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La fermolievitazione, una consolidata frontiera nel settore della panificazione e della pizzeria
Da oltre 20 anni nel settore della panificazione e della pizzeria si è diffusa la metodica della fermolievitazione, ovvero la messa in frigo alla temperatura di 1-4°C dell’impasto durante la lievitazione. È un’operazione elementare che ha portato grossi vantaggi, sia in termini di gestione organizzativa aziendale, sia in termine di qualità organolettica e di digeribilità del prodotto.
Cosa avviene durante il processo di fermolievi azione?
In frigo, a 4°C, la lievitazione è fortemente rallentata, ma non completamente bloccata. Durante lo stazionamento in frigo dei panetti, gli enzimi della farina, assieme a quelli rilasciati dai lieviti durante la preparazione dell’impasto, iniziano a rompere lentamente le strutture complesse amidacee e soprattutto quelle proteiche. Naturalmente più i panetti rimangono in frigo, maggiore sarà l’azione di demolizione delle amilasi e anche delle proteasi che, a loro volta, attaccheranno le proteine del glutine, disgregandole. Un buon processo di maturazione non può prevedere una sosta in frigo inferiore alle 30 ore. Questo fenomeno è impor-
A temperature intorno a 20°C la velocità di lievitazione supera di gran lunga la velocità di maturazione, intesa specificatamente come attività amilasica e proteasica
Francesco Salemi
Tecnologo alimentare OTASS
tante, poiché gli enzimi creano il “cibo” necessario per la vera fase fermentativa successiva, quando appunto i panetti verranno portati a temperature maggiori per il completamento della lievitazione. Naturalmente il processo di maturazione dipende anche dalla forza della farina (cioè dal W, parametro tecnico che esprime il rapporto tra la resistenza e l’elasticità del glutine). Processi di maturazione protratti per tanto tempo consentono agli enzimi una maggiore destrutturazione dell’impasto. Più una farina è forte, più ha un W elevato, maggiore dovrà essere il tempo di maturazione, cioè di sosta in frigorifero. Questo perché le strette maglie del glutine richiederanno un’attività enzimatica di rottura maggiore e prolungata nel tempo.
Cosa succede a temperatura ambiente durante il processo fermentativo?
A basse temperature l’attività di demolizione degli zuccheri e delle proteine azionata dagli enzimi procede più o meno alla stessa velocità della fermentazione dei lieviti. A temperature intorno a 20°C, per esempio, la velocità di lievitazione supera di gran lunga la velocità di maturazione, intesa specificatamente come attività amilasica e proteasica (con optimum a 40-45°C). A queste temperature il lievito agisce molto più rapidamente degli enzimi, infatti nel primo tratto la curva di lievitazione è più alta rispetto alla curva di maturazione. Come si evince dal Grafico 1, i punti massimi delle due curve sono distanziati nel tempo. La curva di lievitazione scende rapidamente dopo la sesta ora, mentre la curva di maturazione continua ancora a salire. La temperatura di 20°C favorisce maggiormente l’attività dei lieviti anziché quella degli enzimi. La maturazione è favorita anche da un aumento di temperatura, ma 20°C è la temperatura ottimale che favorisce una maggiore progressione del processo fermentativo. Quando si utilizza un panetto che presenta una lievitazione di 6 ore circa (o comunque
Grafico 1 di poche ore), si avrà un panetto lievitato, ma non maturo abbastanza. Esso avrà un decadimento fermentativo molto rapido.
Grafico 2
Curva degli zuccheri
Una fermentazione breve a temperature comprese tra 20°- 30°C può essere descritta con la curva presente nel Grafico 2. Durante le prime 2 ore i lieviti utilizzano rapidamente gli zuccheri producendo anidride carbonica, alcol etilico e altri composti. Infatti, la curva sale rapidamente. Intorno alla terza ora, il panetto raggiunge il picco massimo, cioè il punto massimo di lievitazione. Dopo la terza
In frigo gli enzimi della farina, assieme a quelli rilasciati dai lieviti durante la preparazione dell’impasto, iniziano a rompere lentamente le strutture complesse amidacee e proteiche
ora il panetto accusa una sorta di decadimento, cioè inizia a perdere il gonfiore. La curva scende. Ciò è dovuto al fatto che i lieviti non hanno più a disposizione “il cibo” e non possono più produrre gas. Questo decadimento aumenterà sempre di più, di ora in ora. È definito EMIVITA l’intervallo di tempo in cui la lievitazione è all’incirca al punto massimo (la linea rossa del grafico indica questo periodo). In questo caso l’emivita dura all’incirca 2 ore. Ciò accade perché il panetto ha subito un processo di maturazione breve, gli enzimi non hanno avuto il tempo di agire e di conseguenza il panetto non presenta zuccheri semplici (utili per i lieviti) in quantità sufficiente per mantenere costante la lievitazione nel tempo. Con un processo di maturazione più lungo, si ha una produzione maggiore di zuccheri da parte delle amilasi. Durante le prime ore la lievitazione procede normalmente, essa raggiunge il punto massimo dopo 7 ore (la curva sale, vedi Grafico 3). Pian piano poi la lievitazione rallenta. Infatti la curva decresce. L’EMIVITA, a differenza dell’esempio precedente, ha una durata maggiore, cioè circa 6 ore, poiché i lieviti sono riusciti a fermentare, a dare consistenza al panetto per molto tempo grazie a un’abbondante quantità di zuccheri. La presenza di molti zuccheri
Grafico 3 semplici è dovuta a una maturazione prolungata che ha visto agire gli enzimi per molto tempo. Il panetto riesce in questo modo a mantenere un certo gonfiore, una certa consistenza per diverse ore. Questo è un fattore importante ai fini dell’ottenimento di un prodotto omogeneo per una pizzeria, in quanto si garantisce un prodotto che non presenti cali di fermentativi per tutta la serata produttiva. Inoltre, tenendo i panetti nelle salette in frigo, si possono gestire convenientemente a seconda le necessità, oppure tenerli in frigo anche per i giorni successivi evitando sprechi per mancato utilizzo.
Grafico 4
Nel Grafico 4 vengono paragonate le due curve precedentemente illustrate. Dal grafico emerge chiaramente che esiste una chiara differenza di tenuta di lievitazione tra un panetto lievitato, per esempio, per 3 ore e un panetto “lievitato” in frigo (o maturato) per un periodo di almeno 24 ore. L’intervallo di tempo segnato con la linea rossa (equivalente all’EMIVITA) è più breve nella prima curva ed è più lungo nella seconda.