionando se non sia invece più utile riconoscere la bontà del trattamento con il freddo a basse temperature come garante della qualità dell’alimento anziché operare un ulteriore distinguo tra prodotti surgelati/congelati in origine e prodotti abbattuti dai ristoratori in ottemperanza agli obblighi sanitari. “Chiediamo di togliere l’asterisco accanto ai surgelati dei menu ristorativi”, dice ancora Circiello, “poiché crea diffidenza o addirittura rifiuto da parte dei clienti. I prodotti surgelati sono assolutamente sicuri,

NOTE [1] Li et al, “Selected nutrient analyses of fresh, fresh-stored, and frozen fruits and vegetables”, Journal of Food Composition and Analysis 59, February 2017.

I NUMERI DEI SURGELATI Nel 2020, un anno caratterizzato da una rilevante contrazione dei consumi delle famiglie (-9,1% vs 2019), solo la spesa media mensile per cibo e bevande ha tenuto, con un aumento dello 0,8%, secondo i dati Istat. In questo contesto i surgelati sono cresciuti del 5,5% (vs 2019) con un consumo complessivo di 896.034 tonnellate (e 15kg di consumo procapite annuo). Avvantaggiati tutti i segmenti: vegetali (+10,5%), ittico (+18%), patate (+10,7%), pizze e snack (+15,6%), piatti pronti (+4,8%). Nel Retail il volume d’affari ha superato 595 tonnellate, coprendo il 68,5% del valore di mercato. I piatti pronti sono cresciuti del 4,8%; così le carni rosse e bianche rispettivamente del 10,5% e 9% (rispetto al 2019). Nel 2020, favorito dalle condizioni dell’emergenza sanitaria ha preso quota il Door to door che ha raggiunto 100 .000 tonnellate anche grazie all’ecommerce.

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Il ruolo della refrigerazione commerciale nella transizione ecologica

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ssocold è l’associazione federata Anima Confindustria che rappresenta i costruttori di attrezzature per la refrigerazione commerciale e industriale. Abbiamo chiesto al Presidente Francesco Mastrapasqua qual è l’impegno dell’Associazione nel processo di transizione ecologica che le aziende dovranno affrontare. Parliamo di transizione ecologica: qual è il ruolo della refrigerazione in ambito alimentare (e non solo)? In Italia, oltre il 54% delle emissioni di CO derivanti dai processi produttivi è riconducibile all’impiego degli F-gas (gas fluorurati) nelle apparecchiature di refrigerazione, di condizionamento e nei sistemi antincendio. È chiaro che il mercato della refrigerazione potrebbe rivestire un ruolo fondamentale nel processo di transizione ecologica. Nel caso della refrigerazione commerciale buona parte delle emissioni climalteranti è ri-

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Francesco Mastrapasqua, Presidente Assocold

conducibile all’usura degli impianti più vecchi utilizzati nei supermercati e nella GDO in generale, che spesso hanno decenni di attività alle spalle e generano una maggiore dispersione di gas serra nell’ambiente. Si aggiunga a questi il largo utilizzo di gas refrigeranti altamente impattanti necessari alla loro manutenzione, nonostante siano disponibili sul mercato già da diversi anni gas naturali a minor impatto ambientale. Cosa potrebbe incentivare la sostituzione di questi impianti? Manca un intervento statale volto a incentivare la sostituzione dei vecchi impianti con nuove tecnologie a basso impatto serra e migliorata efficienza energetica; si otterrebbe la graduale scomparsa dei refrigeranti ad alto impatto dal mercato

della refrigerazione commerciale e l’efficace contrasto al commercio illegale di gas HFC (idrofluorocarburi). Quale è stata la proposta di Assocold? Le richieste dell’associazione sono state raccolte nella proposta denominata “Transizione ecologica nella Refrigerazione Commerciale”. Con l’obiettivo di smuovere lo stallo delle politiche industriali italiane per la neutralità carbonica nel settore, la proposta mira a contrastare gli effetti climatici dei refrigeranti HFC diminuendone drasticamente il consumo alla fonte. Le misure da adottare per ridurre l’impatto ambientale devono riguardare l’incentivazione della sostituzione dei vecchi impianti con tecnologie moderne ed efficienti a refrigerante naturale e non cli-

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Francesca De Vecchi Tecnologa alimentare OTALL e divulgatrice scientifica

sostituzione dei vecchi impianti di refrigerazione commerciale, principalmente utilizzati nei supermercati e nella distribuzione organizzata. Ringraziamo a tale proposito la Senatrice Patty L’Abbate, prima firmataria del disegno di legge “Disposizioni in materia di transizione ecologica per il contrasto all’aumento dei gas serra fluorurati provenienti dalla refrigerazione commerciale” volto a promuovere la transizione verde nel settore. Oltre a questo, Assocold continua a supportare le aziende nella diffusione della cultura e delle tecnologie che rispettino i nuovi regolamenti di Etichettatura energetica ed Ecodesign. malterante, e comporterebbero ricadute positive anche in ambito economico, sociale e occupazionale. Qual è il contesto internazionale? La comunità internazionale si è già pronunciata con forza sul problema stilando nel 2016 l’Emendamento Kigali: sottoscritto da 197 Paesi sulla scorta dell’Accordo di Parigi sul clima (2015), l’emendamento riguarda il Protocollo di Montreal del 1987 e tratta proprio la riduzione degli HFC. Sulla scorta del crescente interesse per la transizione ecologica e la decarbonizzazione, anche l’Unione Europea si è espressa sull’industria della refrigerazione, emanando direttive che invitano i Paesi membri a ridurre l’utilizzo degli F-gas in favore dell’uso di gas refrigeranti naturali. L’obiettivo è duplice: se l’impegno ecologico costituisce il motivo principale, l’abbattimento delle emissioni porterebbe anche alla costruzione di un potenziale mercato alternativo e a un modello da esportare. Qual è la situazione in Italia? Se altri paesi d’Europa si stanno adeguando alle direttive diminuendo pro-

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gressivamente le emissioni, in Italia il consumo di HFC ad alto potenziale serra – che ammonta a oltre 2500 tonnellate l’anno – è in continuo aumento, sia per la diffusione di impianti datati presenti nella grande distribuzione che per l’utilizzo di refrigeranti altamente impattanti. Secondo uno studio ISPRA (“Inventario nazionale dei gas serra 1990-2019”, aprile 2021), al 2019 in Italia i gas fluorurati rappresentavano il 4,4% del totale dei gas serra in termini di CO equivalenti, a fronte di un significativo aumento degli HFC tra il 1990 e il 2019, da 0,4 a 16,8 milioni di tonnellate di CO equivalente (MCO2eqT), e tuttora in costante aumento. In considerazione di ciò, l’ISPRA quantifica in 6 MCO2eqT il contributo richiesto al settore dei processi industriali e F-gas per allinearsi agli obiettivi di emissioni nette zero al 2050. Come si sta muovendo Assocold? La nostra associazione è da sempre attenta alle tematiche di efficienza energetica, sicurezza e salvaguardia dell’ambiente. Oltre a promuovere una maggiore sensibilizzazione sull’utilizzo dei gas naturali, chiediamo alle istituzioni di incentivare la

NUMERI Assocold raggruppa la quasi totalità dei produttori italiani di attrezzature frigorifere per il commercio: • Più di 5000 addetti; • Fatturato complessivo > 1 miliardo di euro, di cui la quota export rappresenta il 60%. Tecnologie rappresentate delle aziende aderenti ad Assocold: • Banchi refrigerati con unità frigorifera incorporata • Banchi refrigerati per piccoli e medi negozi • Banchi refrigerati per supermercati • Banchi refrigerati tradizionali a servizio • Celle frigorifere commerciali • Celle frigorifere industriali • Componentistica • Compressori di tipo aperto • Compressori semiermetici • Impianti frigoriferi di processo • Refrigeratori per bevande • Sale di preparazione • Sistemi frigoriferi • Unità condensatrici

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SPECIALE REFRIGERAZIONE ED EFFICIENZA ENERGETICA / IMPIANTI

Principi di sostenibilità ambientale e risparmio energetico Le opportunità per le aziende alimentari dall’impiego di fonti di energia rinnovabile

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l comparto agroalimentare è responsabile del consumo nazionale di una quota di energia primaria importante, anche se fra i diversi sistemi industriali non è il più energivoro: i consumi valgono infatti circa l’11% del totale dei consumi industriali (fonte dati: Rapporto Annuale Efficienza Energetica RAEE - Enea 2020). Il settore manifatturiero alimentare presenta alti tassi di consumo di energia metanifera, necessaria sia per la produzione di acqua calda che di vapore nei processi termici del calore, e di energia elettrica che alimenta la forza motrice per il funzionamento di pompe e motori degli impianti e dei compressori per la produzione del freddo (congelazione, refrigerazione e condizionamento ambientale dell’intera area produttiva). Il condizionamento è per sua natura un fabbisogno di tipo termico,

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ma le macchine delegate a questa funzione sono generalmente alimentate da fonte elettrica. Inoltre lo smaltimento di taluni sottoprodotti comporta costi, se questi sono trattati come rifiuti. In modo analogo se le acque di scarico utilizzate per i lavaggi o che intervengono nei processi di servizio a perdere (scongelo, cottura, ecc.) devono

essere trattate e anche depurate, prima di essere inviate a colmatori e scaricate nella rete idrica, queste operazioni di bonifica comportano costi e tariffe tanto più elevate quanto più lo scarico deve essere purificato. In tale quadro si comprende come interventi di riduzione dei consumi energetici e valorizzazione di determinati sottoprodotti (altrimenti scarti), non solo potreb-

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Giuseppe L. Pastori Tecnologo e consulente alimentare Specialista delle carni e piatti pronti

L’impiego delle bioenergie è un volano per le aziende che decidono di investire in questi sistemi

bero ridurre l’ammontare della bolletta per il consumo di energia elettrica e di metano che incidono sui costi di produzione in maniera significativa, ma potrebbero anche contribuire a gestire meglio i sottoprodotti stessi che diversamente sarebbero eliminati come rifiuti, valorizzandoli in modo più adeguato e sostenibile per l’ambiente.

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Obiettivo 2030 I principi della sostenibilità ambientale sono attualmente dettati dall’Accordo di Parigi del 2015 e dall’Agenda 2030 dell’ONU (in attesa di conoscere anche

L’uso dell’energia è all’origine del 75% delle emissioni

gli aggiornamenti della COP26 del Glasgow Climate Pact 2021 che dovrebbero rendere gli Accordi di Parigi pienamente funzionali) e la Comunità Europea è in prima linea per realizzarli. Il termine del 2030 per ridurre ulteriormente l’emissione dei gas serra, incrementare l’impiego delle energie ecosostenibili prodotte da fonti rinnovabili, favorire la riduzione di rifiuti incrementando l’utilizzo dei materiali organici come biomasse da utilizzare nella produzione di biogas aumentando l’efficienza energetica, è ulteriormente definito dall’Europa nell’adozione del Green Deal [1] come parte integrante della strategia della Commissione per attuare l’Agenda 2030 e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. L’UE ha dato l’esempio fissando obiettivi

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SPECIALE REFRIGERAZIONE ED EFFICIENZA ENERGETICA / IMPIANTI

ambiziosi per ridurre le emissioni nette di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e per diventare il primo continente climaticamente neutro entro il 2050. Considerato che l’uso dell’energia è all’origine del 75% delle emissioni dell’UE, le ambizioni climatiche dell’Europa non possono prescindere dalla trasformazione del sistema energetico. Un maggior risparmio di energia e l’aumento della quota di rinnovabili in quella che consumiamo sono fattori chiave di crescita, creazione di posti di lavoro e riduzione delle emissioni. Per centrare l’obiettivo 2030, la revisione della direttiva sulle energie rinnovabili [2] propone di portare l’obiettivo vincolante complessivo di rinnovabili nel mix energetico dell’UE dall’attuale 32% al 40%.

Il ruolo dell’Italia Anche l’Italia è consapevole dei benefici insiti nella diffusione delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, connessi alla riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti, che portano a un miglioramento della sicurezza energetica a vantaggio di famiglie e sistema produttivo. Per questo nel 2019 si è dotata di

un Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) [3] che condivide pienamente l’orientamento comunitario e rafforza l’impegno del Green Deal per la decarbonizzazione dell’economia a vantaggio dell’impiego delle energie rinnovabili. Questa evoluzione sarà guidata dalla costante attenzione all’efficienza e sarà agevolata dalla riduzione dei costi di alcune tecnologie ecologicamente sostenibili, tra le quali una crescente importanza assumerà il fotovoltaico, in ragione della sua modularità e del fatto che utilizza una fonte ampiamente e diffusamente disponibile. Tuttavia nel PNIEC (che è un documento antecedente quelli aggiornati dell’UE) l’obiettivo per il 2030 di quote da energia rinnovabile in carico all’Italia è ancora indicato al 30% di miglioramento (rispetto al dato del 1990), anche se non mancheranno gli sforzi per superarlo. Per soddisfare questa esigenza il nostro Paese ricorrerà a un mix di strumenti di natura fiscale, economica e programmatica, calibrati per settore di intervento e tipologia dei destinatari. Perseguendo gli obiettivi di efficienza energetica, si dovranno ottimizzare il

GRUPPO FRIGO

ENERGIA FRIGORIFERA

ENERGIA TERMICA

COMBUSTIBILE

COGENERAZIONE

perdite

ENERGIA ELETTRICA

Schema di un impianto di trigenerazione

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rapporto tra costi e benefici delle diverse azioni. Oltre al fotovoltaico sono da considerarsi altre tecnologie come l’impiego del solare termico, delle pompe di calore, della cogenerazione ad alto rendimento, soprattutto se alimentate con gas rinnovabili. Tenendo conto di queste disposizioni, il fotovoltaico da solo non è sufficiente: devono perciò essere impiegate altre tecnologie per far fronte alle necessità energetiche di tipo elettrico e termico.

Il ruolo delle aziende Per le industrie agroalimentari ciò è oltremodo interessante perché, laddove i fabbisogni energetici sono importanti e si dispongono di determinate quantità di sottoprodotti da valorizzare, si possono adottare misure efficienti atte a ridurre i consumi di energia e l’impatto dei rifiuti nell’ambiente, incidendo direttamente sui costi aziendali e sui risparmi tariffari. Alcuni interventi possono già essere presi in considerazione senza la necessità di particolari investimenti, come ad esempio il recupero del calore residuo di processo, il miglioramento dell’isolamento termico, l’adozione di pompe e motori più efficienti, la sostituzione dell’illuminazione con lampade a LED, ecc. Accanto a questi miglioramenti di efficienza dovuta più che altro all’attenzione di manutenere al meglio le strutture in uso, da alcuni anni è possibile effettuare interventi mirati integrando apparati di produzione dell’energia elettrica/meccanica e dell’energia termica, ottenuti in appositi impianti che utilizzano l’energia primaria di rete, che rappresentano essi stessi un intervento di incremento dell’efficienza. Conoscere tuttavia i valori di consumo specifici della propria attività è fondamentale non solo per adottare azioni atte all’incremento dell’efficienza ma, prima ancora, per valutare il livello di competitività e impostare nuove stra-

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tegie di crescita. La raccolta puntuale delle informazioni sui consumi, relative a tutti i macchinari e i processi, al fine di individuare eventuali criticità e valutare la fattibilità e la convenienza economica delle azioni da intraprendere, si effettua mediante la diagnosi energetica. Grazie a questa diagnosi è possibile: § definire il bilancio energetico dell’azienda o del sito produttivo; § individuare le inefficienze degli impianti/processi anche a seguito di confronti con benchmark di settore; § identificare gli interventi di efficientamento;

§ valutare la fattibilità tecnica e il ritorno economico di un intervento. La diagnosi energetica, obbligatoria per le grandi imprese e per quelle energivore (D. Lgs. 102/2014) [4], può essere richiesta da qualsiasi struttura voglia porre l’attenzione sul risparmio. Deve essere certificata e accreditata per la conformità alle norme tecniche dalle “Società che forniscono servizi energetici” (ESCO), dagli Esperti in Gestione dell’Energia (EGE), dai Sistemi di Gestione dell’Energia (SGE). Per far fronte alle notevoli richieste energetiche dei propri siti produttivi e, al tempo stesso, imprimere un cambia-

IL SISTEMA FOTOVOLTAICO Il sistema fotovoltaico è un insieme di componenti meccanici, elettrici ed elettronici che concorrono a captare e trasformare l’energia solare disponibile, rendendola utilizzabile sotto forma di energia elettrica. Questo avviene sfruttando un fenomeno fisico, noto come effetto fotovoltaico, che consiste nella capacità che hanno alcuni materiali semiconduttori opportunamente drogati di generare elettricità quando esposti alla radiazione luminosa. Quando i fotoni (le particelle di energia del sole) colpiscono una cella fotovoltaica, una parte di energia è assorbita dal materiale e alcuni elettroni, scalzati dalla posizione che occupano nella struttura atomica, scorrono attraverso il materiale semiconduttore (opportunamente trattato) producendo una corrente continua che può essere raccolta sulle superfici della cella. Più celle sono collegate in serie o in parallelo e impacchettate per formare un modulo

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mento di riconversione verso un futuro ecosostenibile, oggi le aziende hanno a disposizione diversi sistemi. Quelli più “green” sono: § gli impianti fotovoltaici; § gli impianti che sfruttano la geotermia; § gli impianti di cogenerazione; § la produzione di biogas da recupero delle biomasse di aziende alimentari (sottoprodotti di origine vegetale o animale), fanghi di depurazione, liquame e letame da aziende agricole. Vediamo nel dettaglio di che cosa si tratta.

IMPIANTI GEOTERMICI che rappresenta il componente base dell’impianto fotovoltaico. Il sistema fotovoltaico è impiegato per la produzione di energia elettrica senza alcuna emissione di gas a effetto serra. Per un’azienda l’impianto ha un minimo impatto visivo, che si annulla completamente nel caso di totale integrazione architettonica, cioè quando i moduli sostituiscono il manto di copertura di un tetto o di una parete (coppi, lamiera, ecc.). L’impianto richiede inoltre la realizzazione di poche opere civili nel sito di installazione e, producendo energia direttamente nel luogo di consumo, non necessita di infrastrutture per la distribuzione dell’energia prodotta. Per questo motivo è anche molto più efficiente delle tradizionali reti di trasmissioni elettriche in quanto l’autoconsumo “sul posto” annulla completamente le dispersioni e le inefficienze della rete elettrica nazionale.

La geotermia racchiude in sé un concetto molto semplice: usufruire di energia già presente sotto terra senza doverne produrre altra. Se un’azienda dispone di proprie falde acquifere e di propri pozzi, può impiegare la risorsa idrica di falda – che ha una temperatura sempre costante – per avere sia acqua calda che fredda. Per mezzo di una pompa di calore, che scalda o raffredda l’acqua, si possono rifornire tutti i processi industriali, oltre a effettuare il condizionamento o il riscaldamento dei locali. Al termine del processo l’acqua viene reimmessa in falda attraverso un pozzo di resa. Si può evitare il consumo di energia elettrica necessaria a far funzionare la pompa di calore se l’energia deriva da quella prodotta da un impianto di cogenerazione o fotovoltaico.

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SPECIALE REFRIGERAZIONE ED EFFICIENZA ENERGETICA / IMPIANTI

IMPIANTI DI COGENERAZIONE “Cogenerare” significa generare contemporaneamente più forme di energia secondaria partendo da un’unica fonte primaria. Più precisamente per cogenerazione si intende la produzione simultanea di energia termica ed energia meccanica; quest’ultima viene subito tramutata in energia elettrica, tramite un unico sistema integrato, cosiddetto a “energia totale”. Questo avviene in contrasto con la pratica comune di acquistare energia elettrica dalla rete e produrre caldo o freddo in loco. Di impianti di cogenerazione ne esistono di diversi tipi, come ad esempio a combustione interna, turbina a gas, fuel cell, ciclo Rankine organico (ORC). Come è noto, in ogni ciclo termodinamico motore, che generi energia elettrica utilizzando come fonte energetica il calore ad alta temperatura ottenuto bruciando un combustibile, è necessario cedere calore a più bassa

temperatura, in genere all’ambiente. Se questo calore viene recuperato in tutto o in parte si realizza un processo cogenerativo. Se si riesce a produrre contemporaneamente energia elettrica, calore e freddo (tutte energie utili) il processo si definisce di trigenerazione. Il sistema è costituito da: § un motore endotermico alimentato a gas metano dalla rete pubblica; § un sistema di recupero dei gas di scarico e/o del circuito di raffreddamento del motore, con produzione di calore utile ed energia elettrica (ceduta alla rete); § il calore utile del cogeneratore può alimentare a sua volta un sistema di generazione del freddo, normalmente costituito da un impianto frigorifero basato su macchine a

ciclo inverso a compressione oppure un impianto frigorifero con macchine ad assorbimento (queste ultime non utilizzano ulteriore energia elettrica perché non hanno bisogno di un compressore). Grazie al minor consumo di combustibile in relazione alla produzione separata di energia elettrica e termica, la cogenerazione permette una significativa riduzione delle emissioni di gas associati con l’inquinamento atmosferico (SOx e NOx) e con il riscaldamento della terra (CO). Si veda a questo proposito lo schema in Figura 1, che riporta come a parità di produzione elettrica e termica ottenuta con i sistemi convenzionali il consumo di combustibile che alimenta l’impianto di cogenerazione sia sensibilmente inferiore a quello degli impianti convenzionali separati e come al tempo stesso le perdite vengano minimizzate.

Figura 1. Schema risparmio energetico usando la cogenerazione

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BIOMETANO: OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO DELLA GREEN ECONOMY

Complex organic matter- proteins, lipids, sugars

Hydrolic bacteria

Hydrolysis

Hydrolic bacteria

Soluble organic matter

Acetogenesis bacteria

Acetogenesis bacteria

Acidogenesis Acetogenesis

Methanogenesis bacteria

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Methanogenesis bacteria

Acetate and Hydrogen

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sono indistinguibili da quelli generati in altro modo, alla stessa condizione una molecola di CH4 (metano) non cambia la sua natura in funzione della sua origine. La quantità di biogas prodotta e la percentuale di metano contenuta nel biogas (in genere il 50-70% di CH4, il resto CO) dipendono sia dalla materia prima impiegata che dalla tecnologia di conversione utilizzata. In generale i reflui fognari, il liquame e il letame producono meno gas del rifiuto di origine alimentare e dei sottoprodotti animali dell’industria di macellazione o vegetali derivanti dalla lavorazione delle olive e altre.

BIOMASS/Fresh organic matter

e og

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scariche: alcuni stimano di raggiungere 4 miliardi di metri cubi entro il 2026 per poi toccare i 6 miliardi nel 2030: circa il 10% del consumo totale di gas naturale (fonte: IlSole 24ore 28/10/2021: Enzo Losito Bellavigna, AD AB Energy SpA). Inoltre anche per il biometano, oltre all’utilizzo come combustibile in un impianto di cogenerazione nel medesimo complesso industriale, sono possibili forme di incentivazione per l’immissione in rete delle eccedenze prodotte al pari di quanto concesso per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Infatti, come gli elettroni prodotti da fonti rinnovabili

tan Me

Meno spazio ai biocarburanti di prima generazione a favore di quelli di seconda e soprattutto sostegno al biometano che ha grandi potenziali di crescita. Potrebbe essere questa l’ottica di sviluppo della green economy se si optasse per la produzione di gas dalla digestione anaerobica delle biomasse organiche piuttosto che per la realizzazione di biocarburanti. In effetti la produzione massiva di colture dedicate a scopo energetico (mais, sorgo, frumento) sottratte all’utilizzo alimentare potrebbe porre alcuni problemi di carattere economico, energetico e ambientale: la produzione alimentare deve avere l’assoluta priorità nell’uso della superficie agricola e la produzione di biocombustibili non deve influenzare troppo i prezzi delle produzioni alimentari medesime. Tanto è vero che la Direttiva 2009/28/CE [5], poi abrogata e sostituita (per renderla aggiornata ai Protocolli di Parigi) dalla Direttiva (UE) 2018/2001 [6], si preoccupava di osservare che “l’aumento della domanda mondiale di biocarburanti e gli incentivi all’uso dei biocarburanti previsti dalla presente direttiva non dovrebbero avere l’effetto di incoraggiare la distruzione di terreni ricchi di biodiversità”. Per di più, la produzione di biometano da biogas rappresenta un sistema sostenibile per l’ambiente in quanto la digestione anaerobica non avviene in regime di combustione e pertanto non emette gas serra, mentre il nostro Paese per la sua conformazione geomorfologica non è in grado di produrre quantità significative di biocarburanti di origine vegetale e sarebbe costretto a importare biomasse da trasformare con dubbio beneficio ambientale, scarso impatto industriale e impatto negativo sulla fattura energetica. Al contrario, l’Italia può estrarre consistenti quantità di biometano da allevamenti, imprese di trasformazione alimentare, di-

Sludge

Schema digestione anaerobica

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PRODUZIONE DI BIOGAS (DA SOTTOPRODOTTI DI LAVORAZIONE DI ORIGINE VEGETALE E ANIMALE) La valorizzazione energetica tramite Digestione Anaerobica (DA) dei sottoprodotti di origine animale (quelli di categoria 2 e 3 della macellazione) e quelli di origine vegetale derivanti dalla sansa di olive, le buccette dei pomodori, fino ai cruscami, sembra essere la soluzione più appropriata per il recupero energetico di quelli che, diversamente, sarebbero scarti di processo. La DA, soprattutto dei grassi animali e vegetali, valorizza il contenuto energetico di questa matrice ricca in carbonio, che ha un elevato indice di produttività in metri cubi di biogas per tonnellata di substrato. Il recupero energetico delle matrici organiche animali e vegetali è inoltre una valida alternativa di gestione del residuo, dal momento che un’azienda di trasformazione rappresenta un’utenza con elevate richieste di energia nei diversi fabbisogni di calore, freddo e condizionamento. Si tenga ulteriormente conto che nella biomassa da trattare possono essere opportunamente miscelati rifiuti organici, fanghi della depurazione delle acque, recuperi alimentari di prodotti a fine scadenza o difettosi per imballo che non si sono potuti commercializzare. Tale situazione rappresenta un ottimo sfruttamento dell’intera energia disponibile del biogas, opportunamente purificato a metano, per via cogenerativa. Il biometano viene prodotto attraverso un procedimento costituito da 3 fasi: § Pretrattamento. Questa fase comprende qualsiasi tecnica di selezione, triturazione e misce-

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lazione della materia prima (rifiuto organico) per renderla la più adatta possibile al digestore; può essere prevista anche una fase di separazione da materiale proteico (diversamente recuperato) la cui concentrazione in sostanze azotate potrebbe comportare problemi nel riutilizzo delle matrici esauste come fertilizzanti; su matrici parzialmente liquide si possono impiegare anche gli ultrasuoni [7] per aumentare le potenzialità di digestione delle particelle. § Digestione. È il processo principale durante il quale la sostanza organica è trasformata in biogas e digestato, che è il residuo finale del processo. § Raffinazione. Si tratta del processo in cui il biogas grezzo è trasformato in un combustibile ad alto contenuto di metano (≥ 95%) eliminando la CO e altre impurità e contaminanti. Il processo di digestione dura circa 15-20 giorni a seconda della materia prima e della tecnologia utilizzata. Le principali tecnologie di DA sono: § Processo termofilo e mesofilo. Il sistema mesofilo si svolge a una temperatura di circa 35°C, mentre il quello termofilo prevede il riscaldamento della massa da digerire fino a temperature intorno a 55°C: in questo modo il processo di digestione avviene più velocemente e con maggiori

rese. Generalmente nel caso di impiego prevalente di matrici organiche complesse la DA avviene in più fasi: a una prima di idrolisi ne segue una di acetogenesi e infine quella di metanogenesi, con produzione del biogas e del digestato. § Sistemi a singolo stadio o multistadio. Un digestore a singolo stadio svolge tutte le fasi del processo di digestione in un unico vascone, mentre il digestore multistadio ottimizza il processo in diversi vasconi (predigestore, digestore, postdigestore). § Sistemi in batch (discontinui) o sistemi in continuo. Come suggerisce la definizione, alcuni sistemi funzionano in modalità discontinua, mentre i sistemi a flusso continuo comportano un’introduzione di materia prima e una contemporanea estrazione di gas e digestato. § Oltre al biogas, il processo di DA produce il digestato come residuo finale composto da una frazione solida e da una liquida. Questo sottoprodotto a determinate condizioni (deve essere soggetto al rispetto delle direttive ambientali e deve esserne fatto un uso controllato) può essere usato come fertilizzante organico da distribuire sul terreno in sostituzione di fertilizzanti chimici, anche nella produzione biologica [8].

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SE LA BIOMASSA ORGANICA È UN RIFIUTO NON LA SI PUÒ USARE: STORIA DI UN CAVILLO ALL’ITALIANA L’impiego dei sottoprodotti di origine animale (SOA) come biomassa da destinare agli impianti di produzione del biogas è stato oggetto di controversia per parecchio tempo. Oggi il loro impiego è reso possibile dal D.Lgs. n. 46 del 4/3/2014 [9]. Tale decreto ha sbloccato una situazione complessa modificando una precedente disposizione, il D.Lgs. n. 152/2006, che impediva l’impiego dei sottoprodotti di origine animale non riconoscendoli come biomassa semplicemente... perché non li menzionava tra i materiali organici permessi. Tutto ciò nonostante il Reg. CE 1069/2009 [10], che al punto 4 delle considerazioni iniziali così recita: “Le nuove tecnologie

hanno esteso le possibilità di impiego dei sottoprodotti di origine animale o dei prodotti derivati da ampio numero di settori produttivi, in particolare per la produzione di energia”. Mentre all’art. 10 del medesimo regolamento si identificano i materiali di categoria 3 (come già riportava il Reg. CE 1774/2002) che possono essere impiegati come biomassa e il documento si chiuda con la frase di rito: “Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri”. È risaputo che un regolamento comunitario è gerarchicamente superiore a qualunque legge nazionale, quindi le disposizioni si sarebbero dovute applica-

CASE STUDY

re immediatamente nei termini sopra descritti. Alcune Regioni hanno quindi interpretato in modo estensivo la legge italiana allora vigente consentendo l’utilizzo dei SOA negli impianti di produzione di energia mentre altre – con un’interpretazione letterale – li hanno continuati a vietare. Ci voleva pertanto il D. Lgs. 46/2014, che attua la Direttiva 2010/75/UE e modifica il D. Lgs. 152/2006, per chiarire anche in ambito nazionale che gli scarti di macellazione utilizzabili come biomassa sono esclusi dal regime dei rifiuti. In particolare l’art. 15, comma 2, lettera b, punto 3 che modifica l’art. 237 quater “Ambito di applicazione ed esclusioni” della vecchia legge, così riporta: “2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente titolo (...) b) gli impianti che trattano unicamente i seguenti rifiuti: (...)

Conoscere i valori di consumo specifici della propria attività è fondamentale per adottare azioni atte all’incremento dell’efficienza, valutare il livello di competitività e impostare nuove strategie di crescita

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3) rifiuti animali, come regolati dal regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano”. Sembra banale ma qualunque materiale organico, anche derivante da raccolta dell’umido, può essere impiegato come biomassa solo qualora non lo si sia classificato come rifiuto.”

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Considerazioni finali L’impiego delle bioenergie è un volano, per le aziende che decidono di investire in questi sistemi, che si traduce innanzitutto in un vantaggio sia economico che di sostenibilità ambientale, legato alla riduzione dei costi energetici e produttivi e dei costi di smaltimento del rifiuto. La convenienza dipende da diversi fattori ma il primo è sempre quello economico: per ridurre la dipendenza da fonti energetiche esterne (diminuzione dei costi delle bollette), per ottimizzare i costi di produzione, per valorizzare gli scarti di produzione come sottoprodotti, per sostenere l’ambiente. La valutazione del tipo di impianto da scegliere condizionerà l’investimento e soprattutto i tempi di ammortamento che saranno redditizi se proiettati in un orizzonte massimo di 4-6 anni. Tuttavia è bene considerare che i migliori rendimenti energetici si ottengono sfruttando in modo ibrido e contemporaneamente più sistemi, così che un sistema possa alimentare l’altro: infatti i rendimenti elettrici sono di pochi punti percentuali per i soli sistemi fotovoltaici (che però possono sfruttare ampie superfici a disposizione come i tetti dei capannoni), mentre sono molto maggiori nel caso appunto di ibridazione. È il caso ad esempio dello sfruttamento dell’energia fotovoltaica per far funzionare motori e pompe o dell’impiego dell’energia elettrica prodotta dalla cogenerazione per alimentare una pompa di calore. Anche la produzione di biogas, convertita opportunamente a metano, può costituire la fonte di alimentazione per un sistema di cogenerazione, riducendo quindi il prelievo del combustibile dalla rete nazionale. Per quanto riguarda la produzione di biogas la valutazione dell’impianto per un‘industria non può non prescindere

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dalla disponibilità dei sottoprodotti da hanno un valore di conversione maggiodestinare a biomassa: se è vero che i sot- re in energia, piuttosto che essere trattoprodotti di origine vegetale e animale tati come rifiuto o destinati a impianti di

Blocco motore dell’unità di cogenerazione a biogas. Combustione di biogas di scarto e produzione di energia elettrica

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compostaggio, la prima cosa da valutare in assoluto è capire di quanta materia prima si dispone, tale da alimentare in modo continuo (o se discontinuo, tale da produrre sufficiente energia) il digestore anaerobico. In effetti è per questo motivo che, al momento, l’impiego di questi impianti è favorevole soprattutto per le grandi imprese agro-industriali e per talune industrie di macellazione piuttosto che per quelle di trasformazione delle carni, le quali dispongono di sufficiente materiale organico da trattare – senza dovere necessariamente acquistare biomasse – a costi pressoché pari a “zero” avendolo disponibile in casa. Tuttavia le aziende di trasformazione più piccole o che da sole non riescono a garantirsi sufficiente materiale organico da trattare possono sempre aggregarsi per costruire un unico digestore consortile allo scopo di raggiungere la massa critica che renda sostenibile un impianto condiviso: le energie prodotte o i profitti così ottenuti andranno ridistribuiti in base a quote di capitale o

alla produttività di biogas generato dal materiale afferito mediante semplici test di laboratorio. Dal punto di vista economico la miscela di alimentazione ideale deve garantire il minor costo del biogas producibile (€/m3), abbinandolo con la maggiore produttività di biogas (misurabile attraverso test di laboratorio chiamati Bio-Methane Potential o BMP, espressa in m3/ton) e con il minor costo di approvvigionamento della biomassa (€/ton). Per valutare la convenienza dei sistemi è bene affidarsi a società di consulenza o ai costruttori – nominativi reperibili in base alle esperienze già acquisite o presso le unioni industriali – i quali in riferimento ai consumi annuali e alle necessità operative di ciascuna azienda possono fare una valutazione di impatto economico e offrire impianti chiavi in mano per tutte le esigenze. Perciò un’azienda che si volesse avvicinare solo adesso alle “green energy” non potrà investire in tutti i potenziali sistemi in modo simultaneo ma dovrà optare – fatte proprie le potenzialità

e le necessità – per quelli che garantiranno nel più breve tempo possibile il ritorno economico (al netto di quote di ammortamento dell’impianto, i costi di gestione / manutenzione, ecc.), senza dimenticare però che i prodotti delle diverse tecnologie possono alimentare gli altri impianti. È quindi evidente come per decidere di investire nelle bioenergie non sia sufficiente la sola compatibilità tecnologica e neppure la vicinanza alla “grid parity” (cioè al costo dell’energia della rete) di una determinata soluzione, ma è necessario tenere conto di due fattori: il rendimento economico “relativo”, misurato in termini di IRR (Internal Rate of Return), e in periodo di crisi come questo soprattutto il TPB (Time of Pay Back – tempo di ritorno dell’investimento), che deve essere competitivo di per sé e in relazione alle possibili alternative che l’investitore si trova di fronte. Bisogna inoltre considerare che vi è un atteggiamento sempre più favorevole nei confronti delle tematiche ambientali e delle energie rinnovabili da parte

Schema di un impianto di cogenerazione

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dell’opinione pubblica e dei media. I cittadini-consumatori e le imprese orientano sempre di più le proprie scelte d’acquisto a favore di prodotti ecocompatibili e sostenibili dal punto di vista etico e sociale. Se fino a pochi anni fa la sostenibilità ambientale veniva considerata un’attività legata alla responsabilità sociale dell’impresa, vista con risvolti etici e morali ma priva di impatto sul business, oggi l’importanza di questo tema è notevolmente cresciuta perché sono i clienti finali a esserne sensibili. Considerando poi che l’evoluzione delle tecnologie sarà tale da poter diventare più accessibile e redditizia anche per piccoli impianti, si potranno sviluppare sinergie positive legate alla tipologia e dimensione dell’impianto e al contesto in cui esso è inserito: ad esempio integrando la propria biomassa con quella derivante dalla FORSU (cioè la Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano), sotto forma di tariffe per il trattamento dei rifiuti. Anche la sfera politica mondiale manifesta un interesse sempre più persistente alle problematiche ambientali, stabilendo obiettivi e promuovendo

programmi di incentivazione per le fonti rinnovabili e per la riduzione delle emissioni di gas serra. In base ai dati della Comunità Europea il settore alimentare è uno di quelli maggiormente impattanti dal punto di vista dell’ecosistema, essendo responsabile di circa il 30% del surriscaldamento globale. Lo spreco alimentare ha un doppio costo in questo scenario, in quanto racchiude in sé l’impatto legato alla produzione dei cibi mai consumati e quello legato alla raccolta e smaltimento dei rifiuti alimentari. Ponendo, ad esempio, l’accento sulla grande distribuzione è noto che quotidianamente tonnellate di alimenti passino dagli scaffali dei supermercati ai cumuli di rifiuti delle discariche. Nei casi migliori una parte di essi può essere ridistribuita ad associazioni benefiche che assistono persone indigenti. In questa prospettiva, è evidente come l’adozione di impianti bioenergetici possa generare un ritorno di immagine positivo oltre a procurare immediati vantaggi economici (visibilità mediatica e pubblicitaria) e ambientali collettivi. Nel caso un impianto sia dimensionato per produrre più energia elettrica o bio-

LA POLITICA SOSTENIBILE DI SAINSBURY’S La catena di supermercati inglese Sainsbury’s ha deciso di sperimentare un’altra via, per rendere quello che una volta era un rifiuto alla discarica un bene da valorizzare. Già dona gli alimenti in eccesso a un ente di beneficenza per la distribuzione di cibo, mentre il pane invenduto viene lavorato per l’alimentazione degli animali. Però per tutti quei prodotti che non possono essere ricollocati (perché scaduti o guasti) è prevista

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un’utile riconversione, una “seconda vita”. Grazie a un accordo definito 9 anni fa con il gruppo Biffa, che si occupa del trattamento e smaltimento di rifiuti, Sainsbury’s è riuscita ad alimentare il punto vendita di Cannock, nello Staffordshire, con l’energia generata dal cibo scartato e invenduto (e destinato in discarica) proveniente da tutti i negozi del Regno Unito. E lo scorso anno ha annunciato di aver raggiunto uno dei suoi principali

gas di quella che serve e non sia necessaria accumularla in batterie o depositi, l’eccedenza non utilizzata può essere immessa in rete – previo contratto con un distributore – ma deve essere convertita, nel caso dell’energia elettrica, in corrente alternata mediante un inverter dato che questa è la forma con cui viene distribuita e utilizzata per le utenze domestiche oppure in metano nel caso del biogas; sono perciò necessarie altre opere che possono fare lievitare i costi al di là degli incentivi. Per questo è più opportuno dimensionare l’impianto solo per il lavoro che deve svolgere. E nel contesto odierno in cui l’UE cerca di incrementare il proprio utilizzo di energie rinnovabili, la ricerca europea e soprattutto italiana si spinge a guardare al futuro prossimo, alla produzione di massa di idrogeno verde a prezzi sostenibili. Il Politecnico di Torino è stato infatti il capofila del progetto BIOROBURplus [11], finanziato dalla UE (2017-2021), per dimostrare il potenziale insito nel biogas, nonché il suo utilizzo sostenibile, in qualità di combustibile rinnovabile per la produzione decentralizzata di idrogeno verde, noto anche come bioidrogeno.

CASE STUDY obiettivi di sostenibilità: deviare tutte le sue 85.000 tonnellate di rifiuti dalla discarica. Ciò avviene grazie al processo di digestione anaerobica realizzato all’interno dei vicini impianti di trattamento dei rifiuti organici di Biffa, la quale ha dovuto organizzare un sistema logistico di conferimento su due fronti: raccogliere i rifiuti trasportati dai grandi supermercati e il materiale dai minimarket urbani dove

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le restrizioni operative impediscono alle reti di collegamento intermedi. Nell’impianto Biffa di Cannock il cibo e i rifiuti biodegradabili sono trasformati in biogas e il combustibile che ne deriva viene convertito in energia elettrica pronta da essere utilizzata per le attività del supermercato. Il passaggio dell’energia dall’impianto di trattamento al punto di vendita avviene grazie a un cavo lungo 1,5 chilometri che collega direttamente le due

strutture. Inoltre l’impianto è in grado di generare abbastanza elettricità per alimentare circa 2.500 abitazioni in un anno (per approfondimento: https://www.biffa.co.uk/case-studies/ sainsburys). Tra i numerosi progetti a cui le due società stanno lavorando ci sono piani per vendere il digestato, il prodotto di scarto della DA che può essere utilizzato come fertilizzante, agli agricoltori dell’area di Cannock. Viste le elevate disponibilità di

materia prima, la diffusione della digestione anaerobica, come trattamento idoneo allo smaltimento dei sottoprodotti industriali di origine animale e vegetale, dei cibi scaduti e dei rifiuti organici, potrebbe perciò contribuire alla produzione di energia elettrica, termica e frigorifera consumabile proprio dagli stessi esercizi commerciali o dalle aziende di produzione che saranno in grado di utilizzarla.

BIBLIOGRAFIA 1. “Comunicazione della commissione al parlamento europeo, al consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni” Il Green Deal europeo - COM/2019/640 final. 2. Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva n. 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la promozione dell’energia da fonti rinnovabili e che abroga la direttiva (UE) 2015/652 del Consiglio - COM/2021/557 final. 3. Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima - PNIEC (2020). A cura del Ministero per lo Sviluppo Economico, Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. 4. Decreto Legislativo 4 luglio 2014, n. 102. Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga

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le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE. (GU Serie Generale n.165 del 18-072014). Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE. GU L 140 del 5.6.2009, pagg. 16-62. Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. GU L 328 del 21.12.2018, pagg. 82-209. Amirante R, Demastro G., Distaso E., Hassaan M.A., Mormando A., Pantaleo A.M., Tamburrano P., Tedone L., Clodoveo M.L. (2018). Effects of Ultrasound and Green Synthesis ZnO Nanoparticles on Biogas Production from Olive Pomace. In: 73rd Conference of the Italian Thermal Machines Engineering Association (ATI 2018), 12-14 September 2018, Pisa, Italy Rossi L., Bezzi G., Fichera D., (a cura di). (2018). Linee Guida per l’uso del

digestato agricolo in Agricoltura Biologica. Pubblicazione congiunta di FederBio e CIB – Consorzio Italiano Biogas. 9. Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 46 Attuazione della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento). (GU Serie Generale n.72 del 27-03-2014 - Suppl. Ordinario n. 27). 10. Regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano e che abroga il regolamento (CE) n. 1774/2002 (regolamento sui sottoprodotti di origine animale). GU L 300 del 14.11.2009, pagg. 1-33 11.https://cordis.europa.eu/project/ id/736272/it (2017-2021). Advanced direct biogas fuel processor for robust and cost-effective decentralised hydrogen production (https:// www.bioroburplus.org/pages/home. aspx).

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SPECIALE REFRIGERAZIONE ED EFFICIENZA ENERGETICA / BEST PRACTICE In collaborazione con

L’efficienza energetica come non si era mai vista: a lezione di risparmio virtuoso BSI BRITISH STANDARDS INSTITUTION BSI British Standards Institution – in qualità di ente di normazione – da oltre un secolo consolida best practice aiutando le organizzazioni in tutto il mondo a portare l’eccellenza al proprio interno e a costruire competenze e capacità per una crescita sostenibile. Fornisce servizi di certificazione, training e soluzioni di “customize assurance” a oltre 86.000 clienti in 193 paesi e diversi settori tra i quali il Food&Beverage. www.bsigroup.it

Oggi, tuttavia, ciò non giustifica uno spreco di denaro e un impatto ambientale negativo che possono essere contenuti grazie a un cambiamento profondo nella cultura del settore. Un cambiamento che è già qui. Adottando la sostenibilità come principio fondante di questa rivoluzione e fissando obiettivi energetici specifici, infatti, le

aziende alimentari possono utilizzare i processi esistenti di automazione, monitoraggio e controllo per risparmiare energia, oltre che integrare nuovi sistemi e tecnologie che ottimizzino l’uso delle attrezzature e favoriscano l’impiego di fonti energetiche sostenibili. L’obiettivo generale deve essere il miglioramento dell’efficienza energetica del processo produt-

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l consumo di energia nell’industria alimentare è notoriamente alto e a lungo la sua portata non è stata messa in discussione perché ritenuta inevitabile. Dall’approvvigionamento delle materie prime alla loro preparazione e lavorazione, fino alla conservazione degli alimenti, ogni fase del processo richiede un impiego consistente e costante di energia.

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Il primo passo è l’educazione di tutte le parti interessate, fornendo passi specifici su come possono integrare queste migliori pratiche nella loro routine quotidiana

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Paolo Bersighelli Business Developer Manager Food sector, BSI

tivo, sia da un punto di vista ambientale che di risparmio sui costi.

Dallo standard BS EN ISO 50001 garanzia di efficienza energetica BS EN ISO 50001 è uno standard internazionale che fornisce le migliori pratiche per la gestione dell’energia e delinea un quadro per migliorare l’efficienza energetica in qualsiasi organizzazione, indipendentemente dalle sue dimensioni e dal settore industriale. Lo scopo di BS EN ISO 50001 è quello di consentire alle organizzazioni di definire sistemi e processi necessari per migliorare continuamente le loro prestazioni energetiche, promuovendo la riduzione del consumo energetico, delle emissioni di gas serra e di altri fattori a impatto ambientale attraverso la gestione sistematica dell’energia e senza compromettere le operazioni. Una parte fondamentale della sua implementazione è la pianificazione energetica, che comprende la definizione d’indicatori di prestazione energetica (EnPI), l’identificazione dei potenziali di risparmio, la selezione delle misure e degli elementi di monitoraggio e la definizione degli obiettivi, il tutto coinvolgendo il personale attraverso un’efficace comunicazione interna e programmi di formazione.

Avara: il circolo virtuoso del consumo sostenibile Un esempio interessante dei benefici della sua implementazione nell’industria alimentare è rappresentato da Avara, una delle più grandi aziende alimentari del Regno Unito – fornitrice di pollo, tacchino e anatra a rivenditori, servizi di ristorazione e produttori di alimenti – che ha fatto della sostenibilità la sua sfida per il futuro. Da quando ha iniziato a utilizzare BS EN ISO 50001 nel 2014 in collaborazione con BSI, Avara ha registrato miglioramenti in termini di efficienza operativa,

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risparmi sui costi e rafforzamento della sua reputazione. L’azienda ha installato centrali termiche ed elettriche alimentate da fonti sostenibili come pellet, ha rivisto il processo produttivo in modo da ridurre il consumo di energia, ha definito ambiziosi obiettivi energetici approvati dall’Executive team e ha portato avanti programmi di formazione per i dipendenti, aiutandoli a comprendere l’importanza del risparmio energetico dentro e fuori l’azienda. Il risultato è stato una riduzione costante, ogni anno, del consumo di elettricità, gas naturale, GPL e diesel. Si tratta di un risparmio pari a oltre 1000 megawattora di elettricità della rete nazionale, il corrispettivo del consumo annuo di 238 famiglie inglesi. “Sono davvero entusiasta della portata e dell’impatto dell’implementazione del BS EN ISO 50001”, ha dichiarato l’Energy Compliance and Sustainability Manager di Avara. “Gli altri produttori non dovrebbero considerarlo come una mera pratica burocratica, ma come un’occasione vantaggiosa per tutti che può realmente innescare un miglioramento continuo”.

Tata Global Beverages: la certificazione come strumento di business Un altro colosso che si è impegnato a ridurre il consumo energetico e l’impatto ambientale della sua attività con l’aiuto di BSI è Tata Global Beverages, la seconda più grande azienda di tè nel mondo, con un fatturato di 1,4 miliardi di dollari e 3.000 dipendenti in tutto il mondo. La fiducia di Tata nella certificazione come via verso una maggiore efficienza aziendale è il motivo per cui, oltre allo standard generico relativo all’impatto ambientale ISO 14001, l’azienda ha voluto ottenere anche BS EN ISO 50001, che si concentra esclusivamente sull’energia e innesca un ciclo di miglioramento continuo. Questa scelta ha dato i suoi frutti, riducendo drasticamente la bolletta di

energia annuale dell’azienda di 750.000 sterline. “L’audit richiesto come parte del processo di certificazione ha mostrato che il 96% dell’energia usata nella fabbrica era quella elettrica”, ha spiegato Denise Graham, Technical Manager di Tata Global Beverages. “Questo dato ci ha permesso di identificare potenziali risparmi sui costi e di agire in quella direzione. Noi non ostentiamo i nostri standard per puro marketing, ma li consideriamo un prezioso strumento di business che serve a migliorare le nostre performance.”

Una rivoluzione culturale fatta di piccoli gesti La pratica sostenibile, di cui l’uso responsabile ed efficiente dell’energia è un elemento fondamentale, è la chiave per far crescere un’organizzazione senza compromettere le risorse per il futuro. Per i produttori di alimenti e bevande, l’uso consapevole dell’energia inizia con la creazione di una cultura condivisa dell’efficienza energetica, dove dirigenti e personale integrano il risparmio energetico in tutto ciò che fanno. Coinvolgere ed educare dipendenti e stakeholder è uno dei passi più importanti che un’azienda di alimenti possa fare per ridurre la propria impronta di carbonio complessiva e raggiungere obiettivi importanti di risparmio energetico, maggiore efficienza e costi ridotti. Ed è per questo che il primo passo dell’implementazione del BS EN ISO 50001 consiste proprio nell’educare tutte le parti interessate all’importanza del risparmio energetico, fornendo passi specifici su come possono integrare queste migliori pratiche nella loro routine quotidiana. Il coinvolgimento del top management è fondamentale per il successo di questo percorso, sia perché farà sì che le nuove norme vengano implementate in modo coerente e armonioso in tutte le aree di attività e livelli dell’organizzazione, sia perché garantirà il back up finanziario al training necessario.

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SPECIALE REFRIGERAZIONE ED EFFICIENZA ENERGETICA / SHELF LIFE

La Catena del Freddo e la Sicurezza alimentare

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el corso del webinar del 5 aprile abbiamo parlato di sicurezza STANDARDS alimentare e catena BSI BRITISH del freddo con Vittorio ZamINSTITUTION brini, Tecnologo Alimentare e Professore a contratto presso l’Università Cattolica di Piacenza, e il dott. Luca Laudi, Product Specialist di Testo S.p.a. La gestione della sicurezza alimentare deve coinvolgere tutti gli operatori del settore. L’Unione Europea lo ha dimostrato con la pubblicazione del Reg. (UE) 2021/382 che va a modificare gli allegati del Reg. (CE) 852/2004: non basta essere degli esperti, ma occorre che tutti i dipendenti che lavorano nelle aziende alimentari abbiano consapevolezza di che cosa sia la sicurezza alimentare e di come la si debba applicare.

Sicurezza per il consumatore Il termine shelf life indica il periodo di tempo sotto condizioni definite di stoccaggio, dopo la sua produzione e confezionamento, durante il quale il prodotto alimentare resterà sicuro e idoneo all’utilizzo. La shelf life ha una doppia valenza: di tipo qualitativo, cioè la promessa di

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Il trasporto è la fase più critica per il controllo delle temperature

qualità al consumatore, e di tipo igienico sanitario, cioè la sicurezza alimentare del prodotto. Per ognuno di questi criteri bisogna fissare i limiti di accettabilità e quelli di rifiuto. Sulla crescita microbica influiscono sia fattori intrinseci, caratterizzati dalla matrice stessa (attività dell’acqua, contenuto di nutrienti, valore del pH, struttura stessa del prodotto,

potenziale redox), ma anche da fattori estrinseci, cioè quelli che stanno attorno all’alimento (temperatura di conservazione, atmosfera gassosa, umidità), fattori di lavorazione, ovvero i trattamenti fisici o chimici durante la lavorazione degli alimenti e poi ci possono essere i fattori impliciti che sono legati al microbiota che si viene a trovare su questo prodotto.

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a cura della Redazione

Effetto della temperatura Le condizioni di temperatura durante la lavorazione, il trasporto e lo stoccaggio sono uno dei fattori più importanti che influenzano il processo di deterioramento. L’aumento della temperatura porta a una diminuzione della durata della fase di latenza e dei tempi di generazione e quindi a un aumento del tasso di accrescimento. Influenza anche la sintesi proteica, l’attività enzimatica, l’assorbimento di soluti e quindi la durata di conservazione (herbert e Sutherland, 2000).

Gestione della catena del freddo Viene definita come “il processo di pianificazione, implementazione e controllo del flusso e dello stoccaggio di beni deperibili, dei servizi correlati e delle informazioni per aumentare il valore per il cliente e per garantire costi bassi” (Singh et al. 2018). I prodotti deperibili richiedono una precisa atmosfera a temperatura controllata lungo l’intera catena di approvvigionamento (SC), dalla produzione al consumatore. La deperibilità delle merci è un punto chiave: il trasporto refrigerato e lo stoccaggio sono due aspetti fondamentali per prevenire il deterioramento della qualità del prodotto. Gestire la catena del freddo vuol dire mettere insieme un sistema che permetta di mantenere dalla materia prima al prodotto finito la consegna al consumatore e magari anche la conservazione domestica delle temperature che non consentano lo sviluppo degli eterotrofi.

La normativa Il cosiddetto “pacchetto igiene” costituito dai Reg. CE n°852-853-854 e 882 del 2004 unitamente al Reg. CE 178/02, rappresenta la normativa vigente alla quale devono attenersi gli operato-

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ri del settore alimentare nelle fasi di produzione, trasporto, distribuzione e commercializzazione di alimenti, ma soprattutto rappresenta il riferimento per l’autorità competente durante i controlli in materia di sicurezza alimentare. Il Reg. CE 853/04 indica le temperature da rispettare per gli alimenti di origine animale durante le fasi di lavorazione, magazzinaggio e, in alcuni casi, trasporto, ma è rivolto agli stabilimenti di produzione riconosciuti e non è applicabile alle fasi di vendita al dettaglio, salvo alcuni casi. A livello nazionale il DPR 327/80 (abrogato nel 2021) indicava all’allegato C (parte I e II) le temperature da rispettare durante il trasporto di alcuni alimenti deperibili, congelati e surgelati.

Come scegliere lo strumento di misura

Nella fase di produzione il monitoraggio della temperatura ambientale è fondamentale. Gli strumenti utilizzati per il monitoraggio continuo sono i data logger, quelli maggiormente conosciuti sono i moduli che possono acquisire temperature con sensori interni o con sonde esterne se devono essere posizionati, per esempio, all’interno di forni o di celle frigorifere. La limitazione di questi strumenti è la programmazione,

TI SEI PERSO L’EVENTO E VUOI RIVEDERLO? INQUADRA IL QR CODE

che deve essere effettuata tramite un pc e l’impossibilità di analizzare i dati in tempo reale, questo comporta una perdita di tempestività nell’intervenire in caso di anomalie. Per risolvere questa mancanza Testo propone Saveris, un sistema di monitoraggio con un server dedicato e una base che riceve tutti i dati dei vari moduli dislocati all’interno di tutta l’azienda per monitorare le varie fasi di produzione. La caratteristica di un tale sistema è garantire sicurezza, accuratezza e un’ampia distribuzione in tutta l’area. Oltre a possedere una classica rete cablata, testo Saveris Base acquisisce i dati anche attraverso una linea LAN alimentata o sfruttando una rete Wi-Fi già esistente. È inoltre possibile creare una rete radio dei segnali ed eventualmente anche degli extender UltraRange per coprire tutta l’area da monitorare. Le diverse modalità possono coesistere contemporaneamente, perché i dati vengono inviati al medesi-

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BEST PRACTICE SPECIALE REFRIGERAZIONE ED EFFICIENZA ENERGETICA / SHELF LIFE

mo sistema centrale. I moduli possono avere sensori interni o sonde esterne, sia per temperatura che per l’umidità. L’utente può connettere anche sensori analogici per gestire i trasmettitori esterni che controllano altri tipi di valori, come la pressione. Pensato per realtà medio-piccole, come i negozi, Testo propone un sistema di data logger che sfrutta il Wi-Fi esistente. Il cloud raccoglie tutti i dati rilevati dai moduli installati all’interno del punto vendita. Questo sistema permette di consultare costantemente i dati e invia un’allerta, tramite mail o sms, nel caso di anomalie, consentendo un intervento tempestivo.

Il trasporto Il trasporto è la fase più critica per il controllo delle temperature. È necessario registrarne l’andamento per garantire le caratteristiche del prodotto. Vengono applicati data logger alle merci per testimoniare la continuità nel processo della catena del freddo. Il centro di distribuzione controlla le registrazioni di temperatura avvenute durante il trasporto e controlla le merci all’ingresso con termometri o pirometri a infrarosso.

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Nel centro le merci vengono stoccate e smistate, ma anche qui è necessario un monitoraggio tramite data logger per mantenere l’integrità del prodotto.

Quali caratteristiche devono avere i termometri? Quando si deve scegliere un termometro che entra a contatto con gli alimenti è importante verificarne le caratteristiche e la vera utilizzabilità nell’applicazione: § Impermeabilità: la possibilità di lavare il termometro sotto l’acqua corrente permette una maggiore igiene; § Robustezza: per evitare che lo stelo si pieghi misurando la carne al cuore; § Materiali usati: il puntale dovrebbe essere in acciaio Inox per evitare la formazione di ruggine o il rilascio di materiali contaminanti; § Certificazioni: conformità ai requisiti HACCP, norma EN13485 e EN 12830; § Risoluzione e precisione: la prima indica qual è la più piccola variazione di temperatura visualizzabile sul display e la precisione indica di quanto può differire la misura rispetto ai valori di un campione di riferimento.

Il modo più efficiente è scegliere il sensore in base all’applicazione e ai diversi range di temperatura che può raggiungere, perché le sonde e i relativi sensori possono avere diverse forme per adattarsi allo specifico utilizzo. Le sonde a immersione hanno, per esempio, una punta adatta all’inserimento, mentre le sonde aria hanno un filamento sulla parte più esterna del sensore.

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SPECIALE REFRIGERAZIONE ED EFFICIENZA ENERGETICA / SOLUZIONI

Soluzioni per garantire la continuità della catena del freddo

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a oltre 18 anni BRENTA RENT opera con successo nel noleggio di gruppi frigoriferi in grado di supportare le aziende in caso di necessità temporanee di refrigerazione di processo quali guasti, manutenzioni programmate, aumento del fabbisogno per far fronte a picchi produttivi, test. Per le aziende del settore alimentare e delle bevande è fondamentale non avere tempi di fermo e garantire la continuità della catena del freddo in modo che qualsiasi prodotto o lavorazione vengano preservati in tutta la loro integrità: per questo il servizio proposto da BRENTA RENT è la soluzione ideale! Interveniamo con rapidità per consegnare il gruppo frigorifero dove e quando serve, occupandoci del primo avviamento e monitorando la macchina da teleassistenza per tutta la durata del noleggio. BRENTA RENT può offrire anche un servizio di noleggio che prevede la prenotazione della macchina presso la propria sede a una tariffa agevolata. Con questa formula il cliente ha la tranquillità di avere a disposizione il gruppo frigorifero in qualsiasi momento ce ne sia bisogno. Le macchine della flotta BRENTA RENT sono full optional e comprendono chiller con resa frigorifera da 15 kW a oltre 1 MgW, roof-top, unità di trattamento aria, potendo quindi soddisfare tutte le esigenze di potenza frigorifera e/o di installazione temporanea necessaria. BRENTA RENT supporta i clienti nell’individuazione della macchina ottimale, anche organizzando sopralluoghi in tutta Italia con i propri tecnici o con centri assistenza autorizzati. BRENTA RENT www.brentarent.it

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Gruppo frigorifero modello BRH 50 (resa frigorifera 43 kW)

Gruppo frigorifero modello BR 700 (resa frigorifera 730 kW)

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INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

LU-VE Group: Igea, igienizzatore d’aria

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gea (patent pending) è la soluzione pensata per igienizzare l’aria migliorando la qualità della vita. Igea è applicabile agli evaporatori commerciali a doppio flusso delle gamme FHD LU-VE Exchangers e Optigo FMD Alfa LU-VE utilizzati in supermercati, impianti produttivi, ospedali, mense e siti di conservazione alimenti. Il kit comprende filtri fotocatalitici con cornice e luce LED, un trasformatore elettrico, cablaggi e fissaggi e può essere applicato su evaporatori già installati (retrofit). Le luci LED garantiscono maggiore sicurezza per le persone, un minor consumo energetico e una vita operativa maggiore rispetto alle lampade UV. Il principio operativo di Igea è basato sulla fotocatalisi, grazie al triossido di tungsteno di cui è composto, esposto alla luce il filtro reagisce con acqua e ossigeno, producendo miliardi di composti altamente ossidanti in grado distruggere e decomporre batteri e virus presenti, contribuendo così a sanificare l’aria. I vantaggi del sistema di igienizzazione Igea sono: § basso impatto ambientale; § bassi consumi energetici; § manutenzione ridotta;

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FHD LU-VE Exchangers

lungo ciclo di vita delle luci LED (5 volte in più rispetto al sistema UV). I test di validazione condotti dal San Raffaele di Milano per misurare l’efficacia di Igea sulla carica virale del SARS-CoV-2, evidenziano una completa neutralizzazione in 30 minuti di operatività. Altri test invece sono stati condotti dall’Università del Salento, dimostrando che Igea prolunga la durata di conservazione dei frutti climaterici fino a 15 giorni in più. Il sistema controlla e abbatte l’eti-

Optigo FMD Alfa

lene, riducendo la comparsa delle macchie di deterioramento nell’insalata in un periodo di conservazione di 21 giorni. Un terzo ciclo di test è stato condotto nei laboratori di LU-VE Group, il filtro risulta non avere impatti sostanziali sulle performance dell’evaporatore: solo -2% della quantità d’aria, rispetto alla stessa macchina senza filtro. LU-VE Group www.luvegroup.com

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Refrigerazione ad alta efficienza per il salumificio

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l settore della lavorazione dei salumi è attualmente uno dei più energivori nell’ambito dell’industria alimentare nazionale, per cui mettere in atto azioni mirate all’efficientamento energetico è di grande importanza per la minimizzazione dei consumi energetici e la riduzione dell’impatto ambientale. In quest’ottica, il progetto di rinnovamento dell’impianto di Langhirano (PR) del salumificio B&B del Gruppo San Michele è focalizzato proprio sull’efficientamento energetico e sull’ottimizzazione di processo.

Lo stabilimento presenta una produzione settimanale di 10.000 prosciutti, per un totale di circa 520.000 unità all’anno, e una superficie condizionata di lavorazione pari a 13.678 m, all’interno della quale vengono svolte tutte le fasi di lavorazione, che richiedono condizioni termoigrometriche ben precise (Tabella 1).

L’impianto esistente L’impianto esistente era basato su un ciclo frigorifero tradizionale, che gestiva le condizioni ambientali descritte con un

sistema centralizzato a R22 (Figura 1), con distribuzione a pompa di acqua gelida a -15°C nella parte fredda, e -5°C nella parte calda. Il fabbisogno termico per riscaldamento e deumidificazione lavorava con acqua a 35°C e 60°C, a seconda degli utilizzatori. L’energia termica per l’acqua a 35°C proveniva da un sistema

TECNICHE DI STAGIONATURA DEL PROSCIUTTO CRUDO: CENNI STORICI ED EVOLUZIONE La lavorazione del prosciutto in Italia ha radici antiche: le prime tracce risalgono al VI-V secolo a.C.; il De agri cultura di Catone, composto intorno al 160 a.C. e il De re rustica di Varrone, pubblicato nel 37 a.C. rappresentano i primi tentativi di codificare i procedimenti di stagionatura del prosciutto crudo salato ed essiccato. Facendo un salto di due millenni e arrivando agli inizi del ’900, la lavorazione del prosciutto era ancora caratterizzata

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da stagionalità e tecniche artigianali, anche se proprio in questo periodo nacquero i primi spazi organizzati per la salagione e la stagionatura, con l’obiettivo di declinare le conoscenze della tradizione in un contesto di produzione industriale. Punti cardine di questo profondo cambiamento, che può essere definito quasi una rivoluzione, furono il ricorso sempre più spinto alla meccanizzazione, sia nei processi di trasporto che in

quelli di lavorazione, e, soprattutto, la comparsa dei sistemi di refrigerazione, ventilazione e deumidificazione, il cui utilizzo permise di passare da una fase in cui le lavorazioni dipendevano dalla ventilazione naturale a un’altra, in cui l’applicazione delle tecnologie di trattamento dell’aria consentì di innalzare gli standard qualitativi del prodotto e le rese di produzione a fronte di una richiesta sempre maggiore di energia.

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Claudio Marazzi S.T.S. di Marazzi Claudio s.r.l., Lesignano De’ Bagni (PR)

Impianto cella di prestagionatura

Intervento di riqualificazione impiantistica per soddisfare criteri di efficienza energetica e qualità del prodotto

di recupero termico dalla torre evaporativa, mentre quello per l’acqua a 60°C veniva prodotto da una caldaia alimentata a gas. Il consumo di energia elettrica annuo in condizioni di pieno carico nel 2015 ammontava a 6.917 MWh.

Il progetto del nuovo impianto La ricerca della massimizzazione delle prestazioni energetiche ha richiesto un livello di studio dettagliato per la valutazione di ogni singolo elemento del nuovo

Figura 1. Schema dell’impianto centralizzato a freon R22

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SPECIALE REFRIGERAZIONE ED EFFICIENZA ENERGETICA / CASE STUDY

Tabella 1. Condizioni termoigrometriche nelle diverse fasi di lavorazione Fase

Temperatura media (°C)

Umidità relativa (%)

Salagione

3,5

80

Pre-riposo

3,5

50

Riposo

3,5

60

Asciugamento e pre-stagionatura

17

50÷60

Stagionatura

17

50

impianto, che è costituito da un sistema a espansione diretta, alimentato con R407F e composto da unità/centrali di compressione dedicate per ogni postazione di lavoro (Tabella 2), mentre le esigenze di riscaldamento per la deumidificazione sono soddisfatte con il recupero del gas caldo della compressione. Il sistema presenta un significativo incremento dei COP rispetto alla situazione antecedente: per esempio, per la parte di lavorazione ad alta temperatura il COP è stato raddoppiato. La gestione del sistema è demandata a una centralina elettronica, la cui programmazione è stata appositamente studiata per ottenere tutte le regolazioni necessarie a consentire che l’impianto operi sempre nelle condizioni ottimali. Il nuovo impianto consente di ottenere un risparmio stimato di circa 3.500 MWh/ anno, vale a dire un consumo del 50% in meno rispetto al fabbisogno elettrico ante intervento. Tali risultati, certificati dalla società ESCo TEP Energy Solution s.r.l., hanno permesso il riconoscimento da parte del GSE di 2300 Certificati Bianchi. Inoltre, il nuovo sistema HVAC incrementa la capacità di assorbimento

d’acqua dal prodotto, migliorandone la salubrità.

Principali interventi

Recupero dei gas di compressione per riscaldamento Il nuovo sistema di riscaldamento per deumidificazione utilizza il gas caldo prodotto dalla compressione, che viene inviato a una valvola a tre vie gestita elettronicamente e proporzionalmente; parte del gas, o la sua totalità, viene inviato a un evaporatore tipo gas-aria, che deumidifica e riscalda l’aria dei locali, mantenendo i valori di temperatura e umidità relativa ai livelli ottimali. Inoltre, utilizzando parte del gas di compressione, questo sistema permette di diminuire il valore della temperatura di condensazione a fronte di un minore utilizzo dei ventilatori dei condensatori.

Efficientamento degli evaporatori Le geometrie degli evaporatori sono state ottimizzate per ottenere una resa in deumidificazione superiore all’attuale media del settore, intervenendo in particolare su spessori dei tubi e delle alette. In entrata all’evaporatore il liquido viene sottoraf-

ENERGY MANAGEMENT Definire i profili di consumo, i vettori energetici e gli indicatori oggetto di misura è fondamentale per creare una cultura aziendale al fine di migliorare progressivamente le performance anche nel rispetto del corretto rapporto tra costi di intervento e benefici attesi. In questo progetto l’energy management prevede le seguenti attività: • installazione: vengono installati, in modo non invasivo, misuratori sui principali centri di consumo; • monitoraggio: vengono raccolte e analizzate le informazioni relative ai consumi energetici e ai relativi costi (dove, quanto, quando); • analisi e benchmark: viene definito il bilancio energetico del sito e le prestazioni vengono confrontate con i benchmark di settore; • individuazione di indicatori specifici per monitorare le performance energetiche del sito; • predisposizione di report periodici con analisi su scostamenti e suggerimenti su modalità di miglioramento. freddato, rimuovendo gli effetti negativi del flash gas. Il sottoraffreddamento è stato realizzato con una superficie di scambio termico tipo gas-aria all’interno dell’unità ventilante, adottando una configurazione particolare di sovrapposizione delle superfici, quindi senza nessun ulteriore dispendio di energia. L’alimenta-

Tabella 2. Valori delle temperature operative e COP/EER dei gruppi/unità di compressione Gruppo di compressione

Temperatura di evaporazione

Temperatura di condensazione

COP/EER

Unità di compressione 1

0 °C

+35°C

4,74

Unità di compressione 2

-5°C

+35°C

4,01

+35°C

3,34

Centrale di Compressione 3 -14°C

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zione dell’evaporatore tramite valvola termostatica elettronica permette la variazione del numero di giri del compressore in funzione delle pressioni di evaporazione e condensazione, mantenendo costante la resa frigorifera e aumentando il COP della macchina.

Efficientamento dei condensatori I condensatori ad aria con ventilatori assiali hanno motori elettrici, con un comando proporzionale 0/10 volt e un sistema di controllo flottante della pressione di condensazione. Questo consente di avere un valore di temperatura di condensazione molto vicino a quello della temperatura dell’aria. Il vantaggio è più significativo nei mesi estivi, quando il vincolo maggiore alle prestazioni del sistema è dato dal valore della temperatura esterna. Durante i periodi notturni e nei mesi freddi i ventilatori elettronici variano i giri automaticamente, garantendo il rispetto dei valori di tem-

peratura e pressione definiti da progetto. Per la ventilazione sono stati impiegati ventilatori elettronici: tutte le macchine sono dotate di inverter per la modulazione della velocità mantenendo inalterata la pressione di esercizio, garantendo un COP fisso per tutta la durata del funzionamento e, contestualmente, la massima resa in cattura di brina sull’evaporatore.

Recupero dei gas di compressione per lo sbrinamento Quando il ciclo di sbrinamento si avvia, il gas viene inviato a una valvola a tre vie proporzionale, posta in serie con la valvola termostatica elettronica dell’evaporatore. La valvola dello sbrinamento si apre e invia la quantità corretta di gas caldo all’evaporatore in funzione dello spessore della brina presente nell’evaporatore; la quantità eccedente passa attraverso la seconda valvola per completare il ciclo frigorifero.

Operando sull’ottimizzazione della quantità corretta di gas all’evaporatore, la pressione di aspirazione si mantiene a valori ideali settati da progetto e tali da avere il valore massimo della temperatura del gas frigorigeno, un aumento del COP del compressore e la diminuzione del tempo di utilizzo del compressore nel periodo di sbrinamento: ciò consente che l’operazione di rimozione della brina dalla batteria evaporante sia efficiente sia in termini energetici che temporali. Il sistema è dotato di una sonda di temperatura che analizza il valore della temperatura del gas di ritorno al compressore: quando questo è maggiore di quello della temperatura di rugiada il ciclo di sbrinamento viene interrotto. Questo permette di non avere tempi di sbrinamento inutilmente prolungati e di monitorare costantemente il valore della temperatura dell’evaporatore (il ciclo di sbrinamento si avvia solamente per valori della temperatura inferiori a -5°C).

VALUTAZIONE ENERGETICA E OTTENIMENTO DEI TEE Per la richiesta dei Titoli di Efficienza Energetica per il nuovo impianto di generazione del freddo è stata seguita la seguente procedura. 1. Identificazione degli indici di prestazione energetica In particolare, sono stati identificati l’indice di prestazione elettrico (EnPIele,b) che rappresenta l’energia elettrica consumata per kg di acqua rimossa, e l’indice di prestazione termica (EnPIth,b)

che rappresenta l’energia termica (in termini di consumo di metano) per kg di acqua rimossa. 2. Analisi e individuazione della configurazione di consumo di “baseline”

di riferimento) del settore in esame. Il consumo specifico baseline è pari a: EnPIT = EnPIele,b + EnPIth,b = 2.686 kWh/t I risultati del confronto sono mostrati in Tabella 4.

L’analisi ha portato ai risultati in Tabella 3.

4. Individuazione dell’algoritmo di calcolo dei risparmi di energia primaria

3. Confronto con i benchmark di settore

In caso di risparmio elettrico si ha: (EnPIele,b – EnPIele,post) · kgacqua rimossi In caso di risparmio termico si ha: (EnPIth,b – EnPIth,post) · kgacqua rimossi

Definiti gli indici per i vettori energetici, si ricava l’indicatore descrittivo totale e si confronta con i benchmark (valori

Tabella 3. Baseline di Consumo e definizione EnPI Consumo energia elettrica 2015 (da bolletta)

6917812

kWhele

EnPIele,b

21,9

kWhe/kgacqua

Consumo gas metano 2015 (da bolletta)

82753

Sm3

EnPIth,b

1,1

Sm3/kgacqua

10,3

Sm3/kgacqua

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SPECIALE REFRIGERAZIONE ED EFFICIENZA ENERGETICA / CASE STUDY

VALUTAZIONE ENERGETICA E OTTENIMENTO DEI TEE Tabella 4. Livelli di emissioni e consumo per la lavorazione del prosciutto crudo Unità funzionale

Consumo acqua

Acque di scarico

Rifiuto solido

Energia elettrica

Energia termica

No.

Descrizione

(m3/t)

(kg COD/t)

(kg/t)

(kWh/t)

(kg vapore/t)

A.1

Movimentazione e stoccaggio materiali

**(plastica, cartone)

*

A.2

Selezione, classificazione, decorticazione e guarnizione

* (carne)

*

A.4

Lavaggio

*(**1)

***

**(grasso)

*

**

A.5

Scongelamento

*(**1)

***

**(grasso)

*

**

B.1

Taglio, affettatura, macinazione, pressatura

*(carne)

*

B.2

Miscelazione, omogeneizzazione, concaggio

*(carne)

*

B.4

Formatura e estrusione

*(carne)

*

D.7

Salatura, indurimento e decapaggio

*(sale)

*

D.8

Affumicatura

*(cenere)

F.3

Disidratazione (solido/solido)

H.1

Imballaggio e riempimento

U.1

Pulizia e disinfezione

**

U.2

Generazione energia

*

U.3

Uso acqua

*

U.4

Generazione vuoto

*

U.5

Refrigerazione Totale complessivo di installazione tipica

***

2-201

*

*(polvere)

***

*(plastica)

** **

*

***

**

**

**

*(resine)

**

20-25

35-50

2500-40002

1) Il valore maggiore è valido per scongelamento con acqua 2) Termico + elettrico (1300-1400 kWh/T + 150-180 m3/t di metano) Livelli emissioni/consumi: * basso ** medio *** alto

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SPECIALE REFRIGERAZIONE ED EFFICIENZA ENERGETICA / CASE HISTORY

Barilla, un impianto di trigenerazione coniuga competitività e sostenibilità ambientale

I

n un mondo che va sempre più verso le energie rinnovabili, con l’ottica di diminuire i costi di gestione e, soprattutto, le emissioni inquinanti, il Gruppo Barilla si impegna a migliorare i processi tecnologici dei propri impianti contribuendo al benessere del pianeta. L’ultima novità su questo fronte riguarda l’impianto di trigenerazione nello stabilimento di Muggia (TS). Nel pastificio, acquisito nell’ottobre 2020 da Pasta Zara e fra i più grandi al mondo nel settore, è stato costruito un sistema di trigenerazione da 4,4 MWe, di proprietà e gestione di E.ON, che produce l’energia elettrica, termica e frigorifera necessari alla produzione della pasta e permette di ridurre le emissioni di COdi circa il 16%. Il progetto di Muggia fa seguito a quelli di Pedrignano (PR) e Marcianise (CE), dove sono già presenti degli impianti di trigenerazione.

Come tutelare il benessere del pianeta Nel 2020 Barilla ha investito oltre 8,8 milioni di euro per ridurre l’impatto ambientale dei processi produttivi, dei quali circa 2 milioni di euro sono stati destinati a interventi di efficientamento negli stabilimenti. Tra gli interventi di efficientamento ci sono per esempio l’utilizzo di forni e impianti di condizionamento ad alta efficienza energetica, la sostituzione dei bruciatori, il migliore isolamento termico, la realizzazione di sistemi di recupero di calore e ottimizzazione del lavaggio trafile. Ulteriori interventi di efficientamento energetico hanno riguardato i sistemi di

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illuminazione attraverso l’installazione di nuove soluzioni basate su tecnologie LED. L’investimento ha consentito l’implementazione del programma Energy Saving Project (ESP), nell’ambito del quale ogni stabilimento del Gruppo si impegna a ricercare nuovi progetti per ridurre il consumo di energia. Le iniziative intraprese hanno consentito di ridurre negli anni l’energia consumata per tonnellata di prodotto finito. Per quanto riguarda l’energia elettrica acquistata, una consistente quota, circa il 64% del totale, è dotata di certificazione Garanzia d’Origine (GO), certi-

ficazione che attesta l’origine rinnovabile delle fonti utilizzate. Dal 2010 ad oggi, l’Azienda di Parma ha ridotto del -31% le emissioni di COeq. e del 23% il consumo idrico per tonnellata di prodotto finito. Va in questa direzione il traguardo della completa compensazione delle emissioni di gas a effetto serra dei brand Wasa, Gran Cereale, Harrys e Mulino Bianco, i primi ad aver raggiunto la compensazione totale delle emissioni di CO2eq. Gruppo Barilla www.barillagroup.com

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SICUREZZA ALIMENTARE

E171: la nuova classificazione e il suo impatto sul mondo produttivo

C

ome noto, il Titanio biossido è una sostanza che viene utilizzata come additivo colorante nella produzione di alimenti, mangimi e nelle produzioni MOCA come additivo dual-use. Nel quadro normativo armonizzato degli additivi per uso alimentare (Reg. UE 1333/2008) è stato inserito negli Allegati II e III (rispettivamente: “Elenco UE degli additivi autorizzati negli alimenti e condizioni del loro uso” ed “Elenco dell’Unione degli additivi alimentari, compresi i supporti, autorizzati negli additivi alimentari, negli enzimi alimentari, negli aromi alimentari e nei nutrienti e condizioni del loro uso”). Al contrario, per l’impiego nel settore mangimistico, il quadro normativo armonizzato è il Reg. UE 1831/2003. L’evoluzione temporale degli studi di tossicologia condotti da EFSA, sollecitati dalla Commissione UE, ha indotto una modifica del suo profilo di rischio tossicologico, la quale ha generato due distinti atti normativi armonizzati che ne bloccano il suo utilizzo nella produzione dei mangimi da una parte e degli alimenti per uso umano dall’altra.

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Bloccato l’utilizzo del Titanio biossido nella produzione di mangimi e alimenti per uso umano

Il Reg. UE 2090/2021, pubblicato il 25 novembre 2021, ha sancito il divieto di utilizzo del Titanio biossido come additivo per mangimi destinati a tut-

te le specie animali mentre il Reg. UE 63/2022 del 14 gennaio di quest’anno ne blocca l’uso nella produzione alimentare (Figura 1).

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Giuseppe Brugali Tecnologo alimentare OTALL

Figura 1

Quest’ultimo atto normativo, composto da quattro articoli, in sostanza: a) vieta la vendita diretta al consumatore; b) cancella i riferimenti a E171 per le seguenti categorie nell’Allegato II: § coloranti alimentari del gruppo II autorizzati in quantum satis; § gruppo alimenti 04.2.4.1 - parte E; § gruppo alimenti 09.2 - parte E. c) cancella i riferimenti a E171 nell’Allegato III. Va precisato che il corpus degli studi tossicologici utilizzato da EFSA, alla base di questi atti normativi, sta facendo un percorso che, per quanto autorevole, necessita di ulteriori valutazioni che sono necessarie per approvare la sua sostituzione anche in ambito farmaceutico. Per quanto riguarda gli alimenti presenti sul mercato contenenti l’E171, l’art. 2 pone come data ultima il 7 agosto 2022: “tutti gli alimenti prodotti conformemente alle norme applicabili prima del 7 febbraio 2022 possono continuare a essere immessi sul mercato. Dopo tale data, essi possono rimanere sul mercato fino al termine minimo di conservazione o fino alla data di scadenza”.

formazione di una polvere con un’inevitabile distribuzione dimensionale particellare che comprende la presenza di una percentuale con diametro nanometrico (NP - nanoparticelle). Questo è in sostanza il cuore del problema: le nanoparticelle causano problemi alla salute se inalate e se ingerite. L’esposizione inalatoria riguarda sia gli operatori che producono la materia prima sia quelli che la utilizzano nelle diverse filiere produttive; questa sostanza colorante, di fatto è impiegata per la fabbricazione di vernici e smalti (coa-

ting) che ne rappresentano la principale voce di consumo a livello mondiale (circa il 60%), mentre quello per la produzione alimentare è meno significativo (inferiore al 10%). Detta pericolosità, gestita in ambito REACH, è esplicitata nella banca dati di ECHA, dove questo ossido minerale (CAS 13463-67-7) ha una classificazione CLP armonizzata: H351 sospettato di provocare il cancro per via inalatoria. Le specifiche linee guida pubblicate da ECHA indicano che questo pericolo per la salute deve essere dichiarato per le miscele del Titanio biossido in forma polvere quando queste contengono particelle con diametro aerodinamico ≤ 10 µm in quantità ≥ 1% p/p (Figura 2). Da ciò ne consegue che i produttori e/o importatori di miscele contenenti TiO2 in polvere, devono effettuare la valutazione del quantitativo percentuale di particelle presenti con diametro uguale o inferiore al valore cut-off e da lì poi procedere per la classificazione di pericolosità da riportare in etichetta apposta sulle confezioni immesse in commercio in UE. Questa procedura avrebbe interessato anche i produttori della versione additivo

Il profilo tossicologico del Titanio biossido E171 Le modalità produttive del Titanio biossido, ossido inorganico comportano la

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Figura 2

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SICUREZZA ALIMENTARE

colorante E171 ma le modifiche introdotte dai 2 atti normativi citati precedentemente, che ne vietano l’utilizzo nei mangimi e negli alimenti, rende inapplicabile questo passaggio. Consultando il BP-Brief Profile, sempre sul sito di ECHA, la tossicità inalatoria acuta LC50 (4h) risulta compresa nell’intervallo 3,43-6,82 mg/L aria (ratto). Viceversa i dati di tossicità orale acuta presentano valori di LD50 considerati praticamente non tossici: § LD50 2.000-25.000 mg/kg peso corporeo (ratto); § LD50 5.000 mg/kg peso corporeo (topo). Sempre nel BF della sostanza, ad oggi, viene riportato il valore della tossicità subcronica per la riproduzione espresso come NOAEL: pari a 1.000 mg/kg peso corporeo/ giorno. Lo studio di EFSA, pubblicato a maggio 2021[1], trae delle conclusioni derivanti da due distinte valutazioni: § una sulla componente delle NP-nano particelle potenzialmente presenti nell’additivo E171;

§ l’altra sul potenziale impatto sulla tossicità riproduttiva attraverso studi di tipo EOGRT (Extended One-Generation Reproductive Toxicity). Per quanto riguarda la prevalenza della numerosità nanoparticellare, EFSA ha rilevato che meno del 50% delle particelle dei campioni oggetto di studio avevano un diametro <100 nm mentre, quelle con valore <30 nm sono risultate inferiori all’1%. Con ciò EFSA ha giudicato scarsamente significativa/impattante la rilevanza di questo aspetto. Per quanto riguarda invece la possibilità di accumulo nell’organismo del Titanio biossido, EFSA ne dà conferma pur se la permeazione particellare a livello gastro/intestinale è tendenzialmente molto ridotta. È tuttavia la presenza delle pur basse percentuali di nanoparticelle a destare l’allarme in quanto esse hanno, a causa delle loro dimensioni, una maggior probabilità di permeazione e quindi di indurre possibili effetti cronici a seguito di accumulo nell’organismo. Nello specifico i risultati degli studi EOGRT hanno portato alla conferma dei seguenti dati:

§ per la tossicità generale e d’organo non hanno riscontrato effetti avversi – NOAEL – fino a una dose di 1.000 mg di TiO2/kg di peso corporeo al giorno e fino a una dose di 100 mg di TiO2 NP-nanoparticelle, >30 nm/kg di peso corporeo al giorno; § per la tossicità riproduttiva non hanno riscontrato effetti avversi – NOAEL – fino a una dose di 1.000 mg di TiO2/ kg di peso corporeo al giorno. Ed è proprio relativamente ai possibili effetti interattivi di natura genotossica che, nella sua pubblicazione, EFSA asserisce che le particelle del Titanio biossido sono in grado di indurre rotture del filamento di DNA e danni cromosomici, ma senza giungere a mutazioni genetiche. Tuttavia questi studi hanno presentato delle lacune che hanno impedito di definire una chiara correlazione tra proprietà chimico/fisiche della componente nanoparticellare, potenzialmente presente in E171 e gli esiti dei test – in vitro/in vivo – di genotossicità. In sostanza, da un lato manca l’identificazione di un valore cut-off per la dimensione particellare al di sotto del quale si attivano i processi fisiologici genotossici mentre, dall’altro, non sono ancora noti tutti i meccanismi d’interazione molecolare innescabili da questa classe di particelle quando presenti nell’organismo (Figura 3) A fronte di ciò, il panel di esperti EFSA ha ritenuto cautelativamente di non escludere il potenziale pericolo genotossico insito nel consumo dell’additivo E171 sancendone il divieto d’uso.

NOTE

Figura 3

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[1] “Safety assessment of titanium dioxide (E171) as a food additive”, EFSA Panel on Food Additives and Flavouring, 6 maggio 2021.

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SICUREZZA ALIMENTARE / SOLUZIONI

Il controllo e l’assicurazione qualità nelle aziende alimentari La qualità percepita e reale degli alimenti consente di dare valore all’immagine dell’azienda e crea reputazione, consentendo di distinguersi dalla concorrenza. Il modo migliore per rassicurare i clienti e consumatori è quello di garantire loro dei prodotti che rispondano alle aspettative e soddisfino i requisiti promessi, implementando e mantenendo all’interno dell’azienda un sistema di gestione della qualità. La soluzione Pipeline Parcel consente di automatizzare le diverse esigenze qui rappresentate:

Identificazione delle caratteristiche del prodotto finito Definire tutte le caratteristiche fondamentali che il prodotto deve avere per poter essere commercializzato, consentendo di costituire il controllo qualità interno per garantire e assicurare l’aderenza ai vincoli sul prodotto finito. Tramite i test di laboratorio sulle materie prime, i semilavorati e i prodotti finiti ottengo le conformità, rispetto agli standard di qualità definiti dalle norme e, se necessario, segnalare deviazioni e piani di miglioramento. Gestire i criteri di campionatura e di conservazione storica dei campioni. Tramite il laboratorio analisi e i capitolati di analisi eventualmente differenziati, Parcel gestisce sia gli aspetti identificativi che i documenti di analisi.

Flusso di lavorazione, layout linea e controllo qualità interno Definizione e identificazione dei flussi di lavorazione e dei layout degli ambienti di

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Produzione & Igiene

produzione tramite l’implementazione di procedure e istruzioni operative. Definizione dei controlli durante i processi produttivi e criteri di accettabilità, gestione dei cambiamenti e criteri di campionatura. Tramite la gestione degli IPC, Parcel gestisce i test in process integrandoli, ove occorra, nel rendiconto di lavorazione.

Qualifica e selezione dei fornitori Definite le caratteristiche del prodotto, è necessario, avendo identificato le materie prime coinvolte, gestire le relazioni con i fornitori, partendo dalla loro qualifica tramite azioni di audit e di valutazione statistica. Tramite il Quality Assurance, Parcel gestisce le anagrafiche fornitori, le visite ispettive, gli audit e le scadenze. Inoltre, consente i test di ingresso delle materie prime creando i presupposti per i richiami e le sospensioni.

Gestione dei reclami, verifiche ispettive interne e controlli da parte di enti terzi esterni Il controllo qualità ha il compito di analizzare le richieste e le indicazioni fornite dai clienti e intervenire sul sistema di gestione per efficientarlo e migliorarlo. È necessario pianificare e attuare verifiche ispettive e manutenere la documentazione così come è necessario interfacciarsi con gli enti esterni (ASL, NAS, enti di certificazione, clienti, etc.) per consentire controlli e dimostrazioni sulle procedure di qualità. Tramite la gestione Quality Assurance, Parcel gestisce i documenti di reclamo, ispezione e deviazione dei processi.

Industria 4.0 e l’automazione dei processi Il presente e il futuro dei controlli qualità sono nell’automazione, tendenza spinta dal digitale e orientata verso la connettività tra sistemi e persone. Integrazione di sistemi di verifica della qualità permettono di eseguire controlli mirati non solo ai campioni, ma, ove occorra e dia vantaggio competitivo, alla totalità della produzione. Da un lato la necessità di utilizzare sistemi di ispezione efficienti e capaci di lavorare su grandi numeri, integrandosi nelle linee di produzione e dall’altro NIRs consentono efficienza e velocità. Tramite la gestione Industria 4.0, Parcel gestisce le interfacce di dialogo verso le apparecchiature di laboratorio e sistemi di controllo di linea (se dialoganti). PIPELINE www.pipeline.it/parcel/

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PEST MANAGEMENT / PESTMED 2022

Fabio Chiavieri Giornalista

Il Pest Management strizza l’occhio al futuro green BolognaFiere ha ospitato PestMed 2022 l’appuntamento fieristico italiano organizzato da ANID dedicato al Pest Management. Molte le novità aziendali indirizzate all’ottenimento del massimo risultato nel totale rispetto della salute delle persone, degli animali no target e dell’ambiente

L

a regolamentazione UE nel campo del Pest Management nonché le relative Norme UNI EN hanno fortemente indirizzato la ricerca e sviluppo delle aziende di settore negli ultimi anni. Tutto ciò ha portato a un’evoluzione non solo dei prodotti disinfestanti, bensì a un miglioramento della qualità nei servizi di Pest Management tant’è che oggi si inizia a parlare di Disinfestazione Sostenibi-

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le come punta dell’iceberg di un concetto che si è via via sviluppato grazie alla spinta di importanti regolamenti – per esempio quello sui Biocidi – e dal crescente interesse verso la gestione degli infestanti di alcuni comparti industriali, in particolar modo quello Agroalimentare. Il tema ha ottenuto molta risonanza in occasione della fiera PestMed 2022, tenutasi a BolognaFiere dal 30 marzo al

1° aprile scorsi, sia attraverso le proposte delle aziende espositrici, sia grazie a eventi specifici come la tavola rotonda “Gestione degli infestanti in ambito Bio” con cui è stato presentato il tavolo di lavoro per lo sviluppo di un nuovo standard del “Pest management nel Bio”, alla luce del Memorandum of Understanding tra FederBio e A.N.I.D., di recente sottoscrizione.

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PEST MANAGEMENT / SOLUZIONI

Le formiche nell’industria alimentare

Q

uesti insetti sono vettori meccanici di potenziali microbi tra cui Salmonelle, clostridi, stafilococchi e bacilli. Le formiche sfruttano l’impianto elettrico che si irradia nell’industria alimentare per insediarsi in nuovi ambienti, contaminando così direttamente gli alimenti. L’uso di insetticidi in gel a “processo lento” è uno degli approcci elettivi per controllare la popolazione infestante. Agendo molto lentamente, consentono a numerosi rappresentanti della colonia di nutrirsene ignari dell’azione tossica che si materializzerà solo dopo l’ingestione. L’impiego dei gel è utile nei locali interni sia industriali che civili, mentre l’individuazione del nido permetterà un trattamento diretto con granuli idrosolubili o polveri bagnabili. Le trappole insetticide infine sono partico-

larmente pratiche poiché possono essere spostate secondo necessità e garantiscono un tempo d’azione davvero prolungato. Formirex® Granuli: Insetticida microgranulare bagnabile arricchito di sostanze attrattive a lunga persistenza. Il prodotto è utilizzabile dentro e fuori le mura di edifici civili per il controllo degli insetti striscianti. L’eradicazione della colonia avviene normalmente dopo circa una settimana. Advion® Gel Formiche: Advion® Gel Formiche a base di Indoxacarb, viene bioattivato in seguito all’ingestione da parte delle formiche, per la massima sicurezza nell’utilizzo e soprattutto per la massima efficacia. Advion® Gel Formiche risulta molto appetibile per tutte le tipologie di formica, garantendo il controllo completo dell’infestazione.

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PEST MANAGEMENT / PESTMED 2022

I numeri della manifestazione Non sempre il successo di una manifestazione fieristica viene decretato dall’affluenza di pubblico. PestMed 2022, al di là del numero di partecipanti – 5.780 – ha fatto della qualità degli stessi il vero punto di forza: ogni visitatore era, infatti, un selezionato professionista interessato alle novità del settore. Ben 219 sono stati i buyers certificati provenienti da 28 Paesi esteri che fanno di questa fiera un punto di riferimento internazionale. Molto diversificata la platea dei visitatori che ha visto nelle imprese di disinfestazione (43%) e nelle imprese di pulizia (29%) i blocchi più numerosi, seguiti da enti pubblici e istituzioni (10%), Università e Centri di Ricerca (5%), Multiutility (5%),

cooperative di servizi (5%), fornitori per prodotti per l’agricoltura (2%) e GDO (1%). Secondo gli organizzatori, questi numeri “…rilanciano tanto in ambito nazionale quanto internazionale, l’impegno di A.N.I.D. su un ambizioso doppio binario che intende da un lato portare il settore a contatto con realtà sempre più al di fuori della nicchia di appartenenza, riaffermando al tempo stesso anche il ruolo dell’Associazione nella rappresentanza degli operatori, produttori, fornitori e servizi che garantiscono la qualità e la correttezza della propria opera.” Come già accennato, all’ampio spazio espositivo (2 padiglioni per 6mila metri quadrati di esposizione) si sono affiancati ben 24 eventi, tra convegni e workshop, svoltisi in due arene riservate.

Il parere degli espositori In un comparto fortemente regolamentato come quello del pest control gli investimenti nell’innovazione dei prodotti crescono obbligatoriamente di anno in anno. “Nel nostro settore”, spiega Gian Luca Tabanelli Country Sales Manager Professional & Specialty Solution Italy di Basf, “non è facile innovare perché il mercato stesso non sempre è pronto ad accogliere le novità che introduciamo. Con Selontra®, presentato al mercato italiano a PestMed 2022, pensiamo di aver colto nel segno perché di fatto proponiamo la vera alternativa ai rodenticidi anticoagulanti il cui punto di forza è la velocità con cui il prodotto permette il controllo dei roditori. L’innovazione nel pest control significa anche aggiornamento professionale dei disinfestatori attraverso la formazione costante come, per esempio, sta facendo Basf dedicando una sezione di training online disponibile sul proprio portale”. Il rinnovamento passa anche per l’immagine aziendale come ci ha spiegato Valentina Masotti, CEO di Colkim: “Dopo 58 anni di presenza sul mercato, abbiamo deciso di modernizzare il nostro logo e di accom-

66

pagnarlo con un nuovo pay-off ‘more than chemistry’ a indicare che andiamo oltre le collaborazioni chimiche. In buona sostanza vogliamo puntare sulla massima innovazione ma sempre nel rispetto della nostra tradizione”. In particolare, Colkim ha lanciato una novità nell’ambito della lotta alle blatte. Dice Michele Ruzza Responsabile Ricerca e Sviluppo dell’azienda: “Abbiamo lanciato D-Gel, una rivoluzionaria esca in gel contro le blatte a base di Dinotefuran che è un neonicotinoide di terza generazione che è in grado di fornire risultati tre volte superiori agli attuali prodotti esistenti sul mercato”. E c’è anche chi ha deciso di condensare in un libro dal titolo “Gestione e controllo degli infestanti nell’industria alimentare” le proprie conoscenze sulla disinfestazione in un settore molto delicato come quello agroalimentare. “Il mondo dell’industria alimentare è molto complesso in cui ci sono tanti attori e tante esigenze diverse”, spiegano Enzo Capizzi e Francesco Nicassio, Technical Manager di Copyr nonché autori dell’opera. “Abbiamo pensato, quindi, di scrivere una guida che potesse servire a coloro che hanno a che fare con disinfestanti all’interno del comparto agroalimentare come disinfestatori, responsabili della qualità, etc. L’importanza di questo settore deriva dal fatto che in esso è compresa tutta la filiera di lavorazione e distribuzione del cibo che poi troviamo sulle nostre tavole la cui qualità e sicurezza sono indispensabili. Queste ultime caratteristiche sono messo a rischio da altre specie viventi quali insetti e mammiferi che vengono combattuti con disinfestanti il cui controllo, però, è altrettanto fondamentale.” La soddisfazione dei clienti è certamente un punto fondamentale nell’ambito del pest control, ma altrettanto importante, praticamente obbligatoria, è l’attenzione alle conseguenze sull’ambiente e sulla salute umana derivanti dall’impiego di disinfestanti. Questa considerazione è alla

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PEST MANAGEMENT / SOLUZIONI

Nasce Ekomille Z e la cultura Animal Welfare AVANZA Ekomille Z, presentato al mercato del Pest control lo scorso aprile, è il nuovo dispositivo di derattizzazione integrato con sistema di soppressione animal friendly. Il dispositivo risponde al bisogno di tutelare il benessere degli animali, preservandoli da dolore e sofferenza. La richiesta arriva a gran voce dai paesi anglosassoni, da sempre sostenitori della cultura Animal Welfare. Ekomille Z permette, infatti, una soppressione dei roditori infestanti rapida e indolore attraverso l’ elettrocuzione, classificata tra i metodi di soppressione umanitari. Il decesso avviene in un lasso di tempo massimo di due minuti e in uno stato di incoscienza determinato dalla morte cerebrale che anticipa quella definitiva per arresto cardia-

co. La linea Ekomille, oggi protagonista di un’evoluzione senza precedenti, ha visto da poco il lancio sul mercato di Ekomille RC, Ekomille CO2 e Ekomille Z. “Implementata con l’obiettivo di rispondere alle crescenti e diversificate richieste del mercato”, spiega Marino Marino, Product Manager Ekommerce, “la diffusione della linea coopererà all’introduzione di un nuovo modello di gestione dei roditori infestanti, segnando un importante passo avanti verso la cultura Animal Welfare, tema molto sentito soprattutto all’estero. Ciascuno di questi modelli è nato per dare una risposta tempestiva ad un bisogno espresso dal mercato. Ciascun modello è nato per dare corpo a idee nuove. Rispettare il benessere degli animali e adeguarsi

alle normative internazionali: questi gli obiettivi che Ekommerce ha perseguito attraverso l’ultimo upgrade di Ekomille”. EKOMMERCE www.ekommerce.it


PEST MANAGEMENT / PESTMED 2022

base della mission di Ekommerce che a PestMed ha potuto festeggiare i vent’anni di vita sul mercato del suo primo prodotto:

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“Ekomille”, racconta Ilaria Casalanguida, Amministratore dell’azienda, “è nato insieme all’azienda nel 2001. A Bologna viene proposto in una versione moderna, Ekomille Z, completamente gestibile e controllabile da remoto. Questo dispositivo digitale è stato progettato dopo attenta osservazione della biologia ed etologia dei roditori ed espleta la sua funzione senza l’impiego di veleni”. “Ekomille Z”, spiega Giuseppe Spina, Responsabile tecnico-scientifico dell’azienda, “nasce da una specifica esigenza di coniugare il controllo dei roditori, con un sistema che possa garantire una soppressione rapida e indolore e conservare la carcassa all’interno della macchina”. Innovazione sostenibile è anche il leitmotiv di Newpharm come sottolinea Enrico Bagarollo, Direttore generale di Newpharm: “la nostra Ricerca e Sviluppo lavora su quelle che sono le esigenze dei nostri clienti. Su queste basi sono nate novità nel campo dell’endoterapia, dei rodenticidi con trappole a cattura multipla che guardano a una chimica sostenibile, nel settore della lotta ai Ditteri con sostanze naturali in contesti zootecnici e civili, della lotta naturale - silicon free -

specifica contro le larve di zanzare. In particolar modo abbiamo lanciato nel mondo delle atmosfere controllate una nuova registrazione a base di CO2, normando di fatto l’impiego dell’anidride carbonica come insetticida”. Mariasole Schiavon, Responsabile Marketing e Comunicazione di Newpharm aggiunge: “Pestmed è una fiera molto attesa e rappresenta per la nostra azienda un momento importante per presentare le nostre novità di prodotto. Come recita il nostro payoff ‘Le persone al centro del nostro universo’, anche i visitatori dello stand che abbiamo allestito in fiera si sono trovati al centro delle nostre soluzioni esaltate ulteriormente da un’area interattiva in modalità virtuale”. Semplificare e agevolare il lavoro dei disinfestatori è l’obiettivo di Orma come ci spiega Salvatore Mangogna, Direttore commerciale dell’azienda: “abbiamo introdotto, per esempio, un sistema multicattura per ratti, un nuovo insetticida fumogeno per contesti civili molto semplice da utilizzare e poco impattante sull’ambiente. A PestMed abbiamo presentato anche la nostra offerta formativa perché riteniamo che il nostro compito non sia solo quello di immettere nuovi prodotti sul mercato ma anche quello di diffondere la nostra esperienza tecnica e manageriale utile alla crescita dell’intero settore”. Mauro Bergamini responsabile commerciale di Spray Team parla delle ultime novità introdotte sul mercato sempre in ottica green: “Abbiamo deciso di presentarci esclusivamente con i nostri atomizzatori professionali alimentati a batteria che sono le nostre ultime novità, in particolare il Battery Track 24 V 200 Lithium su carro cingolato per raggiungere i bersagli più facilmente su qualsiasi terreno. L’alimentazione a batteria rende la disinfestazione più silenziosa ed ecologica per salvaguardare il benessere dell’ambiente e dell’operatore, al contempo garantiscono alte prestazioni in termini di durabilità e autonomia di lavoro”.

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Produzione & Igiene

Giugno 2022


PRODOTTI E SOLUZIONI

CertaBlue, microbiologia rapida e professionale per ogni laboratorio Oggi Alitest è pronta per una nuova sfida, presentando sul mercato una novità molto importante: il nuovo sistema innovativo rapido microbiologico CertaBlue. Il sistema è composto da tre parti: AutoScanner, Certasoft e fiale. L’ AutoScanner rappresenta il cuore del sistema per il rilevamento microbiologico. Si possono effettuare test nell’ambito nutraceutico, alimenti, bevande, derivati del latte, cosmesi e prodotti farmaceutici. I sensori ottici presenti nell’AutoScanner monitorano lo sviluppo dell’anidride carbonica all’interno del campione, e rilevano i processi metabolici di crescita dei microrganismi in tempo reale. L’Autoscanner è formato da 2 blocchi da 20 posizioni di prova, regolabili singolarmente per temperature comprese tra i 25 e i 55°C. Lo strumento è modulare, possono essere montati fino a un massimo di 12 unità, per un totale di 480 posizioni di prova, controllabili con un singolo computer. Certasoft è il software che permette al computer di interfacciarsi con lo strumento. Nel programma sono precaricate un buon numero di matrici con relative curve, questo consente di avere uno strumento subito pronto all’uso. Durante l’incubazione è possibile visualizzare in tempo reale la crescita microbica del campione, tramite grafico e dati. Le fiale CertaBlue contengono un sensore ottico posizionato sul fondo della fiala, in grado di rilevare l’anidride carbonica come indicatore della crescita microbica. I sensori CertaBlue sono permeabili solo ai gas.

Giugno 2022

Produzione & Igiene

I liquidi, le matrici colorate, i coloranti e altre particelle non possono falsificare i risultati. Esistono apposite fiale pronte all’uso per la conta totale, coliformi, enterobacteriaceae, stafilococchi, lieviti e muffe, lattobacilli, inoltre la possibilità

di realizzare un brodo di coltura personalizzato per le specifiche esigenze del cliente. ALITEST www.alitest.it

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CONTROVENTO

Casuali o causali? Al momento della scrittura di queste righe il FAO Food Price Index ha già superato i 140 punti, segnando il massimo storico. E purtroppo sembra destinato a nuovi record, perché l’impennata dei prezzi avviene in situazioni straordinarie. La precedente cabrata dei prezzi fu registrata all’inizio della pandemia da Covid-19, soprattutto a causa delle tensioni nei mercati degli oli vegetali, stemperate nel semestre successivo. In breve, nel 2020 il sistema agroalimentare mondiale, ha vissuto la pandemia non senza sacrifici, mostrando la sua naturale resilienza. Purché non venga attaccato brutalmente da voraci speculazioni. In tal senso un’occasione d’oro tardò poco ad apparire. Si concretizzò alle 05.40 (UTC) del 23 marzo 2021, quando un piccolo errore umano, ingigantito da una grande tempesta di sabbia, fece sbandare una portacontainer nel Canale di Suez. La nave registrata con il nome di “Ever Given” (Mai Dato) che era lunga 400 metri finì di traverso, con la prora arenata in Asia e la poppa insabbiata in Africa, creando una coda di 400 navi, indecise se circumnavigare l’Africa o attendere la liberazione del passaggio ostruito. I ritardi nelle consegne, la mancanza di container rimasti nei porti orientali, crearono il propellente ideale al rialzo. I primi a schizzare – non a caso – furono gli oli e a seguire tutto il resto. Una corsa indiavolata al rialzo all’inizio speculativa e in seguito oggettiva, per gli aumenti generalizzati dell’energia, delle materie prime e per la scarsità – programmata! – dei fertilizzanti. Il colpo di grazia – reale e non metaforico – fu sparato in Ucraina il 24 febbraio 2022. Quindi seguirono le nuove sanzioni alla Russia, il blocco delle esportazioni di frumento (Russia e Ucraina: 30% del commercio mondiale) e dei girasoli (50% del commercio mondiale). Come ne usciremo? Nessuno lo sa! Se le coincidenze siano davvero casuali o causali, lo vedremo solo nel tempo. Ora di sicuro, tutti gli operatori delle filiere agro-alimentari, piccoli o grandi, non hanno bisogno di maghi, di eroi, hanno solo bisogno di calma, di raziocinio, di normalità. Al contrario degli speculatori, loro il cibo, il lavoro e l’impegno non l’hanno mai fatto mancare!

Operatori delle filiere agroalimentari alla ricerca di raziocinio e normalità

VINCENZO BOZZETTI

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Volete dire la vostra? Scrivete a: redazione.food@quine.it

Produzione & Igiene

Giugno 2022


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