ioArch
Anno 15 | Marzo 2021 euro 9,00 ISSN 2531-9779 FONT Srl - Via Siusi 20/a 20132 Milano Poste Italiane SpA Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in l. 27.02.2004 n. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB Milano
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TERRITORI INTERNI ALLA RICERCA DI NUOVI EQUILIBRI
RECUPERO E CONSERVAZIONE DARE VALORE ALL’ESISTENTE
KENGO KUMA | PARK ASSOCIATI | SCAU STUDIO | FRIGERIO | POLITECNICA | KÉRÉ | MAD ALVISI KIRIMOTO | SERGIO BIANCHI | SIMONE SUBISSATI | MOLD | PIERATTELLI BAGLIVO NEGRINI | GBPA | CAPRIOGLIO | ALESSIA GARIBALDI | BARBATI | MVRDV
Scopri di più sul sito cosentino.com Seguici su F T ô I progetti Serie Loft di Silestone® sono stati registrati by Cosentino S.A.U.HybriQ+® e HybriQ Technology® sono marchi registrati di proprietà by Cosentino S.A.U. HybriQ e HybriQ+® tecnologie brevettate o in attesa di brevetto.
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TOPS ON TOP Cindy Crawford per Silestone Seaport
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SOMMARIO ioArch 92
DESIGNCAFÈ 10 Leone d’Oro alla memoria a Lina Bo Bardi 12 Le storie di LPP | MIES & LILLY 18 Immaginazione e realtà | ALDO ROSSI AL MAXXI 26 La qualità dell’architettura | EUROMILANO 20 - 72 Libri
OPEN SOURCE 14 Operazioni di progetto | di Giovanni Bartolozzi
FOCUS
WORK IN PROGRESS 28 Milano | KENGO KUMA, WELCOME 30 Assago | PARK ASSOCIATI, EDIFICIO U1
22 Effetto speculare | WOODCO
32 Alba | FRIGERIO DESIGN, POLO TECNOLOGICO FERRERO
24 Giochi di luci e ombre | ALPEWA
34 Franciacorta | GBPA, PORSCHE EXPERIENCE CENTER
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36 Nova Gorica | BAGLIVO NEGRINI, PIAZZA TRANSALPINA
Le pietre protette | COSENTINO
38 Firenze | POLITECNICA, PALAZZO DEGLI AFFARI
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40 Arcugnano | SETTANTA7, SCUOLA NZEB 42 Suvereto | PIERATTELLI, STAZIONE ELETTRICA DI TERNA 44 Hannover | MVRDV, PADIGLIONE OLANDESE EXPO 2000 46 Benin |
KÉRÉ ARCHITECTURE, NUOVO PARLAMENTO
ARCHIWORKS 48 Il fronte è un pentagramma | ALVISI KIRIMOTO 52 Nero minerale nel verde della pianura EBA ENGINEERING - ALESSIA GARIBALDI - MARCO VIGO
60 New ways of working | CUSHMAN & WAKEFIELD
LPP - ARCHITETTI ITALIANI a cura di Luigi Prestinenza Puglisi
64 Sergio Bianchi
SOMMARIO
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TERRITORI INTERNI a cura di Carlo Ezechieli
74 Montagne incantate | ANTONIO DE ROSSI 76 Ostana, l’Architettura come motore 80 Terremoti costruttivi | VERDEROSA STUDIO
RECUPERO & CONSERVAZIONE
82 Ulassai, l’arte guarisce il territorio
120 Archeologia industriale | POLITECNICA
RESIDENZE
124 Patrimonio storico e bene pubblico | DAL CORSO & SCAPIN
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Abitare il paesaggio | SIMONE SUBISSATI
128 La fontana di Oneglia | FORME D’ACQUA
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Bunker minimalista | MOLD ARCHITECTS
129 Disegnare gli spazi urbani | VOLTAIRE LIGHTING DESIGN
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Una collina-villaggio | MAD ARCHITECTS
132 I segni del tempo sul contemporaneo | PREFA
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Le mura fuori le mura | FILIPPO CAPRIOGLIO
134 Risanamento delle pareti | YTONG
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Geometrie silenziose | SCAU STUDIO
135 Rifacimento della copertura | BRIANZA PLASTICA
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La luce lontano dalla città | VOLTAIRE LIGHTING DESIGN
110 La casa-studio di un architetto | MASSIMO ROSA
ELEMENTS
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a cura di Elena Riolo
Casa Kinoya | DAVIDE CERON
116 Tra gli ulivi della Val d’Itria | FLORIANA ERRICO
137 Outdoor
118 La piscina a sfioro | FLUIDRA 119 The Wave House | UNIFORM
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In copertina Cairano, Piazza Teatro Ph. ©Angelo Verderosa
Direttore editoriale Antonio Morlacchi
Contributi Jacopo Acciaro, Giovanni Bartolozzi Luisa Castiglioni, Roberto Malfatti Luigi Prestinenza Puglisi, Elena Riolo
Direttore responsabile Sonia Politi
Grafica e impaginazione Alice Ceccherini
Comitato di redazione Myriam De Cesco, Carlo Ezechieli Antonio Morlacchi, Sonia Politi
Marketing e Pubblicità Elena Riolo elenariolo@ioarch.it
Editore Font srl, via Siusi 20/a 20132 Milano T. 02 2847274 redazione@ioarch.it www.ioarch.it Fotolito e stampa Errestampa
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Reg. Tribunale di Milano n. 822 del 23/12/2004. Periodico iscritto al ROC-Registro degli Operatori della Comunicazione. Spedizione in abbonamento postale 45% D.L. 353/2003 (convertito in legge 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1 - DCB Milano ISSN 2531-9779
› DESIGNCAFÈ
ioArch.it OGNI GIORNO SUL SITO WEB NUOVE NOTIZIE E REALIZZAZIONI DAL MONDO DEL PROGETTO, DEL REAL ESTATE, DELL’ARTE, DEL DESIGN E DELLA PRODUZIONE, E L’ARCHIVIO COMPLETO DI DIECI ANNI DI NOTIZIE
BIENNALE ARCHITETTURA DI VENEZIA 2021
Leone d’Oro alla memoria a Lina Bo Bardi Sarà attribuito a Lina Bo Bardi (19141992), architetto, designer, scenografa, artista e critica italiana naturalizzata brasiliana, il Leone d’Oro speciale alla memoria della 17. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia che aprirà al pubblico sabato 22 maggio 2021. Nel proporre Lina Bo Bardi, Hashim Sarkis ha espresso la seguente motivazione: «Se esiste un architetto che meglio di ogni altro rappresenta il tema della Biennale Architettura 2021 questa è Lina Bo Bardi. La sua carriera di progettista, editor, curatrice e attivista ci ricorda il ruolo dell’architetto come coordinatore nonchè, aspetto importante, come creatore di visioni collet-
tive. La Bo Bardi incarna inoltre la tenacia dell’architetto in tempi difficili, siano essi caratterizzati da guerre, conflitti politici o immigrazione, e la sua capacità di conservare creatività, generosità e ottimismo in ogni circostanza. Nelle sue mani l’architettura diviene effettivamente una forma di arte sociale capace di favorire l’incontro. L’esempio più alto di questa attitudine è il progetto del Museo di San Paolo, emblematico per la sua capacità di creare uno spazio pubblico per l’intera città». Nel 2010, su proposta dell’allora curatrice Kazuyo Sejima, il Leone d’Oro speciale alla memoria era stato attribuito all’architetto giapponese Kazuo Shinohara.
Pritzker Prize 2021 ad Anne Lacaton e Jean-Philippe Vassal https://bit.ly/3vz7Fta
Lina Bo Bardi (Roma, 1914, San Paolo, 1992)
ph. ©Zhu Siyu
Valorizzazioni: da industria a centro per l’arte https://bit.ly/30EH6Ez
ph. ©BoysPlayNice
Una villa in Boemia dove interni e paesaggio si fondono https://bit.ly/3vl2rR
Memphis. 40 anni di kitsch e eleganza È il titolo della mostra con cui, fino al 23 gennaio 2022, il Vitra Design Museum celebra i quarant’anni della fondazione del gruppo Memphis con mobili, lampade, oggetti, disegni, schizzi e fotografie. Memphis acquistò rilevanza internazionale nel 1980, dopo la presentazione della prima collezione, diversa da tutto ciò che si era visto fino ad allora, con un linguaggio che si appropriava dei linguaggi della televisione, della pubblicità, dei fumetti e dell’architettura post-moderna che negli stessi anni si andava affermando anche in Italia.
Anche se traeva origine da un lungo percorso intellettuale, quella di Memphis fu una storia piuttosto breve: nel 1987 il gruppo si sciolse come una rock band, ma l’esperienza funzionò da rampa di lancio per le carriere di molti dei suoi protagonisti, come Michele De Lucchi, Matteo Thun o Nathalie Du Pasquier. Curata da Mateo Kris, la mostra di Weil am Rhein include opere di Ettore Sottsass, Michele De Lucchi, Martine Bedin, Michael Graves, Barbara Radice, Peter Shire, Nathalie Du Pasquier e Shiro Kuramata.
ph. courtesy Mesura
Casa Ter: spazi e materiali per una vida mediterránea https://bit.ly/2ZVKRFp
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Il gruppo Memphis posa sul letto ‘Masanori’ (©Masanori Umeda e ©Studio Azzurro, courtesy Memphis
› DESIGNCAFÈ
Mies & Lilly di Luigi Prestinenza Puglisi
le storie di lpp
illustrazioni di Roberto Malfatti
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Se Mies van der Rohe non fosse stato il mostro che era, con ogni probabilità avremmo da più tempo avuto notizie di Lilly Reich. Trattata con un certo imbarazzo dagli storici, come la sua amante, si sapeva che aveva conosciuto Mies al Werkbund, l’associazione della quale Lilly era una importante esponente. I due probabilmente si erano messi insieme nel 1926 a ridosso dell’evento del Weissenhof Siedlung di Stoccarda, inaugurato nel 1927, che li vide entrambi impegnati. Franz Schultze, il biografo di Mies, ha suggerito che Stoccarda servì ai due per frequentarsi e a Mies per sfuggire alla moglie e alle tre figlie. Lilly più tardi fu anche coinvolta come insegnante del Bauhaus: Mies fu nominato direttore nel 1930, lei entrò nel 1932. Il nepotismo accademico non lo hanno inventato solo gli italiani. Era lei, ricordano i testimoni dell’epoca, che curava le questioni pratiche, compreso pagare i conti e scrivere le lettere di competenza del direttore. Fu infine Lilly, durante la guerra, a custodire e salvare l’archivio di Mies quando questi era emigrato negli Stati Uniti. Lei avrebbe voluto raggiungerlo, ma Ludwig un po’ si era stufato della relazione e un po’ aveva il timore
di compromettere la propria carriera presentandosi agli americani con la propria amante. Raccontata così, Lilly Reich sembrerebbe un personaggio di scarso rilievo. Ma siamo sicuri che questa non sia la versione di Mies? Lilly era una eccellente designer: si era formata in Austria con Josef Hoffmann. Probabilmente fu lei la co-progettista se non la progettista dei mobili più famosi attribuiti a Mies, un po’ come Charlotte Perriand lo fu dei mobili attribuiti a Le Corbusier. Ci sono ragioni inoltre per sospettare che il suo apporto non fu limitato ai mobili, ma investì la stessa concezione di architetture fatte da spazi fluidi e colorati. In altre parole: il suo influsso fu cruciale nella progettazione del Padiglione di Barcellona e di casa Tugendhat, nei quali è documentato il coinvolgimento. Se si guarda il progetto del Silk Café alla Fiera della Moda femminile di Berlino del settembre 1927 con la sua concezione aerea e dinamica più di qualcosa deve essere rimesso in discussione. Certamente non per sminuire i meriti di Mies, ma per ridare a Lilly un ruolo che le è stato sottratto
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L’illustrazione in alto è un fake: alla festa di capodanno del 1940 in realtà Mies abbracciava Lora Marx e non le offriva nessuna orchidea.
› OPEN SOURCE
OPERAZIONI DI PROGETTO IL CONCETTO DI OPERAZIONE È IMPERNIATO NELLE ESPERIENZE ARTISTICHE DEL SECOLO SCORSO E PUÒ ESSERE INTESO COME STRUMENTO OPERATIVO A DISPOSIZIONE DELLA METODOLOGIA PROGETTUALE. PROVIAMO A DELINEARNE IL PERCORSO PROCEDENDO PER SALTI di Giovanni Bartolozzi
L’azione prima dell’operazione Gli impressionisti non raccontano più il paesaggio, ma intendono “impressionare” la tela in relazione alla luce e al colore, si pensi al Puntinismo di Seurat e Signac, che apre alla ripetizione del gesto come espediente tecnico figurativo. Impressionista outsider, Degas prediligeva i paesaggi artificiali capaci di captare la psicologia della misera realtà che lo circondava. Tutta la sua produzione indaga le infinite sfaccettature del movimento dei corpi e punta sull’individuazione di un messaggio figurativo esplicito che produce una dimensione artificiosa, ma alla portata di tutti, per comunicare un messaggio nuovo: la tensione del movimento dei corpi, attraverso cui introduce il concetto di operazione, giacché porta letteralmente l’azione dentro l’opera. Il readymade
Giovanni Bartolozzi Architetto, co-fondatore dello studio Fabbricanove di Firenze con cui ha recentemente realizzato la sede del Milano Luiss HUb, Bartolozzi è docente alla Facoltà di Architettura di Firenze, al Design Campus di Calenzano e all’Accademia Cappiello di Firenze. Ha curato la mostra Leonardo Ricci: il tavolo dell’architetto al Museo Novecento di Firenze e gli allestimenti di Source Self Made a Firenze e Milano. Ha pubblicato il volume Verso il progetto (Didapress, Firenze 2019). Nel 2013 aveva pubblicato Leonardo Ricci Nuovi modelli urbani (Quodlibet). www.fabbricanove.com/studio [ 14 ]
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Nel primo decennio del secolo scorso è Duchamp a dare forza all’intuizione di Degas: l’ispirazione dell’arte deve essere artificiale, il terreno d’azione ossessivamente ricercato e concettualmente costruito, addirittura arbitrario. L’obiettivo è riconoscere all’arte il primato dell’ideazione capace di produrre un riconoscibile atto estetico. Provocatori e spiazzanti, gli atti estetici di Duchamp fanno del ready made la prima operazione riconosciuta che catapulta nel mondo dell’arte oggetti arbitrari appartenti a contesti di ordinaria quotidianità. Il ready made, incomprensibile con gli strumenti a disposizione dell’arte di quegli anni, diviene un caposaldo per gli anni a venire. L’operazione ha adesso un nome, un contenuto, ed è accompagnata da un’immagine forte: in definiva l’operazione è l’anima del progetto. Operazione seriale Gli artisti americani attivi nei primi anni Cinquanta non realizzano più le opere in atelier, ma le commissionano agli artigiani: l’opera prima si progetta e poi si realizza. Con Sol LeWitt l’arte si slega dalla fisicità intrinseca dell’opera per celebrare il primato della sua pura ideazione, mentre l’esecuzione rappresenta un atto a sè stante, addirittura reinterpretabile. Definizione di un dettaglio, composizione della scatola e ripetizione sono le operazioni che consentono a Donald Judd di produrre una
variabile infinita di opere, che consentono passaggi di scala attraverso una ridefinizione di spessori e materiali, mantenendo inalterata l’operazione. Carl Andre è il primo a negare l’essenza volumetrica della scultura tradizionale, utilizzando un componente unico, prodotto industrialmente e identificabile come matrice, che viene assemblato per accostamento e giustapposizione. La scultura di Andre recupera l’essenza materica, il volume si trasforma in spessore, la saldatura diviene una fuga, la gerarchia si annulla a favore di un accostamento cangiante e materico che anticipa il concetto di texture. In sostituzione dell’opera preconfezionata, l’operazione seriale consente di declinare le possibili variazioni dell’opera sulle caratteristiche degli spazi espositivi. Splitting Gordon Matta Clark rifiuta l’architettura del capitalismo e dedica alcune opere alle case dei senza tetto, all’alloggio spazzatura per uomini spazzatura. Predilige le case abbandonate prossime alla demolizione, gli spazi di nessuno, il patrimonio costruito e messo da parte dal capitalismo. Lo Splitting, inaugurato nel celebre Splitting 1974, è un’operazione di sezione integrale di una casa disabitata e rappresenta l’atto estetico più dirompente dell’arte in quegli anni. Tagliare significa ferire lo stereotipo della vita borghese americana, prendere una posizione forte contro la società capitalista. Gli splitting successivi, come Bingo 1974, diventano sezioni/ prelievi che celebrano la spazialità di edifici sordi e abbandonati che hanno favorito nuovi immaginari nell’architettura, nell’emancipazione del rapporto interno ed esterno. La poetica delle aperture di Steven Holl è assimilabile alla gestualità dello splitting, sia nelle superfici bidimensionali dei fronti, sia nel coinvolgimento spaziale. Non è azzardato accostare allo splitting di Matta Clark il progetto per lo StoreFront di New York, progettato da Holl sulla scia di una serie di progetti che teorizzavano la sua idea di spazio a cerniera. Fuori scala Gli artisti captano una serie di passaggi obbligati della catena merceologica, soffermandosi sulla pubblicità e la comunicazione del prodotto. Nell’opera di Claes Oldenburg la cultura oggettuale trova una sponda nuova, non nell’oggetto di
› OPEN SOURCE
consumo, ma nell’oggetto di uso comune, che viene decontestualizzato in chiave duchampiana e portato nei contesti urbani mediante un’operazione di giocoso ingrandimento e clamoroso fuori scala. Con Gehry l’operazione del fuori scala si sposta nel vivo dell’architettura e acquista forti valenze urbane come testimoniano le numerose collaborazioni con Oldenburg e soprattutto il museo Guggenheim di Bilbao (1991-1997), che chiude il secolo e segna l’avvio dei processi di rigenerazione che coinvolgeranno numerose realtà urbane negli anni successivi. Layering Siamo nel vivo dell’architettura, negli anni in cui il contesto diventa decisivo. Nel 1983 Bernard Tschumi si aggiudica il progetto per il Parc de la Villette a Parigi, realizzato tra il 1984 e il 1989. Oltre a utilizzare la griglia a grande scala per riammagliare il parco al tessuto urbano, Tschumi mette a punto l’operazione del layering, ovvero concepisce l’intero parco come sovrapposizione di layer che risolvono autonomamente temi diversi del programma. Il progetto viene ‘disgiunto’ in tre differenti livelli – le superfici, le folies e le linee – che troviamo sovrapposti nella visione d’insieme. Se sovrapposizione, stratigrafia e contesto sono le parole chiave per comprendere le ricerche e i progetti dell’architettura dei primi anni ’90, il layering è l’operazione progettuale trasmissibile, applicabile non solo alla scala urbana, ma anche alla scala dell’edificio multipiano, concepito come sandwich di layer, come in numerosi progetti di Rem Koolhaas e MVRDV.
Wrapped Le prime operazioni di impacchettamento di piccoli oggetti di Christo sono la trascrizione del confezionamento della merce che i meccanismi del consumo di massa veicolavano attraverso la pubblicità. Il passaggio dall’oggetto comune all’oggetto urbano è praticamente scontato. Tra le numerose opere urbane realizzate, il wrapped del Reichstag di Berlino rimane l’esperienza di arte pubblica più maestosa e simbolica, non tanto per l’opera in sé ma per il valore dell’edifico scelto. Con Christo e altri artisti attivi nello stesso periodo, come Anish Kapoor, l’opera, seppur temporanea, si confronta con livelli di complessità che richiedono sofisticati processi di ingegnerizzazione. Nello scenario articolato dei processi di rigenerazione urbana che hanno coinvolto numerose capitali europee a partire dagli anni Novanta, l’operazione del wrapped rappresenta una metafora esemplificativa per individuare due atteggiamenti possibili in architettura, radicali sull’involucro edilizio e sul colore.
Operazione di fuori scala attuata da Claes Oldenburg e Coosje Van Bruggen in Balancing Tools al campus Vitra, 1984 (ph. courtesy Vitra). Sotto, operazione di ripetizione seriale attuata da Donald Judd, Unittled, 1973, MoMA San Francisco (ph. Rocor, licenza CC BY-NC 2.0)
L’involucro Un sistema di pelle capace di stabilire relazioni dialettiche con i contesti urbani e di reinterpretare le tradizioni locali, espediente che il Movimento Moderno aveva negato. Basti pensare ai progetti di Herzog e De Meuron, come lo Schaulager e la cabina Auf dem Wolf a Basilea. Qui l’involucro diviene pelle: produce una nuova immagine urbana, comunica l’appartenenza a un contesto e rigenera. Nel 2012 MVRDV ristruttura a Dijon un edificio dismesso per una società di call center
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› OPEN SOURCE Haunted House, operazione su colore attuata da Rem Koohaas per Fondazione Prada, Milano (ph ©Moreno Maggi). Sotto, Jean Nouvel, Serpentine Pavillion 2000 (ph. by B, licenza CC BY-NC-SA 2.0). Utilizzando il colore più identitario della città, Nouvel uniforma con un’operazione decisa tutte le componenti in un padiglione – come lo definì Richard Rogers – subito riconoscibile e giocoso.
con un’operazione low cost: amplia la facciata esistente e attua un wrapped sulle parti piene mediante l’applicazione delle etichette flashcode QR, che vengono ripetute in maniera così capillare da creare una texture che trasforma un involucro anonimo in un’infrastruttura di comunicazione, capace di esaltare l’azienda che ospita. Il colore
Ricorrere alla sintesi dell’arte è per l’architetto un espediente concettuale pragmatico e rigoroso, per mettere a punto un atto estetico forte
Non più inteso nella sua accezione compositiva ma in quella più radicale ed estrema: colore totalizzante, come il bianco assoluto del wrapped di Berlino. In L’Esclave de Michel-Ange (S 20) del 1962, Yves Klein utilizza il pigmento puro IKB per uniformare una copia di Lo Schiavo Morente di Michelangelo. Klein attua un’operazione di trasmutazione materica e, senza intaccare la perfezione plastica dell’originale, lo riconsegna alla storia con una nuova veste immateriale. La stessa operazione è stata utilizzata da Rem Koolhaas nella Fondazione Prada a Milano con un rivestimento esterno in foglie d’oro della Haunted house, da MVRDV a Rotterdam nel Didden Village, da Jean Nouvel nel padiglione del 2010 per la Serpentine Gallery di Londra, dove una struttura ibrida costruisce un riparo dichiaratamente temporaneo. Utilizzando il colore più identitario della città, Nouvel uniforma con un’operazione decisa tutte le singole componenti senza alcuna distinzione. Operazione di progetto Il percorso che abbiamo tracciato non è esaustivo, ma necessario a delineare un metodo unitario che ricerca la sintesi dell’arte. Questo avvicinamento tra arte e architettura è diventato un’affinità calata in una dimensione totale che va dall’ideazione alla costruzione integrando una molteplicità di aspetti. Un’affinità sintetizzabile nel concetto di operazione progettuale (opera-azione), un espediente concettuale nell’approccio, ma pragmatico e rigoroso, che consente all’architetto di mettere a punto un atto estetico forte, efficace nell’esaltazione del programma, semplice da comunicare, carico di valori urbani e contestuali.
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› DESIGNCAFÈ
DOPO GIO PONTI, CON LA MOSTRA ALDO ROSSI L’ARCHITETTO E LE CITTÀ IL MAXXI CELEBRA UN ALTRO MAESTRO DELL’ARCHITETTURA ITALIANA E MONDIALE
IMMAGINAZIONE E REALTÀ Più di 800 pezzi tra documenti, carteggi, modelli, schizzi, disegni e fotografie restituiscono l’ampiezza dello sguardo, la complessità del pensiero e la varietà dell’opera di Aldo Rossi nella mostra curata da Alberto Ferlenga – al Maxxi fino al 17 ottobre – Aldo Rossi. L’architetto e le città. Città che sono state il principale interesse del primo Pritzker Prize italiano e che quaranta grandi modelli ricreano lungo la Galleria 2. Al centro della galleria un primo focus sugli anni della formazione nella Milano del dopoguerra, agli estremi opposti i focus sul Cimitero di Modena, progettato nel 1971 con Antonio Braghieri, e sul gioioso Teatro del Mondo che, ormeggiato davanti a Punta della Dogana in occasione della prima Biennale Architettura nel 1980, diede il via alla fama internazionale di Rossi. I modelli dialogano con elaborati grafici, fotografie, disegni artistici di diversi formati e realizzati a penna, a china, a cera, a pastello e ad acquarello disposti a parete e su 40 tavoli prodotti per l’occasione dal Gruppo Molteni, sponsor della mostra. Sempre sulle pareti, una sequenza di teche approfondisce diversi aspetti del lavoro e del pensiero di Rossi, come l’insegnamento allUniversità Iuav, il rapporto con la Biennale di Venezia e la Triennale di Milano, quello con la città di Berlino e con l’America, l’incontro con il Giappone, la passione per il cinema, la produzione editoriale e i libri di successo come L’architettura della città o l’Autobiografia scientifica. Nella sezione dedicata ai progetti in Italia anche il grande disegno di due metri per due della Città Analoga, corredata anche da un’applicazione sperimentale sviluppata da Dario Rodighiero che fornisce approfondimenti d’ogni singola parte del quadro. Tra i progetti internazionali, la sede del Bonnefantenmuseum di Maastricht; il coloratissimo complesso della Schützenstrasse a Berlino; la sede Disney a Orlando. In mostra anche la libreria Piroscafo, progettata trent’anni fa con Luca Meda per Molteni&C, e le poltrone Parigi (1989) prodotte da UniFor. Il materiale esposto proviene in gran parte dall’archivio di Aldo Rossi conservato nella Collezione Maxxi Architettura e dalla Fondazione Aldo Rossi, con prestiti dall’Università Iuav di Venezia, dal Deutsches Architektur Museum di Francoforte e dal Bonnefantenmuseum di Maastricht
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In alto, mollati gli ormeggi a Punta della Dogana il Teatro del Mondo inizia il viaggio verso Dubrovnik (ph ©Antonio Martinelli). Sopra, con Eraldo Consolascio, Bruno Reichlin e Fabio Reinhart, La Città Analoga, 1976. A sinistra, planivolumetria del cimitero di Modena (collezione Maxxi Architettura, ©Eredi Aldo Rossi).
› DESIGNCAFÈ INTROSPEZIONE, COMUNIONE ACCOGLIENZA
ARCHITETTURE DELLA VITA QUOTIDIANA
Nella cartografia settecentesca – fa notare nel suo contributo Tino Grisi – era comune l’inserimento delle piante delle chiese in prosecuzione con il fondo bianco delle vie e in contrasto con il tratteggio nero degli isolati, perché da sempre le chiese sono spazio d’uso pubblico per eccellenza. Ma le mappe segnalavano anche l’univocità di un paesaggio cristiano che non è più tale di fronte all’eterogeneità sociale e culturale della città contemporanea. Città dove però – ricorda Danilo Lisi citando l’esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii Gaudium – “le case e i quartieri si costruiscono più per isolare e proteggere che per collegare e integrare” così che “quello che potrebbe essere uno spazio di incontro e solidarietà si trasforma invece nel luogo della fuga e della sfiducia reciproca”. In questo quadro le architetture della fede possono diventare nodi accoglienti e raccolti di una nuova evangelizzazione, mentre la loro propensione narrativa, anche alla luce dell’enciclica Laudato sì, potrà indurre nell’individuo la disposizione verso un cammino successivo, in una sequenza dinamica di spazi com’è da secoli nella basilica di San Francesco ad Assisi. Il volume, con cui Danilo Lisi raccoglie le riflessioni emerse nel corso del workshop “the Church of the future” organizzato nel 2020 presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, presenta molti esempi di spazi sacri, incluse opere di Paolo Portoghesi, e una conversazione di Danilo Lisi con Mario Botta che parla anche del suo più recente edificio di culto, la chiesa di San Rocco in Sambuceto tuttora in costruzione a San Giovanni in Teatino, ma forse il progetto che meglio di altri spiega il significato profondo di un edificio di culto che sia anche spazio di socialità e crescita culturale di una comunità nasce dell’incontro con padre Carlo Bittante che indusse Danilo Lisi a progettare e costruire la Saint Paul Apostle Parish a Tondo, uno dei più grandi slum di Manila dove fino a pochi anni fa vivevano gli scavenger, i bambini che sopravvivevano cercando rifiuti da rivendere nei 30 ettari della discarica a cielo aperto chiamata ‘smoky mountain’.
“Il cantiere è fatto di persone che sono il tramite attraverso cui il progetto viene realizzato. Senza di loro – dice Alessandro Bucci nel corso della conversazione con Pasqualino Solomita – non esisterebbe la nostra architettura”. Spesso le monografie strabordano di citazioni. Qui Bucci cita soltanto, con la stessa umiltà con cui parla del cantiere, Adolfo Natalini, suo relatore di tesi nel 1991 a Firenze, e Massimo Carmassi, di cui è stato assistente a Ferrara e a Venezia. Fonti di ispirazione – Carmassi impossibile da imitare – al pari dei suoi studenti e dei muratori che costruiscono gli edifici. Organizzate per tipologie e splendidamente illustrate, le dodici opere e i cinque progetti raccolti parlano di una qualità del processo ideativo e realizzativo che si eleva oltre il contesto locale in cui generalmente opera lo studio.
Danilo Lisi (a cura di) Lo spazio sacro e la città contemporanea Gangemi Editore, Roma, 2020 128 pp, 28 euro - ISBN 978-88-492-3959-1
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Pasqualino Solomita (a cura di) Alessandro Bucci Architetti Progettare e costruire LetteraVentidue Edizioni Siracusa, 2020 216 pp, 22 euro ISBN 978-88-6242-504-9
IL DESIGNER FUTURIBILE Profeta del Design. È così che viene definito Joe Colombo, pseudonimo di Cesare Colombo (Milano 1930-1971), designer e architetto dallo stile definito ‘futuribile’, caratterizzato da forme insolite e originali abbinate a sistemi d’arredo dinamici e flessibili. È stato uno dei più grandi designer del secolo scorso, visionario e geniale: “si potrà studiare e lavorare da casa; le distanze non avranno più importanza; la megacittà perderà significato” scriveva. Suoi molti pezzi iconici del design italiano come la lampada Acrilica (medaglia d’oro alla XIII Triennale 1964), la Tube Chair (oggi al Musée des Arts Décoratifs del Louvre), la lampada Spider (Oluce, Compasso d’Oro 1967) o l’Unità abitativa globale, una macchina visionaria con monoblocchi polifunzionali che racchiude tutte le esigenze dell’abitare. Questo volume di Ignazia Favata – sua storica assistente – è il primo catalogo ragionato del suo lavoro, con circa 200 opere documentate.
Ignazia Favata Joe Colombo designer. Catalogo Ragionato 1962 – 2020 Silvana Editoriale, Milano, 2021 300 pp, 85 euro ISBN 978-88-3664-633-3
SALTI DI SCALA La creatività nasce da collegamenti inaspettati che, tracciati, danno vita a una mappa come quella del titolo: connessioni neurali che scattano osservando un’immagine e trasferendone il disegno generativo a una diversa scala, o costruendo modelli in legno che diventano grattacieli in vetro e acciaio. Il libro, racconto per immagini dei lavori dello studio, che due anni fa ha assunto il nome di Amdl Circle a indicare una visione olistica del progetto condivisa con i collaboratori in studio e con i clienti in tutto il mondo, suggerisce queste connessioni accostando oggetti di arredo e pattern di facciate, costruzioni in legno e centrali elettriche, caffettiere e coperture di padiglioni espositivi, in una sequenza sorprendente come la produzione del Circle, che in trentasette anni di sinapsi ha disegnato computer per Olivetti, potenti edifici e infrastrutture in Georgia e le copertine dei libri di Harry Potter.
Michele De Lucchi & AMDL CIrcle Connettoma Synapsis of humanistic architecture Silvana Editoriale, Milano, 2021 224 pp, 30 euro ISBN 978-88-366-4781-1
EXTERNO Ipe woodco.it
› FOCUS
I nodi, le venature e le sfumature accentuate del parquet Rovere Martora Woodco valorizzano la struttura preesistente, richiamandone l’estetica vissuta.
Il pavimento PARQUET Rovere Martora, collezione Signature ESSENZA Rovere di Slavonia DIMENSIONI 1600/2400x200 mm SUPERFICIE spazzolata e microbisellata sui lati lunghi FINITURA vernice opaca
Effetto speculare il parquet in Rovere valorizza il preesistente Il recupero di uno spazio dismesso, la volontà di valorizzarne gli elementi originari e il desiderio di circondarsi di atmosfere calde e confortevoli: sono gli ingredienti chiave del progetto di ristrutturazione che ha interessato un ampio casolare in Umbria, in provincia di Perugia. La residenza, frutto dell’attenta riqualificazione di un vecchio fienile, è oggi un ambiente molto particolare, nel quale elementi di matrice industrial, come le vetrate grigliate con apertura a bilico, impianti e tubature a vista e lampadari a sospensione in metallo convivono con arredi accoglienti e ricercati [ 22 ]
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anche nelle tonalità, dallo spirito vagamente cozy. Punto nodale dell’intervento è stata la volontà di recuperare e restaurare le travi centenarie del soffitto, il cui aspetto maestoso e scenografico è stato ripreso dal pavimento in rovere. L’effetto speculare così ottenuto – legno sopra e legno sotto – definisce i confini dello spazio in modo netto, creando una cornice che connota l’ambiente senza opprimerlo. Realizzato con il parquet Rovere Martora della collezione Signature di Woodco, il pavimento è stato scelto volutamente in una tonalità scura, in netto contrasto con l’aspetto
candido e soft di pareti e arredi. Spazzolate e microbisellate sui lati lunghi, le tavole di grandi dimensioni – colorate con pigmenti naturali – oltre a richiamare cromaticamente l’antico soffitto in legno ne riproducono anche l’effetto rustico e vissuto grazie ai nodi evidenti e alle venature profonde. La finitura con vernice opaca ad elevata resistenza, atossica e priva di solventi, protegge la superficie del legno dagli urti e dagli effetti del calpestio, regalando un open space da vivere in tutta serenità. www.woodco.it
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› FOCUS
Giochi di luci e ombre sull’involucro ondulato di Alpewa LE DIFFERENTI INCLINAZIONI DELLA LAMIERA METALLICA ONDULATA MICROFORATA SMATERIALIZZANO LA RIGIDA GEOMETRIA DI UN TIPICO CAPANNONE INDUSTRIALE E GLI CONFERISCONO DINAMISMO
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A Gandino, in provincia di Bergamo, in un territorio dalla forte tradizione tessile, l’architetto Luigina Bianchi ha progettato un nuovo volume destinato all’ampliamento di un’azienda che produce rivestimenti in tessuto per elementi di arredo. L’obiettivo di inserire con discrezione, in un contesto caratterizzato da una bassa densità edilizia e a contatto con ampie aree verdi, un elemento architettonico dalle geometrie importanti è stato sviluppato in collaborazione con Alpewa, che ai progettisti offre una consulenza specializzata sui numerosi sistemi di copertura, isolamento e rivestimento facciate che l’azienda commercia-
lizza in Italia. Tale consulenza ha permesso di individuare come soluzione più adatta per questo intervento la lamiera metallica microforata a passo costante Swiss Panel SP 27 di Montana. Una volta progettato, il modulo di base – formato da un tubolare metallico perimetrale irrigidito da traversi metallici e tamponato con la lamiera microforata Swiss Panel – è stato ripetuto ruotandolo di volta in volta attorno a un asse centrale disposto longitudinalmente nel punto medio dell’altezza, così da ottenere un’onda che esprime plasticamente l’attività dell’azienda. La stessa soluzione è stata poi adottata, nel medesimo complesso, per schermare la facciata
› FOCUS La struttura perimetrale in lamiera metallica anima il volume architettonico conferendogli plasticità e movimento.
della sede storica che ospita gli uffici. I pannelli catturano, filtrano, riflettono la luce naturale, restituendo un senso di movimento. Gli elementi fondamentali che hanno determinato la scelta sono stati la flessibilità nelle dimensioni di fornitura della lamiera e nel taglio verticale simmetrico della parte ondulata, il costo contenuto e soprattutto la forma e la tipologia della lamiera: la parte ondulata e la differente inclinazione del modulo-pannello enfatizzano la vibrazione della luce e la microforatura a passo costante smaterializza la superficie. www.alpewa.com
La parte più delicata dell’intervento è stata la cantierizzazione dei moduli-pannelli, per la posa in rotazione su una superficie non complanare. Foto Gabriele Buratti.
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› DESIGNCAFÈ
L’area di Cascina Merlata e accanto, da sinistra, due delle proposte entrate in shortlist nell’ultimo concorso per il lotto residenziale R8: Arassociati e Lombardini22 (immagini courtesy Euromilano).
LA QUALITÀ DELL’ARCHITETTURA AL CENTRO DELLO SVILUPPO Dal primo concorso per la definizione del masterplan dell’area di Cascina Merlata, nel 2008, vinto dagli studi Paolo Caputo Partnership e Citterio&Viel, il nuovo distretto a nord-ovest di Milano è cresciuto seguendo la prassi del concorso a inviti. Una strategia che ha permesso a Euromilano di procedere alla definizione di un habitat coerente: non semplicemente residenze ma un complesso urbano che si sta sviluppando intorno a un grande parco, organizzato secondo le linee guida del masterplan e ricco di servizi, quasi il prototipo della futura città europea come l’ha delineata pochi mesi fa, presentando il progetto di una ‘New European Bauhaus’, la presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen. [ 26 ]
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LO STUDIO MAB ARQUITECTURA VINCITORE DELL’ULTIMO CONCORSO INDETTO DA EUROMILANO PER IL NUOVO LOTTO RESIDENZIALE R8 IN UPTOWN
Ora, dopo quelli vinti da Scandurra Studio Architettura e Zanetti Design Architettura nel 2015 e da Labics nel 2018 (vedi IoArch 89) è la volta di MAB Arquitectura, lo studio fondato da Floriana Marotta e Massimo Basile con sedi a Milano e Barcellona, vincitore del concorso per l’assegnazione della progettazione del nuovo lotto R8 di UpTown. Per vedere il progetto preliminare di MAB occorrerà attendere il 2022 ma fin d’ora sappiamo che il concorso ha offerto risposte di alta qualità ai tre temi centrali del bando, ovvero la dimensione e densità (30.000 metri quadrati di Slp su una superficie fondiaria di 13.300 mq), le relazioni con il contesto – R8 si trova al centro di UpTown, tra un’ampia viabilità urbana alberata e
con attività commerciali al piede degli edifici – e l’integrazione nella strategia di progetto degli spazi aperti o di carattere comune. Dodici i gruppi di progettazione invitati: act_ romegialli + Alessandro Finozzi, Arassociati, Asti architetti, BEMaa, Architetti Gonçalo Byrne + Domenico Catrambone, Mino Caggiula Architects, Lombardini22, MAB Arquitectura, Annalisa Mauri + ARW, OBR, Park associati, Progetto CMR – tra i quali la giuria ha preselezionato tre concept scegliendo poi la proposta vincente, apprezzata per “la disposizione e il trattamento diversificato dei volumi, che istituisce un rapporto dinamico con il contesto e mitiga l’impatto determinato dalla dimensione rilevante dell’intervento”
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Design moderno e lineare. Deflusso dell’acqua piovana ottimale. Copertura con vetro stratificato da 12 mm. Personalizzabile grazie alle bandelle decorative ed alle bandelle a LED.
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› WORK IN PROGRESS
MILANO WELCOME, L’UFFICIO BIOFILICO DI KENGO KUMA Verrà completato entro il 2024 Welcome, feeling at work, il nuovo sviluppo direzionale promosso da Europa Risorse, che ne ha affidato la progettazione architettonica a Kengo Kuma and Associates e finanziato da un fondo gestito da PineBridge Benson Elliot. Si tratta di una Gla di oltre 50mila metri quadrati distribuiti in sei volumi luminosi tra loro sovrapposti, intrecciati e ruotati che digradano come un anfiteatro naturale verso il Parco Lambro. L’area scelta infatti è un brownfield ai margini della Zona 3 di Milano, in precedenza occupato dagli stabilimenti tipografici della Rizzoli, contiguo al Parco e all’attuale sede di Rcs e a breve distanza dalla stazione di Crescenzago della metropolitana. Al livello della strada, completamente permeabile al pubblico, il progetto prevede spazi commerciali e piazze [ 28 ]
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che diventeranno luoghi di socialità che attualmente mancano al quartiere. Espresso già nel nome, il concetto di accoglienza è al centro del progetto: un’accoglienza dell’uomo nel verde che insieme al legno, al vetro e all’acciaio diventa parte integrante del progetto di architettura. Un progetto distante dalla tendenza alla verticalità degli edifici per uffici e che mira piuttosto a ricreare un’atmosfera da campus californiano, dove sia possibile lavorare all’aperto grazie agli ampi spazi verdi che lo popoleranno, dalle corti interne alle ampie terrazze alle serre. Se il fit-out degli interni deve ancora essere messo a punto in accordo con i futuri tenant e sebbene sia stato immaginato prima della pandemia, l’ampiezza degli spazi che i primi render fanno percepire lascia intuire che Welcome può diventare un format dell’ufficio post-Covid, mentre per
dimensioni e caratteristiche – costruzione in legno e acciaio su un basamento in calcestruzzo, consumi e emissioni di CO2 prossimi allo zero, recupero delle acque, presenza diffusa del verde – si propone come il più avanzato progetto ecologico di questo tipo in Europa. Welcome è il secondo progetto dell’architetto giapponese in Italia, dopo la Facoltà di Veterinaria dell’Università degli Studi di Milano a Lodi.
Località Milano Crescenzago Promotore Europa Risorse Progetto architettonico Kengo Kuma and Associates Lead architect Yuki Ikeguchi Gla 50.000 mq Investimento c.a 300 milioni di euro Consegna prevista 2024
› WORK IN PROGRESS
Nei render ©Kengo Kuma and Associates alcune viste del futuro Welcome, i cui volumi si articolano in un sistema di terrazze su più livelli. A destra, una corte interna e una vista da via Rizzoli.
› WORK IN PROGRESS
ASSAGO, MILANO L’EDIFICIO U1 DI PARK ASSOCIATI A MILANOFIORI NORD Una pluralità di stili architettonici caratterizza il masterplan del complesso direzionale Milanofiori Nord, attualmente in corso di completamento con la costruzione degli edifici U3 (disegnato da Gbpa Architects, che abbiamo presentato sullo scorso numero) e l’U1 di Park Associati, che con 15 piani fuori terra e una Gla di 31.500 mq si presenta come una delle realizzazioni più notevoli del complesso. La logica del masterplan è chiara: edifici riconoscibili per la loro modernità che definiscono una sorta di isola (che alcuni chiamano ‘scogliera’, per come emerge nel piatto orizzonte di quest’area di transizione tra la campagna e la città) e al contempo proteggono dai rumori del traffico dell’autostrada Milano-Genova la vasta area verde che si estende all’interno e all’intorno del centro direzionale. U1, destinato a ospitare uffici della società di consulenza Accenture, interpreta questa strategia con un corpo più alto che come una ‘prua’ fronteggia l’autostrada e un volume più basso, esposto a nord verso il bosco, caratterizzato da una vetrata continua che [ 30 ]
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garantisce la massima trasparenza. Qui l’esposizione permette infatti una maggiore permeabilità e il rapporto con l’ambiente a verde circostante si fa più intenso. Chi arriva dalla stazione della metropolitana incontra U1 lungo il percorso che porta dalla piazza commerciale al bosco e agli edifici più prossimi ad esso. Su questo livello sopraelevato è possibile raggiungere la hall d’ingresso lungo un passaggio porticato a doppia altezza. I primi due piani dell’edificio, al di sotto della piastra sopraelevata, sono dedicati ai parcheggi. Il piano terra ospita la hall, un crocevia che raccoglie e convoglia tutti i flussi all’interno del complesso, oltre a gran parte delle funzioni comuni: area formazione, foyer e caffetteria. Gli uffici, che si sviluppano ai piani superiori e che potranno ospitare fino a 3.800 persone, hanno spazi diversificati per ampiezza e destinazione. All’ultimo piano uno sky-bar offrirà momenti di relax con vista sul paesaggio circostante. È in corso la procedura per l’ottenimento della certificazione Leed, classe Gold Core and Shell, e della certificazione Well.
Cliente Milanofiori Sviluppo Srl Progetto architettonico Park Associati Design team Filippo Pagliani, Michele Rossi, Marco Siciliano (project leader), Matteo Arietti, Davide Cazzaniga, Corrado Collura Progetto esecutivo edile impianti e strutture, Direzione Lavori, coordinamento della sicurezza, certificazioni General Planning, Milano Imprese costruttrici Majocchi e Percassi (general contractor); Focchi Spa (facciate) Slp 31.100 mq Cronologia 2018-2021-in corso
L’edificio U1 visto dal percorso pedonale che raggiunge l’area dalla stazione della metropolitana. La superficie vetrata è ritmata da elementi verticali e linee orizzontali marcapiano che proteggono dal sole e agiscono da barriera al rumore della vicina autostrada (render courtesy Park Associati).
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IPM Italia. Progettare tra innovazione e sostenibilità. Dal 1981 formuliamo, produciamo e posiamo pavimenti continui per outdoor: IPM GeoDrena® pavimentazioni drenanti in graniglia naturale, IPM Green Paving prodotti per la stabilizzazione del terreno ed il trattamento della polvere, IPM Gummy e IPM Freetime pavimentazioni per le aree ludiche e sportive. Essendo sia produttori che applicatori, la nostra competenza è profonda e aggiornata. Ci consideriamo pionieri e innovatori grazie alle soluzioni che adottano materiali eco-friendly, studiate ad hoc nel nostro laboratorio interno.
› WORK IN PROGRESS
ALBA FRIGERIO DESIGN GROUP PER IL NUOVO POLO TECNOLOGICO FERRERO Cresciuto nel tempo per far fronte al successo commerciale dell’azienda, l’insediamento Ferrero di Alba è tuttora un ottimo esempio di integrazione con il territorio, rappresentando plasticamente il radicamento della multinazionale che nelle Langhe mantiene il proprio centro nevralgico. La creazione di valore consiste anche nel know-how che include lo sviluppo delle tecnologie di macchinari e processi produttivi ‘proprietari’ con cui vengono implementati gli stabilimenti distribuiti nel mondo. Attività che verranno concentrate nel nuovo Technical Center progettato da Frigerio Design Group e attualmente in costruzione. Rifuggendo da logiche ‘autoriali’ ma esprimendo una chiara identità, con un’architettura che interpreta i principi della manifattura 4.0 – automazione e interconnessione, reciprocità uomo/macchina e inserimento in uno specifico ecosistema – il complesso di 12.700 metri quadrati si caratterizza per un coronamento trasparente che, insieme al volume vetrato dell’atrio, ospita gli uffici di sviluppo e ricerca, mentre tamponamenti opachi proteggono l’officina sottostante, visibile e accessibile dall’interno mediante un sistema distributivo che comprende scale e passerelle aeree. Gli elementi tipici delle costruzioni industriali, caratterizzati [ 32 ]
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da economicità, velocità di costruzione e componenti tecnologiche indispensabili per l’energia e la sicurezza assumono modi espressivi in empatia con l’ambiente, con forme e colori idealmente riferiti nelle cromie e geometrie a porzioni di paesaggi delle Langhe. Costruito interamente in prefabbricazione metallica, l’attenzione al dettaglio – tamponamento in pannelli sandwich di lamiera micronervata all’esterno e microforata all’interno per migliorarne la qualità acustica, esili colonne metalliche a tutt’altezza che reggono i frangisole in alluminio e segnano il passo del semplice volume rettangolo – fa dell’edificio il punto avanzato dell’azienda verso la qualità totale.
Località Alba Committente Ferrero SpA Progetto architettonico (definitivo, esecutivo, direzione artistica, interior) Frigerio Design Group: Enrico Frigerio con Carola Ginocchio (capo progetto), Antonio Alessi, Stefano Stevanè, Daniele Bona, Fabio Valido, Marta Verdona, Simone Rota, Alessandra Chiappini Strutture Redesco Progetti Impianti Ariatta Ingegneria dei Sistemi Progetto del Verde AG&P Acustica Elena Bocca Direzione Lavori Recchi Engineering General Contractor Co.Ge.Fa. Facciatisti Frea & Frea Superfici lotto 14.500 mq, edificio 12.700 mq Cronologia 2017 (concorso), 2018-2019 (esecutivo) in corso (cantiere)
Vista di cantiere del mezzanino tecnico che accoglierà, nascondendoli alla vista, impianti e macchine necessari al funzionamento dell’edificio e dell’officina. In alto, render e prospetto del Technical Center Ferrero (immagini courtesy Frigerio Design Group).
› WORK IN PROGRESS
Nei render una vista dell’area e l’ingresso al Customer Center attualmente in costruzione (courtesy Gbpa Architects).
FRANCIACORTA IL PORSCHE EXPERIENCE CENTER DI GBPA ARCHITECTS Lo scorso ottobre Porsche ha affidato a Gbpa Architects l’incarico di trasformare l’autodromo di Franciacorta nel primo Porsche Experience Center d’Italia, che sarà anche il più grande del mondo. Cuore dell’area di 559mila metri quadrati il nuovo Customer Center, un edificio di circa 4.500 mq caratterizzato da una grande copertura curva di colore bianco ‘glossy’ – in linea con le cromie Porsche – che poggia su tre grandi arcate in legno lamellare recuperate dalla struttura preesistente. Agorà, spazio multifunzionale e convention center, alle parti opache l’edificio alterna grandi superfici vetrate e frangisole che ne accentuano l’andamento dinamico. Al livello superiore una scenografica passerella congiungerà le due ali della sala, creando una divisione visiva orizzontale dello spazio. Completano la dotazione un [ 34 ]
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ristorante e una grande terrazza con vista sul circuito, lungo 2.519 metri e totalmente rinnovato nell’asfaltatura, e i circuiti di prova, che includono un percorso off-road e un’area di oltre 30mila mq dedicata agli esercizi di guida sicura e dinamica, compreso il nuovo Low Friction Handling dove sperimentare entusiasmanti sovrasterzi di potenza. Ribaltando completamente la gerarchia spaziale dell’area, il masterplan di Gbpa fissa il nuovo ingresso sulla SP 16 e prevede la realizzazione di un grande boulevard con aree attrezzate da arredo urbano con verde integrato, nuove aree trattate a verde e un parcheggio. I 20mila visitatori attesi ogni anno avranno a disposizione anche un Simulation Lab dove sarà possibile provare in realtà virtuale tutti i modelli Porsche classici e moderni sui circuiti più
famosi del mondo, nonché una pista per kart elettrici. La conclusione dei lavori è prevista entro la primavera.
Località Castrezzato (Bs) Committente Porsche Italia Spa Progettazione integrata e direzione artistica Gbpa Architects Project Management e Direzione Lavori Arcadis Italia Progettazione strutture Fa.Ma. Ingegneria Progettazione Impianti Esa Engineering Progetto illuminotecnico Voltaire Lighting Design Progettazione circuito Dromo Imprese costruttrici Korus international (general contractor) Tonelli Ingegneria (strutture) Tecnomont Service (facciate) Superficie area 559.000 mq Superficie edificata 10.000 mq Conclusione lavori primavera 2021
RECUPERO ARCHITETTONICO CON LA LEGGEREZZA DEI SISTEMI DI RIVESTIMENTO PREFA
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› WORK IN PROGRESS
Nel render, Piazza Transalpina come potrà apparire a progetto completato. In alto, sezione e pianta del nuovo spazio culturale ipogeo EPIcenter (courtesy Baglivo Negrini Architetti).
NOVA GORICA E GORIZIA IL PROGETTO DI BAGLIVO NEGRINI PER PIAZZA TRANSALPINA Per la candidatura slovena di Nova Gorica e Gorizia a capitale europea della cultura 2025, lo scorso anno il Gruppo europeo di collaborazione territoriale Gect GO aveva bandito un concorso per la trasformazione della Piazza Transalpina / TRG Evrope e la costruzione di un nuovo centro culturale. Vincitore lo Studio Associato di Architettura Baglivo Negrini, scelto tra 56 candidature provenienti da 18 Paesi. Il progetto di Carmelo Baglivo ridisegna il grande rettangolo della piazza, lungo all’incirca quanto l’antistante stazione ferroviaria, suddividendolo in moduli [ 36 ]
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quadrati disposti a differenti altezze secondo una geometria variabile. Alle estremità i moduli si sollevano da terra, trasformandosi in gradinate di un possibile anfiteatro per manifestazioni all’aperto e dando allo stesso tempo accesso sui due fronti allo spazio ipogeo del nuovo centro culturale EPIcenter con la costruzione di due ampie gradinate. Un progetto – nel parere della giuria – di forte valenza simbolica nell’interpretare, evocando un punto di equilibrio, la memoria tuttora viva di una città in passato unita e capace tuttavia di guardare al futuro
con la creazione di uno spazio che invita naturalmente alla convergenza culturale. Il bando di concorso prevedeva anche la ricucitura urbanistica dell’area di confine tra le due città con la sistemazione delle aree intorno alla linea ferroviaria, per le quali il progetto di Baglivo Negrini Architetti prevede un parco lineare come sistema unificante di verde urbano in cui aree attrezzate si alternano ad altre boschive, dotato di percorsi pedonali e ciclabili e con cinque punti di attraversamento del confine, tra cui una passerella pedonale in prossimità della stazione.
› WORK IN PROGRESS
Committente Firenze Fiera RUP Ferrico Fabiani ATI di progettazione Politecnica, Consilium, studio di architettura Elio Di Franco, ingegner Riccardo Chiti Team Alessandro Uras (cordinatore), Beatrice Gentili (project control), Giuseppe Cacozza, Elio Di Franco, Riccardo Chiti, Stefano Maffei, Tommaso Conti, Lorenzo Agostini, Matteo Vitali, Paolo Pietro Bresci, Marcello Gusso, Luciano Pecori, Leopoldo D’Inzeo, Francesco Frassineti, Marco Cellini, Claudio Pongolini
FIRENZE POLITECNICA RIQUALIFICA PALAZZO DEGLI AFFARI Avviato a febbraio, quello guidato da Politecnica in collaborazione con l’architetto Elio Di Franco per il progetto architettonico, Consilium per la parte impiantistica e l’ingegner Riccardo Chiti per gli aspetti energetici, si può definire un progetto di restauro del Moderno. Parte integrante, insieme alla Fortezza da Basso e al Palazzo dei Congressi, del quartiere fieristico-congressuale fiorentino gestito da Firenze Fiera, l’edificio progettato da Pierluigi Spadolini venne completato nel 1974 facendo ampio ricorso alle tecnologie di prefabbricazione pesante dell’epoca. Il progetto di intervento si fonda su [ 38 ]
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un’ampia ricerca storica e archivistica che ha consentito, grazie anche al supporto di un team di restauro esperto nelle tematiche della conservazione e valorizzazione, di recuperare i documenti originali di progetto e di costruzione, pervenendo così a una operazione di ampio valore scientifico e documentale. La riqualificazione dell’edificio, condotta con metodologia Heritage Bim, interessa vari ambiti, dalla scala architettonica e compositiva, con il restauro delle facciate esterne, a quella funzionale e impiantistica per adeguare l’opera agli standard energetici attuali. Un nuovo
corridoio ricavato sul fronte tergale al piano terra consentirà di massimizzare funzionalità e qualità estetiche dell’edificio, ottimizzando la fruizione degli spazi, anche con la costruzione di un’ampia scala di collegamento tra i piani interrato, terra e primo. L’immobile potrà inoltre beneficiare di una terrazza panoramica alla sommità con vista sui principali monumenti della città, che sarà resa praticabile per gli eventi. L’intervento si aggiunge ad altri importanti lavori già avviati da Politecnica a Firenze, come il progetto esecutivo degli Uffizi, quello per il controllo accessi di Palazzo Pitti e quello dell’ex-Dogana.
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› WORK IN PROGRESS
Committente Comune di Arcugnano Progetto architettonico Settanta7 Progetto strutture Studio di Ingegneria Loris Borean Progetto impianti Sistema Group Superficie 2.500 mq Investimento circa 4 milioni di euro Cronologia 2019 (progetto) - 2020/2021 (costruzione) dicembre 2021 (consegna)
ARCUGNANO LA SCUOLA NZEB DI SETTANTA7 Fondato 12 anni fa da Daniele Rangone e Elena Rionda, lo studio Settanta7 si è specializzato nella progettazione di scuole, mestiere che in Italia risulta particolarmente difficile dati i budget risibili destinati alle opere pubbliche. Tra i diversi cantieri in corso si segnala quello avviato nel maggio 2020 per la scuola media di Torri di Arcugnano (Vicenza). Il nuovo edificio, di circa 2.500 metri quadrati, si articola su tre piani fuori terra e una torre di due ulteriori livelli a ovest, al di sopra dell’atrio di ingresso, che ospiterà laboratori e locali tecnici. Alle nove aule scolastiche si aggiungono, al piano terra, un ampio auditorium da 240 posti, aperto, come prevede la nuova normativa nazionale, alla comunità, e la mensa al primo piano. [ 40 ]
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La struttura portante antisismica in legno garantisce ottime prestazioni termiche e acustiche. Con questa scelta e uno studio impiantistico particolarmente attento all’efficienza energetica, l’edificio sarà quasi totalmente autosufficiente dal punto di vista dei consumi. L’epidemia in corso, che senza dubbio influenzerà il modo di vivere gli ambienti scolastici anche in futuro, ha suggerito alcune implementazioni progettuali in termini di spazi e di igiene. Oltre all’impegno di quasi 4 milioni di euro già profuso per questo stralcio funzionale, l’Amministrazione Comunale ha avviato la progettazione del secondo stralcio che prevede un ampliamento di quasi 2.000 metri quadrati da destinarsi alla nuova scuola primaria.
Il cantiere in corso a Torri di Arcugnano. Nei render, due viste della nuova scuola con la ‘torre’ dei laboratori (courtesy Settanta7).
› WORK IN PROGRESS SUVERETO PIERATTELLI DISEGNA LA STAZIONE ELETTRICA DI TERNA Il progetto di Pierattelli Architetture è il vincitore del beauty contest indetto da Terna per la progettazione della stazione elettrica di Suvereto (Livorno), parte del progetto di ammodernamento della rete elettrica tra la penisola, la Corsica e la Sardegna. Lo strumento del concorso, che ha già prodotto un eccellente risultato con il progetto di Frigerio Design Group per la stazione elettrica di Capri, dimostra la sensibilità del gestore della rete elettrica nazionale verso l’architettura e il paesaggio proprio quando appare chiaro come energia e ambiente siano temi cruciali dei prossimi decenni. Dall’altra parte si tratta di sfide progettuali la cui riuscita dipende dalla capacità di coniugare l’efficienza e l’economicità richieste a un’infrastruttura di tipo industriale con la qualità estetica dell’esito finale. Ispirato alle forme e ai colori del paesaggio circostante, il progetto di Pierattelli per Suvereto utilizza come materiale principale il cotto, con formelle di diverse dimensioni che, agganciate a cavi di acciaio, scandiscono ritmicamente l’involucro e agiscono da frangisole. Moduli in cotto di una sola dimensione, con superfici lavate e trattate, vengono usati anche per realizzare la facciata ventilata di rivestimento del volume del magazzino, ancorati a una sottostruttura a montanti verticali e trattenuti da staffe alle pareti. L’elemento vegetale diventa parte integrante del progetto, con essenze tipiche del paesaggio toscano che disegnano il percorso di ingresso all’infrastruttura e come componenti della recinzione perimetrale, mitigando l’impatto severo dei gabbioni metallici riempiti di pietre a secco con l’inserimento di fioriere e la piantumazione di ceppi di vite canadese. La sera il progetto illuminotecnico enfatizza, con fari Led incassati a pavimento, la texture tridimensionale del rivestimento in cotto degli edifici e degli alberi che costeggiano il percorso di ingresso.
Località Suvereto Committente Terna Spa Progetto architettonico Pierattelli Architetture Superficie totale rivestita in cotto 5.080 mq (edificio principale); 794 mq (magazzino)
I render (courtesy Pierattelli Architetture) mettono in luce l’inserimento della nuova infrastruttura nel paesaggio e il ricorso alle formelle di cotto come elemento estetico – collegato alla tradizione produttiva locale – unificante.
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C.A.M.
COMPLIANT
Sopra solo cielo. Sotto solo Isotec. ISOTEC consente di realizzare coperture isolate e ventilate, con tutti i tipi di struttura portante ed è compatibile con qualsiasi rivestimento, dalle tradizionali tegole alle più moderne soluzioni continue in metallo. Il tutto con la massima efficienza energetica ed un’eccezionale rapidità di posa. Anche nella soluzione Isotec Parete per facciate isolate e ventilate. isotec.brianzaplastica.it
› WORK IN PROGRESS
Nel progetto di trasformazione e espansione, i colori evidenziano le molteplici funzioni che il padiglione e i nuovi edifici assumeranno (courtesy MVRDV).
Committente iLive Expo Campus (joint venture di Wohnkompanie Nord e iLive) Progetto architettonico MVRDV Coordinamento Wohnkompanie Nord, AI+P Planungs GmbH Gla uffici 4.700 mq Gla co-working 2.000 mq Micro-appartamenti 380
HANNOVER MVRDV RIDISEGNA IL PADIGLIONE OLANDESE DI EXPO 2000 Fu il progetto che lanciò a livello internazionale lo studio fondato da Winy Maas, Jacob van Rijs e Nathalie de Vries e di fatto il primo esempio di ‘bosco verticale’, con i paesaggi olandesi ricostruiti artificialmente uno sull’altro all’interno della costruzione, e di architettura come ecosistema autonomo, anticipando i principi dell’economia circolare. Oggi sempre MVRDV torna a occuparsi del padiglione per un’operazione di real estate che prevede la creazione di spazi per uffici, co-working, alloggi per studenti e microappartamenti. Il terreno che il padiglione lasciava libero sarà occupato da due nuove costruzioni, una di nove piani destinata a studentato e micro-appartamenti e l’altra, di cinque livelli fuori terra, a uffici, autosilo e più di 300 posti per biciclette all’interrato, mentre la costruzione originaria verrà conservata, incluso il bosco al terzo piano, convertendo l’organizzazione espositiva in ambienti per uffici e meeting room. Così, al primo piano nuovi uffici si svilupperanno seguendo il medesimo layout lineare delle serre che il padiglione ospitava in origine, le fioriere che occupavano il secondo piano trasformate, con partizioni vetrate, in sale riunioni e micro-uffici. Al piano terra le ondulazioni artificiali che ricostruivano le dune delle spiagge olandesi diventeranno [ 44 ]
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luoghi di incontro e di conversazione, attrezzate con punti di ristoro e ambienti espositivi, mentre un nuovo ristorante tornerà ad animare il rooftop. Le nuove costruzioni, che ridefiniscono il perimetro dell’area e generano una nuova corte alberata al centro del complesso,
reinterpretano il concept del padiglione con ampie terrazze a differenti livelli e funzioni: giardini pensili, aree di studio e di sport all’aperto, cinema. Ampie vetrate cercheranno di conservare, malgrado i nuovi volumi, il carattere aperto e trasparente del padiglione.
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› WORK IN PROGRESS
PORTO-NOVO, BENIN KÉRÉ ARCHITECTURE DISEGNA IL NUOVO PARLAMENTO DEL PAESE Stanno per iniziare a Porto-Novo i lavori di costruzione del nuovo Parlamento della Repubblica del Benin. L’edificio, progettato dallo studio berlinese di Débédo Francis Kéré, nella forma si ispira vagamente ai baobab, grandi alberi sotto i quali in Africa per antica tradizione si riunivano le comunità per assumere decisioni collettive. L’aula assembleare, coronata dalla galleria semicircolare destinata al pubblico, dal piano terra raggiunge con quadrupla altezza il soffitto, retto oltre che da pilastri in calcestruzzo da grandi archi in legno lamellare che sostengono tre ulteriori livelli, dove sono collocati gli uffici parlamentari e ausiliari. All’ultimo piano, una vasta terrazza che grandi sporti proteggono dal sole offre una vista panoramica sulla città e sulla laguna all’orizzonte. Al suo interno, il grande tronco del nuovo Parlamento – per rimanere nella [ 46 ]
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metafora del baobab – è cavo, dando luogo a una corte che svolge anche funzioni bioclimatiche e dove è collocata una scala a spirale che collega l’aula al primo livello degli uffici. All’esterno, il livello dell’assemblea si presenta come un grande portico ombreggiato dai volumi a sbalzo degli uffici, a loro volta protetti da grandi schermi frangisole verticali agganciati ai profondi marcapiano. Il disegno con cui questi schermi, che visti da lontano fanno pensare alla corteccia dei grandi alberi africani, sono accostati connota formalmente l’edificio, che si presenta – elevato su un podio a gradoni – al centro di un ampio parco pubblico ricco di flora autoctona che si configura come nuovo spazio ricreativo dove la popolazione di Porto-Novo potrà ritrovarsi come comunità.
Committente Repubblica del Benin, Ministero dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile Architettura Kéré Architecture, Débédo Francis Kéré Design team Jeanne Autran-Edorh (lead architect), Alexandra Zervudachi, Kinan Deeb, Javier Mola Cardenes Collaboratori Andrea Maretto, Leonne Vögelin, Charles André, Ismaël N’Faly Camara, Léon Bührer, Malak Nasreldin Project management Jeanne Autran-Edorh, Fabiola Büchele (Kéré Architecture) Construction management Ecoplan, Simau Ingegneria Aecom, Sahel-ingenierie Superficie 35.000 mq Cronologia 2018-2020 (progettazione) – 2021 in corso (costruzione)
Render del nuovo Parlamento del Benin, l’inserimento nel grande parco urbano e la grande scala nella corte interna (courtesy Kéré Architecture).
www.ytong.it
Materiale costruttivo traspirante Materiale costruttivo isolante Un sistema costruttivo antisismico Un sistema costruttivo antincendio Un sistema costruttivo per il Super Bonus 110%
LA RISPOSTA È NELL’ARIA
Le soluzioni costruttive e isolanti Ytong e Multipor in calcestruzzo aerato autoclavato sono realizzate con materie prime naturali e grazie all’aria contenuta all’interno della struttura cellulare, sono al tempo stesso leggere ed estremamente solide. La struttura porosa massimizza le proprietà isolanti e la traspirabilità del materiale, mentre la natura minerale conferisce una elevata resistenza al fuoco e durabilità nel tempo. Ytong e Multipor, insieme alla gamma di malte e intonaci minerali, costituiscono un sistema costruttivo completo, naturale, sostenibile e conforme ai requisiti CAM.
MULTIPOR
YTONG
YTONG
Pannello isolante minerale
CLIMAGOLD Blocco isolante λ10,dry 0,072 W/mK
SISMICLIMA Blocco portante
O EC US N BO 10% 1
O EC US N BO 10% 1
MA SIS NUS BO 10% 1
Per maggiori dettagli consultare www.ytong.it/caratteristiche-materiali-superbonus-110-con-i-sistemi-in-calcestruzzo-aerato.php
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ACCADEMIA DELLA MUSICA, CAMERINO
IL FRONTE È UN PENTAGRAMMA IL PROGETTO DI ALVISI KIRIMOTO E DEL GIOVANE STUDIO HARCOME PER LA ANDREA BOCELLI FOUNDATION RIPORTA A CAMERINO L’INSEGNAMENTO MUSICALE, INTERROTTO DAL SISMA
In alto, il fronte sud dell’edificio, rivolto verso il centro cittadino, a confronto con il concept di ‘pentagramma’ di Alvisi Kirimoto. A destra, evidente nel prospetto laterale l’inclinazione del volume (ph ©Marco Cappelletti).
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Costruita in soli cinque mesi e inaugurata dal fondatore Andrea Bocelli con una grande festa lo scorso ottobre, in posizione isolata e appoggiata sulla pendenza del terreno, la nuova Accademia della Musica di Camerino, che si sviluppa su due livelli per un totale di 600 metri quadrati, si distingue per la pelle eterea in pannelli bianchi di lamiera caratterizzata da forature regolari di dimensione variabile. La facciata nord, visibile dalla strada e dal giardino superiore, presenta il volume come una scatola, mentre i due prospetti laterali ne tradiscono l’inclinazione e la pendenza del terreno.
A sud la pelle che avvolge il volume si interrompe, rivelando il piano terra vetrato dietro cui si cela l’auditorium, affacciato sul centro storico di Camerino. La sera, la luce filtrata dalle forature dei pannelli trasforma le finestre circolari in chiavi di strumenti a fiato su un luminoso pentagramma. La leggerezza dell’insieme, inserito in una spazio pubblico di quasi 5mila metri quadrati, la posizione isolata ben visibile dal centro storico, il declivio del sito e la colorazione delicata pongono l’opera, che lo studio Alvisi Kirimoto ha portato a compimento in collaborazione con lo studio locale Harcome, in totale armonia con la natura del
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“Questo progetto è frutto di un processo creativo corale che ci ha visto collaborare con l’architetto Andrea Gianfelici di Harcome, la Fondazione Andrea Bocelli e la comunità locale. L’idea è stata di creare un volume che meravigliasse anche da lontano. La pelle, impalpabile, si ispira alla materia delle nuvole e dona dall’interno uno sguardo ampio verso il cielo. L’auditorium invece è una scatola perfetta, che lavora energicamente come un laboratorio musicale” Massimo Alvisi
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Alvisi Kirimoto Fondato nel 2002 da Massimo Alvisi (Barletta, 1967) e Junko Kirimoto (Giappone, 1970) lo studio si distingue per l’approccio sartoriale alla progettazione, l’uso sensibile della tecnologia e il controllo dello spazio a partire dalla manipolazione di ‘fogli di carta’. Fondendo sensibilità italiana e giapponese, lo studio ha realizzato numerosi progetti in Italia e all’estero, tra cui la sede di Molino Casillo, la cantina Podernuovo, il social housing via Giulini a Barletta, il restauro del teatro Alexandrinsky di San Pietroburgo e del teatro comunale di Corato. Oltre che in numerosi cantieri, attualmente lo studio è impegnato in progetti di recupero e risanamento urbano in Italia e all’estero, tra cui la riqualificazione del centro storico di Hanoi e le linee guida strategiche per il Piano Urbanistico di Battipaglia. www.alvisikirimoto.it
In alto, la pianta del piano terra. Qui accanto, il corridoio di ingresso che una parete vetrata separa dall’auditorium. Sulla sinistra si scorge l’imboccatura del vano scale in vivace resina arancione, colore che prosegue al piano superiore (ph ©Marco Cappelletti).
CREDITI Località Camerino Committente Andrea Bocelli Foundation Architettura Alvisi Kirimoto con Harcome Progettazione strutturale, Direzione lavori e coordinamento generale Ing. Paolo Bianchi Progettazione acustica Tan Acoustics Imprese esecutrice Subissati Srl Infissi esterni primo piano Agostini Group Profili in alluminio delle vetrate Schüco Falegnamerie Chelini Sedute auditorium Luxy Illuminazione Targetti, Vibia Pavimenti e rivestimenti in gres Marazzi Soluzioni acustiche Vesta Tende Bandalux Superficie 700 mq (edificio) 4.650 mq (lotto) Completamento Ottobre 2020 [ 50 ]
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luogo e ne fanno al tempo stesso un segno contemporaneo inconfondibile. Terzo intervento con finalità educativa promosso dalla Andrea Bocelli Foundation nel cratere del sisma del 2016, l’Accademia, dedicata al tenore marchigiano Franco Corelli, può ospitare 160 studenti nelle 9 aule poste al piano superiore, mentre al piano terra/interrato la platea dell’auditorium può accogliere 180 persone. Il progetto degli interni dell’auditorium si caratterizza per un uso dinamico dei materiali. Da un lato il legno di rovere di molteplici superfici ed elementi che compongono la sala, come i pannelli sospesi dalle differenti inclinazioni, i listelli circolari, i pannelli che emergono dalla parete laterale, il fondale interamente ricoperto di legno e
il palco centrale con pannelli rotanti. Dall’altro il cemento, che definisce le superfici principali che forgiano la struttura, il pavimento in gres, la parete di fondo verso il foyer che, completamente trasparente, amplia la percezione dello spazio, il solaio superiore a vista fino agli elementi strutturali. Nella zona laterale il percorso degli artisti si inserisce tra i pannelli di legno a parete e i listelli a tutta altezza che ritmano lo spazio in un’alternanza di pieni e di vuoti. Nel foyer, listelli lignei verticali percorrono la parete di fondo fino al controsoffitto, che si inclina verso la facciata di ingresso seguendo la tensione definita dalla giacitura del volume della pelle bianca esterna. A collegare verticalmente l’edificio un ascensore e una scala in resina aran-
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cione che dona vivacità ed energia all’ambiente. Il colore si espande anche al piano superiore, dal pavimento dello spazio connettivo alle porte di accesso alle aule didattiche e a una delle pareti al loro interno. Nelle aule, oltre agli arredi necessari e alla strumentazione musicale, sono stati previsti specchi e pannelli in legno che gli studenti possono personalizzare, appendendo spartiti o composizioni musicali. Infine, due aule di maggiori dimensioni ospitano studi di registrazione e lezioni-concerti di musica elettronica. A differenza delle altre, sono di colore grigio scuro e provviste di pannelli lignei microforati che ne migliorano le prestazioni acustiche
L’auditorium attrezzato con sedute Epoca di Luxy, si apre sul paesaggio con grandi vetrate (profili Schüco). I pannelli sospesi in legno di rovere migliorano le performance acustiche dell’ambiente (ph ©Marco Cappelletti).
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Luxy Epoca modello EP1B per l’auditorium. Disegnata da Stefano Getzel con il dipartimento R&D di Luxy. Epoca è un evergreen dell’azienda di Lonigo e parte di un progetto che interpreta la seduta come un sistema flessibile disegnato per ogni momento della vita quotidiana. Scocca in polipropilene, rivestimento liscio dell’imbottitura con bordo a vista, struttura e piedini livellatori cromati o verniciati.
Una delle aule. Gli infissi del primo piano, come la finestra a oblò nella foto, sono prodotti in Pvc in Italia da Agostini Group (serie MD Raffaello - classe A a 5 camere) e dotati di rinforzi in acciaio che ne garantiscono la resistenza meccanica (ph. ©Marco Cappelletti).
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Tagli in vetro nero a tutt’altezza incidono i volumi inclinati degli uffici e laboratori di Chromavis. Riflesso da uno specchio d’acqua, il nero assoluto della costruzione contrasta con il verde del paesaggio che la separa dallo stabilimento produttivo (ph. ©Giacomo Albo).
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CHROMAVIS HQ, OFFANENGO
COME CRISTALLI DI CARBONIO, I VOLUMI NERI DI CHROMAVIS ASSORBONO LA LUCE CHE RAGGIUNGE GLI INTERNI ATTRAVERSO LUNGHE FENDITURE DIAGONALI. INTORNO, UN PROGETTO DI PAESAGGIO CHE VALORIZZA LA BELLEZZA DELLA PIANURA E SOTTOLINEA LA VOCAZIONE ECOLOGICA DELL’AZIENDA. ARCHITETTURA DI EBA ENGINEERING, INTERNI ALESSIA GARIBALDI E MARCO VIGO, LANDSCAPE FRASSINAGO
NERO MINERALE NEL VERDE DELLA PIANURA Spigoli, inclinazioni e angoli acuti caratterizzano l’articolato volume uffici della nuova sede di Chromavis, l’edificio più rappresentativo del nuovo complesso industriale che, su un lotto di quasi 10 ettari alla periferia di Offanengo (Cremona) riunisce in un unico luogo attività prima dislocate in più insediamenti: laboratori di ricerca, produzione, magazzino automatizzato a temperatura controllata e, appunto, gli uffici. L’inclinazione delle pareti – da 8° a 15° – gli spigoli, l’articolazione dei fronti conferiscono dinamicità all’insieme. Decisivo per l’immagine dell’azienda, come si può intuire dal nome, l’uso del colore: la scelta del nero è avvenuta dopo una ricerca che ne garantisse la qualità visiva e la stabilità nel tempo. Con il fronte principale del corpo uffici esposto prevalentemente a nord, il nero – che a parete può raggiungere la temperatura di 78°C – è un ottimo accumulatore termico che nelle stagioni fredde consente un buon risparmio di energia calorifica. A protezione nelle stagioni calde concorre invece un’eccellente stratigrafia della parete. Si tratta di un involucro a secco, montato su
profili in acciaio, con un doppio strato di lana di roccia che isola al proprio interno una leggera camera d’aria. Scuro anche il vetro dei serramenti che di giorno garantiscono privacy e la sera diventano tagli di luce. Sorprendente come l’esterno, lo spazio interno – che segue le stesse linee vettore: ciò che è inclinato fuori lo è anche dentro – è organizzato lungo percorsi che, scanditi dalle linee oblique delle vetrate e delle luci led a incasso, agiscono come cannocchiali prospettici. Il mood minimalista dell’insieme viene contraddetto da inserimenti preziosi, sia per materiali sia nella scelta di pezzi di arredo, secondo le funzioni dei diversi spazi. Alle spalle della reception, protetto da una parete in vetro retrolaccato nero, si apre lo spazio trapezoidale dell’auditorium. Da qui parte in perpendicolare un corridoio prospettico sulla destra del quale si aprono quattro salette riunioni informali caratterizzate da un lucernario quadrato e con vetrate che si affacciano sospese sul velo d’acqua di un giardino interno. In due punti del percorso, caratterizzati da muri
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Eba Engineering Eba Engineering nasce nel 2017 come evoluzione dello studio di architettura di Ercole Barbati (nella foto. Crema, 1961, laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano) per offrire ai committenti un servizio completo dalla progettazione, anche impiantistica, per la quale la società privilegia la metodologia Bim, alla direzione dei lavori fino a procedure di contractor e procurement, con la possibilità di affrontare anche cantieri complessi. Nell’ottica della progettazione integrata lo studio collabora in via continuativa con società di ingegneria strutturale e impiantistica. Tra i lavori realizzati, sia in Italia sia all’estero, figurano anche diversi interventi di riqualificazione e recupero di edifici storici. www.landing.ebaengineering.it
SEZIONE 6-6
SCALA 1:200
In alto, uno scorcio serale degli uffici (ph ©Giacomo Albo). Sopra e accanto, sezione trasversale e sezione assonometrica del complesso. Alla pagina di destra, il progetto di paesaggio ha previsto anche la creazione di un’area esterna dove sostare (ph ©Giovanni De Sandre).
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Foto ©Giovanni De Sandre
obliqui e scale a sbalzo, i volumi di collegamento tra i piani, intorno ai quali ruotano gli uffici direzionali, dove anche le vetrate interne sono oblique, e le diverse aree funzionali, con uffici singoli intervallati da sale riunioni. Di notevoli dimensioni gli open space dedicati alle funzioni più creative, come l’area marketing, dove sono state adottate soluzioni di arredo più libere, come il tavolo riunioni per le attività di brainstorming, una struttura circolare con altalene colorate appese a una struttura metallica circolare autoportante. Sempre al primo livello, procedendo verso la produzione, si incontrano i laboratori dove viene sviluppata la ricerca, completamente bianchi, e l’Atelier, un ambiente espositivo a metà tra laboratorio e spazio retail arredato su misura con espositori pivottanti, cuvette intercambiabili in plexiglass retroilluminato che si aprono a sorpresa da ciò che sembra una parete completamente nera. Di fronte, un bancone tortora, anch’esso su disegno custom di Alessia Garibaldi, diventa punto di appoggio per valutare attentamente i prodotti. Il salotto dell’Atelier che accoglie i clienti è caratterizzato da pezzi importanti come il divanetto dei Bouroullec e la sedia di Gaetano Pesce Up 2000. Due gli spazi ristorazione: un ambiente informale a piano terra, tra piante e arredi colorati, che ruota intorno a un patio verde, con finestre che si aprono su una verde radura densamente vegetata, e un ristorante privato con cucina in acciaio a vista (separata da una vetrata), arredato con un grande social table in legno di noce e un’area lounge che affaccia su una terrazza, al primo piano
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Foto ©Giovanni De Sandre
FRASSINAGO Per il nuovo headquarter di Chromavis, Frassinago ha disegnato e realizzato il verde come presenza rilassante e vivificante nelle corti interne, sulla grande terrazza, fino al paesaggio circostante. Orizzonte di riposo per lo sguardo di chi opera nei laboratori, le essenze naturali accolgono clienti, ospiti e fornitori negli spazi della terrazza. Le diverse meeting room divengono isole avvolte da arbusti e alberi: funzionali come ambienti di lavoro, duttili e confortevoli come stanze a cielo aperto di un giardino domestico. Tutto attorno, il paesaggio dolcemente ondulato creato da Frassinago permette di distanziarsi e proteggersi dal distretto industriale, circondando l’architettura e facendone risaltare la sorprendente apparizione di linee spigolose, quasi minerali. www.frassinago.com
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Alessia Garibaldi
Foto ©Giovanni De Sandre
Molte finiture e elementi di arredo, come il desk in granito nero su basamento a spacco rivestito in foglia d’oro della reception (nella foto in alto di ©Giovanni De Sandre) sono stati realizzati ad hoc, su disegno di Alessia Garibaldi, da Faram Lab, una task force che l’azienda di Giavera del Montello ha costituito per affrontare progetti speciali come questo. Nello stesso ambiente Faram Lab ha realizzato una grande parete attrezzata lunga 27 metri rivestita in vetro nero riflettente, e i filtri in vetro che separano la reception dall’area di produzione.
Il progetto di interior di Chromavis prevede arredi realizzati e selezionati ad hoc per le aree di accoglienza, relax e per gli spazi più informali, come l’area marketing (foto a sinistra) dove una giostra circolare con altalene colorate appese a una struttura metallica autoportante sostituisce il tradizionale tavolo con sedute annesse. Non mancano pezzi iconici come le Barcelona di Mies van der Rohe per l’area di accoglienza, concepita come un salotto borghese, o il divanetto dei Bouroullec e la Up 2000 di Gaetano Pesce per il salotto dell’Atelier.
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Innovazione, emozione e funzione sono le parole che rappresentano la visione creativa e la filosofia dello studio milanese Garibaldiarchitects fondato dall’architetto Alessia Garibaldi. Nata a Milano nel 1974, dopo gli studi artistici si laurea nel 2000 alla facoltà di Architettura del Politecnico di Milano e nel 2006 inizia la sua attività indipendente. Lo studio ha appena concluso il progetto di interior design della Manica Sud nelle OGR Tech a Torino, il nuovo hub di Fondazione CRT, e in campo hospitality la ristrutturazione del resort toscano Fonteverde & SPA con IHC. Attualmente lo studio è impegnato su diversi progetti, tra i quali la ristrutturazione del Velabro Hotel a Roma con LHM, un progetto residenziale ad Accra in Ghana e un Golf Club Resort a Parigi per un importante gruppo di Shanghai. www.garibaldiarchitects.com
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Marco Vigo Marco Vigo si laurea nel 1995 in Architettura presso il Politecnico di Milano e lavora in Germania presso lo Studio Henn prima di tornare a Milano dove, nel 2005, fonda lo Studio DC10, un laboratorio di idee in cui confluiscono diverse figure professionali. Il team di collaboratori, formato da architetti, ingegneri e interior designer, è coordinato da Marco Vigo e de Giorgio Piliego, ingegnere, in una geometria variabile che permette un alto grado di organizzazione e responsività ai diversi scenari progettuali. Con obiettivi misurabili, idee ambiziose ma realizzabili lo studio opera dalla rigenerazione urbana a edifici per uffici, complessi residenziali e interventi di recupero, con un ampio portfolio di progetti realizzati sia in Italia che all’estero. www.studiodc10.com
In alto, nella lounge Axolight Lab ha dato vita a un’istallazione luminosa composta da 10 sospensioni di grandi dimensioni in tre differenti formati, collocate a diverse altezze. Paralumi rivestiti in tessuto e rifiniti in organza oro plissettata. A sinistra, pareti inclinate e un sistema di illuminazione che si adatta ai tagli verticali delle finestre nella sala riunioni del CdA (ph ©Giacomo Albo).
MITSUBISHI ELECTRIC All’estetica compositiva, l’insediamento di Chromavis aggiunge una notevole originalità delle soluzioni impiantistiche. «Per la produzione e i laboratori – ci spiega l’ingegner Flavio Ranica, della società di ingegneria DiGiErre3 Srl di Bergamo che ha sviluppato il progetto – la fonte energetica primaria è la geotermia, con due pompe di calore Mitsubishi Electric a circuito aperto accompagnate da una terza pompa di calore ad aria – sempre Mitsubishi Electric – collocata in copertura. Il software “ClimaPro” di Climaveneta, brand dell’azienda giapponese, ne gestisce il funzionamento in base alla temperatura
esterna ottimizzando il consumo di energia, ovvero attivando le pompe di calore geotermiche, a maggiore assorbimento, in condizioni estreme, mentre nelle stagioni intermedie viene privilegiata la pompa di calore ad aria». Un’altra soluzione adottata è stata quella di collegare uno scambiatore alla centrale che produce aria compressa per l’uso industriale, recuperando il calore generato dalla centrale per il riscaldamento radiante a pavimento. Una seconda integrazione ha poi permesso di interfacciare le unità di trattamento dell’aria al sistema industriale di aspirazione e filtrazione, con serrande di ricircolo
gestite dal BMS dell’intero edificio (Schneider). Più convenzionale la climatizzazione degli uffici, con un impianto VRF Mitsubishi Electric a espansione diretta a recupero di calore che eroga simultaneamente caldo e freddo, distribuiti negli ambienti con canalizzazioni e diffusori d’aria lineari a feritoia. Sempre negli uffici, in copertura è installata inoltre un’unità di trattamento dell’aria neutra ‘Wizard’ di Mitsubishi Electric con recuperatore di calore e controllo minimo di integrazione a espansione diretta. https://climatizzazione.mitsubishielectric.it/it/
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In questa pagina l’area immacolata dei laboratori dove si sperimentano i nuovi prodotti dell’azienda visto dai corridoi che lo collegano agli uffici e allo stabilimento. Accanto, il banco in color tortora dell’Atelier realizzato custom da Faram Lab su disegno di Alessia Garibaldi, dove valutare da vicino i prodotti. Sul fondo, il salotto che accoglie i clienti è arredato con pezzi importanti come il divanetto dei Bouroullec e la sedia di Gaetano Pesce Up 2000 (ph ©Giacomo Albo).
CREDITI Località Offanengo Committente Chromavis Fareva Progetto di architettura Eba Engineering Srl Team Ercole Barbati, Ilaria De Simoni, Francesco Barbati Direzione Lavori generale e coordinamento Eba Engineering Srl
Progetto e direzione lavori degli interni Alessia Garibaldi, Marco Vigo, collaboratore Simone Ferrara
Paesaggio (progetto e realizzazione) Frassinago Bologna Progetto impianti termomeccanici DiGiErre3, Flavio Ranica Progetto impianti elettrici METCing Prefabbricazione area produzione Baraclit Tinteggiature esterne Keim; interne Sikkens Serramenti Metra Cartongessi Fassa Bortolo Coibentazione Eurofibre - Rockfon Pacific Lighting Telmotor Corpi illuminanti Flos, Axolight, Artemide, Davide Groppi, 3F Filippi
Arredo uffici Estel Arredo spazi informali Cardex Arredi di design Pedrali, B&B, Mdf, Minotti, Radice & Gallotti Arredo su misura Faram Lab divisione contract Faram 1957 Impiantistica climatizzazione Mitsubishi Electric, Climaveneta Superficie lotto 97.000 mq Slp 45.000 mq Cronologia 2017-2019 [ 58 ]
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Entrambi gli ambienti ristorazione di Chrormavis sono caratterizzati dalla presenza di un grande social table: su misura in noce nel ristorante Vip al primo piano (foto sopra), circondato da poltroncine Ester di Patrick Jouin, produzione Pedrali, e Arki-Table con sedute Héra, sempre Pedrali, nella mensa per i dipendenti (foto a lato). In questo ambiente informale più ampio, posto al piano terra come cerniera tra gli uffici e la produzione, trovano posto anche, sempre di Pedrali, sedie Babila, design Odo Fioravanti, e Inga, con gambe a slitta (ph ©Giacomo Albo).
PEDRALI Un mix di eleganza, ergonomia e funzionalità. È questo il risultato dell’inserimento degli arredi Pedrali in Chromavis. Le poltroncine Ester, design Patrick Jouin, nel ristorante Vip al primo piano (nella foto in alto) e nelle sale riunioni (nella foto qui accanto, a sinistra). Un ampio e rigoroso Arki-table dal piano ultrasottile e con gambe a cavalletto occupa poi il centro del ristorante informale aperto ai dipendenti (foto sopra). Intorno, le sedute Héra, design Patrick Jouin. In legno di frassino o noce americano certificati Fsc e verniciati con vernici all’acqua di origine vegetale, Héra unisce al concetto di leggerezza quello di comfort e avvolgenza, con uno schienale in multistrato curvato tridimensionale e il sedile imbottito in schiumato poliuretanico. Gambe a sezione rettangolare con angoli raggiati. www.pedrali.it
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C&W ASSET SERVICES OFFICE, MILANO
NEW WAYS
OF WORKING CUSHMAN & WAKEFIELD HA SCELTO PALAZZO MONTEDORIA, L’ULTIMA OPERA DI GIO PONTI, PER CONSOLIDARE IN UN UNICO UFFICIO I PROPRI DIPARTIMENTI DI ASSET SERVICES. COMPLETATO A FINE 2020, È UNO DEI PRIMI PROGETTI DI WORKPLACE SVILUPPATI IN OTTICA POST-COVID DALLA DIVISIONE INTERNA C&W DESIGN+BUILD
L’ambiente open space è ricco di luce naturale. Un ribassamento del controsoffitto definisce il percorso distributivo, sulla destra, sul quale si aprono phone booth e ‘alcove’. A un’estremità dell’open space il banco reception. In alto a destra, la ‘living room’, luogo di incontro informale dal sapore domestico. I nuovi uffici si trovano al terzo piano di Palazzo Montedoria, ultima opera di Gio Ponti (ph. courtesy C&W).
Non più un solo ambiente di lavoro ma un ecosistema di luoghi diversi (ad esempio la propria abitazione, la sede del cliente, il cantiere, la caffetteria, i mezzi di trasporto) dove lavorare in bae alle proprie necessità è ciò che Cushman & Wakefield chiama il Total Workplace Ecosystem. Durante la pandemia l’evoluzione delle modalità di lavoro ha subito una rapida accelerazione, le persone si sono trovate a dover gestire le loro attività in autonomia con tempi e modi diversi. In questo modo cambia anche l’ufficio, che diventa uno dei luoghi dell’intero ecosistema, assumendo una valenza diversa dal passato: più luogo di incontro, brainstorming e collaborazione che non un posto dove trascorrere la giornata lavorativa. Cogliendo l’esigenza dei nuovi spazi, i pro-
gettisti di Cushman & Wakefield hanno deciso di applicare questo concept riprogettando i 900 metri quadrati di un piano di Palazzo Montedoria a Milano. L’ufficio è stato organizzato introducendo la modalità di lavoro desk sharing: le 70 postazioni in open space non sono più assegnate alle singole persone ma vengono condivise tra gli utenti con l’aiuto di un sistema di prenotazione. In questo modo la scrivania si trasforma da spazio individuale a spazio temporaneamente individuale. La riduzione del numero di scrivanie ha reso possibile l’introduzione di aree comuni che meglio rispondono alle necessità di modalità di lavoro dinamico in rapido aumento: phone booth per conversazioni telefoniche individuali; numerose sale riunioni (open, small e large meeting), destinate a incontri
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› ARCHIWORKS Cushman & Wakefield Design+Build C&W Design+Build trasforma le idee in progetti: “Condividiamo la visione del cliente e la traduciamo nel nostro lavoro, creando spazi che rappresentino al meglio il brand e i valori aziendali”. Il dipartimento, utilizzando l’esperienza consolidata in vent’anni di attività, offre ai clienti un autentico servizio chiavi in mano. Architetti, ingegneri, interior designer, tecnici e imprese si riuniscono attorno allo stesso tavolo per tutta la durata del progetto, comunicando e collaborando consapevolmente per un unico risultato. C&W Design+Build si fa carico della responsabilità e del rischio contrattuale di ogni aspetto del progetto: dalle stime, valutazioni, progetto architettonico e impiantistico, fino alla realizzazione e alla consegna finale. https://www.cushmanwakefield.com/it-it/ italy/services/project-development-services
Il team di progettazione di C&W. Da sinistra: Andrea Nobile, Riccardo Diaferia, Lamberto Agostini, Paola Migliavacca, Eleonora Prassino, Luca De Domenico.
CREDITI Località Via Pergolesi, 25, Milano Committente C&W Asset Services Progettazione C&W Design+Build Project Leader Lamberto Agostini Project Management Riccardo Diaferia WPS (Workplace Strategy) Paola Migliavacca Interior Design Eleonora Prassino Progettazione Impianti Prometide Consulenza Acustica Paola Tagliaferri Project Management Riccardo Diaferia Construction C&W Design+Build Andrea Nobile, Luca De Domenico
Site Management Pietro Licari Superficie 900 mq Completamento Settembre 2020 Fornitori principali Cardex (arredi di design) Ferrari Arredamenti (arredi su misura)
Altri fornitori Omnitex (tende) Hi-lite (illuminazione), Liuni (pavimenti) Citterio (pareti vetrate) Mondini Arredamenti (Aku-Panel)
di tipo diverso, più o meno brevi, informali o formali, a supporto delle attività operative o con i clienti, distribuite strategicamente su tutta la superficie dell’ufficio; alcove aperte, interamente rivestite in tessuto e fonoassorbenti per il lavoro a piccoli gruppi; un’area break per momenti di ristoro, relax e interazione libera con i colleghi; una quiet room priva di telefoni e insonorizzata, dedicata allo studio e alla concentrazione. A questi spazi si aggiungono una work lounge, un luogo confortevole e caratteriz[ 62 ]
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La pianta dei nuovi uffici.
zato da una forte brand identity dove clienti e collaboratori esterni possono svolgere le loro attività durante la permanenza negli uffici e una sala – definita living room a sottolinearne il carattere domestico – dedicata a incontri dinamici e informali con clienti e dotata di tecnologia avanzata per presentazioni interattive. Innovazione, comfort e sostenibilità sono state le linee guida del progetto, sviluppato in collaborazione con tutti i dipartimenti dell’azienda, in particolare le risorse uma-
ne, il marketing e comunicazione e il dipartimento It. Fondamentali per la sua riuscita le scelte di materiali e arredi e le soluzioni compositive e grafiche adottate, che hanno permesso di creare un ambiente che coniugasse eleganza e informalità e che potesse rispondere con la stessa efficacia alle aspettative sia dei dipendenti che dei clienti
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Epudi am, sam, quuntium alitam denihitint porio dollo vellorum nam, omnis vere nonem doleet alibusae.Ut et et a eumendam quidis doluptatqui derat. Ut faccus utemque que la volupit atatemHendi
HI LITE NEXT L’illuminazione è l’elemento fondamentale e caratterizzante degli spazi. Hi-Lite è stato di supporto al team di progettazione di Cushman & Wakefield nelle scelte illuminotecniche: linee di luce scandiscono il passo delle pannellature acustiche dell’open space e segnano il percorso lungo i corridoi. Nelle sale riunioni e nell’area break i grandi corpi illuminanti in tessuto ad elevate prestazioni fonoassorbenti, insieme alle pannellature in listelli di legno Akupanel garantiscono un ottimo comfort acustico. Nell’aree collaboration in open space e nelle alcove, lampade a sospensione conferiscono un carattere più domestico diventando elementi d’arredo. Nei phone booth invece la luce diventa indiretta e soffusa. Sensori di luminosità sono presenti in tutti gli ambienti per garantire risparmio energetico e confort visivo. www.hi-lite.it
FERRARI ARREDAMENTI Ferrari Arredamenti realizza arredi e allestimenti nel settore office, retail e hôtellerie in Italia e all’estero. Nonostante l’industrializzazione della produzione e attrezzature computerizzate che si interfacciano con i disegni Cad dei progettisti, non ha rinunciato all’artigianalità, mettendo in campo abilità ed esperienza delle maestranze che selezionano le materie prime, curano l’esecuzione e controllano la qualità. Ai progettisti Ferrari fornisce un supporto tecnico: dalla fase di ingegnerizzazione alla scelta dei materiali, dall’esecuzione dei prototipi alle operazioni di collaudo. Per questo progetto ha realizzato su misura le alcove, il banco reception, l’area break e la boiserie che contiene armadi e lockers e integra le porte dei bagni. www.ferrariarredamenti.net
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› I PROFILI DI LPP
SERGIO BIANCHI di Luigi Prestinenza Puglisi
Sergio Bianchi è un progettista fuori dal comune. Ricordo che se ne accorse Renzo Piano quando, diversi anni addietro, gli mandai una pubblicazione con progetti di architetti italiani. Mi rispose con un biglietto in cui osservava il buon livello delle opere e, in particolare, della casa realizzata a Bellegra dall’ancora giovane progettista. Questa sensazione di un architetto con una marcia in più la proverete visitando le altre sue opere. Per esempio il suo studio in via Appia Antica a Roma giocato su un doppio livello segnato da un soppalco ad andamento anulare che si apre al centro, per far respirare un ambiente altrimenti eccessivamente compresso. Ed è notevole la sede dell’azienda Rainbow, nelle Marche, Il più grande studio europeo nella produzione di film di animazione 3D, serie televisive, spot pubblicitari e video musicali. Il progetto racconta, meglio di tanti opuscoli pubblicitari, la vitalità esuberante di un’azienda che sa fare i conti con il futuro. È un sistema integrato di uffici direzionali, laboratori e spazi per il tempo libero. È il verde che permea il complesso estendendosi in senso fisico sulle coperture che divengono giardini in quota. Gli uffici direttivi su due piani sono in gran parte proiettati su ponti e sbalzi, il volume appare compatto, poggiato su pochi poderosi sostegni. Nella composizione gioca un ruolo importante la tecnologia. Dal prefabbricato alle strutture metalliche a ponte su isolatori antisismici, fino alle articolazioni che uniscono la tecnica del cemento armato in opera alla precompressione e alla carpenteria metallica. A insegnare a Bianchi l’importanza del sistema costruttivo è stato Luigi Pellegrin, il grande e purtroppo troppo poco ricordato architetto romano, di cui è stato uno dei migliori allievi. Da Pellegrin ha imparato l’arte di coniugare l’architettura organica con le invenzioni degli Archigram, la passione per Louis Sullivan e Frank Lloyd Wright, l’amore per la natura con la consapevolezza che la si può valorizzare e salvare solo utilizzando, con spirito umanistico, le tecnologie più sofisticate. Sergio Bianchi ha curato mostre e tra queste due indimenticabili, nella galleria romana Interno 14, proprio su Pellegrin, anche se poi quella più bella la ha allestita al MAXXI per le fotografie di Paolo Pellegrin, fotografo e figlio dell’architetto. È la carica, insieme concreta e utopica, che non biso-
Laura De Risi, moglie di Nicola, osserva il modello di Casa Bellegra.
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DA LUIGI PELLEGRIN SERGIO BIANCHI HA IMPARATO CHE L’ARCHITETTO, SE VUOLE ESSERE UN CREATORE DI HABITAT E NON DI GIOCHI FORMALISTI DEVE SAPER CONTEMPERARE UN SOLIDO APPROCCIO PROFESSIONALE CON UNA ANCOR PIÙ SOLIDA PROPENSIONE ALL’UTOPIA PRATICANDO L’INVENZIONE TECNOLOGICA SOLO COME MODO PER MIGLIORARE LA NOSTRA RELAZIONE CON LA NATURA
gna mai perdere. E a tale scopo non basta fare i professionisti, risolvendo esclusivamente i prosaici problemi che pongono i clienti concreti. Da qui un impegno, parallelo a quello professionale, consistente nella partecipazione a concorsi di progettazione che coinvolgono il futuro e l’utopia. Un buon progettista deve per esempio saper progettare una habitat sulla luna. Momentum Virium è una stazione lunare sostenibile, efficiente dal punto di vista energetico e abitabile dalle generazioni dei futuri colonizzatori spaziali. Orbitando con velocità uguale alla rotazione della luna stessa, è collegato alla superficie di questa da un cavo spaziale in fibra M5, usato come guida per ascensori che trasportano risorse alla stazione orbitante. La quale è composta da tre sotto-habitat e relative strutture giroscopiche. Vi è poi il progetto per una linea di metropolitana che letteralmente vola sulla città di Calgary, in Canada, trasformando l’asse nord sud nella spina dorsale del nuovo habitat. “Poiché è sopraelevata, – racconta Bianchi – può fungere da aspirapolvere urbano. Attirando attività legate alla vita umana che potrebbero essere ospitate in alto”. Obiettivo, in entrambi i casi, è lasciare libera la superficie del terreno, della città, del pianeta. Per pensare, dopo Sullivan e dopo Wright, a un nuovo modo di abitare
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› I PROFILI DI LPP
La struttura metallica quasi trasparente in copertura di Casa De Risi ne esalta la leggerezza e la posizione panoramica.
Sergio Bianchi (Roma, 1967) avvia l’attività professionale nel 1997, dopo gli studi presso l’Università La Sapienza di Roma, viaggi negli Stati Uniti e la laurea in architettura con Rubino. Decisivo, negli anni dell’università, l’incontro con Luigi Pellegrin, nella cui visione Bianchi trova grandi affinità con la sua passione per gli spazi aperti e l’amore per il West – nel continente nordamericano Bianchi aveva fatto anche il cowboy. Con Elisabetta Straffi lo studio progetta un complesso di abitazioni a Bevagna, in Umbria, e nel 2000 partecipa al concorso Una Casa a Bellegra, indetto in un impeto di generosità e passione da Nicola De Risi per celebrare il suo pensionamento dall’Inarch, di cui era stato segretario per 40 anni. L’attività professionale prosegue con la progettazione di residenze e uffici, tra cui spicca la sede di Rainbow a Loreto, l’ideazione di proposte per Roma, segnatamente vari studi per Tor Bella Monaca, e la partecipazione a concorsi. Negli ultimi anni lo studio si occupa anche dell’allestimento di mostre anche grazie all’amicizia con Chiara e Paolo, i figli di Luigi Pellegrin.
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› I PROFILI DI LPP
La prefabbricazione in acciaio, scelta per le sua doti antisismiche, si integra con setti e basamenti in pietra locale. In primo piano la passerella aerea che conduce allo studiolo.
Una casa a Bellegra Tra natura e cultura Felice esito di un concorso di progettazione indetto da In/Arch, casa De Risi a Bellegra, nella campagna romana, si sviluppa su tre livelli indipendenti, ciascuno con ingressi autonomi. I livelli e le passerelle di collegamento fanno tuttavia parte di un unico organismo che con una serie di terrazzamenti degradanti asseconda il declivio del sito. Anche l’uso della pietra del luogo, che riveste le pareti esterne e i basamenti delle colonne di acciaio con cui la casa, per ragioni antisismiche, è costruita, conferma la stretta integrazione tra natura e manufatto artificiale, mentre una struttura metallica in copertura, quasi trasparente, ne esalta la posizione panoramica. Si viene accolti dalla vetrata del soggiorno, al cui fianco si trova una fontana nella roccia. All’ultimo piano, uno studiolo indipendente è circondato su tre lati da ampi terrazzi, mentre una passerella aerea conduce verso un accogliente spazio aperto nel bosco vicino. La casa fa ampio ricorso all’energia del sole con un impianto fotovoltaico per la produzione di elettricità e pannelli solari per la produzione di Acs. Le acque grigie vengono raccolte, trattate con un sistema di fitodepurazione e rimesse nuovamente in circolo.
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› I PROFILI DI LPP
Lo studio sull’Appia Antica, realizzato riportando al vivo le strutture portanti e costruendo un soppalco in carpenteria metallica.
Lo studio romano Acquistato con lungimiranza nel 1997, lo studio romano di Sergio Bianchi, sull’Appia Antica, fa parte di un compendio immobiliare realizzato alla fine dell’Ottocento dai fratelli Calabresi, proprietari di una vigna. La destinazione originaria del complesso prevedeva stalle e magazzini ai piani bassi e abitazioni per i contadini ai piani superiori, mentre la porzione acquistata era già stata trasformata in falegnameria. La rimozione di tutte le superfetazioni, dei tramezzi e degli intonaci ha rivelato uno spazio magnifico: le pareti in mattoni presentavano archi di scarico in corrispondenza delle travi in carpenteria metallica e il soffitto a volte era dotato di rinforzi in ferro in perfetto stato di conservazione. Le sole aggiunte eseguite, oltre alla nuova pavimentazione, sono stati gli arredi bassi in rovere e le passerelle in carpenteria metallica con cui è stato realizzato lo spazio soppalcato.
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› I PROFILI DI LPP
Habitat lunare orbitante Interstellar Momentum Virium è un progetto di stazione spaziale orbitante attorno alla luna alla stessa velocità del nostro satellite, cui è collegata da un cavo spaziale in fibra M5 che funge anche da guida per “ascensori lunari” che trasportino materiali dalla superficie alla stazione. Il sistema di supporto vitale degli habitat interni – organizzati in tre diversi sotto-habitat – è ispirato a quello dell’attuale Stazione Spaziale Internazionale, mentre mastodontiche strutture di supporto funzionano come giroscopi per il controllo del movimento di rotazione: ciascuna struttura in titanio fornisce lo slancio per stabilizzare e mantenere l’orientamento dell’intera stazione ruotando e cambiando la direzione del proprio asse di rotazione. Un modello vivibile di habitat interstellare adatto per qualsiasi pianeta della galassia che apre una nuova frontiera per le future esplorazioni spaziali. Progettare un habitat vivibile per lunghe permanenze nello spazio: un progetto tanto visionario quanto attuale.
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› I PROFILI DI LPP
Back to the future Wild West Un aspirapolvere urbano
Primo premio nella categoria ‘provocative’ in un concorso promosso dal collettivo di ricerca Design Talks Institute di Calgary, il progetto Back to the Future Wild West è tanto semplice quanto visionario: un sistema di trasporto metropolitano sospeso che diventa spina dorsale della nuova città, promuovendo un modello di pianificazione urbana che limiti il consumo di suolo. «Continuiamo a costruire le nostre città creando nuovi quartieri residenziali e allo stesso tempo critichiamo lo sprawl suburbano – leggiamo nella rerlazione che accompagna il progetto. E se ci spostassimo verso l’alto? Immaginate una terra in cui i bisonti – siamo nella provincia canadese dell’Alberta – tornino a pascolare liberi». A partire dalla periferia di Calgary, la Green Light sopraelevata può fungere da aspiratore urbano, con le attività legate alla vita umana ospitate in alto, lasciando libera la superficie del pianeta.
Come Luigi Pellegrin che sognava di liberare il suolo, per questo concorso Sergio Bianchi ‘solleva’ dal terreno un agglomerato di Calgary, immaginando un habitat connesso al trasporto metropolitano sopraelevato.
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› I PROFILI DI LPP
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› I PROFILI DI LPP
Interamente giocato sul tema della leggerezza e del rapporto tra naturale e artificiale il progetto per la sede di Rainbow, a Loreto.
Integrazione ambientale per la sede di Rainbow Completato nel 2009, il progetto per gli Hq di Rainbow a Loreto, nelle Marche, prende spunto dalla vitalità esuberante del più grande studio italiano di produzione di animazione 3D e VFX (la produzione più recente è The Winx Saga, su Netflix) e dalla morfologia del sito. Permeato dal verde, che si estende fin sulle coperture, che diventano giardini in quota, il complesso è un sistema integrato di uffici direzionali, laboratori e spazi per il tempo libero. Gli uffici direttivi su due piani sono in gran parte proiettati su ponti e sbalzi e il volume, poggiante su poderosi sostegni, appare compatto. Ampie superfici vetrate e una pavimentazione continua in legno favoriscono la compenetrazione tra esterno e interni. Quasi un campionario di tecnologie costruttive il cantiere: dalla prefabbricazione alle strutture metalliche a ponte su isolatori antisismici, fino a complesse strutture che uniscono la tecnica del cemento armato in opera alla precompressione e alla carpenteria metallica. Un impianto composto da 1.350 pannelli fotovoltaici integrati in copertura e in pergolati ombreggianti produce l’energia elettrica necessaria a climatizzare l’edificio, riducendo di 200 ton le emissioni annue di CO2.
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› DESIGNCAFÈ
Philipp Oswalt Berlin, City Without Form DOM Publishers, Berlino, 2020 160 pp, 120 ill, EN - 28 euro ISBN 978-3-86922-274-5
EFFETTI COLLATERALI La forma e l’architettura di Berlino sono state letteralmente modellate dalle forze del Ventesimo secolo. Non solo i vuoti della guerra ma l’ideologia fondativa prussiana, la città eterna del nazismo, il terreno di confronto e di scontro della guerra fredda, la riunificazione tedesca e gli spazi delle economie informali prodotti dai flussi migratori dell’Est che ne sono seguiti. Il risultato è la città senza forma del titolo,
oggi disponibile in lingua inglese dopo vent’anni dalla pubblicazione tedesca (fortunato chi riuscirà a trovare l’edizione italiana, pubblicata nel 2006 da Meltemi). Una città sulla quale le trasformazioni geopolitiche hanno inciso al massimo grado negando, a causa della velocità dei cambiamenti, qualsiasi possibilità di pianificazione a tavolino, e con essa qualsiasi interpretazione ‘ideologica’ dell’urbanistica.
Il titolo, ormai un classico, esamina l’urbanistica automatica di Berlino cronologicamente, tematicamente con nove saggi che ne approfondiscono singoli aspetti, e fenomenologicamente ed è un ottimo punto di partenza per affrontare con pragmatismo, a partire dalla situazione data e, come scrive Oswalt, senza inutili ‘eroismi’ progettuali, la forma e le possibilità di pianificazione della città moderna.
Vertical Living Compact Architecture for Urban Spaces Gestalten, Berlino, 2021 272 pp, 400 ill, EN, 39,90 euro ISBN 978-3-89955-871-5
GRANDI ARCHITETTURE PER PICCOLI SPAZI La densità urbana non è una novità: già duemila anni fa a Roma si costruivano falansteri alti otto piani. La verticalità caratterizza molte città, da Amsterdam a Tokyo, e fino a un anno fa la densificazione sembrava anche la forma più razionale per rispondere alla crescente domanda di abitazioni e creare connessioni urbane efficienti e funzionali. Ma questo libro non parla dei grattacieli acciaio e vetro [ 72 ]
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dell’International Style o dei superslender residenziali che perdono acqua come la 432 Park Avenue Tower di Rafael Viñoly. I lettori troveranno invece numerosi motivi di ispirazione nei 41 esempi ampiamente illustrati di architetture che affrontano in maniera creativa la scarsità di terreno edificabile, dalla 3.500 mm House (la larghezza della facciata) costruita a Jakarta da Ago Architects al progetto di fattoria
urbana verticale e modulare di Chris Precht. Edifici mai separati dal loro contesto, con interni dinamici e adattabili alle mutevoli esigenze che si presentano nel corso degli anni, e soluzioni per rendere più luminosi e spaziosi gli ambienti. Perché la densità appare inevitabile e anziché deprecarla è necessario confrontarsi con essa: in fondo l’architettura è sempre una sfida con i limiti imposti dal contesto, dal budget e dai regolamenti.
› TERRITORI INTERNI
VERSO UNA NUOVA FRONTIERA OPPORTUNITÀ E SFIDE PER L’ARCHITETTURA NELLA RICERCA DI UN NUOVO EQUILIBRIO TRA CITTÀ E TERRITORI INTERNI
Carlo Ezechieli
Cairano. Borgo Biologico. Vista dal fiume Ofanto. Verderosa Studio (ph. ©S. Cassese)
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› TERRITORI INTERNI
Riflessioni sui territori interni Quando l’indigestione di slogan in chiave ri-, come rigenerazione e ricostruzione, sarà esaurita, verrà il momento di lanciarne di nuovi, che incomincino con de-, come decongestionare e disintossicare, forse più adatti per curare l’inarrestabile ingordigia del mondo di oggi. Il primo che mi viene in mente è de-pianurizzazione. L’Italia, con un paesaggio prevalentemente collinare e montuoso (quasi l’80%, dati Istat), di piccoli centri, lontani sia dalle città che dalla pianura, ne è letteralmente costellata. Si tratta di paesi, spesso tra i 500 e i 1.000 metri di quota, mediamente dimensionati per una popolazione di circa 2.000 abitanti: abbastanza per imporsi, nell’economia rurale da cui ebbero origine, come centri di gravitazione. Quasi tutti, con la trasformazione dell’Italia in nazione industriale, hanno visto la propria popolazione dimezzarsi in meno di un decennio (in particolare nelle soglie Istat 1961-1971), per riversarsi nei fondovalle e nelle città. In breve, ci siamo velocemente pianurizzati, polarizzati su un paio di centri metropolitani, lasciando in abbandono un incredibile patrimonio edilizio, paesistico e culturale che è alla base della stessa identità nazionale. Si tratta dei cosiddetti ‘territori interni’, rispetto ai quali Arcipelago Italia di Mario Cucinella ha aperto un nuovo dibattito, oggi intensificato dai problemi, ma anche delle opportunità, legate all’emergenza Covid-19. Di fronte a città la cui egemonia sembrava inarrestabile, ma che vivono ora immerse nell’incertezza di chiusure e blocchi, e a pianure sempre più affollate e vulnerabili, il recupero di una dimensione decentrata, consapevolmente decrescente e fondamentalmente resiliente, sembra convertirsi da scappatoia in nuova frontiera: nella speranza che semplici slogan possano finalmente convertirsi in progetti. CE
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Antonio De Rossi Professore ordinario di Progettazione architettonica e urbana e direttore dell’Istituto di Architettura montana e della rivista internazionale «ArchAlp». Vicedirettore, tra il 2005 e il 2014, dell’Urban Center Metropolitano di Torino. Curatore del libro Riabitare l’Italia (Donzelli 2018), e vincitore, con i due volumi La costruzione delle Alpi (Donzelli, 2014 e 2016) dei premi Mario Rigoni Stern e Acqui Storia.
MONTAGNE INCANTATE I TERRITORI DI MONTAGNA E IL RUOLO DELL’ARCHITETTURA PER IL LORO RECUPERO IN UN DIALOGO CON ANTONIO DE ROSSI, UNO DEI PROTAGONISTI DELLA RINASCITA DI OSTANA, PICCOLO CENTRO PIEMONTESE PASSATO IN POCHI ANNI DALL’ABBANDONO A POLO DI ATTRAZIONE di Carlo Ezechieli
L’aspro paesaggio della montagna la rende il territorio interno per eccellenza, dove luoghi un tempo popolati e produttivi sono stati abbandonati o convertiti in un’immagine idealizzata legata al turismo. Alcuni centri sembrano ora riemergere e ripopolarsi con esperienze di rara innovazione, dove l’architettura è protagonista. Ostana, ai piedi del Monviso, è uno di questi e Antonio De Rossi, figura di primo piano nel suo recupero, ci parla delle possibilità e delle sfide per la rinascita della montagna. Si è aperto un dibattito sulle nuove opportunità per aree fino a ora marginalizzate. Fino a che punto questo discorso è reale?
Senza dubbio è una questione complessa e delicata. Lavoro in questo campo da almeno vent’anni e, abitando in aree alpine, ovviamente mi fa piacere che questi temi siano diventati centrali. Trovo tuttavia concreta la minaccia di grandissimi equivoci, come l’ottica di marketing territoriale e la patrimonializzazione delle risorse locali, funzionali solamente al turismo. Le ritengo parte di una prospettiva ormai vecchia, perché il mondo sta cambiando, e non solo per via del Covid-19. Cercando di non essere troppo manichei, ciò che dirime l’approccio verso la montagna, è che da una parte c’è una visione legata al ‘consumo’ di questi territori, vale a dire: li frequento da turista, o in modo intermittente, perché è da sfondo al mio smart-working, perché ci vado in vacanza, nel fine settimana, perché consumo prodotti tipici o paesaggi. Dall’altra c’è la capacità di produrre non solo valori simbolici, ma anche valori d’uso, riuscendo a immaginare territori che non si-
ano legati semplicemente al consumo. Valori solidi al punto da poter riequilibrare il rapporto con le città?
Mentre ultimamente le città, forse con la sola esclusione di Milano, si sono andate deteriorando, esiste una moltitudine di situazioni piccole, anche fragili, ma che sanno produrre innovazione. La battaglia credo sia tra chi sta producendo nuove pratiche e nuovi valori, trasformandoli in valori di scambio, e chi resta ancorato a una visione puramente estrattiva di queste aree che infine dà origine all’esaurimento di territori e di risorse. E questo lo dico non certo per motivi ideologici, ma perché oggettivamente la logica del consumo è ormai vecchia e logora. La chiave per uscire dalla marginalità è acquisire la capacità di esportare cultura. Quali casi si possono citare?
Senz’altro in Piemonte il caso della Valle Maira, che ha conosciuto una certa fama anche a livello internazionale, ha proposto un modello di turismo, e non solo, estremamente interessante e realmente sostenibile. Piccoli numeri, molto leggero, ampiamente basato su attività come escursionismo e sci alpinismo. Essenzialmente solo stranieri, certamente molto diverso dal turismo nel Chianti o nelle Langhe. Ci sono poi altri casi di turismo culturale, come quello legato alla fondazione Nuto Revelli, in una borgata di nome Paraloup, ristrutturata proprio per organizzare manifestazioni culturali di una certa risonanza. E ancora i casi delle cooperative di comunità, come tutte quelle che si sono sviluppate sull’Appennino o la stessa cooperativa di
› TERRITORI INTERNI
comunità di Ostana, che pur distaccandosi dal discorso dell’architettura e del paesaggio, hanno un grande valore. Prendono in gestione beni collettivi di questi paesi e li fanno funzionare, dando origine a piccole economie. Ci sono poi casi di innovazione a livello culturale, come quello notissimo di Favara, in Sicilia. Oltre a Dolomiti Contemporanee, sempre in campo artistico e culturale, dove all’ideatore e curatore Gianluca d’Incà Levis è venuto in mente di recuperare grandi strutture in stato di semi abbandono. Cosa è cambiato o sta cambiando di più in questi territori interni?
La cosa interessante è che nei casi più intelligenti gli amministratori lasciano spazio a piattaforme, per usare un termine alla moda, sulle quali si innestano attività. A Ostana, ad esempio l’amministrazione è stata bravissima ad attirare e trattenere le persone migliori e allontanare i peggiori. Sono esperienze positive, in molti casi i paesi accolgono persone che fuggeono dalle città, ma qui portano innovazione. Come nel caso di due ragazzi, panettieri nell’hinterland torinese, che stavano cercando un luogo. Il sindaco li ha accolti, abbiamo modificato il progetto e loro hanno creato una panetteria/pasticceria di incredibile successo, con servizi su Vanity Fair e video con la Ferrero. Pur su piccola scala, è un’attività di tutto rispetto. Attirare i migliori e allontanare i peggiori?
Non è un giudizio di valore sulle persone in sé, ma sulla loro corrispondenza a situazioni di vita in montagna, che di certo non sono facili. È incredibile la quantità di persone che scrivono, non solo italiani, chiedendo di venire a
Ostana. L’amministrazione deve fare una cernita. Molti sono sprovveduti, hanno una visione idealizzata dell’abitare in luoghi isolati, dal clima ostile, di dover portare i figli a scuola in fondovalle. Bisogna scegliere le persone più adatte, che possano portare avanti i loro progetti in un’ottica collettiva. E quanto conta l’architettura?
Conta moltissimo. È singolare che un caso come Ostana venga esposto in Biennale, pubblicato in tutto il mondo. Un paese di 50 abitanti, sfidando una realtà estremamente tradizionalista, ha ottenuto finanziamenti attraverso bandi competitivi. Come Politecnico abbiamo portato in questo paese fondi per almeno 5 milioni di euro, circa 100mila euro per abitante, in una realtà dove i trasferimenti dallo Stato sono intorno a 25mila euro l’anno. Si dà molta importanza alle infrastrutture. Certo le strade che un tempo hanno reso raggiungibili i paesi di montagna sono diventate una via di fuga verso il fondovalle e le città. Siamo sicuri che anche con l’introduzione di internet, non si inneschino processi analoghi?
Le connessioni e l’accessibilità sono un aspetto importante, ma non sono il tema centrale come lo è invece costruire situazioni di abitabilità. Le persone che si sono trasferite a Ostana, torinesi, milanesi e persino un pakistano, sono persone che accettano uno stile di vita non urbano e forse anche un’idea di comunità. Non dobbiamo dimenticare che uno dei motivi per cui una volta tanti scappavano da questi centri, era fuggire da una chiusura e da un tradizionalismo tremendi. Noi vediamo oggi questa fuga come una tragedia, ma per molti a suo tempo è stata una vera e propria emancipazione.
Sopra, planimetria dell’abitato di Ostana, in Alta Val Monviso (Cuneo). In rosso il centro culturale Lou Pourtoun e la Casa alpina del Welfare Mizoun de La Villo. A sinistra, le finestre lato valle del Centro Lou Pourtoun (ph. ©Laura Cantarella).
Quali sono allora i temi fondamentali?
Credo che i temi per le aree interne siano i tre a suo tempo delineati da Fabrizio Barca [già ministro della Coesione territoriale del governo Monti]: l’accesso a formazione/scuola, la presenza di presidi socio-sanitari, la mobilitàaccessibilità. Sembra una banalità ma per chi vive in montagna portare i figli a scuola può essere un problema, come del resto costringerli a passare la vita in pullman quando fanno le superiori. Questo è uno dei motivi principali per cui la gente si sposta a fondovalle o in pianura ed è una questione fondamentale. Naturalmente non possiamo pretendere di costruire un ospedale a Ostana, ma possiamo migliorare le connessioni. E al di là di tutto il dibattito degli ultimi tempi, sono temi che – a parte casi sporadici come la Tuminera di Gabetti e Isola (Bagnolo Piemonte 1978-1980), un luogo di produzione e vendita di formaggi locali – per gli architetti sono sempre stati del tutto marginali. In Italia non abbiamo una tradizione architettonica legata all’economia e al funzionamento di questi territori. È tutta da inventare. È curioso invece che in atre nazioni, ad esempio in Svizzera, situazioni isolate, con pochissimi abitanti, siano in grado di produrre ed esportare cultura. Come si spiega?
Credo che alla base ci sia un motivo cultura-
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› TERRITORI INTERNI
le. Nella storia italiana, luoghi per così dire marginali, come del resto ben documentato da Giovanni Romano, sono stati influenti nel campo dell’arte e della cultura. La Svizzera è una sorta di città di città, di grande giardino pittoresco, ma è chiaro che luoghi che vanno dalla Soglio di Armando Ruinelli [pubblicato su IoArch n.77] alla Vrin di Gion Caminada (negli anni ‘80 i residenti di Vrin acquistarono tutti i terreni edificabili per impedire la speculazione edilizia e il conseguente aumento dei valori immobiliari, ottenendo in seguito il Wakker Prize per l’integrazione – a cura di Caminada – di edifici agricoli moderni con la struttura storica del villaggio N.d.C.) vengono percepiti come spazi rarefatti, pochi abitanti ma ugualmente importanti. Noi veniamo da una nazione che fino a cent’anni fa era del tutto agricola e si è industrializzata molto velocemente. Esiste qualche segnale di cambiamento?
Sono ottimista. Quando Nuto Revelli nel 1977
scrisse ‘Il mondo dei vinti’ sembrava che il destino delle montagne fosse per sempre finito. In fondo sono passati neppure 50 anni eppure sembra che al contrario la montagna stia rinascendo, insieme al dibattito sul policentrismo italiano, che è la storia dell’Italia. Credo in un rapporto di complementarietà tra città e territorio e credo anche che negli ultimi mesi ce ne siamo veramente resi conto. Un’ultima domanda, non facile, tranne che per chi studia questi temi da decenni. Quale potrebbe essere una ricetta per un riequilibrio del rapporto tra città e territori che negli ultimi anni, da partecipi, sono diventati sempre più marginali?
Credo che una cosa che manca moltissimo in Italia sia un trasferimento tecnologico adeguato, che tenga in considerazione i cambiamenti climatici in atto, le economie e le risorse della montagna. Il settore del legno è tra i più emblematici. Abbiamo una parte considerevole del territorio Italiano coperto da boschi che non vengono in alcun modo coltivati. Ma in
edilizia – dove l’unico settore attivo nel campo delle nuove costruzioni è quello del legno – importiamo tutto il materiale d’opera dall’estero. Abbiamo foreste che non sono mai state curate, basate sul ceduo, senza fustaie. Al contrario, in Vorarlberg tutto il discorso legato alla filiera del legno si basa su investimenti in tecnologie di rilevamento e Cad/Cam piuttosto evolute. Si è creata una cultura forestale, occupazione, un profilo di gestione idrogeologica del paesaggio e una nuova forma di architettura costruita in legno che, superando la ripetizione stilistica della tradizione, è contemporanea. Se facessimo sulle nostre montagne anche solo il 20 percento di quello che hanno fatto in Vorarlberg risolveremmo moltissimi problemi, ma non lo facciamo per motivi di ordine prevalentemente culturale. La montagna viene vista in chiave del tutto conservativa, congelata dove a nessuno verrebbe mai in mente di fare investimenti per sviluppare economia e innovazione.
OSTANA L’ARCHITETTURA COME MOTORE OSTANA, A 1400 METRI DI QUOTA AI PIEDI DEL MONVISO, PASSATA IN POCO PIÙ DI DIECI ANNI DA 5 A 50 ABITANTI SULLA BASE DI UN NOTEVOLE PROGETTO DI RIVITALIZZAZIONE CHE VEDE L’ARCHITETTURA COME PROTAGONISTA
Di Ostana, nelle valli occitane del Piemonte a pochi chilometri dalle sorgenti del Po, si è parlato molto a tutti i livelli, soprattutto sulle riviste di architettura. Oltre alla presenza in Biennale nel 2018 nell’ambito di Arcipelago Italia, per i numerosi riconoscimenti: Premio Fare Paesaggio della provincia autonoma di Trento nel 2016, Cresco Award e menzione speciale al Premio Europeo del Paesaggio del Mibact nel 2017. Ostana ha dimostrato come il valore aggiunto di un progetto di architettura può contribuire all’innalzamento della qualità dell’abitare in luoghi dove normalmente l’architettura si limita alla ripetizione in chiave pittoresca della tradizione, o più semplicemente non è contemplata. Seguendo la parabola di migliaia di altri centri montani in tutta Italia, questo paese che nel 1921 contava 1.200 abitanti si è ritrovato alla fine del 1900 con 5 abitanti stabili.
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A partire dalla metà degli anni Ottanta, Ostana è stata protagonista di un’incredibile inversione di tendenza. Attraverso un percorso incentrato sulla qualità dell’architettura e del paesaggio, ha riportato la popolazione stabile a cinquanta abitanti, divenendo un vero e proprio attrattore, destinatario di migliaia di richieste di residenza ogni anno. Alla base ci sono interventi realizzati a partire dal 2010 con il supporto del Politecnico di Torino. Un processo di infrastrutturazione architettonica di welfare, fatto per ‘fuochi’ diffusi sul territorio – da centri sportivi alla vendita di prodotti tipici a spazi per manifestazioni – fondamentale per sostenere il percorso di rivitalizzazione. In particolare il centro culturale Lou Portoun, completato nel 2015, e Casa Mizoun de la Villo, nel 2019 dotata di servizi per la popolazione e attività artigianali, sono esempi significativi del contributo dell’architettura alla rivitalizzaizone di Ostana.
Pianta del piano terreno (sopra) e vista dell’esterno (pagina a fianco) del Centro Culturale Lou Pourtoun.
› TERRITORI INTERNI
Lou Pourtoun Progetto Massimo Crotti, Antonio De Rossi Marie-Pierre Forsans
Strutture Studio GSP Ingegneria elettrica e meccanica Studio GSP
Direzione lavori Marie-Pierre Forsans, Studio GSP
Committente Comune di Ostana Superficie costruita totale 745 mq Costo 950.000 euro Periodo 2012-2015 Impresa Martino Costruzioni Foto Laura Cantarella Riconoscimenti Vincitore del Premio
In/Arch Piemonte 2020; esposto alla mostra Arcipelago Italia della Biennale di Architettura di Venezia 2018; finalista premio Constructive Alps 2018; finalista premio Rassegna Architetti Arco Alpino 2016
OSTANA. Inaugurato a fine 2015, il centro culturale Lou Pourtoun rappresenta soltanto uno degli ultimi tasselli di una strategia che intreccia qualità architettonica, politiche culturali e rinascita sociale ed economica. Ospita iniziative culturali, come il Premio internazionale Ostana - Escrituras en Lenga Maire, convegni ed esposizioni, attività formative di realtà universitarie italiane e straniere, corsi di formazione sulla nuova realtà della montagna. Il nome nasce da una tipica tipologia insediativa della borgata a cui il progetto si ispira: una sorta di strada coperta, il pourtoun, disposta lungo le curve di livello, su cui si affacciano sul lato a monte e su quello a valle piccole abitazioni e rustici. L’edificio è organizzato su tre livelli comunicanti ai quali si accede direttamente da diversi punti del pendio, come nelle antiche costruzioni alpine. Il primo livello ospita un grande spazio per esposizioni, proiezioni cinematografiche, conferenze; il secondo e il terzo, organizzati intorno allo spazio centrale, le stanze delle diverse associazioni e attività. Grandi aperture a tutta altezza schiudono il pourtoun al paesaggio prossimo della borgata e a quello vicino del gruppo del Monviso. Sullo spazio distributivo interno si affacciano i volumi in pietra dei diversi locali, dando vita a una specie di piccolo villaggio ospitato sotto un unico tetto.
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La Mizoun de la Villo 3
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Progetto Massimo Crotti, Antonio De Rossi, Luisella Dutto
Pianta del primo piano (sopra) e vista dell’esterno (pagina a fianco) della Casa alpina del welfare Mizoun de La Villo.
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Strutture Fabio Bertorello Ingegneria elettrica Aldo Baronetto Ingegneria meccanica Aldo Baronetto Direzione lavori Luisella Dutto Committente Comune di Ostana Superficie costruita totale 290 mq Costo 425.000 euro Periodo 2014-2019 Impresa Impresa Farm di Rabbone & c Foto Laura Cantarella Premi Finalista del premio internazionale Constructive Alps 2020
OSTANA. L‘accessibilità a servizi di istruzione e di assistenza è uno degli aspetti critici della vita in luoghi come i centri di alta montagna. Inserita in un’ottica di rigenerazione a base culturale e alla nuova agricoltura, la Mizoun de la Villo è intesa come una vera e propria Casa alpina del Welfare, un piccolo edificio che ospita l’ambulatorio medico, un laboratorio artigianale di pasticceria-panetteria, la biblioteca, spazi wellness e per la cura. Con il suo semplice impianto a L, ricuce un brano del tessuto della borgata dove da tempo erano presenti i ruderi di antiche preesistenze, ricreando trame di vicoli interni al costruito, ‘quintana’ in occitano, e una piazzetta-patio di accesso al livello principale. Come nelle costruzioni alpine storiche, l’edificio viene a distendersi sul pendio sfruttando i dislivelli altimetrici per accedere ai tre piani che lo compongono. L’alternanza su piani diversi di bovindi e di grandi vetrate che danno su terrazze protette dai brise-soleil determina una profondità spaziale del prospetto, una modulazione dei modi con cui la luce entra nell’edificio e delle viste del Monviso e del paesaggio. In definitiva si può dire che questo edificio progettato da Massimo Crotti, Antonio De Rossi e Luisella Dutto dimostra – insieme alle altre realizzazioni pubbliche presenti a Ostana – il ruolo strategico e cruciale che un’architettura di valenza civile può giocare nei processi di reinsediamento e rigenerazione delle montagne e delle aree interne italiane.
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Verderosa Studio È uno studio di architettura, aperto in Alta Irpinia nel 1987 da Angelo Verderosa, che si avvale della collaborazione di Giovanni Maggino, Sergio Paciello, Michele Rufolo, Giacomo Cuozzo, Flaminio Mazzariello e Antonio Lancillotti con la consulenza di Pca int srl, Feiffer&Raimondi e Nai studios NYC; dal 2016 Benedetta Verderosa ne è parte integrante. Dal 2016 promuove a cadenza biennale il festival “Recupera/Riabita”.
www.verderosa.it
TERREMOTI COSTRUTTIVI
IL CASO DI CAIRANO IN ALTA IRPINIA TRASFORMATO, DA LUOGO SEMI-ABBANDONATO A SEGUITO DEL TERREMOTO DEL 1980, A BORGO DOVE IL RUOLO CENTRALE DELLA CULTURA SI STA RIVELANDO MOTORE DI TRASFORMAZIONI
È curioso notare come le famose Italian Hill Towns – citate con entusiasmo nei più celebrati saggi anglosassoni in materia di city planning: da Kevin Lynch a Reyner Banham – a partire dagli anni Sessanta abbiano iniziato, salvo rare eccezioni, un rapido e inesorabile processo di spopolamento. L’onda che portò l’Italia da nazione rurale a una delle principali nazioni industrializzate non ha avuto pietà per queste forme di insediamento così significative, ben popolate fino ai primi decenni del Novecento (in media 1.500-2.000 abitanti) e ricorrenti al punto di poter essere considerate tipiche del paesaggio italiano. La situazione diventa ancor più rilevante quando Cairano – un insediamento di origine medioevale dell’Alta Irpinia, situato sulla sommità di una collina a 800 metri di quota e affacciato su un paesaggio straordinario – si ritrovò, dopo il terremoto del 1980 e in meno di un decennio, a perdere la metà della sua popolazione residua. Fino al 2016 – l’anno in cui iniziarono i lavori del progetto di recupero, a cura dell’architetto Angelo Verderosa – Cairano, dai quasi tremila originari, contava ormai poco più di 300
abitanti stabili. Un cammino che partiva da una situazione difficile, in cui l’abbandono seguito allo spopolamento aveva prodotto danni sui fabbricati ancor più gravi del terremoto stesso, ma dove la costanza è stata infine premiata. Era infatti da almeno 15 anni che l’architetto Verderosa – la cui residenza si trova ad una quindicina di chilometri da Cairano – lavorava su progetti di recupero del borgo. Quando dopo numerosi tentativi si presentò dalla Regione Campania, sulla base di fondi comunitari, un’opportunità di finanziamento, il livello di sviluppo raggiunto dal progetto era tale che fu immediatamente possibile ottenere ben 3 milioni di Euro destinati al recupero. La cultura e l’arte, i temi portanti del programma, si innestavano peraltro sulla solida struttura di un festival di 7 giorni chiamato ‘Recupera/Riabita’, tenuto annualmente e indirizzato al tema del recupero dei centri minori dell’Appennino. Il progetto si è sviluppato a partire da due insiemi edilizi omogenei: il comparto ‘Castello’ a monte, in prossimità dei resti del castello di età longobarda, e il comparto ‘Sotto-Chiesa’,
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baricentrico rispetto al Borgo. Nel comparto Castello – che si estende attorno ad una piccola piazza protetta, trasformata in teatro – gli edifici, interessati da un importante intervento di adeguamento sismico, sono stati letteralmente smontati e rimontati. Nel comparto Sotto-Chiesa, oggetto di miglioramento sismico, le operazioni di restauro hanno invece conservato le strutture e confermato le funzioni preesistenti, tra cui tre alloggi autonomi, una piccola sala per convegni e un museo. Oltre agli interventi sui fabbricati, di non minore importanza è stato il ripristino della pavimentazione di una serie di vicoli che portano ai due comparti e che versavano in stato di abbandono. Tra questi ultimi il recupero di un’antica rampa storica che collegava il borgo al fiume, elemento ricorrente nella mitologia del luogo. A intervento pressoché compiuto resta una domanda fondamentale: è in grado un progetto che ha per fulcro la cultura, di riverberare un indotto positivo nel lungo termine, senza cadere nella trappola della museificazione fine a se stessa? La risposta,
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Nella pagina a fianco la planimetria di Cairano. In nero sono indicati gli edifici, in grigio gli spazi non edificati, entrambi oggetto di recupero. L’intervento si sviluppa nell’ambito di due comparti principali denominati ‘Castello’ e ‘Sotto Chiesa’, identificati in sezione. Mentre il comparto Castello si sviluppa attorno ad una piccola piazza trasformata in teatro, nel comparto Sotto Chiesa vengono recuperati alloggi, spazi museali e una piccola sala convegni. A sinistra: Borgo Biologico, Piazza Teatro. Progetto Verderosa studio (ph ©A. Verderosa).
positiva e convincente, arriva da alcuni indicatori. In quattro anni sono stati aperti quattro bed&breakfast che lavorano a tempo pieno. Nel solo 2019 il borgo aveva accolto migliaia di visitatori, attratti sia dalla recente notorietà, sia dagli interventi, tra questi alcune installazioni artistiche, in particolare un organo che suona con il vento. E si sono insediati nuovi residenti, come Enrico Finzi, sociologo e giornalista milanese o Dario Bavaro, direttore artistico del Teatro Carlo Gesualdo di Avellino, che qui hanno comprato casa. Ma soprattutto, Franco Dragone, co-fondatore del Cirque du Soleil, cresciuto in Belgio, ma nato a Cairano, ha comprato quattro case dove, per soggiorni di
lavoro variabili tra i due e i tre mesi, ospita la sua compagnia. Come del resto Pasquale Persico dell’Università di Salerno e Fulvio Alifano, che a Cairano hanno dato vita alla produzione di vino di alta qualità, senza fonti di energia elettrica, seguendo le lavorazioni tradizionali. Tutto questo senza trascurare che il Covid ha riportato nel paese molti giovani, che riscoprono con nuovi occhi i luoghi di origine. In breve, una sferzata di energia per un Comune servito dalla fibra ottica, in cui la disoccupazione non esiste, ma privo di scuole e i cui pochi abitanti, prevalentemente impiegati nel settore pubblico, si ritrovano oggi animati dalla possibilità di costruire un domani. Dice
Angelo Verderosa: «superata velocemente una diffidenza iniziale, la comunità, innestata in questa scia di innovazioni, sembra essersi risvegliata, scoprendo una nuova economia e nuove opportunità», queste ultime legate soprattutto alla riscoperta dei prodotti di una terra che non ha di fatto mai conosciuto né i fertilizzanti, né i pesticidi né le moderne pratiche di agricoltura industriale che hanno finito per inquinare e sterilizzare regioni intere. Un vero e proprio ‘Borgo Biologico’ pertanto, in cui l’arte e la cultura intervengono come motore e dove a partire dalle origini è possibile immaginare un futuro. CE
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L’ARTE GUARISCE IL TERRITORIO Pensando a Ulàssai (l’accento cade sulla prima vocale), una comunità di circa 1.400 abitanti a 800 metri sul livello del mare, nel cuore della Sardegna – la grande isola più isolata del Mar Mediterraneo – è difficile immaginare una situazione forse più corrispondente al concetto di territorio interno. Un luogo geograficamente marginale ma che, dopo aver subito un inesorabile spopolamento, riserva oggi alcune sorprese che sembrano rivelare, più che una rinascita, una rifondazione. La combinazione tra ampiezza del territorio e scarso affollamento senza dubbio aiuta, tanto che il più importante parco eolico della Sardegna – 48 generatori e 96Mw di potenza – paga al Comune un affitto che supera il milione e mezzo di euro l’anno. Oltre a questo Ulassai è meta di un turismo fatto di piccoli numeri legato ad attività come arrampicata ed escursioni, svincolate, almeno potenzialmente, dall’invadente stagionalità del turismo balneare imperante [ 82 ]
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IL VALORE AGGIUNTO DELL’ARTE NELLA CREAZIONE DI UN FUTURO PER I TERRITORI INTERNI NEL CASO DI ULASSAI IN SARDEGNA UN’ISOLA NELL’ISOLA AL CENTRO DEL MEDITERRANEO
nel resto dell’isola. Conserva una tradizione antichissima di artigianato tessile, resa attuale dai disegni sviluppati in collaborazione con artisti e designer e mantenuta in vita da una cooperativa composta da sole donne, la più antica della Sardegna. È una delle cosiddette Blue Zones, ovvero le regioni del mondo in cui le persone trascorrono in ottima salute vite eccezionalmente lunghe e, come dimostrato da numerosi studi, a questo partecipano in modo determinante (70-80%) le condizioni ambientali e le abitudini. E per concludere, a fine 2020, il Ministero dei Beni culturali ha avviato, attraverso la Soprintendenza, il procedimento per dichiarare sito di interesse culturale il museo en plein air di Ulassai: una raccolta di opere d’arte che, insieme al museo Stazione dell’Arte, costituisce un incredibile concentrato artistico. Il racconto di come questo centro – da sempre rurale, al punto di non aver mai realmente conosciuto la oggi tanto sbandierata condizione di borgo;
tradizionalmente epicentro di numerosi atti di banditismo; fino al 1893 raggiungibile solo attraversando sentieri e mulattiere – sia fulcro non solo di una promettente seppur modesta economia, ma anche un luogo capace di esportare e attrarre cultura, ha probabilmente una data di inizio precisa. È l’8 settembre 1981 quando Maria Lai, artista di Ulassai – allora sessantenne e poco conosciuta, ma oggi celebre a livello internazionale – dopo un lungo percorso di negoziazione e coinvolgimento realizza Legarsi alla montagna, di cui proprio quest’anno ricorrono i quarant’anni: una delle prime significative opere di ciò che venne poi definito ‘arte partecipativa’ (Cfr. con il filmato documentario di Tonino Casula: https://bit.ly/30NuLOy). Ogni membro della comunità era invitato a legare con 27 chilometri di nastro blu il paese con la montagna soprastante. Liquidata inizialmente da molti come poco più che una banale festa
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In alto il museo Stazione dell’Arte (ph ©E. Loi_S. Melis_Arasolà, courtesy Fondazione Stazione dell’Arte). A destra, Marcello Maloberti Cuore Mio, 2019 (ph ©Giorgio Muceli, courtesy Marcello Maloberti Studio, Fondazione Stazione dell’Arte), Fondazione di Sardegna.
di paese, Legarsi alla montagna è un’opera acclamata solo a distanza dal ristretto mondo dei culturati dell’arte, ma che rispetto a Ulassai è intervenuta come una vera e propria catarsi. Se è vero che l’arte è in grado di rivelare e rendere possibili cose al primo sguardo invisibili, in determinate circostanze – soprattutto quelle in cui l’arte si sviluppa in modo spontaneo, identificandosi all’interno di un tessuto culturale specifico – l’artista interviene rispetto alla comunità come un vero e proprio sciamano, un guaritore, un catalizzatore e una figura di riferimento. E da questo punto di vista, la Sardegna vanta un ampio e incredibile repertorio. Nell’isola esiste una lunga tradizione di poesia spontanea, tanto viva che il detto popolare, bellissimo: “Se vostro figlio vuole fare il poeta sconsigliatelo fermamente. Se continua minacciate di diseredarlo. Oltre queste prove, se resiste, cominciate a ringraziare Dio di avervi dato un figlio ispirato, diverso dagli
altri”, venne ripreso da Grazia Deledda, nel suo discorso di consegna del Premio Nobel. Forme d’arte muralista del tutto spontanee e di alto livello sono presenti in molti paesi sardi. Il grandissimo Pinuccio Sciola [Cfr. con IoArch n.74] è stato non solo un artista di classe mondiale, ma anche l’artefice della trasformazione del piccolo paese di San Sperate, nei pressi di Cagliari, in un’incredibile collezione d’arte che meriterebbe, più che un semplice articolo, un lungometraggio. Ed è così che Maria Lai quando realizzò ‘Legarsi alla montagna’ diede origine a un processo virtuoso, dove tutta la comunità si trovò a lavorare insieme per qualcosa di ben più grande sia del singolo individuo che delle infinite e sanguinose liti. Accese la fiamma della possibilità, della capacità di dare vita a sviluppi che, oggi visibili, arrivano a trascendere l’opera d’arte stessa. Ulassai è infatti oggi destinazione al top per l’arrampicata sportiva, ma le vie,
aperte da importanti scalatori nazionali, nascono proprio dai funambolici tiri di nastro blu realizzati in occasione dell’opera del 1981. La Stazione dell’Arte, inaugurata nel 2006 nell’edificio dismesso della vecchia ferrovia – la stessa che nel 1893, collegando Cagliari con Ulassai, aprì finalmente una breccia nel suo isolamento millenario – raccogliendo un’importante donazione di opere di Maria Lai, costituisce, insieme al museo en plein air, un’importante destinazione culturale. In conclusione, a partire dall’arte si è creato un insieme di circostanze che, oltre alle ricadute pratiche, si è rivelato capace di realizzare nuove opere. Come la recente, ma ormai iconica, insegna stradale messa in orizzontale all’imbocco della Gola di Sa Tappara che, sovrastando il paese e sfidando la forza di gravità, sembra anche lanciare una sfida a tutti i cliché sui cosiddetti territori interni. CE
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› RESIDENZE
Casa di Confine inserita nel paesaggio. Di fronte alla piscina, il taglio dell’ingresso prosegue al livello superiore (foto ©Alessandro Magi Galluzzi).
“Ero affascinato dalle case rurali dei miei nonni nell’entroterra marchigiano, caratterizzate da una schietta semplicità, dell’essenzialità vera, non quella mediata da poetiche minimaliste. Erano case che si potevano attraversare da una stanza all’altra, dove al piano terra si trovavano gli ambienti di lavoro, unici e aperti sui due fronti” Simone Subissati
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› RESIDENZE
CASA DI CONFINE
ABITARE IL PAESAGGIO ESSENZIALE E RADICALE, IL PROGETTO DI SIMONE SUBISSATI ARCHITECTS È UN SISTEMA AMBIENTALE CHE SI FA ATTRAVERSARE DAL PAESAGGIO, LO INQUADRA E NE DIVENTA PARTE Il paesaggio agricolo a sud, le graminacee intorno al perimetro della casa, il crinale che separa il nucleo abitato dai campi, nessuna recinzione: sono molti i confini che questa casa delinea ma attraversa. Contemporanea e al tempo stesso archetipale, nuova ma come se fosse sempre stata lì, Casa di Confine offre l’esperienza dello spazio e del tempo. Contiene la memoria delle radici contadine, quando le stanze si attraversavano una dopo l’altra e vita e lavoro erano insieme, prima di essere separate tra un tempo e l’altro, tra un ambiente e l’altro. Per la posizione e i colori netti, il prolungato volume rettangolare coperto da una doppia falda asimmetrica e tagliato per tutta l’al-
tezza dallo spazio aperto, attraversabile da parte a parte, dell’ingresso, è ben visibile da lontano. Il piano terreno, dedicato alla zona giorno, è rivestito di un rosso intenso (il corpo è in ferro verniciato con un primer antiruggine). Ampie porzioni della cortina metallica possono trasformarsi in varchi attraverso infissi che, quando aperti, si dispongono ortogonalmente rispetto alla facciata. Questo permette al living, alla cucina, alla spa di stabilire dirette relazioni con l’esterno e fa apparire il volume dell’edificio come sospeso sul terreno. Sensazione rafforzata dalla piscina interrata, perpendicolare alla casa e circondata dall’erba, a memoria delle va-
sche di raccolta dell’acqua per l’irrigazione. Al piano superiore si accede tramite una scala in legno dalla struttura elementare, tinta di bianco, che conduce alle camere da letto dove le finestre diventano dispositivi visivi: benché di dimensioni contenute, le aperture sono state progettate per dare luogo a sorprendenti effetti percettivi. Un gioco di specchi, disposti a ricoprirne completamente l’imbotte, moltiplica le viste sul paesaggio circostante. Attraverso un ballatoio, protetto da una semplice rete da pollaio, si accede a un ambiente ibrido, dove trovano spazio un giardino d’inverno e un secondo living. Questa sezione è costruita in legno e rive-
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› RESIDENZE
Piante e dettagli costruttivi dell’abitazione (courtesy Simone Subissati).
stita da una membrana microforata che di giorno permette alla luce di filtrare all’interno della casa e di sera crea un effetto lanterna. Le lesene che danno forma alla struttura al piano terra e alle quali si accostano le ante delle finestre in posizione aperta, contengono al loro interno scarichi e aerazioni. Una rete di raccolta delle acque meteoriche rifornisce le cisterne interrate per la riserva d’acqua. Non allacciato alla rete del gas, l’edificio beneficia di una bioclimatica passiva che permette un guadagno termico nei mesi freddi e un raffrescamento naturale nei mesi caldi, grazie alla ventilazione incrociata (non è prevista aria condizionata) e all’effetto camino. Gli arredi sono in legno di frassino massello, utilizzato insieme alle sue parti di corteccia, nodi e spaccature, tinto di bianco. O in pannelli listellari prefiniti di pino per le porte, le ante e le partizioni secondarie. I piani di lavoro della cucina, il lavello e i lavabi sono realizzati su disegno in cemento e quarzo. Casa di Confine è un’opera in concorso all’EU Mies Award 2022 ed è stata il soggetto del corto ‘Rustico’ di Federica Biondi
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CASA DI CONFINE - DETTAGLI 1 Canale di raccolta dell’acqua incassato nella copertura 2 Cornice in lamiera verniciata con isolante termico integrato 3 Infisso in ferro finestra con taglio termico. modello Secco OS2 4 Interno della cornice rivestito con specchi 5 Zanzariera 6 Finitura in intonaco autopulente Kapa-tech 7 Leca blocco termico forato sp. 20 cm 8 Pilastro in acciaio - Profilo HEA 220 9 Lana di roccia sp. 10 cm 10 Rivestimento interno in doppia lastra di cartongesso sp. 2,6 cm 11 Trave strutturale_Profilo IPE 240 12 Rompigoccia in acciaio 13 Infisso 14 Zanzariera 15 Cucina con pannellature in legno 16 Pavimento industriale con finitura a cera sp. 7 cm 17 Impianto di riscaldamento a pannelli radianti 18 Isolamento in polistirene espanso sp. 10 cm 19 Barriera al vapore in PVC 20 Massetto alleggerito sp. 8 cm 21 Vespaio areato sp.40 cm + 5 cm di cappa 22 Terreno stabilizzato 23 Laterizio forato 24 Strato drenante 25 Trave di fondazione in cls armato 26 Finitura in intonaco autopulente Kapa-tech 27 Soletta collaborante in CLS alleggerito con rete elettrosaldata sp. 4 cmS 28 Pannello lsodeck sp. 6 cm + 4 cm 29 Profilo IPE160 30 Lana di roccia sp. 10 cm 31 Controsoffitto in cartongesso sp. 1,3 cm 32 Lucernario 33 Scossalina per deviazione acque piovane 34 Balaustra in ferro verniciato e rete industriale 35 Parquet sp. 2 cm 36 Isolamento acustico sp. 0,5 cm 37 Massetto impianti sp. 3,5 cm 38 Lamiera grecata Hl-Bond A55/P 600 39 Profilo IPE 100
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› RESIDENZE
Il dialogo tra esterno e interno è costante, senza soluzione di continuità tra la casa e il terreno (foto ©Alessandro Magi Galluzzi).
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Foto Greta Bonato.
› RESIDENZE
Simone Subissati Architects La formazione di Simone Subissati è di scuola fiorentina. È stato allievo di Remo Buti e Gianni Pettena, appartenenti al nucleo originario dei Radicals italiani, e di Roberto Segoni, designer internazionale fondatore dei primi corsi di disegno industriale in Italia. Vive e lavora tra Milano e Ancona dove ha fondato lo studio Simone Subissati Architects. SSA è un laboratorio di ricerca multidisciplinare di architettura residenziale e pubblica, interior design e design. Le realizzazioni di SSA contengono sperimentazione e riflessione teorica su alcuni temi fondamentali della disciplina – dall’interpretazione dello spazio architettonico alle interrelazioni con l’arte contemporanea, alla centralità del fare architettura in relazione ai materiali e all’artigianalità del manufatto progettato. SSA ha ricevuto una Menzione d’Onore Premio Compasso d’Oro Internazionale 2015. www.simonesubissati.it
Spazi privati e informali dichiarano la ricerca di semplicità e autenticità che informa il progetto (foto ©Alessandro Magi Galluzzi).
CREDITI Località Polverigi, Ancona Progetto architettonico e di interni Simone Subissati Architects
Gruppo di progettazione Simone Subissati, Alice Cerigioni
Progetto strutture e impianti Domenico Lamura, Matteo Virgulti
Impresa principale Montagna costruzioni Struttura in acciaio Steel Form, Modena Infissi Secco Sistemi Lucernari Schüco Pavimento in cemento Renato Sebastianelli Rubinetterie CeaDesign Piscina Professione Piscina Membrana in pvc microforata Soltis Serge Ferrari, importata in Italia da Giovanardi
Sedie e lampade in legno (pezzi da collezione) Rossana Orlandi
Realizzazione sistemazioni esterne e giardino Vivai Manfrica, San Severino
Impianto termico Clivet Fornitura corpi illuminanti Renzo Serafini Impianto Fotovoltaico Green Energy Service Superficie del lotto 4.337 mq Superficie costruita 350 mq Dimensioni 33 metri x 8,4 metri Cronologia 2014-2019
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› RESIDENZE L’abitazione è stata progettata come una terrazza composita su un pendio ripido. Il muro a secco diventa uno strumento capace di definire gli spazi chiusi, modella i cortili e protegge e ripara dai venti del nord, creando un complesso di spazi interni ed esterni in sequenza con il flusso naturale del pendio (ph ©Panagiotis Voumbakis, Yiorgis Yerolymbos).
UNA CASA INCASTONATA NELLE SCOGLIERE DI UNA BAIA ISOLATA DELL’ISOLA GRECA DI SERIFOS REALIZZATA CON UNA GEOMETRIA RIGOROSA E POETICA DI PIENI E VUOTI
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› RESIDENZE
NCAVED, SERIFOS
BUNKER MINIMALISTA Ad Agios Sostis sull’isola greca di Serifos, nCaved, a opera dello studio Mold Architects, si presenta come tutt’uno con la piccola insenatura rocciosa su cui è inserita. Il progetto si configura come un volume inglobato nella terra, un’abitazione-rifugio che non poggia sulla linea del suolo ma si sviluppa nelle sue cavità, nascondendosi alla vista e integrandosi con il paesaggio. «La necessità di creare un rifugio protetto, ma in una posizione esposta ai forti venti del nord, ha condotto alla decisione di forare il pendio invece di disporre una serie di spazi a livello del suolo.
Abbiamo così applicato una griglia rettangolare al pendio per riprodurre una ‘scacchiera’ tridimensionale di pieni e vuoti che accoglie e allo stesso tempo isola gli alloggi della residenza» spiegano gli architetti. Questa geometria rigorosa viene interrotta con la rotazione dell’ultimo asse della griglia, che fornisce alla zona giorno una vista più ampia. Lo spostamento dell’asse intensifica notevolmente il senso della prospettiva e minimizza l’impatto sul contesto. Il progetto dell’abitazione si fonda quindi su una scacchiera tridimensionale che genera pie-
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ph. Chloe Chritharas Devienne
› RESIDENZE
Mold Architects Lo studio, fondato nel 2011 da Iliana Kerestetzi (foto), è specializzato in progetti residenziali di alto livello, ville e resort di lusso. Con sede ad Atene, Mold Architects integra ricerca, architettura, paesaggio, design computazionale avanzato, design parametrico, grafica e interior design. La sua visione progettuale si basa sulla giustapposizione di concetti tradizionali e sintassi contemporanea, intrecciando espressioni del patrimonio e della storia in un vocabolario moderno, creando così un’architettura che promuove un dialogo continuo con il paesaggio naturale. www.moldarchitects.com
CREDITI Località Agios Sostis, Serifos Progetto architettonico Mold Architects Progettisti Iliana Kerestetzi, Manos Kerestetzis, Konstantinos Vlachoulis, Michail Xirokostas
Strutture Studio 265 Ingegnere meccanico TEAM M-H Lighting Design Nikos Adrianopoulos Superficie costruita 360 mq Superficie del lotto 6.000 mq Completamento 2020 La parte anteriore è completamente aperta verso est, mentre le finestre posteriori incorniciano i giardini interni, migliorando il flusso d’aria e lasciando entrare la luce nella residenza (ph ©Panagiotis Voumbakis, Yiorgis Yerolymbos).
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› RESIDENZE
Gli interni sono essenziali e materici, in stretta continuità con le scelte progettuali dell’architettura nascosta tra le rocce dell’isola di Serifos (ph ©Panagiotis Voumbakis, Yiorgis Yerolymbos).
ni e vuoti tenuti insieme da robusti muri longitudinali in pietra a secco. Di contro le facciate, realizzate in vetro e apribili in tutta la loro lunghezza, sia sul fronte sia sul retro della casa, puntano alla leggerezza. La residenza è disposta su tre livelli: al primo piano la zona notte con le camere da letto, al secondo la zona living e infine al terzo una residenza per gli ospiti. I primi due piani comunicano tra loro dall’interno, mentre la guest house è indipendente. Una scala esterna collega i tre livelli rivelando lentamente gli spazi
inizialmente nascosti, mentre incornicia una vista a due lati: lo sbocco visivo verso il mare durante la discesa, la prospettiva verso il cielo durante la salita. La casa è stata realizzata in pietra e ferro, in combinazione con pavimenti di malta di cemento pressata. «Nelle cavità ci sono spazi ‘negativi’: sono il risultato del taglio e della rimozione di una parte della roccia. Questa sensazione ‘ruvida’ di una cavità naturale era ciò che volevamo ricreare con la scelta dei materiali e della palette colori. Pietra, cemento a
vista, legno e metallo sono usati con precisione per creare dei gusci interni materici e grezzi» proseguono i progettisti. L’illuminazione e la ventilazione con aperture anteriori e posteriori, la pietra, il tetto piantumato con piante commestibili conferiscono alla casa, dotata di un sistema di raccolta di acque reflue e piovane usate per l’irrigazione, eccellenti caratteristiche ambientali e bioclimatiche
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› RESIDENZE
GARDENHOUSE BEVERLY HILLS
UNA COLLINA-VILLAGGIO METÀ CITTÀ E METÀ NATURA IL PROGETTO DI MAD ARCHITECTS TRASFORMA IL TIPICO ISOLATO URBANO – COMPRESI I NEGOZI FRONTE STRADA – IN UN INNOVATIVO COMPLESSO RESIDENZIALE PER VIVERE NELLA NATURA PUR ABITANDO IN CITTÀ All’8600 di Wilshire Boulevard a Beverly Hills, California, Gardenhouse – primo progetto di MAD Architects negli Stati Uniti – appare come un ‘villaggio sulla collina’ inglobato da una scenografica cortina vegetale. Il complesso – 18 unità residenziali sopra uno spazio commerciale a piano terra – si sviluppa intorno a un lussureggiante atrio interno con giardino centrale. Il gruppo di facciate bianche, con le finestre di forma irregolare e i tetti a falda, crea un insieme dinamico e un omaggio giocoso alle iconiche colline di Los Angeles. Attraverso Gardenhouse, lo studio guidato da Ma Yansong propone una connessione intrinseca con la natura, per offrire un’esperienza di vita più completa e armoniosa. In un equilibrato dialogo tra spazi verdi e [ 94 ]
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residenziali, le unità abitative di diverse tipologie – due bilocali, otto appartamenti, tre townhouse e cinque ville – presentano ampie volumetrie a pianta aperta con imponenti vetrate che si aprono sull’esterno. Il tranquillo cortile condiviso e lo spazio esterno privato di ogni unità creano un’oasi a pochi metri dal traffico cittadino. Una grande corte condominiale, dotata di uno specchio d’acqua centrale, conduce alle residenze private, ciascuna dotata di ingresso indipendente, ai piani superiori. Un progetto chiavi in mano di Visionnaire modella gli interni con una selezione di arredi custom made che, in continuità con l’interior design di Rottet Studio, rappresenta un impegno profondo verso la sostenibilità ambientale
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› RESIDENZE
MAD Architects Lo studio è impegnato nello sviluppo di progetti futuristici, organici e tecnologicamente avanzati che incarnano un’interpretazione contemporanea del legame tra cultura orientale e natura. Fondato da Ma Yansong (foto) nel 2004, MAD Architects – che attualmente ha sedi a Pechino, Jiaxing, Los Angeles e Roma – lavora su progetti urbanistici, musei, teatri, biblioteche, hotel, residenze, riqualificazioni di vecchi quartieri oltre a opere artistiche, in tutto il mondo. http://www.i-mad.com/
Le facciate verdi che definiscono il complesso di Beverly Hills – tra le più estese degli Stati Uniti – sono realizzate con piante grasse e vegetazione locale. Accanto, nel disegno di MAD una vista dall’interno del complesso, dove anche alberi e arbusti sono disposti su più livelli. Sotto, il living di una delle ville e particolare della facciata verde (ph ©Nic Lehoux).
CREDITI Località Los Angeles Committente Palisades Capital Partners LLC Progetto architettonico MAD Architects Team di progetto Ma Yansong, Dang Qun, Yosuke Hayano
Flora Lee, Dixon Lu, Li Guangchong, Jon Kontuly, Joanna Tan Chris Hung-Yu Chen, Wenshan Xie, Cesar D. Peña Del Rey Jeffrey Miner
Architetto esecutivo e architetto del paesaggio Gruen Associates Ingegneria strutturale John Labib + Associates (JLA)
Ingegneria MEP Breen Engineering Interior Design Rottet Studio Ingegneria civile Kimley-Horn and Associates
Specialista delle pareti verdi Seasons Landscape Costruttore DHC Builders Superficie 4.460 mq Cronologia 2013-2020
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› RESIDENZE
A sinistra, il concept del progetto. Sopra, la ‘torre-porta’ sul fronte nord protetta da una parete vetrata. In alto, il setto in laterizio visto da sud-ovest e i giochI di luce prodotti dalla forometria della parete sulla passerella del primo piano (ph © Paolo Monello).
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ABITAZIONE PRIVATA, CITTADELLA
LE MURA FUORI LE MURA DUE POTENTI SETTI MURARI IN LATERIZIO FACCIA A VISTA DEFINISCONO E PROTEGGONO L’AMBITO RESIDENZIALE DI QUEST’OPERA DI FILIPPO CAPRIOGLIO, POCO FUORI PORTA BASSANO A CITTADELLA
Ancor oggi circondato da un fossato, il centro storico di Cittadella è protetto dal perimetro ellittico delle mura costruite 800 anni fa. Percorrendo il camminamento di ronda, restaurato di recente, è possibile osservare e comprendere l’impianto urbanistico rigorosamente quadripartito della città fortificata, posta in posizione strategica a controllo della fertile campagna irrigua e all’incrocio tra il percorso romano di pianura della Postumia e i flussi di merci che vi
giungevano attraverso l’arco alpino. Per molti versi, il progetto architettonico di Davide Caprioglio riprende le caratteristiche uniche della città veneta: nei materiali, con l’uso del laterizio faccia a vista; nell’impianto, con potenti setti murari che, disposti ortogonalmente a nord e a est, proteggono l’ambito privato; nella composizione, con il corpo scale che si richiama alle torri costruite in prossimità delle porte di accesso alla città.
La protezione delle pareti in laterizio ripara lo spazio aperto del giardino, sul quale si apre un portico – coperto da un tetto verde – e si affacciano le finestrature più ampie, guadagnando viste delle vicine mura storiche. Elemento distintivo e principale materiale del progetto, il laterizio a vista ricorre anche negli interni, in particolare nel vano scale e lungo i percorsi di collegamento, costituiti al primo piano da una passerella in acciaio e una vetrata che riceve luce attraverso la fo-
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Caprioglio Architects Fondato nel 1999 quale naturale prosecuzione dell’attività professionale di Giovanni Caprioglio e del figlio Filippo (nella foto), lo studio opera a livello internazionale e nel campo dell’industrial design. Filippo Caprioglio (1971, laureato all’Università Iuav di Venezia e con un M-Arch II conseguito negli Stati Uniti presso la Syracuse University School of Architecture, è Professor of Practice alla Drury University e dal 2009 insegna anche nella facoltà della scuola d’architettura della Kent State University. Negli anni più recenti la sua attività professionale si è concentrata principalmente sulla realizzazione di nuovi edifici residenziali e terziari, sviluppati personalmente e con gli architetti Giovanni Caprioglio e Dario Vatta all’interno dello studio. Ha curato la progettazione, la trasformazione gli arredi e gli allestimenti di abitazioni private, sviuppato concept per retail, nuovi uffici e cliniche mediche e interventi di arredo urbano in Italia e negli Stati Uniti. Nel 2011 con un progetto di industrial design ha vinto un Good Design Award del Chicago Athenaeum. www.caprioglio.com
La passerella di distribuzione al primo piano riceve luce dalla vetrata della ‘torreporta’ e corre lungo una parete verde (ph ©Paolo Monello).
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› RESIDENZE
Gli ambienti di soggiorno al piano terra si aprono sulla corte-giardino interna. Un caminetto bifacciale separa il pranzo dal living (ph ©Paolo Monello).
CREDITI Località Cittadella Committente privato Progetto architettonico, DL e coordinamento generale Caprioglio Architects, Filippo Caprioglio con Costantino Paparella
Progetto strutturale Edi Morandin Progetto termotecnico Roberto Marcon Progetto impianti elettrici Fabio Mottes Progetto del paesaggio Pamela Nichele General contractor Z Costruzioni di Manuel Zanon Realizzazione impianti meccanici Sami Termoidraulica
Rivestimento in laterizio Maax SanMarco di Terreal Italia
Superfici pavimento piano terra e scale Ideal Work Serramenti, scale e passerella Cetos Sistemi per l’Architettura
Giardino verticale interno Sundar Italia Superficie 500 mq circa Cronologia 2018-2020
rometria con cui sono disposti i mattoni di una porzione della parete est in laterizio. La casa è dotata di due accessi: il principale, a ovest, conduce a uno studio posto in continuità e, proseguendo, all’ambiente della cucina e alla family room, mentre un secondo ingresso, a est, si apre su uno spazio a doppia altezza con una parete di verde verticale e alle scale a giorno. Dotata di cucina tecnica e di un vano dispensa e organizzata con un’isola di lavoro centrale e un grande tavolo da pranzo, con due lati completamente trasparenti la cucina è in continuità visiva con il giardino. Una terza parete, che contiene un caminetto bifronte, la separa dalla family room mentre il quarto lato si apre sul profondo portico a
sud, che porta ombra anche allo studio e al living. Al piano superiore, raggiunti dalla passerella metallica, gli ambienti più privati, con tre camere da letto a nord e la suite padronale esposta a est. Esterna al setto murario nord, una rampa carrabile conduce al piano interrato dove si trovano l’autorimessa e i locali tecnici, ovviamente raggiunti anche dalla scala a vista interna all’abitazione. Riscaldamento radiante a pavimento Rehau con acqua a bassa temperatura alimentata da sonde geotermiche. Scambio termico con la profondità del terreno anche per il sistema di ventilazione meccanica controllata e raffrescamento mediante ventilconvettori Aernova in tutta la casa
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› RESIDENZE
Collegato all’abitazione da un breve tunnel vetrato e rivestito in alluminio preverniciato, il piccolo ambiente di raccoglimento posa su uno specchio d’acqua. A destra, la luce, le ombre e i colori sottolineano il rigore compositivo (ph ©Moreno Maggi).
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› RESIDENZE
VILLA UNIFAMILIARE, GIARRE
GEOMETRIE SILENZIOSE MATERIALI ESSENZIALI, BIANCO SOLARE E GRIGIO DELL’ETNA E UNO SPAZIO DI MEDITAZIONE CHE GALLEGGIA SULL’ACQUA. È L’OPERA PIÙ RECENTE DI SCAU STUDIO
«All’inizio, ogni progetto è come un’azione maieutica – dice Angelo Vecchio spiegando la riconosciuta esperienza dello studio nella realizzazione di ville private – con la quale cerchiamo di estrarre tutto ciò che il committente vorrebbe ma non riesce a esprimere». Il resto è sensibilità per comprendere e interpretare l’essenza del luogo e trasformarlo in un lampo di stupore. E includere il paesaggio, o costruirlo, perché «se un rampicante può nascondere un errore progettuale, allora può anche esaltare una visuale». Nessuna architettura di Angelo Vecchio può essere disgiunta dalla sua sistemazione a verde, come in questa residenza, che allunga su un piccolo specchio d’acqua il volume silenzioso di un piccolo spazio di raccoglimento rivestito in alluminio preverniciato
e con piccoli salti di quota infonde dinamismo alle razionali geometrie che la caratterizzano. Il misurato uso del colore risponde alla natura di questo progetto, con i candidi intonaci che riflettono la luce intensa del Meridione alleggerendo il volume superiore, il quale poggia su un piano terra in larga parte vetrato che si affaccia sul giardino interno. L’altro colore dominante è il grigio di queste terre alle pendici dell’Etna, che si accompagna alla pietra lavica a secco che delimita il percorso di ingresso e fa da bastione, isolandolo dalla strada, allo spazio – interno e esterno – della residenza. All’interno il piano terra, caratterizzato dalla doppia altezza del soggiorno, è interamente occupato dagli ambienti pubblici della casa, living, family room, pranzo e cucina, cui si aggiunge una camera con bagno
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› RESIDENZE
Scau Studio Fondato nel 1980 da Angelo Vecchio (1955, laurea in Ingegneria civile a Catania e in Architettura a Reggio Calabria) e Angelo Di Mauro (1953, laurea in Ingegneria civile a Catania) Scau, tra i più dinamici e affermati studi di architettura della Sicilia, sviluppa progetti di architettura e urbanistica alle diverse scale, concentrandosi in particolare sulla tipologia della residenza privata, con un approccio che deriva dalla profonda conoscenza del patrimonio storico e naturale locale. Caratteristica dello studio la mediazione tra elementi costruiti e naturali e la creazione di percorsi fluidi che favoriscono l’interazione tra l’architettura e il paesaggio, nonché l’uso del colore e il dialogo tra forme storiche e geometrie di matrice modernista. Da anni Scau opera anche all’estero, in particolare a Malta e in Medio Oriente, con diversi progetti tuttora in corso. www.scau.it
CREDITI Località Giarre Progetto architettonico Angelo Vecchio Direzione dei lavori Angelo Vecchio con Andrea Mazzeo
Progetto del paesaggio Angelo Vecchio Strutture Carmelo Lanzafame Impresa di costruzioni Ars Aedificatoria srl Intonaco a cappotto Fassa Bortolo Infissi profili Metra Rivestimento in alluminio preverniciato (ambiente di meditazione e scossaline) Prefa
Luci esterne Flos e Linea Light Sospensione soggiorno Flab Line su disegno Scau Pavimenti e rivestimenti Marazzi, Listone Giordano Superficie fondiaria 2.426 mq Superficie coperta 250 mq Cronologia 2015 (progetto) 2020 (completamento) [ 102 ]
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› RESIDENZE
per gli ospiti, un locale di servizio e, introdotto da un breve collegamento trasparente, lo spazio di raccoglimento che ‘esce’ dalla pianta e sembra galleggiare sullo specchio d’acqua esterno. Al primo piano, raggiunto da una leggera scala a vista in legno – con il primo gradino, più ampio, che galleggia su una soglia basamentale in ceramica – e da un ascensore, la distribuzione dei percorsi verso le tre camere, tutte con bagno en-suite, sfrutta la doppia altezza per creare scorci inediti sul living dal quale a sua volta riceve luce.
Al di sopra, le funzioni abitative si concludono con una terrazza piana sistemata a tetto giardino con vista a 360° sul paesaggio. Nel progetto anche il livello interrato, al di là delle normali funzioni utilitarie di autorimessa e locali tecnici, assolve a una funzione paesaggistica con un’ampia scala esterna rivestita in pietra che diventa una componente del paesaggio. Pannelli fotovoltaici e di solare termico posati sulla porzione inclinata della copertura contribuiscono all’indipendenza energetica dell’edificio
In alto, due scorci della villa dal giardino che la circonda. Sotto, l’area cucina e pranzo, la scala e il primo piano affacciato sul soggiorno a doppia altezza. A sinistra, la pianta del piano terra (ph ©Moreno Maggi).
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› RESIDENZE / LUCE
LA LUCE LONTANO DALLA CITTÀ LA QUALITÀ DELLA LUCE È FONDAMENTALE PER IL BENESSERE E LO STATO D’ANIMO DELLE PERSONE TANTO PIÙ ORA CHE ABITAZIONI NATE COME LUOGHI DI VACANZE SI SONO TRASFORMATE IN RESIDENZE PERMANENTI E LUOGHI DI LAVORO. QUATTRO ESEMPI DI LIGHTING DESIGN E UNA SOLUZIONE ILLUMINANTE PER IL LAVORO DA CASA di Jacopo Acciaro
Jacopo Acciaro Jacopo Acciaro si laurea in architettura al Politecnico di Milano e sviluppa da subito un forte interesse per il mondo della luce. Si forma nello studio di Piero Castiglioni con il quale collabora per alcuni anni prima di fondare Voltaire Lighting Design, una struttura professionale che si occupa di progetti di illuminazione per l’architettura, l’interior e l’urbanistica, oltre a progettare corpi illuminanti custom made. Acciaro ha svolto attività di docenza e tiene regolarmente corsi di illuminotecnica. www.voltairedesign.it [ 104 ]
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Può sembrare ovvio definire la luce uno dei fattori determinanti per la nostra esistenza e per la valorizzazione della nostra vita quotidiana, legata sia ai momenti delle ore solari sia a quelli di buio. In effetti la luce è un tema scientifico estremamente complesso che interagisce con l’uomo e tutto ciò che lo circonda in maniera diretta e indiretta ed è in grado di intervenire anche a livello di inconscio e subconscio sull’individuo, influenzandone comportamenti e stati d’animo. La qualità che la luce naturale e l’illuminazione artificiale producono all’interno e all’esterno dei luoghi che viviamo quotidianamente è quindi decisiva sugli atteggiamenti delle persone. I temi sopra esposti si possono ritrovare in maniera molto calzante all’interno di progetti di unità abitative dislocate fuori dei centri urbani, che nascono come ambienti di vacanza e di svago ma che oggi alla luce degli eventi pandemici assolvono anche funzioni legate al mondo del lavoro. Sono ambienti dove il rapporto tra spirito e corpo trova un equilibrio, spesso conciliato da atmosfere in cui la luce ricopre un ruolo determinante ed efficace. Il dialogo con la committenza in questa tipologia di luoghi assume un ruolo fondamentale poiché riuscire a comprendere e assecondare lo stile di vita e le emotività di chi vivrà gli ambienti rappresenta il cardine del progetto illuminotecnico. Questo ha tra i suoi fondamentali riuscire a coniugare il mood richiesto dai proprietari, che vivono e fruiscono gli spazi, e gli aspetti illuminotecnici fortemente integrati con l’architettura. La qualità delle scelte progettuali deve essere garantita dall’utilizzo di sorgenti luminose ad alta resa cromatica con una composizione spettrale molto equilibrata, da apparecchi con un elevato controllo degli abbagliamenti e da soluzioni in grado di fornire suggestioni emotive mantenendo il massimo comfort. Spesso si è inoltre portati a cercare una miniaturizzazione dei corpi illuminanti, che devono integrarsi in spazi articolati e ricchi di dettagli.
› RESIDENZE / LUCE
Villa privata ad Alassio (SV), progetto architettonico e interior di MYGG Architecture. I corpi illuminanti, fortemente integrati nei dettagli architettonici, diventano pressoché invisibili (ph. ©Mauro Fontana).
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› RESIDENZE / LUCE
Dettaglio del downlight a plafone realizzato ad hoc in legno, lo stesso dei rivestimenti e dell’architettura interna, progettato da Voltaire Lighting Design per una residenza privata a St. Moritz. Questi corpi illuminanti contengono sorgenti a Led MR16 230V (ph. courtesy Concreta).
Ciascun ambiente necessita delle corrette attenzioni al fine di garantire standard qualitativi elevati e soprattutto adeguati alle destinazioni d’uso, pur mantenendo sempre un occhio di riguardo alla flessibilità. Spesso questi ambienti sono accomunati da un approccio che tende a coniugare un’illuminazione diffusa con una più dedicata agli accenti, più puntuale; la gestione di questi due scenari, attraverso impianti di domotica, porta a garantire un equilibrio ottimale e la massima personalizzazione da parte del cliente, che si trova nella condizione di potersi creare uno scenario adeguato ad ogni momento della giornata o ad eventi particolari. Ritroviamo un esempio di questo approccio nel progetto sviluppato dal nostro studio per una villa privata ad Alassio progettata dall’architetto Gerardo Sannella dello studio MYGG. Gli spazi interni della villa vivono di un’illuminazione di base realizzata grazie a incassi downlight a soffitto con un’emissione luminosa morbida e diffusa, abbinata a sospensioni per un’illuminazione più puntuale. Questa attenzione a bilanciare l’illuminazione d’accento con l’illuminazione diffusa, unita all’alta qualità delle sorgenti luminose a Led, crea una visione armonica e suggestiva degli spazi, valorizzando le linee e le volumetrie sviluppate nel progetto architettonico e di interior design. Molta attenzione inoltre è stata dedicata alla “lettura” delle geometrie, con un’ottimizzazione del numero dei corpi illuminanti e una distribuzione delle sorgenti luminose parametrata su riferimenti spaziali molto precisi e regolari. L’inserimento dei corpi illuminanti all’interno di questa architettura, molto pulita e minimale, ha richiesto un’attenzione quasi maniacale all’integrazione tra corpi illuminanti e dettagli architettonici al fine di rendere il meno possibile visibile il corpo stesso e far lavorare in maniera dominante la luce. Troviamo poi un altro esempio di grande integrazione tra architettura e illuminazione nel progetto dell’architetto Diana Terragni per una residenza privata a St. Moritz, per
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la quale abbiamo progettato dei corpi illuminanti ad hoc realizzati con lo stesso legno utilizzato per i rivestimenti e le strutture dell’architettura stessa. L’idea di creare una forte relazione tra l’architettura e i corpi illuminanti ha portato a progettare apparecchi downlight a plafone in legno in cui sono state inserite sorgenti a Led MR16 230V. Anche in questo caso all’illuminazione primaria, morbida e diffusa, ottenuta grazie alle soluzioni citate, sono stati abbinati apparecchi decorativi posizionati nei punti strategici, dove era necessaria un’illuminazione di maggior enfasi. In questo contesto, su richiesta della committenza, gli apparecchi decorativi sono stati scelti con un’emissione luminosa molto morbida e diffusa, in grado di garantire un accento luminoso più soft e confortevole. A completare l’illuminazione sono state infine sviluppate soluzioni integrate negli arredi per enfatizzare situazioni più capillari e mirate. A completamento della gamma dei temi progettuali che coinvolgono le unità abitative non possiamo dimenticare che le vicissitudini che stiamo vivendo da un anno a questa parte e che continuano a influenzare il nostro quotidiano, in abbinamento allo sviluppo della tecnologia, stanno portando alla consapevolezza che le unità abitative extraurbane identificate come case di vacanza e svago possono trasformarsi in luoghi dove assolvere funzioni anche lavorative con ottime performance e una maggiore gratificazione emotiva. Naturalmente ricostruire le condizioni ergonomiche tipiche delle location ad uso ufficio risulta velleitario ma con le dovute attenzioni si possono raggiungere livelli interessanti. Se si dovesse pensare di allestire a livello illuminotecnico un angolo di una stanza o addirittura un locale di queste strutture residenziali si dovrebbero tenere in considerazione i presupposti fondamentali per un comfort adeguato, cioè pensare sempre di unire un’illuminazione di base – circa 200lx/300lx – tramite emissione indiretta a
› RESIDENZE / LUCE
Due immagini della residenza privata di St. Moritz, progetto di interni architetto Diana Terragni, contractor interni Concreta. All’illuminazione primaria ottenuta anche con l’uso dei corpi illuminanti in legno che si integrano con l’architettura si aggiungono elementi decorativi per un’illuminazione più puntuale (ph. courtesy Concreta).
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› RESIDENZE / LUCE
Bicult Led, produzione Trilux, è un apparecchio da tavolo adatto sia per il mondo office sia per il lavoro da casa. Si tratta di una soluzione in grado di combinare una diffusione di luce indiretta a una distribuzione diretta verso il compito visivo. Queste due differenti emissioni possono essere gestite separatamente, anche attraverso un’applicazione, a seconda delle esigenze del fruitore e del contesto ambientale. La tecnologia Led inserita prevede inoltre una curva circadiana memorizzata che adatta automaticamente il colore della luce alla radiazione diurna, garantendo una qualità dell’emissione luminosa costante durante tutta la giornata.
un’illuminazione d’accento in prossimità del compito visivo (area computer, desk operativo, etc.). Nel mercato attuale le proposte illuminotecniche per il mondo office sono molteplici e molto evolute e una soluzione che potrebbe essere di assoluta qualità, fornendo il giusto bilanciamento tra le due tipologie di luce indiretta e diretta, è Bicult Led di produzione Trilux. Si tratta di un apparecchio da tavolo in grado di combinare una diffusione di luce indiretta a una distribuzione diretta verso il compito visivo. Queste due differenti emissioni possono essere gestite separatamente, anche attraverso un’applicazione, a seconda delle esigenze del fruitore e del contesto ambientale. La tecnologia Led inserita prevede inoltre una curva circadiana memorizzata che adatta automaticamente il colore della luce alla radiazione diurna, garantendo una qualità dell’emissione luminosa costante durante tutta la giornata. Abbandonando le tematiche legate agli interni, un’altra caratteristica delle residenze fuori dai contesti urbani è la presenza di aree verdi, che contribuiscono ad arricchire il mood legato al relax e al benessere dell’unità abitativa. Risulta molto importante lavorare con la luce sul tema del verde: la presenza della vegetazione con l’imbrunire tende a diminuire notevolmente la percezione degli spazi, contribuendo a trasmettere una sensazione di non sicurezza. Il mio approccio per questa tematica progettuale è mettere in risalto la vegetazione posizionata in prossimità degli spazi perimetrali che delimitano le aree di pertinenza della residenza; è molto importante infatti dare la percezione della profondità dell’area e l’illuminazione del verde rende facilmente riconoscibili i perimetri, con una sensazione di tutela e la garanzia della piena fruibilità degli spazi. Le scelte illuminotecniche per le molteplici tipologie di piante e di vegetazione che si possono incontrare devono relazionarsi con le caratteristiche del verde stesso; pertanto, è molto importate partire dall’identificazione delle dimensioni, delle
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forme, dei volumi e dal tipo di fioritura che caratterizzano la vegetazione di progetto. Suggestioni e approcci che troviamo ben rappresentati nel progetto di lighting dell’hotel de Russie a Roma sviluppato da Carolina De Camillis e Marco Fibbi con apparecchi Linea Light, che anche se chiaramente si discosta dal giardino di una residenza privata trova rappresentate una gran parte delle tematiche progettuali del verde; qui si percepisce in maniera evidente l’uso della luce con tonalità neutra, 3000K, come strumento per enfatizzare i differenti volumi e le diverse essenze verdi. In abbinamento al verde spesso ci troviamo a lavorare con la luce anche per l’identificazione e la valorizzazione dei percorsi di camminamento, che consentono di fruire in maniera agevole e sicura di tutte le aree esterne delle abitazioni. Durante le ore serali e notturne, la nostra vista risulta molto sensibile agli abbagliamenti pertanto è fondamentale predisporre soluzioni illuminotecniche schermate o con emissioni luminose controllate per fruire della luminosità esclusivamente dove serve, quindi sul piano di calpestio. Un esempio molto interessante in merito a questo approccio è il progetto di Villa Emma dell’architetto Mario Mazzer in cui i bollard luminosi sono di un’altezza proporzionata alle dimensioni del vialetto e dotati di sorgente luminosa schermata alla vista. Anche l’illuminazione dei gradini segue il criterio del comfort, in quanto gli elementi luminosi lineari sono posizionati sempre in maniera tale da non essere percepiti direttamente. In questo esempio la luce diventa la protagonista assoluta e rende leggibile gli spazi mantenendo un benessere generale. Infine, grazie alla tecnologia, anche in questi ambienti lontani dalla città sta diventando sempre più semplice spegnere tutto e tornare a godere della luce poetica che una stellata notturna è in grado di regalare
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› RESIDENZE / LUCE
In Villa Emma (architetto Mario Mazzer, ph. courtesy Lapitec) le sorgenti luminose sono schermate alla vista. Sotto, il giardino dell’hotel de Russie, ristrutturazione architettonica Pietro Paolo Lateano, landscape Sofia Varoli Piazza, consulenza illuminotecnica Carolina De Camillis e Riccardo Fibbi, apparecchi Linea Light (ph. courtesy Linea Light).
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› RESIDENZE
Vetrata sui due lati rivolti verso l’interno, la corte con la piccola piscina diventa una stanza a cielo aperto. A destra, un’ampia vetrata amplia verso l’esterno un ambiente di soggiorno al piano rialzato (ph. courtesy Millone Serramenti).
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› RESIDENZE
T HOUSE, SAVIGLIANO
NEL PROGETTO DI MASSIMO ROSA AMBIENTI MINIMALI E UNA PIANTA FLUIDA TRASFORMANO GLI SPAZI DI UN’ABITAZIONE DEGLI ANNI SESSANTA CHE UN INNESTO VETRATO A DOPPIA ALTEZZA RIEMPIE DI LUCE NATURALE
LA CASA-STUDIO DI UN ARCHITETTO Design, luminosità, comfort e innovazione sono i cardini del progetto dell’architetto Massimo Rosa per T House, la sua casa-studio a Savigliano, nel cuneese. Ispirato al rigore dello stile giapponese, il progetto è una villa bianca e luminosa, dalle linee razionali che creano volumi sovrapposti con ordine e razionalità. Luogo deputato al benessere del nucleo familiare, T House nasce da un attento intervento di recupero di una casa anni Sessanta preesistente, con l’ampliamento dei volumi abitativi attraverso la creazione di un particolare involucro antistante uno spazio aperto concepito come una stanza a cielo aperto, con una piccola piscina che, con la panca in pietra e un acero, diventa una sorta di paesaggio domestico. Il progetto vede la disposizione di due volumi intrecciati, netti e leggeri: il risultato è un’a-
bitazione monofamiliare composta da diverse facciate sovrapposte, segnate da aperture posizionate ad arte. È la luce naturale a essere protagonista degli ambienti e a definire gli spazi, in un’ottica green e minimalista. Il layout presenta al piano terra un percorso tra lo studio, la zona giorno, la cucina, il terrazzo e la corte, al piano primo la zona notte, mentre sulla copertura piana un cubo completamente vetrato è pensato per momenti di calma, solitudine e relax. All’interno, le divisioni tra spazio abitativo e spazio lavorativo dello studio di architettura sono minime. Massimo Rosa ha curato in maniera minuziosa i rapporti tra destinazioni d’uso degli ambienti: le aperture si affacciano – dagli spazi privati del piano primo – direttamente sul giardino, sulla corte interna e sulla
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› RESIDENZE
Studio Massimo Rosa Architetto Massimo Rosa (1971) si laurea in Architettura nel 1996 al Politecnico di Torino e l’anno seguente fonda lo studio che porta il suo nome, specializzato in progetti residenziali per una committenza privata. Improntati al rigore e alla semplicità, anche nel recupero di volumi esistenti i lavori dello studio si caratterizzano per l’attenzione alle proporzioni, alla funzione e all’armonia con volumi netti e leggeri, caratterizzati da ampie porzioni vetrate e per lo più a copertura piana. Lo studio, che combina differenti competenze, opera a livello nazionale anche su spazi commerciali e showroom. www.massimorosaarchitetto.it
Complementi Gufram nel living. A destra, le piante dell’abitazione. Sotto, leggeri diaframmi fanno della loggia sul retro un ambiente a metà tra indoor e outdoor (ph courtesy Millano Serramenti).
CREDITI Località Savigliano Progetto architettonico Studio Massimo Rosa Architetto
Progetto strutturale Studio Curti & Saffirio Progetto termotecnico Studio Termica Progetti Progetto impianto elettrico Studio STP Impresa principale Alasia Costruzioni Serramenti Schüco Installatore Millone Serramenti (partner Schüco) Superficie 240 mq Cronologia 2018-2020 [ 112 ]
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› RESIDENZE
In alto la zona giorno e a destra un ambiente di lavoro. Sottili profili in alluminio Schüco hanno permesso di realizzare ampie superfici vetrate che riempiono di luce gli ambienti (ph. courtesy Millone Serramenti).
zona studio, in un costante equilibrio tra dimensione privata e pubblica. La leggerezza, qui intesa come valore architettonico fondamentale, viene espressa attraverso le scelte dei materiali, l’estetica e la funzionalità: all’esterno si esprime nella trasparenza delle numerose parti vetrate e nel senso di ‘galleggiamento’ del piano terra; negli interni, invece, la leggerezza è ottenuta con la creazione di zone a doppia altezza tra piano terra e piano primo e con i due scorrevoli Schüco con profili minimali che definiscono due pareti della ‘stanza a cielo aperto’. Il cuore della zona giorno è uno spazio dal soffitto alto 6,50 metri, pieno di luce. Il senso degli ambienti è poi rafforzato dal trattamento astratto delle pareti dipinte di bianco assoluto. Questo amplifica la sensazione di levità dell’insieme, mentre una serie di vetrate a sviluppo orizzontale dona ulteriore apertura e respiro. Le grandi aperture vetrate inquadrano, da ogni spazio della casa, il panorama del cielo e del giardino come opere d’arte
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SCHÜCO Per la sua abitazione-studio Massimo Rosa ha scelto serramenti in alluminio Schüco, progettati e installati da Millone Serramenti. In particolare, è stato selezionato il sistema Schüco ASE 67 PD, che grazie ai profili snelli e alle sezioni in vista ultrasottili ha consentito di trasformare gli interni dell’abitazione, massimizzando l’apporto di luce naturale. Il sistema scorrevole è dotato di soglia piana 0-Level, che ne facilita la movimentazione e semplifica gli spostamenti delle persone da un ambiente all’altro, garantendo la connessione
tra interno ed esterno: il serramento non è più barriera ma si fa soglia tra uomo, casa, indoor e natura. Completano il progetto le finestre in alluminio Schüco AWS 75 e il sistema per facciate panoramiche Schüco FWS 35 PD con cui sono state realizzate le pareti vetrate completamente trasparenti che dividono gli ambienti di soggiorno dalla corte interna caratterizzata dallo specchio d’acqua. www.schueco.it
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› RESIDENZE
Casa Kinoya LA CAMPAGNA TREVIGIANA COMPENETRA GLI SPAZI INTERNI NEL PROGETTO DI BIOARCHITETTURA DI DAVIDE CERON PER UN’ABITAZIONE NEL PARCO REGIONALE NATURALE DEL SILE
Davide Ceron Davide Ceron (Treviso, 1980) si laurea in Architettura delle costruzioni presso l’Università Iuav nel 2007 e l’anno successivo inizia la professione dedicandosi allo studio di progetti residenziali e commerciali, concentrandosi in particolare sul tema della casa. Nel 2009 fonda l’Associazione Giovani Architetti di Treviso (Agatv) di cui è consigliere fino al 2016. Dal 2012 è assistente di insegnamento presso l’Università Iuav. Nel 2020 fonda Nida Architetti, studio associato di progettazione architettonica. www.nidaarchitetti.it [ 114 ]
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Dalle polle sorgive di Vedelago alla laguna di Venezia, il percorso del Sile disegna un’area umida oggi tutelata dall’Ente gestore dell’omonimo parco naturale regionale. Un’area che per secoli ha favorito lo sviluppo di poderi di dimensioni contenute, con numerosi casali sparsi che punteggiano il territorio tra un agglomerato e l’altro della marca trevigiana. L’opera di tutela dell’ente gestore ha il merito di salvaguardare questo paesaggio dal disordinato sviluppo urbanistico dell’ultimo mezzo secolo ma, allo stesso tempo, le raccomandazioni estetiche rimandano a un linguaggio vernacolare da presepe, con esiti leziosi e poco adatti agli stili di vita contemporanei. Ancor più significativo risulta dunque il progetto di casa Kinoya (in giapponese “casa tra gli alberi”). Completato nel 2019 sul confine
del Parco Regionale, è un progetto di bioarchitettura che nella forma archetipica del volume rettangolo con copertura a doppia falda rinuncia però a sporti, gronde e scuri tradizionali per creare una compenetrazione tra esterno e interno favorita da grandi serramenti, chiusi e scorrevoli. Poggiata su fondazioni a vespaio aerato con sovraisolamento a vasca, casa Kinoya – nome scelto dai committenti – si sviluppa su un unico piano, con una pianta libera, altezze generose (5,5 metri nel punto più alto) e poche partizioni interne, in modo da favorire la massima permeabilità verso l’esterno, con il bosco e i campi coltivati che diventano parte integrante del paesaggio domestico. Scavata nel volume rettangolare, una loggia di più di 7 metri di lunghezza fa da ingresso principale dell’abitazione e nella bella stagione,
› RESIDENZE
A pianta libera su un solo piano, l’abitazione si apre verso gli alberi del paesaggio agricolo con un’ampia vetrata Minimal Frames che trasforma la loggia (a sinistra) in un’estensione del living. A destra, scorcio dell’ambiente interno: le finestre creano continuità visiva e formano ‘quadri’ sul paesaggio (foto courtesy Agostini Group).
CREDITI Località Casale sul Sile (Tv) Committente privato Progetto architettonico Davide Ceron Superficie 140 mq Costruttore Stilenatura Tecnologia costruttiva X-Lam Serramenti Minimal Frames Agostini Group
aprendo lo scorrevole a tutt’altezza Minimal Frames di Agostini Group, diventa un’estensione en plein air del living. Costruita da Stilenatura di Paese (Treviso) Kinoya ha struttura in Xlam in legno di abete rosso coibentata con un ‘cappotto termico’ di lana di vetro di 14 cm di spessore e travi lamellari che reggono una copertura ventilata in lamiera grecata con 22 cm di fibrolegno, coibentata all’interno in lana di vetro. Pannelli fotovoltaici in copertura producono i 6,5 kW necessari ad alimentare una pompa di calore aria-acqua che fornisce l’energia termica per il riscaldamento radiante a bassa temperatura, il raffrescamento a pavimento e l’acqua calda sanitaria. Un impianto di ventilazione meccanica controllata assicura il ricambio d’aria e la deumidificazione degli ambienti
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MINIMAL FRAMES I profili in alluminio a taglio termico Minimal Frames di Agostini Group favoriscono la migliore relazione con l’esterno pur garantendo elevate prestazioni in termini di isolamento termo-acustico. Con Minimal Frames è possibile realizzare ante scorrevoli ampie fino a 12 m2, mantenendo un nodo centrale di soli 30 mm, con un telaio completamente a scomparsa su tutti e 4 i lati. Supportano un peso massimo fino a 800 kg, con uno spessore della vetrazione da 30 a 54 mm. Completano il quadro un sistema di scorrimento con un minimo di 8 ruote in acciaio inox per ogni anta, drenaggio e scarico acqua e chiusura a due punti per una maggiore sicurezza. La trasmittanza termica varia da
0,7 a 1,3 Uw (secondo la vetrazione adottata) e presenta un abbattimento acustico fino a 45 dB, resistenza al vento in classe 5, tenuta all’acqua in classe 7A e permeabilità all’aria in classe 4. L’antieffrazione può essere certificata fino alla classe RC2. In Kinoya sono state montate vetrazioni 55.2 be, camera con gas argon e distanziale termico Super Spacer per una trasmittanza termica Uw=1,2 W/m2K. La finitura è nero 9005 goffrato. La vetrata misura 7,5 metri di larghezza per un’altezza di 2,55. È composta da 3 ante – quella di misura inferiore rappresenta la porta di ingresso – con peso rispettivo di 370+370+190 kg. www.agostinigroup.com
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› RESIDENZE
Sopra, intorno alla piscina i lettini Atlantico e i tavolini di servizio Pop. A destra, le sedute colorate Net e il tavolo allungabile Rio. Nella pagina a fianco, gli spazi aperti di Borgo Aratico con il sistema di sedute modulare Komodo. Tutto di Nardi. Credit photos: Daniele Brescia.
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› RESIDENZE
Floriana Errico Laureata in architettura a Firenze, nel 2005 Floriana Errico apre il proprio studio a Bari concentrandosi sui temi della sostenibilità, della bioarchitettura e del design di interni. Lo studio lavora inoltre attivamente nel campo del restauro conservativo di strutture antiche in linea con il loro contesto di appartenenza. Errico è certificatore energetico convalidato Sacert. www.florianaerrico.it
CREDITI Località Monopoli Project design Floriana Errico Progettazione impiantistica Studio Pellegrini Infissi in legno PB Finestre Arredi outdoor Nardi Anno 2019
Tra gli ulivi della Val d’Itria NEL RECUPERO DEL COMPLESSO RURALE DI BORGO ARATICO GLI AMBIENTI INTERNI SI FONDONO CON GLI SPAZI ALL’APERTO CHE IL CLIMA MEDITERRANEO CONSENTE DI FRUIRE PER LA MAGGIOR PARTE DELL’ANNO
Risalente al 1889, il complesso di Borgo Aratico, formato da una masseria principale, un sistema di 16 edifici pluricellulari con copertura a candela (trulli) e un fienile con la tipica copertura a cummersa è stato ristrutturato dall’architetto Floriana Errico coniugando le odierne esigenze di comfort con la salvaguardia dell’architettura rurale tradizionale. Particolare attenzione è stata prestata al recupero della pietra locale che caratterizza il complesso, utilizzata nei soffitti voltati (dove è stata lasciata a vista), nella maggior parte delle pavimentazioni in ‘chianche’, negli archi che sormontano le aperture e
nei bassi muretti a secco che delimitano gli spazi aperti, recuperati da mastri trullari con la stessa attenzione dedicata agli ambienti interni e che rappresentano uno dei motivi di fascino del complesso. L’arredo di questi spazi aperti è stato affidato alle collezioni che Raffaello Galiotto ha disegnato per Nardi: le sedute imbottite modulari Komodo nei toni del tortora e del grigio per un angolo conversazione all’ombra di una grande tenda; il tavolo allungabile Rio e le sedute colorate Net per le cene open air; i lettini Atlantico e i tavolini di servizio Pop intorno alla piscina. Se finora, come in questo caso, il recupe-
ro di costruzioni rurali ha assunto finalità turistiche, le condizioni create dalla pandemia e i limiti mostrati dalle città favoriscono la scoperta delle potenzialità di territori aperti vicini a centri urbani ricchi di storia – Borgo Aratico è poco lontano da Monopoli – e serviti da buone connessioni digitali come possibili alternative residenziali, per una nuova qualità di vita e con ampi spazi aperti fruibili per buona parte dell’anno
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› RESIDENZE
La piscina a sfioro che domina il lago di Iseo
Foto Mattia Aquila
Le soluzioni scelte per la piscina Fluidra progettata per una residenza privata sul lago di Iseo ottimizzano il consumo energetico, la silenziosità e il consumo di prodotti chimici per il trattamento dell’acqua. La tecnologia offerta dal Gruppo Fluidra e dai brand di proprietà come AstralPool e Zodiac garantisce i progettisti, i costruttori di piscina e i manutentori sulla qualità degli impianti per progetti energeticamente efficienti e fortemente automatizzati. [ 118 ]
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Fondata nel 1969, l’azienda Fluidra ha una lunga esperienza nello sviluppo di prodotti e servizi innovativi nel mercato globale delle piscine residenziali e commerciali. La tecnologia Fluidra è un valore aggiunto che non solo permette di realizzare un sogno ma lo rende un investimento funzionale e duraturo. Ne è un esempio la realizzazione di Fluidra sulle sponde del lago di Iseo che nel 2019 ha vinto il Best Residential Pool Award alla fiera Piscine & Wellness di Barcellona. La piscina riesce a combinare funzionalità e un’estetica di grande impatto, valorizzando la bellezza del paesaggio. Il bordo a sfioro con cascata crea una sorta di continuum con lo specchio d’acqua del lago su cui si affaccia la proprietà. Il funzionamento del sistema a sfioro, che caratterizza il lato della piscina che protende verso il pendio, è molto semplice: l’acqua fuoriesce dal bordo vasca e viene raccolta nella canaletta perimetrale, convogliata verso la vasca di compenso e immessa nel sistema di ricircolo dove, una volta filtrata e disinfettata, ritorna in vasca tramite le bocchette di mandata.
Il rivestimento dell’area circostante e della cascata è in grès porcellanato, mentre per il rivestimento interno della piscina è stato selezionato un decoro a mosaico. Igiene, limpidezza e trasparenza dell’acqua sono garantiti da appositi sistemi che presiedono alla circolazione e alla disinfezione. L’impianto di filtrazione è dotato di filtro AstralPool mentre la pompa di filtrazione a velocità variabile è Flo Pro Vs di Zodiac: entrambe società facenti capo al gruppo Fluidra. La vasca, inoltre, dispone di un impianto Idromassaggio AstralPool ed è attrezzata con un impianto di illuminazione con fari Led AstralPool con tecnologia di illuminazione di alta qualità (Tql) integrata. Una scelta, quest’ultima, in grado di garantire maggiore efficienza energetica in piscina grazie all’uso delle lampade a led LumiPlus, oltre a permettere l’utilizzo della piscina e il godimento della vista dello specchio d’acqua anche nelle ore notturne
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www.fluidra.com
› RESIDENZE
La dimensione orizzontale dei volumi e lo slancio dinamico del corpo della villa, che sembra protendersi verso il mare, sono rafforzati dalla copertura e dal solaio intermedio che diventa tettoia per una zona filtro tra interno ed esterno.
The Wave House le finestre sul mare Tra il mare e il sole di Malaga, in un territorio collinare a breve distanza dalla Costa del Sol, The Wave House deve il proprio nome all’onda della copertura oltre che al mare cui guarda dall’alto. Le scelte architettoniche di Cacopardo Arquitectos contribuiscono a eliminare il confine tra interno ed esterno: la sistemazione dello spazio outdoor, la piscina e le soluzioni progettate da Uniform per l’involucro trasparente dell’abitazione testimoniano la volontà dei committenti di essere sempre in contatto con la natura circostante. A ciò si deve quindi l’impostazione della facciata principale dell’edificio caratterizzata dalle ampie superfici vetrate a doppia
altezza, rese possibili grazie a serramenti di grandi dimensioni e dalle performance elevate. I progettisti hanno optato per il sistema Uniform 5000S, utilizzato sia per le finestre a ribalta sia per le porte scorrevoli. Il sistema misto legno-alluminio vede all’esterno l’utilizzo di profili in alluminio strutturato colore RAL 8014 mentre all’interno si è optato per un Wenge 9068. Una soluzione che permette di affiancare alle caratteristiche di resistenza alla corrosione dell’alluminio, indispensabili in un progetto come questo inserito in un ambiente a forte concentrazione salina, le qualità estetiche del legno. La progettazione e la scelta di materiali e
INVOLUCRO TRASPARENTE PROGETTATO COME UNA SCANSIONE MODULARE CON PARTIZIONI VETRATE A DOPPIA ALTEZZA PER RAFFORZARE LA CONTINUITÀ TRA INTERNO ED ESTERNO DI UNA VILLA CONTEMPORANEA DAI TRATTI MEDITERRANEI
tecnologie sono finalizzati all’ottenimento di una certificazione di efficienza energetica Passivhaus Classic, a testimonianza dell’attenzione all’ambiente e al benessere dell’uomo in ogni fase del progetto. In particolare il focus ha riguardato il comfort termico e acustico, il risparmio energetico complessivo e la salubrità degli ambienti, grazie alla qualità dell’aria proveniente dal sistema di ventilazione con recupero di calore che garantisce la filtrazione di particelle, pollini, polveri. I serramenti sono prodotti da Roman Windows and Doors
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www.uniform.it
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Recupero Conservazione
FONDERIA 1, FOLLONICA
ARCHEOLOGIA
INDUSTRIALE
NELL’INTERVENTO DI POLITECNICA, AL RESTAURO FILOLOGICO BASATO SULLA RICERCA STORICA E SULL’ANALISI DEL MANUFATTO SI ACCOMPAGNA UN INTERVENTO CHE RICOSTRUISCE LA MEMORIA DEL PASSATO INDUSTRIALE
Politecnica Ingegneria e Architettura
Abbandonata nel 1960, l’area ex-Ilva di Follonica è stata oggetto di un piano integrato di sviluppo sostenibile (Piuss) con la realizzazione del Parco delle Ferriere e il recupero e trasformazione a fini pubblici e culturali di alcuni edifici industriali. La storia dell’area risale al Cinquecento e prosegue con i primi insediamenti per lo sfruttamento delle cave ferrose dell’Elba voluti da Cosimo I de Medici e potenziati, due secoli dopo, da Leopoldo Asburgo Lorena. È in questo contesto storico che si deve inquadrare l’opera di recupero, progettata e condotta da Politecnica, dell’edificio della ‘Fonderia 1’, risalente al 1546 e ampliato e trasformato, negli anni del primo Novecento, in fonderia con la costruzione di due cubilotti (forni a struttura verticale in mattoni refratta-
Con 41 soci e oltre 240 collaboratori, Politecnica Ingegneria e Architettura è una delle maggiori società italiane di progettazione integrata (occupa la trentesima posizione nella classifica 2020 di Aldo Norsa). Tra le prime società ad adottare la metodologia di progettazione in Bim, Politecnica ha sempre fatto dell’integrazione tra competenze diverse il proprio punto di forza. Da più di dieci anni, dopo un primo intervento alle ex-tornerie Fiat di Torino, la società ha maturato una notevole esperienza negli interventi di archeologia industriale, un settore di particolare importanza nel nostro Paese per le molteplici opportunità di riconversione e valorizzazione che presenta e che – ci spiega l’architetto Alessandro Uras di Politecnica – anche alla luce del D.Lgs 42/2004 sulla tutela degli edifici pubblici con più di settant’anni di vita, richiede specifica esperienza e competenza progettuale. Il progetto di Follonica che presentiamo in queste pagine è indicativo dell’approccio della società al tema del restauro e recupero di beni pubblici, al pari di un numero di altri progetti tuttora in corso, dalla trasformazione – spiega Beatrice Gentili (foto), direttore commerciale della società – dell’antico complesso ospedaliero di Pavia nel nuovo Campus della Salute del Policlinico San Matteo al recupero dell’ex-fornace Piva di Riccione che diventerà un museo del territorio. Recentemente Politecnica ha vinto la gara per il recupero e la trasformazione dell’ex-cotonificio di Alghero, attualmente in corso di progettazione, e per il recupero dell’ex silos di Arborea, sempre in Sardegna. www.politecnica.it
Fonderia 1, l’intonaco di facciata su via Roma (a sinistra, il nuovo ingresso) riprende il rosso porpora del vecchio insediamento industriale. Nella foto in alto, sul lato rivolto verso il parco delle Ferriere il portico con gelosie in cotto intonacato (ph. courtesy Politecnica).
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CREDITI Località Follonica Programma Spazio espositivo e fieristico Committente Comune di Follonica Progetto definitivo, esecutivo, direzione lavori e coordinamento sicurezza Politecnica Ingegneria e Architettura
Team di progettazione Beatrice Gentili (capo progetto), Luca Barontini, Bernardo Mazzocchi, Guglielmo Maccioni (architettura), Andrea Del Cerro, Gaetano Susca (strutture), Marcello Gusso, Francesco Frassineti, Alessio D’Amore (impianti)
Coordinamento sicurezza Stefano Caccianiga Impresa Delisio Costruzioni Superficie 2.400 mq Importo lavori 4.300.000 euro Cronologia 2010-2015
ri) e l’innalzamento della copertura della facciata a ovest, creando quell’asimmetria che ne caratterizza il prospetto su via Roma. Il progetto sviluppato da Politecnica ha inteso valorizzare l’immobile al momento di tale trasformazione, realizzando una costruzione contemporanea che facesse rivivere la ‘torre dei cubilotti’, parzialmente demolita decenni prima ma la cui sagoma era tuttora evidente, perché ogni pietra e mattone della Fonderia 1 narra la storia di una fabbrica che fu culla di generazioni di follonichesi pronti a fare del ferro la loro arte. Il pregio storico del fabbricato ha imposto una serie di verifiche riguardanti gli aspetti storico-architettonici tipiche del restauro di edifici vincolati, decidendo, in accordo con la locale Sovrintendenza, di operare in termini di recupero filologico. Gli interventi riguardanti gli elementi orizzontali sono stati condotti con azioni parziali volte a ridurre i carichi verticali e le masse sismiche e ad aumentare il livello di legatura alle pareti perimetrali. Quelli relativi alle coperture hanno comportato il completo rifacimento delle coperture delle navate laterali e della testata ortogonale e la conservazione delle capriate lignee della testata principale. Prima della posa delle tegole marsigliesi, nuove e recuperate, le coperture sono state isolate e aerate con il sistema Isotec di Brianza Plastica. È stato altresì realizzato un nuovo solaio per il piano soppalco di una delle navate laterali, due nuove scale e l’inserimento di un ascensore. Pavimentati in cemento industriale il piano terra, con un tavolato in legno il soppalco, [ 122 ]
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mentre per i locali voltati al primo piano è stata recuperata la pavimentazione in marmette. I serramenti esterni sono stati sostituiti con profili di acciaio verniciato e vetrocamera con vetrazione basso-emissiva. Per il porticocaffetteria all’aperto, posto in posizione baricentrica rispetto al Parco delle Ferriere, sono state previste gelosie in cotto intonacato e tinteggiato. Tutte le murature esterne e interne sono state restaurate riproponendo le caratteristiche storiche di finitura con il rifacimento di intonaci a base di calce aerea a trama grossa e la colorazione in rosso porpora che caratterizzava l’insediamento industriale. Per il nuovo elemento a torre è stata proposta invece una facciata intonacata e tinteggiata in colore chiaro, sui toni delle terre, con elementi grigliati in muratura, in corrispondenza delle aperture, anch’essi intonacati e tinteggiati. Oggi, con tre grandi cubi lignei che scandiscono il ritmo della navata centrale esaltandone la limpida prospettiva, l’architettura rimodella lo spazio di Fonderia 1 con quella connotazione scenografica adatta a trasformarlo in un nuovo luogo per l’arte contemporanea
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L’interno di Fonderia 1, con i tre cubi lignei che formano un’architettura dentro l’architettura (ph. courtesy Politecnica).
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Recupero Conservazione
Sul fianco occidentale l’edificio di nuova costruzione, sull’impronta della preesistente ‘torre dei cubilotti’, ne rinnova la memoria (ph. courtesy Politecnica).
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Campo e controcampo, dal basso e dall’alto, dell’ala ovest di Villa Contarini dopo l’intervento di restauro (ph. ©Alessandra Bello).
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Recupero Conservazione
VILLA CONTARINI, PIAZZOLA SUL BRENTA
PATRIMONIO STORICO
E BENE PUBBLICO
RECENTEMENTE È STATO ULTIMATO UN COMPLESSO INTERVENTO DI RESTAURO CHE HA RIGUARDATO LE COPERTURE E LE FACCIATE DI UNA DELLE PIÙ GRANDI VILLE VENETE. PROGETTO E DIREZIONE DEI LAVORI DEGLI ARCHITETTI FIDENZIO E ALESSANDRO DAL CORSO E FILIPPO TONERO
ph ©Alessandra Bello
Dal Corso & Scapin Architetti
Il progetto è di Andrea Palladio ma la costruzione iniziò più di un secolo dopo, nel 1662, e nel 1676 venne avviato un progetto di ampliamento e abbellimento rimasto incompleto. Ciò nonostante la villa rimane una delle più imponenti della riviera del Brenta, con una facciata lunga complessivamente 180 metri. Cambi di proprietà, funzioni e gusti estetici furono motivo nei secoli di interventi diversi, inclusi quelli operati nella seconda metà del Novecento dall’ultimo proprietario. Nel 2005 la villa fu acquistata da Regione Veneto per essere destinata a funzioni culturali, espositive e didattiche. Nel contempo la Regione deliberava interventi di restauro ormai urgenti, sia per quanto riguardava le coperture sia sulle facciate. Diviso in due lotti, l’intervento sulle coperture,
Fondato da Fidenzio Dal Corso (Santa Maria di Sala, 1956), nella foto, e da Chiara Scapin (Noale, 1964), entrambi laureati in Architettura all’Università Iuav, lo studio è specializzato in opere pubbliche, in particolare edifici scolastici, interventi di restauro conservativo e riqualificazione di strutture esistenti. Dal 2007 si avvale tra gli altri della collaborazione di Alessandro Dal Corso (Dolo, 1988, laureato presso la facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara), con Filippo Tonero coautore dell’intervento di Villa Contarini. All’attività professionale Alessandro unisce esperienze internazionali in Francia e in Giappone, dove ha collaborato a importanti progetti con gli studi di Kengo Kuma e, per quasi due anni, di Sou Fujimoto. www.desarchi.it
Il fronte principale di Villa Contarini, preceduto dall’emiciclo che caratterizza tutt’oggi la Piazza Grande di Piazzola sul Brenta. In alto, dettaglio delle terrazze dopo l’intervento di restauro (ph. ©Alessandra Bello).
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Recupero Conservazione
Accanto, la scala sommitale dopo il restauro. A sinistra, particolare del corpo ovest e, sotto, la facciata nord della villa in tutta la sua lunghezza (ph. ©Alessandra Bello).
con la rimozione dei coppi ammalorati e delle malte e sigillature incongrue di precedenti interventi, conservando invece per la ricollocazione successiva gli elementi in buono stato, ha previsto il trattamento conservativo e il rinforzo strutturale dell’orditura lignea, la successiva posa del tavolato strutturale protetto da membrana impermeabilizzante in poliolefine flessibile FPO a cinque strati e la sigillatura di raccordi e connessioni. Il progetto ha previsto anche il restauro della terrazza sommitale e della scala che vi conduce, nonché parziali interventi nei punti in cui i controsoffitti interni risultavano più danneggiati dalle infiltrazioni di acqua. Anche le facciate a nord, rivolte verso i 40 ettari di terreno un tempo coltivo e oggi sistemato a parco, richiedevano un restauro conservativo, eseguito rimuovendo la malta cementizia per riportare a nudo gran parte della muratura in laterizio. Una volta consolidata e risarcita la muratura mediante operazioni di scuci-cuci si è proceduto con la realizzazione di rinzaffo e intonacatura mediante applicazione della malta da intonaco Fortis Intonaco GR12
di Calchèra San Giorgio: una malta minerale traspirante, composta di calce aerea pura, pozzolane naturali micronizzate e aggregati calcareo-silicei selezionati in curva granulometrica continua, priva di sali e di clinker. Infine è stata eseguita manualmente la stesura di finitura con un tonachino realizzato a campione nei laboratori dell’azienda a Grigno Valsugana sulla base del tono dell’intonaco originale rinvenuto dopo il restauro, che ha riguardato altresì le sole porzioni originali di intonaco a marmorino presenti sul fronte ovest del corpo di fabbrica centrale, soggette a distacco e la cui colorazione era stata in parte assorbita dalla malta stesa in precedenti interventi. Dopo un intervento meccanico di descialbo sono state realizzate – con malta composta da grassello di calce stagionato, polvere di pietra giallo Mori, polvere di Botticino e sabbia di fiume – le stuccature per il ripristino dei fori eseguiti. Le zone interessate da differenti cromie sovrammesse non rimediabili sono state velate a calce mediante applicazione di Tinteggio a Calce Calchèra San Giorgio opportunamente diluita, una pittura al latte di calce temperata con additivi naturali nobilitanti e colorata con terre naturali inorganiche resistenti ai raggi UV. Elementi decorativi originariamente in pietra ma in passato sostituiti da rifacimenti in cemento sono stati puliti con acqua a media pressione e detergenti biocidi e mantenuti, rimuovendo le sole porzioni particolarmente degradate, sostituite con malta modellabile a spessore, minerale, traspirante, composta di calce aerea pura, pozzolane naturali micronizzate, polveri di marmo e sabbie calcareosilicee, in una formulazione sviluppata ad hoc nei laboratori di Calchèra San Giorgio. Ha concluso l’intervento la stesura di colore a base silossanica per l’accompagnamento cromatico delle superfici alla limitrofa superficie in pietra. Restaurate infine le parti in pietra, prevalentemente mediante pulitura e consolidando gli elementi che presentavano fratture mediante incollaggi con resina epossidica e inserimento di perni in vetroresina o acciaio nei punti più delicati; gli infissi e relativa ferramenta e gli scuri
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CALCHÈRA SAN GIORGIO Le facciate di Villa Contarini sono state rifinite con Tonachino Calchèra San Giorgio espressamente formulato, composto di Calce Pozzolanica Pantheon, polveri di pietra e sabbie di fiume selezionate per colore e granulometria. Il materiale è stato realizzato sulla base delle caratteristiche mineralogiche, granulometriche e cromatiche dell’intonaco originario rinvenuto durante il restauro. Il legante, ottenuto dopo un’approfondita indagine sulle malte Romane e denominato ‘Calce Pozzolanica Pantheon’, è la sintesi di tutti i leganti descritti nei documenti d’archivio. Antico e avveniristico insieme, questo legante ha eccellenti caratteristiche di resistenza e durabilità, è altamente traspirante, perfettamente compatibile con le strutture storiche d’ogni tempo ed estremamente versatile nella preparazione di materiali per il restauro, il risanamento e l’architettura sostenibile. Si possono infatti studiare e comporre su richiesta materiali ad hoc per i cantieri di destinazione, mediante l’impiego di materie prime storiche. www.calcherasangiorgio.it
CREDITI Località Piazzola sul Brenta Committente Regione Veneto Progettisti variante e direttori dei lavori architetti Fidenzio Dal Corso e Filippo Tonero
Restauratori Mauro Vita, Francesca Bellavitis, Micaela Bortolotto
RUP Ingegnere Stefano Angelini Imprese esecutrici Ducale Restauro Srl (primo lotto), Impredil Srl (secondo lotto)
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Il restauro operato da Forme d’Acqua prevede anche il controllo centralizzato dei getti e la possibilità di creare diversi scenari luminosi.
Il ripristino tecnologico della fontana di Oneglia Private delle antiche, indispensabili funzioni di infrastrutture urbane, durante il Rinascimento e ancor più in epoca barocca le fontane pubbliche – Open Street Map in Italia ne conta 3.366 – assunsero quel ruolo decorativo e monumentale che possiedono tuttora. Come la fontana di piazza Dante, a Oneglia, realizzata nel 1956 da Virgilio Audagna e assurta addirittura a biglietto da visita della città. Recentemente, come parte di un più ampio progetto di riqualificazione urbana, il Comune di Imperia ne ha affidato il restyling a Forme d’Acqua Venice Fountains, che ha realizzato i lavori seguendo la progettazione tecnica [ 128 ]
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del restauro curata dall’ingegnere Marco Savini. Coordinate da Forme d’Acqua, le opere edili hanno riguardato la pulizia e il ripristino dei marmi, l’impermeabilizzazione della vasca e la rimozione della vecchia corona di ugelli e della tecnologia obsoleta, mentre l’azienda e-Gardening si è occupata del recupero e ripristino dell’area verde circostante. Cinque pompe Fluidra aspirano e rimettono in circolo, ottimizzando le gestione delle risorse idriche, l’acqua del maestoso ugello Geiser centrale, il cui getto raggiunge i tre metri di altezza, quella che alimenta i 96 ugelli perimetrali Oase Comet e
l’acqua che sgorga dai quattro putti. Centralizzato il controllo automatico di tutte le funzioni, inclusa la regolazione dei sedici spot Led che consentono di realizzare scenografie luminose. Se oggi, a causa dei cambiamenti climatici in atto, la gestione dell’acqua sta via via assumendo nuove funzioni, integrando nel progetto di paesaggio e dello spazio pubblico i bacini idrici come elementi di resilienza verso fenomeni meteorologici estremi sempre più frequenti, rimane comunque fondamentale conservare, riqualificandola, la memoria storica e l’identità culturale inscritte nelle stratificazioni della città storica, non ultime le fontane, siano esse barocche o novecentesche
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www.formedacqua.com
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Recupero Conservazione
ILLUMINAZIONE URBANA, LEGNANO
DISEGNARE
GLI SPAZI URBANI NEI CONTESTI URBANI L’ILLUMINAZIONE ARTIFICIALE HA UNA GRANDE RESPONSABILITÀ: RESTITUIRE IDENTITÀ AI LUOGHI E VALORIZZARE LO STRAORDINARIO PATRIMONIO ARCHITETTONICO E CULTURALE DEL NOSTRO PAESE. IL PROGETTO DI VOLTAIRE PER IL CENTRO STORICO DI LEGNANO
di Jacopo Acciaro
Disegnare gli spazi, restituire la percezione dei luoghi e dei volumi, riconsegnare le aree urbane ad una vivibilità in totale sicurezza sono obiettivi da perseguire con forza nelle città così come nei piccoli centri extraurbani, spesso dotati di un’illuminazione artificiale non adeguata, al limite della fruibilità e della sicurezza. È doveroso che la qualità degli spazi debba essere mantenuta anche all’imbrunire, proprio quando il nostro quotidiano ci porta a vivere gli spazi esterni con maggior attenzione e interesse. L’approccio progettuale per un buon progetto di lighting parte da una conoscenza culturale del luogo a 360 gradi e tecnicamente orientato a sviluppare soluzioni sia sui piani orizzontali che su quelli verticali al fine di rendere percepibile la tridimensionalità dell’architettura, degli spazi e comprendere quali sono le caratteristiche che li contraddistinguono. La valorizzazione delle aree e la capacità di restituire una lettura spaziale dei luoghi devono sempre essere abbinate a una sensazione di sicurezza che incentivi la fruibilità delle aree stesse, le attività commerciali e quindi la relazione di fiducia tra i fruitori e la città notturna. Le tematiche interessate sono molteplici e coinvolgono architetture, monumenti, percorsi pedonali, parchi, etc. che devono far parte spesso degli stessi scenari luminosi in maniera equilibrata e sinergica. Un progetto che ha rappresentato per il nostro studio una grande occasione di approfondimento delle tematiche sopra descritte è stato l’illuminazione del centro storico pedonale della città di Legnano, in provincia di Milano: una cittadina di circa 60.000 abitanti che vive una realtà molto vivace e con una forte attitudine all’aggregazione sociale. La morfologia dell’area, caratterizzata dalla presenza di architetture con caratteristiche differenti, percorsi pedonali e ampi spazi di sosta, vede nella Piazza San Magno un punto focale dal quale osservare tutti gli edifici perimetrali, la Basilica cinquecentesca e Palazzo Malinverni, sede del Comune. Tutti elementi che dovevano dialogare tra loro con un progetto illuminotecnico capace di fornire un apporto
fondamentale a stabilire una connessione forte ed omogenea tra le aree e le architetture. Abbiamo sviluppato quindi un concept mirato alla visualizzazione, attraverso la luce, di aree riconoscibili come percorsi di maggior scorrimento dei flussi pedonali accompagnate dall’illuminazione d’accento di alcune architetture ed elementi urbani. Per la realizzazione dei camminamenti abbiamo utilizzato proiettori con un fascio di emissione controllato, in modo da avere una distribuzione a terra abbastanza precisa e localizzata, con l’intento di creare aree illuminate identificabili come percorsi e accompagnate da spazi meno illuminati destinati al relax e alla meditazione. Analizzando le immagini della piazza, della Basilica e del Palazzo Malinverni si può notare come il rapporto tra i ‘percorsi di luce’ e l’illuminazione delle architetture siano in stretta sintonia secondo gli intenti del nostro concept. La porzione di piazza davanti alla basilica è stata volutamente lasciata con valori di illuminamento molto bassi per favorire il racco-
glimento. In prossimità di Palazzo Malinverni il percorso di luce che accompagna tutta la facciata è preciso e ben delineato senza interferire con la lettura delle superfici laterali della Basilica. La scultura posta nello slargo davanti a Palazzo Malinverni è stata valorizzata anche perché collocata in uno spazio volutamente poco illuminato. Un altro elemento che ha contribuito a creare un legame tra le varie superfici illuminate è stato l’utilizzo delle diverse temperature di colore della luce. Nella piazza illuminata con temperatura di 3000K, così come nei percorsi e sulle superfici degli edifici, si possono leggere infatti i rapporti tra gli elementi illuminati invece con tonalità fredda (5500K) come le panche e alcuni particolari architettonici della chiesa (rosoni e copertura della lanterna). Pensiamo che questa scelta sia stata particolarmente apprezzata proprio perché lo sguardo nel percorrere lo spazio ha dei punti di riferimento comuni con richiami, attraverso la temperatura di colore della luce, molto evidenti.
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Proiettori a ioduri metallici 70/150W 3000°K (tonalità calda) fascio controllato 35° longitudinale 50° trasversale completi di accessori per il conrtrollo delle luminanze (abbagliamenti)
Luce indiretta per l’illuminazione diffusa
In questa zona sono previsti circa 40 Lux
ILLUMINAZIONE URBANA A LEGNANO
Apparecchio da terra per l’illuminazione degli alberi lampada a ioduri metallici 35W 3000°K (tonalità calda) fascio medio
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Apparecchio da terra per l’illuminazione degli alberi lampada a ioduri metallici 35W 3000°K (tonalità calda) fascio medio
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Voltaire Lighitng Design
Proiettori a ioduri metallici 70/150W 3000°K (tonalità calda) fascio controllato 35° longitudinale 50° trasversale completi di accessori per il conrtrollo delle luminanze (abbagliamenti)
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Proiettori a ioduri metallici 70W 3000°K (tonalità calda) fascio controllato 35° longitudinale 50° trasversale completi di accessori per il controllo delle luminanze (abbagliamenti)
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Apparecchio per trifora LED a fascio lineare tonalità calda (ambra) posizionato sul davanzale
Illuminazione facciata storica
Il progetto illuminotecnico è qui puntualmente declinato nei diversi aspetti architettonici e dei percorsi che definiscono il perimetro di piazza San Magno. Alla pagina precedente due immagini della piazza, oggetto di un intervento di risistemazione e arredo urbano valorizzato dalla luce (ph. e disegni courtesy Voltaire Lighitng Design).
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Proiettori a ioduri metallici 70/150W 3000°K (tonalità calda) fascio controllato 35° longitudinale 50° trasversale completi di accessori per il conrtrollo delle luminanze (abbagliamenti)
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Recupero Conservazione Apparecchio per i portici illuminazione indiretta + eventuale luce diffusa colorata
7 Lampada fluorescente per luce diffusa colorata
Apparecchio a ioduri metallici 150W 3000°K (tonalità calda) fascio 100° per illuminazione indiretta diffusa
Apparecchio a luce indiretta lampada al sodio ad alta pressione 100/150 W fascio 60° Apparecchio a ioduri metallici 35W 3000°K (tonalità calda) fascio 20°
1 2
1
5 7
6
Apparecchi lineari a LED 5500 °K (tonalità fredda) fascio stretto
Proiettori a ioduri metallici 35 W 3000°K (tonalità calda) fascio stretto 8° Illuminazione proiettiva lampada ioduri metallici 150W 3000°K (tonalità calda) fascio 7/10°
Proiettori a ioduri metallici 70 W 3000°K (tonalità calda) fascio controllato 35° longitudinale 50° trasversale completi di accessori per il conrtrollo delle luminanze (abbagliamenti)
3
Proiettori a ioduri metallici 20/35 W 3000°K (tonalità calda) fascio stretto 7°/10° Proiettori a ioduri metallici 35 W 3000°K (tonalità calda) fascio 30°
Apparecchio asimmetrico incassato a terra a ioduri metallici 70/150 W 3000°K (tonalità calda) fascio 20/30°
Apparecchi lineari a LED 5500 °K (tonalità fredda)
Apparecchio a ioduri metallici 35/70 W 3000°K (tonalità calda) fascio largo
Sistema a LED 5500 °K (tonalità fredda) fascio lineare
2 Illuminazione della volta illuminazione indiretta diffusa 3000°K (tonalità calda)
Apparecchio per facciata incassi a terra per lampade al sodio ad alta pressione 50 W fascio asimmetrico stretto
Posizione da valutare in relazione al mantenimento della pensilina
Apparecchio asimmetrico incassato a terra a ioduri metallici 70 W 3000°K (tonalità calda) vetro acidato
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CREDITI
Circondato da un verde ormai maturo, il complesso residenziale Le Piramidi si staglia sul panorama della città. Si trattava di un’originale interpretazione del concetto delle ville sovrapposte, con ampi spazi aperti per ogni appartamento e un’impronta a L (ph. courtesy Prefa).
Località Modena Materiale Alluminio preverniciato Prefa 0,7 mm Lato a vista Doppio strato di verniciatura poliammidica poliuretanica di alta qualità in Coil Coating.
Lato posteriore Primer protettivo Formato 0,70 × 650 mm | 0,70 × 500 mm | 0,70 × 1000 mm (solo come nastro di complemento)
Peso 1,89 kg/m² ca. 2,3 kg/m² di superficie per Prefalz 500, ca. 2,2 kg/m² di superficie per Prefalz 650
Posa Facilmente lavorabile anche alle basse temperature
Gamma colori Disponibile in 19 colori standard (Superficie liscia o goffrata)
Prima dell’intervento di ristrutturazione i materiali si presentavano in avanzato stato di degrado (foto sopra, courtesy Prefa).
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Recupero Conservazione
LE PIRAMIDI, MODENA
I segni del tempo sul contemporaneo MATERIALI MODERNI PER LA RISTRUTTURAZIONE E LA SALVAGUARDIA DI UNO DEGLI EPISODI PIÙ ORIGINALI DELL’ARCHITETTURA RESIDENZIALE DEGLI ANNI SETTANTA IN ITALIA
Nel 1975 Ada Defez, presidente della cooperativa di progettazione Archicoop, presenta al Comune di Modena uno dei progetti più originali del panorama architettonico del tempo: volumi scalari con pianta a L reinterpretano la tipologia della torre residenziale rifacendosi al tema delle ville sovrapposte. Il volume circolare contenente le scale e l’ascensore rappresenta una sorta di cerniera fra le due ali di ciascuna delle tre torri. Il brutalismo ancora in voga suggerisce un uso generalizzato del cemento a vista, che insieme a logge, oblò e finestrature conferisce all’insieme una forte immagine. Oggi, Il degrado dei materiali dovuto al trascorrere del tempo e all’esposizione alle intemperie ha reso necessario un intervento di risanamento. Il progetto, curato dall’architetto Andrea Cavani con la collaborazione di Francesco Boni, Elena Cattaneo, Marta Fantoni e Alessio Carianni, ha puntato a conservare le caratteristiche materiche e le trama originaria
del cemento a vista sulle facciate, mentre per le superfici oblique, più esposte alle intemperie, ha privilegiato l’inserimento di un nuovo elemento protettivo, il rivestimento in nastro aggraffato in alluminio Prefalz di Prefa. L’intervento di ristrutturazione ha riguardato complessivamente oltre 11.550 mq di facciate e 1.500 mq di coperture oblique. La tecnologia della doppia aggraffatura è una soluzione tecnicamente collaudata per controllare il deflusso e la raccolta dell’acqua piovana: la nuova pelle metallica, fissata sulla superficie esistente ma meccanicamente autonoma, protegge la finitura in calcestruzzo a vista. Inoltre, l’artigianalità della lavorazione e la malleabilità del materiale hanno permesso di curare con particolare attenzione gli articolati dettagli determinati dalle balconature a tasca che intervallano a ogni piano l’andamento delle coperture, l’intersezione di volumi che creano discontinuità e corpi emergenti, il raccordo con
superfici verticali e finestrature dalle forme circolari. La posa in opera del rivestimento è stata eseguita da Gal Coperture di Cavriago, un’azienda di installazione certificata Prefa con oltre 50 anni di esperienza, specializzata nella realizzazione e montaggio di coperture, rivestimenti metallici e opere di lattoneria in particolare su grandi progetti, opere pubbliche e per l’esecuzione di lavori in quota. La leggerezza dell’alluminio Prefa è stata determinante sia per limitare il carico sulle strutture esistenti sia per la facilità di gestione del cantiere. Vantaggioso anche il rapporto prezzo/prestazioni di un materiale garantito 40 anni contro i rischi di corrosione, gelo e rottura (analoga durata garantisce la verniciatura contro graffi e formazione di bolle). Inoltre l’alluminio è un materiale naturale e 100% riciclabile
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www.prefa.it
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MULTIPOR EXSAL THERM
Risanamento delle pareti e isolamento termico La muratura umida con presenza di sali come nitrati, solfati o cloruri è un problema frequente, che si manifesta soprattutto in costruzioni datate ed edifici storici, oltre che nei casi di conversione residenziale di ex costruzioni agricole o industriali. I sali filtrano nella muratura attraverso l‘umidità di risalita e lasciano uno strato visibile bianco, cristallino e lanuginoso all‘interno, aumentando il rischio di formazione di crepe e muffe. Tutto ciò danneggia la struttura architettonica e mette a rischio la salute dei residenti. Multipor ExSal Therm unisce molti vantaggi in un unico prodotto. Non solo desalinizza la muratura, ma offre anche un isolamento termico ottimale. Applicato sulla superficie interna, il sistema Multipor ExSal Therm, costituito da pannello e malta, è particolarmente indicato per edifici vincolati dai
beni culturali, storici o vecchie costruzioni, che di norma non sono interessati solo dal risanamento della muratura, ma anche da una riqualificazione energetica dell‘immobile. Il pannello Multipor ExSal Therm assorbe dalle murature l‘umidità e i sali disciolti. L‘umidità evapora sulla superficie e i sali rimangono nel pannello tramite sedimenti presenti nei pori. Oltre a desalinizzare la parete, il sistema offre un isolamento termico ottimale anche in condizioni critiche. Il materiale è caratterizzato da elevata permeabilità al vapore e capillarità, l‘umidità viene immagazzinata nel pannello e poi rilasciata nell‘aria dell‘ambiente. In questo modo gli ambienti risultano più sani e confortevoli e il fabbisogno energetico può essere sensibilmente ridotto. I lavori di risanamento con Multipor ExSal
Therm sono più veloci, più facili e più duraturi rispetto ai sistemi tradizionali. Il pannello può essere applicato direttamente a parete, non richiede cicli di intonacatura e lunghi periodi di essiccamento. Inoltre, Multipor ExSal Therm è classificato come materiale incombustibile e anche alle temperature più elevate non rilascia vapori o fumi nocivi. Leggero come tutti i pannelli della gamma Multipor, ExSal Therm è realizzato con materie prime completamente naturali come sabbia, calce, acqua, una ridotta percentuale di cemento e additivi porizzanti. Presenta un eccellente bilancio ecologico, validato da certificati, è privo di sostanze nocive e non rilascia emissioni dannose per la salute
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www.ytong.it/multipor.php
Il restauro operato da Forme d’Acqua prevede anche il controllo centralizzato dei getti e la possibilità di creare diversi scenari luminosi.
Multipor ExSal Therm può essere applicato direttamente a parete, non richiede cicli di intonacatura e lunghi periodi di essiccamento.
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Recupero Conservazione
Rifacimento della copertura del Tribunale di Verona L’ADOZIONE DEL SISTEMA ISOTEC XL DI BRIANZA PLASTICA PER L’ISOLAMENTO VENTILATO DEL TETTO MIGLIORA LE PERFORMANCE ENERGETICHE DI UN EDIFICIO PUBBLICO COSTRUITO A METÀ OTTOCENTO
Recentemente, i progettisti del Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche hanno sottoposto il complesso edilizio che ospita gli uffici del Tribunale di Verona alla sostanziale ristrutturazione della copertura per porre rimedio alle infiltrazioni d’acqua che interessavano gli archivi e per adeguare il livello di isolamento termico agli attuali standard energetici. Allo stato di fatto, sul solaio in cemento armato privo di impermeabilizzazione si trovava un isolante sagomato sul quale erano adagiati direttamente i coppi. L’assenza di ventilazione e l’alloggiamento dei coppi in aderenza all’isolante faceva sì che gli elementi in laterizio rimanessero a lungo bagnati dopo le piogge, favorendo fenomeni di rottura con l’alternanza di gelo/disgelo, e conseguenti infiltrazioni. Smantellata la stratigrafia esistente e recuperati i coppi – il 40% dei quali è stato riutilizzato – sulla struttura in CA riportata a nudo è stato fissato completamente a secco il sistema termoisolante Isotec XL nello spessore di 80 mm. I coppi di canale sono stati poi fissati uno ad uno – con ganci a ‘S’ – sul correntino metallico asolato che caratterizza il sistema, senza uso di schiume o malte, creando in tal modo la camera di ventilazione fra l’isolamento e il manto di copertura.
L’intervento è stato completato fissando al primo correntino di partenza, in corrispondenza della linea di gronda, dei listelli aerati, mentre all’apice della falda è stato realizzato il colmo ventilato. Distanziando di 4 centimetri i coppi dall’isolante, il correntino asolato di Isotec XL crea una camera di ventilazione che consente un passaggio d’aria costante dalla gronda al colmo. Il flusso d’aria disperde il calore accumulato dai coppi migliorando il raffrescamento estivo, mentre nella stagione invernale agevola il deflusso dell’umidità, mantenendo i coppi sempre asciutti, in modo da preservarne la durata nel tempo. Grazie al rivestimento in alluminio sulle due facce del pannello, il sistema Isotec svolge inoltre la funzione di seconda impermeabilizzazione. In tal modo, anche in caso di spostamento o rottura di un coppo, l’acqua piovana scorre sui pannelli fino a convogliare in gronda
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www.brianzaplastica.it Dall’alto, la posa dei coppi sul correntino asolato di Isotec XL e il fissaggio con ganci a ‘S’. Sotto, la copertura del Tribunale a lavori completati (ph. courtesy Brianza Plastica).
CREDITI Località Verona Committente Ministero della Giustizia Tribunale di Verona
Progettisti Arch. Domenico Pati Geom. Franco Proia, Arch. Isabella Beghini
Direzione Lavori Arch. Domenico Pati Impresa appaltatrice I Platani Srl - Paganica (AQ)
Realizzazione e posa isolamento Sideem srl Nola (NA)
Isolamento coperture Sistema Isotec XL di Brianza Plastica - spessore 80 mm
Superficie di copertura isolata 6.700 mq Rivestimento copertura coppi nuovi e di recupero
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› FOCUS
Vancouver
Le pietre protette Sensa by Cosentino IL GRUPPO COSENTINO, LEADER NELLA PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE DI SUPERFICI INNOVATIVE PER IL MONDO DELL’ARCHITETTURA E DEL DESIGN ARRICCHISCE LA LINEA DI PIETRE NATURALI PROTETTE SENSA BY COSENTINO CON CINQUE NUOVE PROPOSTE
Siberia
Platino
Silver Grey
Graphite Grey
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Quattro quarziti brasiliane e un granito grigio proveniente dall’India: sono le nuove proposte che arricchiscono la collezione di pietra naturali protette Sensa by Cosentino caratterizzate dalla protezione Senguard NK. Sviluppata dal team R&S dell’azienda, Senguard NK protegge la pietra naturale dalle macchie, anche quelle causate da sostanze acide aggressive, dai graffi e dai raggi UV, preservandone la bellezza nel tempo. Inoltre, come da certificazione NSF, la pietra non risente del contatto con gli alimenti. È così possibile arricchire gli ambienti con la bellezza della pietra naturale senza rinunciare alle prestazioni e alla facilità di manutenzione delle superfici artificiali. Tra le quarziti brasiliane, il fondo bianco di Vancouver (nella foto ambientata) presenta una grande varietà di venature più o meno spesse, strette, larghe, intrecciate o separate che si rincorrono dando vita
a una trama irregolare; Siberia, caratterizzata da un fondo bianco come la neve arricchito da piccole macchie nere; Platino, originaria dell’entroterra del Paese, caratterizzata da venature ondulate, nella finitura matt leather; e Silver Grey, in cui la durezza e l’uniformità delle venature bianche che corrono in orizzontale sulla base grigio scuro creano un’atmosfera di calore e serenità. Graphite Grey è invece un granito grigio proveniente dall’India: la speciale finitura Caresse ne valorizza la ricchezza cromatica. Coperte da una garanzia di 15 anni, le superfici Sensa by Cosentino sono prodotte presso la fi liale Cosentino Latina di Vitória (Brasile), il solo stabilimento produttivo della multinazionale spagnola che si trova al di fuori del parco industriale di Cantoria. www.cosentino.com/it-it/nuovi-colori-sensa
elements Outdoor a cura di Elena Riolo
Glass House & SPA, comfort sostenibile Certificato DCA
DIFFICILE ORMAI IMMAGINARE DI ABITARE LUOGHI CHE NON DISPONGONO DI UN PUR PICCOLO SPAZIO ESTERNO, DOVE SI POSSA STARE A CONTATTO CON IL VERDE E LA NATURA. I CONFINI TRA INTERNO E ESTERNO SI FANNO SEMPRE PIÙ SOTTILI, QUASI INESISTENTI. GLI SPAZI OUTDOOR SONO SEMPRE PIÙ ACCOGLIENTI E CONFORTEVOLI. TERRAZZE E GIARDINI PERFETTAMENTI INTEGRATI E ATTREZZATI DOVE VIVERE E LAVORARE LIBERAMENTE TRA DENTRO E FUORI.
elements_outdoor
ARPER ADELL. La nuova seduta green disegnata da Lievore + Altherr Désile Park è progettata per ambienti residenziali e contract, indoor e outdoor. La scocca, realizzata in polipropilene riciclato all’80%, per la versione outdoor può essere abbinata a un cuscino imbottito o a un rivestimento frontale morbido, entrambi removibili. Una texture distintiva dall’aspetto materico caratterizza tutta la scocca: un disegno concentrico, ispirato agli anelli degli alberi o alle striature delle conchiglie, realizzato con oltre 500 linee progettate a mano con andamento aleatorio e irregolare.
www.arper.com
MAGIS BELL CHAIR. La sedia impilabile con braccioli disegnata da Konstantin Grcic è realizzata in polipropilene riciclato ottenuto dagli scarti di produzione dei prodotti Magis e da quelli della locale industria dell’auto. Il materiale brevettato esclude quasi completamente i materiali vergini o nuovi e può essere riciclato nuovamente al 100% dopo l’utilizzo. Bell Chair è disponibile nei colori Sunrise, High Noon e Midnight, che richiamo il bianco, il nero e il terracotta.
www.magisdesign.com
ILLULIAN ETHIMO ALLAPERTO NAUTIC. La collezione lounge nata dalla collaborazione tra Ethimo, Matteo Thun e Antonio Rodriguez continua la sua evoluzione con Allaperto Nautic, che abbina il teak alla corda in polipropilene, materiale riciclabile e 100% outdoor. Ispirata al mondo marittimo, la seduta si caratterizza per l’intreccio, interamente eseguito a mano, in corda a spina di pesce. Disponibile anche nella versione altalena con struttura autoportante.
www.ethimo.com
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TSUKUROI. Fa parte della linea Limited Edition l’elegante tappeto ispirato alla natura e al suo incontro con la città. Disegnato dallo studio Setsu & Shinobu Ito, designer giapponesi che vivono e lavorano a Milano, nella declinazione outdoor è interamente realizzato a mano con fibre sintetiche di nuova generazione altamente performanti. Tsukuroi, come gli altri tappeti del marchio italiano, può essere realizzato anche nella versione per esterno conservando l’estetica e la qualità dei modelli indoor.
www.illulian.com
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RODA BUSH ON. La nuova collezione di vasi extra large di Roda, progettata da Gordon Guillaumier, è realizzata in sughero bruno, materiale 100% naturale ed ecosostenibile, con una gomma naturale idrorepellente all’interno. È proposta in tre diverse forme a clessidra, disponibili in altrettante dimensioni, ideali sia per essere usate singolarmente, sia per creare una composizione.
www.rodaonline.com
PEDRALI PANAREA. Progettata da CMP Design, la collezione di sedute outdoor, poltrona e lounge, è caratterizzata da un intreccio artigianale in corda di polipropilene che avvolge il tubo del telaio in acciaio coprendo anche i braccioli. La superficie a doppia curvatura rende la seduta leggera e facile da movimentare. Il cuscino imbottito è in poliuretano espanso drenante capace di asciugare velocemente e rivestito con un tessuto realizzato con il medesimo filato dell’intreccio.
www.pedrali.it
NARDI SIPARIO. Il divisorio per ambienti outdoor disegnato da Raffaello Galiotto è un sistema modulare in plastica rigenerata con fioriera auto-irrigante nato dalla volontà di dare una risposta all’attuale necessità di suddividere gli spazi di bar e ristoranti. Caratterizzato da un disegno a rete a maglia larga asimmetrico, Sipario consente la creazione di diverse configurazioni, a seconda del posizionamento – lineari, spezzate, curve e chiuse. Fa parte del programma industriale Regeneration Nardi per il riutilizzo della plastica usata ritirata dal mercato.
www.nardioutdoor.com
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CRIDEA RUSTLE. Disegnato da Jorge Herrera, l’arredo è utilizzabile come tavolo basso, seduta informale o fioriera. È rivestito con un materiale poliuretanico che garantisce la resistenza all’acqua, agli agenti atmosferici, alle bruciature di sigaretta, non sbiadisce con il sole e non si graffia. La schiuma usata per la muscolatura del prodotto lo rende morbido al tatto e in grado di tornare alla forma originale dopo l’uso. Le finiture e la lavorazione dei colori di Rustle, che possono essere a tinta unita, con pigmenti colorati in contrasto o effetto marmo, sono realizzate a mano.
www.cridea.it
DESALTO SOFTER THAN STEEL. La rigida lastra di metallo acquista leggerezza e flessibilità come se il metallo diventasse carta, tessuto. Con queste parole Nendo, il progettista di Softer Than Steel racconta la panca in lamiera con schienale curvato e gambe in tondino d’acciaio laccato. Una parte del piano si solleva e si ripiega dando origine allo schienale della seduta.
www.desalto.it
SLIDE OTTOCENTO E MARA POUF. Slide propone un allestimento classico nelle forme e contemporaneo nei materiali. Il tavolo Ottocento, disegnato da Paola Navone, con la sua base che ricorda una colonna neoclassica, è realizzato in polietilene con top in Hpl effetto marmo. Lo sgabello in poliuretano ricoperto di tessuto impermeabile Mara Pouf ha la base in polietilene luminoso, tratto distintivo dell’intera produzione dell’azienda milanese. foto Andrea Ferrari
www.slidedesign.it
NODO2014 AURO. Si ispira all’Italia degli anni Sessanta la collezione Nostalgica, che reinterpreta in chiave contemporanea le antiche tecniche di tessitura e impagliatura, recuperando e valorizzando la tradizione artigiana. Il piano del tavolino da caffè in ferro verniciato a polvere in colore nero si divide in due parti: 1/3 è in marmo di Carrara, 2/3 sono occupati dall’intreccio dei filati colorati in polipropilene riciclabile certificato Okeo-Tex e Reach, libero da sostanze nocive, tossiche e bioaccumulabili. Auro è proposto in due combinazioni di tessitura colore, accostata al marmo.
www.nodo2014.it foto Alessandra Di Consoli
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KE KEDRY SKYLIFE. La pergola bioclimatica, adatta per essere installata sia in contesti residenziali sia contract, ha elevate prestazioni di schermatura solare, tenuta al vento e riparo in caso di pioggia grazie ad un sistema di deflusso dell’acqua integrato. Kedry Skylife è caratterizzata dal tetto a lame mobili retrattili che permette di regolare con facilità la ventilazione e l’intensità della luce, in funzione delle condizioni climatiche: con un unico movimento le lame ruotano e arretrano, in apertura e chiusura.
www.keoutdoordesign.com
GIBUS VARIA. La nuova pergola bioclimatica è una struttura solida e resistente con un’innovativa copertura a lame orientabili, in grado di ruotare da 0 a 120° grazie a un sistema brevettato dall’azienda. La struttura in alluminio estruso verniciato a polveri, altamente resistente agli agenti atmosferici, dispone di molte altre tecnologie brevettate come il sistema di nebulizzazione di vapore integrato nel suo perimetro o la possibilità di integrarvi vetrate e screen tessili ombreggianti.
www.gibus.com
PRATIC CONNECT. Le pareti specchiate rappresentano la principale caratteristica di Connect: le vetrate Spy Glass fanno sì che la pergola bioclimatica assuma costantemente i colori e le forme del paesaggio circostante. La struttura è completamente automatizzata e gestibile tramite comando vocale, dall’illuminazione alla movimentazione delle lame frangisole in alluminio e delle tende a caduta. È equipaggiata con sensori meteo progettati per reagire con la chiusura delle lame a pioggia, neve o vento forte.
www.pratic.it
GRIESSER TERRAZZA PURE. La struttura in alluminio del tetto per terrazze in vetro è equipaggiata con un sistema di illuminazione a bandelle Led incorporato nei montanti e nei traversi della copertura. Il design rettangolare dei profili consente un deflusso affidabile dell’acqua piovana, grazie a un innovativo sistema di battuta del vetro. A richiesta sono disponibili 5 bandelle decorative in alluminio anodizzato: su tutta l’altezza dei lati esterni dei montanti, sul lato inferiore dei traversi intermedi del tetto e sul lato esterno dei traversi del tetto.
www.griesser.it
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EXENIA TRIPO. Un apparecchio mimetico, capace di un irraggiamento orizzontale morbido ed esteso, facile da installare e resistente, declinato in tre altezze e una versione a parete. La struttura a traliccio di Tripo ha una ampia base di ancoraggio a terra che porta la sorgente emissiva in alto, in un gruppo ottico sigillato in pressofusione di alluminio, invisibile e protetta. L’apparecchio permette composizioni libere e complete.
www.exenia.eu
DAVIDE GROPPI
LINEA LIGHT GROUP
ORIGINE. Semplicità, leggerezza, emozione, invenzione e stupore sono da sempre gli ingredienti utilizzati da Davide Groppi per inventare nuove forme di luce. Elementi che si ritrovano in Origine pensata da Davide Groppi e Giorgio Rava per illuminare spazi interni e, nella versione outdoor, facciate di edifici. La sua luce è indiretta, volutamente non invasiva, grafica, misteriosa e affascinante, come il suo nome dal latino ‘origo’, inizio, nascita, fonte.
OPTI-POLE. Per creare sicuri percorsi di luce, il bollard per ambienti pubblici si avvale della OptiLight Technology, il sistema esclusivo che garantisce un’emissione morbida e priva di abbagliamento. La sorgente è posta lateralmente all’interno del gruppo ottico: le microincisioni al laser che caratterizzano il diffusore in Pmma deviano il fascio luminoso, distribuendolo in modo armonico. La particolare emissione di Opti-Pole copre frontalmente e lateralmente l’area di calpestio, spingendosi fino a raggiungere parte della porzione retrostante il bollard.
www.davidegroppi.com
www.linealight.com
LUCEPLAN NUI MINI. La lampada da tavolo ricaricabile, disegnata da Meneghello Paolelli Associati, è proposta in tre varianti di colore: bianco, grigio e sabbia. Si caratterizza per due volumi cilindrici sovrapposti che si completano e interagiscono tra di loro. Il blocco superiore è l’alloggio della fonte luminosa, nascosta alla vista e orientata verso terra; il blocco inferiore, oltre a essere il supporto del precedente, ne diventa il diffusore.
www.luceplan.com
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CASTALDI USEPARTOUT SUPERFLAT. Concepito da Joerg Krewinkel per essere il segnapasso a driver integrato più sottile sul mercato, con i suoi 27mm di spessore diventa parte integrante della parete dove viene installato senza necessità di incasso. È studiata per illuminare dai primi centimetri fino a diversi metri di distanza. Il frame in tecnopolimero rende Usepartout Superflat resistente alle condizioni atmosferiche. Nella versione a stampaggio 3D, può essere completamente personalizzato.
www.castaldilighting.it
MARTINELLI LUCE
DELTA LIGHT
PISTILLO. Disegnata da Emiliana Martinelli per una luce morbida in giardino e negli ambienti esterni, Pistillo è una linea luminosa dritta ed essenziale oppure dotata di cono superiore, che si può comporre con più elementi posizionati in verticale, orizzontale o obliqui, proprio come pistilli mossi dal vento. La struttura è in metacrilato opal bianco, il gancio di attacco e i particolari sono verniciati in nero, il cavo è arancio. È inoltre possibile applicare uno schermo in alluminio verniciato sulla struttura della lampada.
FRAX. Realizzato per resistere all’acqua, ai raggi UV e a condizioni climatiche e ambientali severe, il versatile apparecchio per esterni è in grado di dare vita a complessi scenari di luce per sculture, alberi, giochi d’acqua, edifici e giardini. Le singole lenti creano una distribuzione della luce multistrato per generare un fascio preciso e netto di 8° o 14°. Fasci differenti e diversi effetti di luce possono essere ottenuti aggiungendo delle microlenti nella parte anteriore. Nella foto, Frax illumina una chiesa convertita in opera d’arte da Ellen Harvey a Bossuit, in Belgio.
www.martinelliluce.it
www.deltalight.com
CATELLANI&SMITH MORE. La composizione di forme irregolari si mimetizza nella natura come una siepe luminosa. Il corpo illuminante, pensato per l’outdoor ma in grado di riprodurre lo stesso calore e la stessa atmosfera della luce da interni, è realizzato in vetro nei colori ambra, verde o trasparente. Gli steli in metallo zincato di More sono adatti all’esterno, e disponibili su richiesta in versione speciale in caso di installazione in acqua.
www.catellanismith.com
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OLEV ZOE. La lampada a Led progettata nel 2019 dallo Studio Mammini Candido per realizzare punti luce suggestivi in giardini, parchi e terrazze. Una sottile asta in acciaio, decorata con un motivo a foglie, crea un effetto camouflage nella vegetazione. L’installazione dell’apparecchio, che può essere utilizzato singolarmente o in composizione, è facile e veloce: può avvenire direttamente sul terreno o tramite un massetto con viti di fissaggio sulle superfici pavimentate.
www.olevlight.com
SIMES TRÈS JOLIE. La lampada in alluminio a batteria ricaricabile per esterno può essere usata come lampada da tavolo o come paletto da giardino. La base metallica può essere facilmente rimossa e sostituita da un picchetto, che si collega magneticamente allo stelo, trasformando la lampada da tavolo in paletto removibile. Très Jolie si accende con la semplice pressione della mano sulla testa della lampada e allo stesso modo consente di modulare la luce emessa con il sistema dim-to-warm, passando gradualmente da temperatura colore di 3000 ad una di 2200K.
www.simes.it
AXOLIGHT KARMAN XANA. Grazie al suo stelo con picchetto, disponibile in tre diverse altezze, la lampada per l’outdoor progettata da Edmondo Testaguzza, che richiama una foglia di ninfea, può illuminare percorsi all’aperto o si può piantare come un fiore tra la vegetazione. Xana è realizzata in alluminio verniciato bianco con picchetto in acciaio; il suo disco nasconde la fonte luminosa a Led nella parte inferiore.
www.karmanitalia.it
FLOAT. Una lampada multifunzionale e portatile dotata di sorgente a Led integrata con un sistema soft touch di accensione e regolazione del flusso luminoso. Float è utilizzabile sia in indoor sia in outdoor nelle versioni da tavolo, terra, sospensione e parete grazie ai piedistalli e agli appositi cavi in dotazione. Dispone di una batteria con circa 9 ore d’autonomia, ricaricabile tramite un cavo USB. Il grado di protezione alle polveri e all’acqua è un IP 55, che rende la lampada ideale anche per l’outdoor. Disponibile in bianco, nero, blu, cemento e polvere di malva.
www.axolight.it
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PLATEK FROG. Un sistema di luci componibili e modulabili disegnato da Sara Moroni. Il corpo illuminante tondo con un giunto si collega ad un elemento di supporto per ottenere un’installazione a pavimento, a parete o a sospensione. Il disegno a spirale sul retro del corpo illuminante massimizza la dissipazione del calore. È disponibile un nuovo supporto lineare che permette l’installazione di più teste, fino a un massimo di quattro, su un’unica asta e infinite regolazioni sia di rotazione sia di altezza.
www.platek.eu
ARTEMIDE GOPLE OUTDOOR. BIG ha progettato una collezione di lampade utilizzabili con la massima libertà. Il diffusore, realizzato in plastica, leggero e resistente, è l’elemento centrale del progetto che si combina a differenti elementi per portare la luce nello spazio dando vita alle quattro versioni di Gople Outdoor. Può essere spostato e appoggiato liberamente oppure fissato su un palo, in due differenti altezze, da piantare direttamente nel terreno indipendentemente dall’alimentazione, per cui è fornito un lungo cavo con spina IP.
www.artemide.com
ARCLUCE MIKO. Nella versione bollard, i Led sono dotati di una lente con asimmetria di 70° che diffonde la luce in maniera uniforme. Disponibile in diverse altezze e temperature di colore, il paletto luminoso è progettato per durare nel tempo: il corpo in alluminio pressofuso e il supporto in alluminio estruso assicurano solidità e resistenza, le guarnizioni in gomma siliconica garantiscono un’elevata tenuta stagna, lo schermo in vetro temperato è resistente agli shock termici. La gamma Miko comprende anche la versione a parete.
www.arcluce.it
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WOODCO
BONOMI
EXTERNO. La collezione di pavimenti dedicata agli spazi outdoor è realizzata con un ecomateriale a base di farine di legno e polietilene riciclato ad alta densità. Le doghe di Externo sono state progettate per resistere alle radiazioni UV, alle alte e basse temperature, agli agenti atmosferici, all’invecchiamento, agli insetti, ai funghi e ai microorganismi marini. Le prestazioni antiscivolo e antischeggiatura lo rendono adatto a tutti gli ambienti esterni: terrazze, camminamenti, giardini, bordi piscina.
www.woodco.it
GRUPPO BONOMI PATTINI RESYSTA. I nuovi pannelli Resysta sono composti da circa l’80% di buccia di riso, riciclabili al 100% e resistenti agli agenti atmosferici, ai raggi ultravioletti, ai funghi e alle termiti. Offrono la sensazione tattile del legno, hanno lo stesso aspetto dei legni tropicali ed emettono identici calore e comfort. Utilizzati anche per pavimenti e facciate sono distribuiti dal Gruppo Bonomi Pattini, specializzato nella distribuzione di materiali innovativi per l’arredamento e l’architettura.
www.gruppobonomipattini.com
DÉCO ULTRASHIELD. La famiglia di prodotti in legno composito UltraShield comprende le doghe per pavimenti, pareti e facciate, il pannello modulare a effetto listellato Twix per pareti e controsoffitti e i moduli frangisole, per una ideale continuità tra interno e outdoor. UltraShield è definita da uno speciale scudo polimerico durevole e immune da variazioni di colore nel tempo, che protegge la doga rendendola resistente fino a 25 anni dalla posa.
www.decodecking.it
IPM ITALIA IPM GREEN SOIL. Concepito per migliorare la qualità e l’estetica di strade sterrate. Il legante eco-friendly Ipm Green Soil offre la possibilità di selezionare gli inerti (per granulometria, colore, tipo) e legarli tra loro consentendo una grande flessibilità progettuale ed estetica. Il terreno risulta stabilizzato e la pavimentazione carrabile dopo 5 giorni. Nell’immagine, la pavimentazione pedonale all’interno di Radicepura, il parco botanico di Giarre (Catania).
www.ipmitalia.it
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EUROAMBIENTE S.R.L. Via Pratese, 527 | 51100 Pistoia Tel. + 39 0573 4451 - Fax + 39 0573 445190 info@euroamb.it
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