ioArch
Anno 14 | Settembre 2020 euro 9,00 ISSN 2531-9779 FONT Srl - Via Siusi 20/a 20132 Milano Poste Italiane SpA Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in l. 27.02.2004 n. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB Milano
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AUGMENTED AGE IL PROGETTO NELLA SECONDA ETÀ DELLE MACCHINE
LUOGHI E SPAZI PER STARE INSIEME CLAUDIO LUCCHIN | LABICS | BIG | LABORATORIO PERMANENTE | MICROSCAPE | ALBERA MONTI REFIK ANADOL | MAMOU-MANI | ROLAND BALDI | CHARTIER DALIX | TIEMANN-PETRI KOCH | XDGA
72 SOMMARIO ioArch 89
20 Riccione | POLITECNICA, NUOVO MUSEO DEL TERRITORIO 22 Venezia | CECCHETTO&ASSOCIATI, AMPLIAMENTO CA’ FOSCARI 24 Merano | DMAA, RESIDENZA ANTONIANUM 26 Brema | DMAA, EX-KELLOGG’S
FOCUS 30 Un complesso scolastico | BRIANZA PLASTICA 32 Pavimenti in Rovere | GARBELOTTO 34 Laminato a Spina di Pesce | ITALFLOORING
ARCHIWORKS
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36 La cura e l’Architettura | TPK-ARCHITEKTEN 40 The Students’ Boat | BJARKE INGELS GROUP 42 Nel verde la nuova centralità urbana | EUROMILANO, LABICS
LPP - ARCHITETTI ITALIANI a cura di Luigi Prestinenza Puglisi
50 Microscape
6 Avamposti di lavoro | LABORATORIO PERMANENTE
DESIGNCAFÈ 8 - 10 Eventi 28 - 58 - 106 Libri
WORK IN PROGRESS 12 Milano | ASTI ARCHITETTI, PARK TOWERS 14 Milano | COIMA CON PARK E SNÖHETTA, PIRELLI 35 16 Cuneo | EUROAMBIENTE, PARCO FERRUCCIO PARRI 18 Roma | KIRIMOTO, CENTRO CIVICO POLIVALENTE
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SOMMARIO
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PROGETTARE CON LE MACCHINE
PROFILI
a cura di Carlo Ezechieli
96 Albera Monti & Associati
59 Architettura Aumentata
105 Il laboratorio che dà forma alle idee | CANOBBIO ARREDAMENTI
60 La nuova frontiera | ARTHUR MAMOU-MANI 68 Paesaggi digitali | REFIK ANADOL
ELEMENTS a cura di Elena Riolo
SPAZI COMUNI
107 Ibridazioni
72 A lezione di architettura | LUCCHIN & ASSOCIATI 80 Scuola a misura di bambino | ROLAND BALDI ARCHITECTS 84 Didattica aperta | XDGA - XAVEER DE GEYTER ARCHITECTS 88 Metamorfosi urbane | CHARTIER DALIX 92 A Spazio Te tra arte e cultura 94 Sotto la pandemia la panca crepa | MICHELE SMARGIASSI 95 Giochi d’acqua accolgono i viaggiatori | FORME D’ACQUA
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In copertina Refik Anadol Melting Memories Pilevneli Gallery Istanbul, 2018. Opere che non finiscono di stupire di incuriosire e di aprire interrogativi inediti sul rapporto tra la dimensione digitale in cui siamo ormai immersi e gli spazi fisici nei quali abitiamo.
Direttore editoriale Antonio Morlacchi
Contributi Pietro Mezzi Luigi Prestinenza Puglisi Elena Riolo, Michele Smargiassi
Direttore responsabile Sonia Politi
Grafica e impaginazione Alice Ceccherini
Comitato di redazione Myriam De Cesco, Carlo Ezechieli Antonio Morlacchi, Sonia Politi
Marketing e Pubblicità Elena Riolo elenariolo@ioarch.it
Editore Font srl, via Siusi 20/a 20132 Milano T. 02 2847274 redazione@ioarch.it www.ioarch.it Fotolito e stampa Errestampa
Prezzo di copertina euro 9,00 arretrati euro 18,00
Reg. Tribunale di Milano n. 822 del 23/12/2004.
Abbonamenti (6 numeri) Italia euro 54,00 - Europa 98,00 Resto del mondo euro 164,00 abbonamenti@ioarch.it
Periodico iscritto al ROC-Registro degli Operatori della Comunicazione.
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Spedizione in abbonamento postale 45% D.L. 353/2003 (convertito in legge 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1 - DCB Milano
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› FUTURO PROSSIMO
Laboratorio Permanente Fondato nel 2008 da Nicola Russi e Angelica Sylos Labini, lo scorso anno lo studio milanese Laboratorio Permanente ha vinto, con OMA, il concorso Farini, masterplan per la riqualificazione degli scali ferroviari dismessi Farini e San Cristoforo di Milano. Lo studio, che nel 2012 aveva ottenuto una menzione d’onore al premio Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana, lavora a tutte le scale, dall’urbanistica all’architettura al progetto di interni. Ogni progetto nasce dall’attenta osservazione del contesto: l’ambiente naturale e la cultura materiale di un luogo, le regole che lo governano, l’identità di una comunità o di un’istituzione, la storia di una singola persona. Laboratorio Permanente ha partecipato alla XIV e alla XVI Biennale di Architettura di Venezia. www.laboratoriopermanente.com
AVAMPOSTI DI LAVORO QUELLO SVILUPPATO DA LABORATORIO PERMANENTE CON TIMESWAPP RAPPRESENTA UN APPROCCIO PROGETTUALE INTEGRATO PER RIPENSARE L’ORGANIZZAZIONE E GLI SPAZI DEL LAVORO BEN AL DI LÀ DELLE CONDIZIONI IMPOSTE DALL’EMERGENZA Le ipotesi di riorganizzazione degli uffici che abbiamo visto in questi mesi affrontano in genere aspetti puntuali – ovviamente non trascurabili e necessari – legati all’emergenza e alle attuali disposizioni normative, ma in fondo sottendono l’idea di un ritorno alla ‘normalità’. Tuttavia l’accelerazione di processi di transizione che erano già in corso prima della pandemia – non solo il lavoro da remoto ma soprattutto la necessità di dare spazio alle molte forme di lavoro cosiddetto ‘atipico’, nelle quali spesso risiede il maggior grado di innovazione – implica un ripensamento ‘sistemico’ dell’organizzazione e degli spazi del lavoro. Un ripensamento che mette in discussione l’idea stessa di città, di mobilità e di territorio, per altri versi già oggetto di notevoli ipotesi di cambiamenti, per non parlare dei riflessi economici sugli asset immobiliari di un patrimonio costruito rivelatosi improvvisamente ridondante. Per queste ragioni è di grande interesse la proposta recentemente elaborata da Labora-
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torio Permanente insieme a Timeswapp, uno studio di consulenza aziendale del gruppo Inaz. A un primo livello di riorganizzazione in senso ‘task-oriented’ degli spazi interni, Laboratorio Permanente affianca un secondo livello, inoltrandosi alla ricerca delle potenzialità inespresse della sede aziendale fisica. Il progetto immagina qui la trasformazione del tipico blocco uffici in una sorta di campus, sia pure organizzato in verticale e senza le amenità delle tech company californiane: gli spazi liberati dal lavoro agile diventano allora l’occasione per accogliere all’interno della sede tradizionale un ecosistema di lavoro capace di ospitare nuove relazioni e sinergie di impresa. Del resto – ci ricorda Nicola Russi, uno dei partner di Laboratorio Permanente – casi del genere esistono già. Ad esempio il Fintech District, progetto promosso da SellaLab, la piattaforma di innovazione del gruppo Banca Sella, e gestito da Copernico Isola, con alcuni dei 12 piani dell’edificio di via Sassetti 32 a Milano lasciati liberi per ospitare start-up operanti nel campo della finanza.
Ma l’idea più innovativa, che nel quadro del lavoro per il nuovo PGT di Bergamo Laboratorio Permanente ha già presentato al sindaco del capoluogo lombardo, è quella – che appare oltretutto complementare a quella ‘città a 15 minuti’ di cui si parla proprio in questi mesi – di creare, sul territorio metropolitano vasto, nuovi ‘avamposti di lavoro’: ambienti di co-working verso i quali convergano, dalle proprie abitazioni, dipendenti e collaboratori di imprese che hanno sede altrove. Avamposti che, accogliendo anche gruppi di dipendenti di aziende diverse, potranno generare nuovi flussi di idee e far nascere nuove collaborazioni, avviando una logica produttiva – nelle parole di Russi – generativa e non, come finora è stato, ‘estrattiva’ di intelligenze. Una sorta di decentramento produttivo che, oltre a liberare la residenza di funzioni che non le appartengono e il sistema dei trasporti di un pendolarismo gravoso, presenta il vantaggio di ridare vitalità anche ai luoghi periferici delle grandi aree metropolitane
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› FUTURO PROSSIMO All’ipotesi minima di riorganizzazione degli spazi in logica ‘task-oriented’ (schema a sinistra) Laboratorio Permanente affianca due ipotesi più radicali: la trasformazione della sede fisica in un nuovo ecosistema di lavoro capace anche di agire da incubatore di imprese innovative contigue al core business aziendale (a destra) e la creazione di avamposti di lavoro distribuiti sul territorio in grado di accogliere team di lavoro da remoto, anche di aziende diverse. Avamposti (schema in basso) che, sul piano della produttività, presentano un approccio generativo al lavoro e sul piano del territorio possono ridare vitalità a aree periferiche, vissute finora solo come miniere di intelligenza da concentrare nella città.
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› DESIGNCAFÈ
Ogni giorno online
A Mendrisio i disegni giovanili di LC
OLTRE AL PERIODICO, L’INFORMAZIONE DI IOARCH PROSEGUE QUOTIDIANAMENTE CON NUOVE NOTIZIE, SERVIZI E STORIE SU WWW.IOARCH.IT, DOVE TROVATE, FACILMENTE RICERCABILE PER PAROLE-CHIAVE, L’INTERO ARCHIVIO DEGLI ULTIMI DODICI ANNI. TRA GLI ARTICOLI DI QUESTO MESE:
È aperta fino al 24 gennaio 2021, al Teatro dell’Architettura di Mendrisio, la mostra, a cura di Danièle Pauly, dei disegni che un giovane CharlesÉdouard Jeanneret eseguì tra il 1902, anno del suo ingresso nell’École d’arts appliqués di La Chaux-deFonds, e il 1916, quando si trasferì definitivamente a Parigi. Disegni appartenenti a collezioni private e pubbliche e in gran parte inediti, accompagnati da una serie di
riproduzioni di disegni originali e di carnet di viaggio eseguiti nello stesso periodo, che dimostrano l’importanza che fin dagli esordi Le Corbusier attribuì al disegno. Per tutta la durata della mostra inoltre, al secondo piano del Teatro dell’Architettura, in collaborazione con Milano Design Film Festival, va in onda la rassegna Living Le Corbusier, una selezione di filmati sulla vita e le opere dell’architetto svizzero.
Il campus della Bologna Business School È di Mario Cucinella Architects il progetto per il campus della Bologna Business School che sorgerà sulle colline intorno alla città, di fronte all’attuale sede di Villa Guastavillani: un volume leggero, in gran parte vetrato, che creerà un constante dialogo tra interno e esterno.
render ©MIR
2 Murray Road a Hong Kong Forme organiche ispirate alla natura e tecnologia evoluta nel nuovo complesso per uffici progettato da Zaha Hadid Architects che sta sorgendo nel centro di Hong Kong. Un edificio alto 190 m con una facciata trasparente di cellule di vetro a 4 strati, a doppia curvatura.
foto ©Alex Filz
Belvedere sul ghiacciaio Vetro e corten per un punto di osservazione privilegiato, a quota 3.251 m, sul ghiacciaio della val Senales e verso il luogo dove nel 1991 venne rinvenuto lo scheletro dell’uomo di Ötzi. Il progetto di noa* network of architecture comprende il camminamento e incorpora la preesistente croce di vetta. [8]
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Homo Faber, una guida all’alto artigianato Su iniziativa della Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship, organizzazione senza scopo di lucro fondata nel 2016 da Johann Rupert e Franco Cologni della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, nasce oggi Homo Faber Guide, un nuovo strumento, online e in una app, per scoprire
artigiani, manifatture, musei, gallerie ed esperienze legati al mondo dell’alto artigianato europeo. Navigando si scoprono gemme di artigianalità nascoste in ogni angolo d’Europa. Un universo fatto di botteghe, negozi storici e caselaboratorio che molti credevano scomparsi.
› DESIGNCAFÈ
L’evoluzione degli ambienti di lavoro
ALL AROUND WORK DAL 6 ALL’8 OTTOBRE A MILANO LA PRIMA EDIZIONE DELLA MANIFESTAZIONE CHE AFFRONTA IL TEMA DELLA TRASFORMAZIONE DEI LUOGHI DI LAVORO CON INCONTRI IN PRESENZA E IN STREAMING
Marco Predari Architetto, presidente e socio di Universal Selecta e tesoriere e membro del comitato imprese ADI.
Alfonso Femia Architetto, co-fondatore nel 1995 di 5+1AA, dal 2017 Atelier(s) Alfonso Femia con sedi a Genova, Milano e Parigi.
Preceduta, in questo periodo di lavoro a distanza, dai ‘webinar del martedì’ a cui hanno preso parte più di 2.500 professionisti, prende in via il 6 ottobre presso lo spazio Megawatt Court in via Watt a Milano la prima edizione di All Around Work, manifestazione ideata dagli architetti Alfonso Femia e Marco Predari, organizzata da Events Factory, divisione del Gruppo BolognaFiere e di cui IoArch è media partner. Pensato con l’obiettivo di indagare l’evoluzione del mercato e rispondere alle esigenze di progettazione di nuovi modelli organizzativi per l’ufficio e
il lavoro, l’appuntamento non poteva essere più puntuale nell’attuale contesto dell’emergenza sanitaria, che ha prodotto una forte accelerazione del fenomeno della trasformazione dei luoghi di lavoro. All Around Work si propone in primo luogo come punto di incontro tra domanda e offerta, con un percorso espositivo di nuova generazione organizzato in cinque aree tematiche (architettura, ingegneria, general contract, arredo per ufficio, tecnologie) e prevede un denso palinsesto di eventi, incontri, in presenza e in streaming, di assoluto valore per il mondo della progettazione e delle imprese
dell’arredo, per gli sviluppatori e gestori immobiliari e per le aziende di servizi che si occupano di spazi per il lavoro (qui https://eventsfactoryitaly.it/palinsestoeventi-aaw/ il programma completo). Gli incontri, accreditati presso l’Ordine degli Architetti di Milano, vedranno la partecipazione di esperti del settore e opinion leader che racconteranno le migliori prassi, maturate anche in questo periodo di profondo cambiamento del mercato.
www.allaroundwork.it
› DESIGNCAFÈ
PREMIO CARLO SCARPA PER IL GIARDINO
LE ARIDE VALLI DELLA CAPPADOCIA UN PAESAGGIO CHE È IL RISULTATO DEL DELICATO EQUILIBRIO TRA LA NATURA GEOLOGICA DEL SUOLO E LE FORME DELL’INSEDIAMENTO UMANO. IL SIGILLO CARLO SCARPA ALLA MISSIONE ITALIANA CHE DAL 2006 LAVORA AL RECUPERO DEI CICLI PITTORICI DELLE CHIESE RUPESTRI La trentunesima edizione del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino è dedicata alla Valle delle Rose e alla Valle Rossa, in lingua turca Güllüdere e Kızılçukur. Al centro della penisola anatolica, da sempre ponte per culture diverse tra l’Asia e l’Europa, tra il Mediterraneo e il Mar Nero, la Cappadocia si estende con i suoi altipiani a mille metri di altitudine e circondata da vulcani imponenti. Il suolo è arido, scavato dall’acqua e dal vento; il clima difficile. Tutto questo forma lo scenario naturale di una regione che vede, fin dal primo secolo, l’arrivo del primo cristianesimo e dei padri della chiesa, e poi il diffondersi della cultura bizantina, che con i suoi innumerevoli insediamenti eremitici e monastici, chiese e santuari formerà una delle più importanti comunità cristiane del primo millennio. A tutto questo corrispondono spazi che oggi si rivelano con cicli pittorici straordinari, edifici sacri e manufatti dispersi in un vasto territorio, che a partire dal secolo XIII, con la scomparsa della presenza bizantina, diventeranno stalle, abitazioni rurali e cisterne, e una moltitudine di piccionaie che procurano a chi coltiva la terra il guano necessario alla fertilità dei campi. Le due valli emergono da questo contesto, e mostrano la misura e il valore profondo [ 10 ]
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di un paesaggio nel quale le forme dell’insediamento umano e la dirompente natura geologica del suolo conservano le tracce di un’antica cultura dell’abitare prevalentemente rupestre, in condizioni di equilibrio tra le diverse manifestazioni della natura e delle culture che l’attraversano nel susseguirsi dei secoli. In un contesto di rapidi cambiamenti, tra il fiorire di studi e scoperte di questo immenso patrimonio storico si distingue la presenza di un gruppo di lavoro italiano che opera in particolare nella direzione del recupero dei preziosi cicli pittorici celati nelle chiese rupestri, restituendo leggibilità e valore a un intero paesaggio. Per questo il Comitato scientifico della Fondazione Benetton Studi Ricerche ha deciso di affidare il ‘sigillo’ del premio, disegnato da Carlo Scarpa, alla storica dell’arte Maria Andaloro, coordinatrice della missione di ricerca che fa capo all’Università della Tuscia
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Sopra, La Valle delle Rose in uno dei punti dove paesaggio naturale e antropizzato si intrecciano con particolare intensità. Accanto, una delle piccionaie della valle e le pitture rupestri nella chiesa dello stilita Niceta (ph. Marco Zanin per Fondazione Benetton Studi Ricerche e archivio Università della Tuscia).
› WORK IN PROGRESS
Località Milano Committente Bluestone Progettazione Asti Architetti Superficie 8.000 mq Programma Due edifici residenziali alti (22 e 15 piani) e un edifcio residenziale in linea di 4 piani Fine lavori prevista dicembre 2023
MILANO LE TORRI DEL PARCO DI ASTI ARCHITETTI Park Towers, il nuovo complesso residenziale promosso da Bluestone che sorgerà a Milano, poco a nord del quartiere Feltre, si compone di due torri, rispettivamente di 15 e 22 piani, di un edificio in linea su quattro livelli e di un piano interrato con 120 box. Il progetto, che porta la firma dello studio milanese Asti Architetti, prevede di realizzare, su un’ex area industriale di ottomila metri quadrati, 129 alloggi, di cui 106 nei due edifici alti. I 23 appartamenti della residenza bassa sono bilocali di 60 metri quadrati. Il fabbricato avrà a disposizione alcuni spazi [ 12 ]
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comuni, tra cui un’area di co-working, una palestra e un locale delivery. La distribuzione dei volumi è stata pensata per garantire soleggiamento e visuale: gli edifici a torre sono allineati sui lati corti della palazzina in linea, ma sfalsati tra loro. L’attacco a terra sarà trasparente, con ampie viste sul verde. A servizio dei futuri condomini sono previsti un’area verde di cinquemila metri quadrati, una ciclo-officina e colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici. Otto gli ascensori, dotati di impianto di sanificazione. L’area verde sarà a bassa manutenzione e
a ridotto fabbisogno idrico. L’asse centrale dell’area verde sarà costellato di piccole piazze attrezzate. Ciascun appartamento sarà dotato di impianto di Vmc per garantire un adeguato ricambio d’aria. Per il fit-out degli interni Bluestone, in collaborazione con marchi italiani dell’interior e dell’arredo, ha predisposto pacchetti completi che saranno proposti agli acquirenti. L’iniziativa è stata oggetto anche di una raccolta di equity crowdfunding immobiliare tramite Concrete Investing che ha raggiunto i 2,5 milioni di euro.
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› WORK IN PROGRESS
MILANO PER PIRELLI 35 COIMA SI AFFIDA A PARK E SNÖHETTA Sarà il primo progetto di Snöhetta in Italia. Per la riqualificazione dell’edificio di via Pirelli 35 a Milano Coima Sgr ha scelto infatti la proposta dello studio norvegese, che ha partecipato al concorso di progettazione in partnership con gli italiani di Park Associati. Scelto dopo una preselezione di 15 partecipanti e preferito rispetto all’altro progetto finalista (di Kohn Pedersen Fox) per la relazione tra l’immobile e il suo inserimento nell’isolato, il progetto architettonico di Snöhetta e Park Associati prevede la valorizzazione armoniosa dell’impianto esistente – uno dei simboli del centro direzionale della Milano degli anni Sessanta, progettato in origine da Melchiorre Bega – attraverso la totale riqualificazione dell’edificio che, da elemento chiuso su se stesso, si trasforma in uno spazio aperto, caratterizzato da due grandi patii vetrati e una piazza interna. Per aumentare la superficie passante della corte in un unico elemento, il progetto ha previsto la demolizione del corpo centrale dell’originale impianto a ‘E’, sostituendolo con un edificio a ponte di altezza inferiore, senza appoggi nel cortile e la presenza di [ 14 ]
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un grande portico perimetrale, creando passaggi pedonali su tutti i fronti dell’area e due facciate ‘frontali’ da entrambi i lati di accesso. L’immobile manterrà la destinazione terziaria, ma sarà totalmente rivisitato in ottica di massima efficienza, sostenibilità e flessibilità: con un impatto ambientale minimizzato, evitando il dispendio di energia di una demolizione integrale e un maggiore consumo di materie prime per una completa ricostruzione, Pirelli 35 è qualificato per ottenere le certificazioni Leed Platinum, Well e Cradle To Cradle. La conclusione dei lavori è prevista entro il 2023. L’immobile risiede nell’area milanese Porta Nuova Gioia, oggetto di un ampio progetto di riqualificazione urbana da parte di Coima che, in collaborazione con l’amministrazione comunale, sta predisponendo un masterplan unitario che verrà presentato nel 2021. La zona, che include due terreni tra Via Gioia e Via Pirelli e gli edifici di Via Melchiorre Gioia 22, Via Pirelli 35 e Via Pirelli 39 e per la quale Coima prevede investimenti totali
di oltre un miliardo di euro, rappresenta un distretto modello di sostenibilità e un attivatore di comunità grazie all’integrazione con Bam – Biblioteca degli Alberi Milano – che ne costituisce il perno da un punto di vista urbanistico e sociale. Con quest’ultima competizione sale a 500 il numero di studi che negli ultimi due anni hanno partecipato a concorsi di progettazione indetti da Coima Sgr.
Località Porta Nuova Gioia, Milano Committente Coima Sgr Progettazione Park Associati e Snöhetta Modalità aggiudicazione Concorso internazionale Destinazione Uffici Superficie interna 40.000 mq Piani 5 e 10 Fine lavori 2023
› WORK IN PROGRESS
CUNEO EUROAMBIENTE PER IL PARCO URBANO FERRUCCIO PARRI Avviati poche settimane fa a Cuneo i lavori di riqualificazione che trasformeranno l’ex Piazza d’Armi della città nel nuovo parco urbano Ferruccio Parri. Per dimensioni – circa 8 ettari – e per la sua collocazione in centro città si tratta dell’intervento più significativo del progetto comunale Periferie al Centro, che ha ottenuto il finanziamento ministeriale del Bando Periferie. La progettazione è stata curata da un raggruppamento di professionisti formato da 1AX Associati, Bios Is, Magliano Francesco & Morra Federico architetti associati e Luca Bertino, vincitori del concorso indetto dal Comune, mentre l’appalto dei lavori è stato affidato a un’Ati formata da Euroambiente – società specializzata nella realizzazione e cura del verde – e dall’impresa di costruzioni Balaclava. Molti gli aspetti del progetto interessanti dal punto di vista ambientale: a partire dalla scelta delle specie vegetali – oltre a [ 16 ]
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400 alberi di alto fusto saranno messi a dimora anche alberi da frutto e arbusti di piccoli frutti – per arrivare alla gestione e al drenaggio delle acque. Sarà proprio l’acqua a caratterizzare il parco, attraverso la sua declinazione nei canali e nel laghetto conclusivo, congiuntamente alle diverse componenti paesaggistiche del progetto: dal boschetto urbano al parco attrezzato, dall’area di radura fino alle zone dedicate ai cani, passando per i percorsi fitness e per le aree gioco, dove non ci saranno solo attrezzature per bambini ma anche campi da basket, aree di pattinaggio e skating. «Per la realizzazione del parco – spiegano da Euroambiente – utilizzeremo le migliori tecnologie per la cura degli aspetti ecologici e ambientali come la fornitura, sin dalle prime fasi di apertura del cantiere, della totalità degli alberi che verranno collocati all’inizio dei lavori. Ed è la prima volta che accade in un cantiere pubblico in
Italia. Siamo anche impegnati nella valorizzazione dell’economia locale attraverso l’uso di prodotti e fornitori del territorio, oltre all’assunzione di personale operativo, da integrare al nostro».
Località Cuneo Committente comune di Cuneo Progettazione 1AX Associati, Bios Is, Magliano Francesco & Morra Federico architetti associati, Luca Bertino. Superficie 8 ettari Imprese esecutrici Ati tra Euroambiente e Balaclava Valore delle opere 2.740.000 euro Finanziamento Bando Periferie Avvio lavori settembre 2020 Previsione di fine lavori marzo 2021
› WORK IN PROGRESS
Località Via di Grottaperfetta, Roma Committente Consorzio Grottaperfetta Progetto di architettura Alvisi Kirimoto Team di progetto Massimo Alvisi, Junko Kirimoto, Carolina Ossandon Avetikian, Arabella Rocca, Antonio Capalbo, Isabella Palermo, Chiara Stefanori Progettazione esecutiva TStudio, Guendalina Salimei Progettazione strutture e impianti TDA, Davide Talia Superfici Centro civico (2.628 mq), asilo nido (962 mq), parco (1.429 mq) Inizio cantiere 29 luglio 2020 Fine lavori prevista Gennaio 2023 Impresa appaltatrice ATI (Capogruppo Edil Moter; Mandanti Cosar, Ipomagi, Sfe Elettroimpianti)
ROMA AL VIA IL CANTIERE DI ALVISI KIRIMOTO CON TSTUDIO Sono da poco iniziati i lavori di realizzazione del Centro civico polivalente, dell’asilo nido e del parco di via Grottaperfetta a Roma. Il progetto è dello studio Alvisi Kirimoto, che nel 2007 si era aggiudicato il concorso internazionale Meno è Più 4 indetto dall’allora amministrazione comunale della Capitale. Il progetto si inserisce all’interno di un comparto di nuova edificazione a destinazione prevalentemente residenziale. Dagli schizzi progettuali è evidente l’intenzione dei progettisti di assecondare la morfologia del luogo, in parte adagiandosi al terreno e in parte sollevandolo. Il concept si traduce in una struttura a guscio, unitaria e continua, che abbraccia sinuosamente e armonicamente l’intera area di intervento. Il terreno, partendo da una zona centrale in quota, si eleva e diventa copertura dei due edifici posti all’estremità. Nell’asilo nido, a sud-est, la superficie ampiamente forata si piega ulteriormente raccordandosi al terreno e creando, da un lato una maggiore protezione verso la strada carrabile, dall’altro un’apertura totale verso il verde. A nord, nel centro civico, la copertura invece si alza completamente, [ 18 ]
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favorendo l’attraversamento dell’edificio in corrispondenza dell’atrio, mettendo direttamente in comunicazione il parco con il piano stradale. Le due funzioni, assolutamente distinte e autonome, si ricongiungono concettualmente e fisicamente nella copertura-percorso che avvolge il parco al centro del progetto. Il centro civico comprende un infopoint, una biblioteca, una sala conferenze, una sala espositiva e sale polivalenti per gli abitanti del quartiere.
Il nido, progettato per accogliere 60 bambini, ospita tre sezioni con i relativi spazi di servizio, gli uffici amministrativi e i locali cucina. Al centro si estende il parco, che costituisce il punto di partenza e di vista per l’area adiacente di Tor Marancia: è collegato attraverso percorsi pedonali e ciclabili alle aree limitrofe, come la piazza che copre i ritrovamenti archeologici, la pista ciclabile proveniente da via di Grottaperfetta e i parcheggi del centro civico e dell’asilo nido.
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› WORK IN PROGRESS
RICCIONE POLITECNICA PER IL NUOVO MUSEO DEL TERRITORIO L’ex Fornace Piva di Riccione torna a nuova vita. Dopo anni di abbandono, per l’edificio industriale dismesso è pronto, a firma di Politecnica, il progetto esecutivo per la realizzazione di un polo culturale. Una volta conclusi i lavori, che dal momento del via dovrebbero durare 15 mesi, il capoluogo romagnolo disporrà del suo Nuovo Museo del Territorio. La proposta dello studio di progettazione integrata di Modena rispetta l’architettura originale dell’ex fabbrica e introduce, sui due piani, nuove funzioni culturali ed educative: spazi espositivi, laboratori, aule, bookshop e un bar caffetteria. Il recupero e il restauro delle facciate è uno degli aspetti centrali del progetto, mentre la trasparenza è il principio su cui hanno lavorato i progettisti. Il nuovo museo sarà [ 20 ]
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quindi un ampio volume trasparente, con una copertura a falde, compreso all’interno del perimetro dell’ex fabbrica di mattoni. Il progetto è stato approvato dalla giunta comunale, che più recentemente ha anche pubblicato l’avviso di indagine di mercato per la consultazione degli operatori interessati all’affidamento dei lavori.
Località Riccione, Rimini Committente Comune di Riccione Progettazione Politecnica Ingegneria e Architettura Impronta a terra 1.500 mq Superficie complessiva 1.240 mq (piano terra), 735 mq (primo piano) Costo complessivo 4,2 milioni (di cui 1 milione dall’Unione europe) Valore delle opere 3.363.940 euro Tempi di realizzazione 15 mesi
Nei render (courtesy Politecnica) l’aspetto che assumerà il nuovo Museo del Territorio di Rimini dopo l’intervento di riqualificazione.
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› WORK IN PROGRESS
VENEZIA CECCHETTO&ASSOCIATI FIRMA L’AMPLIAMENTO DI CA’ FOSCARI Presentato il progetto di ampliamento dell’università Ca’ Foscari di Venezia. Si tratta dei nuovi spazi al servizio dell’ateneo e della città che verranno realizzati nell’area portuale di San Basilio, grazie alla ristrutturazione della Tesa 4. Il progetto, curato dallo studio Cecchetto & Associati, prevede anche la realizzazione della Science Gallery Venice, la sede italiana del network internazionale di gallerie universitarie di arte e scienza presente all’estero in diverse città. La vecchia struttura di fine Ottocento, realizzata in legno e mattoni e poi rinforzata con un intervento in calcestruzzo negli anni Venti a seguito di un incendio, versa in uno stato di abbandono e degrado: il progetto prevede di realizzare un auditorium, 11 aule per circa 1.100 posti, una caffetteria, spazi di incontro, studio, co-working, ricerca, didattica e uffici. La nuova Tesa 4 si svilupperà su quattro [ 22 ]
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livelli. Tra i due colmi del tetto, infatti, i progettisti hanno recuperato il sottotetto che sarà destinato a uffici e laboratori, e anche un’altana sul Canale della Giudecca. Al piano terra troveranno spazio quattro aule, una hall, un bookshop e un barristorante di 300 metri quadrati. Al primo piano verranno realizzate nove aule, oltre alla prosecuzione dello spazio espositivo. Al secondo piano sono previsti altri ambienti espositivi modulari, un’aula da 100 posti, un auditorium da 180 posti, gli uffici della Science Gallery Venice e del Distretto veneziano della ricerca e dell’innovazione. La scala centrale sarà aperta e scenografica. Verranno conservati i ballatoi, un tempo utilizzati come piattaforme di carico. L’intervento di ristrutturazione prevede opere di consolidamento, conservazione e restauro e l’inserimento di sistemi tecnologici. Grande attenzione è posta agli aspetti di risparmio energetico.
La Science Gallery Venice rimarrà aperta ogni sera: sarà un luogo d’incontro per residenti, visitatori, studenti e ospiti dello studentato di Santa Marta. In questi ambienti verranno organizzate mostre, dibattiti, workshop, performance artistiche, proiezioni cinematografiche e laboratori creativi.
Località Ca’ Foscari, San Basilio, Venezia Committente Università Ca’ Foscari Venezia (in collaborazione con l’Autorità del sistema portuale del mare Adriatico Settentrionale) Progetto Cecchetto & Associati Funzioni Auditorium, 11 aule (1.098 posti su circa 1.400 mq), caffetteria, spazi di incontro, studio, co-working, ricerca, didattica e uffici; Science Gallery Venice Piani 4 Valore delle opere 9,5 milioni di euro
17|20 Marzo 2021 fieramilano
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› WORK IN PROGRESS
MERANO LA CASA DI DELUGAN MEISSL TRA NATURA E ARCHITETTURA Nelle residenze di lusso Antonianum di Merano, progettate dallo studio Delugan Meissl Associated Architects di Vienna, natura e architettura sembrano fondersi in un unicum. Con questo lavoro dello studio austriaco ci troviamo di fronte a un progetto in cui il complesso residenziale, che si compone di tre edifici bassi, è tenuto insieme in modo armonioso da una serie di collegamenti orizzontali e verticali e di spazi aperti che, con i balconi e i terrazzi degli appartamenti, danno origine a una serie continua di pergole all’aperto: una stratificazione di elementi orizzontali ai vari livelli che genera un effetto architettonico dinamico. Altro elemento chiave del progetto sono gli spazi intermedi, aree [ 24 ]
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comuni create per promuovere l’incontro tra le persone: la casa quindi come luogo del ritiro, ma anche del ritrovo. I piani terra della residenza si aprono sui giardini ad uso esclusivo delle residenze; ai piani superiori invece gli alloggi sono dotati di ampi terrazzi e attici. Tutte le unità abitative, grazie a una sapiente disposizione, godono di ambienti interni luminosi e di un’ottima vista. Finiture di pregio e un’alta qualità edilizia completano l’opera per un complesso collocato in una delle più belle zone della città. Come da regolamento comunale, sono previste coperture a verde per restituire in altezza il suolo sottratto dall’impronta a terra degli edifici.
Località Merano, Bolzano Progetto Delugan Meissl Associated Architects Progettazione Dietmar Feistel, Michael Lohmann, Marinke Böhm-Kneidinger Team di progetto Alex Pop Superficie dell’area 4.588 mq Superficie interna 1.186 mq Piani 3 fuori terra Altezza dell’edificio 8,49 m Render © DMAA
LA PORTA APERTA AI TUOI PROGETTI
Per ogni ambiente la miglior soluzione San.Co, brand del gruppo Zanini Italia, da più di 30 anni sviluppa e fornisce soluzioni tagliafuoco e tagliafumo in legno e vetro secondo i più alti standard di sicurezza e design. Per il restauro dell’Hotel Lutetia, icona dell’hotellerie parigina, San.Co è intervenuta nel progetto come fornitore di porte per i più grandi marchi del contract italiano garantendo un supporto normativo di altissimo livello.
Progetta, proteggi Soluzioni Tagliafuoco in legno e vetro
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› WORK IN PROGRESS
BREMA DELUGAN MEISSL TRASFORMA L’AREA EX-KELLOGG’S Con 300 ettari di superficie, l’Überseestadt di Brema è uno dei più importanti progetti di sviluppo urbano d’Europa. Collocato nella parte occidentale della città anseatica, non lontano dal centro (solo due chilometri dalla cattedrale), il progetto di rigenerazione urbana interessa le aree del porto con un mix diversificato di funzioni, che vanno dalle infrastrutture portuali alla logistica, dal terziario al commercio al tempo libero e alla cultura. All’interno della grande area, delimitata dall’Europahafen a nord-est, il fiume Weser a sud-ovest e l’ex area Kellogg’s a sud-est, si trova la penisola di Überseeinsel, un nuovo quartiere sul lungofiume dotato di residenze, servizi commerciali, attività ricreative ed educative. In questa zona si trovano i depositi oggi dismessi della Kellogg’s. Il progetto messo a punto da Delugan Meissl si concentra su questo sito, su cui insistono i caratteristici silos e l’edificio dell’ex Reishalle, posto nelle immediate vicinanze. Il progetto di DMAA ne ha previsto la trasformazione: i silos in un hotel di 14 piani (il Kellogg’s Hotel) e l’ex sala del riso in un centro commerciale di quattro piani. I piani terra di entrambi i nuovi edifici saranno destinati alla gastronomia, con un supermercato di cibi biologici, negozi di alimentari, un birrificio e spazi di ristorazione affacciati sul fiume. [ 26 ]
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Peculiarità dell’intervento è la quasi totale assenza sulle aree pubbliche di veicoli a motore, limitati ai ritiri e alle consegne, e la priorità data agli spostamenti pedonali e ciclabili (solo il piano interrato è destinato a parcheggi degli autoveicoli). I programmi prevedono un tempo di cinque anni per il completamento della trasformazione.
Località Brema, Germania Progetto Delugan Meissl Associated Architects Project manager Eva Schrade Progettazione esecutiva Reislager dt+p Progettazione del silo Gruppe GME Architekten Progettazione strutturale Wittler Ingenieure Progettazione illuminotecnica Die Lichtplaner Progettazione edificio Ecotec, Wittler Ingenieure Avvio lavori 2020 Fine lavori 2025 Superficie dell’area 4.965 mq (centro commerciale), 2.195 (hotel) Superfici realizzate 9.447 mq (centro commerciale), 9.142 mq (hotel) Volumetrie 37.336 mc (centro commerciale), 73.179 (hotel) Altezze 24,5 m (centro commerciale), 52,4 m (hotel) Piani 4 (centro commerciale), 14 (hotel) Fotografie © DMAA
Nei render, come apparirà l’area portuale di Brema attualmente occupata dallo stabilimento e dai silos della Kellogg’s (stato di fatto nella foto a destra al centro) dopo il progetto di trasformazione sviluppato dallo studio austriaco Delugan Meissl Associated Architects.
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› DESIGNCAFÈ IMPERATIVO CATEGORICO
GENIALITÀ E PASSIONE
“Spazio e tempo rappresentano le forme necessarie della nostra istruzione sensibile” (Friedrich Dürrenmatt, 1979). La citazione apre uno dei capitoli di questo testo sul tempo, che Vittorio Gregotti tratta sia negli aspetti che informano il progetto di architettura e di città sia in quelli più concreti che spesso lo rallentano, tanto che alla sua compiuta realizzazione potranno assistere solo i posteri. Undici densi capitoli nei quali Gregotti, ben consapevole come dovremmo ormai sapere tutti che “né spazio né tempo esistono in sé” (Einstein, 1905) mette in luce altrettanti paradossi legati all’idea di tempo e al modo in cui essa influisce sulla nostra elaborazione. Emblematico è il caso del passato, inteso come opportunità di confronto per il presente e spesso fonte di tentativi disciplinari di ritrovarne l’essenza. Ma la rappresentazione del passato dipende sempre dalla nostra mente presente e dai modi nei quali agisce la nostra memoria, ricordando alcuni aspetti per rimuoverne altri. Ciò avviene anche nelle procedure di progetto che rappresentano le ragioni che le hanno strutturate. Il progetto di architettura invece, conclude Gregotti, è la capacità di produrre, nel presente e nel futuro, frammenti di verità nuovi, che non dimenticano mai il territorio critico del passato, della storia della propria disciplina e del proprio contesto.
A proposito della progettazione di mobili di Mollino, nel 1949 Gio Ponti scriveva su Domus che l’architetto torinese disegna «accanitamente, come un costruttore di macchine fantastiche perfeziona un telescopio o una catapulta, oppure un allevatore seleziona una specie; i suoi nuovi prodotti si aspettano con la curiosità di vedere quali nuovi esseri bizzarri, nervosi, intelligenti e maniaci egli ha messo al mondo, quali nuovi incroci egli abbia creato della sua fantastica razza». Con un lavoro di rilettura filologica a partire dagli archivi, dal 1981 Zanotta ha messo in produzione alcuni di questi esseri, compendiati oggi nel lavoro documentale di Pier Paolo Peruccio, professore associato di design al Politecnico di Torino, che custodisce 17mila disegni e schizzi e 15mila fotografie dell’archivio Carlo Mollino, e Laura Milan, architetto e co-fondatrice dello studio Comunicarch. Con una copertina a specchio, omaggio al dispositivo architettonico cui Mollino ricorreva di frequente, e allo specchio Milo, il volume illustra quell’accanimento progettuale e inventivo, così ben descritto da Ponti, che era il tratto distintivo di una personalità vivace, poliedrica, attratta da tutti gli aspetti della modernità e insieme profondamente appassionata della montagna con le sue espressioni vernacolari quale fu Carlo Mollino.
Vittorio Gregotti Tempo e progetto Skira Editore, Milano, 2020 96 pp, 15 euro ISBN 978-8-8572-4191-3
Pier Paolo Peruccio, Laura Milan Carlo Mollino Designs Quodlibet, Macerata, 2020 112 pp, 18 euro ISBN 978-88-229-0517-8
IL FASCINO DISCRETO DEL MODERNO MILANESE
Massimo Novati Asnago e Vender a Milano Fondazione OAMi, Milano, 2020 124 pp, Ita/En, 18 euro ISBN 978-8-8319-4210-2
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Un’architettura ‘delle buone maniere’, come la definisce Cino Zucchi nell’interessante dialogo con Adam Caruso che costituisce il nucleo critico di questo volume, che contribuisce alla crescita della città come manufatto culturale. Come altri architetti milanesi del secondo dopoguerra, a cominciare da Piero Bottoni, tra un’architettura che eccede nell’espressione individuale e un’altra che si attiene strettamente a norme accademiche, Asnago e Vender scelsero la terza via “di chi conosce bene le regole ma consapevolmente introduce piccole variazioni per comunicare la sua padronanza di esse ma anche la sua libertà nel poterle modificare”. Si spiega anche così la recente riscoperta dell’architettura moderna milanese, perché – scrive Adam Caruso – “in questo periodo post-ideologico
o si diventa nichilisti, come Rem Koolhaas, per cui tutto va bene perché nulla conta, oppure si può essere come la Milano moderna, scoprendo come architetti e clienti diversi siano ancora in grado di poter contribuire alla costruzione dell’identità di una città”. Curato da Massimo Novati, Asnago e Vender a Milano è il settimo volume della collana Itinerari di Architettura pubblicata dalla Fondazione dell’Ordine degli Architetti della provincia di Milano. Un itinerario che si snoda lungo le vie della città, abbracciando 30 anni della carriera dei due professionisti, dal 1937 al 1967. Nel volume anche disegni inediti di Mario Asnago, testimonianza di una passione per la pittura condivisa da entrambi e che si riflette nella loro ricerca architettonica.
DALLA SICILIA CON AMORE Nel lungo elenco delle risorse dirette o indirette necessarie all’architettura, dalla terra cruda alle vetrate ipertecnologiche, spesso non compaiono due elementi fondamentali: il luogo e la cultura. Se a questi aggiungiamo la sensibilità otteniamo – forse – le residenze di Scau Studio che questa monografia illustra. Angelo Vecchio e Angelo Di Mauro, che di Scau sono l’anima, operano principalmente con una committenza privata e sempre stupisce la loro abilità di trasformare in poesia – con la rara capacità di conquistarne la fiducia, immaginiamo – i desideri dei clienti. Accompagnati da un eccellente racconto fotografico tutti i sette progetti, completati tra il 2006 e il 2018, si trovano tra il mare della Sicilia orientale e le pendici dell’Etna e con la disposizione dei volumi, delle quote e dei colori permettono alla luce di questa terra di disegnare spazi sempre mutevoli. Non sono residenze, rileva Mario Pisani nell’introduzione al volume, ma ville, e ogni progetto include sempre anche il paesaggio (di nuovo, il luogo come risorsa). Ville del XXI secolo, aggiungiamo, in cui più degli scomparsi ambienti della servitù conta la serenità dell’abitare del titolo.
TECTUS® Glass Sistema di ferramenta completo per porte in vetro
Alì Abu ganimesh, Mario Pisani Scau Studio. 7 modi di abitare Edizioni La Rocca, Riposto, 2020 144 pp, 30 euro - ISBN 978-8-89715-949-0
TECTUS® Glass – Il programma completo
Salvator-John A. Liotta, Fabienne Louyot What is Co-Dividuality? Post-Individual Architecture, Shared Houses, and Other Stories of Openness in Japan Jovis Verlag, 2020, 160 pp, 150 ill, EN/F, 32 euro ISBN 978-3-8685-9621-2
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› FOCUS
Un complesso scolastico a energia quasi zero
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CREDITI
A CHIARI UN COMPLESSO SCOLASTICO SI PROPONE COME MODELLO PER LE SUE PERFORMANCE ENERGETICHE GRAZIE ALL’ISOLAMENTO PER FACCIATE VENTILATE ISOTEC PARETE, ALL’IMPIANTO GEOTERMICO E AL FOTOVOLTAICO IN COPERTURA
Un edificio a energia quasi zero. È il complesso scolastico di Chiari, sottoposto a ristrutturazione e ampliamento per ospitare in un’unica sede le scuole primarie della città bresciana. Oltre alla realizzazione di 22 nuovi locali fra aule e laboratori, mensa, serra didattica e una grande palestra, il complesso accoglie l’auditorium da 400 posti e il centro civico. Per rendere la scuola energeticamente autonoma, sono state adottate soluzioni impiantistiche (fotovoltaico e geotermico) e di isolamento dell’involucro (termico ventilato e serramenti ad alta efficienza) orientate ai più elevati criteri di efficienza energetica, tali da ottenere – tra i primi in Italia a seguito di una ristrutturazione – la classificazione come edificio NZeb. La struttura si compone di unità modulabili, che si sviluppano attorno a una corte centrale, mentre il nuovo blocco è stato articolato in più volumi per dotare il complesso di spazi e aree comuni. Il nuovo involucro e una buona parte della struttura esistente sono stati isolati con il sistema per facciate ventilate Isotec Parete di Brianza Plastica, rivestito in grès porcellanato, con inserimenti di superfici vetrate o intonacate e finestrature con cornici aggettanti in alluminio. Isotec Parete è un sistema termoisolante strutturale composto da pannelli in poliuretano espanso, rivestiti da una lamina di alluminio impermeabile e dotati di un correntino in acciaio asolato, [ 30 ]
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in grado di sostenere qualsiasi tipo di rivestimento per facciate e configurato per creare una camera di aerazione fra l’isolante e la cortina di rivestimento. La posa a secco assicura pulizia del cantiere e lavorabilità. Un unico passaggio di posa consente la realizzazione di uno strato isolante ad alte prestazioni, la creazione di una sottostruttura portante ideale per il fissaggio del rivestimento e la formazione contestuale di una camera d’aria ventilata, entro cui si attivano moti ascensionali d’aria che ottimizzano il comportamento termico dell’involucro. Il correntino metallico asolato integrato nel pannello svolge la funzione di supporto per il fissaggio delle lastre in grès porcellanato (60x30 cm), che costituiscono il rivestimento esterno. Le ceramiche sono ancorate ai correntini mediante morsetti in acciaio, verniciati nel colore delle lastre per un effetto invisibile. In relazione al formato rettangolare della lastra da fissare orizzontalmente, si è scelto di posare Isotec Parete con lato lungo in verticale: in questo modo si è ottimizzato il passo dei pannelli, riducendo i costi e il numero di ancoraggi. Tutti i prodotti della gamma Isotec sono conformi ai Criteri Ambientali Minimi (CAM) e sono corredati della mappatura Leed V4.
isotec.brianzaplastica.it
Località Chiari, Brescia Committente Comune di Chiari Progettazione Aldo Maifreni, comune di Chiari Coordinamento scientifico Politecnico di Milano
Progettazione definitiva ed esecutiva Poolmilano (in Ati con altri studi)
Imprese di costruzioni
Impresa Costruzioni G.B. e Notarimpresa
Isolamento facciate
Brianza Plastica, sistema Isotec Parete
Superficie facciata ventilata 2500 mq Rivestimento facciate Lastre di grès 60x30 cm
Il correntino metallico integrato nel pannello svolge la funzione di supporto per il fissaggio delle lastre del rivestimento esterno.
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Pavimenti in Rovere per una villa sul Garda È IN ROVERE COLOR FIRENZE IL NUOVO PAVIMENTO DI GARBELOTTO. FINITURA HABITAT, POSATO A SPINA ITALIANA AGGIUNGE UNA NOTA CLASSICA A UN AMBIENTE PROGETTATO PER MOMENTI CONVIVIALI
L’eleganza, l’armonia di colori e forme, l’uso sapiente dell’illuminazione hanno reso unico questo ambiente di Villa DS a Padenghe sul Garda, progettato da Ligorio Paste Architetti. Riduttivo chiamarla taverna, più corretto parlare di un ambiente sofisticato che ha tutti gli elementi del bien vivre: una cantina climatizzata per conservare e degustare i vini, una cucina moderna e funzionale, una zona pranzo per le cene con gli amici, un salotto per riposarsi. Il pavimento in rovere color Firenze di Garbelotto aggiunge una nota classica ed elegante, grazie anche alla posa a spina italiana, con il caratteristico angolo retto che si forma tra i listelli che la compongono. La finitura Habitat preserva ed esalta la naturale matericità e texture del legno, grazie ad una verniciatura a ciclo completo all’acqua che conferisce un effetto extra-matt, come se non vi fosse alcun trattamento superficiale. La finitura igienizzante Silver Defence ad azione antibatterica inoltre contribuisce a ridurre del 99,9% la popolazione di batteri in sole 24 ore. Grazie alla miscelatura con la finitura ad acqua, le caratteristiche igienizzanti di Silver Defence mantengono la loro efficacia nel tempo, rispettando le caratteristiche delle finiture: durezza, opacità, stabilità del colore, morbidezza al tatto, resistenze chimiche e meccaniche. I prodotti del Parchettificio Garbelotto sono sottoposti alla verifica Voc e l’azienda mette a disposizione dei propri clienti i certificati di garanzia rilasciati in base al regolamento tedesco AgBB/ DIBt. A richiesta, l’azienda fornisce i certificati Fsc. www.garbelotto.it
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C.A.M.
COMPLIANT
Sopra solo cielo. Sotto solo Isotec. ISOTEC consente di realizzare coperture isolate e ventilate, con tutti i tipi di struttura portante ed è compatibile con qualsiasi rivestimento, dalle tradizionali tegole alle più moderne soluzioni continue in metallo. Il tutto con la massima efficienza energetica ed un’eccezionale rapidità di posa. Anche nella soluzione Isotec Parete per facciate isolate e ventilate. isotec.brianzaplastica.it
› FOCUS
Laminato ora anche a Spina di Pesce UNA NUOVA COLLEZIONE CHE UNISCE ELEGANZA, PRATICITÀ E RESISTENZA. I PAVIMENTI IN LAMINATO DI NUOVA GENERAZIONE RIPRODUCONO SEMPRE PIÙ FEDELMENTE I MATERIALI NATURALI
Cosa associ a un pavimento a spina di pesce? Probabilmente l’eleganza delle antiche tenute di campagna, le affascinanti sale dei castelli, dei caffè viennesi o dei teatri. Questa è esattamente la raffinatezza della nuova collezione Spina di Pesce distribuita da Italflooring. Un pavimento capace di migliorare gli ambienti reinterpretando stili Art Déco e Art Nouveau. Così, in combinazione con un moderno design degli interni, si possono creare contrasti straordinariamente attraenti tra tradizione e tendenza, tra moda e retrò. Spina di Pesce è una tecnica di posa completamente nuova nel mondo dei pavimenti in laminato, grazie alla quale è possibile realizzare facilmente un rivestimento per pavimenti dall’aspetto molto complesso e affascinante. www.italflooring.it
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I principali VANTAGGI dei PAVIMENTI in LAMINATO Estetica Belli da vedere e da toccare, riproducono la pietra, il cemento, il legno.. Resistenza Altissima resistenza all’abrasione e agli urti. Facilità e rapidità di montaggio Posa in opera con sistema flottante e incastro a click. Facilità di manutenzione La superficie impedisce l’assorbimento di qualsiasi tipo di macchia. Rapporto qualità/prezzo Il laminato è la scelta più economica tra le pavimentazioni in commercio.
› ARCHIWORKS
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› ARCHIWORKS
STRUTTURA OSPEDALIERA, BOLZANO
LA CURA E L’ARCHITETTURA L’AMPLIAMENTO CONFERISCE ALL’OSPEDALE DI BOLZANO UNA FORTE IDENTITÀ ARCHITETTONICA. IL PROGETTO PORTA LA FIRMA DI TIEMANN-PETRI KOCH PLANUNGSGESELLSCHAFT MBH FREIE ARCHITEKTEN BDA
Tiemann-Petri Koch Planungsgesellschaft mbH Freie Architekten BDA Lo studio è stato fondato nel 1987 a Stoccarda da Astrid Tiemann-Petri; nel 2002 Thomas Koch ne è diventato partner. Quattro anni più tardi è stata fondata la società di progettazione TiemannPetri Koch, alla quale collaborano oggi circa venti architetti. Opera nel campo della pianificazione urbanistica e della progettazione architettonica per committenti pubblici e privati. I progetti spaziano dalla ristrutturazione di edifici alla realizzazione di strutture ospedaliere, che rimane il principale campo di attività della società. Negli anni TiemannPetri Koch ha realizzato diversi nosocomi, come la clinica chirurgica dell’ospedale universitario di Dresda, il nuovo reparto dell’università di ErlangenNürnberg e la nuova clinica chirurgica dell’ospedale universitario di Heidelberg, completata quest’anno. www.tpk-architekten.de
Ci sono voluti anni, ma l’esito finale del progetto è all’altezza delle attese: oggi l’ospedale di Bolzano risponde al bisogno di salute dei suoi cittadini ed esprime un modello di sanità di alto livello per l’intera provincia. La sfida progettuale – che ha visto a lungo impegnato lo studio Tiemann-Petri Koch di Stoccarda (il concorso di idee è del 2000) – è stata vinta grazie alla sintesi ottenuta tra le esigenze di riorganizzazione degli edifici esistenti e lo sviluppo futuro imperniato sul concetto di sostenibilità. A vent’anni dall’aggiudicazione del masterplan oggi ci troviamo di fronte a un nuovo complesso ospedaliero dotato di una propria autonomia e identità, che si distingue non solo per i suoi padiglioni di cura, ma per gli spazi comuni, le aree di sosta e di logistica, la possibilità di ospitare futuri ampliamenti. L’edificio da poco realizzato, che prosegue l’operazione di ampliamento definita anni fa,
comprende l’area chirurgica, i nuovi reparti, l’ingresso principale, il pronto soccorso e l’eliporto sul tetto. I padiglioni, disposti a pettine lungo l’asse longitudinale, sono serviti da un lungo camminamento che collega i nuovi ambienti con quelli esistenti e futuri: è il nucleo centrale della nuova struttura, un passaggio su tre piani, illuminato naturalmente grazie a una copertura in vetro. Superato l’ingresso principale si giunge a un ampio spazio illuminato dalla luce naturale in cui sono presenti un punto informativo, bar, ristorante, banca, negozi e aree di sosta per i visitatori. Il layout scelto facilita i collegamenti con i reparti e le unità operative; le altezze contenute e la profondità degli edifici offrono buona illuminazione, spazi verdi, ambienti di qualità e vista sui giardini dedicati ai pazienti. La piazza, che nasconde un parcheggio interrato, comprende specchi d’acqua, elementi
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› ARCHIWORKS
ombreggianti e ambienti adatti a passeggiare e trascorrere il tempo. Le facciate in vetro – trasparente, satinato e opaco – conferiscono al complesso un’idea di leggerezza e, contemporaneamente, garantiscono elevate prestazioni energetiche (il nuovo edificio soddisfa i requisiti di livello A della certificazione CasaClima). Al piano terra dei padiglioni sono localizzati gli ambulatori dei reparti chirurgici. Al primo piano si trova il pronto soccorso, comprensivo di reparto di ricovero e radiologia. Al secondo piano, su due ali, sono collocate le 14 sale operatorie (di cui alcune speciali) e le
unità di terapia intensiva. Le sale operatorie ibride sono tre, due con tomografia computerizzata e una con angiografia digitale. Sono funzionanti altre due sale operatorie, una con radioterapia intraoperatoria e l’altra equipaggiata con robot. I percorsi di approvvigionamento e di smaltimento delle merci sono collocati nel seminterrato, attraverso un percorso che gestisce il traffico delle merci. L’operazione di ampliamento del nosocomio si concluderà con la ristrutturazione del fabbricato esistente
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CREDITI Località Bolzano Committente Provincia Autonoma di Bolzano Progetto Tiemann-Petri Koch
Planungsgesellschaft mbH Freie Architekten BDA
Project manager
Claudia von Blanckenhagen, Volker Biermann
Funzioni Pronto soccorso, ambulatori, reparti
ITS e IMC, radiologia, sale operatorie, eliporto
Posti letto 180 (più 38 ITS e IMC) Superficie area 24.378 mq Superficie coperta 58.920 mq Cronologia Aggiudicazione concorso (2000) prima progettazione (2003-2009) seconda progettazione (2013-2014) realizzazione (2008-2020)
Porte interne tagliafuoco San.Co, Zanini Porte; cerniere Simonswerk
Ingressi automatici Geze
GEZE Le automazioni TSA per porte a battente convincono grazie al loro funzionamento sicuro e al design elegante. Efficiente soprattutto nelle strutture ospedaliere per annullare ogni possibilità di contatto con maniglie o altri punti di contatto, Geze TSA 160 NT è il sistema elettro-idraulico con sequenza di controllo chiusura affidabile e confortevole per ante a battente fino a 250 kg: è ideale anche in case di riposo, centri commerciali, scuole e aeroporti. Geze TSA 160 NT è omologata per porte tagliafuoco e taglia fumo, permette l’impiego di un ampio campo applicativo favorendo la flessibilità nella progettazione. Nel settore ospedaliero è cruciale la possibilità di equipaggiare l’anta attiva con la funzione automatica e l’anta passiva con funzione chiudiporta ed apertura permanente. La regolazione della sequenza di chiusura integrata è invisibile e la funzione Push&Go inseribile e disinseribile a piacere. www.geze.it
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Foto Oskar Da Riz, Jochen Stüber, Tiemann-Petri Koch.
SIMONSWERK Per tutte le porte, San.Co ha scelto il sistema di cerniere universale Variant VX di Simonswerk, un sistema progettato per porte pesanti e di uso intensivo che permette di movimentare ante in legno, acciaio e vetro installate su telai in legno, acciaio e alluminio con peso anta fino a 400 kg. «I sistemi di cerniere Variant VX – spiega Luca Marcon, direttore commerciale Italia di Simonswerk – sono particolarmente indicati per l’utilizzo su porte resistenti a fuoco e fumo e/o su vie di fuga in edifici pubblici in quanto tutte certificate CE secondo la EN 1935:2002 rilasciata da Ift di Rosenheim. Numerosi modelli sono inoltre certificati secondo gli standard americani UL per la resistenza al fuoco fino a 180 minuti e ANSI con prove cicliche che arrivano fino a un milione e mezzo di cicli di apertura». www.simonswerk.it
SAN.CO Tra le soluzioni scelte dallo studio Tiemann-Petri Koch per la riqualificazione e l’ampliamento dell’ospedale di Bolzano, le 1.500 porte San.Co con telaio in acciaio e anta in legno e circa cinquanta porte vetrate con profilo. In particolare, si tratta di porte in legno della linea Isofire LM resistenti al fuoco, con spessori anta variabili da 44 a 88 mm, secondo le esigenze dei diversi ambienti, e di porte della linea Isofire WM con abbattimento acustico di 37 dB, sia in versione a un’anta sia in versione a due ante. Tra le particolarità, la lamina di piombo di 2 mm inserita nelle ante ad apertura automatica della sala raggi X, l’installazione di oblò rettangolari e tondi, talune aperture motorizzate e le dimensioni generose, con larghezze fino a 1.300 mm per anta. www.sancoct.com
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Un poliedro fatto di 9 container impilati contiene 12 residenze per studenti. Le unità abitative dispongono di cortile verde interno in comune, molo per kayak, piattaforma da bagno e area barbecue, oltre a terrazza sul tetto comune di 65 mq (ph ©Morten Jerichau, ©Laurent De Carniere e ©BIG).
CREDITI Località Copenhagen Committente Udvikling Danmark A/S Progetto architettonico Bjarke Ingels Group Partners in Charge Bjarke Ingels, Jakob Sand, Jakob Lange, Finn Nørkjær
Project Leader Joos Jerne, Jesper Boye Andersen, Lise Jessen, Christian Bom
Collaborazioni e fornitori BIG Ideas, Danfoss
(Hvac), Grundfos DK (trasformazione container), Hanwha Q Cells (fotovoltaico), Miele, Niras, Dirk Marine/House on Water, Aluthermo (isolamento termico)
Superficie 680 mq Cronologia 2013 – settembre 2016 (Urban Rigger 1.0) – in corso
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URBAN RIGGER
THE STUDENTS’ BOAT SONO GIÀ 72 A COPENHAGEN LE RESIDENZE PER STUDENTI URBAN RIGGER, ABITAZIONI SULL’ACQUA REALIZZATE ASSEMBLANDO CONTAINER. UN PROGETTO SVILUPPATO DA BJARKE INGELS GROUP CON UDVIKLING DANMARK Il progetto di Urban Rigger nasce per supplire alla penuria di alloggi per studenti ammessi all’università in una delle dieci città più costose al mondo. Secondo le statistiche ufficiali, nel 2019 a Copenhagen la domanda superava l’offerta di 8.400 unità e quest’anno, nonostante la pandemia, la richiesta sarà ancora più alta. Quando nel 2013 Kim Loudrup gli presentò l’idea, in una manciata di secondi Bjarke Ingels individuò le potenzialità di una flotta di abitazioni galleggianti e immaginò il primo modello di co-housing, concluso e varato nel 2016 lungo un molo in disuso del vecchio porto commerciale, un’area prossima al centro storico. Alla prima unità, nel 2019 se ne sono
aggiunte altre cinque, per un totale di 72 residenze temporanee, a formare un intero quartiere sull’acqua. Ogni unità si compone di 9 container, disposti su livelli sfalsati a definire una planimetria che nelle tre dimensioni appare esagonale e che determina una corte/giardino interna, apribile in estate e climatizzata in inverno, come spazio collettivo condiviso dagli utenti dei 12 moduli abitativi individuali (di 23 e 30 mq ciascuno). Semisommerso, il pontile di 220 mq sul quale poggiano le residenze individuali e la corte giardino centrale contiene – oltre a 12 lockers e un locale tecnico – cucina e lavanderia comuni. In sommità, uno dei container è attrezzato con
“I giovani che oggi vengono ammessi all’università sono le stesse persone su cui il mondo potrà contare domani. Offrire loro le migliori condizioni per proseguire gli studi a costi accessibili non è solo questione di civiltà ma è decisivo per attrarre e conquistare i più brillanti” Bjarke Ingels
una terrazza comune di 65 mq, gli altri con tetto verde e impianto fotovoltaico. Nato per rispondere a un’esigenza locale, Urban Rigger – il sistema è protetto da brevetti internazionali – può essere facilmente adattato a qualsiasi realtà e affrontare in maniera economica urgenti necessità di housing, per esempio ospitare rifugiati o famiglie rimaste anche solo temporaneamente senza tetto a causa di eventi avversi. Sono migliaia i chilometri di waterfront portuali e fluviali che Urban Rigger può trasformare in aree abitabili aggiuntive, con l’ulteriore vantaggio di essere residenze mobili, facilmente trasportabili via acqua in un diverso luogo
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NEL VERDE LA NUOVA CENTRALITÀ URBANA INFRASTRUTTURE VERDI, TELERISCALDAMENTO, SERVIZI EVOLUTI DI MOBILITÀ, BANDA LARGA E, PER LE RESIDENZE, AMBIENTI COMUNI ATTREZZATI PER LO SPORT, IL BENESSERE E IL TELELAVORO. SONO LE PREMESSE DI UPTOWN A MILANO: UN’AREA DI RIGENERAZIONE URBANA TRA LE PIÙ VASTE D’EUROPA
A sinistra, il masterplan di UpTown, il solo smart district conforme al protocollo di sostenibilità GBC Quartieri in corso di realizzazione sui 90 ettari dell’ex-area di Cascina Merlata, quadrante nord-ovest di Milano. Nelle foto, immagini del nuovo quartiere ad oggi.
Storicamente, i grandi cambiamenti urbani hanno spesso preso forma a partire da gravi emergenze ambientali o sanitarie, che hanno però avuto il “pregio” di mettere in luce limiti già presenti in nuce ma ai quali si tardava a dare risposta, specialmente in frangenti – come l’attuale – di veloci modificazioni nei modi del lavoro e negli stili di vita. È perciò raro il caso – come lo sviluppo di UpTown, sul margine nord-ovest della città di Milano – in cui progetti a scala urbana riescono ad anticipare i cambiamenti. È certo più facile, ma non scontato, progettare nuovi pezzi di città a partire da un foglio bianco, come quello che si presentò a Cascina Merlata quando EuroMilano progettò uno sviluppo frutto della sintesi tra i masterplan messi a punto dagli studi di Antonio Citterio Patricia Viel e di Paolo Caputo: un’area di 900mila metri quadrati delimitata a sud dalla vecchia statale del Sempione e a nord dall’autostrada A4 e dalla ferrovia Milano-Torino. Il piano era quello di un grande parco pubblico (300.000 mq già realizzati, progetto di Franco Giorgetta e Giovanna Longhi) attraversato da 10 chilometri di percorsi pedonali e ciclabili e con destinazioni puntuali di social housing, edilizia convenzionata, residenze a libero mercato e servizi, primo tra tutti la sola reliquia del passato dell’area, quella Cascina Merlata che dà il nome all’area e che Paolo Caputo trasformò in luogo polifunzionale per la futura comunità di residenti. Nel progetto, le torri residenziali per il
social housing, affidate a studi di progettazione sia affermati sia emergenti – Cino Zucchi, Pura, B22, Teknoarch, Mario Cucinella, Cappai e Segantini – parzialmente completate in tempo per ospitare le delegazioni dei Paesi partecipanti a Expo Milano 2015; residenze in edilizia convenzionata (anche su progetto di Antonio Citterio Patricia Viel). In futuro un nuovo plesso scolastico e un centro commerciale a fare da barriera tra le trafficate vie di comunicazione a nord e il quartiere. In mezzo la nuova città, UpTown, fatta di isolati residenziali per la cui progettazione sono stati indetti concorsi privati a chiamata. Già completate e vendute le prime 125 residenze di South UpTown, in consegna il prossimo anno i 295 appartamenti – tutti venduti – di East UpTown (entrambi Scandurra Studio Architettura e Zanetti Design Architettura), lo scorso 15 giugno EuroMilano ha messo sul mercato le future 317 residenze di Feel UpTown (lotto R6), progetto architettonico di Labics, progetto di paesaggio Valerio Cozzi, costruttivo strutturale e impiantistico SIO Engineering. Avviato nel 2016, il progetto UpTown è il primo smart district d’Italia e l’unico conforme al protocollo di sostenibilità GBC Quartieri. A soli tre anni di distanza e dopo la consegna nel luglio 2019 delle prime residenze, che hanno visto nei due anni di costruzione una crescita media del 40% del loro valore, UpTown conferma il proprio potenziale di nuova centralità milanese della qualità della vita.
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L’AFFACCIO, LA CORTE E LA CITTÀ. IL PROGETTO DI LABICS PER IL NUOVO LOTTO RESIDENZIALE DI FEEL UPTOWN RIPENSA IN CHIAVE CONTEMPORANEA IL PALAZZO OTTOCENTESCO E L’ISOLATO URBANO NELLA LORO RELAZIONE CON LA CITTÀ
Feel UpTown tra dimensione privata e spazio pubblico «La città non è fatta di singoli oggetti architettonici ma di relazioni – ci spiega Francesco Isidori parlando del nuovo complesso residenziale che Labics ha progettato per UpTown – e da questo punto di vista siamo stati agevolati da un masterplan basato proprio su queste premesse. Il tema dunque era quello di mettere anche questo complesso – quattro edifici che si sviluppano in altezza su un lotto triangolare – in relazione con il nuovo pezzo di città che si va formando in questa porzione nord-ovest di Milano». L’architettura conferma la forma del lotto: un isolato a corte, aperta ai vertici verso il parco e la città ma protetta dagli edifici che la circondano, e posta a una quota più alta del piano stradale, in modo che andarci sia una scelta consapevole e motivata. Il tema dell’isolato e delle relazioni con la città si ripropone [ 44 ]
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nel progetto delle facciate, conciliandosi con l’esigenza di creare spazi privati aperti, dando luogo a fronti assai diversi tra i prospetti su strada e quelli che affacciano verso la corte. «Su strada grandi logge, che segnano anche il ritmo compositivo dando rigore e forma alla facciata, ampliano la dimensione domestica verso l’esterno conservando tuttavia la natura privata dello spazio abitativo – prosegue Maria Claudia Clemente. Verso il giardino al contrario si trasformano in terrazzi continui, profondi da 160 a 220 centimetri, quanto basta per pranzare all’aperto». Per quanto riguarda i materiali, l’involucro sarà in pannelli di cemento alleggerito, realizzati fuori opera, di dimensioni variabili. Il basamento – altro tema che rimanda al ‘palazzo di città’ ottocentesco – sarà invece in pietra di colore più scuro. «Un altro aspetto im-
Feel UpTown. Render dei nuovi edifici residenziali progettati da Labics. Al contrario di quelli su strada, i prospetti che affacciano sulla corte/giardino interno sono caratterizzati da luminosi terrazzi continui visti dal giardino/corte interno (progetto di paesaggio di Valerio Cozzi). Dal centro della corte/giardino si apre una scalinata ad anfiteatro che conduce alla piastra dove si trovano ambienti comuni per i residenti, dalla piscina al campo di squash indoor a locali per il lavoro da remoto (courtesy EuroMilano).
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“In futuro, stare a casa per lavorare potrebbe essere una libera scelta, un modo di conciliare il tempo dedicato al lavoro e quello dedicato alla famiglia, ma anche uno strumento per affrontare emergenze urbane, come la mobilità, che fino ad oggi hanno faticato a trovare soluzioni” Luigi Borré, presidente di Euromilano
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Il sistema delle facciate
Il sistema delle logge
Negozi Bar / Ristorante Area giochi
Wellness
Squash Cinema
La piastra dei servizi
Coworking
Nei disegni, il concept architettonico del nuovo complesso, che poggia su una piastra di servizi commerciali (su strada, definiti da un rivestimento di colore più scuro rispetto ai livelli delle residenze) e collettivi riservati ai residenti. Il grande render a sinistra si focalizza sulla qualità degli spazi aperti, che nei fronti introversi si sviluppano in un sistema di terrazze continue.
portante da considerare, nella relazione tra l’oggetto architettonico e la città, sono i primi tre/quattro piani di un edificio – aggiunge Isidori. Anche per questo motivo le facciate disegnano una sequenza che salendo verso l’alto ‘si apre’ e culmina nelle doppie altezze degli attici che a loro volta includono terrazzi calpestabili. Anche i parapetti delle logge, ai primi piani in cemento, salendo diventano di vetro, alleggerendo la facciata». Oltre agli attici, Feel UpTown prevede
alcune ville urbane con giardino privato rialzato rispetto al livello della corte, al centro della quale una scalinata, utilizzabile per incontri o eventi all’aperto, conduce allo spazio wellness con piscina coperta, mentre la piastra dei servizi ospita gli ambienti collettivi riservati ai residenti: campo da squash indoor; cinema privato; sala giochi e feste di compleanno e un ambiente co-working con saletta riservata per webinar e teleconferenze
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Labics Nel 2002 Maria Claudia Clemente e Francesco Isidori fondano Labics, studio di architettura e pianificazione urbana con sede a Roma. Coniugando ricerca teorica e sperimentazione applicata, Labics opera a tutte le scale e complessità del progetto, dai grandi masterplan al disegno degli interni. Tra le opere completate va ricordato il Mast di Bologna (2006-2013) e la Città del Sole a Roma (2007-2016). Attualmente in corso, oltre all’incarico per il lotto R6 di UpTown, il nuovo campus biomedico di Roma e un intervento di rifunzionalizzazione degli spazi esterni e interni di Palazzo dei Diamanti a Ferrara. Ancora in fase di concept un progetto di accoglienza per persone autistiche per la Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone. Pluripremiato, Labics è stato invitato a esporre il proprio lavoro in diverse mostre tra cui le Biennali di Architettura di Venezia del 2008, 2010 e 2014. www.labics.it
CREDITI Località Milano Committente EuroMilano Spa Progetto architettonico e direzione artistica Labics
Ingegneria, strutture e impianti SIO Engineering
Progetto del paesaggio Valerio Cozzi Programma 3 edifici residenziali di 12 piani
f.t, un edificio residenziale di 7 piani f.t. per 317 unità abitative, box e cantine pertinenziali, oltre a 6 spazi commerciali
Investimento circa 130 milioni di euro
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Modulo base
Rastremazione verticale
Rastremazione orizzontale
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ALPAC
A sinistra, il concept che ha portato alla definizione dei prospetti su strada. Qui il ritmo compositivo è dato da grandi logge che ampliano verso l’esterno la dimensione privata ma conservano un elevato livello di privacy, Salendo l’intera struttura si alleggerisce fino a dissolversi nelle protezioni delle terrazze degli attici. L’involucro è in pannelli di cemento alleggerito.Nel render si nota anche la scalinata che conduce alla corte giardino del complesso, posta a una quota superiore rispetto al livello della strada, così che andarci sia frutto di una scelta consapevole (courtesy Labics).
Adottati con successo nelle residenze già completate, anche i nodi primari dei nuovi edifici di Feel UpTown saranno di Alpac. Ne abbiamo parlato con Alessandro Scandurra, incaricato del coordinamento del progetto architettonico dei lotti R2 e R3 (East e South UpTown) e progettista con l’ingegner Zanetti delle facciate degli edifici già completati e venduti. «Per definizione, la struttura che contiene gli avvolgibili è un buco energetico – spiega l’architetto Scandurra – la fisica dell’involucro è messa in crisi dai punti di giunzione e quella di Alpac è una soluzione che risolve una quantità di problemi sia sul lato progettazione sia soprattutto nella gestione del cantiere. Porta con sé tutti i vantaggi della prefabbricazione garantendo precisione e parametri certi. Il sistema dei giunti e tutti gli aspetti relativi ai ponti termici sono già risolti a monte, con un notevole risparmio di tempo e manodopera in cantiere. Per non parlare della ricerca delle responsabilità quando il lavoro non sia stato eseguito a regola d’arte». Un risparmio di tempo e manodopera che ha permesso di destinare più risorse ad altri aspetti del progetto, a tutto vantaggio della qualità dell’opera finita. Per gestire al meglio le prestazioni dei fori finestra del nuovo progetto di Feel UpTown, Labics ha scelto monoblocchi Alpac Presystem per avvolgibile, in questo caso con apertura rivolta verso l’esterno. Alternativa evoluta del tradizionale controtelaio, il monoblocco prefabbricato predispone l’alloggio dell’infisso integrando l’elemento oscurante: una soluzione all’avanguardia che permette di realizzare una struttura ad alta efficienza energetica in grado di massimizzare la resa termica e acustica dell’involucro. Oltre alla fornitura dei prodotti, anche in Feel UpTown Alpac si occuperà della posa in opera in tutte le fasi. www.alpac.it
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› I PROFILI DI LPP
Il pontile del percorso ciclopedonale Fior di Loto è realizzato in lamellare e massello di abete rosso su pali in acciaio (ph ©Pietro Savorelli).
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› I PROFILI DI LPP PATRIZIA E SAVERIO PISANIELLO SI SONO PRESTO FATTI NOTARE PER AVER REALIZZATO OPERE DI MISURATA QUALITÀ DIMOSTRANDO DI SAPER ATTINGERE AL REPERTORIO DELL’OGGI SENZA PROTAGONISMI E CHE IL PASSATO E IL PRESENTE POSSONO CONVIVERE. NEI LORO PROGETTI IL NUOVO CONTIENE DELICATI RICHIAMI ALLE TRADIZIONI LOCALI
MICROSCAPE di Luigi Prestinenza Puglisi
Non ho mai creduto troppo alla retorica dell’architetto condotto. Se uno è un bravo progettista, è in grado di affrontare temi alle più diverse scale – dalla piccola alla grande – sapendo che non è certo la dimensione che determina la difficoltà del compito. Realizzare una buona pista ciclabile, un’illuminazione, un piccolo cimitero richiede, dal punto di vista creativo, uno sforzo non minore di un aeroporto o un grande centro commerciale. Certo è che, per la diminuzione del numero degli incarichi e per i budget sempre più risicati in mano agli enti pubblici, nonché per la paura, anzi il terrore, di toccare il tessuto urbano esistente, oggi una gran parte degli incarichi, soprattutto pubblici, richiede un atteggiamento chirurgico, quasi minimale. Con il risultato che non sono pochi i progettisti che vogliono riversarvi tutte le loro energie, senza capire che anche con un piccolo intervento si possono fare guai infiniti. Penso, per esempio, alle tante povere piazze ultradisegnate, senza pietà e con dovizia di motivi e di dettagli, come se non ci fosse un domani. Oppure a pezzi di arredo urbano messi in ridicola competizione con un contesto architettonico che, invece, richiederebbe un approccio più semplice e risolutivo. Patrizia e Saverio Pisaniello mi sembra, invece, che sappiano dare risposte intelligenti e adeguate a queste nuove problematiche progettuali. Non si rifugiano nella rigida ideologia del dov’era e com’era, oggi tanto amata dagli Sgarbi e dai Settis, e cercano di non marcare inutilmente il proprio intervento. Evitano, cioè, il pericolo di voler rubare la scena a chi gli spetta, soprattutto quando la scena funziona già per conto suo. I due fratelli, che dal 2006 hanno costituito a Lucca lo studio Microscape, si sono laureati entrambi alla facoltà di architettura di Firenze. Si sono presto fatti notare per aver realizzato opere di misurata qualità. Tra queste la riqualificazione di Borgo San Daniele a Povegliano, in provincia di Treviso, dove hanno riorganizzato, intorno al palazzo comunale, uno spazio pubblico all’aperto che, in assenza di adeguate quinte architettoniche, correva il rischio di perdersi nell’indistinto di un contesto non ancora strutturato. È seguito il restauro della Chiesa di San Pellegrino, ubicata nel centro storico della città. L’intervento è stato in gran parte filologico e conservativo ma non ha evitato interventi contemporanei. Il passato, infatti, per Microscape, se va recuperato va attualizzato. L’abilità, ma anche il limite, del duo è nel saper attingere al repertorio dell’oggi senza protagonismi, mostrando quasi per incanto che il passato e il presente possono convivere. Prendete, per esempio, il cimitero in Castel San Gimignano che qui presentiamo. Per realizzarlo sono utilizzate le pietre ordinate all’interno
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› I PROFILI DI LPP
Microscape Lo studio di Patrizia e Saverio Pisaniello viene fondato a Lucca nel 2006. Fratelli, entrambi architetti e appassionati di urbanistica, architettura del paesaggio e di comunicazione artistica e fotografica. Nel 2009 la loro piazza del Municipio di Povegliano è selezionata alla V edizione del Premio Piccinato. Nel 2010 Microscape è tra i migliori studi europei under 40 e risulta vincitore dell’ Europe 40 Under 40 dell’European Centre di Dublino. I loro lavori sono stati esposti nell’ambito delle manifestazioni del Padiglione Italiano all’Expo di Shanghai 2010 e al Padiglione Italia, Arcipelago Italia della 16. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia 2018. Dal 2012 la loro produzione grafica è entrata a far parte del Nam (nuovo archivio multimediale) dell’Accademia di S. Luca. Nel 2019 vincono il Premio Architettura Toscana per la sezione Allestimento e Interni. www.microscape.it
di gabbie in reti metalliche. Una tecnica sperimentata per esempio da Miralles nel cimitero di Igualada o da Herzog & de Meuron nella Dominus Winery in California. Sicuramente due capolavori ma con soluzioni formali poco adatte ad essere accettate nella provincia toscana. Microscape riesce, invece, a trasformare le gabbie in pietra, da statement architettonici densi di tensioni avanguardiste o, nel caso di Herzog & de Meuron, di raffinatezze radical, in un delicato richiamo ai muri a secco della campagna. Sono così trasformati nel “diretto legame fisico e spirituale con la vita di chi ha vissuto il contesto ambientale, civico e culturale di Castel San Gimignano. Luogo carico di storia e di lavoro con e per le terre: materia di sostentamento e di vita”. Il miracolo è fatto: agli occhi di chi non conosce l’architettura contemporanea, il cimitero rispecchia storie e tradizioni locali, mentre chi è più avvertito respira un’area di fresca contemporaneità, con reminiscenze a opere che l’hanno vertebrata. Lo stesso equilibrio che si nota tra antico e moderno lo si riscontra tra costruito e non costruito, cioè tra le ragioni dell’artificiale e del naturale. Anche qui Microscape si muove con astuzia e accortezza. Prendete il percorso ciclopedonale Fior di Loto (presentato in queste pagine). Osservate i materiali usati e in primo luogo il legno. Il disegno è moderno, rifugge da richiami agricoli e campestri. Ma la trama è sufficientemente sottile e leggera da non impattare sul paesaggio, per veicolare il messaggio che l’ambiente va tutelato e rispettato. In questa società, che ha sempre meno fiducia nella progettazione, poi però tutto si progetta. Luci comprese. E Microscape, con l’illuminazione della facciata di Santa Croce a Firenze, eseguita in occasione del Festival F-Light 2016, mostra che ogni problema, se gestito all’interno delle coordinate di una poesia della ragionevolezza, può essere affrontato e risolto. È un’opera fatta per piacere e tranquillizzare. Ecco il segreto di Microscape: una misurata e non stravolgente iniezione di sana contemporaneità
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Alcune immagini del percorso ciclopedonale Fior di Loto che si sviluppa per un chilometro tra la stazione ferroviaria di Bozzano e il centro di Massarosa (committente del lavoro). Il progetto è a impatto ambientale zero, i materiali sono tutti naturali, permeabili e privi di agenti chimici (ph. ©Pietro Savorelli). Qui accanto, la pianta del progetto.
› I PROFILI DI LPP
Percorso ciclopedonale Fior di Loto Inaugurato nella primavera del 2015, il percorso ciclopedonale Fior di Loto, che connette la stazione ferroviaria di Bozzano con il centro di Massarosa, in provincia di Lucca, ha aperto alla fruizione pubblica un’area del bacino settentrionale del lago di Massaciuccoli di speciale interesse paesaggistico per la relazione della vegetazione con l’acqua e per la ricchezza della fauna – aironi, beccaccini, cannaiole, folaghe, usignoli – che la abita. Interpretando materiali e forme del contesto ambientale e rispondendo alle complesse esigenze tecnico-idrauliche dell’area, il progetto di Microscape si pone come architettura naturalizzata, dove la ‘natura costruita’, con il passare del tempo, si ibrida con la ‘natura naturale’ pur mantenendo la propria leggibilità: sottili linee cangianti cromaticamente al variare delle stagioni. I vincoli idraulici sono stati risolti con tratti in rilevato e un pontile – in lamellare e massello di abete rosso su pali in acciaio – di 150 m di sviluppo. Oltre ad un corretto inserimento con la vegetazione palustre dominante, il ricorso al legno permette una lunga durata di esercizio. I tratti in rilevato si qualificano per le sistemazioni ambientali di filari di pioppi cipressini che creano zone ombreggiate e sequenze lineari di essenze arbustive che creano un confine osmotico fra natura selvatica e costruzione.
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› I PROFILI DI LPP
In queste pagine, diversi particolari dei muri a secco in gabbionature che tracciano i nuovi loculi. Nella foto sopra il campo superiore, liberato dalle vecchie demolizioni e trattato a prato. Qui accanto, la scala di collegamento fra i due campi, riqualificata con la sostituzione delle spallette con nuovi setti in gabbionatura. Foto di Filippo Poli.
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› I PROFILI DI LPP
Commissionata dal Comune di San Gimignano, la riqualificazione del piccolo Camposanto di appena 600 mq, progettata nel 2016, è stata realizzata nel 2019.
Riqualificazione del cimitero di Castel San Gimignano Esempio paradigmatico di camposanto nella campagna Toscana, il cimitero di Castel San Gimignano è un’espressione della civitas del borgo e del suo territorio agricolo. La forma unitaria conserva, chiaramente visibili, i suoi caratteri tipologici: un recinto con muratura in pietrame e due campi di sepoltura su quote altimetriche sfalsate a seguire le pendenze del terreno. Cipressi lungo il muro di confine in pietra e in prossimità degli ingressi ne mediano visivamente l’inserimento nel paesaggio circostante. Il principale componente architettonico scelto per la riqualificazione è stata la gabbionatura, che con pietre calcaree locali ripropone il muro a secco, diretto legame fisico e spirituale con la vita di chi ha vissuto il contesto ambientale del borgo, che per secoli ha tratto vita e sostentamento dal lavoro della terra. Muri in gabbionature tracciano i nuovi loculi del campo inferiore, formano le nuove spallette della scala che collega i due campi e, naturalizzate con essenze vegetali, delineano la testa del muro a secco del terrazzamento. Per la pavimentazione dei percorsi sono stati posati a secco – e inerbiti – blocchi di cls prefabbricati di misure differenti. Il campo superiore, liberato da precedenti costruzioni, è stato trattato a prato. L’intervento è stato completato con il restauro degli esterni della piccola cappella esistente e delle murature e con nuove piantumazioni di cipressi e piante di gelsomino.
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› I PROFILI DI LPP
1° scena
2° scena
La statua di Dante viene illuminata teatralmente con luce calda ...
Durata 5 secondi
Durata 3 secondi
3° scena
4° scena
5° scena
Si costruisce la Basilica ...
Si costruisce la Basilica ...
Si costruisce la Basilica ...
con luce calda ...
illuminato con luce calda ...
con luce calda ...
La Basilica è costruita ... La facciata è interamente illuminata con luce calda ...
Durata 3 secondi
Durata 3 secondi
Durata 3 secondi
L’illuminazione della facciata di Santa Croce Nel progetto illuminotecnico messo a punto da Microscape per la facciata della Basilica di Santa Croce a Firenze durante il Festival F-Light 2016, l’impatto emozionale passa attraverso una narrazione che muovendo dalla statua di Dante accende di luce calda la prima fascia dei portali per poi ‘salire’ fino al timpano, illuminando l’intera facciata. Solo allora, attivabile in loop in determinate fasce orarie o in funzione di eventi, prende il via un’illuminazione dinamica che, in cicli di 30/40 secondi, prevede allo stesso tempo una variazione di calore fino a 4000 K e la dimmerizzazione che riduce al 25% l’intensità luminosa per concentrarsi sul rosone centrale prima di tornare alla fase in cui l’intera facciata è illuminata staticamente a 3000 K. Il tutto è ottenuto con 22 proiettori MaxiWoody Compact Tunable White a Led e il sistema di controllo Dmx. I consumi energetici sono abbattuti del 68% mantenendo gli stessi livelli d’illuminamento di 25 lux, mentre i rilievi della facciata acquisiscono una maggiore profondità nella condizione di luce statica.
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La prima fascia della Basilica, quella con i portali, viene accesa da una luce a 3000K, che poi sale alla fascia successiva, e ancora su fino al timpano finale illuminando l’intera facciata. Foto di Luca Petrucci.
› I PROFILI DI LPP
Restauro dell’Oratorio degli Angeli Custodi Molto semplice e difficilmente riconoscibile dall’esterno, l’Oratorio degli Angeli Custodi conserva, caso unico a Lucca, una ricca decorazione barocca ad affreschi, stucchi e tele. Grazie a una splendida acustica, per secoli fu il luogo d’elezione per comporre, provare e registrare partiture musicali, e mettere in scena spettacoli. Ma negli ultimi anni parte degli affreschi si stava deteriorando e il cortile interno era in stato di degrado. Mancavano inoltre spazi di servizio e di accoglienza del pubblico e il sistema di illuminazione era scarso e disomogeneo. Microscape ha sviluppato un progetto di restauro completo degli ambienti, delle decorazioni e degli arredi lignei originali e realizzato un nuovo impianto illuminotecnico interamente a Led, con apparecchi posti sul cornicione parietale. Il cortile interno, arredato con un desk girevole con funzione di biglietteria, è stato protetto con una copertura leggera in acciaio e vetro opalino. Da qui si accede, tramite una rampa, ai locali di servizio e ai camerini, caratterizzati da un sistema di pareti ‘pieghettate’.
L’Oratorio è stato oggetto di un sistematico restauro dell’apparato decorativo pittorico, delle decorazioni lignee e dell’organo settecentesco. Nel cortile interno è stata inserita una copertura leggera in acciaio e vetro opalino. Foto di Filippo Poli
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› DESIGNCAFÈ CITTÀ RESILIENTI
LA VERSIONE DI MARIO
Resilienza, parola abusata, ma che nel libro Fare Resilienza assume significati concreti e si trasforma in progetti e, talvolta, in realizzazioni. Esempi perlopiù europei e statunitensi che trattano, in particolare, l’adattamento delle città e dei territori agli effetti del cambiamento climatico rappresentati da alluvioni, allagamenti e innalzamento delle acque dei mari e degli oceani. In particolare della Baia di San Francisco, il cui futuro ambientale, economico e sociale è minacciato dall’innalzamento delle acque del Pacifico e dalla subsidenza dei terreni. Così come quello di alcune città e territori del Nord Europa, alle prese con la presenza, sempre più invadente, delle acque del mare e dei fiumi. Se il cuore della pubblicazione consiste nella presentazione di oltre venti progetti e realizzazioni, una parte decisamente attuale è rappresentata dalle interviste ad architetti, urbanisti e paesaggisti sui temi della sostenibilità e della resilienza. Il pretesto per queste dieci conversazioni nasce dalla sottoscrizione, da parte di circa 300 studi di architettura del nostro Paese, dell’Italian Architects Declare Climate and Biodiversity Emergency, un manifesto internazionale che costituisce la prima presa di posizione ufficiale del mondo dell’architettura rispetto al cambiamento climatico. Interessanti qui le dichiarazioni di Mario Cucinella, Alfonso Femia, Michele Rossi, Gino Garbellini e Andrea Schiattarella, di tre urbanisti impegnati sul fronte della nuova urbanistica (Carlo Gasparrini, Andrea Arcidiacono e Simona Tondelli) e di paesaggisti di fama internazionale come Andreas Kipar e Stig L. Andersson. Un capitolo è dedicato al tema della forestazione urbana come modalità di adattamento delle città all’emergenza climatica, con la presentazione di una serie di esperienze attuate in diverse parti del mondo e che propone diversi approfondimenti, tra questi sul progetto Forestami di Milano e sull’esperienza delle Urban Jungle di Prato con Stefano Mancuso. Ma piantare milioni di alberi può salvarci dal cambiamento climatico? L’intervento di Giorgio Vacchiano, docente all’Università Statale di Milano, propone in questo senso un originale e approfondito punto di vista.
Da tempi non sospetti, quando occuparsi di temi ambientali non era di grande aiuto per ottenere incarichi, Mario Cucinella conduce un’attenta riflessione sull’impatto ambientale dell’architettura e sulle strategie concrete da mettere in campo per affrontarlo, tanto da venire incasellato, da critici distratti, alla voce ‘tecnologia’, come se la tecnologia fosse uno stile e non semplicemente uno strumento per chi fa l’architetto. Prima ancora di immaginare un futuro tecnologico sarebbe opportuno, secondo Cucinella, guardare a quel passato in cui per millenni abbiamo costruito opere che non impiegavano energia, utilizzando al massimo le risorse disponibili, nel rispetto dei tempi di rigenerazione della natura. Negli ultimi due secoli abbiamo perso l’abilità di dialogare con il clima, per accorgerci adesso che viviamo immersi in ecosistemi in cui tutti gli elementi sono collegati, come emerge chiaramente dall’osservazione del mondo vegetale, nella straordinaria conversazione tra Mario Cucinella e Stefano Mancuso che introduce i quindici progetti
Pietro Mezzi Fare Resilienza. Progetti per adattare città e comunità agli shock climatici e sociali, in Italia e nel mondo Altreconomia, Milano, 2020 - 160 pp, 14 euro ISBN 978-88-6516-352-8
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dello studio MC A. Opere realizzate, cantieri in corso o concept come il villaggio globale ‘Tecla’, costruito con stampanti 3D, che prende il nome da una delle città invisibili di Calvino e che rappresenta plasticamente quell’empatia creativa – la capacità di mettersi in sintonia con i luoghi sia da un punto di vista climatico che culturale – che è alla base del lavoro dello studio.
Anna Mainoli (a cura di) Building Green Futures. Mario Cucinella Architects Forma Edizioni, Firenze, 2020 256 pp, 65 euro - ISBN 978-88-5521-023-2
ATTUALITÀ DELLA CANAPA Nel suo “Trattato di funambolismo” Philippe Petit, colui che nel 1974 camminò su una fune tra le torri gemelle di New Work, diceva che ogni cavo in acciaio ha sempre un’anima di canapa. E forse quest’anima è ciò su cui si potrebbe rifondare, in un’ottica di compatibilità ambientale, l’odierna tecnologia dei materiali. All’inizio del 1900 l’Italia era il secondo produttore mondiale di canapa. L’introduzione delle fibre sintetiche, e il cotone di importazione, soprattutto nel dopoguerra, ha finito per relegare questo materiale dalle prestazioni eccezionali ad un impiego di nicchia. Malgrado la canapa sia presente in campo edilizio fin da tempi arcaici, la sua riscoperta è relativamente recente e sta rivelando opportunità e prestazioni straordinarie anche come materiale per la fabbricazione con stampa 3D e a basso impatto ambientale. Il volume di Marco Adriano Perletti, partendo da un panorama storico, è un esauriente e inedito manuale tecnico sull’utilizzo
della canapa in campo edilizio. E non solo: dimostra come architetture eccellenti sono o potrebbero essere realizzate con un materiale il cui potenziale è stato finora ampiamente sottovalutato. L’inizio di una svolta a partire da un illustre passato? Forse sì, e il libro di Perletti ben descrive in prospettiva questo possibile percorso.
Marco Adriano Perletti (a cura di) Costruire sostenibile con la canapa Maggioli Editore, Santarcangelo, 2020 376 pp, 36 euro ISBN 978-8-8916-3760-4
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ARCHITETTURA AUMENTATA STIAMO ENTRANDO IN UN’ERA IN CUI MACCHINE SEMPRE PIÙ EVOLUTE PERMETTONO DI REALIZZARE ARCHITETTURE MAI VISTE. E MENTRE SI INSEGUE IL SOGNO DI STRUTTURE CHE ANZICHÉ CONTRASTARE L’AMBIENTE NE SIANO UN ARMONICO COMPLEMENTO. EMERGE IL PERICOLO DELLA TRASLAZIONE DI CONSAPEVOLEZZA DI CONOSCENZE E CAPACITÀ, DALL’UOMO ALLO STRUMENTO SOTTRAENDO PREZIOSI SPAZI CULTURALI E MENTALI
Carlo Ezechieli
Temple Galaxia, 2018, Black Rock City (ph. ©Jamen Percy, courtesy Arthur Mamou-Mani)
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Edifici autonomi Joseph Paxton era innanzitutto un giardiniere, ma non solo, era anche un inventore, un architetto, un membro del Parlamento britannico. Insomma, una specie di Leonardo da Vinci della Prima Età delle Macchine. Nell’Esposizione Universale del 1851, Paxton realizzò il Crystal Palace, un padiglione, si fa per dire, alto quasi quaranta metri ed esteso su una superficie di circa dieci campi di calcio. La tecnica applicava soluzioni per quei tempi quasi fantascientifiche: lastre di vetro, componenti in acciaio, perfino le ‘flushing toilets’, che più di ogni altra cosa suscitavano la meraviglia dei contemporanei. Facendo le debite proporzioni, sarebbe come se uno dei padiglioni della prossima Expo fosse una grande opera di architettura capace di autocostruirsi secondo logiche simili alla messaggistica cellulare presente in qualsiasi organismo. E questo rientra nella sfera del possibile. Grazie agli strumenti della moderna Augmented Age possiamo decifrare la natura, emularne i processi, ricombinarne i codici generativi, inseguire il sogno di strutture che, anziché alterare e contrastare l’ambiente, ne siano un armonico complemento. A pensarci bene è lo stesso risultato che si ottiene da migliaia di anni, applicando principi perfettamente Low-Tech, che si rivela in opere di incredibile bellezza come i ponti viventi di Meghalaya. Ma mentre i ponti viventi per giungere a compimento richiedono decenni, queste strutture potrebbero crescere, letteralmente, nel giro di pochi giorni. Siamo ormai entrati in un’era in cui sistemi di intelligenza artificiale come GPT-3 possono intrattenere conversazioni di impronta filosofica fingendosi, credibilmente, pensatori umani. È pertanto prevedibile che processi di progettazione basati su una sorta di dialogo tra progettista e macchine abbiano basi sufficientemente solide per diventare per l’architettura un vero e proprio motore di evoluzione. Ma se da un lato opere meravigliose di autori di punta, forti di un’attrezzatura culturale e intellettuale formidabile, stanno aprendo nuove frontiere, in molti altri casi l’amplificazione delle capacità tecniche si traduce in una temibile traslazione di consapevolezza, di conoscenze e capacità, dall’uomo allo strumento. È un’ondata che non si può né fermare né ignorare che dà opportunità incredibili, ma pure prospetta l’eventualità, in assenza di principi sufficientemente solidi, di una stoltezza che potrebbe ritrovarsi, appunto, ‘aumentata’. CE
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Temple Galaxia. L’installazione di Arthur Mamou-Mani per l’edizione 2018 del Burning Man festival di Black Rock City è composta da 20 capriate in legno che convergono a spirale verso un punto nel cielo, un luogo centrale dove è posato un mandala gigante prodotto in stampa 3D (foto ©Jamen Percy courtesy Arthur Mamou-Mani).
Arthur Mamou-Mani Laureato all’Architectural Association, l’architetto francese Arthur Mamou-Mani (Arb, Riba e Frsa) guida uno studio specializzato in un nuovo genere di architettura progettata e realizzata digitalmente. Docente all’Università di Westminster, possiede il laboratorio di fabbricazione digitale Fab.Pub che consente a ricercatori e aziende di sperimentare con grandi stampanti 3D e macchine a taglio laser. Dal 2016 è membro della Royal Society for the Encouragement of Arts, Manufactures and Commerce. Per il progetto Wooden Waves installato presso la sede di BuroHappold Engineering ha vinto il Gold Prize all’American Architecture Prize e il Rising Stars Award del Riba Journal nel 2017. Arthur ha tenuto numerose conferenze, compresi dei talk TED-X negli Stati Uniti, ed è apparso sulle copertine di Financial Times, New-York Times a Forbes. Prima di fondare il proprio studio nel 2011 ha lavorato presso Atelier Jean Nouvel, Zaha Hadid Architects e Proctor and Matthews Architects. www.mamou-mani.com
LA NUOVA FRONTIERA LE OPERE DI ARTHUR MAMOU-MANI, PUR CARATTERIZZATE DA UN CONTENUTO DI INNOVAZIONE FORMIDABILE, RIVELANO UNA COMPONENTE FONDAMENTALE DI RICERCA NELLA CULTURA DEL PROGETTO E DELLA SUA EVOLUZIONE IN MANIERA COMPATIBILE CON LE RISORSE AMBIENTALI. CE NE PARLA IN QUESTA INTERVISTA di Carlo Ezechieli
Durante il Salone del Mobile del 2019 Arthur Mamou-Mani era presente a Milano, a Palazzo Isimbardi, con un’opera, Conifera, formata da 700 moduli in legno e bioplastica stampati in 3D. Un’opera forse non tanto imponente e celebrata quanto Galaxia, realizzata nel 2018 per il Burning Man Festival, ma che rivela molto della logica e dei principi del suo lavoro. Quale fondatore di uno studio che si compone di architetti, tecnologi ed esperti di fabbricazione digitale, Arthur è senza dubbio uno dei protagonisti e dei pionieri di ciò che ormai viene definito come Parametric Design, ovvero dell’utilizzo di algoritmi per sviluppare concetti architettonici sulla base di regole e parametri, in modo simile a forme e processi osservabili in natura. Il suo lavoro si svolge combinando costantemente computing, scienza dei materiali e tecnologie robotiche. I suoi progetti non si limitano tuttavia
a semplici strutture biomorfiche, basate sulla riproposizione di forme naturali alle quali vengono attribuiti contenuti simbolici, un tema comune all’architettura classica come a molte altre correnti più recenti, ma seguono un’indagine molto profonda dei presupposti generativi della forma stessa e del profilo di impatto e di compatibilità ambientale dei materiali. La figura di un architetto così concentrato sull’utilizzo e l’applicazione pratica della tecnologia non deve tuttavia trarre in inganno. L’obiettivo fondamentale di Mamou-Mani è quello di creare un’architettura significativa, capace di confermare, a livello emotivo, il senso di appartenenza al sistema ambientale esteso, in modo molto più vicino a ciò che il biologo Edward O. Wilson aveva definito con il termine di Biophilia che non ad una pura speculazione tecnologica applicata all’architettura. Arthur, con studio nel quartiere di Hackney, Londra, si trovava per
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lavoro nella sua città di origine, Parigi, quando l’abbiamo raggiunto per questa intervista: un breve ma intenso dialogo, denso di considerazioni su ciò che per l’architettura rappresenta ormai, propriamente, una nuova frontiera. Qual è il punto centrale del tuo lavoro?
Direi che lo scopo generale è quello di aiutare il pianeta, di farlo diventare migliore, di utilizzare la tecnologia nel miglior modo possibile per raggiungere questo scopo. Cosa ti ha portato all’architettura?
È stata una vocazione. Fin da quando era molto piccolo c’era una cosa che mi veniva piuttosto bene, era disegnare, come tutti, ma disegnavo edifici. Ho perfino vinto concorsi … quand’ero all’asilo. Cosa sono le tue principali forme di ispirazione?
Sicuramente la natura. È la fonte di ispirazione principale. Sia il mondo animale che quello vegetale. È incredibile che le forme che vediamo siano il frutto di milioni di anni di evoluzione. A cosa presti più attenzione nella natura, alla forma o ai processi?
La cosa che mi interessa di più è capire in profondità i processi che portano a determinate forme, più che alle forme in sé. Anche se l’obiettivo non è solamente quello di emulare ciò che fa la natura ma anche di cercare una
connessione. Da questo punto di vista seguo un percorso che è contemporaneamente “biomimetic” [l’emulazione di modelli, sistemi ed elementi osservabili in natura con lo scopo di risolvere problemi complessi, NdR] e “biophilic” [da biophilia che, secondo il biologo E. O. Wilson, è l’innata e geneticamente determinata affinità degli esseri umani con il mondo naturale, NdR]. Sempre cercando di capire come si sviluppano le forme presenti in natura. Negli ultimi tempi stiamo vedendo una combinazione tra una capacità di calcolo sempre maggiore, la capacità di replicare principi di generazione di forma presenti in natura e la possibilità, non semplicemente di trasformare, ma di modificare i principi costitutivi stessi di forme biologiche o naturali, come ad esempio, nel lavoro, al limite tra arte e design, di Neri Oxman. Fino a che punto ti riconosci in quest’area di progetto?
Studiavo all’Architectural Association di Londra nello stesso anno in cui Neri Oxman, molto attiva in quest’ambito di ricerca, e di qualche anno più senior rispetto a me, stava presentando la sua tesi di laurea. E lei, come molti colleghi, sta lavorando a questa sorta di congiunzione tra ambiti disciplinari differenti. Dal mio punto di vista la cosa che trovo più interessante è pensare a un progetto che anziché seguire il convenzionale e tradizionale principio “top-down”, possa svilupparsi secondo una logica “bottom-up” trovando prin-
cipi costitutivi di base. Nel senso che un’opera di architettura potrebbe letteralmente crescere a livello molecolare seguendo una sorta di protocollo di messaggistica cellulare, comune a qualsiasi forma di vita. E questo ovviamente significa partire da zero, considerando molti fattori e impedimenti di ordine pratico, incluse le implicazioni economiche. Tuttora sussiste un vero e proprio abisso tra la capacità di sviluppare al computer, in pochissimo tempo, disegni e strutture parametriche di grande complessità, e la possibilità di realizzarle. Come e quando pensi sarà possibile superare questo divario?
Credo che nei regolamenti persista un fattore di impedimento molto forte. A livello di strutture e statica il discorso diventa ancora più complicato. Questo, anche se abbiamo a disposizione materiali sempre più evoluti che potrebbero trovare applicazioni concrete. Senza dimenticare l’obiettivo prioritario di riduzione delle emissioni e dell’impatto ambientale. L’ultima domanda: immagina di mandare un messaggio dal futuro.
Questa non è facile! Ma la prima cosa che direi è di non arrendersi. Di tenere in considerazione il mondo in cui vivete, il vostro pianeta, perché il vostro impatto è tremendo, anche se forse non è facile rendersene conto.
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› PROGETTARE CON LE MACCHINE Il disegno di Catharsis, pensata per il Burning Man Festival 2020 e, sotto, Arthur MamouMani con un modello dell’installazione per le strade di Londra. A destra, il render immagina questo sistema di piazze collocato nel cortile di Somerset House (immagini courtesy Mamou-Mani).
L’INSTALLAZIONE CATHARSIS DI ARTHUR MAMOU-MANI PER IL BURNING MAN FESTIVAL, UN’INDAGINE SUI LUOGHI DI INCONTRO DELLA CONTEMPORANEITÀ
Catharsis Progetto Mamou-Mani (Arthur Mamou-Mani, Ayham Kabbani, Nina Pestel, Holly Hawkins, Youen O’Malley, Liubov Zakharova, Andros Antoniades, Krishna Bhat)
Ingegneria Format Engineers (James Solly,
Stephen Melville, Lloyd Evans, Camille Chevrier)
Curatori Therme Art Program (Mikolaj
Sekutowicz, Sara Maria Faraj, Shelby Seu Sheena Leach, Giulia Cordier, Ocean, Margaux Gazur, Konrad Schorlemmer, Weihua Yi.
Collaboratori Robert Hanea, Philipp Treml,
Constanze Leuschner, Lucas Von Oostruum, Jeremy Crandell, Sophia Swire, Jo Craven, Moritz Waldemeyer and Svetlana Marich
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› PROGETTARE CON LE MACCHINE
Il padiglione infinito Il Burning Man Festival, la cui origine risale al lontano 1986, è un evento ormai leggendario: un’esplosione semi-anarchica di creatività, e una forte attrattiva per tutti coloro che di creatività vivono, e talvolta prosperano. Tra questi i tycoon della new economy, come Larry Page e Sergey Brin di Google o Elon Musk, che ne sono frequentatori abituali. Tra i numerosi architetti e designer che nel tempo si sono avvicendati al Festival, il grande Ingo Maurer era una presenza fedele, come oggi lo sono Bjarke Ingels, che per il Burning Man ha proposto una grande sfera sospesa e riflettente chiamata The Orb, o il designer belga Arne Quinze, che nel 2006 vi costruì Uchronia, una colossale struttura realizzata con più di 150 chilometri di stecche di legno. Nella tradizione del Burning Man, le strutture più imponenti e importanti vengono smantellate in un rogo finale liberatorio. Ma Catharsis di Arthur Mamou-Mani è un’eccezione, dal momento che, nello spirito dell’affermazione di una nuova economia circolare, anziché essere bruciato, questo grande padiglione può essere smontato e riassemblato. Si tratta di una grande struttura ad anfiteatro che si propone come un vero e proprio sistema di piazze nell’ambito della Burning Man City. Il progetto riprende la geometria frattaIe, e in particolare il modello di geometria iperbolica noto come il disco di Poincaré, il cui bordo è infinito e le cui curve sono più corte delle rette. La struttura è divisa
in sette parti che formano altrettante piazze, ognuna dedicata al tema del futuro delle nostre città. Secondo Mamou-Mani, Catharsis è un’esplorazione creativa e collettiva attivata dal coinvolgimento simultaneo dei sensi, ed espressa attraverso una forma d’arte multidimensionale capace di recuperare, attraverso l’architettura, le forme di rapporto dialettico tra culture e discipline, come negli spazi pubblici delle città antiche, dalle agorà dell’antica Grecia ai fori romani. Questo grande padiglione, posto al centro dell’accampamento del Burning Man, era pensato per essere smontato e ricostruito nel cortile della Somerset House di Londra ed aperto al pubblico. Nonostante l’esplosione della pandemia abbia interrotto la realizzazione del progetto, il modello 3D, definito in ogni particolare, è diventato parte di un mondo virtuale ospitato – con altre opere di Arthur Mamou-Mani – su Alt Space, in un’ambientazione che permette sia di visitare le opere che di interagire con altri visitatori. Catharsis è un’opera profondamente contemporanea: segue un principio generato da algoritmi quasi impossibile da progettare senza l’aiuto di un computer, è realizzato con tecniche robotiche, è l’ambientazione di un mondo virtuale interattivo. Tuttavia, anche se le tecnologie impiegate rendono difficile immaginare a qualcosa di più all’avanguardia, questo progetto rivela un approccio ben radicato nella storia dell’architettura e dell’urbanistica. È una proposta che si muove in netta e deliberata antitesi alla cultura consumista e individualista ed è una chiara dimostrazione che senza conoscere il passato non è possibile costruire alcun futuro.
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› PROGETTARE CON LE MACCHINE
Dalla sabbia alla sabbia, dalla culla alla culla: composta da 58 elementi prodotti in stampa 3D, Sandwaves si sviuppa come un nastro continuo, con elementi dove le persone possono incontrarsi e sedersi (ph. courtesy MamouMani).
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Onde del deserto L’INSTALLAZIONE DI ARTHUR MAMOU MANI E STUDIO PRECHT, FINORA LA PIÙ GRANDE OPERA INTERAMENTE REALIZZATA IN SABBIA E STAMPATA IN 3D
Sandwaves Progetto Mamou-Mani e Studio Precht (in
collaborazione con Design Lab Experience)
Team di progetto Studio Precht: Chris Precht, Fei Tang Precht, Andreas Stadlmayr, Zizhi You Mamou-Mani: Arthur Mamou-Mani, Ayham Kabbani, Nina Pestel, Sash Onufriev, Youen Perhirin Design Lab Experience: Mootassem Elbaba, Hibah Elbakree, Nausheen Baig Fab.Pub: Giovanni Panico, Holly Hawkins Format Engineering: James Solly, Sara Andreussi Special thanks: PSU university students, Afan Sufak Manziel, SMI, Rely
Sandwaves, parte dell’evento chiamato Diryah Season, è finora, per dimensioni e complessità, la più importante realizzazione costruita in sabbia con stampa in 3D. Si compone di 58 elementi che vengono assemblati fino a formare un nastro continuo ed è un’installazione pensata per essere attraversata, sostare o incontrarsi. È realizzata con materiali immediatamente reperibili in loco – sabbia e resina furan (un mix di cellulosa ricavata da alberi di pino e chicchi di mais) – e secondo una sorta di reinterpretazione della cultura e delle tradizioni costruttive locali. Il progetto è il risultato della collaborazione tra due dei più interessanti studi di architettura del momento: Mamou-Mani e Studio Precht, architetti neanche quarantenni, totalmente immersi nella realtà del nostro tempo e molto orientati verso l’innovazione. Sandwaves è una griglia parametrica modellata in base alle tensioni e alle caratteristiche di resistenza del materiale, ispirata a forme come le mashrabyia e le decorazioni dell’architettura tradizionale araba. La tecnologia additiva, propria della stampa 3D, permette di realizzare strutture di grande complessità, simili alle forme presenti in natura. “Verrà il giorno in cui un frutto, osservato con nuovi occhi, farà la rivoluzione”, diceva Paul Cézanne. Di fronte ad un tale esempio di avanguardia tecnologica applicata all’architettura, viene spontaneo chiedersi se anche le macchine potranno fare, un giorno, la rivoluzione. Oggi, a più di 100 anni di distanza dalla Seconda Età industriale, sembra che le nuove tecniche di produzione, computerizzata e robotizzata, riescano a portare all’architettura una nuova importante ondata di trasformazione. Si tratta di un cambiamento nelle possibilità e nei processi di realizzazione fortemente ispirato alla volontà di emulazione dei principi generativi della forma comuni alla biologia. Ed è uno sviluppo emergente, ormai definito da una propria connotazione stilistica, né più né meno come il grido iconoclasta Ornament und Verbrechen, che improntava il riduzionismo formale di matrice Modernista, era partito da presupposti tecnologici e produttivi. I nuovi sistemi di progettazione aumentata e di produzione robotizzata faranno la rivoluzione? È ancora presto per dirlo, ma di certo rappresentano una svolta che non può essere ignorata.
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› PROGETTARE CON LE MACCHINE
Immagini di Conifera, installazione realizzata da Mamou-Mani a Palazzo Isimbardi per COS durante la design week milanese del 2019.
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› PROGETTARE CON LE MACCHINE
Settecento coni L’INSTALLAZIONE CONIFERA PER IL SALONE DEL MOBILE DEL 2019
Conifera Progetto Mamou-Mani (Arthur Mamou-Mani, Ayham Kabbani, Ping-Hsiang Chen, Nina Pestel, Frank Quek, Maialen Calleja)
Team di progetto
Format Engineers (James Solly, Stephen Melville) FabPub Ltd (Aishe Kokoshi, Carmen Matiz, Youen Perhirin) Superforma (Mattia Ciurnelli, PierLuigi de Palo) Venice FabLab (Leonidas Paterakis) Design for Craft (Emilio Antinori, Vincenzo Franchino) Plantura (Vittorio Bortolon, Camila Bortolon) WASP (Massimo Moretti, Davide Neri, Lapo Naldo, Nicola Schiavarelli)
È possibile riportare la realizzazione delle opere di architettura dalle mani dei costruttori a quelle degli architetti? Conifera, allestita a Palazzo Isimbardi per il Salone del Mobile di Milano sembra confermare questa possibilità. Realizzato in risposta al brief di COS, il marchio fashion design scandinavo parte del gruppo H&M, Conifera si compone di 700 moduli aggregabili. Un complesso reticolo di bioplastiche interamente compostabili, progettato secondo un modello di design parametrico, e realizzato tramite tecniche di stampa 3D. Il progetto riprende il tema del quadrato – ricorrente nell’architettura di Palazzo Isimbardi, dalla corte di ingresso alle piastrelle dei pavimenti – e crea una struttura di grande trasparenza che altera e ricompone l’esperienza degli spazi del Palazzo. Progettazione parametrica, tecnologie di fabbricazione additive e robotizzate, l’utilizzo di materiali a basso impatto ambientale e biodegradabili sembrano condensare in una sola opera temi tecnologici estremamente attuali. E com’è noto in architettura – dalle cattedrali del gotico all’architettura della seconda età industriale, nonché nella stessa architettura Moderna – la tecnologia è uno dei principali motori di cambiamento. Opere come Conifera dimostrano che forse anche oggi, all’inizio di un secolo di grandi cambiamenti, la tecnologia, combinata alla cultura e all’intuizione, può ancora una volta avere ricadute significative sull’evoluzione del progetto.
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› PROGETTARE CON LE MACCHINE
ph. © Serge Hoeltschi
Refik Anadol Refik Anadol (Istanbul, 1985) è un media artist e un pioniere nel campo dell’estetica dell’intelligenza artificiale. Il suo lavoro colloca la creatività in un punto intermedio tra esseri umani e macchine. Prendendo i sistemi digitali che ci circondano come materiale primario e la rete neurale dei computer come collaboratore, Anadol genera visualizzazioni delle nostre memorie virtuali, espandendo le possibilità dell’architettura, della narrativa e dei corpi in movimento. Le sue opere, basate su dati parametrici, sono performance audio-visuali site-specific e installazioni immersive che possono assumere molte forme differenti, e incoraggiano a ripensare sia il nostro ruolo nel mondo fisico, nella sua dimensione spaziale e temporale, sia il potenziale creativo legato all’uso dei computer. www.refikanadol.com
IN CAMPO ARTISTICO LE OPERE DI REFIK ANADOL NON FINISCONO DI STUPIRE, DI INCURIOSIRE E DI APRIRE INTERROGATIVI INEDITI SUL RAPPORTO TRA LA DIMENSIONE DIGITALE IN CUI SIAMO ORMAI COMPLETAMENTE IMMERSI E GLI SPAZI FISICI NEI QUALI ABITIAMO di Carlo Ezechieli
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Melting Memories, 2018, Pilevneli Gallery, Istanbul. Reti neurali interpretano impulsi della memoria traducendoli, con un algoritmo frattale e una tecnologia FFT per il movimento, in video che si concretizzano in 4K su un display Oled da 65”.
Come si sta trasformando la nostra esperienza degli spazi? Come funziona il nostro modo di percepirli? Quali sono i riferimenti architettonici nell’ambito di una realtà sempre più mediata dalla dimensione digitale? Credo siano queste alcune delle domande che, molto direttamente, stanno alla base del lavoro di Refik Anadol, artista nato a Istanbul poco più di trent’anni fa e oggi – dopo aver conseguito un Master in Belle Arti presso l’Università della California – residente a Los Angeles. Realizzando opere mai viste, di grande impatto visuale, Anadol utilizza i software come un pennello e l’architettura come una tela collaborando, letteralmente, con sistemi
di generazione di forme e immagini basati sull’intelligenza artificiale. Il risultato sono interi paesaggi, come nell’opera Machine Hallucination, sviluppati per sintesi e in modo autonomo dai computer: una vera e propria allucinazione, capace di aprire interrogativi inediti sul modo di intendere e percepire, attraverso la nostra mente, ciò che chiamiamo realtà. L’opera di Anadol è sempre site-specific, è strettamente riferita all’architettura, ne altera parzialmente le caratteristiche, lavora con gli spazi. Alcune tra le sue installazioni più significative si trovano in luoghi di transito, come gli aeroporti, altre coinvolgono architetture celeberrime. Tanto celebri che,
› PROGETTARE CON LE MACCHINE
L’ERA DELLE PAESAGGI DIGITALI MACCHINE nell’autunno del 2018, aveva trasformato la Walt Disney Concert Hall di Frank Gehry in una sorta di tela sulla quale era rappresentato, in forma rielaborata e sintetizzata, l’intero archivio digitale della Filarmonica di Los Angeles. In breve, Refik Anadol è un artista che lavora nel campo dell’esplorazione degli orizzonti della coscienza individuale e collettiva, con forti collegamenti con l’architettura, e la cui carriera negli ultimi anni, è letteralmente skyrocketed, partita a razzo. Una nuova stella? Si, decisamente, ed è stato importante avere l’opportunità di raccogliere il suo pensiero in questa intervista.
Qual è lo scopo principale del tuo lavoro?
Sono un media artist, ho lavorato sul tema della rappresentazione di realtà digitali negli ultimi otto, nove anni e su quello dell’intelligenza artificiale negli ultimi tre anni. Creo esperienze visuali che avvengono principalmente all’interno di architetture e con installazioni dove l’intelligenza artificiale ha un ruolo primario. Una mia opera può basarsi su sensori, su archivi digitali, ma ha come obiettivo l’esperienza sensoriale tra persone, macchine e spazi: una sorta di triangolazione tra questi tre elementi. Qual è lo scopo principale del tuo lavoro?
Sono molto ispirato dal futuro. Non mi pos-
so considerare un “futurologo” ma è un dato di fatto che sono più affascinato dal futuro che dal passato. È interessante capire da che parte sta andando l’umanità e questo attraverso la profonda comprensione del ruolo della tecnologia e di nuove modalità di percezione introdotte dalle macchine, nello specifico dai computer. L’intelligenza artificiale è uno strumento per capire come funziona la mente umana?
In realtà non sono tanto affascinato dall’intelligenza artificiale quanto dalla nostra mente, come questa possa acquisire nuovi livelli di conoscenza e di coscienza e come questa si evolve. C’è molta preoccupazione circa mac-
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› PROGETTARE CON LE MACCHINE
chine sempre più potenti e capaci, ma credo che il modo in cui le macchine imparano ci fornisca stimoli innumerevoli e di incredibile interesse. Abbiamo oggi a disposizione qualcosa mai avuto prima. Esplorare le potenzialità odierne è di sicuro ben più interessante che vederne le limitazioni e farsi prendere dal pessimismo di scenari apocalittici. Come pensi si possa evolvere l’intelligenza artificiale?
Le macchine hanno una capacità eccezionale nello svolgere mansioni specifiche. Noi esseri umani abbiamo un cervello e possiamo sviluppare operazioni e ragionamenti complessi con solo 10 Watt di energia. Ed è così che oggi molti parlano di come il nostro cer[ 70 ]
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vello si possa fondere con le macchine. Ma prima di fondersi, è necessario comprendere non solo il rapporto tra noi e le macchine, ma soprattutto cosa significa essere una macchina e cosa un essere umano. È una questione fondamentale e credo fin troppo ignorata. Probabilmente sono ragionamenti che hanno avuto origine con Marvin Minsky, e con i suoi studi su macchine intelligenti
Minsky sicuramente è uno dei miei eroi. È stato il primo ad aver pensato a questi temi.
Perché ti sei rivolto all’arte invece che ad aree che, almeno nel settore dell’intelligenza artificiale, sembrano avere un riscontro applicativo
diretto, come la pura tecnologia?
Perché è molto più interessante e ha una componente di narrazione straordinaria. Non ero per niente ispirato dalla tecnologia, né da una carriera come computer scientist o come ingegnere, ero più affascinato da cosa le macchine possono dire o fare. Il mio lavoro è cercare domande più che risposte, ed è una cosa che trovo incredibilmente stimolante. Qual è il tuo fine, la bellezza, la narrativa, le emozioni o che altro?
Principalmente la narrativa. Anche se le emozioni sono molto importanti. Senza dimenticare che per me l’architettura è sempre una specie di tela d’artista. È un contenitore fondamentale. Negli ultimi anni ho
› PROGETTARE CON LE MACCHINE A sinistra, Machine Hallucination, 2019-2020, Artechouse NYC, New York. Video immersivo in risoluzione 16K prodotto tramite algoritmi che interpretando in modalità ‘machine learning’ più di 100 milioni di memorie fotografiche di New York presentano 1.025 future dimensioni possibili della città.
incominciato a ragionare sul ruolo dell’architettura come base cognitiva per l’immaginazione, per la memoria e per il sogno. È un contesto in cui prendono forma varie condizioni di stato, ed un punto di partenza per un’esplorazione. Chi sono gli architetti che preferisci?
Ho cinque eroi: Frank Gehry, Zaha Hadid, Tadao Ando, Toyo Ito e Daniel Libeskind. Un gruppo di maestri indiscussi, dove però Ando sembra essere una voce un po’ fuori dal coro, molto più ispirato alla grande architettura del secolo scorso.
Di certo Ando è differente, ma adoro la sua purezza, il suo modo di pensare e vedere la
luce in modo unico, al punto che la sua architettura diventa quasi immateriale. Penso sia un’incredibile fonte di ispirazione. Come vedi gli scenari futuri?
Con il quantum computing e, ovviamente, con l’intelligenza artificiale ne sapremo molto di più in termini di neuroscienze. È uno scenario forse remoto, ma credo potrebbe aprirci qualche orizzonte su ciò che chiamiamo “mente” e “anima”: temi di cui oggi ne sappiamo ben poco
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Dall’alto, Infinity Room, 2015, Istanbul, installazione audio/video in un ambiente di 4 x 4 x 4 metri, e WDHC Dreams, Los Angeles: videoproiezione o meglio data sculpture, sui volumi della Walt Disney Concert Hall di Frank Gehry, dell’archivio digitale di 45 Tb della Los Angeles Philarmonic Orchestra reinterpretato attraverso reti neurali (in collaborazione con Google Arts and Culture e Parag K. Mital).
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› SPAZI COMUNI
Sopra, forme geometriche irregolari per le aperture che rendono luminosi gli interni. Accanto, nel punto più alto l’edificio si stacca da terra: qui è possibile organizzare un piccolo teatro semiaperto. A destra, il tappeto erboso del cortile che salendo riveste parte della copertura (foto ©Paolo Riolzi).
VINCENDO ALCUNE RESISTENZE CLAUDIO LUCCHIN È RIUSCITO A REALIZZARE UNA DELLE SCUOLE PRIMARIE PIÙ BELLE D’ITALIA. UNA CORTE VERDE CHE SALE IN COPERTURA DI UNA STRUTTURA CHE SU TRE LATI PROTEGGE UN CUORE CENTRALE APERTO E ALL’INTERNO SBOCCHI VISIVI, COLORI E PERCORSI DISTRIBUTIVI IRREGOLARI CHE FANNO DI OGNI ANGOLO UNA SORPRESA. PERCHÉ LA BANALITÀ UCCIDE LA CREATIVITÀ E IN UNA SCUOLA NOIOSA NON SI IMPARA NIENTE
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› SPAZI COMUNI
SCUOLA PRIMARIA DI COLOGNOLA AI COLLI, VERONA
A LEZIONE DI ARCHITETTURA Colognola ai Colli è un piccolo comune del veronese caratterizzato da un territorio ondulato a forte vocazione agricola. La sua origine risale ai Romani, che qui eressero un presidio militare a protezione della via Postumia, e dell’antico castrum – un quadrato di 710 metri di lato – conserva tuttora l’impianto. Sono questa misura, ripresa in scala 1:10 per l’impronta della nuova scuola, e la morfologia del territorio i motivi ispiratori del progetto della nuova scuola primaria, che sorge nel comparto sportivo-scolastico del paese, dove già esistono una materna, una media inferiore e un palazzetto dello sport. Intorno, un paesaggio agricolo collinare e l’asse ideale che connette la scuola ai luoghi della vita collettiva del paese, la piazza e la chiesa. Il nuovo edificio è caratterizzato da un fronte esterno
lineare, volutamente povero di aperture e con un rivestimento esterno in intonaco colorato Calcecolor dall’aspetto rugoso, a cui si contrappone l’irregolare apertura dei fronti interni, formati da grandi pareti in vetro trasparente, che si aprono sullo spazio a forma di cuore del cortile che disegnano e proteggono. In sezione il volume è contenuto da un profilo inclinato che raccorda le parti di edificio a diverse altezze fino a scendere al livello del terreno. In questo modo si ottiene un parco continuo formato dal cortile dell’edificio che poi risale lungo tutta la copertura. Gli spazi interni ed esterni, il costruito e il verde si possono così considerare perfettamente integrati, pur mantenendo inalterate tutte le prerogative e le diversità proprie degli spazi aperti e chiusi, naturali e artificiali.
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› SPAZI COMUNI
Claudio Lucchin & Architetti Associati Lo studio assume questa denominazione nel 2004, quando Angelo Rinaldo e Daniela Varnier diventano partner dello studio di Claudio Lucchin. Negli anni CL&AA ha ottenuto numerosi riconoscimenti e vinto diversi concorsi nazionali e internazionali di architettura. Tra gli altri ha progettato i palaghiaccio di corso Tazzoli a Torino e di Torre Pellice per le Olimpiadi invernali Torino 2006. Tra i lavori più noti il polo scientifico e tecnologico “Noi TechPark” di Bolzano (2018), l’Urban Center di Bolzano “Archimod” (2016), l’ampliamento ipogeo della scuola Hannah Arendt (Bolzano, 2013) e il termovalorizzatore di Bolzano (2012). Attualmente lo studio è impegnato a Milano per la nuova sede del Gruppo Cap (2019 - in corso). www.cleaa.it
L’intero corpo di fabbrica è caratterizzato da un crescendo che dal livello terra sale fino al punto più alto verso sud-est. Qui l’edificio si stacca da terra acquisendo leggerezza e dinamicità e offre la possibilità di inserire un piccolo teatro semi-aperto capace di ospitare circa 100 persone. Geometricamente la pianta è disegnata sulle direzioni della sezione aurea del quadrato di 71 metri di lato all’interno del quale è inscritto l’edificio. Le direzioni suggerite da questa geometria regolano la distribuzione, l’inclinazione e la localizzazione dei diversi assi generatori dei volumi, con un corpo su due livelli che ospita le funzioni didattiche e di servizio, mentre l’ingresso principale, collocato al livello superiore, avviene attraverso un grande e arioso atrio di ingresso dal quale si accede, da un lato alle aule e al sistema di distribuzione verticale, e dall’altro ad aule speciali e polifunzionali. Consapevole dell’indubbia valenza di socializzazione che gli alunni in genere attribuiscono al semplice sistema corridoio – assurto a luogo d’incontro – il progetto investe sulla superficie di transito attraverso un sistema di corridoi di larghezza e direzioni irregolari, dotati di punti di sosta e sbocchi esterni, anche visivi. Le pareti lungo i corridoi sono dotate di finestrature quadrate che li mettono in contatto con le singole aule. Il trattamento di queste aperture consente loro di svolgere anche la funzione di sedute interne. Queste variazioni determinano spazi maggiormente fruibili e con vivibilità migliore. Si ottengono così (anche se nell’attuale momento di emergenza vi si dovrà rinunciare) piccoli spazi di aggregazione, possibilità continue di rapportarsi con l’esterno, un migliore sfruttamento della luce naturale e una più interessante articolazione degli spazi. [ 74 ]
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Sopra: alla chiusura delle pareti perimetrali esterne fa eco la trasparenza del fronte prospiciente il cortile, dove si apre un vasto atrio di ingresso a tutt’altezza (foto ©Paolo Riolzi).
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Sezioni e piante dell’edificio, inscritto nella sezione aurea di un quadrato di 71 metri di lato.
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CREDITI Località Colognola ai Colli, Verona Committente Comune di Colognola ai Colli Progetto e direzione lavori Claudio Lucchin, CL&aa Team di progetto Marco Mozzarelli, Roberto Gionta, Francesco Flaim, Michele Capra
Progettazione strutturale e impiantistica Fabio Giannici, Brn Engineering
Impresa di costruzioni Mak Costruzioni Pareti vetrate Ma.Cos, Schüco Serramenti Schüco Finiture esterne e interne Fornaci Calce Grigolin Isolamento acustico Celenit Pavimenti e Rivestimenti Italgraniti Tetto verde Climagruen Programma 20 aule, 9 aule speciali, atrio e ingresso,
sala insegnanti, teatro all’aperto, locali tecnici e servizi
Cronologia 2010-2015 (progettazione), 2016-2019 (costruzione e consegna)
Superficie 2.641 mq Volumetria 10.346 mc Classe energetica A1 Valore delle opere 4.767.000 euro [ 76 ]
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› SPAZI COMUNI Accanto, leggere pensiline in acciaio e vetro proteggono la passerella che conduce all’ingresso. Leggibile nelle altre foto l’interazione tra il verde, il prospetto vetrato e l’essenza materica del rivestimento esterno, trattato con un intonaco speciale a base di calce (foto ©Paolo Riolzi).
FORNACI CALCE GRIGOLIN Microcalce e terre naturali per l’intonaco esterno e gli interni della nuova scuola di Claudio Lucchin & architetti associati. Molto legata ai temi della bioedilizia, Palladio Calcecolor di Fornaci Calce Grigolin è la soluzione ecologica, traspirante e colorata in massa scelta per dare matericità all’involucro esterno, dove è stato applicato come finitura di un particolare rivestimento a cappotto in Eps con grafite fissato meccanicamente, e con rasatura alleggerita rinforzata con specifiche reti in fibra di vetro. La scelta della tinta esterna è stata l’esito di un confronto tra diverse campionature. Calcecolor infatti viene colorato nella massa durante la produzione, ma può essere formulato su misura in base a specifiche esigenze di progetto. Particolarmente versatile, con tinte e modalità di applicazione diverse Calcecolor è stato utilizzato anche nelle specchiature interne della scuola. I prodotti Calcecolor sono in grado di restituire qualsiasi effetto decorativo, e sono realizzati con il legante più antico conosciuto dall’uomo: la calce. www.fornacigrigolin.it
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› SPAZI COMUNI
ITALGRANITI GROUP Per la pavimentazione della scuola primaria Dante Broglio di Colognola ai Colli, Italgraniti ha fornito quattromila metri quadrati di grés porcellanato (dimensioni 20x120 cm) della collezione My Plank nel colore Heritage. La collezione si ispira alla raffinatezza e all’eleganza del legno. Ha una struttura essenziale e semplice, presenta nodi delicati e venature morbide; sei i colori e i formati disponibili. Si compone anche di un formato 40x120 (spessore 20mm) indicato per l’esterno. Le piastrelle della collezione My Plank sono ideali per l’edilizia ecosostenibile: sono prodotte in stabilimento con un sistema di gestione ambientale certificato Emas-Iso 14001 e partecipano all’ottenimento di crediti per la costruzione di edifici secondo la certificazione Leed. www.italgranitigroup.it
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Gli ambienti interni sono ricchi di colori e sorprese. A sinistra, la scala che conduce al corridoio principale. Nelle foto in basso, aperture quadrate mettono in comunicazione visiva aule e corridoio e diventano sedute informali per gli alunni che fanno degli spazi comuni il principale luogo di socializzazione (foto ©Paolo Riolzi).
CELENIT La scelta di utilizzare i pannelli fonoassorbenti in lana di legno Celenit per i rivestimenti a soffitto delle aule e degli spazi comuni ha permesso di combinare le eccellenti proprietà acustiche al design funzionale. Risulta infatti evidente come la colorazione naturale e la modularità dei pannelli sia perfettamente in linea con il moodboard del progetto. Gli ambienti didattici spesso sono caratterizzati da un eccesso di riverbero che genera discomfort sia per gli studenti che per il personale docente e non consentono adeguata chiarezza e comprensione del parlato. I prodotti della divisione Acoustic | Design by Celenit sono le soluzioni ideali per ambienti ad elevato affollamento come quelli scolastici dove comfort indoor, acustica e sicurezza certificate si combinano al design personalizzabile, nel rispetto dell’ambiente e della salute grazie all’idoneità ai requisiti dei Criteri Ambientali Minimi e dei protocolli di sostenibilità come Leed e Itaca. www.celenit.com
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Accanto, il fronte sud-ovest si affaccia sul giardino con generose aperture protette da grandi imbotti in legno. Di minori dimensioni le finestre sul lato a est, sotto, visto dalla piazzetta in ghiaia antistante (foto ŠOskar Da Riz).
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MATERNA, SLUDERNO, BOLZANO
SCUOLA A MISURA DI BAMBINO UN EDIFICIO SCOLASTICO DALLE LINEE CHIARE E RICONOSCIBILI, IN ARMONIA CON IL PAESAGGIO E PROGETTATO SECONDO GLI STANDARD ENERGETICI DI CASACLIMA. UNA FORMA DI CASA TRADIZIONALE PER CREARE UN AMBIENTE AMICHEVOLE E FAMILIARE. IL PROGETTO È DI ROLAND BALDI ARCHITECTS
Porte e vetrate che guardano il giardino, cui si accede da una loggia protetta ‘scavata’ nella facciata regolare, per l’ampio locale polifunzionale al centro del piano terra (foto ©Oskar Da Riz).
Sluderno, Schluderns in lingua tedesca, è un piccolo comune della Val Venosta in Alto Adige, una valle che collega Italia, Austria e Svizzera. Una zona di confine, dove la cultura del paesaggio e lo sviluppo sostenibile si intrecciano con un’alta qualità della vita e una particolare attenzione all’architettura. Il progetto della nuova scuola materna comunale di Roland Baldi Architects è l‘esito di un concorso di architettura del 2011. L’obiettivo era realizzare un istituto scolastico per l‘infanzia con tre sezioni e i relativi spazi funzionali. Già nelle sue prime fasi il progetto attribuisce grande valore alla creazione di un
edificio dalle linee chiare e dagli elementi riconoscibili, in grado di armonizzarsi con il paesaggio e di dare all’architettura la forma iconografica di una casa per creare un ambiente amichevole e familiare ai bambini. Il nuovo plesso si colloca fra le costruzioni esistenti a completamento del tessuto urbano del piccolo centro cittadino. L’accesso avviene da una piazzetta pubblica che si inserisce all’interno di una più ampia area pedonale. Con la materna di Sluderno, Roland Baldi Architects realizza una costruzione in legno, sostenibile e a misura di bambino. Il tetto a falde, la facciata intonacata e le
grandi finestre, sfalsate fra di loro, ricordano il disegno di un bambino riportato alle dimensioni reali. All’interno tutti gli ambienti sono accessibili tramite l’ampio e luminoso foyer, che è lo snodo funzionale del fabbricato ed è anche un’area di benvenuto, relax e ricreazione. Le aule, con i loro spazi per le attività di gruppo e di sostegno, sono orientate a sud, in favore di luce e con affacci verso l’area gioco e il giardino. I mobili in legno – sgabelli, tavoli e armadietti – sono progettati su misura; i colori utilizzati trasmettono sicurezza. Al piano superiore il tetto a falde genera
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Roland Baldi Architects Fondato nel 1994 a Bolzano, lo studio opera nel campo dell’architettura e dell’urbanistica con progetti che si caratterizzano per l’attenzione al contesto e per chiaro linguaggio progettuale, linee pure, materiali e colori utilizzati. Lo studio è anche impegnato nel confronto pubblico su architettura, arte e design. Roland Baldi Architects ha vinto numerosi concorsi con progetti di architettura, urbanistica e interior design. Tra quelli più noti vi sono il masterplan per la zona Rosenbach a Bolzano, il parco aziendale Syncom a Bressanone, la sede universitaria di Brunico, la centrale per il teleriscaldamento di Chiusa, la funivia di Merano 2000 e la sede della TechnoAlpin a Bolzano. www.rolandbaldi.com
La sezione e altre immagini dell’asilo. Dall’ingresso si accede alla scala in legno che conduce alle aule e ai locali di servizio dei bambini (foto ©Oskar Da Riz).
CREDITI Località Sluderno, Bolzano Committente Comune di Sluderno Progetto architettonico Roland Baldi architects (Harald Kofler, Sila Giriftinoglu, Elena Casati, Carlo Scolari)
Direzione lavori Roland Baldi architects Progetto strutture Andreas Erlacher Progetto impianti meccanici Energytech Progetto impianti elettrici Reinhard Thaler Progetto illuminotecnico e degli arredi Roland Baldi architects
Progetto acustico Euroakustik Superficie 2.063 mq (di cui 997 mq interni) Volume 3.681 mc Cronolavori ottobre 2017/novembre 2018
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uno spazio articolato su diverse altezze. Dal punto di vista tecnico, l‘edificio è costruito con pannelli strutturali di legno. L’uso di questo materiale ritorna nei tagli che individuano gli ingressi e nei generosi imbotti delle finestre che caratterizzano in modo espressivo le facciate intonacate di bianco. All’interno continua l’alternanza tra legno e superfici a intonaco, con la predominanza del legno per finiture, porte, soffitti e arredi, che si completano con l’uso di colori diversi per le tre differenti sezioni. Per accrescere la sostenibilità ambientale, il fabbricato è dotato di un tetto verde e progettato rispettando gli standard energetici A di CasaClima
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Accanto, la facciata d’ingresso, tamponata in parte a vetro e in parte con pannelli di policarbonato. A destra – zoom qui sotto – la metà aperta dell’edificio vista dal molo (ph. ©Maxime Delvaux).
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MELOPEE SCHOOL, GAND
DIDATTICA APERTA UN PROGRAMMA ARTICOLATO IN UNO SPAZIO LIMITATO. IL PROGETTO DI XDGA RIUNISCE LE DIVERSE FUNZIONI IN UNA GRIGLIA REGOLARE CHE SOVRAPPONE SU PIÙ LIVELLI GLI SPAZI SPORTIVI E CREA NUOVE RELAZIONI TRA APERTO E CHIUSO. UN ESEMPIO REPLICABILE
Asilo d’infanzia e scuola elementare, doposcuola e spazi dove alunni e residenti possano praticare attività sportive, dal basket alla pallavolo. Il programma della nuova scuola Melopee, pensata al servizio delle famiglie che abitano il nuovo sviluppo residenziale nato dal masterplan di rigenerazione delle aree portuali disegnato da OMA nel 2004, era complesso ma lo spazio, che a ovest si affaccia direttamente su un molo, limitato. Il concept di Xaveer De Geyter Architects ha scelto di distribuire queste fun-
zioni su quattro livelli sovrapposti, dando vita a un parallelepipedo diviso in due metà: una porzione che ospita tutte le funzioni che si svolgono al chiuso e l’altra, aperta ma protetta, nella quale gli spazi collettivi e per le attività sportive sono sovrapposti uno all’altro. Tra le due, al di sotto di un primo campo di gioco riparato da mattoni in vetro, un percorso pubblico che attraversa l’intero volume aprendo l’edificio scolastico alla comunità. Uno scheletro in acciaio zincato, con
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› SPAZI COMUNI CREDITI Località Gand (Belgio) Committente Sogent Progetto architettonico XDGA - Xaveer De Geyter Architects program + plot program + plot program + plot program + plot
Team (progetto definitivo) Xaveer De Geyter,
Karel Bruyland, Thérese Fritzell, Arie Gruijters, Ingrid Huyghe, Willem Van Besien, Stéphanie Willocx
Team (implementazione e realizzazione) Xaveer De Geyter, Ingrid Huyghe, Willem Van Besien
Progetto strutturale Ney & Partners Progetto impiantistico Studiebureau Boydens Acustica Daidalos Peutz Superficie 4630 mq (interno) + 3050 mq
XDGA - Xaveer De Geyter Architects Fondato nel 1988 da Xaveer De Geyter (1957) dopo l’esperienza trascorsa presso lo studio OMA, lo studio con sede a Bruxelles conta un team internazionale di 54 collaboratori provenienti da 11 Paesi. Significativo il numero di progetti realizzati e numerosi I riconoscimenti ottenuti in trent’anni di carriera (Mies Van der Rohe Award, Bigmat Award, Flemish Culture Award for Architecture). Ad oggi sono ben cinque le monografie pubblicate dedicate allo studio. www.xdga.be
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Impronta al suolo 40 x 31 metri Cronologia 2015-2020
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A destra il concept progettuale: definite le diverse funzioni del programma, il volume edificabile è stato suddiviso in due metà e gli spazi detinati ad attività sportive, all’aperto e collettive sono stati sovrapposti. La regolarità della maglia definita dall’intreccio di travi e pilastri in acciaio zincato conferisce unitarietà all’insieme.
(esterno)
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una griglia regolare, conferisce unitarietà e carattere all’edificio. Completamente a vista negli spazi pubblici e sportivi, le facciate della porzione chiusa sono allestite con serramenti vetrati e tamponamenti di policarbonato traslucido, secondo un’estetica ‘industriale’ in sintonia con il luogo. Progettando la Melopee Xaveer De Geyter non pensava certo all’attuale pandemia, ma la realizzazione suggerisce nuovi paradigmi nelle relazioni tra spazi aperti e spazi chiusi e nei modi di immaginare e di vivere gli ambienti dedicati alla formazione, che possono e devono diventare luoghi aperti alla comunità
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Altre immagini della scuola Melopee di Gand. Economici ma trattati con creatività, come nella foto in alto, i materiali utilizzati conferiscono al complesso un carattere ‘industriale’ in sintonia con il contesto nel quale si trova (ph. ©Maxime Delvaux).
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Chartier Dalix Fondato nel 2008 da Frédéric Chartier e Pascale Dalix, lo studio di Parigi ha partecipato a numerosi concorsi internazionali e ricevuto numerosi premi. Vincitore nel 2016 del concorso internazionale Réinventer-Paris per il sito di Ternes-Villiers e nel 2017 con la Nouvelle AOM (Franklin Azzi Architecture e Hardel & Le Bihan Architectes) per il progetto “Demain Montparnasse”, l’ufficio gestisce un’ampia gamma di incarichi sia pubblici, come la stazione ferroviaria di La Courneuve del Grand Paris Express, sia privati. Tra i progetti attualmente in corso, 24.000 mq di uffici a Saint-Denis e 65.000 mq di campus terziario a Saint-Ouen. Negli ultimi anni, Chartier Dalix ha intrapreso ricerche sull’integrazione della biosfera nell’architettura da cui è nato il progetto “Architettura e Biodiversità: Immaginare un nuovo ecosistema urbano” selezionato nell’ambito della call del progetto Faire, lanciato dal Pavillon de l’Arsenal. Chartier Dalix concepisce l’architettura come un sistema costruito che combina l’integrazione della biosfera e della poesia. www.chartier-dalix.com
Assonometria dell’intervento. Sopra, spazi esterni accanto a uno degli edifici ristrutturati e conservati, e i percorsi che attraversano il giardino per convergere verso il nuovo centro di accoglienza (ph ©Sergio Grazia e ©Camille Gharbi).
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› SPAZI COMUNI
NUOVA FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA, PARIGI
METAMORFOSI URBANE IL PROGETTO DI CHARTIER DALIX TRASFORMA UNA EX-CASERMA NEL CENTRO DI PARIGI NEI NUOVI SPAZI DELLA FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA. AL CENTRO DELL’INTERVENTO IL PUNTO DI ACCOGLIENZA CHE CONCORRE A FORMARE UN NUOVO PAESAGGIO Metamorfosi. Così Frederic Chartier e Pascal Dalix definiscono il progetto dell’ex caserma Lourcine nel 13° arrondissment di Parigi. Parlando non di riqualificazione ma di trasformazione, perchè si tratta di «costruire sull’esistente per creare qualcosa di nuovo e di ancora più ricco di ciò che avrebbe potuto essere conservato». L’intervento, pensato per rispondere alle esigenze dell’ateneo, è ambizioso, sia per dimensioni sia per il nuovo rapporto che crea con le costruzioni esistenti. Aprire alla fruizione pubblica l’ex presidio militare, al centro di un quartiere fortemente urbanizzato, ha permesso di raccontare nuove storie. A cominciare dalla piazza d’armi al centro, che il progetto trasforma nel nucleo centrale dell’intero inter-
vento e nello stesso tempo in un nuovo elemento di paesaggio. Il sito si compone di un’area pianeggiante, di un’altra in leggera pendenza e di una terza zona a una quota inferiore. Al centro del lotto è collocata la piazza d’armi: rettangolare, alberata, con due ex fabbricati militari ai lati, costruiti in epoche differenti con struttura portante in legno. Nella seconda metà del secolo scorso altri due edifici all’interno dell’area erano stati prima demoliti e poi ricostruiti, e oggi ospitano gli alloggi del ministero della Difesa, uno studentato e un parcheggio sotterraneo. Negli anni quindi il luogo era diventato un insediamento terziario e residenziale, mantendo però intatta la sua forma originaria.
Sugli immobili 1 e 2 e in parte del 3, l’operazione ha previsto la costruzione di 27 aule, una biblioteca di duemila metri quadrati e un auditorium di 500 posti. In base al piano le opere per adeguare gli stabili dal punto di vista energetico, dell’accessibilità e della sicurezza sono ridotte al minimo, ma orientate alla conservazione. Si tratta di lavori mirati, con un involucro rimasto quasi del tutto intatto; anche le finiture sono orientate al mantenimento dell’esistente. L’intervento sulla piazza ha rappresentato una sfida impegnativa sia per l’esistenza di differenti usi, sia per la volontà di mantenere il senso complessivo dell’operazione. Da qui l’idea di ristrutturare lo spazio centrale esistente creando un luogo di accoglienza capace di connette-
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› SPAZI COMUNI
In alto, l’ingresso al centro di accoglienza, protetto da un grande sporto in acciaio corten (ph. ©Camille Gharbi). Sopra, il disegno e una foto della monumentale scala a spirale che conduce alla biblioteca (ph © Takuji Shimmura).
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re le differenti quote di livello con dolci movimenti del terreno e conferire funzionalità, attrattività e piacevolezza. Dal punto di accoglienza, che rappresenta il cuore pulsante del nuovo complesso, è possibile accedere alle aule, alla biblioteca e agli spazi di ricerca. Le qualità degli spazi interni sono esaltate dallo svuotamento degli ambienti: la totale assenza di controsoffitti, con gli impianti tecnici a vista, valorizza i volumi esistenti. Un certo brutalismo contrasta con i dettagli di pregio dei mobili su misura e il carattere nobile delle materie
prime impiegate: acciaio, rovere massello, pavimenti in legno. Una monumentale scala a chiocciola segna l’ingresso alla biblioteca, sia a livello del giardino che dal piano terra fino al primo. Le sue dimensioni ne fanno un elemento architettonico notevole e rivelano il volume e l’altezza del fabbricato. Ai piani superiori un’ampia e generosa passerella offre la possibilità di creare un luogo di incontro su più livelli: ciascuno di essi è collegato dalla scala principale aperta, che offre l’accesso diretto alle
aule. La galleria è unita alle passerelle, che si trasformano in luoghi di condivisione e di lavoro: l’edificio 2 diventa così un moderno learning center. L’anfiteatro da 500 posti è collocato nel punto inferiore del sito, all’altezza del precedente parcheggio interrato. Vi si accede attraverso una galleria interamente rivestita in acciaio autoportante che offre continuità con la spianata centrale. L’acciaio accompagna il visitatore dalle aree esterne fino a quelle interne: una pelle che mostra i segni del tempo e incarna il nuovo volto del campus
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› SPAZI COMUNI
CREDITI Località Parigi, 13° arrondissement Committente Epaurif Progettazione Frederic Chartier e Pascal Dalix General contractor Egis Bâtiment Progettazione acustica Acoustb Progettazione paesaggistica DHpaysage Consulenza storica Grahal Consulenza ambientale Elioth Funzioni Auditorium (500 posti), aule (27), biblioteca (2.000 mq), uffici (1.500 mq), due alloggi di servizio
Superficie 9.710 mq Costo 22 milioni di euro Fine lavori giugno 2019
A destra, l’auditorium e aula magna da 500 posti realizzato in luogo di un precedente parcheggio sotterraneo (ph © Takuji Shimmura). In alto, una sala di lettura (ph ©Sergio Grazia). Il carattere grezzo di pareti e soffitti con gli impianti a vista contrasta con la raffinatezza degli arredi e la qualità dei materiali impiegati per realizzarli.
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› SPAZI COMUNI
A SPAZIO TE
TRA ARTE E CULTURA A MANTOVA NELLO STORICO EDIFICIO DEI GONZAGA È STATO RECENTEMENTE INAUGURATO UN NUOVO AMBIENTE MULTIFUNZIONALE APERTO AL PUBBLICO
Esterno dell’edificio, parte del complesso di Palazzo Te, dove è stato realizzato il nuovo spazio, cui si accede scavalcando l’acqua delle Pescherie. Nelle altre foto alcune viste degli ambienti interni.
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Da alcuni mesi Palazzo Te, l’opera più celebre dell’architetto Giulio Romano, si è arricchito di un nuovo ambiente: Spazio Te, un luogo polifunzionale in grado di ospitare eventi musicali e performance teatrali, che comprende una biblioteca dedicata alle arti e alla creatività, zone dove poter lavorare e studiare e una caffetteria. Si tratta del primo esito dei previsti interventi di rifunzionalizzazione dello storico palazzo, voluto da Federico II Gonzaga per custodirvi i suoi amati cavalli e realizzato tra il 1524 al 1534.
Affacciato sul Giardino dell’Esedra, Spazio Te è stato pensato per favorire gli scambi culturali, lo studio, la produzione artistica e la fruizione della musica. Organizzato su due livelli grazie alla realizzazione di un soppalco che sfrutta l’altezza degli ambienti, il progetto del nuovo spazio si rivela quanto mai rispettoso dell’architettura e del decoro dell’edificio: l’arte, la storia, la cultura si fondono al design degli ambienti, caratterizzati da uno stile sobrio, minimale e contemporaneo
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› SPAZI COMUNI
PEDRALI
Per l’arredo dei nuovi ambienti sono stati scelti le sedie e gli sgabelli della collezione Babila di Pedrali
La collezione Babila, disegnata da Odo Fioravanti, si muove con agilità tra tradizione e innovazione: la sua forza risiede nella semplicità e nell’immediatezza, a ricordare una forma senza tempo. La seduta è caratterizzata da una scocca che può essere realizzata in multistrato a spessore variabile (in tecnopolimero o imbottita in tessuto o eco-pelle) e gambe in massello di frassino, in tubo d’acciaio o con telaio a slitta. La poltroncina ha una scocca in polipropilene – che può essere imbottita in tessuto o eco-pelle – ed è abbinata a gambe in massello di frassino, in tubo d’acciaio, con telaio a slitta o anche a base centrale. Lo sgabello in frassino ha un look estremamente leggero: le gambe affusolate si innestano nel sedile in multistrato senza l’aggiunta di parti di supporto e un elemento in pressofusione di alluminio garantisce l’appoggio per i piedi. Una seconda versione, provvista di schienale, presenta una scocca dalla silouhette arcuata caratterizzata da un taglio nello schienale. www.pedrali.it
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› ARREDO URBANO
SOTTO LA PANDEMIA LA PANCA CREPA di Michele Smargiassi
Sotto la pandemia, la panca crepa. Imputate di istigazione all’assembramento, una dopo l’altra le panchine d’Italia vengono sbullonate e rimosse da giardinetti, piazze, passeggiate per ordine dei sindaci. I più solerti lo fecero già a marzo (le cronache annotano estirpazioni pioniere a Sannicola nel Salento, a Rocca San Casciano in Romagna), molti seguirono durante il lockdown (a Lauro, in Irpinia, mentre a Vicenza fioccavano le multe per gli assisi in piazza Matteotti); la fase due non fa eccezione (ultimo caso a Zibido, nel milanese). Torneranno? È dubbio. A Guizza, Padova, il primo parco post-Covid prevede sedute individuali distanziate oltre ogni praticabile relazione umana. Potremo chiamarle ancora panchine? Quel che adesso sembra un peccato mortale era la loro bellezza: vicinanza di corpi estranei, spazio osmotico della socialità, relax condiviso, pretesto di incontri casuali, scusi disturbo se mi siedo? La panchina è tradizionalmente simbolo e sintomo di una città ospitale, aperta, è un arredo inclusivo, generoso, interclassista. Un micromondo sociale. Su una panchina, nella sua immagine più celebre, un grande fotografo di strada di nome Garry Winogrand riunì le contraddizioni della sua America. Troppo generosa, forse, per la società della paura. Materasso del clochard, riposo del migrante esausto, la panchina è stata classificata nell’immaginario pubblico come figura simbolica del degrado. In realtà, i sindaci d’Italia hanno mosso la guerra alle panchine ben prima del conflitto: con le ordinanze anti-bivacco, in nome del decoro, eufemismo dietro cui si nasconde il nuovo egoismo dell’esclusione classista e xenofoba. Il virus forse ha offerto solo il pretesto giusto – la profilassi sanitaria – per la resa dei conti finale contro un oggetto urbano sempre più sospetto e indisciplinato. In effetti, scrittori e registi lo avevano intuito, c’è un lato oscuro nell’umile, modesta, servizievole panchina: va dalla malinconia dell’indimenticabile poster di Manhattan di Woody Allen all’inquietudine de La panchina della desolazione di Henry James. Il sedile influenza il seduto, si direbbe, modifica il suo umore e i suoi pensieri. Sedersi in luogo pubblico, rimanendo solo con i suoi pensieri sotto lo sguardo della gente, è una prova esistenziale per Pietro, il protagonista di Caos calmo nel romanzo di Sandro Veronesi e nel film omonimo con Nanni Moretti. La panchina ci assembra prima di tutto con noi stessi, un contagio che ci spaventa quasi di più del virus
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VITTIMA DELLE MISURE DI DISTANZIAMENTO, GIÀ PRIMA DELLA PANDEMIA ARREDI SEMPLICI E GENEROSI COME LE PANCHINE PUBBLICHE ERANO NEL MIRINO DI SINDACI E ASSESSORI PERCHÉ CONSIDERATE CAUSA DI DEGRADO. SENZA DI LORO CI ATTENDE UNO SPAZIO PUBBLICO MENO OSPITALE. CON IL PERMESSO DELL’AUTORE E DELL’EDITORE, RIPUBBLICHIAMO QUI UN ARTICOLO APPARSO SU REPUBBLICA IL 15 AGOSTO SCORSO.
› ARREDO URBANO
RIMINI
GIOCHI D’ACQUA ACCOLGONO I VIAGGIATORI Con la trasformazione dell’area antistante la stazione ferroviaria, Rimini dispone di un nuovo spazio urbano animato da scenografici giochi d’acqua. L’obiettivo di Rete Ferroviaria Italiana, che ha finanziato le opere (1,5 milioni di euro), era chiaro: realizzare delle isole ambientali e opere di arredo urbano capaci di trasformare una zona priva di qualità in un luogo riconoscibile. La parte più spettacolare del progetto è stata realizzata da Forme d’Acqua Venice Fountains, società specializzata in fontane e giochi d’acqua, che in collaborazione con gli architetti Silvia Maria Ripa e Felipe Lozano di Via Ingegneria, società incaricata del progetto, si è occupata della progettazione e realizzazione delle parti tecnologiche e impiantistiche di una nuova fontana a pavimento: do-
dici ugelli dinamici, i cui getti d’acqua creano effetti scenografici originali con altezze che raggiungono i tre metri e mezzo. I getti sono colorati dalle luci degli spot Led, che grazie a un sistema di controllo variano di colore e intensità secondo la coreografia scelta. Per garantire un’opera sicura e durevole nel tempo sono stati installati dodici box in acciaio collegati tra loro, ciascuno adibito a ospitare un ugello, una pompa e uno spot Led. In ciascuno, una feritoia perimetrale raccoglie l’acqua di ritorno, che viene filtrata, equilibrata nei valori di acido e cloro e rimessa in circolo. I box sono facilmente ispezionabili, grazie al rivestimento amovibile che crea un continuum con il resto della pavi-
DODICI UGELLI A PAVIMENTO DANNO CARATTERE E IDENTITÀ ALLA NUOVA PIAZZA DI FRONTE ALLA STAZIONE FERROVIARIA DI RIMINI. UN INTERVENTO DI RETE FERROVIARIA ITALIANA SU PROGETTO DI VIA INGEGNERIA E FORME D’ACQUA VENICE FOUNTAINS
mentazione della piazza. L’impianto di ricircolo e filtrazione meccanica è costituito da una pompa con filtro a sabbia e due centraline con pompa dosatrice, che reintegrano in automatico ipoclorito di sodio e acido solforico, grazie alla lettura continua delle sonde. Il livello dell’acqua all’interno della fontana viene gestito da una centralina a quattro vie, che reintegra automaticamente l’acqua portandola a livello. Il dispositivo di carico automatico e l’impianto di filtrazione consentono il corretto funzionamento delle pompe e una gestione sostenibile delle risorse idriche, garantita anche da un anemometro che misura la velocità del vento e regola proporzionalmente portata e altezza dei getti
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PROFILI
ALBERA MONTI
& ASSOCIATI
ALBERA MONTI & ASSOCIATI È uno studio con vista: dal sopralzo dell’ultimo piano della Torre Rasini di Emilio Lancia e Gio Ponti, dove ha sede, si accede a una terrazza affacciata sui giardini ‘Indro Montanelli’. La nota sottolinea il carattere milanese dello studio Albera Monti & Associati, che assume dimensione internazionale come membro italiano dell’European Architects’ Alliance, consorzio di 16 studi di progettazione europei che insieme contano più di 650 professionisti. AMA è stato fondato nel 1987 da Giovanni Albera e Nicolas Monti, ai quali nel 2011 si è unita Mirjana Rikalo. I partner coordinano un gruppo di 25 architetti e ingegneri impegnati nelle attività di progettazione architettonica, interior e landscape design e design di prodotto per clienti in prevalenza privati. Una caratteristica dello studio è la consulenza artistica, maturata nel corso di decenni di collaborazioni con artisti e gallerie. Inoltre, l’integrazione di forme d’arte contemporanea conferisce agli spazi corporate un grado di unicità che rappresenta un valore aggiunto del progetto. www.alberamonti.it
ELEGANTI INTERPRETI DI UNO STILE MOLTO MILANESE, TRADUCONO CON EQUILIBRIO E RIGORE LE ESIGENZE DI UNA COMMITTENZA COLTA E EVOLUTA IN AMBIENTI DOVE ABITARE E LAVORARE. ANCHE ATTRAVERSO INEDITE COLLISIONI TRA DESIGN E FORME D’ARTE CONTEMPORANEA. LE QUATTRO REALIZZAZIONI DI QUESTE PAGINE RACCONTANO IL LORO MODO DI FARE ARCHITETTURA
PROFILI
Moderno trompe l’oeil, il logo aziendale in anomorfosi (intervento di Truly Design) accoglie consulenti e clienti all’ingresso della sede di The Boston Consulting Group. Sotto, verde vivo, salottini e un controsoffitto a elementi ondulati di sposti in verticale per uno dei piani – tutti diversi tra loro – dello storico edificio milanese che ospita la sede, affacciato su piazza Duomo.
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PROFILI
UN UFFICIO UNCONVENTIONAL IN UN EDIFICIO SORTO INSIEME ALLA GALLERIA VITTORIO EMANUELE. ALLA TERRAZZA DEL SETTIMO PIANO C’È LA STESSA RINGHIERA DOVE NEL 1965 I BEATLES SI FECERO FOTOGRAFARE SULLO SFONDO DEL DUOMO DI MILANO. TUTTO IL RESTO È CAMBIATO.
The Boston Consulting Group headquarters Il progetto di interni con cui nel 2014 AMA ha trasformato i sette piani dell’ex Hotel Duomo nella sede italiana della multinazionale della consulenza aziendale The Boston Consulting Group ha nell’arte e nella creatività la propria cifra distintiva. Con un’impegnativa attività di ricerca, lo studio ha introdotto collaborazioni e materiali innovativi che rendono diversi piano per piano, sia in termini spaziali che decorativi, gli oltre 6.000 metri quadrati di superficie. L’impressione complessiva, oltre a costruire un’immagine aziendale di forte impatto, è quella di grande benessere per i consulenti e i clienti che frequentano questi spazi. Benessere dichiarato già dalla reception, con pareti e partizioni in verde vivo e che si ripete, alternando ambienti chiusi e terrazze, sale per riunioni, bar, un ristorante e – al sesto piano – una sala riunioni esterna trasformata in un giardino zen, con acqua, legno, pietra ed essenze della macchia mediterranea. Opere anamorfiche, sviluppate dallo studio Truly Design di Torino, riproducono il logo aziendale nella reception e creano un effetto straniante nel corridoio del terzo piano; sempre di Truly Design i murales del BCG Club a doppia altezza che al secondo piano si affaccia direttamente su Piazza del Duomo; un’installazione magnetica di Gianluigi Pesaro e wallpaper grafici di Lorenzo Petrantoni che raccontano in modo originale il mondo BCG al quarto piano. Speciali anche le pavimentazioni, in particolare al livello che accoglie il ristorante e il bar, con alberi devitalizzati che scompaiono nel soffitto. Tecnologia Coelux, il sistema brevettato che riproduce fedelmente la luce naturale, per creare spicchi di cielo limpido agli sbarchi ascensori e negli uffici dei partner. [ 98 ]
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PROFILI
La terrazza affacciata sul Duomo occupa interamente il settimo piano dell’edificio. Può essere raggiunta anche dalle gradonate dell’agorà al piano sottostante (foto in alto alla pagina di sinistra), il vasto ambiente usato come auditorium, spazio eventi e conferenze.
Da sinistra in senso orario, tappeti tessili e verde vivo in una delle salette riunioni del terzo piano; murales di Truly Design decorano le pareti del BCG Club; gli arredi, rivestimenti e pavimenti interamente su misura della board room, occupata dal tavolo ‘Dancing Stars’ (design Giovanni Albera).
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PROFILI
UN AMBIENTE PROGETTATO A STRETTO CONTATTO CON IL COMMITTENTE PER FAVORIRE LA CRESCITA DELLA CULTURA DEL RISPARMIO GESTITO, PROMUOVERE L’USO DEGLI STRUMENTI DIGITALI IN AMBITO FINANZIARIO E ACCOGLIERE E INDIRIZZARE I CANDIDATI AL RUOLO DI CONSULENTE FINANZIARIO
Banca Generali Training e Innovation Hub In casa Ravizza, edificio umbertino nel centro storico di Milano ristrutturato qualche anno addietro dallo studio, nel 2019 AMA ha sviluppato il progetto di interni di uno spazio di 400 metri quadrati su due piani per trasformarlo nel centro di formazione di Banca Generali Private. Il centro, inaugurato nel febbraio 2020, può accogliere fino a 2.000 professionisti all’anno impegnati in corsi di formazione dove si alternano sessioni generali e incontri di piccoli gruppi per lo scambio di esperienze e l’analisi di casi di successo e di insuccesso. Il centro serve poi da luogo di colloquio con candidati al ruolo di consulente finanziario, e per questo il layout e gli arredi prevedono una serie di salottini riservati. Al contrario di un ufficio convenzionale, il layout e il fitout degli ambienti affronta perciò tre temi principali: l’accoglienza, cui è dedicato quasi per intero il piano terra, di un elevato numero di persone che non sono mai le stesse nel corso dell’anno; la flessibilità degli ambienti al piano interrato, attrezzati anche con pedane mobili e pareti impacchettabili che li rendono facilmente riconfigurabili; la brandizzazione (curata da uno studio di comunicazione) dello spazio, utile, insieme ai contenuti della formazione, per trasferire sicurezze ai consulenti che dovranno a loro volta rassicurare i clienti riguardo alla gestione finanziaria dei loro patrimoni. Particolare attenzione è stata data alla distribuzione, dal momento che il centro è aperto a tre distinte tipologie di fruitori: consulenti finanziari già attivi per la banca, candidati al ruolo e formatori e collaboratori della banca che provengono da altri uffici situati nell’edificio. Questi ultimi possono accedere all’Innovation Hub direttamente dall’atrio centrale del palazzo. [ 100 ]
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PROFILI
Lo spazio di accoglienza al piano terra del centro di formazione, con salottini, all’occorrenza separabili per maggiore privacy (foto in alto alla pagina di sinistra), per i colloqui con i candidati. Sotto, un ambiente formativo al piano inferiore. Qui le sale sono ampiamente riconfigurabili anche grazie a pareti impacchettabili.
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PROFILI
I DUPLEX E LE FACCIATE CURVE RIVESTITE IN PIETRA CHIARA RICORDANO LA SEDE DEI SERVIZI SEGRETI DI SUA MAESTÀ DISEGNATA DA SIR TERRY FARRELL. INVECE È UNA RESIDENZA HIGH-END CHE SI SIVLUPPA PER NOVE PIANI IN POSIZIONE PRIVILEGIATA, LUNGO LE MURA SPAGNOLE DI MILANO, CON PISCINA APERTA E CHIUSA E SPA
Palazzo Venezia Le facciate curve in marmo di Vicenza, gli attici a doppia altezza posti in sommità come ville urbane e il vasto atrio in marmo e legno di pero di sette piani di altezza definiscono il tono high-end di questo complesso residenziale progettato alcuni anni fa dallo studio Albera Monti & Associati, che ha preso il posto di una precedente costruzione lungo i bastioni milanesi, le ex-mura spagnole che definiscono i confini del centro storico. La conservazione degli alberi di alto fusto esistenti, magnolie e celtis australis, aggiunge alla residenza un valore non negoziabile, quello del tempo che solo dà vita a un ‘mature garden’, poi integrato con essenze – aceri, ciliegi e liriodendron tulipifera – adatte a una crescita ‘addomesticata’ al di sopra dei due piani interrati della costruzione. La disposizione planimetrica a trifoglio, che ai piani superiori distribuisce un totale di 20 appartamenti su sette piani, cui si aggiungono tre attici su due livelli più terrazzo (uno per ogni lobo del trifoglio) è stata sfruttata al piano terreno per realizzare, ai lati dell’ingresso con ascensore panoramico, una piscina condominiale interna a doppia altezza – soppalcata per ottenere un’area relax – e uno spazio Spa e benessere di 250 metri quadrati con pareti interamente rivestite a mosaico. L’edificio è stato progettato secondo i criteri della ‘casa 5 litri’ (ovvero un consumo di 5 litri di gasolio per metro quadrato all’anno per il riscaldamento) di CasaClima: riscaldamento radiante e raffrescamento alimentati da un pozzo geotermico, con scambiatori di calore che raggiungono la falda acquifera, pareti ventilate, isolamento in lana di roccia e dettagliati disegni 1:5 per ridurre i ponti termici.
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PROFILI
Il complesso residenziale visto dai caselli di Porta Venezia. Alla pagina di sinistra, vista di dettaglio delle facciate curve rivestite in lastre di pietra di Vicenza e dei parapetti in vetro extrachiaro satinato.
Sopra, la piscina condominiale coperta si apre sul giardino interno; sopra la piscina uno spazio relax soppalcato. Nella foto al centro, lo sbarco dell’ascensore panoramico al piano attico riprende nella boiserie e nel controsiffitto in legno i motivi dell’atrio di ingresso. Foto di sinistra, vista dell’edificio da viale Majno.
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PROFILI
NON ESISTONO CORSI UNIVERSITARI DI ARCHITETTURA VERNACOLARE: LE TECNICHE VENIVANO TRAMANDATE DI PADRE IN FIGLIO E ANCHE MOLTI DEI MATERIALI USATI SONO SCOMPARSI. COSÌ, PER QUESTO CHALET SULL’ALTO LAGO MAGGIORE, LO STUDIO È ANDATO FINO IN ROMANIA PER REPERIRE LE CANNE PALUSTRI DELLA COPERTURA
Lo chalet sul lago È una forma di prefabbricazione leggera la tecnica costruttiva scelta da AMA per realizzare questo villino, annesso a un’importante proprietà che lo studio milanese aveva ristrutturato qualche anno prima. Interamente in legno proveniente dalla provincia di Trento, le pareti sono state prodotte off-site in grandi pannelli, poi numerate, trasportate e assemblate sul posto. Sei pilastri in pietra, tre per lato, reggono il grande sporto della struttura in legno del tetto, sulla quale sono agganciate, in maniera sovrapposta a partire dalla gronda, fascine di canne palustri. Anche l’interno dello chalet è completamente in legno. L’intento era quello di riprendere i temi e i materiali di una tradizione costruttiva risalente al Medioevo, che prima delle grandi residenze di villeggiatura dell’aristocrazia e della borghesia dell’Ottocento caratterizzava questa zona dell’alto lago, tra Piemonte, Lombardia e Canton Ticino. Una tradizione, tramandata oralmente di padre in figlio, ormai scomparsa, al pari dei materiali: in origine infatti veniva usata la paglia di segale, riutilizzando – con un processo che oggi chiameremmo ‘circolare’ ma che era semplicemente il più vantaggioso ed economico da mettere in atto – gli scarti della produzione agricola per costruire ripari per l’uomo. In questo progetto, lo spessore di circa 80 centimetri delle fascine garantisce un’ottima coibentazione naturale. Il tetto così costruito non necessita di alcuna manutenzione ed è del tutto impermeabile all’acqua.
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Accanto, le colonne in pietra culminanti in capitelli in carpenteria metallica sui quali poggia la struttura che regge la copertura. I fascioni in rame del grande sporto, che crea ombra e protegge dalle intemperie le pareti in legno, trattengono le fascine di canne palustri che con uno spessore di 80 centimetri formano la copertura impermeabile del villino.
› ARTIGIANI DELL’ARREDO
CANOBBIO ARREDAMENTI
IL LABORATORIO CHE DÀ FORMA ALLE IDEE Il vento della Liberazione porta con sé una domanda di modernità che trova espressione nei progetti di interni di una nuova generazione di architetti colti, che per mettere in opera le idee nuove così apprezzate da un’agiata borghesia possono contare sul saper fare e sulla disponibilità di artigiani orgogliosi e appassionati, che considerano ogni progetto una sfida da vincere. Nel tempo alcuni di loro sono diventati aziende, poi brand e talvolta asset di fondi di investimento. Pochi, come Canobbio Arredamenti, hanno conservato la dimensione artigianale, la relazione diretta con i progettisti e il gusto della sfida degli inizi. Siamo a Fenegrò, non lontano da Appiano Gentile, e Canobbio Arredamenti ancor oggi spiega bene cos’è la Brianza. Lungo la provinciale il negozio, dietro il laboratorio. «Fondata da mio padre e mio zio, l’azienda è attiva dal 1967 e oggi ci lavoriamo tutti – ci dice Riccardo Canobbio mentre visitiamo il laboratorio che da più di cinquant’anni sforna pezzi unici, spesso in legno massello e in ogni finitura – e continuiamo a imparare dagli architetti. Negli anni si è creata una sorta
di simbiosi: i progettisti ci portano le idee, qui le ingegnerizziamo, le produciamo e provvediamo all’installazione con squadre dedicate». Un rapporto particolarmente attivo, nato ancora negli anni del padre, con Giovanni Albera. «Abbiamo lavorato anche per la sede di BCG, ad esempio realizzando la boiserie della boardroom che integra porte a scomparsa prodotte interamente in questo laboratorio». I sei figli del fondatore si sono divisi i compiti: Elisabetta, la maggiore, in negozio; Eliana, architetto, disegna i layout e gli interni per i numerosi clienti diretti. Poi c’è Giovanni, che guida il laboratorio trasformando i dati del progetto in dati macchina. Riccardo e Claudio seguono architetti e clienti dal primo incontro fino all’installazione, così se mezzo centimetro non torna il problema è loro. Infine Eleonora, e tutti sono felici che curi lei l’amministrazione. Da qualche anno l’azienda ha trovato uno sbocco interessante nel vicino Canton Ticino, con una affezionata clientela composta soprattutto di privati. «I tempi sono cambiati. Oggi il negozio è soprattutto uno showroom. Il ‘passaggio’ di una vol-
ta non cerca la qualità ma il prezzo basso dei ‘mercatoni’. Noi lavoriamo con gli architetti e per i privati che spesso arrivano da noi perché hanno visto i nostri arredamenti su misura da amici e conoscenti», prosegue Riccardo. Canobbio Arredamenti lavora solo su progetto. «Ogni anno al Salone del Mobile vedo il pubblico che si accalca intorno a nuove collezioni e rimango ammirato dagli sforzi e dagli investimenti necessari per presentare prodotti sempre nuovi ma noi non siamo degli stilisti: più che alle mode rispondiamo alle richieste dei clienti, ai loro gusti e agli spazi che abitano, e lo facciamo con tutta la cura possibile», conclude, davanti a una cassettiera multicolore con prese a 45° e rivestita di tanti listelli laccati: gliel’ha ordinata un negozio di ferramenta. www.canobbio.it
Realizzato da Canobbio su disegno di Albera Monti, il tavolo della sala riunioni dell’Innovation Hub di Banca Generali misura 6 metri di lunghezza. Per dimensionarlo si è lavorato su un modello in scala 1:5. Nell’altra foto i fratelli Canobbio. Da sinistra Riccardo, Giovanni, Eleonora, Elisabetta, Eliana e Claudio.
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› DESIGNCAFÈ
LA CULTURA DEL PROGETTO È CRITICA DELLA CONTEMPORANEITÀ A partire dai saggi introduttivi, Big Book of Design racconta la storia e l’approccio al progetto di 25 maestri del design, facendo emergere le principali chiavi di lettura della loro opera, secondo la storiografia o la produzione critica corrente. A seguire, una selezione di scritti autografi o interviste ai protagonisti spiegano il pensiero e la poetica sottesa alle loro creazioni, permettendo di comprendere più chiaramente le principali correnti che hanno caratterizzato la storia del design. Un atlante degli oggetti illustra inoltre le icone del design che hanno influenzato il nostro modo di vivere e che ancora oggi rimangono ben salde nell’immaginario collettivo. Attraverso brevi schede, bozzetti, disegni e fotografie che ne svelano il percorso dall’ideazione al prodotto finito, è possibile ripercorrere la storia e le creazioni di celebri designer che, spesso partendo da una semplice intuizione, hanno realizzato oggetti-simbolo del vivere quotidiano: dalla Chaise Longue di Ludwig Mies van der Rohe (1886-1969), la prima a seguire
le linee ergonomiche del corpo umano anziché quelle razionali e geometriche del funzionalismo tedesco, all’Abitacolo di Bruno Munari (1907-1998) realizzato nel 1971 e premiato con il Compasso d’Oro nel 1979. O il telefono Grillo progettato da Marco Zanuso (1916-2001), caratterizzato da linee compatte ed essenziali e tecnicamente innovativo, o ancora la lampada Pipistrello disegnata da Gae Aulenti (1927-2012), un oggetto estremamente originale per il sottile richiamo alla creatura notturna e per la base telescopica che permette di regolarne l’altezza, consentendo una duplice funzione sia come lampada da tavolo che da terra. Approfondendo le 25 biografie forse il lettore potrà trovare anche possibili risposte alla domanda fondamentale che sempre sorge parlando di design: chi è il designer? Secondo Andrea Branzi, qualcuno che sa, o dovrebbe sapere, usare sia l’arte che la tecnica ma che sia partecipe, con una propria visione critica, della contemporaneità.
A sinistra: Tom Dixon, Pylon Chair, 1992, filo d’acciaio saldato a mano e finitura laccata, prodotta da Cappellini (ph courtesy Cappellini, Meda). A destra, dall’alto, Stefano Giovannoni e Mami, 1999, pentola in acciaio prodotta da Alessi (ph ©Giovannoni Design / Santi Caleca); Andrea Branzi, bollitore Mama-ò, per la serie ‘Doni domestici’, 1990, prodotta da Alessi (© archivio fotografico Alessi / Aldo Ballo e ©Andrea Branzi by Siae 2020).
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ANDREA BRANZI CURA IL RACCONTO DEL GRANDE DESIGN DAGLI ANNI VENTI A OGGI
Andrea Branzi (a cura di) Big Book of Design 24 ORE Cultura, Milano, 2020 432 pp, 300 ill, 79 euro ISBN 978-88-6648-453-0
elements Ibridazioni a cura di Elena Riolo
Junia Ishigami - Serpentine Pavilion - foto John Offenbach
Samira Alikhanzadeh - Biennale 2019 - Assar Gallery - Iran Fuori
Studio Faci - Ristorante Argentalia - Messico City - Prix Versailles
Junia Ishigami - Padiglione Giappone - Biennale Architettura 2008
NUOVE ESIGENZE DI NATURA SOCIALE, ECONOMICA, ABITATIVA INFLUISCONO SULLA RICERCA E SULLA PRODUZIONE. MATERIALI, SOSTANZE, FORME SI INCONTRANO, MUTANO PER RISPONDERE ALLE TRASFORMAZIONI IN ATTO O PIÙ SEMPLICEMENTE INDIVIDUANO ALTRE APPLICAZIONI. NASCONO COSÌ NUOVI PRODOTTI, NUOVI SISTEMI E NUOVE IDENTITÀ. GLI ARCHITETTI SONO CHIAMATI A COSTRUIRE PONTI TRA L’UOMO E L’AMBIENTE
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CALCHÈRA SAN GIORGIO VENTIVENTI. La nuova collezione Calchèra San Giorgio nasce dall’esperienza maturata in anni di lavoro nell’ambito della formulazione e produzione di finiture naturali decorative, minerali e traspiranti. Polveri di pietra e marmo, sabbie, vetro, fibre vegetali e pigmenti minerali caratterizzano gli ambienti interni con un’estetica e un’eleganza materica straordinarie. L’astrazione del colore, la rifrazione naturale della luce e l’ombreggiatura data dall’aggiunta dei pigmenti danno vita a finiture di essenziale bellezza.
www.calcherasangiorgio.it
CIMENTO La Collezione di arredi Cimento, sotto la direzione artistica di Aldo Parisotto si arricchisce di nuovi elementi nati dalla collaborazione con architetti e designer: le sedute Burano (nella foto) e Torcello, design Defne Koz & Marco Susani; il sistema Accademia di Studio63 che si compone di librerie modulari, contenitori a giorno e tavoli; i coffee table Murano e Vignole disegnati da Omri Revesz e Parisotto+Formenton. Tutti realizzati nell’omonimo composto esclusivo registrato che impiega per oltre il 90% aggregati minerali mescolati a un legante a base di cemento.
www.cimentocollection.com
REFIN FORNACE. È la collezione Refin in grande formato che rende possibile realizzare pavimentazioni con la stessa resa estetica dei cotti artigianali ma associata alla resistenza e durata delle ceramiche. Il grande formato, abbinato a una texture ricercata nei contrasti grafici e nei colori, costituisce il tratto distintivo di questa serie. Le tinte sono caratterizzate da un aspetto uniforme, la grafica è leggera, interrotta da tenui nuvolature e qualche graffio superficiale.
www.refin.it Ph. Credits: Alberto Strada
ISOPLAM OXYRUST. È la nuova finitura effetto ruggine della linea di pitture decorative Oxydecor di Isoplam, che ricrea l’effetto materico dell’acciaio corten anche su quei materiali che per le loro caratteristiche chimiche e fisiche non subiscono il processo di ossidazione, come il legno o l’intonaco. Applicabile sia negli esterni che negli interni, le inconfondibili tonalità marrone-rossastro di questo rivestimento permettono di scaldare e impreziosire pareti ed elementi di arredo.
www.isoplam.it
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COSENTINO DEKTON MAKAI. La tonalità appartiene alla Wild Collection che reinterpreta uno dei materiali più nobili presenti in natura e più utilizzati nel mondo del design e dell’architettura – il legno – arricchendolo con tutte le straordinarie proprietà estetiche e meccaniche della superficie ultracompatta Dekton. Makai, esemplare combinazione di tradizione, innovazione e stile, è l’alternativa ideale al legno decapato, il cui effetto delicato e rustico è sempre molto apprezzato sia per rivestimenti, sia per applicazioni a pavimento.
www.cosentino.com
SERENISSIMA STUDIO 50. Con questa collezione, ispirata ai cotti artigianali, Serenissima ripercorre la storia della sua tradizione con una lettura inedita e moderna del cotto ceramico per trasformarlo in una materia nuova per l’architettura. Una proposta caratterizzata dall’effetto materico della superficie e da inaspettate intrusioni metalliche declinata in sei colori, dai più tradizionali Perla, Sabbia e Terracotta ai nuovi Peltro, Corvino e Verderame. Un’ampia gamma di formati che si completa con le superfici per esterni, ideali per creare piacevoli effetti di continuità fra in e outdoor.
www.serenissima.re.it
CERASARDA I COTTI FATTI A MANO. Veri e propri manufatti in terracotta, in cui l’artigianalità e l’autenticità della materia ceramica esprimono tutta la loro forza. Un importante supporto in terra rossa di quasi 2 cm di spessore accoglie smalti trasparenti e lucenti ottenuti con le antichissime tecniche ceramiche dell’ingobbio e delle cristalline. Ogni pezzo è unico. Colori radiosi e scintillanti e due tipologie di finitura – cerato e smaltato – evocano il Sud e i contrasti delle isole dove la lucentezza dell’acqua si scontra con la solida opacità della terra.
www.cerasarda.it
GRUPPO BONOMI PATTINI CONCREO e CONCLAD. Pannelli made in Italy, distribuiti dal Gruppo Bonomi Pattini, che rivoluzionano l’utilizzo del cemento nell’interior design: uniscono all’estetica concreta una grande facilità di lavorazione. Sono costituiti da fibre inerti a elevata resistenza, sono ecocompatibili, resistenti all’umidità e all’acqua. Atossici e ignifughi, possono essere lavorati con gli stessi utensili utilizzati per il legno. Concreo è indicato per mobili e componenti d’arredo, Conclad per rivestimenti murali e controsoffittature, accessori e oggetti di design. Nella foto lo store milanese di piazza Cordusio Under Armour, progetto PS Studio.
www.gruppobonomipattini.com
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PORCELANOSA GRUPO CONCRETE. Krion di Porcelanosa Grupo ha ampliato la collezione Fitwall con questa nuova serie di pannelli decorativi. Con Concrete di Fitwall è possibile creare texture e volumi realistici ispirati al cemento e ai materiali naturali. La collezione, realizzata con il minerale compatto Krion, è ideale per interni e esterni in stile industriale. I tre modelli, Wave, Arco e Rolling, hanno formato 1300 x 3300 cm e possono essere inseriti in qualunque progetto in modo semplice e senza necessità di lavori in muratura.
www.porcelanosagrupo.com
TERRATINTA BETON METAL. La particolarità dell’effetto metallo unita alla duttilità del cemento in una serie ispirata allo stile urbano e contemporaneo. Si rielabora così l’allure delle superfici metalliche declinandole in quattro formati e tre colori: Aluminium, un grigio chiaro e delicato; il blu notte Black Steel (nella foto) e il color ruggine Copper. Il decoro Hexa con il suo caratteristico formato esagonale si inserisce nella collezione per dare libero spazio alla personalizzazione.
www.terratinta.com
PORCELAINGRES
LITHEA PANTELLERIA PROJECT. Lithea prosegue con nuove collezioni la sua esplorazione del Mediterraneo. Realizzate con preziose pietre e materiali lapidei, sono disegnate da Martinelli Venezia Studio. Nella foto Terre Arate, rivestimento modulare ottenuto dalla composizione di moduli con perimetro irregolare che, assemblati, ricordano le linee curve dipinte sui tetti dei dammusi. Elementi lisci si alternano ad altri rigati da solchi che rimandano ai filari dei vigneti panteschi. I materiali in cui è proposta la parete sono il marmo Grigio Billiemi e la Pietra Pece, entrambi provenienti da cave siciliane.
www.lithea.it
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LOFT. La nuova collezione indaga le potenzialità dell’incontro tra pietra e cemento in una serie di texture di chiara ispirazione nord-europea. Quattro varianti di colore – Loft Snow, Loft Sand, Loft Smoke, Loft Dark – tratte dalla palette dei neutri, che ben si inseriscono in qualsiasi contesto. La varietà dei formati ne facilita l’impiego come rivestimento e pavimentazione, sia in interno che in esterno. www.porcelaingres.com
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LAPITEC MUSA. Una nuova collezione che aggiunge alla raffinatezza della pietra sinterizzata e alle sue elevate prestazioni il motivo della vena passante, che rievoca il marmo ma con una modalità unica e contemporanea. I venati, che percorrono in tutto lo spessore le lastre di Lapitec, in 20 mm e ‘a tutta massa’, sono disponibili in tre diverse nuance e nelle finiture Lux e Satin. Come per tutte le altre collezioni Lapitec, Musa è realizzata con una miscela di minerali 100% naturali e resiste ai raggi UV, alle escursioni termiche, a fuoco, graffi, urti e prodotti chimici. La sua superficie priva di porosità risulta infine completamente impermeabile e igienica, permettendone l’uso in indoor e outdoor. www.lapitec.com
ITALGRANITI GROUP ALLURE. È la collezione Italgraniti che interpreta il legno più pregiato donando agli ambienti un’eleganza particolare: i nodi del rovere, le ampie venature dell’olmo e l’intensità del noce sono fedelmente riprodotti dalle sei nuance proposte. A completare la collezione il listello Trait, perfetto per creare nuove forme vitali e creative, e il modulo Versailles, per la posa a spina di pesce. La collezione Allure ben si presta a definire scenari dedicati alla contaminazione materica: il gres effetto legno, marmo e pietra possono essere tra loro mixati interrompendo i tradizionali schemi ceramici per favorire la massima libertà progettuale.
www.italgranitigroup.com
INDUSTRIE COTTO POSSAGNO LUSTRI VENEZIANI. L’evoluzione nella lavorazione dell’argilla purissima, insieme all’esperienza nella produzione della Ceramica artistica di Bassano, hanno portato Industrie Cotto Possagno alla creazione della collezione di piastrelle Lustri Veneziani. La lavorazione manuale, in secondo e terzo fuoco, la superficie del supporto e la ricerca di nuovi componenti conferiscono alle mattonelle colori e sfumature che richiamano gli effetti cromatici dei cristalli e dei mosaici di Venezia.
www.lustriveneziani.it www.cottopossagno.com
LAMINAM ARDESIA A SPACCO collezione I Naturali, nelle finiture Bianco e Nero, si ispira alla tradizione medievale e rinascimentale della Pietra di Lavagna. Una superficie compatta e setosa al tatto che coniuga le performance dei prodotti Laminam con la bellezza e il valore del materiale naturale italiano. Grazie alle sue caratteristiche tecniche, Ardesia a Spacco può essere applicata su qualsiasi superficie: sia come top per le cucine sia nell’edilizia tradizionale, in facciata, o come finitura per prodotti di design.
www.laminam.it
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DE CASTELLI MAREA. Sulla pelle mutevole del metallo con cui sono composte le forme rigorose di questi mobili contenitori, si disegnano una sull’altra le tracce del tempo. Come la marea lascia il segno, onda dopo onda, la mano dell’artigiano ha lasciato la sua traccia, ossidazione dopo ossidazione, fino ad ottenere un effetto pittorico che somiglia all’erosione dell’acqua sul materiale. A metà tra oggetto di design e opera d’arte, ogni pezzo della collezione, composta da cassettiera, madia e cabinet, rappresenta un unicum grazie ad una finitura ottenuta completamente a mano che sembra trasformare la superficie metallica in delicato acquerello. Design Zanellato/Bortotto.
www.decastelli.com
IRONEX TAILOR MADE METAL SKIN IRONeX MODE è una collezione di superfici metalliche per interni sviluppata in sei declinazioni che spaziano dal grigio siderale di Perlage alle sfumature terrestri di Olivert, dai toni ispirati ai deserti freddi e ai legni fossili di Atacama e Mojave fino ai neri minerali e vulcanici di Obsidian e Jasper. Le sfumature sono generate dalla manualità dell’artigiano e dalla reazione spontanea della materia che si trasforma nel processo di ossidazione, rendendo ogni elemento un pezzo unico. Si tratta di una materia contemporanea e versatile che si esprime nel rivestimento di pareti, mobili, camini, boiserie ed elementi d’arredo con grande libertà creativa grazie al servizio di progettazione tailor made.
www.ironex.it
DEL SAVIO 1910 A 110 anni dalla fondazione, l’azienda pordenonese Mario Del Savio diventa Del Savio 1910, laboratorio di sperimentazione che reinterpreta l’antica arte palladiana attraverso la lente del contemporaneo. Con lo studio Zanellato/Bortotto sono state avviate collaborazioni con due studi di progettazione: Mae Engelgeer, textile designer olandese e David/Nicolas, studio libanese attivo nel campo dell’interior e dell’art design. Ne sono nate nove collezioni di superfici che valorizzano dieci marmi con formati versatili e personalizzabili che si caratterizzano per spessori ridotti e peso contenuto. I dieci marmi possono essere abbinati ad altrettante tonalità di cemento per offrire pattern customizzabili.
www.delsavio.com
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ALPI GRADA. Alla base della nuova Designer Collection firmata da Patricia Urquiola, il desiderio di esplorare codici stilistici attraverso diverse contaminazioni derivanti dal mondo dell’architettura e di connettersi nello stesso tempo con il passato di Alpi. Urquiola unisce così tradizione e innovazione dando vita a pattern lignei a forma di griglia il cui disegno è stato suggerito dalle forme ordinate dell’architettura contemporanea. Grada è una superficie nella quale la magia del colore determina la forma. Il tema della griglia è stato infatti sviluppato attraverso un sistema ordinato di colori e passaggi graduali. La versione rosata si muove dal rosa chiaro al rosa scuro fino al beige del legno rovere, mentre una versione più neutra si distingue per i toni del grigio.
www.alpi.it
ABET LAMINATI POLARIS. Frutto della ricerca stilistica e tecnica di Abet Laminati, Polaris è un prodotto rivoluzionario: caldo e morbido al tatto, è altamente resistente al graffio e al calore ed è anti-impronta. Il curioso binomio durevole/vellutato rende Polaris una superficie dall’appeal futuribile, ideale per progetti contemporanei.
www.abetlaminati.com
NESITE
FANTONI ISB, utilizzata sia per il tavolo Hub che per i sistemi fonoassorbenti 4akustik, è una finitura che conferisce un aspetto naturale, volutamente unfinished alle superfici. Composta di scaglie di legno, è piacevole al tatto perché non piatta. Nella versione utilizzata per i sistemi fonoassorbenti un opportuno inserimento di luci dietro i pannelli o l’utilizzo di luci radenti a creare giochi di ombre aggiungono un interessante valore estetico e di design.
CORK. È il primo pavimento sopraelevato in sughero, una proposta 100% ecocompatibile e disponibile in una vasta gamma di finiture, anche personalizzabili. La struttura a nido d’ape è in grado di assorbire le onde sonore e migliorare il comfort acustico degli ambienti, garantendo inoltre notevoli proprietà isolanti. Confortevole al calpestio, il sughero non attrae la polvere (è antistatico) ed è impermeabile, con un’ottima risposta anche agli agenti chimici.
www.nesite.com
www.fantoni.it
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FORBO MARMOLEUM. Il Linoleum Forbo naturale è un pavimento composto per il 97% da materie prime naturali: olio di semi di lino, farina di legno (da foreste controllate), resina di pino e iuta, le cui fibre forniscono la base sulla quale viene calandrato il linoleum. Marmoleum, grazie ai processi di produzione all’avanguardia e alle materie prime che assorbono anidride carbonica, è un pavimento ad impatto di CO2 neutro ‘Cradle to Gate’ che, a fine vita, sarà biodegradabile.
www.forbo-flooring.it
INTERFACE LOOK BOTH WAYS. Trame monolitiche che denotano serietà e matericità vivono insieme a colori spensierati e coriandoli. Un mix di due materiali, Lvt e moquette e quattro temi centrali: Cemento, Coriandoli, Scultura e Colore. Abbinamenti inaspettati di materiali che ispirano risultati creativi. La moquette Look Both Ways è realizzata al 100% in filato di poliammide tinto in massa (Solution Dyed) con contenuto riciclato al 75% nel filato. Tutte le soluzioni standard di Interface fanno parte del programma Carbon Neutral Floors che azzera le emissioni di carbonio associate al ciclo di vita dei prodotti.
BOLON BY LIUNI I pavimenti acustici Bolon sono realizzati in materiale riciclato da rifiuti industriali e bottiglie usate. Lo strato di isolamento acustico è costituito da fibre di poliestere riciclato al 90% provenienti da bottiglie in Pet. Come tutte le pavimentazioni Bolon, il processo di produzione è al 100% neutro dal punto di vista climatico attraverso l’uso di energia rinnovabile. Il supporto delle pavimentazioni acustiche è stato ulteriormente migliorato con uno strato di feltro isolante che riduce il rumore e i suoni di impatto (fino a 22 dB). Lo strato di supporto superiore conferisce al pavimento proprietà antincendio.
www.interface.com
www.bolon.com www.liuni.com
SICIS VETRITE GEMGLASS. Smeraldi, ametiste, diamanti, pietre rare e maestose, turchesi dalle venature d’oro, rubini, onice, agata muschiata, quarzo rosa: i gemmologi di Casa Sicis sono entrati nell’anima di queste gemme e ne hanno estrapolato le nuove texture della collezione GemGlass di Vetrite. Dal settore della gioielleria, le gemme diventano superfici di vetro dalle straordinarie qualità tecniche per rivestire pareti, pavimenti, mobili ed esterni.
www.sicis.com
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EUROAMBIENTE srl Via Pratese, 527 | 51100 Pistoia Tel. + 39 0573 4451 - Fax + 39 0573 445190 info@euroamb.it
www.euroamb.it
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