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Progettare per l’inclusività sociale: etichette alimentari in Braille e applicazioni digitali per “un’etichetta narrante”

Azioni quotidiane, come scegliere un prodotto alimentare al supermercato o consultare il libro degli ingredienti al banco taglio, sono precluse a non vedenti e ipovedenti, non ancora tutelati dalla normativa che pure disciplina l’etichettatura e le informazioni ai consumatori. Con l’introduzione del Regolamento (UE) n. 1169/2011 sono stati fatti notevoli passi in avanti nell’informazione sugli alimenti al consumatore. Nei dati obbligatori che l’OSA (operatore del settore alimentare) è tenuto a riportare, troviamo tra l’altro elementi come il termine minimo di conservazione o la data di scadenza, le istruzioni per conservare al meglio il prodotto e/o le condizioni di impiego, la lista ingredienti con evidenza degli allergeni e la dichiarazione nutrizionale. La discussione verte ora sul fatto se è il caso di riportare sul campo visivo fronte pacco, su base volontaria e/o per legge (questo si vedrà in base a una decisione della Commissione che è prevista entro il 2022), una forma grafica con colori e lettere che associati a ogni alimento ne indicano il grado di salubrità (tipo il Nutri-

I soggetti non vedenti e ipovedenti non hanno la possibilità di identificare il prodotto acquistato in modo consapevole e sicuro

Giuseppe L. Pastori

Tecnologo e consulente alimentare Specialista delle carni e piatti pronti

score). In alternativa si valuta l’impiego di simboli pittografici basati all’opposto su specifiche come le porzioni e percentuali dei nutrienti (tipo il Nutrinform Battery proposto dall’Italia). In questo modo si dà un’immediata informazione sulle qualità organolettiche e nutrizionali del cibo che acquistiamo, soprattutto se queste ultime sono legate agli “effetti” che i prodotti potrebbero avere sulla salute. In tutti questi casi tuttavia il regolamento non tutela coloro che l’etichetta non la possono leggere, ciechi o ipovedenti, anche se lo stesso regolamento al considerando 17 riconosce che “gli operatori del settore alimentare dovrebbero agevolare l’accessibilità di tali informazioni alle persone con menomazioni visive”. Eppure secondo le stime al 2020 dell’IAPB (International Agency for the Prevention of Blindness), nei Paesi EU-27 le persone con deficit di vista (ciechi e ipovedenti con un residuo visivo non superiore a 3/10) sono circa 43.5 milioni, poco meno del 10% del totale della popolazione comunitaria. In Italia si stima che siano oltre 1.5 milioni gli ipovedenti a cui si devono aggiungere poco più di 350 mila ciechi totali. Si tratta dunque di un piccolo esercito di consumatori che non ha libero accesso alla scelta di qualsiasi genere alimentare e beni di consumo. Nei supermercati e nei negozi tradizionali che vendono cibi, come pure nei ristoranti, chi non ha il dono della vista non può muoversi autonomamente ma deve chiedere l’aiuto di qualcuno o al massimo fare acquisti online. Ma soprattutto, una volta a casa, i soggetti non vedenti e ipovedenti non hanno la possibilità di identificare il prodotto acquistato in modo consapevole e sicuro, se non facendosi applicare sui contenitori strisce tattili autoadesive con il nome del prodotto e la data di scadenza. Non possono però avere sottomano tutte le altre informazioni più significative e importanti.

Esempio farmaceutico

Una revisione del Reg. 1169/2011 non è all’ordine del giorno, come esplicitato dal Commissario Stella Kyriakides in risposta a una interrogazione della Parlamentare Europea Laura Ferrara, del 15 gennaio 2020, che chiedeva espressamente l’introduzione di un’etichetta accessibile sui prodotti alimentari per le persone con disabilità visiva. Solo per i farmaci esiste questa possibilità, derivando l’obbligo dalla applicazione della Direttiva 2004/27/CE (in modifica della Dir. 2001/83/CE) [1], dove viene stabilito un codice comunitario relativo all’utilizzo dei medicinali. In tale documento, all’art. 56 bis, si richiede di apporre sul packaging le indicazioni in Braille. Per i prodotti farmaceutici esiste anche una norma ISO aggiornata nel 2014 [2], che specifica i requisiti e fornisce una guida per l’applicazione del Braille all’etichetta. A parte ciò non esiste un approccio legislativo della Commissione Europea per definire un sistema volontario di etichettatura, utilizzando format in Braille, per il packaging di tutti i prodotti industriali (di qualunque natura, non solo alimentare) nonostante una precedente interrogazione scritta di alcuni membri del Parlamento europeo, presentata e condivisa da altri 447 parlamentari nel giugno del 2011 (rif. Written Declaration nr. 14/2011) [3].

Barriera… sormontabile

Al buio, le confezioni degli alimenti difficilmente denotano sufficienti differenze tra loro. Non basta l’esperienza tattile per distinguere un pacchetto di zucchero da uno di farina, un vasetto di marmellata da uno di sottaceti o per riconoscere i diversi tipi di affettati in vaschetta, le bibite, l’acqua naturale e gassata... Per non parlare delle informazioni che riguardano la data di scadenza, i tempi di cottura, le modalità di impiego e di conservazione, e così via. Il mercato alimentare è poco accessibile ai non vedenti e pone troppe barriere a chi deve orientarsi con la sola guida delle mani. Tuttavia è anche vero che da sola la punzonatura in caratteri Braille non è sufficiente a risolvere il problema: da un lato perché non è conosciuta dalla maggior parte degli ipovedenti, dall’altro perché sulle confezioni e sulle etichette non c’è un’area abbastanza ampia per scrivere tutte le informazioni obbligatorie per legge, essendo necessario un determinato spazio e dimensione del carattere Braille. Come conseguenza, i prodotti non sono scelti in piena libertà perché in apparenza le confezioni, per un non vedente, sono tutte uguali. È pur vero che in mancanza di obblighi e di riferimenti normativi, come avviene nel campo farmaceutico, le aziende che intendessero applicare etichette in Braille lo farebbero su base volontaria e in ordinea principi eti-

Il mercato alimentare è poco accessibile ai non vedenti

ci e sociali comunque importanti. Il mercato italiano ha già fatto da sfondo a iniziative di aziende sensibili a questa tematica. Sono note le esperienze di alcune società cooperative specializzate in prodotti biologici di sughi pronti, salse di pomodoro e succhi di frutta, e di una storica azienda veneta che ha presentato con etichetta Braille le proprie confetture e marmellate di frutta bio. Ovviamente ci si limita per ora a riportare il nome del prodotto, il marchio e la data di scadenza (come avviene nelle confezioni dei prodotti farmaceutici) perché altre informazioni di tipo nutrizionale e allergenico richiedono spazio. Tuttavia sarebbe già una conquista dare un’informazione a tutti i consumatori anche quelli che “comprano a occhi chiusi”. Non tutti i materiali però si prestano a essere impressi con questo alfabeto. Mentre infatti per carta, cartone, plastica rigida e anche etichette adesive di un certo spessore non ci sono ostacoli, diverso è il discorso per il packaging fatto in plastica sottile, come ad esempio quello delle merendine, che non si rivela adatto alla stampa di puntini in rilievo. La possibilità di apporre un’etichetta in carta comprometterebbe la riciclabilità dell’involucro. I produttori, dal canto loro, sono al lavoro per cercare nuove strade. Uno sviluppo sicuro arriva invece dall’impiego delle tecnologie moderne con App appositamente sviluppate (in combinazione con il Braille per le informazioni più sintetiche), che sono in grado di leggere un codice a barre o un QR Code o dei tag RFID (si veda box) per convertire le informazioni necessarie per l’acquisto in formato grafico (testo, foto, audio, video). Si parla di “etichette narranti” (o “parlanti”) perché convertono il QR Code inquadrato con lo smartphone (o il tag RIFD) in un messaggio audio che elabora le informazioni riportate in etichetta con una sequenza di priorità definite, che rendono accessibili determinate informazioni anche a chi non è in grado di leggere e vedere bene [4-5]. Un limite per gli ipovedenti potrebbe essere quello di mirare con lo smartphone il QR Code, ma ci stanno lavorando e alcune applicazioni consentono di ampliare il campo visivo dello smartphone.

Esperienze in Italia e nel mondo

Tuttavia, nonostante il sostegno per etichette alimentari più accessibili da parte delle comunità di non vedenti, tali applicazioni sembrano essere piuttosto rare nell’industria alimentare e le iniziative sono spesso a macchia di leopardo, In Italia per quanto riguarda l’impiego delle nuove tecnologie combinate con il Braille si segnala un’iniziativa congiunta del CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi della economia agraria) con la startup dell’innovazione digitale SISSPre, in collaborazione con l’Unione Ciechi e Ipovedenti di Cosenza. L’obiettivo è quello di creare un’etichetta accessibile (narrante) a partire dai QR Code scansionabili con uno smartphone. Simile iniziativa è proposta da Bandiera Lilla insieme all’Unione Ciechi e Ipovedenti di Savona e alcune aziende del settore oleo-vinicolo. Basata sul sistema della geo localizzazione è un’applicazione presentata da due giovani sviluppatori, premiata in un hackathon promosso dal Gruppo Végé e da PoliHub (l’incubatore del Politecnico di Milano): grazie alle onde sonore e una mappa virtuale del supermercato guidano l’ipovedente fino al prodotto che vuole acquistare (dopo averlo menzionato a voce); da lì inquadrando lo scaffale con lo smartphone e grazie all’intelligenza artificiale viene descritto il prodotto che si ha di fronte, riconoscendo etichetta e logo. In Europa e negli altri Paesi industrializzati la situazione è simile alla nostra ma ci si muove da più tempo. In Francia, Auchan nei suoi ipermercati e supermercati propone dal 2001 il 40% dei prodotti venduti a proprio marchio (alimentari, articoli per la cura della persona, detersivi) etichettati in Braille, con percorsi guidati tra le corsie mediante cartelli tattili che identificano il tipo di prodotto presente in quel punto. Questo lavoro ha coinvolto ingegneri, responsabili di prodotto Auchan, industriali e aziende di imballaggio che hanno lavorato per integrare il Braille su una grande varietà di contenitori. In Inghilterra, Sainsbury aveva iniziato esperimenti pilota in alcuni suoi punti vendita evidenziando in Braille le insegne dei comparti dei prodotti alimentari. In Svizzera la cooperativa Migros nel 2010 aveva stabilito una partnership con l’Associazione Svizzera dei Ciechi per sviluppare un dispositivo vocale che leggesse il barcode sui prodotti e fosse in grado di identificarli con voce sintetica. Il lettore basato sul principio di quello delle casse è stato sviluppato per essere utilizzato anche a casa, presupponendo che Migros tenesse i dati forniti costantemente aggiornati. In Spagna la ONCE, fondazione di volontariato sociale – con supervisione del Governo spagnolo – che assiste le persone con disabilità, sensibilizza in continuazione l’industria alimentare rivendicando le eti-

QR Code e tag RFID

La tecnologia QR Code (letteralmente “codice a risposta rapida”) grazie a una fotocamera e una connessione internet permette di trasferire immediatamente delle informazioni o aprire un collegamento con tutti i dati che si vogliono condividere, dati che sono inseriti in un codice 2D stampato sulla confezione. La tecnologia RFID si basa sulla Radio Frequenza per rilevare oggetti statici o in movimento, attraverso campi elettromagnetici. Tramite appositi software e hardware (comunicazione wireless tra Rfid Tag e Rfid Reader) si possono raccogliere informazioni e scambiarle a distanza in maniera automatica e istantanea.

chette in Braille per distinguere i prodotti, conoscerne la data di scadenza o comunicare se hanno allergeni. Soprattutto sollecita l’adozione di nuove applicazioni complementari come l’etichetta parlante generata dalla lettura del QR Code, che permette a un non vedente di riconoscere i prodotti una volta che si portano a casa [6]. Kellogg’s ha collaborato con l’applicazione NaviLens [7] per aggiungere codici speciali sulle confezioni in Europa allo scopo di aiutare le persone non vedenti e con problemi di vista. Gli speciali codici stampati di NaviLens possono essere scansionati da una distanza fino a 12 volte maggiore rispetto ai tradizionali codici QR e a barre, per aiutare gli ipovedenti, senza che una telecamera si concentri direttamente su di loro. Le nuove scatole permetteranno a uno smartphone di rilevare facilmente un codice unico sulla confezione e di riprodurre le informazioni di etichettatura per l’acquirente con problemi di vista.

Conclusioni

Pensare a un’etichetta o a un imballaggio per i non vedenti che deve essere toccato oltre che visto, richiede di superare due sfide: una di progettazione e una di applicazione. Anzi non deve diventare esclusiva per la comunità di non vedenti e ipovedenti, perché non deve sminuire l’esperienza del pubblico più ampio normodotato. Piuttosto, il design di un’etichetta per non vedenti e ipovedenti è un’aggiunta per garantire di soddisfare le esigenze di un pubblico specifico nel senso pieno dell’inclusività sociale ma può offrire anche informazioni estese fruibili da tutti sfruttando le potenzialità dell’intelligenza artificiale. Progettare un’etichetta in Braille per i ciechi e sviluppare contemporaneamente delle applicazioni per gli ipovedenti, che leggono codici a risposta rapida (QR Code) o tag di radiofrequenza per la geo localizzazione e che possono essere fruite anche a casa, può avere anche un vantaggio per i marchi commerciali, che volontariamente aderiscono a questa iniziativa civica e etica. Può consentire loro di realizzare un’azione di marketing ampliando la propria offerta a un pubblico specifico, che apprezza e ne parla all’interno della propria comunità, ottenendo così non solo un ritorno di immagine per il tipo di comunicazione sociale ma anche un ampliamento del proprio mercato.

Le “etichette narranti” convertono il QR Code inquadrato con lo smartphone in un messaggio audio che elabora le informazioni riportate in etichetta con una sequenza di priorità definite

Bibliografia

1. Direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 che modifica la direttiva 2001/83/

CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano. GU L 136 del 30.4.2004, pagg. 34-57. 2. UNI (2014). Packaging - Braille on packaging for medicinal products (ISO 17351:2013). 3. Poupakis K., Howitt R., Kósa A.,

Lichtenberger E., Wikström C. (2011). 3. Dichiarazione del Parlamento europeo del 23 giugno 2011 su un sistema di etichettatura volontario in braille sull’imballaggio dei prodotti industriali. P7

DCL(2011)0014. https://www.europarl. europa.eu/plenary/en/written-declarations.html# 4. López-de-Ipiña D., Lorido-Botrán T.,

Lopez-Novoa U. (2011). BlindShopping:

Enabling Accessible Shopping for Visually Impaired People through Mobile Technologies. In: Abdulrazak B. et al. (Eds.) - Toward Useful Services for

Elderly and People with Disabilities.

ICOST 2011. Lecture Notes in Computer Science, vol 6719, pp 266-270. ©

Springer, Berlin Heidelberg. https://doi. org/10.1007/978-3-642-21535-3_39 5. Khan A., Khusro S. (2021). An insight into smartphone-based assistive solutions for visually impaired and blind people: issues, challenges and opportunities.

Univ Access Inf Soc 20, 265–298. https:// doi.org/10.1007/s10209-020-00733-8 6. ONCE Comisión Braille Española (2021).

Documento técnico B 13: Etiquetado en braille de productos de consumo. Versione 3: giugno 2021 https://www.once. es/servicios-sociales/braille/documentos-tecnicos/documentos-tecnicos-relacionados-con-el-braille/documentos/ b13-etiquetado-en-braille-de-productos-de-consumo/view 7. https://www.navilens.com/en/

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