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Quando saremo noi a mettere le camole

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Finalmente, se così si può dire, l’autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha espresso parere positivo sull’uso di insetti come nuovo alimento. In realtà la questione è un po’ più complessa di così, poiché esistono numerosissime specie di insetti teoricamente commestibili, e altrettante richieste di valutazione di nuovi alimenti da essi composti, sottoposte ad Efsa. Per ora, è l’utilizzo di larve delle tarme della farina (Tenebrio molitor), allevate ed es-

siccate, ad essere stato valutato come sicuro per il consumatore. Dall’analisi della letteratura, non sono emerse criticità dal punto vista nutrizionale - anzi si tratterebbe di un’interessante fonte proteica, tra le altre cose particolarmente sostenibile - né da quello tossicologico. Il trattamento di essicazione permette di ottenere la sicurezza microbiologica, mentre rimane aperta la questione allergeni (gli insetti sono composti anche da proteine simili a quelle dei crostacei e degli acari della polvere, e si cibano di farine che possono contenere glutine), che sarà affidata ad una corretta ed esaustiva etichettatura. Prima di poter fare grandi scorpacciate di queste esotiche prelibatezze, dovremo però attendere che la Commissione Europea formuli una proposta di autorizzazione e che i paesi membri votino per l’immissione sul mercato della larva gialla. Nel frattempo, possiamo lavorare sul cosiddetto “fattore disgusto”, come lo ha chiamato il collega Giovanni Sogari, ricercatore dell’Università di Parma, che ha a lungo studiato la percezione del consumatore riguardo all’entomofagia. Con il tempo, e grazie alla suggestione positiva derivante dal sapere che oltre ai 2 miliardi di persone che vanno già ghiotti di insetti, e che anche gli altri paesi europei stiano arricchendo i ricettari con zampette tra gli ingredienti, questa repulsione potrebbe essere superata. D’altronde, contro ogni pronostico, anche noi italiani - pizza, pasta e mattarello - ci siamo appassionati al sushi: chi dice che in qualche anno non apriremo le nostre menti, e le nostre tavole, a qualche saltellante microalimento? Si tratta poi di vedere se gli insetti diverranno alimenti per pochi e bizzarri consumatori o se il costo finale dei prodotti derivati sarà compatibile con una maggiore diffusione, così da disporre di un’altra fonte sicura di proteine (o di proteine sicure), alternativa ai nostri tradizionali alimenti occidentali, utile a nutrire, in futuro, i sempre più numerosi abitanti del nostro pianeta.

Possiamo iniziare a lavorare sul “fattore disgusto”

BENEDETTA BOTTARI

Professore Associato Microbiologia degli Alimenti Università degli Studi di Parma

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